RASSEGNA STAMPA CGIL FVG - giovdì 9 aprile 2020

Pagina creata da Angela Giordano
 
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RASSEGNA STAMPA CGIL FVG – giovdì 9 aprile 2020
(Gli articoli di questa rassegna, dedicata prevalentemente ad argomenti locali di carattere economico e sindacale, sono
scaricati dal sito internet dei quotidiani indicati. La Cgil Fvg declina ogni responsabilità per i loro contenuti)

ATTUALITÀ, REGIONE, ECONOMIA (pag. 2)
La gestione della crisi nei dati di Riccardi: «Contagi e morti più bassi del Nord Italia» (M. Veneto, 2 art.)
Contagi sotto controllo, ma a Trieste 1 morto su 3 viene dalle case di riposo (Piccolo, 2 articoli)
Confindustria Udine candida Draghi premier (M. Veneto, 2 articoli)
Piccole e grandi, sono oltre 1.600 le aziende rimaste aperte (M. Veneto, 3 articoli)
La pandemia frena la Via della Seta. D'Agostino: la Cina si riprenderà presto (Piccolo)
CRONACHE LOCALI (pag. 8)
Dopo 123 anni di attività si spengono gli impianti della Ferriera di Servola (Piccolo Trieste, 2 articoli)
Approvato il bilancio in videoconferenza tra imprecazioni, fuori onda e applausi (Piccolo Trieste)
Sul caso Fincantieri il centrosinistra all'attacco di Cisint: «Solo propaganda» (Piccolo Gorizia-Monf.)
L'arcivescovo: quando tutto sarà finito dovremo essere pronti ad aiutare i poveri (M. Veneto Udine)
Buoni spesa, il Comune raddoppia i fondi (M. Veneto Udine)
Il virus si porta via anche nonna Rita (M. Veneto Udine)
Salgono i contagi alla casa di riposo Chiabà (M. Veneto Udine)
Ex primario e donna di 59 anni vinti dal male. Castions, altri ospiti positivi in casa di riposo (Mv Pn)
Poste, regalo di Pasqua. Da martedì riapertura di diciotto sportelli (M. Veneto Pordenone)

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ATTUALITÀ, REGIONE, ECONOMIA

La gestione della crisi nei dati di Riccardi: «Contagi e morti più bassi del Nord Italia» (M. Veneto)
Mattia Pertoldi - Un'ora e mezza, abbondante, di numeri, dati, elenchi di procedure e ordinanze, cifre di
assunzioni e confronti statistici per difendere il lavoro svolto dalla Regione e spiegare come i risultati
positivi - con il Friuli Venezia Giulia che risulta essere uno dei territori meno colpiti dal coronavirus - non
siano certo figli del caso o della buona sorte. Il vicepresidente, Riccardo Riccardi, si è infatti presentato ieri,
in Commissione consiliare, snocciolando cifre e target raggiunti dalla giunta e ribadendo, con più di un
pizzico di orgoglio, quanto realizzato in questi mesi di emergenza sanitaria.
Riccardi, nella sua analisi, è partito da due analisi elaborate dal professor Fabio Barbone, a capo del
Comitato scientifico della Regione. Il primo è il rapporto tra i contagiati registrati sul territorio locale
rispetto a quello che ci si attenderebbe in base alla media nazionale tenendo conto delle fasce d'età
(calcolo Sir), con il Friuli Venezia Giulia che prima del 28 marzo era fermo a un dato pari a 0,92 (sceso a 0,52
nei giorni fino al 2 aprile). Un rapporto decisamente più basso rispetto a quello di Piemonte (1,39),
Lombardia (3,27), Liguria (1,36), Emilia-Romagna (2,24), Veneto (1,33) e Trentino-Alto Adige (2,35).
Tendenza, tra l'altro, confermata anche nel rapporto che riguarda i deceduti, dove la regione si pone in
coda con 0,52 (prima del 28 marzo) e 0,32 (nel periodo fino al 2 aprile), con l'età media dei morti pari a 84,3
anni. Se poi tenessimo in considerazione il rapporto tra ospedalizzati e contagiati - che Riccardi però non
cita -, il risultato del Friuli Venezia Giulia non sarebbe soltanto il migliore del Nord Italia come per positivi e
decessi, ma dell'intero Paese. «Nonostante una forte presenza di anziani - ha detto il vicepresidente -, la
situazione rispetto alle altre regioni maggiormente colpite dall'emergenza è la migliore in assoluto. E se è
vero che il fenomeno coronavirus è arrivato in Friuli Venezia Giulia dopo altre regioni, quella che si è
rivelata fondamentale è stata la scelta del presidente Massimiliano Fedriga di attivare immediatamente la
fase di contenimento, ben prima della dichiarazione dello stato emergenza nazionale».operatori
sanitariL'assessore, quindi, ha posto l'attenzione su un altro dato e cioè sulla quantità di operatori sanitari
contagiati da inizio emergenza. Tra le accuse di (parte) dell'opposizione, in questi giorni, c'è stata anche
quella secondo la quale, basandosi sui dati pubblicati dall'Istituto superiore della sanità (Iss), il Friuli Venezia
Giulia avrebbe la percentuale più alta di casi di tutta Italia. Riccardi, però, ha elencato altri numeri. «Il sito
internet dell'Iss - ha sostenuto - presenta dati che sono caricati direttamente dalle Regioni, a seconda dei
momenti, e, tra l'altro, ci sono territori che nemmeno comunicano più quelle cifre perché impegnati in
attività più importanti di combattimento al virus. Il tutto senza dimenticare come a volte quel portale metta
insieme pere e mele senza distinguere fattispecie diverse tra loro». I numeri, in altre parole, per Riccardi
sono diversi da quelli riportati. «Sono 188 - ha precisato Riccardi - i contagiati del personale del sistema
sanitario pari all'1,38% di tutti i dipendenti del nostro comparto e all'8,9% dei contagiati in tutto il Fvg. Di
questi 117 sono stati infettati con certezza sul lavoro, mentre gli altri si dividono tra casi di provenienza
incerta del contagio e di realtà extra-lavorative».tamponi e case di riposoIl Veneto viene, a ragione, spesso
descritto come una delle regioni che ha effettuato più tamponi, ma Riccardi presentando i dati del Friuli
Venezia Giulia dove «a mercoledì ne sono stati fatti 23 mila 536» ha spiegato che di fatto «Zaia ha censito il
3% della popolazione locale, noi il 2%», senza dimenticare le altre operazioni messe a sistema. La Regione
ha creato 479 posti-letto riservati al coronavirus oltre a 76 per l'isolamento contumaciale: 99 di Terapia
intensiva - erano 102, sono state ridotte di 3 -, 32 di Subintensiva, 74 di Malattie infettive, 181 di
Internistica, 83 di Intermedie, e 10 di Materno-infantile. Entro venerdì avrà distribuito 350 mila mascherine
e ha in essere «contratti per la realizzazione di 682 mila 400 unità» oltre ad aver assunto «250 persone tra
infermieri, medici, Oss e altre categorie». Quanto alle case di riposo, infine, dopo aver ricordato di aver
«vietato le visite quando ancora non si era registrato nemmeno un contagio», Riccardi ha sostenuto che
«un ragionamento di natura generale andrà fatto, anche perchè, accanto a strutture ben organizzate, ce ne
sono altre avviate con il principale intento di aumentare i profitti rispetto a quanto veniva prima ricavato
dagli affitti».
Il Pd: «Più rapporti con i medici di base». M5s: servono risposte
(testo non disponibile)

