Media Monitoring per 03-07-2018 - Rassegna stampa del 03-07-2018 - Ruggi

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03-07-2018

Media Monitoring per

   Rassegna stampa del 03-07-2018
Media Monitoring per 03-07-2018 - Rassegna stampa del 03-07-2018 - Ruggi
AOU San Giovanni di Dio e Ruggi d'Aragona ................................................................................ 1
   Fibromialgia e le nuove frontiere: convegno al Ruggi ........................................................ 1
   Impronte digitali per i furbetti del cartellino. L'idea della ministra Bongiorno fa
        discutere ma è a prova di privacy ................................................................................... 2
   Decesso Mucciolo, parla la figlia: ........................................................................................... 5
   Vena recisa, 10 indagati Si attende l'autopsia ..................................................................... 7
Sanità Salerno e provincia .............................................................................................................. 8
   Da Salerno all' Austria per "ritornare" a camminare: la storia di Donato ........................ 8
   Sanità e inchieste della magistratura Ecco perché Giordano è stato spostato ............ 10
Sanità Campania ............................................................................................................................. 12
   Davide D' Amico " Tumori tiroidei: a Napoli eccellenza di chirurghi" ............................. 12
   Oculisti, il migliore chirurgo del Regno Unito è aversano ................................................ 14
   Ospedale del Mare, a Russo la mission pronto soccorso .................................................. 16
Sanità nazionale ............................................................................................................................. 18
   "Quante malattie ci infliggiamo da soli" .............................................................................. 18
   "Un tassello dopo l' altro: così salveremo il seno" ............................................................. 20
   And the Oscar goes... ai pediatri e a VaxMeApp ................................................................ 24
   Anno 2019, la promessa è un cuore di maiale .................................................................... 26
   Apartheid a Domodossola ma gli untori siamo noi ............................................................ 28
   Mix di virus invece degli antibiotici Primi test contro le infiammazioni ........................ 29
   Morbillo, dall' inizio dell' anno oltre 1.700 casi .................................................................. 31
   Osteoporosi, farmaco deflagrante ........................................................................................ 32
   Salute, il caso di Reggio Calabria «Solo il 50% di visite nei tempi» ............................... 34
   Sanità, la rivoluzione inglese che «contagiò» tutta Europa ............................................. 36
   Sanità, una morte su tre evitabile con cure adeguate ...................................................... 39
   Tutta la verità sugli integratori ............................................................................................ 41
   Vaccini, resta obbligo. Prorogata la scadenza del 10/7 .................................................... 44
   Videogame o predatori? ......................................................................................................... 46
   Vive meglio chi ascolta l' inconscio ...................................................................................... 49
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02/07/2018
                                                     asalerno.it
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                                                                                                                          Lettori: 633
                    Argomento: AOU San Giovanni di Dio e Ruggi d'Aragona

