RASSEGNA STAMPA CGIL FVG - martedì 14 gennaio 2020

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RASSEGNA STAMPA CGIL FVG – martedì 14 gennaio 2020

(Gli articoli di questa rassegna, dedicata prevalentemente ad argomenti locali di carattere economico e sindacale, sono
scaricati dal sito internet dei quotidiani indicati. La Cgil Fvg declina ogni responsabilità per i loro contenuti)

ATTUALITÀ, REGIONE, ECONOMIA (pag. 2)
Referendum su Servola, sì del 59% degli operai all'accordo con Arvedi (Piccolo, 3 articoli)
Esuberi Safilo, si muove la Regione. Oggi il confronto sindacati-azienda (M. Veneto)
Case di riposo sempre più costose. Rincari medi di 1.440 euro all'anno (M. Veneto, 2 articoli)
Dimensionamento scolastico promossi e bocciati da Roma (M. Veneto)
La mappa degli stipendi. Trieste entra nella top-10 (Piccolo)
CRONACHE LOCALI (pag. 8)
Pasta Zara-Barilla, l'attesa continua: alle Noghere in 140 col fiato sospeso (Piccolo Trieste)
Polidori "stronca" la Trieste servizi: «Farebbe spendere di più il Comune» (Piccolo Trieste)Dopo banca e
posta Servola rischia lo scippo del medico di famiglia (Piccolo Trieste)
La Uil ai pensionati: «Assegni sbagliati, da febbraio tutto ok» (Piccolo Trieste)
Pd: «Dibattito nullo su A2A». La replica: «Studino» (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
Dopo Trischitta srl, fallita la Fruit partner. Gestiva due negozi (M. Veneto Udine)
Cividale non si rassegna sulla sanità. Due vertici per difendere l'ospedale (M. Veneto Udine)
Aumentano medici e infermieri privati in pronto soccorso, ambulatori e Rsa (M. Veneto Pordenone)

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ATTUALITÀ, REGIONE, ECONOMIA

Referendum su Servola, sì del 59% degli operai all'accordo con Arvedi (Piccolo)
Diego D'Amelio - Con 277 voti a favore e 192 contrari, i lavoratori della Ferriera di Servola hanno deciso di
dare il via libera allo schema di intesa impostato a Roma da sindacati e gruppo Arvedi. Il 59% dei 513
dipendenti aventi diritto (i tempi determinati non sono stati ammessi al voto) ha sposato la prospettiva
della riconversione voluta da ministero dello Sviluppo economico, Regione e Comune. Il beneplacito delle
maestranze autorizza dunque la firma e subito dopo toccherà ad azienda, istituzioni e Autorità portuale
siglare quell'Accordo di programma che i rappresentanti dei lavoratori chiedono contenga tutte le garanzie
sulla promessa assenza di esuberi. Le urne si sono chiuse alle tre di ieri pomeriggio e il risultato è arrivato
meno di un'ora dopo. Terminano con la vittoria del "sì" i tre giorni di votazioni indetti da sindacati per un
referendum segnato da una forte conflittualità interna e senza che in questi mesi si sia registrata una
singola giornata di sciopero. La Rsu della Ferriera non è riuscita a mantenere una posizione unitaria e i
rapporti tra le sigle sono andati sfilacciandosi in un ping pong di accuse reciproche. La Cgil Fiom ha
sostenuto la posizione del "no", dopo aver abbandonato il tavolo del Mise e aver condotto una dura
campagna contro un accordo che secondo il sindacato di sinistra non contiene sufficienti tutele per i
lavoratori. Schierati per il "sì" al documento erano invece Fim Cisl, Uilm, Failms e Usb. Bisognerà ora capire
se ci sarà un ricompattamento in vista di una firma che verrà apposta ad ogni modo anche dalla Fiom. Il
voto è stato orientato anche da importanti pressioni provenienti dall'esterno. Come nel caso dell'impegno
del ministro Stefano Patuanelli per l'assunzione degli esuberi da parte di Fincantieri: annunciata non a caso
alla vigilia del voto, la prospettiva sarà rafforzata nelle prossime settimane da un protocollo siglato dal
gigante dei cantieri e dalla Regione. Impattante è stato pure il comunicato diramato dal gruppo Arvedi
dopo un'assemblea dei lavoratori così tesa da aver fatto credere agli stessi sindacalisti che il "no" avrebbe
prevalso: la proprietà specificava che la chiusura dell'area a caldo sarebbe arrivata anche in caso di
bocciatura dell'accordo sindacale, con l'aggravante per i lavoratori di dover rinunciare alle forme di tutela
previste nel patto e di potersi affidare solo all'eventuale trasferimento nel sito produttivo di Cremona. Il
"no" avrebbe effettivamente significato navigare in mari sconosciuti, perché la bocciatura dell'intesa non
avrebbe costretto l'azienda a sedersi nuovamente al tavolo e perché Regione e Comune hanno sempre
detto di essere disposti a firmare l'Accordo di programma solo in presenza dell'accordo preliminare fra
azienda e lavoratori. Con il "sì" i dipendenti della Ferriera spianano la strada alla chiusura dell'area a caldo:
una prospettiva certo non voluta, ma vissuta da operai e impiegati con speranza, dopo le ripetute promesse
di una riconversione industriale e logistica capace di non lasciare per strada nemmeno un dipendente.
L'accordo sindacale recepisce i quattro pilastri del piano industriale, riportati anche nell'Accordo di
programma: smantellamento e bonifica dell'area a caldo, rilancio della logistica, riconversione a metano
della centrale elettrica e potenziamento del laminatoio con aggiunta dei reparti di zincatura e verniciatura,
nonché possibilità di installare una linea di ricottura. La riconversione dovrebbe durare 24 mesi e richiedere
un investimento da 180 milioni, cui potranno aggiungersene 50 in caso si decida di realizzare il forno di
ricottura. Al termine dell'operazione, i lavoratori di Servola passeranno da 580 a 417: per 66 di essi si
procederà con trasferimenti in aziende terze o in altri siti produttivi del gruppo, 58 verranno prepensionati
e per i restanti 39 sono previste uscite volontarie con incentivi, a meno che l'impianto di ricottura non ne
garantisca l'assorbimento. Per tutti scatteranno nel frattempo 24 mesi di cassa integrazione a rotazione,
che l'azienda si è impegnata a maggiorare con 346 euro lordi, assicurando inoltre un'integrazione
economica per i pensionandi pari a 1. 175 euro lordi ogni mese di Naspi e un incentivo all'uscita da 28 mila
euro lordi per chi volesse lasciare il posto di lavoro. Per arrivare alla definizione del quadro ci sono tuttavia
parecchie cose da chiarire. L'intesa sindacale richiama infatti esplicitamente gli impegni delle istituzioni a
garanzia dell'occupazione: questi dovranno essere messi nero su bianco in un Accordo di programma, che
allo stato attuale non contiene però tre passaggi fondamentali. Si tratta della definizione operativa e
finanziaria del nodo bonifiche, delle risorse che governo e Regione intendono stanziare per il rilancio e
dell'esito delle trattative tra Arvedi e Autorità portuale per l'acquisizione da parte di quest'ultima dei
terreni dell'area a caldo, che dovrebbero essere usati per la creazione di un terminal ferroviario a servizio
della Piattaforma logistica, di cui non è tuttavia ancora chiaro il futuro. I sindacati mettono inoltre in dubbio

