RASSEGNA STAMPA CGIL FVG - giovedì 7 marzo 2019

Pagina creata da Cristina Serafini
 
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RASSEGNA STAMPA CGIL FVG – giovedì 7 marzo 2019
(Gli articoli di questa rassegna, dedicata prevalentemente ad argomenti locali di carattere economico e sindacale, sono
scaricati dal sito internet dei quotidiani indicati. La Cgil Fvg declina ogni responsabilità per i loro contenuti)

ATTUALITÀ, REGIONE, ECONOMIA (pag. 2)
Reddito al rallentatore. Ma ai Caf centinaia le richieste di assistenza (MV e Piccolo, 5 articoli)
Metà delle chiamate al numero unico 112 non è per emergenze (M. Veneto)
Nuovo attacco a Bini: «L’Agenzia Lavoro non sta funzionando» (M. Veneto)
Fincantieri, Bono e Massolo riconfermati. Nella lista della Cdp c’è anche Seganti (Piccolo)
Danieli aumenta ricavi e utile. Ordini per 3,19 miliardi di euro (M. Veneto)
Trieste una città-faro dell’innovazione. Illy: «Serve coraggio» (Piccolo)
CRONACHE LOCALI (pag. 8)
Tre mesi di cassa integrazione a 12 lavoratori alla Mangiarotti (M. Veneto Udine)
Infortunio alla Delser, sta meglio l’operaio (M. Veneto Udine)
Negozi, uffici e scuola per puntare al rilancio dell’ex area Bertoli (M. Veneto Udine, 2 articoli)
I friulani snobbano il sussidio La speranza è trovare un lavoro (Gazzettino Udine, 2 articoli)
Reddito, il via con sportelli deserti ma molte le prenotazioni nei Caf (Gazzettino Pordenone)
Ospedali, carenza di camici bianchi. In sofferenza i reparti di Medicina (M. Veneto Pn)
Quota 100 fa salire a 230 i pensionamenti nel mondo della scuola (M. Veneto Pordenone)
Grana in Porto vecchio. Al palo da 8 mesi l’intesa Comune-Greensisam (Piccolo Trieste)
La solidarietà bipartisan ai lavoratori della Burgo (Piccolo Gorizia-Monfalcone)

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ATTUALITÀ, REGIONE, ECONOMIA

Reddito al rallentatore. Ma ai Caf centinaia le richieste di assistenza (M. Veneto)
Maurizio Cescon - Il Reddito di cittadinanza parte al rallentatore in Friuli Venezia Giulia. Al
contrario delle previsioni della vigilia, che ipotizzavano la ressa dei potenziali beneficiari agli
sportelli dedicati. Invece niente code nè disagi alle Poste, che si erano attrezzate perfino con i
vigilantes e con lo “scaglionamento” degli aventi diritto. Lavoro più intenso ai Caf (Centri di
assistenza fiscale) dei sindacati. Il motivo? In questi uffici è possibile ottenere un aiuto concreto
nella compilazione della modulistica per ottenere la tanto agognata card gialla che darà diritto al
bonus mensile, che varia da 780 euro a 1320 euro, in base al numero dei componenti della famiglia.
Alla Cisl nelle prime tre ore sono giunte già 180 domande di appuntamento, mentre la Cgil ha una
platea di 900 persone che hanno un Isee inferiore ai 9360 euro annui. La prima giornata dunque si è
svolta senza scossoni, ma c’è tempo comunque fino al 31 marzo per farsi avanti e, se in possesso di
tutti i requisiti, farsi erogare il denaro già nel mese di maggio.Alle Poste zero codeSi è snodata
senza ansie la prima giornata dedicata al Reddito di cittadinanza. Tanto che i vigilantes ingaggiati
per l’occasione sono stati praticamente disoccupati, inviati qua e là nei vari uffici di Udine e dei
paesi vicini. Ma non hanno dovuto regolare nessuna lunga fila, perchè gli utenti non si sono proprio
presentati. Superfluo, visto come è andata, anche il contingentamento degli accessi per ordine
alfabetico. Situazione che non è cambiata nel corso delle ore, come conferma la responsabile della
comunicazione Nordest di Poste italiane Alessandra Betto. Gli sportelli hanno avuto lo stesso carico
di lavoro di un mercoledì qualsiasi. A livello nazionale Poste ha reso noto che sono state presentate
35.563 domande sottolineando che «il flusso dei cittadini richiedenti è stato costante e ordinato su
tutto il territorio».I caf potenziatiIl discorso cambia quando ci si reca in qualche centro di assistenza
fiscale, servizio di vitale importanza gestito dalle sigle sindacali maggiori o dai patronati. Al Caf
delle Acli, in via Aquileia a Udine, il personale è stato rinforzato, dai 22 impiegati che timbrano il
cartellino abitualmente, si è passati a una quarantina, in occasione dell’avvio del Reddito di
cittadinanza. «Abbiamo appena ricevuto la procedura informatica - spiega il direttore per la
Provincia di Udine Gianni Passone - e ora siamo operativi. Ci arrivano tante richieste di
informazioni e appuntamenti, con i quali partiremo la prossima settimana. Il nostro personale è stato
preparato con corsi specifici e abbiamo anche incrementato gli orari per l’assistenza». Alla Cisl in
via Percoto a Udine sono già pervenute, nelle prime ore del mattino, 45 richieste di consulenza e
180 domande di appuntamento per i nostri 12 sportelli provinciali, che saranno evase dall’11 marzo
in poi. «Il ritmo è sostenuto - conferma la presidente del Caf Cisl Renata Della Ricca - , la gente
viene da noi perchè può ottenere un aiuto nella compilazione dei vari documenti. L’identikit del
potenziale beneficiario è presto fatto: uomo tra i 40 e i 55 anni, quasi sempre con famiglia a carico.
Tanti anche gli stranieri che risiedono in Friuli da almeno 10 anni e quindi sono tutti perfettamente
integrati: si tratta in particolare di donne che lavorano come badanti, assistenti e che hanno redditi
molto molto bassi. Pochi invece i giovani che si sono avvicinati alle nostre strutture, probabilmente
provano a compilare da soli il modulo online. Riceviamo in continuazione telefonate per
informazioni, la maggior parte arrivano da San Giorgio di Nogaro e dal Manzanese, dove la
necessità del bonus del governo sembra più impellente. Qui abbiamo assunto 25 dipendenti che poi
seguiranno anche la campagna fiscale di primavera». Al Caf della Cgil gli addetti si sono preparati
con largo anticipo. «Non abbiamo avuto la ressa - racconta il responsabile Maurizio Fanin -, si sono
presentate una decina di persone per consulenza, c’è chi non ha ancora calcolato l’Isee e deve fare
tutta la procedura. Dalle statistiche in nostro possesso sappiamo che in provincia di Udine vi sono
900 famiglie con un Isee inferiore a 9.360, quindi che potrebbero entrare a far parte dei beneficiari
del Reddito. Registriamo tante richieste nella Bassa, nel Sangiorgino e nel Latisanese».
Il primo scoglio da superare è il calcolo dell’Isee
Abbiamo provato tutto il giorno sul sito ma il codice Spid non è mai arrivato
testi non disponibili