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       Fibromialgia e le nuove frontiere: convegno al Ruggi
 Tutto pronto per il convegno e un vero e proprio tavolo programmatico sul tema “La
 sindrome fibromialgica – Nuove Frontiere”, organizzato ovviamente dall’associazione
 Cfu-Italia, il comitato fibromialgici uniti per il riconoscimento della sindrome
 fibromialgica, Encefalomielite e sensibilità chimica multipla. Si terrà sabato 7 luglio,
 con inizio alle 9 presso la Sala Antonio Scozia dell’azienda ospedaliera universitaria
 San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona. Al convegno all’ospedale di via San Leonardo
 parteciperà il direttivo nazionale del Cfu-Italia presieduto dalla dottoressa Barbara
 Suzzi, con medici specialisti provenienti da ogni parte d’Italia, oltre a medici esperti
 di medicina iperbarica, reumatologia, immunologia, neurodiagnostica dell’azienda
 ospedaliera universitaria San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona. IL CONVEGNO Il
 convegno vuole essere una occasione di discussione, confronto e approfondimento
 tra specialisti per avviare un trial clinico atto a confermare la camera iperbarica
 come cura alternativa complementare alla fibromialgia, come già dimostrano gli
 ultimi studi israeliani. Il convegno vedrà, inoltre, le testimonianze di pazienti
 fibromialgiche che hanno seguito la cura di medicina iperbarica ed i relativi benefici.
 La giornata è patrocinata dal Comune di Salerno, dall’Ordine dei Medici di Salernoe
 dall’azienda ospedaliera universitaria San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona. MA
 COSA E’ LA FIBROMIALGIA? E’ una malattia caratterizzata da dolore cronico
 dell’apparato muscolo scheletrico, accompagnata da disturbi vegetativi e funzionali,
 altamente invalidante a livello psicofisico, sociale e lavorativo, colpisce in Italia circa
 2 milioni di persone, di cui il 90 per cento donne. Riconosciuta dall’organizzazione
 mondiale della sanità ma non riconosciuta dal sistema sanitario nazionale e non
 inclusa, ad oggi, nei Lea. IL CFU-ITALIA Opera a favori di soggetti terzi attraverso
 l’attività di volontariato inteso come espressione di partecipazione, solidarietà e
 pluralismo, ispirandosi ai principi della solidarietà umana, si prefigge lo scopo di
 rappresentare e tutelare gli interessi morali e materiali dei soggetti affetti da
 Fibromialgia, Cfs ( sindrome da fatica cronica, Chronic Fatigue Syndrome) e Me
 (Encefalomielite Mialgica). Lo scopo dell’associazione è quello di promuovere attività
 mirate all’informazione e all’ottenimento del riconoscimento istituzionale della
 Fibromialgia, Cfs, e Me, tra le malattie invalidanti, oltre a promuovere ogni tipo di
 iniziativa atta a migliorare le condizioni di vita, l’assistenza e la cura delle persone
 affette da Fibromialgia, Cfs e Me e delle loro famiglie.

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02/07/2018
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                    Argomento: AOU San Giovanni di Dio e Ruggi d'Aragona

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    Impronte digitali per i furbetti del cartellino. L'idea della
     ministra Bongiorno fa discutere ma è a prova di privacy

 La ministra Giulia Bongiorno ha
 annunciato il ricorso alle tecnologie per
 combattere i furbetti del cartellino:
 ‘Rilevazioni biometriche per evitare che
 ci sia chi strisci il tesserino per altri’. Il
 sistema è a prova di privacy come
 dimostra il S. Giovanni di Dio e Ruggi
 D'Aragona nel Salernitano, il primo
 ospedale a utilizzare le impronte digitali
 per i dipendenti. Giulia Bongiorno vuole
 ricorrere alle nuove tecnologie per
 combattere a monte il fenomeno dei
 furbetti del cartellino nella PA, più che
 inasprire ed enfatizzare le sanzioni come
 ha fatto il suo predecessore Marianna
 Madia. Nella sua prima intervista da
 ministra della Pubblica amministrazione, rilasciata al Corriere della Sera , Bongiorno
 ha le idee chiare su come affrontare il problema: “L’assenteismo è un fenomeno
 odioso. La Madia ha modificato le sanzioni. Credo si debba anche prevenire, con
 rilevazioni biometriche per evitare che ci sia chi strisci il tesserino per altri”. Molto
 probabilmente l’idea le è venuta dalla sua esperienza da parlamentare: “Cosa c’è di
 male nel prendere le impronte digitali ai dipendenti?” ha risposto la ministra alla
 giornalista che è rimasta di stucco all’annuncio: “A me alla Camera le hanno prese
 quando c’erano i ‘pianisti’. E non sono rimasta traumatizzata”. L’ospedale S.
 Giovanni di Dio e Ruggi D’Aragona di Salerno, il primo a utilizzare le impronte digitali
 per i dipendenti Il Parlamento non è stato l’unico caso in Italia in cui si è ricorso alle
 impronte digitali per combattere l’assenteismo. Per esempio, contro i furbetti del
 cartellino l’Azienda Ospedaliero-Universitaria S. Giovanni di Dio e Ruggi D’Aragona,
 nei suoi 5 ospedali di Salerno, Ravello, Mercato San Severino e Cava de’ Tirreni, ha
 adottato il sistema di lettura di dati biometrici mediante parziale identificazione
 dell’impronta digitale per la rilevazione della presenza in servizio dei dipendenti.
 Come ha raccontato l’ospedale a Key4biz, i 3.157 dipendenti all’ingresso presentano
 il badge e contestualmente appongono il dito che hanno scelto per il riconoscimento
 attraverso l’impronta digitale: “Buongiorno, ben entrato”, così il sistema saluta il
 lavoratore dopo l’avvenuta doppia conferma dell’identificazione. La stessa procedura