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Contagi sotto controllo, ma a Trieste 1 morto su 3 viene dalle case di riposo (Piccolo)
Diego D'Amelio - La rivendicazione di un'incidenza del coronavirus minore che nel resto del Nord, ma anche
l'ammissione dell'emergenza nelle case di riposo e della difficoltà a tutelare il personale sanitario con
dispositivi adeguati. Il vicepresidente Riccardo Riccardi fa il punto sull'emergenza, chiamato ieri in audizione
dalla Commissione Salute del Consiglio regionale. A fine giornata i numeri parlano di 64 nuovi casi e 4
decessi: e se prosegue il calo dei ricoveri, il coronavirus continua a colpire nelle case di riposo, con 121
ospiti ormai positivi nelle residenze triestine per anziani e disabili. A Trieste, un terzo degli 86 deceduti
arriva da una casa di riposo. OttimismoIn mattinata Riccardi dipinge un quadro più che confortante, citando
le statistiche dell'équipe scientifica del professor Fabio Barbone. «La curva dei ricoveri sta calando»,
esordisce l'assessore a Salute e Protezione civile, secondo cui in Fvg si registrano, in rapporto alla media
nazionale, la metà del tasso dei contagi e due terzi della mortalità. Merito, dice Riccardi, anche «delle
misure di contenimento avviate prima che il governo dichiarasse emergenza nazionale». I dati di giornata
parlano di un numero di casi positivi arrivato in regione a 2.218, con 64 nuovi contagiati: 830 a Udine (+ 17),
763 a Trieste (+30), 497 a Pordenone (+17) e 121 a Gorizia (+2). Dal totale vanno ormai sottratti però 634
guariti (+24). Quattro i decessi in più per arrivare a 169: 86 a Trieste (+1), di cui uno su tre ammalatosi in
casa di riposo. Seguono Udine con 51 (+1), Pordenone con 29 (+2) e Gorizia con 3. Scendono a 41 le
persone in terapia intensiva (-4) e calano pure gli altri ricoverati Covid-19, che passano a 162 (-21). Si
trovano infine in isolamento domiciliare 1.212 pazienti. Emerge sempre più chiara la falla delle case di
riposo, con i settanta ospiti positivi nella residenza di Paluzza in Carnia e i quaranta a "La Primula" di
Trieste, che si aggiungono ai contagi dell'Itis, delle case comunali e di un'altra dozzina di strutture giuliane,
oltre a diversi focolai in Friuli. Le case di riposoDopo settimane di timori, l'attenzione si è spostata sulle
residenze, inizialmente in ombra per la priorità assegnata alla riorganizzazione ospedaliera. «Quanto
succede fuori dagli ospedali è la cosa che più preoccupa», dice Riccardi, ricordando l'alta età media
regionale e triestina. «Tutte le strutture - evidenzia - sono monitorate: a Trieste parliamo di 12 case di
riposo e 3 rsa (su 74, ndr). Dopo il caso de "La Primula", a Trieste abbiamo 96 positivi nelle residenze per
anziani e 25 in quelle per disabili: su 3.820 ospiti. Ci sono inoltre 96 operatori positivi. Non siamo partiti
tardi: con la prima ordinanza abbiamo sospeso le visite e ora i professionisti hanno scelto di evitare
l'ospedalizzazione, garantendo però una presenza forte delle Aziende sanitarie. Si evita il ricovero finché le
condizioni del paziente lo consentono». Nelle strutture, ospiti e operatori continuano però a contagiarsi fra
loro: «C'è scarsezza di dpi - riconosce Riccardi - e una quota significativa di personale positivo per il quale
serve un avvicendamento, ma stiamo estendendo i tamponi sui dipendenti e abbiamo uniformato le
strategie di contenimento». Gli ospedaliI posti letto Covid sono arrivati intanto a 479 in tutto il Fvg: la
capacità attuale delle terapie intensive è di 99 posti (occupati al 44%), cui si aggiungono 32 letti di sub
intensiva, 74 di malattie infettive, 181 nell'internistica, 83 per le cure intermedie e 10 area nell'area
materno-infantile. Primo ospedale di riferimento in regione è il Maggiore di Trieste, con 95 posti letto.
Preoccupa l'alta incidenza di operatori positivi al coronavirus, tanto che per garantire quarantene e cure la
Regione ha «già proceduto a 250 assunzioni», tra scorrimento delle graduatorie per gli infermieri a tempo
indeterminato e reclutamento di ogni tipologia di professionista con contratti interinali o di libera
professione. Tra sanitari e dipendenti delle case di riposo positivi si toccano ormai le 350 unità, ma è lo
stesso Barbone a spiegare che l'Istituto superiore di sanità ha cancellato gli ultimi conteggi dal proprio sito,
dopo aver riscontrato ritardi nell'immissione dei dati da parte delle altre Regioni. Resta però il fatto che in
Fvg la percentuale di contagiati fra chi lavora a vario titolo nell'emergenza sanitaria supera il 15% dei
positivi in regione, anche se Riccardi sottolinea che «al 6 aprile sono 188 i sanitari interessati: 42 medici, 63
infermieri e 83 oss, pari all'1,38% dei dipendenti delle Aziende. I restanti lavorano in realtà private. «Con
maggiore disponibilità di dpi assisteremmo a un film diverso: la Regione ha dovuto provvedere in maniera
autonoma all'approvvigionamento dell'85% dei dpi, a causa della pur comprensibile difficoltà di governo e
gestione commissariale. Abbiamo un contratto per un milione di mascherine ma ci sono blocchi alle
dogane. Intanto entro venerdì avremo distribuito 300 mila mascherine gratuite alla popolazione».
Tutti positivi a "La Primula", scatta l'evacuazione. L'ansia dei vicini di casa
Benedetta Moro - L'emergenza coronavirus scoppiata nella casa di riposo "La Primula" ha obbligato l'Asugi
a trasferire tutti gli ospiti in altre strutture. Una presa in carico necessaria, come specifica la stessa Azienda
sanitaria, per tutelare l'incolumità degli anziani e proteggere la sicurezza degli operatori, dopo la positività
rilevata in tutti i 40 ospiti, in otto dei 22 dipendenti e nell'amministratore delegato Matteo Spangaro...