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«A chiedere l’assegno disoccupati ma anche tante persone fragili e con problemi di
dipendenze» (Piccolo)
Marco Ballico - Storico responsabile dei Caf Cgil per la provincia di Udine, Maurizio Fanin ha
l’esperienza per stimare il rischio code. E non si stupisce che quello del via alla raccolta delle
domande per il reddito di cittadinanza non sia stato un giorno complicato. «Un po’ perché ci siamo
mossi per tempo, un po’ perché, con tanta informazione nelle ultime settimane, la gente non è
impreparata». In prospettiva la preoccupazione è però un’altra: «Quando l’Inps boccerà
inevitabilmente qualche documentazione, è più che probabile che i nostri sportelli saranno presi
d’assalto». In particolare dall’area del disagio, più che da quella della disoccupazione. Fanin, una
giornata normale quella che ha inaugurato la caccia al reddito di cittadinanza?Normalissima. Come
da nostra previsione. Come vi eravate mossi? Anticipando la stagione dell’Isee. Abbiamo
completato già una pratica su tre dell’intero anno scorso, quando ne contammo circa 3mila in
provincia di Udine. Molte altre sono in fase di appuntamento. Del resto, il grosso del lavoro che ci
aspettavamo era relativa alla compilazione dell’Isee. La domanda per il reddito di cittadinanza è un
iter tutto sommato abbastanza semplice. Da quando siete concentrati sulla questione? Già a inizio
gennaio, nell’ottica di regolare i flussi, abbiamo iniziato a contattare le persone che hanno fatto
l’Isee con noi. Partendo dai casi più difficili, vale a dire chi ha contributi in scadenza e chi ha l’Isee
più basso, e quindi una situazione familiare più debole. Un piccolo questionario, che abbiamo
iniziato a diffondere da martedì scorso, utile a informare su criteri e obiettivi della misura
governativa, ci aiuterà a fare un’ulteriore scrematura. Sono i disoccupati a interessarsi più di tutti al
reddito?Non più di tanto. La platea è molto varia. Quella forse più numerosa è residente nella Bassa
friulana ed è l’area del disagio. Qualche esempio?Penso a persone che hanno problematiche di
inserimento sociale, anche di ex tossicodipendenza, certamente di scarsa istruzione. Uomini e donne
semplici, indifesi, senza un proprio ruolo nel mondo. C’è una stima degli interessati che passeranno
per i vostri Caf?Lo sa solo il mago Merlino. Per non dire sciocchezze, sulla base dei nostri archivi, i
nuclei familiari gestiti in passato dai Caf Cgil della provincia di Udine con Isee inferiore ai 9.360
euro, unico paletto certo, sono circa un migliaio. Una simulazione regionale?Impossibile. L’Isee
non è l’unico parametro.Quanti sono i vostri Caf a disposizione dell’utenza?In campagna fiscale
una ventina, nel resto dell’anno, e dunque anche ora, una decina. Avete assunto personale per
gestire la partita del reddito?Solo un paio di stagionali nella Bassa, che si aggiungono ai 12 assunti a
tempo indeterminato nei nostri Caf. In una regione che già aveva una misura di sostegno al reddito,
non c’era bisogno di partire da zero. Altra cosa è il periodo fiscale, che ci vede chiamare a supporto
una cinquantina di stagionali. Lo Stato ci ha messo del suo per complicarvi la vita? I compiti che ci
sono stati affidati non ci hanno creato problemi. Non appena avremo un software stabile, che
attendiamo dalla struttura più ampia del Caf Nordest, presenteremo le domande. Il nodo è però su
ciò che succederà dopo. Perché l’Inps, che ha la responsabilità finale, dirà di no a qualche domanda
ed è presumibile che i bocciati vengano da noi a chiedere spiegazioni.
Il rebus infinito dei navigator e la tenuta incerta a Nordovest
testo non disponibile

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Metà delle chiamate al numero unico 112 non è per emergenze (M. Veneto)
Michela Zanutto - Servizio 112, una chiamata su due non è di emergenza. Il dato è emerso ieri in
occasione delle presentazioni, in III commissione, delle relazioni tecniche dei responsabili di
Agenzia regionale per il coordinamento della salute (Arcs) e della Protezione civile regionale. Tra il
2017 e il 2018 gli operatori (cresciuti di 35 unità) hanno dimezzato i tempi di risposta, centrando
valori di eccellenza a livello nazionale.Nel 2018 il Numero unico delle emergenze (Nue) ha risposto
a 615 mila 656 (quasi mille e 700 chiamate al giorno), di cui il 48,6 cosiddette “filtrate” (per la
precisione 299 mila 209), vale a dire domande che non hanno avuto seguito poiché non erano di
emergenza. In questo calderone finiscono tutte le richieste improprie (come per esempio i turni di
apertura delle farmacie), gli scherzi e gli errori. Fra le chiamate di emergenza, sono 166 mila 843
quelle indirizzate al 118 (il 27,1 per cento), 124 mila 363 sono state indirizzate alle Forze
dell’ordine (il 20,2 per cento) e 25 mila 241 ai Vigili del fuoco (4,1 per cento). I tempi di risposta
degli operatori del Nue sono passati dai 6 secondi del 2017 ai 3’’2 del 2018, raggiungendo valori di
eccellenza a livello nazionale.Restano però delle criticità, «figlie - secondo il vice presidente con
delega alla Salute, Riccardo Riccardi - della fretta con cui la precedente giunta ha voluto centrare il
risultato del Numero unico prima delle elezioni, dimenticandosi però di riprogrammare
complessivamente il sistema».Le relazioni dei responsabili Arcs e Protezione civile regionale hanno
evidenziato l’esistenza di una doppia cartografia (Sores e Atlas Nue), che sarà risolta a breve con
una cartografia unificata. In questi casi si sollevavano problemi riguardanti i numeri civici, per
esempio.Infine, il servizio di elisoccorso notturno costa 2,1 milioni di euro con cento missioni
l’anno, mentre il costo del servizio in volo diurno (cioè fino alle 17) è pari 4 milioni. Le piste di
atterraggio sono passate dalle iniziali dieci a 46 e l’obiettivo indicato è di cento. «Con questo
governo del cambiamento in formato regionale sembra di vivere nel migliore dei mondi possibili:
spariti i profughi, sicurezza per tutti, benessere diffuso, il Nue è bellissimo e anche i treni arrivano
in orario. Attendo con curiosità di vedere il momento in cui nella giunta Fedriga si smetterà di
parlare dei danni lasciati da me e si comincerà a parlare delle cose fatte da loro. Finora abbiamo
visto solo fumo», è il pungente commento dell’ex presidente, Debora Serracchiani.