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deve avvenire all’uscita al termine del turno: “Arrivederci e buona giornata”, è il
messaggio audio che dipendente ascolta prima di lasciare l’ospedale. “Con questa
modalità abbiamo posto fine al timbratore seriale”, ci ha detto l’azienda ospedaliera,
finita alcuni anni fa al centro dello scandalo per la maxi-inchiesta proprio sui furbetti
del cartellino. Per combattere il fenomeno l’ospedale ha chiesto l’ok al Garante della
Privacy per l’installazione del sistema di lettura dei dati biometrici per accertare
l’ingresso e l’uscita dei dipendenti e soprattutto non consentire più l’odiosa pratica
dei cartellini timbrati da una sola persona. Perché il Garante Privacy ha dato l’ok alle
impronte digitali per i dipendenti dell’ospedale S. Giovanni di Dio e Ruggi D’Aragona
L’Autorità Garante per la protezione dei dati personali ha dato il via libera
all’installazione del sistema di lettura di dati biometrici presso l’ospedale S. Giovanni
di Dio e Ruggi D’Aragona, che è “costato 60mila euro all’azienda ospedaliera”, ma è
maggiore il ritorno per la collettività: “si ha una maggiore tranquillità che tutti i
dipendenti siano nel posto di lavoro per garantire le prestazioni sanitarie ai pazienti
e agli utenti in generale”, tiene a precisare l’ospedale. L’ok del Garante, vincolato a
una serie di condizioni, dimostra che la strada indicata da Bongiorno non è
impraticabile nella Pa, perché è a prova di privacy. (Qui il provvedimento generale
prescrittivo dell’Autorità Garante Privacy in tema di biometria). Infatti i dipendenti
non vengono geolocalizzati, non sono tracciati i loro spostamenti: sono registrati
solo matricola, data e orari per il conteggio delle presenze. Inoltre l’Azienda ha
assicurato al Garante Privacy sulla “volatilità” del dato: “non c’è memorizzazione del
dato biometrico in alcun database, né sotto forma di codifica numerica né
tantomeno sotto forma di immagini”. Inoltre non vi sarebbe trasmissione in rete del
dato biometrico che è in forma numerica crittografata sul badge in possesso e ad
uso esclusivo del dipendente. Infine i titolari di trattamento di dati biometrici sono
tenuti a comunicare al Garante le violazioni di tali dati (data breach) che si
verificano nell’ambito dei propri sistemi. In generale il Garante Privacy ha rilevato
che “l’uso di tecnologie biometriche per finalità di rilevazione delle presenze deve, in
ogni caso, essere effettuato nel pieno rispetto della disciplina in materia di
protezione dei dati personali, anzitutto con riguardo all’osservanza dei principi di
necessità e proporzionalità”. Ma questa modalità deve essere l’ultima ratio. Infatti
ha aggiunto l’Autorità: “… tali principi impongono che siano preventivamente
considerati altri sistemi, dispositivi e misure di sicurezza fisiche e logicistiche che
possano assicurare parimenti una puntuale e attendibile verifica delle presenze e
degli ingressi sul luogo di lavoro senza fare ricorso al trattamento dei dati
biometrici”. Dell’applicabilità delle impronte digitali contro i furbetti del cartellino ne
è ben consapevole in primis la stessa ministra-avvocato: “Tra i beni confliggenti
deve prevalere l’interesse collettivo: che siano tutti al lavoro, al servizio del
cittadino”, ha spiegato bene Giulia Bongiorno. E ne sono coscienti gli stessi sindacati
dei lavoratori della PA, che alla ministra non hanno contestato l’annuncio
dell’introduzione delle impronte digitali per contrastare l’assenteismo nella Pubblica
amministrazione, ma che la questione non è la priorità perché riguarda solo “lo
0,2-0,3% dei lavoratori pubblici, cioè i fannulloni, dimenticando tutti gli altri”, le ha
fatto notare Antonio Foccillo, Uil. “Come prime parole dalla nuova ministra”, ha detto
Ignazio Ganga, segretario Cisl per il pubblico impiego, “ci aspettavamo un segnale di