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le modalità di assorbimento della manodopera in eccesso da parte di Fincantieri, che potrebbe dover
assumere oltre un centinaio di persone, tra tempi determinati in scadenza a gennaio e una quarantina di
lavoratori impiegati nella bonifica ma non previsti nell'organigramma finale. Non è chiaro se le maestranze
verranno reclutate direttamente oppure nell'indotto, né rassicura il trattamento dei dipendenti ex Eaton
per i quali era stato previsto lo sesso iter, non ancora concluso. Senza dimenticare che il passaggio alla Cln
di San Giorgio di Nogaro potrebbe essere rallentato dalla necessità per l'impresa di acquisire permessi
ancora non rilasciati.
Il fronte delle istituzioni festeggia il verdetto sperato. Ma i sindacati non si fidano
Il sì all'intesa distende i nervi della politica, ma non quelli dei sindacati. Da una parte il ministro Stefano
Patuanelli, la giunta Fedriga e il sindaco Roberto Dipiazza vi trovano la conferma della strategia di chiusura
dell'area a caldo della Ferriera. Dall'altra continua la divisione tra sigle favorevoli e contrarie, unite però
nella volontà di vigilare sulle garanzie per i lavoratori nell'Accordo di programma che verrà.Patuanelli non si
sottrae: «L'esito del referendum è un passaggio fondamentale, che abbiamo atteso in rispettoso silenzio. È
il presupposto per la sottoscrizione dell'Adp che sarà definito nei prossimi giorni. Come ministro, ma prima
ancora da concittadino, monitorerò il rispetto dei patti in una fase fondamentale di transizione». Ma i
sindacati non si fidano. Per la Fim Cisl intervengono il segretario provinciale Umberto Salvaneschi e il
coordinatore nazionale Gianfranco Micchetti. Per il primo, «i lavoratori hanno fatto la loro parte anche se il
cuore fa male. Ora i sindacati devono ricompattarsi, mentre Mise, Regione e Comune devono mantenere le
promesse». Per il secondo, «nei lavoratori è prevalso grande senso di responsabilità, che ora deve trovare
concretezza rispetto agli impegni di governo e istituzioni». Il segretario della Uilm di Trieste Antonio Rodà
parla di «giornata storica», augurandosi che «si firmi l'Adp al più presto con le garanzie date per acquisite
dalle istituzioni». Il responsabile siderurgia della Uilm Guglielmo Gambardella aggiunge che il voto è «un
segnale chiaro che i lavoratori vogliono lanciarsi in un nuovo futuro con una fabbrica moderna e sviluppo
delle attività logistiche». La Failms stigmatizza con Cristian Prella l'ultimatum dell'azienda dopo l'assemblea:
«Un'ingerenza indebita molto negativa, che abbiamo temuto cambiasse l'esito del voto, ma i lavoratori
hanno considerato tutto quello che c'era in gioco». Pur favorevole al "sì", Sasha Colautti (Usb) ritiene
«chiara la debolezza della classe politica locale con i suoi tentennamenti e il poco coraggio a esporsi nel
momento cruciale. Il ministro chiuda la partita nel bene dell'occupazione e della città». Sul fronte contrario
è rimasta solo la Fiom Cgil. Il segretario provinciale Marco Relli si impegna a «firmare un accordo pieno di
lacune, rispettando la volontà dei lavoratori. Il risultato è una sconfitta per tutti, che chiude 123 anni di
siderurgia triestina senza prospettive certe. Ora chiediamo alla politica di rispettare gli impegni anche se
non potremo interloquire, perché saremo fuori dal tavolo dell'Adp». Il segretario nazionale Fiom Gianni
Venturi invita allora il Mise a convocare «un tavolo con tutte le parti sociali e istituzionali per la definizione
dell'Adp, che deve contenere le necessarie garanzie di continuità occupazionale, che non sono garantite
dall'accordo sindacale». Dopo essere stata accusata dai sindacati di voler frenare il percorso, la giunta
regionale parla a sua volta per bocca di Alessia Rosolen e Fabio Scoccimarro. L'assessore al Lavoro accoglie
«con il dovuto rispetto l'esito del voto», sottolineando che «quello stesso rispetto ha caratterizzato
l'atteggiamento della Regione durante la delicata fase di consultazione delle maestranze. Ora tutti i soggetti
pubblici e privati coinvolti nella definizione del nuovo Adp devono proseguire sulla via della reciproca
disponibilità in vista di un percorso di riconversione che tuteli la sicurezza e i livelli occupazionali». Per il
responsabile Ambiente, «stiamo per giungere a una svolta storica. La Regione aveva ben chiaro l'obiettivo,
tanto da aver ricevuto diffide da parte della società a fronte di mie dichiarazioni in questo senso. Da marzo,
abbiamo lavorato sotto traccia per sei mesi, non più in contrapposizione bensì in collaborazione con
l'azienda per giungere alla riconversione a "esuberi zero". Nell'accordo sindacale la maggioranza dei
lavoratori ha condiviso il piano industriale». «Ho detto più volte che è un momento magico per la città e il
dato lo dimostra ancora una volta - commenta Dipiazza -. Cittadini e lavoratori hanno capito che si sta
lavorando tutti nella stessa direzione». Per la deputata Pd Debora Serracchiani, «il voto dei lavoratori va
rispettato e occorrerà massima vigilanza sull'accordo sindacale, ma anche sul mantenimento degli impegni
assunti dagli altri soggetti istituzionali e industriali: guai a perdere un solo posto di lavoro, anche a tempo
determinato». Il consigliere regionale M5s Andrea Ussai sottolinea come «Ci siamo sempre battuti per la

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chiusura della parte più inquinante dello stabilimento di Servola: finalmente si concilia la tutela della salute
con le garanzie occupazionali, in un percorso di vera riconversione». D.D.A.
Al circolo aziendale prevale l'amarezza: «Comunque vada, è la fine di un'epoca»
testo non disponibile