Nuovo attacco a Bini: «L’Agenzia Lavoro non sta funzionando» (M. Veneto)
«Negare la situazione attuale significherebbe nascondersi dietro a un dito». Parola, questa, di
Giuseppe Nicoli, capogruppo in Regione di Forza Italia, in merito alla questione relativa alle crisi
industriali in Fvg - certamente -, ma è difficile non vederci anche un attacco, preciso, nei confronti
dell’assessore alle Attività Produttive Sergio Bini.«A fare l’elenco completo delle difficoltà che si
sono susseguite nell’ultimo anno sul piano industriale riempiremmo tutto il giornale - sostiene
l’esponente forzista -. Basta ricordare il gruppo Kipre, che molti conoscono per i marchi del
prosciutto crudo di San Daniele, Principe e King’s, poi Burgo, Dm Elektron, Pasta Zara, Giuliana
Bunkeraggi, Italcementi, Sertubi, Stone italiana, Eaton, Harpo, Nidec, Coveme per citarne alcune: è
evidente che dobbiamo imprimere una forte accelerazione in merito alle politiche produttive e
occupazionali come peraltro ci hanno richiesto i cittadini con il netto voto a favore del
centrodestra».Fino qui si potrebbe parlare di una semplice indicazione dei problemi, ma il “sale”, il
capogruppo azzurro lo mette sulla coda del suo intervento. «Forza Italia ha convintamente votato a
favore dell’articolo 15 della legge di stabilità per l’istituzione dell’Agenzia
Lavoro&SviluppoImpresa - conclude -. Un’Agenzia che, come da volontà giuntale, non avrà costi,
non fornirà servizi e non darà contributi, ma sarà soggetto di raccordo tra le esigenze delle imprese,
gli investimenti Pmi e le persone. A oggi però il Consiglio non ha evidenza dello stato di
avanzamento dell’operatività di questa nuova agenzia».

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Fincantieri, Bono e Massolo riconfermati. Nella lista della Cdp c’è anche Seganti (Piccolo)
Piercarlo Fiumanò - Giuseppe Bono resterà al timone di Fincantieri con il presidente Gianpiero
Massolo per altri tre anni. La Cassa Depositi e prestiti (controlla il colosso cantieristico tramite
Fintecna con il 77,50%) ieri sera ha ratificato l’accordo arrivato dopo settimane di tensioni nel
governo che ha dato il via libera al rinnovo dei massimi vertici del gruppo triestino. La Cdp pone
fine all’incertezza e conferma il tandem di vertice nella lista che sarà presentata nella prossima
assemblea del 5 aprile per il rinnovo delle cariche. Ci sono però nuovi innesti con la new entry
come indipendente della triestina Federica Seganti, neo presidente della finanziaria regionale
Friulia, docente di finanza al Mib di Trieste ed ex assessore regionale della Lega. Seganti è già
consigliere di Hera. Confermati, oltre a Bono e Massolo, l’ad della Cassa Depositi e Prestiti
Fabrizio Palermo e Massimiliano Cesare (per lui è il terzo mandato). Oltre a Seganti, entrano in
consiglio altre due donne, Federica Santini, manager di Italferr, e Barbara Alemanni (indipendente,
professore di finanza alla Bocconi). L’epilogo arriva dopo giorni di incertezza: i Cinquestelle
avrebbero provato a inserire nello schema del rinnovo delle cariche in Fincantieri una figura
operativa che potesse affiancare Bono con una redistribuzione delle deleghe. Un Ceo “dimezzato”,
in sostanza. Ma alla fine l’esperto manager al comando di Fincantieri da 16 anni, ha vinto la sua
partita dopo che nelle ultime settimane è stato un fuoco di fila di pubblici elogi nei suoi confronti
all’insegna di un appoggio bipartisan, a partire dalla Lega. L’abbraccio con Salvini alla consegna
della Carnival Venezia è stato la rappresentazione dell’accordo poi maturato nel governo
gialloverde con l’altro vicepremier Di Maio. D’altra parte Bono non avrebbe mai accettato di
restare “a tutti i costi” con un ridimensionamento dei propri poteri. Ma sono stati soprattutto i
risultati raggiunti dal gruppo a togliere forza alle ipotesi di un avvicendamento. Il 5 aprile, quando
ci sarà l’assemblea degli azionisti a Trieste e, insieme al bilancio 2018, verrà votato così votato il
nuovo consiglio di amministrazione con l’investitura per i prossimi tre anni del top manager
calabrese, nato a Pizzoni 75 anni fa. Bono aveva ha già preannunciato di non avere finito il proprio
lavoro a Trieste riassumendo l’altro giorno di fronte alla commissione Difesa del Senato i traguardi
già raggiunti: «Siamo il primo costruttore di navi in Occidente. Siamo leader nella costruzione di
navi militari per tecnologia e portafoglio prodotti. Abbiamo cantieri negli Stati Uniti che forniscono
anche la Marina statunitense e in 10 anni abbiamo avuto ordini per 16 navi». Bono ha anche
incassato le rassicurazioni della commissaria Ue alla Concorrenza Margrethe Vestager sul dossier
Stx all’esame dell’Antitrist europeo. Il top manager ha un disegno più ampio con la creazione in
Europa di un Airbus dei mari. E anche Piazza Affari si è schierata, temendo un salto nel buio al
vertice del gruppo triestino, con il titolo che nell’ultimo mese ha guadagnato il 27,21% (ieri +2%).
Una prestazione rafforzata anche dai risultati del quarto trimestre 2018. Fincantieri ha realizzato nel
periodo ottobre-dicembre 2018 ricavi per 1,6 miliardi di euro con un Ebitda (margine operativo
lordo) che è stato di 133 milioni di euro, contro i 110 attesi. Sono stati acquisiti ordini per 8,6
miliardi, commesse per 27 navi, di cui 14 da crociera per otto armatori diversi, con un carico di
lavoro complessivo che prevede la costruzione di 116 navi per un valore di 33,8 miliardi. Bono ha
conquistato la definitiva riconferma anche dopo la discesa in campo di Fincantieri per la
ricostruzione del Ponte Morandi: «Ci siamo messi al servizio del Paese», aveva detto.