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Confindustria Udine candida Draghi premier (M. Veneto)
Elena Del Giudice - Una petizione per Mario Draghi presidente del Consiglio. Un gesto per molti versi
dirompente, interpretabile come una sfiducia al Governo attuale. «Ma non è così -risponde la presidente
degli industriali udinesi Anna Mareschi Danieli -. Non è un parere politico e non diciamo nemmeno che la
situazione attuale doveva essere affrontata in modo diverso, anche perché la tempestività di azione del
nostro presidente Massimiliano Fedriga ha prodotto i risultati che vediamo, molto diversi rispetto ad altri
territori. Ma gli imprenditori sono abituati a guardare lontano e ritengono che ci voglia un profilo che per
competenze, capacità, caratura internazionale, sia in grado di traghettare il Paese nella fase di recupero».La
decisione di proporre la petizione è corale, «ad esprimersi - rimarca Mareschi Danieli - è stato il Consiglio
generale - che ha condiviso l'idea di questo strumento idoneo a capire che cosa ne pensino gli italiani di
questa proposta. E in ciò non ci vedo nulla di anticostituzionale. Crediamo anche che sia un diritto di tutti,
come chiarisce la nostra Costituzione, esprimere la propria opinione». Quel che vero è che la sfida che
verrà, richiederà «il massimo delle competenze che il Paese è in grado di esprimere, e secondo noi Mario
Draghi incarna queste qualità. Ovviamente non abbiamo la pretesa di avere ragione, ma solo il coraggio di
avviare un confronto», aggiunge la presidente. Ma non temete che questa iniziativa sia letta come una
delegittimazione del Governo attuale? «Non stiamo esprimendo un giudizio né ci stiamo schierando con un
partito piuttosto che con un altro, diciamo semplicemente che per il futuro abbiamo bisogno di mettere in
campo quanto di meglio ci sia, che e per noi è Draghi. Peraltro non è una proposta inedita, altri l'avevano
iniziata con diverse modalità, noi abbiamo voluto avesse le caratteristiche della petizione formale, per
sollecitare una assunzione di responsabilità da parte di chi la sottoscrive». Qualche reazione è già arrivata
«da molti imprenditori - ancora Mareschi Danieli - che hanno condiviso l'idea, e non solo».«La petizione -
aggiunge Germano Scarpa - capogruppo delle industrie chimiche e tra i promotori dell'iniziativa - non vuole
essere una critica nei confronti del Governo attuale o delle forze politiche. Ma noi imprenditori siamo
abituati a guardare oltre il presente per iniziare a progettare il futuro. Quando si ripartirà, domani o tra un
mese, ci troveremo davanti ad un periodo difficile. Con questa petizione ci rivolgiamo ai cittadini
preoccupati, come noi, ma anche aperti al confronto sulle idee per un'Italia proiettata al futuro che dovrà
essere governata da persone competenti in grado di tessere rapporti internazionali. Anche perché -
prosegue Scarpa - non è solo l'Italia che deve rinascere, o l'Europa, ma è il mondo a doverlo fare. Dobbiamo
immaginare un futuro, e forse in questo saremo considerati dei sognatori, in cui il mondo intero saprà
essere più unito e capace di operare affinché tutti stiano un po' meglio».Nessun «secondo fine» e
nemmeno alcuna intenzione «di far nascere nuovi partiti politici», solo «l'idea, che arriva dal mondo
dell'impresa - conclude Scarpa - di avere alla guida del Paese qualcuno in grado di condurci fuori dai tanti
problemi che dovremo affrontare. Spero che questa sia la lettura che verrà data all'iniziativa; da parte
nostra massima apertura al confronto sulle idee».
Agrusti ironico: «È bizzarro e mi sfuggono gli intenti»
«Da un lato non posso che vedere con piacere che Confindustria Udine è entrata nel grande gioco politico
nazionale; credo che alla fine della raccolta delle firme ci sarà una convocazione al Quirinale».Sfodera un
pizzico di ironia Michelangelo Agrusti, presidente di Confindustria Alto Adriatico, nel commentare
l'iniziativa della territoriale udinese di lanciare una petizione per Draghi presidente del Consiglio.«Credo -
prosegue Agrusti - che ognuno debba fare ciò che ritiene, ma ritengo anche che la posizione assunta da
Confindustria Udine, sia al di fuori del perimetro delle attività istituzionali caratteristiche di una
associazione come la nostra che interloquisce con qualsiasi Governo, soprattutto con il Governo che c'è, e
che mai si è impegnata ad individuare il Governo che ci sarà».Per Agrusti questa è una situazione «anomala
o quantomeno bizzarra, di cui mi sfuggono gli intenti». Critico il leader degli industriali di Pordenone,
Gorizia e Trieste, anche rispetto al rilievo nazionale che si è voluto dare a questa iniziativa: «Fosse stata una
cosa solo fra noi, l'avremmo potuta prendere come una battuta o un incidente di percorso. Ma siccome
ritengo che dietro a tutto questo ci sia una formidabile convinzione di aver fatto una cosa giusta, alzo le
mani e ne prendo atto. Capisco ora perché la realizzazione della Confindustria unica regionale non si sia
potuta concretizzate: evidentemente c'è un diverso approccio e una diversa visione sul ruolo e sui compiti
dell'associazione degli industriali»...