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conforto per tutti quei lavoratori pubblici che ogni mattina arrivano in ufficio,
timbrano il cartellino e fanno il loro lavoro”. Nella Pa sono già previste le nuove
tecnologie per far rispettare l’orario di lavoro L’articolo 24 del Testo unico stabilisce
che per “Il rispetto dell’orario di lavoro è assicurato mediante forme di controlli
obiettivi e di tipo automatico”. E lo stesso Ganga (Cisl) ha ricordato come “in gran
parte delle amministrazioni pubbliche esistano già strumenti per le rilevazioni
elettroniche della presenza, vanno solo applicate”. Si tratta per lo più di rilevazioni
(a volte anche solo il passaggio di una mano o di un dito) usate per l’accesso e
l‘uscita dal posto di lavoro, ma che, per ragioni di privacy, non registrano date e
orari e non conservano le informazioni raccolte. I dati biometrici e il GDPR Mentre la
segretaria generale Fp Cgil Serena Sorrentino si chiede se “la Bongiorno è un
ministro o uno sceriffo?”, il GDPR, nel tutelare maggiormente i dati biometrici,
perché maggiormente rischiosi per i diritti e le libertà dell’individuo, ne consente
l’utilizzo per un trattamento lecito, ma obbliga il Titolare del trattamento dei dati
biometrici ad effettuare una valutazione d’impatto sulla protezione dei dati:“è altresì
richiesta per la sorveglianza di zone accessibili al pubblico su larga scala, in
particolare se effettuata mediante dispositivi optoelettronici, o per altri trattamenti
che l’autorità di controllo competente ritiene possano presentare un rischio elevato
per i diritti e le libertà degli interessati, specialmente perché impediscono a questi
ultimi di esercitare un diritto o di avvalersi di un servizio o di un contratto, oppure
perché sono effettuati sistematicamente su larga scala”. Le impronte digitali
all’ingresso e all’uscita combattono i furbetti del cartellino, ma non certificano al
100% la presenza sul posto di lavoro, per cui alla nuova tecnologia è sempre
opportuno affiancare le “ispezioni a campione con pool di esperti: i nostri ispettori e
specialisti di modelli organizzativi”, come previsto dalla stessa ministra Giulia
Bongiorno. Che con l’idea di introdurre i sistemi di lettura di dati biometrici contro i
fannulloni darebbe una scossa in più alla digitalizzazione della Pa.

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03/07/2018                                                                                                                 Pagina 20

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                     Argomento: AOU San Giovanni di Dio e Ruggi d'Aragona