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Danieli aumenta ricavi e utile. Ordini per 3,19 miliardi di euro (M. Veneto)
Elena Del Giudice - Un incremento del 51% dell’utile netto in quello che è il primo semestre per
Danieli & C. Officine Meccaniche spa, è forse uno degli indicatori più brillanti del bilancio di metà
esercizio. Il Cda del colosso di Buttrio, presieduto da Gianpietro Benedetti, ha approvato ieri i conti
al 31 dicembre 2018 che vedono ricavi in crescita del 19% a 1,47 miliardi di euro, contro 1,24 dello
stesso periodo dell’anno precedente, mentre il margine operativo lordo flette del 2% e l’Ebit cede -
19% (44,4 milioni contro 54,8), a causa della bassa redditività di alcune commesse completate nel
periodo e acquisite negli anni precedenti in cui più marcata era la crisi del settore. Ma il Gruppo
conta di recuperare «grazie alla migliore marginalità dei nuovi ordini - spiega l’azienda in una nota
- e che saranno implementati nel corso dell’anno».Il livello dei ricavi è in crescita rispetto allo
stesso periodo dell’esercizio precedente, con fatturato in aumento sia nel settore degli impianti, che
nell’acciaio che mostra «volumi di produzione superiori» sempre nel raffronto con l’anno
precedente. Per quel che riguarda il Plant Making, ovvero la costruzione di impianti, le previsioni
«risultano allineate con quelle di inizio anno». I ricavi per il settore Steel Making, produzione di
acciaio, sono anch’essi in linea con il budget di inizio anno «e presentano una redditività di 60,5
milioni di euro, con volumi per 600 mila tonnellate, in aumento rispetto allo stesso periodo dello
scorso esercizio».L’utile netto consolidato del periodo «è superiore alle previsioni di inizio anno in
parte favorito, al 31 dicembre 2018, dall’allineamento positivo dei cambi». Stante l’andamento dei
conti e gli ordini in portafoglio, il Cda conferma, per entrambi i settori, risultati a fine esercizio in
linea con le previsioni».Confermate anche le strategie del Gruppo finalizzate al mantenimento di
una forte competitività «in termini di innovazione, tecnologia e servizio al cliente». «Innovazione e
prodotti nobili - spiega il Gruppo - vengono sviluppati e fabbricati in Europa, mentre la
progettazione e la produzione di impianti con tecnologie consolidate viene eseguita nelle fabbriche
in Asia garantendo la stessa qualità europea per il mercato occidentale e per quello asiatico che oggi
interessa quasi il 70% della produzione mondiale di acciaio». Per mantenere la competitività in un
mercato “new normal” Danieli ovviamente continua ad investire. E Digimet, il progetto di
digitalizzazione sulle linee di industria 4.0 nella siderurgia, resta strategico. Investimenti
significativi hanno riguardato anche l’acciaio con l’avvio del nuovo impianto in Abs «per
completare la gamma esistente dei prodotti in rotoli».Il portafoglio ordini del Gruppo è migliorato e
ammonta a 3,19 miliardi di euro. Il numero dei dipendenti è salito a 9.562 unità (+204), con 1.650
dipendenti nel settore Steel Making in Italia (con un indotto di ulteriori 1.500), mentre nel Plant
Making Danieli impiega quasi 8 mila dipendenti, di cui oltre 3.200 in Italia, con un indotto di altre 3
mila persone. Infine il Gruppo in Fvg occupa, tra diretti e indotto quasi 6 mila persone, contribuisce
per circa il 40% all’export annuo della provincia di Udine e per il 20% a quello della regione.

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Trieste una città-faro dell’innovazione. Illy: «Serve coraggio» (Piccolo)
Giovanni Tomasin - Trieste come «città-faro» dell’innovazione, sede di esperienze pilota come
Esof2020 o la partita globale di Illycaffè. È il ruolo individuato per la città durante l’evento
realizzato ieri da Il Piccolo, in collaborazione con La Stampa e i quotidiani del Gruppo Gnn, e
intitolato “Le sfide dell’innovazione - Trieste, le rotte della scienza”. La tappa triestina di un
viaggio in Italia che ha già toccato Torino, Udine, Genova, Livorno, e che a Trieste si è incentrato
sull’anima scientifica della città.Alcuni tra i volti più illustri della formazione, della ricerca e
dell’economia del territorio si sono confrontati sul palco con i giornalisti del gruppo. A fare gli
onori di casa il direttore del Piccolo Enrico Grazioli, mentre a moderare c’erano il vicedirettore
Alberto Bollis e il direttore del Secolo XIX Luca Ubaldeschi.Tra i protagonisti della serata il
presidente di Illycaffè Andrea Illy, intervistato dal direttore de La Stampa Maurizio Molinari. Illy
ha ricordato come l’innovazione sia connaturata all’azienda fin dalle origini: «Mio nonno ha di fatto
inventato il caffè espresso italiano odierno, così come la pressurizzazione. Un’altra innovazione
radicale da noi apportata sono le cialde, ormai un fenomeno mondiale». Oggi l’azienda deve
affrontare l’espansione globale del mercato del caffè, sbarcato in Cina e India, e cambiamenti
epocali come quelli climatici: «I mutamenti del clima stanno impattando con forza sulla
coltivazione del caffè. Esistono però margini di miglioramento attraverso la ricerca: noi ad esempio
abbiamo realizzato assieme a Units una mappatura del genoma del caffè arabica. Consentirà di
sviluppare varietà più resistenti». In questo contesto, è l’avvertimento di Illy, «è giunto il momento
di pensare un’economia carbon-free. Ciò richiederà un radicale cambio di paradigma della società,
abbiamo però a disposizione tecnologie esponenziali per affrontarlo. Serve il coraggio di farlo».
Quanto alla recessione tecnica in cui versa l’Italia, Illy ha dichiarato: «Sono molto preoccupato. La
ricchezza dell’Italia non si misura in Pil, il nostro patrimonio è incommensurabile. Ma mi
preoccupa la mancanza di riforme. Un governo dura in media 18 mesi. Serve un cambiamento di
consapevolezza dei cittadini che ci porti verso una maggiore stabilità politica, altrimenti sarà
l’Europa a fare le riforme al posto nostro».Un altro momento culminante è stata la tavola rotonda a
cui hanno partecipato la responsabile di Science in the City per Esof 2020 Paola Rodari, il rettore
dell’ateneo triestino Maurizio Fermeglia, il presidente delle fondazioni Mach e Fico Andrea Segrè,
il direttore regionale di Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige per Intesa Sanpaolo
Renzo Simionato. «L’innovazione è un tratto costitutivo di Esof2020», ha spiegato Rodari. «Il
nostro evento fa confrontare in modo inedito scienziati, imprenditori, cittadini, umanisti, artisti. Chi
fa ricerca sa che l’incontro di pensieri divergenti è un fattore di innovazione». Fermeglia ha letto la
storia della comunità scientifica triestina come chiave per affrontare il futuro: «A partire dal 2030
l’umanità dovrà affrontare sfide che i soli tecnici non potranno risolvere. Servirà un lavoro di
squadra con le scienze umane e sociali». Simonato ha presentato il punto di vista di una banca come
Intesa Sanpaolo: «Anche per noi l’innovazione è fondamentale. Il nostro Innovation Center sostene
le imprese che vogliono evolvere, mentre a piattaforma Tech Market Place ci permette di fare
matching tra imprese e startup».