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Piccole e grandi, sono oltre 1.600 le aziende rimaste aperte (M. Veneto)
L'elenco di oltre mille e 600 aziende rimaste attive nei territori delle province di Udine e Pordenone perché
parti di filiere produttive essenziali, insieme ad altre centinaia e centinaia attive nel settore agricolo e
alimentare, di quelle dei servizi essenziali, farmacie ed edicole, potremmo definirlo come lo "zoccolo duro"
dell'economia di questi territori.L'elencoScorrendo gli elenchi molti sono i punti in comune. Ad esempio
sono presenti in entrambe le aree moltissime aziende di piccola dimensione, spesso uni-personali, ci sono
molte che svolgono l'attività di intermediazione di manodopera, diverse cooperative operanti nel sociale e
nei servizi di pulizie. Non mancano le lavanderie, soprattutto industriali, che si occupano anche di
biancheria ospedaliera. Diversi gli agriturismi, impossibilitati a svolgere la loro attività in sede ma che
devono restare aperti per mantenere in vita orti e animali da cortile e anche - proposta di questi giorni -
diventare disponibili per la consegna di pranzi a domicilio. Tra le aziende di una certa dimensione a
Pordenone troviamo la Zml (Gruppo Cividale), la Atex industries, la Bormioli pharma, la Denaline, Electrolux
Italia, la Cimolai, la Rimorchi Bertoja. Come già chiarito in passato, quando abbiamo affrontato lo stesso
argomento, non è detto che le aziende che sono rimaste in attività nonostante la loro classificazione
imponesse la chiusura, siano operative al 100%. Per molte c'è la necessità di garantire, ad esempio, pezzi di
ricambio, per altre l'evasione di ordini, per altre ancora la logistica... E c'è anche il caso di quelle che ,
essendo fornitrici di altre imprese strategiche, hanno la necessità di mantenere attiva solo una parte della
produzione destinata a quei particolari clienti.A UdineIn provincia di Udine spiccano la Fonderia Cividale
(nella foto), Calligaris spa, la Modine di Pocenia, la Zorzini spa di Pavia di Udine, la Zanutta, Viterie friulane,
ma anche Udinese calcio e Udine e Gorizia fiere. A queste vanno sommate altre 12 aziende, tre a Udine e 9
a Pordenone, che hanno chiesto alle rispettive prefetture di poter ripartire. Si tratta di Danieli spa, Danieli
automation e Abs, tutte parte del medesimo gruppo di Buttrio. A PordenoneNel Friuli occidentale si tratta
di Alpi aviation, della Armando Cimolai di San Quirino, della Easy Fly Italy di Pordenone, della Elle snc di
Porcia, della Multiex internazional cnc di Brugnera, della Pietro Rosa Tbm di Maniago, di Quaia Gianni di
Polcenigo, della Servizio industriali srl di Sacile e della VI Technik srl di Pordenone.Quelle fermeLe altre, e
sono la stragrande maggioranza, sono ferme. In attesa, e con il fiato sospeso, del prossimo decreto della
Presidenza del consiglio dei ministri, atteso tra domani e venerdì (ma i tempi non sono certi) dal quale si
attende un allentamento - nemmeno timido - del lockdown che ha bloccato l'Italia. Uno stop determinato
dall'emergenza sanitaria che sta provocando effetti imponenti sull'economia. Non è dato sapere quante
aziende, soprattutto piccole e piccolissime, riapriranno i battenti, quante si dibatteranno in problemi
finanziari ed economici, quante avranno perduto ordini e commesse. Difficile immaginare anche le ricadute
sull'occupazione...E' ora di riaprireIl fronte confindustriale del Nord, che rappresenta quasi la metà del Pil
del Paese, si appella a Boccia. Anche Confindustria Alto Adriatico ha scritto al leader degli industriali perché,
a sua volta, renda consapevole il Governo del «rischio declino» se il motore dell'economia non riparte al più
presto «partendo da quegli stabilimenti che sono in grado di assicurare il pieno rispetto di tutte le misure di
sicurezza», scrive nella lettera il presidente Michelangelo Agrusti.Le vittimeIn un settore diverso da quello
industriale intanto una prima vittima eccellente c'è: Scarpe&scarpe, catena da 154 negozi in tutta Italia,
1.700 dipendenti, (in Fvg è presente a Monfalcone, Villesse, Udine, Fiume Veneto), ha annunciato ieri la
decisione di aderire ad un pre-concordato per garantire un piano industriale di rilancio.Quando la fase
2?Attesa, dunque, per la fase 2, quantomeno per quella economica, i cui confini saranno determinati dalla
mediazione tra politica e scienza. E quanto sia complicata questa mediazione ce lo confermano
quotidianamente le dichiarazioni degli esperti, virologi, infettivologi, epidemiologi, non tutti concordi sui
tempi di inizio uscita da questo periodo di stop generale.Nuovo decretoSalvo sorprese, al termine degli
incontri tra il presidente del Consiglio Giuseppe Conte con associazioni di categoria, sindacati e Regioni,
dovrebbe arrivare la decisione su chi e come aprirà dopo Pasquetta. Pare che, per allargare il novero delle
attività consentite, ci si baserà ancora sui codici Ateco, individuando quelle legate alle filiere strategiche,
per estendere poi il raggio fino a comprendere parte della manifattura: meccanica ed edilizia e il
commercio all'ingrosso. La ripartenza sarà ovviamente condizionata al rispetto di tutte le regole già
definite, e di quelle nuove che eventualmente si andranno a individuare, finalizzate a garantire la salute dei
lavoratori e il contrasto all'avanzata del virus, con l'obiettivo che le imprese non diventino nuovi focolai per
un'epidemia che ancora non è terminata. E c'è chi pensa all'effettuazione di test per individuare eventuali
positivi al Sars-CoV-20 e anche coloro che, invece, il Covid 19 lo hanno avuto, magari inconsapevolmente.
Una nuova sfida per chi scrive le regole della privacy e del lavoro.

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Operai al lavoro nonostante lo stop della Prefettura. Titolare multato
Ilaria Purassanta - Non rientrava nell'elenco delle imprese strategiche e la sua attività produttiva era stata
sospesa dal prefetto di Pordenone. La Guardia di finanza ha trovato però gli operai al lavoro nello
stabilimento della El. Sapp di San Vito al Tagliamento lunedì mattina.Così il rappresentante legale
dell'azienda di elettronica è stato multato per aver violato il decreto della presidenza del Consiglio dei
ministri varato il 22 marzo scorso (dpcm). Si tratta del primo caso in Friuli Venezia Giulia...
Il legno-arredo va in pressing: «Ripartiamo»
Elena Del Giudice - Rappresenta il secondo comparto manifatturiero del Friuli Venezia Giulia dopo la
meccanica e si caratterizza per una propensione all'export considerevole, mediamente il 30 per cento del
fatturato viene realizzato oltre confine con aziende che superano abbondantemente il 90 per cento. Ed è
fermo da subito: il lockdown ha inserito il legno-mobile-arredo nel novero delle attività non essenziali. Ma
ora è giunto il momento di rompere gli indugi e ripartire. «Ovviamente in sicurezza»,indica la priorità il
presidente del Cluster arredo-sistema casa Franco di Fonzo.Il pressing è forte per riavviare l'attività e
permea tutte le aziende del settore e della filiera, dal falegname alla grande azienda, determinati a gettare
le basi per iniziare a costruire futuro. E lo fanno partendo da un protocollo su cui ha lavorato per settimane
il Cluster proponendo una prassi unitaria regionale del settore che favorisca una ripartenza consapevole. Si
chiama Welcome Area, e disciplina il processo con cui avvengono gli accessi nelle aziende; un protocollo
alla cui base oltre alla tracciabilità digitale degli accessi c'è la garanzia dell'uso di adeguati dispositivi di
protezione per chiunque operi o entri all'interno dello stabilimento o cantiere...