Esuberi Safilo, si muove la Regione. Oggi il confronto sindacati-azienda (M. Veneto)
Maura Delle Case - La vertenza Safilo sbarca a Trieste. Dopo l'incontro di domenica tra i lavoratori e il
viceministro allo Sviluppo economico, Alessandra Todde, oggi il caso dell'occhialeria di Martignacco che
occupa 235 addetti, condannata alla chiusura secondo il piano industriale approvato dal consiglio di
amministrazione Safilo, approda in Regione. Al tavolo di confronto convocato dall'assessore alle Attività
produttive Sergio Emidio Bini, oltre ai sindacati dovrebbero partecipare, salvo sorprese, pure i vertici
aziendali della multinazionale veneta.Dopo le tensioni registrate nelle ultime ore appena oltre il "confine",
in Veneto, dove le parti sociali hanno disdetto l'incontro con l'azienda previsto a Longarone, il condizionale
è d'obbligo. La strada della trattativa sembra più che mai in salita. Anche in Friuli dove la vertenza investe lo
stabilimento di Martignacco e i suoi 235 addetti. «Non lasceremo alcuna strada intentata al fine di trovare
una soluzione positiva per i lavoratori della Safilo di Martignacco. Per questo, la Regione sta dialogando
anche con Confindustria Udine, che può svolgere un ruolo strategico in questa complessa vicenda», ha
detto ieri l'assessore Bini al termine di un incontro con la presidente dell'associazione udinese, Anna
Mareschi Danieli, tenutosi nel capoluogo friulano proprio allo scopo di trattare i temi legati al futuro dello
stabilimento di Martignacco. «Fin dalle prime battute della crisi, aperta a dicembre con l'annuncio da parte
dell'azienda di voler chiudere la sede friulana, la Regione si è fatta carico di attivare ogni confronto
istituzionale utile a scongiurare la perdita dei posti di lavoro e della produzione», ha aggiunto Bini
assicurando il massimo impegno dell'esecutivo Fvg anche per il futuro.Due gli appuntamenti già
calendarizzati per questa settimana. Il primo vedrà Bini impegnato oggi a Trieste, dove presiederà l'incontro
con sindacati e azienda, un vis à vis che negli auspici dovrebbe essere propedeutico al secondo, previsto
giovedì a Roma, al ministero dello Sviluppo economico. I lavoratori guardano con speranza a entrambi. Al
pari delle segreterie sindacali di categoria. L'auspicio è che l'appuntamento di oggi in Regione possa
diventare un momento di confronto per entrare nel merito della questione. Per fare un passo avanti
rispetto alla rigidità espressa a più riprese dall'azienda: ferma nel proposito di spengere gli impianti
produttivi a Martignacco e lasciare a casa, in Cigs, i lavoratori friulani. Unica concessione: l'intervento di un
advisor per la reindustrializzazione. Troppo poco per i dipendenti, in gran parte donne con famiglia, che si
preparano a giocare tutte le carte. Pronti a salire sul pullman che giovedì all'alba partirà da Udine alla volta
di via Molise a Roma, sede del Mise, manifesti e striscioni al seguito, intenzionati a rivendicare il diritto al
lavoro, a un posto sudato, amato, che in passato hanno già rischiato di perdere. Ora sperano che un
imprenditore si faccia avanti e dia una chance a loro e alla fabbrica, convinti che difficilmente Safilo stavolta
farà un passo indietro e che a loro, in queste ore, non resta che giocarsi il tutto per tutto.

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Case di riposo sempre più costose. Rincari medi di 1.440 euro all'anno (M. Veneto)
Christian Seu - Secondo enti e società che gestiscono le case di riposo sta nelle pieghe dei regolamenti
allegati a una legge scritta nel 2015 (ed entrata in vigore il 1° gennaio, dopo il classico balletto di rinvii) la
motivazione dell'aumento diffuso delle rette delle strutture assistenziali che accolgono in Friuli Venezia
Giulia gli anziani. Aumenti nell'ordine dei 2 euro al giorno, che costringeranno le famiglie che usufruiscono
dei servizi delle case di riposo pubbliche e private a sborsare in media 1.440 euro in più nel 2020 per
garantire l'assistenza ai propri cari. L'equazione che porta al risultato dell'impennata delle rette è facile
facile: aumentano gli standard e cresce il numero dei dipendenti richiesti per garantirli; ergo, s'impennano i
costi del personale, che in qualche maniera vanno ammortizzati. due euro alla zaffiroIl gruppo Zaffiro, che
gestisce in Friuli cinque residenze per anziani (a Magnano, Tarcento, Martignacco, Fagagna e Rivignano) ha
aumentato la tariffa media quotidiana di 2 euro. «C'è stata da parte della Regione una richiesta di
adeguamento a cui non è corrisposto un aumento del contributo regionale garantito», spiega
l'amministratore delegato di Zaffiro, Gabriele Ritossa, riferendosi alla quota della retta per la quale
interviene direttamente il Servizio sanitario regionale (tra gli 11 e i 13 euro pro capite al giorno). «Diventa
inevitabile scaricare questa situazione sulle famiglie. Anzi, stiamo riflettendo sulle ripercussioni», aggiunge
Ritossa, lasciando intendere possibili nuovi aumenti in futuro. L'adeguamento dà spazio anche a situazioni
paradossali: «Abbiamo quaranta signore assunte da tempo per fare le pulizie che dovremo licenziare, visto
che il riordino prevede che a rifare i letti siano operatori sanitari qualificati - spiega ancora il dirigente -. A
Rivignano abbiamo speso 10 milioni per la nuova casa di riposo, senza la possibilità di accogliere nuovi
utenti perché non avevamo personale a disposizione». I costi del personale incidono in maniera significativa
nei bilanci delle strutture, anche perché - dopo anni di trattative sindacali - è stato adeguato il contratto dei
dipendenti delle cooperative che prestano servizio nel settore. Il caso sereni orizzontiUno dei player di
riferimento del settore, Sereni Orizzonti, ha percorso un'altra via, nella rimodulazione delle tariffe per i 580
posti letto delle proprie case di riposo. «Aumentiamo le rette in maniera teorica, andando a incidere sulle
massime e soltanto per i nuovi utenti, accolti nelle nostre strutture a partire dal 2020, ferma restando la
possibilità di praticare sconti in determinati casi», spiegano dalla direzione della spa.ritocchi del
pubblicoAnche il pubblico non è immune agli aumenti. A San Daniele il dibattito in Consiglio s'è infuocato
quando il sindaco, Pietro Valent, ha annunciato l'aumento di 2 euro e mezzo delle rette per la struttura di
via Dalmazia. «In un passato non troppo lontano - aveva spiegato Valent - il bilancio si chiudeva con un
avanzo e nel tempo è stato possibile accantonare una cospicua riserva, ma la tendenza si è poi invertita,
anche per la scelta di aver mantenuto le tariffe invariate da anni. È dunque necessario utilizzare riserve per
pareggiare i bilanci degli ultimi esercizi. L'importo della retta, poi, è fermo dal 2014 e nel frattempo ci sono
stati due aumenti del Contratto collettivo nazionale dei lavoratori operanti nella struttura. Il gap attuale fra
costi e tariffa all'utenza è di 10 euro al giorno, differenza che intendiamo colmare nel prossimo triennio». A
Udine, La Quiete - con una delibera approvata lo scorso 16 dicembre dal consiglio d'amministrazione - ha
stabilito di incrementare trasversalmente di 50 centesimi le rette, limitandosi «ad allinearle all'indice medio
di aumento Istat». Ritocco all'insù, tra le altre strutture, anche a Paluzza, con le rette che saliranno di 50
centesimi o un euro per gli auto sufficienti, Per l'utenza autosufficiente l'aumento andrà da 50 centesimi a 1
euro. Per i pazienti non autosufficienti di bassa intensità l'incremento sarà nell'ordine dell'euro e mezzo;
per quelli a media intensità da 2 -2,50 euro e per quelli ad alta e grave intensità (che rappresentano meno
del 30 per cento dell'utenza) da 3 a 3,50 euro.
La Regione amplia i fondi per l'assistenza ai nonni
La Regione investe ogni anno 80 milioni di euro nel sistema dell'assistenza rivolto ad anziani e non
autosufficienti. «Una somma che abbiamo incrementato nell'ultima legge di Bilancio», rivendica l'assessore
regionale alla Salute, Riccardo Riccardi, che ricorda come la riforma sanitaria firmata dalla giunta di
centrodestra preveda «norme più stringenti nei controlli» nelle case di riposo e «una norma che impone
alle strutture un sistema di controllo, in tempo reale, sulla presenza del personale, oltre a un nucleo che
opererà in materia di vigilanza delle strutture». Un sistema articolato, «che sarà al centro della discussione
sulla salute nel 2020», spiega Riccardi, e che conta ottanta strutture accreditate e 7.885 posti letto
convenzionati. Sull'aumento delle tariffe il vicepresidente dell'esecutivo regionale sottolinea come «il tema
sia certamente centrale», ma non può essere slegato «da quello delle regole, che devono essere stringenti