                           Decesso Mucciolo, parla la figlia:
 Alessandra Pazzanese.
 «Mio padre era in ottima salute» Tutti i
 dubbi della sua famiglia nelle parole
 della primogenita AQUARA - Non si
 rassegna la famiglia di Tonino Mucciolo,
 detto Antonello, deceduto dopo un
 intervento di routine. Era nato e
 cresciuto ad Aquara, in passato aveva
 gestito un bar sul corso principale del
 paese, era capo operaio presso la
 Comunità Montana degli Alburni e, con la
 moglie Marisa e le figlie Bianca e Rosaria
 gestiva il ristorante "La Rosa Bianca" in
 località    Piano.    A    ricostruire     la
 drammatica vicenda del suo decesso è la
 primogenita, Bianca, che racconta come
 il padre godesse di ottima salute, avesse
 un' ironia innata e fosse sempre attivo. A
 metà maggio aveva fatto delle visite per
 una cisti al surrene. Uno specialista di
 Salerno     gli   aveva    consigliato     di
 rimuoverla con un intervento di routine.
 L' intervento sarebbe stato effettuato,
 dopo il ricovero in chirurgia generale, l' 11 giugno presso l' ospedale di San
 Leonardo, a Salerno. Antonello era andato in ospedale il 12 giugno: alle ore 15,40
 era stato portato in sala operatoria. Già la sera di quel giorno i familiari
 cominciarono ad insospettirsi, poiché le prime notizie sull' intervento le ebbero solo
 alle 23, troppe ore di attesa per un' operazione di routine, ma si tranquillizzarono
 alle parole di un medico che disse loro che Tonino non era ancora stato suturato e
 che l' intervento era durato così tanto, poiché non avevano voluto intaccare il
 surrene, nonostante questa massa formatasi sul rene destro del paziente fosse
 radicata. Informazioni, secondo la famiglia, evidentemente false, poiché pare che la
 cisti non sia mai stata rimossa; ne aspettano la conferma dall' esame autoptico. Alle
 23,30, i familiari furono raggiunti dal chirurgo che aveva operato Mucciolo il quale
 disse loro che c' era stato un piccolo errore, in quanto era stata intaccata la vena
 cava, ma il chirurgo vascolare aveva prestato immediato soccorso e quindi tutto era
 andato per il meglio ma, per una questione di prevenzione, il paziente avrebbe
 dovuto passare la notte in rianimazione. «Quella notte la situazione iniziò a
 precipitare - ricorda Bianca -; alle 2 il personale della rianimazione ci fece capire che
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le condizioni di mio padre erano più serie del previsto. Rimanemmo scioccati.
Continuavamo a ripetere che fino a poco prima i medici che lo avevano operato ci
avevano detto che stesse bene. Mio padre è restato in rianimazione, in stato di
incoscienza, fino alla notte tra il 24 e il 25 giugno quando è deceduto alle ore 2,45».
Bianca, nonostante il dolore, quella mattina stessa sporse denuncia. L' esposto ha
avuto, su disposizione della Procura della Repubblica, come conseguenza immediata
il sequestro di tutte le cartelle cliniche relative alle varie fasi del decorso
ospedaliero. Il caso è seguito dall' avvocato della famiglia Mucciolo, Dario D' Alessio,
e dal pm Roberto Penna. Sul caso si sono espressi, con messaggi di cordoglio e con
vari appelli affinché la verità emerga, varie autorità politiche e non solo.

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03/07/2018                                                                                                                Pagina 6

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                    Argomento: AOU San Giovanni di Dio e Ruggi d'Aragona

             Vena recisa, 10 indagati Si attende l'autopsia

 Gli viene recisa la vena cava a seguito di
 un intervento chirurgico alla ghiandola
 surrenale: dieci i medici iscritti nel
 registro degli indagati. Gli avvisi di
 garanzia sono stati inviati nella giornata
 di ieri dal magistrato titolare dell'
 inchiesta Roberto Penna il quale nella
 giornata odierna conferirà anche l'
 incarico al medico legale per effettuare l'
 autopsia sulla salma di Antonio Mucciolo
 (noto come Tonino), 52 anni residente ad
 Aquara. L' uomo è spirato il 25 giugno
 scorso nel reparto di Rianimazione del
 Ruggi a seguito di un' operazione
 effettuata nel reparto di chirurgia
 generale. A rivolgersi alla magistratura è
 stata la moglie e la figlia dell'uomo. Il 12
 giugno scorso Antonio Mucciolo è stato
 sottoposto ad intervento chirurgico dai
 camici bianchi della chirurgia generale.
 Durante l'intervento viene recisa la vena
 cava, un grosso vaso che si trova vicino
 alla ghiandola surrenale (ghiandola posizionata sopra il rene). Immediatamente è
 scattato l'allarme, nella sala operatoria sono stati fatti intervenire i colleghi della
 chirurgia vascolare che hanno provveduto a suturare il grosso vaso interessato da
 una copiosa emorragia. terminato l'intervento, il paziente che aveva perso molto
 sangue viene trasferito nel reparto di rianimazione dove è morto lo scorso 25
 giugno. L'indagine della magistratura mira ad accertare eventuali responsabilità nel
 decesso del 52enne. Sulla salma disposta l'autopsia. Sono in corso accertamenti tesi
 ad identificare i camici bianchi che hanno assistito il paziente fin dall'ingresso in sala
 operatoria.