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La pandemia frena la Via della Seta. D'Agostino: la Cina si riprenderà presto (Piccolo)
Diego D'Amelio - Doveva essere la dimostrazione che gli accordi commerciali stretti fra Italia e Cina
potevano essere improntati a reale reciprocità e che la Via della Seta può essere percorsa in entrambi i
sensi. La prova del nove dovrà tuttavia essere rimandata a causa del coronavirus, che ha congelato il
progetto di export del vino del Nordest, fortemente voluto dall'Autorità portuale di Trieste e oggetto nei
mesi scorsi della stipula di un apposito memorandum siglato a novembre a Shanghai alla presenza del
ministro degli Esteri Luigi Di Maio.Tutta la partita della Via della seta è entrata in un imbuto di incognite a
causa dell'epidemia globale e così finisce in standby anche la creazione della catena logistica annunciata
nella primavera scorsa dal presidente dell'Autorità portuale Zeno D'Agostino. Un progetto pensato per far
partire vino e altri prodotti gastronomici del Friuli Venezia Giulia e delle regioni vicine alla volta di due
terminal terrestri situati a Nanchino e Canton. Sbocchi di un collegamento che partirà via mare da Trieste e
che dovrebbe approdare negli scali cinesi di Ningbo e Shenzen, già collegati con l'alto Adriatico da alcune
linee marittime.A Trieste si è pure tenuto alla fine dell'anno scorso un incontro tra i vertici dell'Authority e
rappresentanti di China Communications and Construction Company, firmataria degli accordi di Roma e di
quelli di Shanghai. La stessa che nei giorni scorsi, sulla scia di quanto la Cina sta facendo in molte parti del
mondo, ha inviato ai lavoratori del porto giuliano uno stock di diecimila mascherine: un'operazione in pieno
stile piano Marshall, con tanto di imballi inneggianti all'amicizia italocinese.Cccc è il braccio operativo delle
realizzazioni infrastrutturali della Via della seta, ma il suo raggio d'azione di estende anche all'ambito
commerciale e alla vendita via internet. Un meeting tra produttori del Nordest e incaricati della compagnia
cinese era in programma un mese fa, ma è stato annullato a causa dell'epidemia in Cina. E ora tutto il
processo rischia di andare per le lunghe, nonostante l'Autorità continui a studiare la creazione di un
magazzino a temperatura controllata per lo stoccaggio dei prodotti da spedire nel Far East.Il negoziato sulla
piattaforma del vino, rispetto alla quale si era parlato anche di un mai decollato interesse di Suning, fino a
oggi è andato avanti molto rapidamente, sottolinea D'Agostino, ma «purtroppo le cose hanno rallentato a
causa del coronavirus, che ci ha costretto a cancellare anche la partecipazione alla fiera della logistica di
Shanghai. Davanti a questa stasi forzata nelle relazioni con la Cina, stiamo però lavorando per rafforzare
l'operazione di contatto nel Nordest con produttori del vino e grandi trader». Gli incontri vanno avanti da
mesi e l'Autorità avrebbe già ottenuto manifestazioni di interesse dalla vicentina Zonin, che è oggi il
maggior produttore di vino a livello italiano. Contatti sono in corso con i friulani di Fantinel, ma l'Autorità
sta guardando anche alle piccole cantine del Friuli Venezia Giulia e ai grandi distributori.Secondo
D'Agostino è proprio il mercato cinese quello a cui puntare in tempi di coronavirus: «In questo momento la
Cina sembra essere l'unico mercato vivo e sicuro verso cui si può pensare di esportare nel breve, per un
ragionamento che è economico e non politico. Si spera che i dati del contagio possano cominciare a
diventare positivi in Italia, ma la Cina sembra intanto essersi liberata dal flagello e sta ripartendo. In
generale l'export verso quel Paese, significa aggredire un grande mercato e penso che nei prossimi mesi
tutte le collaborazioni potranno dare risultati positivi.»«Soltanto per il suo uso interno - spiega D'Agostino -
una compagnia delle dimensioni di Cccc compra ogni anno centomila bottiglie, da donare a ospiti e
dipendenti o usare nei rinfreschi. Bottiglie che oggi non sono italiane e questa è una tendenza che vogliamo
ovviamente mutare. Partiremo da qui per fare un test e capire quali possano essere i prodotti più adatti alla
grande distribuzione, che resta l'obiettivo finale». Coronavirus permettendo.