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anche per i privati convenzionati: a leggere il margine operativo lordo di certe aziende del settore qualche
preoccupazione c'è, fermo restando che personalmente sono per la libertà d'impresa: è chiaro - evidenzia
Riccardi - che il privato può inserirsi nel settore dell'assistenza, a patto che rispetti le regole mirate a
tutelare l'utenza»...

Dimensionamento scolastico promossi e bocciati da Roma (M. Veneto)
Chiara Benotti - È arrivata la fumata bianca per il Piano del dimensionamento delle scuole regionali per
l'anno 2020-2021 da parte del ministero dell'Istruzione. Sarà chiusa la scuola primaria e secondaria di primo
grado a Comeglians, nell'istituto comprensivo Gortani. Oltre a questo, gli studenti avranno la possibilità di
scegliere nuovi indirizzi per le iscrizioni 2020-2021 nelle superiori al Deganutti di Udine, al Linussio di
Codroipo e all'Isis Sarpi-Freschi di San Vito al Tagliamento. Il tutto sarà subordinato alle risorse sufficienti in
organico dei docenti. La fumata nera di rinvio, invece, è arrivata da parte del ministero dell'Istruzione per
l'attivazione nel liceo Pujati di Sacile del nuovo indirizzo musicale. Lo stop si è registrato anche per
l'attivazione all'Isis Magrini-Marchetti di Gemona del Friuli della seconda sezione dell'indirizzo sportivo. La
rete formativa si aggiorna con nuovi indirizzi: all'Isis Jacopo Linussio di Codroipo con l'attivazione del corso
di liceo delle Scienze applicate. «L'avvio del nuovo indirizzo è subordinato alla presenza di risorse di
organico sufficienti - recita il Piano - per garantire l'avvio del nuovo indirizzo di studi». Aggiornamento della
programmazione dell'offerta formativa del tecnico Cecilia Deganutti di Udine con l'istituzione di un istituto
professionale ad indirizzo Servizi commerciali - opzione promozione commerciale e pubblicitaria, dopo la
trasformazione della scuola da tecnico a Isis superiori, a seguito dell'aggiunto indirizzo professionale.
"L'avvio del nuovo indirizzo è subordinato alla presenza di risorse di organico sufficienti - è la formula bis
per il Deganutti nel Piano - per garantire l'avvio del nuovo indirizzo di studi». Anche all'Isis Sarpi-Freschi a
San Vito al Tagliamento è previsto il nuovo indirizzo Meccanica e Meccatronica: se ci saranno studenti
iscritti e sufficienti risorse in cattedra. I CASIRinviato il liceo musicale a Sacile: mancano le risorse per aule
insonorizzate, strumenti e strutture nel Pujati. Il Piano del dimensionamento scolastico regionale del
ministero dell'Istruzione 2020-2021 non prevede, senza risorse, l'istituzione. I costi a braccio superano 100
mila euro e gli enti locali Regione e Comune di Sacile non hanno garantito gli impegni di spesa. «È rinviata
l'attivazione dell'indirizzo musicale - il dirigente Aldo Mattera ha confermato lo stop -. Non ci sono stati
impegni di spesa ufficiali da parte della Regione e del Comune di Sacile in merito agli ambienti insonorizzati,
aule speciali, strumenti e strutture necessari. Ci sarà un approfondimento con un ispettore ministeriale per
definire il fabbisogno e le risorse necessarie». Senza risorse, niente musica a Sacile. «Non può essere
recepita la proposta di attivazione all'Isis Magrini-Marchetti di Gemona del Friuli della seconda sezione a
indirizzo sportivo - recita il Piano -. Sarà consentita per l'anno 2020-2021 l'attivazione di una sola classe
prima, per ciascuna istituzione scolastica».le lineeIl principio di contenimento della spesa pubblica nel
dimensionamento regionale si applica sul conto delle risorse reali dei docenti in cattedra prima di far
partire nuovi indirizzi. Il Piano regionale tutela i comprensivi nelle zone pedemontane e montane, dove le
scuole sono il baricentro delle comunità.