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CRONACHE LOCALI

Tre mesi di cassa integrazione a 12 lavoratori alla Mangiarotti (M. Veneto Udine)
Alla Mangiarotti di Pannellia di Sedegliano è stato firmato un accordo di cassa integrazione
ordinaria per tre mesi, da metà marzo a metà giugno, per un reparto che coinvolge 12
lavoratori.L’ammortizzatore sociale è attivato solitamente per gestire i cali di lavoro temporanei,
come in questo caso, nella speranza che al termine del periodo stabilito l’azienda, in prospettiva
dell’acquisizione di una commessa importante, possa riprendere l’attività a pieno regime.Non è
possibile attualmente sapere in quale stabilimento, se nell’Oil&Gas di Pannellia di Sedegliano
oppure al nucleare di Monfalcone, continuerà l’attività della multinazionale. Intanto, ferie solidali
nella sede di Monfalcone verso un lavoratore bisognoso di assistenza firmato dalle Rappresentanze
sindacali unitarie di Monfalcone, condivise dalla segreteria e dalle rsu dello stabilimento di
Pannellia di Sedegliano.L’iniziativa è stata messa in pratica l’11 febbraio da 132 colleghi di un
lavoratore che ha manifestato particolari problemi familiari. Un accordo sottoscritto in Mangiarotti
assieme anche ai sindacati Fim Cisl, Fiom Cgil e Uilm Uil che ha permesso di donare 1.153 ore
delle proprie ferie e permessi allo sfortunato collega per complessivi 144 giorni da usare.Le ferie
solidali sono un istituto che è stato introdotto con l’ultimo contratto nazionale entrato in vigore nel
2016 che dà appunto la possibilità, previo accordo aziendale come è stato fatto alla Mangiarotti, ai
lavoratori di donare una parte delle ferie, oltre a quelle obbligatorie di 160 ore l’anno, cioè di 4
settimane.La donazione di ferie solidali (dove è prevista una rigorosa tutela della privacy, che
comporta il rispetto al trattamento delle informazioni rese dal lavoratore beneficiario circa la
propria situazione familiare nonché il diritto dei donanti di rimanere anonimi se non espressamente
richiesto il contrario), non va a intaccare la retribuzione del dipendente, anzi potrebbe creare un suo
possibile aspetto virtuoso.La cessione è a titolo gratuito e solo su base volontaria. L’uso delle ferie
donate presuppone che il richiedente abbia fruito di tutti gli istituti legali e contrattuali utilizzabili.
M.C.

Infortunio alla Delser, sta meglio l’operaio (M. Veneto Udine)
Margherita Terasso - Ha perso tre dita, ma il recupero della funzionalità della mano è possibile. È
l’esito del delicato intervento chirurgico a cui è stato sottoposto Matteo Tulis, 28 anni di
Martignacco, dipendente della Delser. Il giovane, da anni dipendente della fabbrica, è rimasto
coinvolto martedì mattina in un grave infortunio sul lavoro, mentre si trovava davanti al
macchinario utilizzato per la laminazione dei cracker. La drammatica vicenda ha sconvolto l’intero
stabilimento di via Spilimbergo che produce biscotti, cracker e wafer e che ha attivato subito i
sindacati, pronti a riparlare di sicurezza sul luogo di lavoro. L’infortunio è avvenuto attorno alle 9.
Dopo il trasferimento d’urgenza con l’ambulanza all’ospedale di Udine si è reso necessario il
trasporto al nosocomio di Pordenone, centro specializzato nelle terapie della mano, per
l’operazione. Rispetto alla gravità di quanto accaduto, la possibilità di usare nuovamente la mano fa
quasi tirare un piccolo sospiro di sollievo a Matteo e alla sua famiglia. E intanto le indagini delle
forze dell’ordine proseguono: la linea di produzione coinvolta nell’episodio è ancora ferma, per
consentire ai carabinieri di Martignacco di fare le verifiche e ricostruire la dinamica. Stando a una
prima ricostruzione - fa sapere la Procura -, il macchinario avrebbe avuto una protezione non
adeguata a quanto previsto dal sistema antinfortunistico e sarà quindi dissequestrato soltanto quando
sarà messo a norma . «Al di là degli accertamenti, di competenza delle autorità preposte, avvieremo
un immediato confronto con l’azienda, per accertare se vi siano falle nel sistema di prevenzione e
sicurezza dell’azienda - scrivono in un comunicato la Fai Cisl Fvg e la Flai - Cgil, dopo aver
espresso solidarietà al giovane operaio e alla sua famiglia -. La sicurezza nei posti di lavoro non
deve essere considerata da nessuno un costo o una perdita di tempo e tanto meno un parametro di
scambio, ma un modo di approcciarsi al lavoro con investimenti costanti anche in tema di
formazione dei lavoratori». E visto che la sicurezza deve essere una priorità in ogni ambiente di
lavoro, «venerdì 8 marzo ci incontreremo in assemblea sindacale per partire con la campagna
“Lavorare sicuri si può: è un nostro dovere e un nostro diritto”».
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Negozi, uffici e scuola per puntare al rilancio dell’ex area Bertoli (M. Veneto Udine)
Christian Seu - Non solo case e appartamenti. L’area dell’ex acciaieria Bertoli - undici ettari
incastonati tra le vie San Cromazio, Fusine, Giovanni Paolo II e Molin Nuovo - avrà una
destinazione d’uso ibrida: ai fabbricati a uso residenziale si affiancheranno infatti strutture
commerciali e artigianali, ma anche immobili che saranno destinati ai servizi. Il Comune accelera
sulla variante urbanistica che punta a favorire il compito dei commissari liquidatori in vista del
nuovo bando d’asta per la vendita della superficie, dopo che i due precedenti incanti sono andati
deserti. Niente supercentriIl Comune ha contatti costanti con Carlo Luigi Rossi e Giuliano Buffelli,
rispettivamente commissario e liquidatore giudiziale del concordato Progetto Udine srl, la società
che aveva acquisito l’area dove sorgeva l’ex acciaieria e che sta tentando da quasi un lustro di
arrivare alla vendita. L’assessore alla Pianificazione urbanistica, Paolo Pizzocaro, conferma che tra
l’amministrazione municipale e la società del concordato «esiste un’intesa di massima, destinata a
sfociare in una convenzione, per lanciare un segnale a chi potrebbe essere interessato a investire
nell’area». Tradotto: arriverà una modifica al piano regolatore, una variante urbanistica che
consentirà l’insediamento di esercizi pubblici, attività artigianali e servizi. Ma niente centri
commerciali: «È stato il primo paletto che abbiamo messo e che la curatela ha accolto», rivendica
con orgoglio Pizzocaro. Accanto a botteghe artigiane e negozi definiti «di prossimità» ci sarà spazio
per un magazzino con metratura importante: nelle scorse settimane era emerso anche
l’interessamento di una catena di negozi specializzati nel fai-da-te, che poi ha optato per un’altra
soluzione. uffici e una scuolaLo studio di fattibilità preliminare, firmato da uno studio friulano,
prevede anche spazi destinati a uffici e servizi, ipotizzando anche la costruzione di una scuola e,
magari, dei locali da trasformare in sede del quartiere Chiavris-Paderno. Sarà recuperato anche
l’edificio del Battiferro, che si affaccia sul salto della roggia e che potrebbe essere trasformato in
struttura ricettiva. La superficie destinata allo sviluppo residenziale scenderà dai 70 mila metri
quadri inizialmente previsti a 15 mila metri quadri. Il progetto, passibile chiaramente di modifiche,
sarà presentato formalmente nelle prossime settimane all’amministrazione comunale, passo
propedeutico all’approvazione della delibera di giunta che, a sua volta, anticiperà la discussione
della variante in Consiglio comunale. asta da 10 milioniNelle prossime settimane saranno
predisposte le procedure per arrivare al terzo tentativo di vendita dell’area, valutata 10 milioni di
euro. «Da parte dell’amministrazione comunale abbiamo trovato disponibilità al confronto - spiega
Buffelli -. Le condizioni del mercato immobiliare imponevano una riflessione sulla destinazione
d’uso, che non poteva più essere esclusivamente civile».
I lavori di bonifica sono terminati. Resta lo scheletro
testo non disponibile