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CRONACHE LOCALI

Dopo 123 anni di attività si spengono gli impianti della Ferriera di Servola (Piccolo Trieste)
Fabio Dorigo - «Quanto durerà la Ferriera? Non è facile dirlo. Personalmente la amo e spero che riesca a
non chiudere mai; ma i triestini di oggi hanno una spiccata tendenza al suicidio della loro città». Così
scriveva nel 2010 Aldo Raffaello Stura nella prefazione al libro "Omo de fero", sottotitolo: "Sotto la bianca
fumata della Ferriera di Servola" (Luglio Editore). Lo stop decisivo, monitorato dall'Arpa, è avvenuto ieri
dopo un'agonia di 5 giorni. L'area a caldo è stata spenta definitivamente, all'alba, dopo l'ultima colata
dell'altoforno. Ma in realtà la Ferriera ha cessato di vivere il 28 marzo alle ore 13.37 con l'ultima sfornata
della cokeria e con gli operai che lanciano nel carbone incandescente i loro caschetti di lavoro.«Una grande
tristezza. Un sentimento comune con tutte le persone che anno lavorato in quella fabbrica. Mi ha
telefonato l'ex direttore al tempo della Pittini. Sono tutti dispiaciuti di come sono andate le cose», attacca
Roberto Decarli, ex consigliere comunale, 32 anni passati alla Ferriera, nato a Servola da madre servolana.
«La cosa incredibile, dal punto di vista politico, che a tutt'oggi non abbiano ancora firmato l'accordo di
programma. Parlano e basta. É andato male tutto. Questa cosa è capitata anche in un momento triste per
tutto il Paese. Con la pandemia in corso la chiusura di una fabbrica storica per Trieste rischia di passare
inosservata. Non si è potuto fare niente. Neanche un incontro pubblico». Una storia lunga 123 anni finita in
un lampo e già dimenticata...
L'accordo chiave ancora in alto mare e le incertezze sulla riconversione
Il cuore della Ferriera si è fermato alle prime ore dell'alba. Da adesso a Trieste non si produrrà più ghisa:
una svolta storica, che sta avvenendo in sordina a causa dell'emergenza coronavirus e che lascia
nell'incertezza quasi seicento famiglie. Tante quante i dipendenti triestini del gruppo Arvedi, che ancora
attendono le garanzie del mai firmato Accordo di programma: la Regione aveva annunciato la ripresa degli
incontri istituzionali, ma questi sono spariti dai radar sine die. Il ministro Stefano Patuanelli non comunica
sul tema da settimane, dopo aver sempre detto che non ci sarebbe stato spegnimento senza intesa fra
azienda e soggetti pubblici e privati. L'area a caldo ha cessato la sua funzione, ma la riconversione è ferma e
la clessidra comincia a contare il tempo della cassa integrazione che coprirà parte degli stipendi dei
lavoratori durante la trasformazione dell'area. Nove settimane di trattamento eccezionale Covid-19,
probabilmente raddoppiate con prossimi atti del governo, cui seguiranno 24 mesi di cigs e un possibile
allungamento di altri 12, qualora il percorso di bonifica e trasformazione logistica non riuscisse a compiersi.
Cosa probabile, visto il rallentamento imposto dall'epidemia, la complessità dell'operazione e la lentezza
burocratica italiana.L'assessore regionale all'Ambiente Fabio Scoccimarro assicura che oggi, con due giorni
di ritardo sul cronoprogramma, «si chiuderà l'era della ghisa a Trieste, con la conclusione dell'operatività
dell'altoforno». Le operazioni sono cominciate dalla cokeria e toccano ora l'ultimo e più simbolico ramo
della produzione: tutto svolto «con la massima professionalità dal personale della società e di tutti gli enti
di controllo», sottolinea Scoccimarro, evidenziando che «al momento non si sono verificati incidenti né
danni ambientali: la messa in sicurezza passiva dovrebbe completarsi entro sabato».L'esponente della
giunta Fedriga ammette che l'iter della firma dell'Accordo di programma è impantanato e con esso le
certezze sul futuro della zona e sulla difesa dei livelli occupazionali. «Abbiamo ricevuto 10 giorni fa
l'ennesima bozza e la preallerta di una riunione - spiega - ma presumo che l'emergenza Covid abbia fatto
cambiare programmi al Mise». Patuanelli preferisce non commentare, preso dalle urgenze del sistema
produttivo nazionale, ma messo in difficoltà dalla mancata definizione della trattativa sul passaggio dei
terreni da Arvedi a Piattaforma logistica srl e dell'entità dei finanziamenti messi a disposizione da Mise e
Regione. Aspettano i lavoratori e una città che spera di non dover convivere con un rudere d'acciaio e
terreni inquinati da mettere in sicurezza. D.D.A.

Approvato il bilancio in videoconferenza tra imprecazioni, fuori onda e applausi (Piccolo Trieste)
Un bilancio approvato «al fine di evitare la prosecuzione in dodicesimi» dell'attività comunale. È la
precisazione di un emendamento dei capigruppo di maggioranza, primo firmatario Alberto Polacco, in cui si
precisano le condizioni in cui l'aula ha votato un documento per molti versi anacronistico. È stato colmato
così il potenziale vulnus giuridico segnalato dal dipiazzista Marco Gabrielli, che ha ritirato il suo testo (testo
non disponibile)

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Sul caso Fincantieri il centrosinistra all'attacco di Cisint: «Solo propaganda» (Piccolo Gorizia-Monf.)
Ora è il momento di «affrontare i problemi seriamente, senza propaganda». Perché non può che ritenersi
«debole», dalle parti della Sinistra per Monfalcone, «la presa di posizione della sindaca su Fincantieri».
L'altro giorno Anna Cisint aveva scritto al Prefetto per perorare a Roma l'«inopportunità» della ripresa
lavorativa dal 14 aprile, per l'impossibilità di gestire l'afflusso di migliaia di operai. «In un grottesco
tentativo di spostare l'attenzione sui nuovi arrivi da fuori - attacca il consigliere Cristiana Morsolin - non si è
preoccupata né prima né ora delle condizioni dei lavoratori che già risiedono stabilmente a Monfalcone».
«Il vero problema - sottolinea - non è tanto la ripresa, che prima o poi dovrà esserci, quanto quali saranno
le sue modalità». La pandemia non si risolverà ad aprile, urge un «cambiamento strutturale». Saranno
essenziali i dispositivi di sicurezza, il rispetto delle distanze, l'azzeramento di assembramenti, spogliatoi e
mensa adeguati, controlli sanitari. Insomma, «una nuova organizzazione», senza più «il far west delle ditte
in appalto, che non potranno più lavorare 10 ore di fila». Per Morsolin ci vorranno «nuovi contratti con
meno ore di lavoro a parità di salario». «Sarà necessario - prosegue - che la doppia timbratura sia
verificabile e resa disponibile, come da sempre richiesto dai sindacati, all'ingresso e sul luogo di lavoro per
sapere chi e quante ore permane in fabbrica. Cgil ha già fatto accordi con alcune imprese per stabilire turni
più brevi ed evitare la compresenza di operai, con tempi "vuoti" e pulizia ambientale. Accordi da estendere
a tutte le industrie». Riflette il Pd con Fabio Del Bello: l'azienda di Panzano è «determinante per la vita
dell'Isontino» e «sembra essere il settore più esposto alla crisi indotta dalla pandemia che investirà il
mercato mondiale delle crociere». «La mancanza di un'interlocuzione fra i vertici societari e gli enti è fatto
preoccupante», rincara. «La chiusura dei cantieri italiani richiederà di valutare gli extra-costi - aggiunge -
assieme all'impatto che il virus avrà sul settore crocieristico: già sarà difficile rispettare i tempi di consegna
della nave, il 15 giugno». «Preoccupanti» pure le notizie sui cantieri di Saint Nazaire. «Fincantieri - arringa -
sinora ha mostrato di tener conto delle istanze locali per questioni anche significative, come l'asilo o il
settore museale, ma marginali, cioè non strutturali, senza mai aprire una discussione reale su appalto e
subappalto o sui flussi migratori». «È tempo che le istituzioni si facciano sentire», conclude. Di qui la
richiesta al presidente consiliare di promuovere iniziative in sinergia con la Conferenza dei capigruppo.
Ti.Ca.