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La mappa degli stipendi. Trieste entra nella top-10 (Piccolo)
Marco Ballico - Il Friuli Venezia Giulia è la regione del Nord in cui i dipendenti del settore privato sono meno
pagati dalle aziende. Trieste, però, entra nella top ten delle province: settima in Italia, migliora di sei
posizioni (proprio come Gorizia, che però è quarantottesima) la rilevazione dell'anno precedente. Nel 2019,
sulla base del Jp Geography Index, il report annuale dell'Osservatorio JobPricing - realizzato quest'anno in
collaborazione con Spring Professional - che analizza e valorizza le differenze retributive tra regioni e
province italiane, la retribuzione annuale lorda più alta risulta essere quella della Lombardia (31.472 euro),
davanti al Trentino Alto Adige (31.136) e al Lazio (30.353). Nei primi posti ci sono poi le altre regioni del
Nord: l'Emilia Romagna è quarta, la Liguria quinta, il Piemonte sesto, il Veneto settimo, la Valle d'Aosta
ottava. Tutti con Ral superiori a quelle che emergono in Fvg, nono con una retribuzione media di 28.661
euro, un centinaio di euro in più del 2018. In coda ci sono solamente regioni del Sud: gli ultimi cinque posti,
in particolare, sono occupati da Sardegna, Molise, Sicilia, Calabria e Basilicata, che chiude con 24.495 euro
di Ral.Per quanto riguarda le province, Milano si conferma in prima posizione, con una media annuale di
33.948, un dato con il quale il capoluogo lombardo stacca di quasi 2mila euro la seconda in classifica e di
quasi 4.600 euro la media nazionale. Al secondo e al terzo posto c'è invece il sorpasso di Bolzano (32.088)
su Monza-Brianza (31.688). Sopra quota 31mila anche Bologna, Genova, Parma e appunto Trieste, con
31.262 euro di Ral. Una crescita rispetto al 2018 di poco meno di 1.000 euro, che consente di mettere alle
spalle Roma, Ravenna e Reggio Emilia. La seconda provincia del Fvg è quella di Udine (28.242),
quarantasettesima (tre posizioni più giù di un anno fa), proprio davanti a Gorizia (28.055), mentre
Pordenone è cinquantaseiesima (27.508, in risalita di sei posti). Differenze nette anche a pochi chilometri di
distanza: conta evidentemente la presenza nel capoluogo regionale di società imprenditoriali di alto livello.
Fatta 100 la media della regione, Trieste presenta un Geography Index pari a 109,1, Udine è a 98,5, Gorizia
a 97,9 e Pordenone a 96. Nel vicino Veneto, Venezia guarda tutti dal basso. La provincia con Ral più alta è
quella di Verona, l'unica a superare i 30mila euro e quattordicesima in classifica. In fila si mettono Vicenza,
Rovigo, Padova, Belluno e Treviso.Anche in questo caso le retribuzioni più basse sono tutte al Sud: partendo
dall'ultima in classifica (Nuoro, posizione 107) e risalendo si incontra una provincia non del Meridione solo
dopo 25 posizioni (Fermo, posizione 82). A leggere le fasce di merito del Report solo Trieste in Fvg viene
promossa. Le province verdi arrivano infatti fino al trentaseiesimo posto, quelle arancioni vanno dal 37 al
72, prima delle rosse. ll database di JobPricing è costituito da circa 450mila profili retributivi relativi a
lavoratori dipendenti di aziende private, raccolti durante il periodo 2014-2019. Le fonti utilizzate sono gli
stessi lavoratori, che rispondono anonimamente al sondaggio, e i dati forniti dalle direzioni del personale.
Nel panel sono considerati lavoratori assunti con forme di lavoro dipendente, a tempo determinato,
indeterminato o con contratto in somministrazione, mentre sono escluse altre forme contrattuali quali
stage, collaborazioni, contratti a progetto, partite Iva.

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CRONACHE LOCALI

Pasta Zara-Barilla, l'attesa continua: alle Noghere in 140 col fiato sospeso (Piccolo Trieste)
Massimo Greco - Sandra Modesti, segretario della Flai Cgil triestina, non nasconde una certa inquietudine di
inizio anno: ha telefonato alla sua omologa trevigiana per sapere se c'erano novità sul fronte Pasta Zara,
dove l'opposizione di quattro creditori al concordato preventivo ha bloccato l'omologa del Tribunale
veneto. E novità al momento non ce ne sarebbero, nel senso che non sono state fissate nuove udienze,
dopo che due sono già slittate, una era stata calendarizzata a novembre e l'altra a dicembre.Perché il
segretario Modesti segue con apprensione l'agenda giudiziaria trevigiana? Perché dall'omologa del
Tribunale dipende la sorte dello stabilimento di Muggia, dove lavorano 140 addetti, su tre turni, senza
bisogno di ammortizzatori sociali, approvvigionato dal terminal cereali della Grandi Molini in Punto franco
nuovo.Sulla fabbrica delle Noghere c'è l'impegno della Barilla, unica azienda ad aver presentato un'offerta
nella scorsa primavera, in riscontro al bando pubblicato dal Tribunale di Treviso: un investimento
importante pari a 118 milioni di euro, riguardante il solo sito produttivo muggesano. Ma se non c'è
l'omologa al concordato, Barilla non può prendere possesso dello stabilimento. Non solo: la cessione di
Muggia al gruppo parmigiano è l'«architrave» del concordato per soddisfare i creditori. Se per ipotesi
inauspicata non arrivasse l'omologa, per la famiglia Bragagnolo piano da rifare o fallimento.Perché,
nonostante il 70% dei creditori avesse approvato il concordato in estate, quattro aventi causa si sono
impuntati? Un articolo del "Corriere Veneto", che ancora in dicembre aveva sollevato la questione dello
slittamento decisionale, non riportava le ragioni addotte dagli insoddisfatti. Ma rammenta come durante
l'adunata dei creditori avvenuta a luglio fossero emerse critiche rispetto alle somme recuperate. Per
esempio, erano state contestate le restituzioni per decine di milioni che Pasta Zara avrebbe versato alla
controllante Ffauf (circa 75%, la quota restante in mano pubblica con Simest e Friulia) allora in
Lussemburgo, tra il 2016 e il 2017. Altra polemica evidenza concerneva i 25 milioni di nuova liquidità
provenienti da Sga (società per la gestione di attività), proprietà del ministero dell'Economia e delle Finanze
e gerente i crediti deteriorati di Popolare Vicenza e Veneto Banca. Il buco delle ex popolari - ricordiamo - ha
pesato sulle sorti della società. Venticinque milioni pre-deducibili, quindi da restituire in via prioritaria. Da
Riese, dove ha sede il quartier generale di Pasta Zara, si tende ovviamente a sdrammatizzare il fatto che
l'omologa ritardi. L'operazione Noghere-Barilla era stata messa a punto ancora nel novembre 2018 e in quel
mese i dipendenti muggesani avevano approvato ad ampia maggioranza l'accordo sull'organizzazione del
lavoro. Muggia è lo stabilimento di punta di Pasta Zara, che alcuni anni fa vi aveva investito 52 milioni di
euro, così da organizzare un magazzino informatizzato in grado di movimentare 66.000 pallet di carico.