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03/07/2018                                                                                                               Pagina 2

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                                                                                                                         Lettori: 29.750
                                 Argomento: Sanità Salerno e provincia

 Da Salerno all' Austria per "ritornare" a camminare: la storia
                           di Donato

 Donato Lambiasi adesso sorride. O
 almeno ci sta provando in quel luogo che
 è diventato oramai la sua casa e che sta
 provando a dargli nuovamente la
 speranza di una vita normale. Una vita
 cambiata completamente dall' incidente
 stradale che lo ha visto coinvolto nel
 gennaio 2016 e che non gli permette di
 vivere una vita normale, come tutti i
 ragazzi di 20 anni e più. L' Austria e una
 clinica, il calore della famiglia e degli
 amici e tante richieste di aiuto. Questa è
 diventata la nuova vita del ragazzo di
 Baronissi che nelle foto alza il pollice per
 dire "è tutto ok, ce la sto mettendo
 tutta" e sorride alla vita. Adesso ha
 ripreso a mangiare e bere da solo, ha
 ripreso le funzionalità della parte sinistra
 del suo corpo e tutto questo grazie ai
 medici austriaci che gli hanno riacceso la
 speranza con le cure specifiche di cui ha
 bisogno. Quelle stesse cure che però in
 Italia e maggiormente a Salerno o in Campania non esistono. Per due anni ha
 viaggiato da un ospedale all' altro, da Salerno e Imola a Sant' Angelo dei Lombardi.
 Ad Imola lo avevano dato per "spacciato", a Sant' Angelo dei Lombardi gli hanno
 restituito la funzionalità della mano e del braccio sinistro, ma è in Austria che
 Donato potrà riprendere a camminare. Se non fosse che la clinica in cui è ricoverato
 costa 1000euro al giorno, una somma esorbitante per la famiglia Lambiasi che
 adesso sta facendo i conti con le poche risorse a disposizione. «L' Asl re gionale ha
 potuto coprire soltanto i primi 3 mesi di cure adottando un modello S2, dopo il
 medico di Napoli che ha seguito la pratica ha deciso di non rinnovare più il contratto
 e di non voler prolungare più i tempi per la cura - ha sottolineato la sorella di
 Donato, Annapia Lambiasi - le cure purtroppo non vengono effettuate in Italia dove
 per Donato ci è stato detto che non c' era nulla da fare. In Austria Donato adesso
 dovrà effettuare due interventi di allungamento ai tendini per poter poi di seguito
 essere messo su alcuni macchinari che lo aiutino a camminare nuovamente. La

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clinica in Austria costa mille euro al giorno - ha continuato Annapia - ma stanno
ridando la speranza a Donato che poi dovrà fare una lunga riabilitazione anche per
riprendere il 30% delle funzionalità per gli arti del lato destro». Ma non solo, Donato
ha bisogno anche di un lungo percorso di logopedia per riprendere l' uso del
linguaggio e della parola, in quanto adesso si esprime e comunica ancora attraverso
i gesti. «Fortunatamente adesso mangia e beve da solo ma dovrà rimanere all'
interno della clinica in Austria per altri 7 mesi e dato il costo elevato la mia famiglia
ha bisogno di una mano - ha continuato Annapia - a Baronissi si stanno attivando
tutti, dalle associazioni a quegli amici che hanno anche creato una pagina face book
per aiutare mio fratello anche con le iniziative che stanno mettendo in campo per
raccogliere fondi». Anche il primo cittadino Valiante infatti aveva provveduto a
"chiedere una mano" per Donato e anche attraverso le iniziative proprio a Baronissi
ci saranno più raccolte fondi, ma non ultimo il falò di beneficenza il 14 luglio sulla
spiaggia della Baia, dove all' insegna del divertimento così come era solito fare
Donato, gli amici potranno raccogliere un gruzzoletto utile alle cure. «A nome di mia
mamma Raffaella Patente e a nome di tutta la nostra famiglia ringrazio quanti ci
stanno aiutando affinché Donato torni a casa nel migliore dei modi».