L'arcivescovo: quando tutto sarà finito dovremo essere pronti ad aiutare i poveri (M. Veneto Udine)
Viviana Zamarian - Una Pasqua senza fedeli in Cattedrale. Una Pasqua celebrata nel silenzio della chiesa. Un
silenzio che, però, deve portare a riflettere. Perché questa vita messa "in pausa" dal coronavirus diventi una
occasione per riscoprire «ciò che è veramente essenziale per tutti, anche per la Chiesa». E per volgere lo
sguardo alle nuove povertà, a chi si trova senza lavoro o un pasto caldo da mangiare. Il rischio, infatti, è che
l'emergenza sociale diventi ancora più grande nel dopo pandemia. Ed è allora che la società, come afferma
l'arcivescovo di Udine, monsignor Andrea Bruno Mazzocato, dovrà essere veramente pronta alla
solidarietà.Eccellenza, con che animo ci si appresta alle celebrazioni della Santa Pasqua senza fedeli?«Le
celebrazioni saranno assicurate e trasmesse in radio e tv. Viviamo comunque in una situazione di sofferenza
perché i fedeli non potranno essere partecipi dell'assemblea comunitaria. Vogliamo essere loro vicini
attraverso la trasmissione delle celebrazioni liturgiche per consentire a tutti di partecipare con attenzione e
con la preghiera. I momenti devozionali, come la processione del Venerdì Santo, sono invece stati
sospesi».Che sensazione ha provato a celebrare la messa in una chiesa vuota, circondato dal silenzio?
«Certamente da una parte un senso di povertà, intesa come "spogliazione", dall'altro mi ha invitato ad
avere una maggiore concentrazione. Ho ricevuto tanti riscontri da parte di persone che vivono all'Estero,
anche negli Stati Uniti, e che hanno ascoltato con attenzione le mie parole. Si ha così la percezione che
esiste una comunità che rischia di essere considerata solo come "virtuale", ma che in realtà è anche
spirituale».C'è il rischio che l'impossibilità di partecipare alle celebrazioni possa portare a una perdita della
fede?«Questo potrà essere verificato dopo. Da una parte ho visto attivarsi tanti modi per restare in
contatto e questo fermento dimostra che in molte persone c'è una forte sensibilità spirituale. Dall'altra,
certo, potrebbe esserci il rischio che a questa comunione virtuale non ne corrisponda una reale. Credo però
che adesso sia molto difficile prevedere il dopo coronavirus, noi cerchiamo di vivere in modo più intenso
possibile i momenti di preghiera e, in generale, il presente».

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Buoni spesa, il Comune raddoppia i fondi (M. Veneto Udine)
Cristian Rigo - Raddoppiano i fondi per i buoni spesa. Al momento solo "virtualmente", in attesa che il
Governo stanzi altri contributi, ma nel caso in cui le domande dovessero superare i 526 mila euro già in
cassa, il Comune è pronto a fare la sua parte.La Giunta ha approvato, nella seduta di martedì, una
variazione di bilancio con la quale si prevede un incremento di 600 mila euro ai 526 mila euro messi a
disposizione della città di Udine dal Governo per far fronte alla situazione di difficoltà economica che alcune
famiglie stanno vivendo in questa fase di emergenza. «Con questa variazione di bilancio - ha sottolineato il
sindaco, Pietro Fontanini - abbiamo voluto predisporre fin da subito uno strumento che ci permetta di
gestire un eventuale peggioramento della situazione dal punto di vista economico e sociale. Il fondo
diventerà infatti immediatamente disponibile se la situazione lo richiederà. In casi come questo è
importante non farsi cogliere alla sprovvista dall'evolvere della situazione. Ovviamente il nostro augurio è
che non ce ne sia bisogno e che la situazione torni al più presto alla normalità con un conta dei danni il più
possibile contenuta e con tutti gli strumenti utili affinché chi ha pagato di più questa crisi possa tornare
quanto prima a rialzarsi».A illustrare i dettagli dell'operazione contabile, è l'assessore al Bilancio, Francesca
Laudicina: «Visto che nell'ordinanza 658 del 29 marzo scorso emanata dalla Protezione civile è indicata la
necessità di supportare i comuni interessati dall'emergenza epidemiologica da Covid-19 mediante un primo
incremento del fondo di solidarietà comunale, e considerato quindi che è probabile ci sia un incremento
dello stesso, il Comune di Udine ha stanziato un'ulteriore somma, pari al doppio dell'attuale dotazione,
rispetto a quanto già formalmente attribuito. Questa variazione per ulteriori 600 mila euro consentirà
all'Amministrazione di essere immediatamente operativa e di non dover adottare un'altra manovra
contabile nell'eventualità in cui la Protezione civile intervenga con nuove misure d'emergenza».Ma se non
dovesse intervenire il Governo, tramite la Pc, sarà il Comune a mettere i soldi raddoppiando i fondi come
aveva chiesto anche il Pd, se ce ne fosse la necessità. E, a giudicare dal numero di domande già presentate
non è da escludere che i 526 mila euro finiscano in fretta. A Palazzo D'Aronco sono già arrivate 1.063
domande e l'assessore alla Salute, Giovanni Barillari ha spiegato che «sulla base di un contributo medio di
300 euro per ciascuna famiglia, (dai 150 per single ai 500 euro se almeno 3 figli di cui 1 dai 0 a 3 anni) i 526
mila euro sono sufficienti per soddisfare 1.700 richieste».Oggi intanto inizierà la consegna dei primi 317
buoni nelle sedi circoscrizionali. «Vogliamo completarla entro Pasqua», ha spiegato Barilari. Oggi e domani
la consegna avverrà dalle 8.30 alle 17.30, sabato dalle 8.30 alle 12.30. «Durante le operazioni di
distribuzione - ha precisato Barillari - sarà sempre presente un operatore della Polizia locale per garantire
sicurezza e verificare rispetto delle prescrizioni riguardanti protezione dal contagio: distanze e disinfezione
mani con appositi gel, inoltre ai cittadini verrà fornita la mascherina».

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Il virus si porta via anche nonna Rita (M. Veneto Udine)
Gino Grillo - Aumenta il tributo in vite umane pagate al coronavirus all'interno della casa di riposo Matteo
Brunetti a Paluzza. Nella mattinata di ieri è spirata la sesta vittima: Rita Menegon, di 97 anni originaria di
Raveo. Era una dei due ospiti che erano segnalati come critici dalla direzione dell'Asp Brunetti. Il decesso è
avvenuto nella stessa struttura, oramai ospedalizzata con la presenza costante di medici e personale
infermieristico. Il sindaco di Paluzza Massimo Mentil quando ha appreso del decesso si è detto
ulteriormente addolorato per l'accaduto. «Rita Menegon è stata la prima ospite della casa di riposo ad
essere stata individuata come positiva al Covid 19 - ha raccontato il primo cittadino -. Purtroppo la fase
negativa di questa emergenza non reputo sia ancora conclusa. Solo dopo Pasqua probabilmente si arriverà
alla fase discendente della curva per le criticità, quando sarà trascorso il periodo di incubazione e di
aggressione del virus». Intanto la direzione della casa di riposo ieri ha divulgato la situazione all'interno
dell'Asp. «Sono 116 gli ospiti accolti nella struttura - ha dichiarato il direttore Alessandro Santoianni - 71 gli
ospiti che sono risultati positivi. Ai dati precedenti si è aggiunta una persona cui è stato ripetuto il tampone
che aveva dato inizialmente un risultato incerto, 16 i positivi riscontrati tra i dipendenti a cui bisogna
aggiungerne altri che sono 4 risultati positivi a seguito del prelievo sugli anticorpi Covid-19, ma che erano
risultati negativi al tampone. Tutte queste persone attualmente si trovano in isolamento domiciliare»...