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Polidori "stronca" la Trieste servizi: «Farebbe spendere di più il Comune» (Piccolo Trieste)
Laura Tonero - «Ritengo molto difficile che qualcuno dimostri la sostenibilità economica e la convenienza
per l'amministrazione comunale di una nuova partecipata o dell'utilizzo di Esatto per gestire i servizi oggi
gestiti tramite appalti». Il vicesindaco e assessore al Bilancio Paolo Polidori, nell'intervenire nel corso della
seduta delle Terza Commissione presieduta da Massimo Codarin, ieri ha evidenziato alcuni punti di
riflessione in merito all'ipotesi della nascita della Trieste Servizi, il progetto elaborato dai dipiazzisti Roberto
Cason e Francesco Panteca sfociato prima in una mozione, poi ritirata, e successivamente in una petizione
accompagnata da 750 firme. «Per principio dobbiamo anche pensare a come migliorare le condizioni di vita
di quanti lavorano nelle aziende appaltatrici, - sostiene Polidori - ma poi è inevitabile analizzare la questione
in maniera analitica, confrontandosi con i paletti imposti dalla legge: c'è un decreto legislativo che impone
ad un'amministrazione comunale di non fare scelte che, anche in prospettiva, facciano spendere di più. Al
massimo posso andare a pareggio». E partendo da questa premessa il vicesindaco ha spiegato come già il
costo del personale aumenterebbe: una persona in forza oggi ad una cooperativa ha un trattamento
economico che non sarebbe certamente quello che dovrebbe riservare una realtà partecipata al 100 per
cento dal Comune. «Certo - osserva Polidori - ritornerebbero "in casa" anche i margini di guadagno delle
aziende appaltatrici, ma non basterebbero a sostenere i costi di avvio di un nuovo servizio da zero, con la
dotazione di nuove strutture utili al servizio, di persone capaci di coordinarlo». Come esempio è stato
portato il servizio mense: in alcuni casi le scuole non hanno una cucina interna e attualmente ben 4.000
pasti dell'appalto comunale vengono preparati in un'avanzata struttura esterna, per poi essere distribuiti
nelle singole realtà. Se il Comune dovesse "riprendersi" questo servizio, dovrebbe realizzare anche una
grande cucina industriale, dotandosi non solo delle cuoche ma pure di chi vigila su tutte le normative
igienico sanitarie, di chi predispone le diete, oltre che di chi consegna i pasti in furgoni idonei per
trasportare alimenti. Senza contare che a questi costi andrebbero ad aggiungersi alcuni svantaggi. Un
esempio molto semplice: «Una società in house deve rispettare procedure molto più stringenti per gli
acquisiti - spiega Polidori -. È necessario passare per un ufficio tecnico, e senza elasticità si crea inefficienza.
Una società in house, se manca del pane per una mensa, non può rivolgersi al primo panificio della zona. È
ovvio che anche per questi motivi i costi aumenterebbero». Ora la questione approderà in Consiglio
comunale. E la politica, valutando questi elementi, quelli raccolti nelle precedenti commissioni e il parere
contrario di due assessori "toccati" dalla proposta della Trieste Servizi, quello al Personale, Michele
Lobianco, è quella all'Educazione, Angela Brandi, dovrà scegliere.

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Dopo banca e posta Servola rischia lo scippo del medico di famiglia (Piccolo Trieste)
Andrea Pierini - Monta la rabbia nel quartiere di Servola che, dopo la banca e forse pure la posta, sta per
perdere uno dei quattro medici di medicina generale presenti nel rione. Il dottor Walter Zennaro, che
seguiva numerosi residenti, è andato infatti in pensione nei giorni scorsi. Al suo posto, secondo le
informazioni raccolte da alcuni cittadini, sarebbe dovuta subentrare Elena Coronica. Un'indicazione, però,
smentita da un cartello comparso all'esterno dell'ambulatorio e piombato come un fulmine a ciel sereno sui
servolani. «Purtroppo il rione di Servola non rientra tra quelli stabiliti dall'Azienda sanitaria per
l'assegnazione di un nuovo medico di medicina generale. Pertanto, con grande rammarico, la dottoressa
Coronica non può attualmente prendere servizio presso questo ambulatorio. Forse si apriranno nuove
possibilità in futuro». Non è il primo caso, peraltro, segnalato da gruppi di cittadini "orfani" del medico di
base. Situazioni analoghe si stanno verificando infatti sempre più spesso in diverse parti della città visto che
molti dottori di famiglia stanno raggiungendo l'età della pensione. Si dovrà quindi procedere con il
conferimento da parte dell'Azienda sanitaria universitaria integrata Giuliano Isontina di nuovi incarichi. Una
strada nuova dal momento che, negli ultimi anni, non erano subentrati medici visto che la Regione aveva
portato progressivamente il tetto massimo di pazienti a dottore da mille a mille e cinquecento. Asugi in
ogni caso ha precisato che a breve, presumibilmente entro un mese, verrà stabilito il numero di incarichi da
conferire per il 2020. «E, come già avvenuto nell'anno passato, si procederà ad individuare le zone vincolate
nelle quali sarà necessario attivare gli studi medici. Tra queste sarà senz'altro individuato il rione di Servola.
L'ubicazione effettiva dello studio medico - precisano dall'Azienda - è definita dal professionista, visto che
Asugi può soltanto definire un ambito piuttosto ampio, ad esempio un rione, una circoscrizione o un
distretto». A interessarsi della questione anche il presidente della settimana Circoscrizione Stefano
Bernobich: «Mi sono recato subito nella sede del distretto dove mi hanno spiegato che non è un problema
solo di Servola, ma di tutta la città. Quanto sta avvenendo è comunque all'attenzione di Asugi. Servola è un
rione vivo che può contare su cittadini decisi a farsi sentir per difendere il territorio. Lo si è visto con la
mobilitazione a difesa dell'ufficio postale che sembrava spacciato e ora invece potrebbe tornare di nuovo in
discussione. Con la possibile chiusura dell'area a caldo della Ferriera, inoltre, penso che il quartiere potrà
tornare ad essere di nuovo attrattivo grazie anche ai residenti e alla loro voglia di rinascita». Roberta Millini,
commerciante e anima di Servola, conferma che il rione è vivo: «Il mercatino del mercoledì è stato un
successo e anche a Carnevale siamo pronti con tanti eventi. È vero, alcuni negozi stanno chiudendo ma ci
stiamo dando da fare quindi siamo ottimisti e stiamo reagendo. Anche noi, inoltre, immaginiamo un
risveglio del nostro quartiere una volta ridefinito il futuro dello stabilimento siderurgico. Un ottimismo che
investe in questo momento anche la questione dell'ufficio postavisto che siamo riusciti a interessare anche
il presidente della Regione Massimiliano Fedriga».