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03/07/2018                                                                                                                Pagina 8

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                                  Argomento: Sanità Salerno e provincia

  Sanità e inchieste della magistratura Ecco perché Giordano
                        è stato spostato

 Visto che i mezzi di comunicazione,
 vecchi nuovi nazionali e locali, hanno
 smesso di farsi domande per affacciarsi
 sul ciglio di quell' immensa discarica
 rappresentata     dai    social    network
 (segando, così, sempre più il gracile
 ramo su cui erano accomodati da tempo)
 da queste parti si tenterà di arginare il
 buco della diga infilandovi il nostro
 mignolo. Lo spunto ce lo offre la recente
 polemica sulla defenestrazione del Dg
 dell' Asl di Salerno, Antonio Giordano,
 oggi     commissario      dell'     Azienda
 ospedaliera dei Colli a Napoli. Fatto
 avvenuto non più tardi di un paio di
 settimane fa. La notizia è stata
 pubblicata un po' da tutti, ovviamente
 dopo il rituale comunicato stampa della
 giunta regionale della Campania, fino ad
 arrivare a ieri, quando l' argomento è
 tornato d' attualità con il battibecco
 social-mediatico    tra    il   consigliere
 regionale a 5 Stelle, Valeria Ciarambino, e l' alter ego di De Luca, il vice presidente
 Fulvio Bonavitacola. «Non si può continuare con questa gestione personalistica della
 sanità campana, in barba a tutte le norme -afferma la schioppettante Ciarambino-
 «In un sol colpo, De Luca ha nominato un nuovo commissario straordinario per l'
 azienda dei Colli, ha commissariato la Asl di Salerno e nella vicenda entra anche l'
 ospedale Rummo di Benevento. Tre sfaceli in un solo colpo». Essendo dei Cinque
 Stelle (era addirittura candidata alla presidenza contro De Luca e Caldoro) la
 temerarietà di linguaggio e contenuti non colpisce più di tanto. Sfaceli, illegalità e
 personalismi che corroborano la nota della grillozzanon sappiamo se vi siano stati in
 questo caso, forse sì forse no, si capirà. Ma non è questo ora il punto: si tratta invece
 di ragionare, per quanto possibile, sul perché, dalla sera alla mattina e senza che ve
 ne fosse un' apparente ragione, De Luca abbia spostato un manager abile e navigato
 come Giordano da Salerno a Napoli. Certo, come ha replicato Bonavitacola «i
 provvedimenti sono stati tutti assunti nel rispetto delle disposizioni legislative