Salgono i contagi alla casa di riposo Chiabà (M. Veneto Udine)
Francesca Artico - Salgono a 17 gli ospiti risultati positivi al Covid-19 nella casa di riposo Asp "G.Chiabà" di
San Giorgio di Nogaro. Lo precisa il consiglio di amministrazione della residenza per anziani, spiegando che
nella giornata di ieri, a seguito dell'arrivo di ulteriori referti da parte del Dipartimento di Prevenzione
dell'Azienda Sanitaria, altri ospiti sono risultati positivi al virus. «In questo scenario complicato - si legge
nella nota diramata dal Cda, a firma del presidente Ivan Franco -, comunichiamo invece con grande gioia
che tre nostri operatori hanno sconfitto la malattia e sono guariti».Scendono così a 14 gli operatori sanitari
dell'Asp che stanno ancora osservando la quarantena nelle proprie abitazioni dopo essere a loro volta
risultati positivi al tampone. I vertici della Chiabà hanno intanto disposto il ripristino dei contatti tra gli
ospiti e i loro parenti- «Grazie all'intraprendenza di un gruppo di operatori è stata attivata un'ulteriore
utenza telefonica che potenzia il servizio di chiamate già attivo al numero 3336156957. In questo caso, il
numero sarà abilitato esclusivamente per l'effettuazione di chiamate dalla struttura verso l'esterno, ma non
viceversa, ed opererà principalmente nel reparto appositamente allestito per i contagiati. A tutti loro il
ringraziamento dell'intero consiglio di amministrazione per l'importante opera di collegamento tra i nostri
ospiti e i loro familiari».La nota del Cda si conclude con i ringraziamenti «a tutto il personale per
l'ammirevole lavoro svolto quotidianamente. Ci rasserena sapere che in questo momento complicato i
nostri anziani sono in ottime mani e ricevono tutta l'assistenza di cui hanno bisogno».La situazione
all'interno dell'Asp di San Giorgio, dunque, sembra avvicinarsi a una stabilizzazione, anche se nessuno può
dimenticare i sei "nonnini" deceduti dopo aver contratto il coronavirus.

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Ex primario e donna di 59 anni vinti dal male. Castions, altri ospiti positivi in casa di riposo (Mv Pn)
Ancora due vittime, in provincia, dove anche ieri è continuata la lotta al coronavirus. All'ospedale di
Pordenone sono deceduti l'ex primario di chirurgia dell'ospedale di Spilimbergo, Gaetano Portale, 81 anni, e
una donna di 59 anni di Fiume Veneto, Marisa Battistella. Nuovi contagi alla casa di riposo di Castions di
Zoppola. In Friuli occidentale sono arrivati a 430 i casi positivi, ma sono aumentati anche i guariti (due
tamponi negativi), ora a quota 33...
A Castions di Zoppola, dove si sono registrati 5 decessi da inizio epidemia, sono 22 gli ospiti positivi (tre in
più dell'altro ieri) e 12 quelli in ospedale (due in più). I dipendenti positivi restano otto. Gli ospiti negativi
sono scesi da 71 a 65, sugli 87 totali. «Sono stati suddivisi ed è stata creata una zona rossa - ha reso noto
Bruno Ius, presidente della Fondazione Micoli Toscano -. Abbiamo ottenuto che siano sottoposti a tampone
tutti i 78 dipendenti. Ringrazio tutto il personale, soprattutto coloro che definisco missionari, il corpo
infermieristico». Nel territorio di Zoppola, intanto, una bella notizia: è guarita la bimba che aveva contratto
il virus. R.Pn.

Poste, regalo di Pasqua. Da martedì riapertura di diciotto sportelli (M. Veneto Pordenone)
La sorpresa nell'uovo di Pasqua, soprattutto per anziani e pensionati, arriva della Poste. Dal 14 aprile,
martedì, nel territorio della ex provincia di Pordenone «sono in tutto 18 i recapiti postali che riprenderanno
a funzionare per far fronte all'emergenza Covid19 in atto. Gli interventi di sensibilizzazione che
unitariamente come organizzazioni sindacali dei pensionati abbiamo portato avanti - dice con soddisfazione
Loris Pasut, della Cisl - hanno sortito comunque degli effetti».Non tutti gli sportelli riapriranno, ma quelli
«con caratteristiche "ambientali" di sicurezza idonee: blindatura degli sportelli e spazi adeguati alle norme
di sicurezza sanitaria in corso. Lo riteniamo un segnale di apertura importante a favore delle difficoltà di
persone anziane che vivono particolari situazioni di disagio. Il protrarsi di questo contagio - prosegue Pasut
- mette a dura prova le persone che vivono la solitudine nei luoghi di periferia, un isolamento che stiamo
tentando in tutti i modi e con tutte le nostre forze di alleviare».Il sindacato continua allo stesso tempo a
esortare i pensionati in buone condizioni fisiche a «provvedere a un collegamento online per l'erogazione
della propria pensione».Quali sono gli uffici che riapriranno i battenti? Per tre giorni la settimana saranno
aperti gli sportelli di: Marsure (Aviano), Tiezzo (Azzano Decimo), Tamai (Brugnera), San Giovanni di Casarsa,
Villotta di Chions, Bannia (Fiume Veneto), Vigonovo (Fontanafredda), San Leonardo Valcellina, Cecchini di
Pasiano, Vallenoncello (Pordenone), Domanins-Rauscedo (San Giorgio della Richinvelda), Polcenigo e Prata
di Pordenone. Saranno aperti per due giorni la settimana gli uffici di Tauriano (Spilimbergo) e Sesto al
Reghena; per un giorno solo Lestans (Sequals) e Valeriano (Pinzano). Il caos per i pensionati, generato dalla
chiusura degli uffici postali, si è manifestato con l'arrivo delle pensioni e questo ha richiesto una consegna
secondo criteri molto stringenti. Nei piccoli paesi, però, le poste sono un servizio importante non solo per
gli anziani. M.Mi.

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