La Uil ai pensionati: «Assegni sbagliati, da febbraio tutto ok» (Piccolo Trieste)
Lorenzo DegrassiCon l'arrivo del nuovo anno e la messa in pagamento del primo rateo di pensione, anche
molti pensionati triestini hanno avuto un'amara sorpresa, trovandosi meno soldi in portafoglio, il tutto a
causa di un errore commesso dall'Inps, che su alcune pensioni ha effettuato dei conguagli a debito variabili
dai 40 agli 80 euro circa. Una trattenuta effettuata sull'assegno di gennaio 2020, dovuta a un errore del
sistema informatico e che potrebbe riguardare circa 100 mila persone solamente in Fvg, ossia tutti quei
pensionati che percepiscono tra i 1.405 e i 2.010 euro. Si tratta però di conguagli non dovuti, per i quali le
sedi regionali stanno aspettando istruzioni dalla Direzione generale su come effettuare il rimborso. Una
restituzione che avverrà, secondo quanto comunicato dalla Uil Pensionati, molto probabilmente già nei
mesi di marzo o aprile 2020. Per ottenerla i pensionati che hanno subito la trattenuta non dovuta non
dovranno presentare alcuna richiesta specifica all'ente emettitore. La Uil Pensionati di Trieste fa sapere poi
che la «sede Inps di Trieste, in una comunicazione interna, assicura che dal mese di febbraio 2020 sarà
ripristinato il pagamento dell'importo corretto e verrà restituito» quanto dovuto.Sul caso interviene anche
la deputata del Pd Debora Serracchiani: «Non sono accettabili errori di questo tipo da parte dell'Inps, la
quale - sottolinea - deve correggere subito l'errore nel calcolo delle pensioni e dare informazione su tempi e
modi del rimborso».

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Pd: «Dibattito nullo su A2A». La replica: «Studino» (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
Il grillo parlante non è mai simpatico a nessuno, ma il sindaco assume questo ruolo nella replica (feroce)
alla capogruppo Lucia Giurissa che però ieri ha sferrato il suo colpo sotto la cintola: «A2A ha depositato a
Roma il Progetto di modifica della centrale termoelettrica di Monfalcone lo scorso 18 dicembre, sei giorni
dopo l'ultima commissione consiliare, e noi stiamo qui a parlare di distribuzione di deleghe? Il
procedimento è già all'attenzione, oggetto di verifica amministrativa, del Ministero dell'Ambiente, che sta
svolgendo i controlli. Mentre in Consiglio comunale non ne abbiamo mai discusso». «Giurissa non c'era, a
quell'incontro, studi se non conosce la materia, non banale, ma piuttosto complessa - replica secca Anna
Cisint -: la stessa azienda, in municipio, aveva annunciato che proprio in quella data avrebbe consegnato il
suo piano, ma finché questo non viene incardinato dal Ministero, e ciò a oggi non è avvenuto, non esiste e
non può dirsi che il progetto sia partito o avviato, perché non iscritto. Non appena ciò avverrà si potranno
avere le prime documentazioni ed effettuare studi geologici o sanitari. Il Comune non si può sostituire al
Ministero e A2A resta un soggetto privato. Sollevare questi rilievi significa non conoscere assolutamente gli
argomenti e mi meraviglio di Giurissa, che in Aula, fa sempre la precisina». «Si tratta - aggiunge - di una
tematica vasta che non liquido perché lei era assente. Chieda pertanto ragguagli agli altri tre colleghi dem,
presenti alla commissione, e la conforteranno sulla correttezza delle mie affermazioni, visto che in
municipio si è discusso per oltre tre ore e tutti hanno avuto la possibilità di porre ad A2A svariate
domande». Ma oltre all'«assenza di comunicazioni» e di confronti con l'altra e opposta sponda politica sulla
riconversione, Giurissa sottolinea il rischio che a fronte del deposito «il progetto alternativo invece
avanzato dal Comune, per il quale si sono versate migliaia di euro pubblici e del quale si attende
esposizione appena la prossima settimana, possa risultare inutile». La contrattazione, insomma, partirebbe
in salita. Anche qui Cisint è scatenata: «Ma cose ne sa lei se io faccio o meno contrattazione con A2A? Certo
non lo vengo a dire a Giurissa o al giornale. Io mi muovo per portare a casa il risultato». E in pratica finché
non l'ha ottenuto tacerà. «Come da programma - prosegue - il 23 o il 24 gennaio, dipende dal
professionista, il progetto alternativo sarà esposto in Comune. Oltretutto ricordo che il dem Moretti si è già
espresso favorevolmente sulla riconversione prospettata da A2A». Ma per Giurissa «la contrattazione
andava fatta ex ante, non con il progetto già in verifica». «Invece delle deleghe - commenta la dem - ci sono
ben altri problemi...Assurdo, poi, che l'opposizione apprenda le novità monitorando i siti ministeriali e non
dal Comune». Ad allarmare la dem, ieri, la replica che il consigliere regionale M5S Ilaria Dal Zovo ha ricevuto
dall'assessore Fabio Scoccimarro proprio sulla centrale: «Dalla risposta s'intuisce che pure la Regione
attende la presentazione dell'ente, ma non è possibile non sia al corrente del deposito di A2A». Ti. Ca.

Dopo Trischitta srl, fallita la Fruit partner. Gestiva due negozi (M. Veneto Udine)
Dopo la storica catena di ortofrutta Trischitta srl anche la Fruit partner, società legata alla stessa guida
imprenditoriale, ha portato i libri in tribunale. L'autofallimento è stato dichiarato venerdì. La sede legale
della società si trovava a Padova, mentre la sede operativa era ubicata a Pordenone, al centro
ingrosso.L'azienda gestiva inoltre un'ampia rivendita di frutta e verdura nei pressi dell'hotel Santin e un
altro negozio a Manzano. Entrambi sono stati chiusi però tempo addietro. Dopo un 2017 in attivo, non
risulta che la Fruit partner abbia continuato a operare concretamente.Seguirà il procedimento il giudice
delegato Roberta Bolzoni, che si è occupata del caso Trischitta Srl. È stato nominato curatore fallimentare
Paolo Pilisi Cimenti. Lo studio Casucci, con l'avvocato Barbara Bortolussi, ha seguito gli amministratori nella
pratica di auto-fallimento della Fruit partner.Per quanto riguarda la prima procedura fallimentare, invece, il
18 febbraio è fissata l'udienza per le ultime insinuazioni tempestive: a quel punto il quadro dello stato
passivo di Trischitta srl sarà completo.Dieci negozi della catena di ortofrutta sono stati acquisiti dalla newco
Anna Fruit. Si è trattato di una vendita con riserva di proprietà. È stato stabilito un pagamento rateale.
L'ultimo versamento dovrà essere effettuato il 28 febbraio. A quel punto Anna Fruit diventerà
effettivamente proprietaria dei negozi.Con i soldi dell'ultima rata il curatore fallimentare pagherà fornitori
e dipendenti per il periodo di esercizio provvisorio. I lavoratori dei dieci negozi rimasti aperti hanno preso la
paga di luglio, manca il salario dal 1º al 26 agosto; i fornitori attendono i pagamenti per una parte di agosto.
Dopo il 26 è subentrata infatti la newco che ha provveduto ai pagamenti di dipendenti e fornitori. Spetta
invece al fallimento Trischitta soddisfare le richieste relative all'esercizio provvisorio