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I friulani snobbano il sussidio La speranza è trovare un lavoro (Gazzettino Udine)
testo non disponibile
Uffici postali semideserti, a soffrire sono stati i Caf
Chi si aspettava assalti dalle prime ore del mattino è stato smentito: il via alle domande per il
reddito di cittadinanza non ha causato né code nè caos. In particolare, la situazione è rimasta
tranquilla nelle poste cittadine: all’apertura dell’Ufficio centrale, solo tre persone e nessuna per il
beneficio a contrasto della povertà; alle 11.30 i ticket eliminacode riferiti alle voce Servizi al
cittadino (è sotto questo tasto che, per questioni di riservatezza, è stata inserita la procedura di
richiesta del reddito) erano arrivati al numero 15: una media di 5 utenti all’ora. L’ufficio postale di
via Del Freddo, alla stessa ora, era praticamente deserto. Va detto che già martedì le Poste e i centri
di assistenza fiscale (anch’essi abilitati alla procedura) avevano anticipato, in base anche alle
richieste di informazioni arrivate negli ultimi giorni, che non si aspettavano le folle oceaniche attese
e temute in altre città. I cittadini probabilmente hanno preferito rivolgersi ai Caf, forse per
riservatezza o perché, al contrario delle Poste che si limitano a inserire i dati a sistema e
trasmetterli, forniscono anche una sorta di consulenza. E infatti al Caf Cisl di via Caterina Percoto si
è registrato più movimento: nella prima ora di apertura (dalle 9.30 alle 10.30) vi si sono rivolte 135
persone per la compilazione della domanda, che sono arrivate a 180 a mezzogiorno: un numero
assai rilevante se si considera che il centro, di solito, fissa tra i 250 e i 260 appuntamenti giornalieri.
L’IDENTIKIT DEI RICHIEDENTI «Si tratta soprattutto di uomini tra i 45 e i 50 anni ha spiegato
Renata Della Ricca, presidente Caf Cisl Union Teleo Udine - Per quanto riguarda la cittadinanza, ci
sono sia italiani sia stranieri in Italia da molti anni. Pochi i giovani: presumiamo che optino per
l’invio della domanda per via telematica. Gli utenti che si sono rivolti a noi erano già muniti di Isee:
le persone che possono accedere al reddito di cittadinanza, infatti, già conoscono il mondo dei
documenti necessari per questo tipo di richieste».
IL BOOM DI ISEE «Tra l’altro - ha aggiunto la presidente - in previsione dell’entrata in vigore del
nuovo provvedimento, abbiamo cercato di anticipare il più possibile la redazione degli Isee: tra
gennaio e febbraio, ne abbiamo fatti quasi il 12% in più (cioè un migliaio, ndr) rispetto all’anno
scorso». Ci vogliono circa 6 giorni tra la compilazione dell’Isee e l’attestazione dello stesso da parte
dell’Inps, necessaria per procedere alla richiesta del reddito di cittadinza, e il boom, ha spiegato
Della Ricca, arriverà la prossima settimana: tutti gli appuntamenti sono quasi già stati assegnati E
va considerato che il Caf Cisl ha potenziato la dotazione organica per arrivare preparata alla
partenza del 6 marzo: «Ci stiamo organizzando da gennaio - ha infatti continuato Della Ricca - e
abbiamo assunto 25 persone in più proprio per la compilazione dell’Isee: quello che ci preoccupa è
che tra qualche settimana, arriverà l’orda dei 730. Venerdì, inoltre, faremo un corso di formazione
ad hoc con tutto il personale, in orario straordinario: la convenzione con la consulta dei Caf, infatti,
è arrivata venerdì scorso ed è stata ratificata lunedì; il software per la gestione delle richieste del
reddito di cittadinanza è arrivato ieri (lunedì, ndr)». Molte ieri sono state presentate anche nei paesi:
i Caf Cisl più sollecitati, ha spiegato la presidente, sono, oltre a Udine, quelli di Manzano e di San
Giorgio di Nogaro.
I BENEFICIARI IN FVG Secondo le stime, nella nostra regione avrebbero diritto alla misura di
sostegno un massimo di circa 45mila nuclei familiari, di cui 18mila nella provincia di Udine. al.pi.