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Cividale non si rassegna sulla sanità. Due vertici per difendere l'ospedale (M. Veneto Udine)
Lucia Aviani - La cittadina ducale non si rassegna di fronte al piano sanitario regionale, arroccandosi a difesa
del suo ospedale. La linea è quella dell'attesa, seppur a brevissimo termine. Recependo l'indicazione del
sindaco Stefano Balloch, la conferenza dei capigruppo consiliari - riunitasi ieri - ha deciso di rimandare di
qualche giorno la decisione sulle iniziative da intraprendere a tutela del nosocomio cittadino, che in base ai
contenuti del Piano attuativo locale 2020 della riforma sanitaria regionale è destinato a perdere il reparto
di medicina.Lo spartiacque sarà segnato da due incontri, quello indetto per domani, nella sala
polifunzionale del Santa Maria della Misericordia di Udine, con il nuovo direttore generale dell'Azienda
sanitaria universitaria Friuli centrale, Massimo Braganti, e soprattutto il confronto (l'ennesimo) con il
vicegovernatore e assessore regionale alla salute, Riccardo Riccardi, il quale accogliendo i numerosi solleciti
avanzatigli sarà al Distretto sanitario cividalese il giorno successivo, giovedì, alle 18.30: l'invito è stato
esteso a tutti i sindaci del territorio che fa riferimento al presidio sanitario cividalese. «Prima di stabilire
quali siano i passi da compiere per salvaguardare la struttura - ha detto Balloch a margine della conferenza
dei capigruppo -, ritengo opportuno attendere l'esito della riunione con l'assessore e di quella precedente,
che ci permetterà di ascoltare le linee d'indirizzo del direttore generale dell'AsuFc, Braganti; in quella sede è
previsto anche l'insediamento della conferenza dei sindaci».«Le nostre istanze restano ferme - rileva -: il
timore, come abbiamo già chiarito più volte, è che i servizi prettamente ospedalieri siano sostituiti da
funzioni distrettuali. Proprio per tale motivo avevamo chiesto di ratificare il collegamento con il Santa
Maria della Misericordia, sperimentato per lunghi anni e rivelatosi un'ottima soluzione».«Al vicepresidente
Riccardi - aggiunge - ribadiremo con forza che il presidio deve continuare a garantire risposte adeguate ai
bisogni di salute espressi da questo territorio. Arrivare a una specializzazione del nosocomio, qualificandolo
nel campo della geriatria, è certamente una prospettiva valida; l'auspicio era però che tale percorso - tutto
da costruire - avvenisse in parallelo al mantenimento dei servizi in essere, non alla prosecuzione del loro
smantellamento».A indicare una possibile scappatoia (su cui, tuttavia, per ora non si registrano prese di
posizione da parte di altri gruppi politici) sono stati gli Indipendenti per Cividale, appellatisi alla legge
Balduzzi: «Stabilisce - ha ricordato Maria Cristina Novelli - che le zone di montagna disagiate dal punto di
vista geomorfologico, dei trasporti e dei servizi devono poter disporre di un'attività di pronto
soccorso/emergenza efficace, di una medicina e di una chirurgia ridotta».

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Aumentano medici e infermieri privati in pronto soccorso, ambulatori e Rsa (M. Veneto Pordenone)
Donatella Schettini - Impensabile fino a qualche anno fa, l'esternalizzazione dei servizi medici e
infermieristici nelle strutture sanitarie pubbliche è ormai realtà anche all'Azienda sanitaria del Friuli
Occidentale. Il Pal (piano attuativo locale) prevede un'accelerazione del processo, ma Cisl e Cgil dicono no.
Le prime esperienze risalgono ad anni addietro, quando sono nate le Rsa, residente sanitarie assistite. Tre
sono gestite da cooperative: Sacile, Roveredo in Piano e Casa Serena a Pordenone. Per la parte medica la
svolta è arrivata nel 2017 per i punti di primo intervento di Sacile e Maniago, operativi sulle 12 ore. L'allora
Aas 5 non riusciva a trovare medici specializzati in emergenza e decise, come altre realtà sanitarie, di
affidarsi a una società privata. Il contratto con la cooperativa Croce Verde scadrà a giugno. Nel frattempo è
stato affidato per la parte medica ortopedica diurna a professionisti privati anche l'ambulatorio dei codici
bianchi e verdi (che ha debuttato a inizio dicembre al posto del "fast track") del pronto soccorso
dell'ospedale di Pordenone. Nei mesi scorsi l'azienda aveva emesso un bando per un supporto al pronto
soccorso di Spilimbergo per l'attività, dopo il trasferimento di un medico. Per i punti di primo intervento
non si sono registrati particolari problemi: solo alcune lamentele su singoli professionisti, trasmesse, nei
casi fondati, dall'azienda alla società privata chiedendo che non fossero più impiegati.ProspettiveSono di un
allargamento del ricorso al privato, se il nuovo direttore dell'Azienda sanitaria Joseph Polimeni non
deciderà un cambio di rotta. Il Pal prevede l'assegnazione attraverso appalti esterni della sanità
penitenziaria e della gestione del personale infermieristico dell'ambulatorio dei codici bianchi e verdi del
pronto soccorso di Pordenone. Per i punti di primo intervento di Maniago e Sacile si stabilisce, per le sole
12 ore diurne, l'affidamento a esterni del servizio infermieristico, operazione che consentirebbe di
"recuperare" 21 infermieri e 6 operatori socio sanitari. ReazioniBocciatura da Cgil e Cisl: «Per noi - ha detto
Pierluigi Benvenuto della Cgil - le strutture sanitarie devono essere gestite dall'azienda: quelle in appalto
palesano tutte le difficoltà comportate da questa situazione e c'è una differenza di retribuzione tra
lavoratori in cooperativa e lavoratori dipendenti». «Abbiamo notato - ha aggiunto Salvatore Montalbano
della Cisl - che alle esternalizzazioni segue un abbassamento del livello qualitativo dei servizi e la
mortificazione del personale precario interno e di coloro che aspettano da tempo una stabilizzazione».

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