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Reddito, il via con sportelli deserti ma molte le prenotazioni nei Caf (Gazzettino Pordenone)
Debutto senza ressa e senza code per il reddito di cittadinanza. Niente file né davanti agli sportelli
postali, né negli uffici dei Centri di assistenza fiscale. Una delusione rispetto ai pronostici del
giorno prima: anche le Poste provinciali si erano organizzate per consentire le operazioni legate alla
presentazione della domanda in tutti gli uffici postali del Friuli occidentale. E preventivamente
anche nella sede di via Santa Caterina in città era stato spedito un vigilante nell’eventualità in cui
fosse stato necessario tenere a bada le code di cittadini. Code che però non si sono viste. Richieste
arrivate con il contagocce: verso le 10 di ieri nelle Poste centrali le domande inoltrate non erano
state più di una ventina. Un dato bassissimo, ma decisamente in linea con quello che è stato il dato
nazionale: nel tardo pomeriggio le richieste presentate in tutta Italia erano state poco più di 35 mila.
CON CALMA Probabilmente i cittadini intenzionati a presentare la domanda lo faranno nei
prossimi giorni: ci sarà tempo infatti fino a fine marzo. Certo è che se il buongiorno si vede dal
mattino non c’è da aspettarsi grande calca neanche nei prossimi giorni. La musica ieri mattina non
cambiava molto nei maggiori Caf sindacali del territorio. Sia al Caf Cisl che in quello Cgil - nel
palazzone sindacale di via San Valentino - c’era il movimento di tutti i giorni. Molte però le
telefonate ai centralini e le prenotazioni. Al Caf Cisl, però, le prenotazioni per le pratiche legate
all’Isee (la dichiarazione reddituale è il primo dei requisiti) avevano cominciate a raccoglierle già
all’inizio di febbraio. E se c’è un possibile test rispetto a quante potrebbero essere - nelle prossime
settimane - le istanze per la misura anti-povertà bisogna guardare a quante richieste di Isee in più
sono pervenute ai Caf rispetto all’anno scorso. «Su questo fronte - spiega Daniele Morassut,
responsabile organizzativo del Caf Cisl di Pordenone - per quello che ci riguarda possiamo dire che
c’è stato un incremento almeno del 25 per cento». Aumento addebitabile alle persone che hanno
richiesto l’Isee proprio per presentare poi la domanda del reddito di cittadinanza.
LE ISTANZE E stando al trend delle prenotazioni il servizio fiscale Cisl prevede che nelle prossime
settimane tratterà oltre un migliaio di pratiche. Per fare fronte nei tempi previsti alla mole di
richieste - si tenga presente poi che con l’inizio di aprile si avvia la campagna fiscale e quindi i Caf
dovranno operare su quel fronte - il Caf Cisl ha assunto tre addetti. Sulla base del criterio-principe
per avere diritto all’assegno di cittadinanza, cioé una dichiarazione Isee non superiore a 9.360 euro,
una stima dei potenziali aventi diritto in provincia parla di 8-9 mila cittadini. È chiaro poi, sulla
base degli altri requisiti, ci sarà una scrematura e le richieste saranno di meno. Intanto, chi inoltra la
richiesta riceverà risposta dall’Inps - direttamente su mail o sms - entro cinque giorni. La card con i
soldi si potrà ritirare in Posta dal 29 aprile. Solo dopo ci sarà la sottoscrizione del patto con i Centri
per l’impiego e i colloqui con i navigator: ma qui siamo ancora in alto mare. Intanto, nell’ufficio
anagrafe del Comune di Pordenone ci sono state parecchie richieste di informazioni rispetto a
possibili cambi di residenza e scissioni di stati famiglia. Ma gli eventuali furbetti sono avvisati: i
controlli saranno severissimi. d.l.

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Ospedali, carenza di camici bianchi. In sofferenza i reparti di Medicina
(M. Veneto Pordenone)
Donatella Schettini - La situazione più grave è all’ospedale di San Vito al Tagliamento, ma non va
bene neanche a Spilimbergo e Pordenone. Mancano medici nei reparti di medicina dei tre ospedali,
non hanno portato a nulla le procedure dell’Aas 5 per assumerne di nuovi. Adesso si continuerà con
un nuovo concorso, ma il problema è che di medici ce ne sono sempre meno.L’allarme sulla
mancanza di medici viene rilanciato periodicamente, ma ora si tocca con mano anche nelle strutture
sanitarie del Pordenonese. Dopo pronto soccorso, ortopedia e anestesia anche i reparti di medicina
cominciano a lamentare la carenza di medici. La situazione più grave si registra all’ospedale di San
Vito al Tagliamento, dove mancano tre medici e uno di quelli in servizio sarebbe pronto a trasferirsi
a Udine.Ma le cose non vanno poi tanto meglio a Spilimbergo e in città. «Non ne troviamo -
afferma il direttore sanitario dell’Aas 5 Giuseppe Sclippa -. Abbiamo fatto un concorso e ne
avevamo selezionati due, uno per San Vito al Tagliamento e uno per Spilimbergo, ma hanno
rifiutato. Adesso riproporremo le procedure». Per affrontare la situazione, l’Aas 5 ha cercato di
ridistribuire i medici: uno da Spilimbergo è stato assegnato a San Vito al Tagliamento, creando però
una posizione libera nell’ospedale di partenza. «Per quanto riguarda le medicine - prosegue Sclippa
- gestiamo le risorse di personale come se fosse un unico reparto. È ovvio che se tolgo un medico a
Spilimbergo per portarlo a San Vito al Tagliamento il primo soffre».Nei reparti di medicina di
Pordenone manca un medico e per fare fronte alla situazione sono stati assegnati a questi reparti
medici del pronto soccorso andando a scoprire, però, questa struttura. L’Aas 5 ha seguito quanto
previsto dalla legge per coprire i posti: procedure di mobilità e procedure concorsuali, che però non
hanno portato a reclutare nuovi medici. Il problema è che si iniziano ad accusare le assenze. E
questo allarma anche i sindacati. «Siamo preoccupati sia per gli utenti sia per i medici e il personale
sanitario che opera in queste condizioni - afferma Pierluigi Benvenuto della Cgil -. È anche vero
che la Aas 5 ha seguito l’iter previsto per coprire i posti che mancano, ma il problema è che non ci
sono medici».Per gli altri reparti l’Aas 5 ha sopperito con l’esternalizzazione, come per i punti di
primo intervento di Maniago e Sacile, e l’ambulatorio fast track del reparto di ortopedia, destinato
ai codici meno gravi che arrivano al pronto soccorso. Sono affidati con contratti a medici di una
cooperativa, rinnovati in autunno per il rischio di non riuscire a coprire tutte le caselle mancanti.

Quota 100 fa salire a 230 i pensionamenti nel mondo della scuola (M. Veneto Pordenone)
Chiara Benotti - La fuga dalla scuola raddoppia i pensionati 2019 a Pordenone: in tutto 230 il primo
settembre con le finestre aperte da Quota 100, Opzione donna e limiti di età scontati di alcuni mesi.
A dicembre 2018 le domande inoltrate con la legge Fornero erano circa 110 e altri 119 si sono
aggiunti a fine febbraio. «Sono 119 gli insegnanti, bidelli, amministrativi e tecnici che hanno
presentato domanda di pensione a fine febbraio - ha contato Gianfranco Dall’Agnese, sindacalista
Cgil -. Grazie alle finestre di Quota 100, Opzione donna e limite di età ridotto di cinque mesi
raddoppiano i pensionati in 42 scuole del Friuli occidentale».
LE QUOTE Nei numeri di fine febbraio i “centini” sono la maggioranza. «Domande di pensione
per 96 insegnanti pordenonesi - ha indicato Dall’Agnese - di cui 65 sono relative a Quota 100. Gli
ausiliari, amministrativi, tecnici che se ne andranno dalla scuola sono 23, di cui 19 con Quota 100».
Opzione donna è la formula di pensione con numeri bassi: il taglio economico del 30% nel
trattamento di quiescenza non incoraggia a fare la valigie. «Resta da verificare il numero reale dei
dirigenti scolastici pensionandi…». I conti negli organici si faranno in primavera e dopo i controlli
dell’Ufficio scolastico e dell’Inps sulle domande.
IL PROBLEMA «I 119 posti in organico lasciti liberi da Quota 100 - è l’ipotesi di Mario Bellomo,
segretario provinciale Flc Cgil - non saranno inseriti nelle nomine in ruolo 2019». Il sott’organico
dell’Inps non potrà garantire l’inserimento dati delle domande di pensione presentate entro il 28
febbraio in tempo utile per gli organici del ministero dell’Istruzione. «L’Inps si è impegnato a
garantire la certificazione in tempo utile per la mobilità soltanto delle domande di pensionamento
presentate a dicembre 2018, ma non di quelle presentate entro il 28 febbraio con Quota 100 e altre
finestre». L’effetto si avverte soprattutto tra i precari: metà assunzioni in ruolo.
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Grana in Porto vecchio. Al palo da 8 mesi l’intesa Comune-Greensisam (Piccolo Trieste)
Massimo Greco - Sono ormai trascorsi otto mesi dall’ultimo contatto, risalente al luglio dello scorso
anno quando lo stesso sindaco Roberto Dipiazza aveva preso parte alla corrispondenza. Poi il
silenzio. Tra i faldoni da disinnescare, che l’ex responsabile dell’immobiliare comunale Walter
Cossutta aveva passato al successore Enrico Conte, uno dei più interessanti e complessi riguardava
Greensisam, l’azienda guidata da Pierluigi Maneschi che 18 anni fa si era candidata a battistrada
nell’apertura di Porto vecchio, avendo ottenuto una concessione di 99 anni dall’Autorità portuale
per i cinque magazzini 2A, 2, 1A, 4, 3. I primi che s’incontrano entrando in Porto vecchio e
guardando a manca.Perché questo lungo silenzio? Perché rapporti congelati per tanto tempo? Cosa
osta a smuovere finalmente un’operazione nata nel 2001 e contrattualizzata nel 2005, ma non
ancora sbocciata nella concretezza realizzativa? La questione è nel contempo semplice e difficile,
riassumibile nella seguente domanda: chi deve pagare gli interventi di urbanizzazione per allacciare
i cinque magazzini alle reti elettriche, idriche, energetiche, fognarie, financo quelle viarie? Il conto,
calcolato dal Comune, è ingente: 11 milioni di euro, scomputabili solo in un secondo momento
dagli oneri di urbanizzazione. La civica amministrazione è assolutamente convinta che, trattandosi
di iniziativa privata, queste opere siano di pertinenza Greensisam. Convinzione evidentemente non
condivisa dalla controparte aziendale, come vedremo.Si era parlato di un interessamento da parte di
fondi di investimento austro-tedeschi, inclini a edificare nella “cittadella Greensisam” un hotel e
altre strutture residenziali: un progetto quotato oltre i 150 milioni di euro. È quantomeno probabile
che i potenziali investitori, prima di entrare in azione, desiderino che l’area sia dotata dei servizi
essenziali.A questo punto passo indietro per capire le premesse del dossier. La sdemanializzazione
del Porto vecchio ha comunque salvaguardato la concessione Greensisam, che deve essere
riconvertita in un contratto di locazione con il nuovo proprietario Comune. Sulla locazione -
secondo fonti municipali - le parti si sono incontrate, dando vita a una bozza d’accordo trasmessa
nel giugno 2018 all’attenzione della parte privata. La quale però avrebbe risposto, a firma di Franco
Quartana, eccependo sul pagamento delle opere di urbanizzazione. Anche Dipiazza ha scritto a
sostegno della posizione comunale, poi è calato il sipario. Greensisam, comunque, continua a
pagare un canone ammontante a 513 mila euro annui. Insomma, non è in discussione la vigenza
della competenza Greensisam, ma la responsabilità di urbanizzare l’area. Il Comune è intenzionato
a mettere all’asta i 5 stabili, il cui valore è stimato in 16 milioni di euro. Greensisam ha il diritto di
prelazione, per cui, volendo, potrebbe tenersi i magazzini.Un match aperto, reso ancor più
avvincente dall’incontro, avvenuto ieri pomeriggio, tra un pool di dirigenti comunali e i
rappresentanti di un’impresa interessata a rilevare proprio la posizione di Greensisam in Porto
vecchio. Nelle informazioni richieste anche le infrastrutturazioni da compiersi. E da finanziarsi.

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La solidarietà bipartisan ai lavoratori della Burgo (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
Forte presa di posizione ieri, da parte delle istituzioni locali a fianco dei lavoratori della Burgo di
Duino, all’indomani delle dichiarazioni del capo del personale del gruppo di cui fa parte la cartiera,
Franco Montevecchi, che aveva parlato di «possibile esuberi anche per i 225 addetti della linea 3»,
dopo gli 87 già confermati per la linea 2. In mattinata, i sindaci di Duino, Daniela Pallotta, e di
Monfalcone, Anna Maria Cisint, e il segretario regionale del Pd, Cristiano Shaurli, hanno raggiunto
la sede dello stabilimento, dov’è in atto uno sciopero a turni, che si protrarrà fino a sabato,
affrontando, in un dialogo coi lavoratori e i rappresentanti sindacali, la drammatica situazione
produttiva. I due sindaci e il consigliere hanno manifestato la solidarietà e la vicinanza alle
maestranze che hanno ricevuto le lettere di licenziamento, esprimendo una valutazione «fortemente
critica per l’atteggiamento della proprietà». «Lo stabilimento - hanno detto Pallotta e Cisint -
rappresenta una realtà industriale rilevante, le cui prospettive rischiano di essere compromesse,
causa la mancanza di un idoneo piano industriale atto a valorizzare le potenzialità dell’azienda e a
salvaguardare l’occupazione del territorio, in particolare di Duino e dell’Isontino, da cui proviene
gran parte delle maestranze». Pallotta, dopo aver chiesto «l’inserimento dello stabilimento nell’area
di crisi complessa di Trieste», ha annunciato che incontrerà entro la settimana Giulio Spinoglio,
l’imprenditore che tutti sperano possa creare una newco in grado di assorbire gli esuberi. Cisint ha
parlato della «necessità di avviare a breve un tavolo specifico sull’occupazione che, attraverso i
fondi per la riqualificazione professionale dell’amministrazione regionale, possa consentire di dare
risposte». «Bisogna esplorare tutte le vie possibili - ha detto Shaurli - perché a chi si è impegnato a
investire non bisogna lasciare scuse e quindi occorre anche accelerare al massimo le procedure di
autorizzazione per la costruzione del pirogassificatore, che non presenta particolari pericoli
d’impatto ambientale».

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