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vigenti», ma sappiamo tutti che in Italia, spesso, una cosa così può voler dire tutto e
niente. Ma diamola per buona. Valeria Ciarambino, già ribattezzata dallo stesso De
Luca «fastidiosa chiattona» per via del suo tratto implacabilmente canterino, in
realtà si avvicina al cuore del problema quando afferma che «non c' è alcuna ragione
di straordinarietà che giustifichi il commissariamento della Asl di Salerno». In effetti
è vero, di motivi ufficiali non ce ne sarebbero o, almeno, non sono stati resi noti. Ve
ne potrebbe essere, però, qualcuno di "ufficioso" che legittima curiosità, domande e
sacrosanti retroscena.A parte la relativa stranezza di un comunicato stampa di De
Luca diffuso nella tarda sera del 12 giugno scorso che precede e non segue l' atto
formale della Regione (del 16) col via libera agli spostamenti, c' è un punto che
neppure la Ciarambino ha sfiorato, men che meno il resto degli osservatori
interessati: l' indagine in corso a Salerno sull' Asl che ha coinvolto circa 40 persone
nel mese di maggio. Si tratta dell' inchiesta coordinata dal pm Silvio Marco
Guarriello ed eseguita dalla Polizia tributaria della Gdf, sui tetti di spesa dei centri
accreditati (parliamo di cifre a sei zeri per il bilancio sanitario) di cui abbiamo scritto
qui in più di un' occasione.In quella inchiesta, tra gli altri, risultano indagati per
abuso d' ufficio, falso materiale ed ideologico proprio l' ex manager di Salerno, l' ex
direttore amministrativo di via Nizza Antonella Tropiano così come l' ex direttore
sanitario Maria Vittoria Montemurro, tutti innocenti -va da sé- fino a prova contraria.
Il trittico manageriale, però, è lo stesso che De Luca ha spostato in blocco da
Salerno a Napoli, dove ora mantiene analoghe funzioni ma in qualità di commissario
e sub commissari dell' azienda dei Colli. Nostre fonti altamente specializzate ci
informano, però, che il repentino spostamento dei tre potrebbe essere dovuto
proprio a questa inchiesta giudi ziaria, prossima alla chiusura, dove sembra che il
pm abbia rilanciato trasformando alcune imputazioni provvisorie in altre più
preoccupanti ma, soprattutto, con richieste al gip di misure cautelari poco
rassicuranti. Ora, i nostri cinque/sei lettori possono immaginare cosa sarebbe
successo se, ad esempio, i tre manager fossero stati raggiunti da provvedimenti
pesanti proprio nella Salerno di De Luca? Gli effetti a catena sarebbero sfuggiti di
mano a tutti e il can can mediatico-giudiziario avrebbe fatto il resto. De Luca, che a
noi continua a star simpatico per le stesse ragioni per le quali è fortemente
detestato a sinistra e in larga parte del giornalismo (sul centrodestra, specie com' è
ridotto oggi, meglio soprassedere) sarà stato lungimirante, anche perché a lui non
dovrebbe risultar difficile venire a conoscenza di quanto avviene, potrebbe avvenire
o avverrà in alcune procure della repubblica: e così, lungimirante ed astuto,
potrebbe aver sottratto un argomento al magistrato procedente spostando i tre
manager in fretta e furia (e soprattutto senza spiegazioni) i quali almeno l'
inquinamento delle prove e la reiterazione del reato non potevano più farli. Illazioni?
Può essere, il tempo chiarirà. Per quel che consta a questo giornale, in effetti, dalla
lettura di buona parte degli atti giudiziari si potrebbe arguire che i guai dei nostri tre
direttori siano riconducibili alla gestione di due dossier scottanti: la vicenda Ises e le
transazioni con il Cedisa, faccende di cui abbiamo abbondantemente parlato nel
corso dei mesi passati.

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03/07/2018                                                                                                                Pagina 10

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                                          Argomento: Sanità Campania

    Davide D' Amico " Tumori tiroidei: a Napoli eccellenza di
                         chirurghi"

 Intervista Nulla da invidiare ai centri
 extra regionali. Se nell' immaginario
 collettivo impera la convinzione di una
 migrazione sanitaria obbligata dalle
 carenze, bisogna ricredersi. Almeno per
 le patologie della tiroide: le strutture
 presenti in Campania non sono da meno
 di quelle di nord e centro Italia. Nasce
 proprio da una stimolante querelle tra
 specialisti il focus sulla tiroide nel
 congresso dedicato alle nuove tecnologie
 che si è concluso sabato a Melizzano
 (Benevento) sotto la presidenza dei
 professori Massimo Agresti e Natale Di
 Martino. A far la voce grossa,
 inaspettatamente è stato una delle firme
 più prestigiose del bisturi, il professor
 Davide D' Amico, emerito di chirurgia all'
 università di Padova. Il docente è insorto
 alla relazione di un collega che elogiava i
 centri d' Oltreoceano. «D' accordo, in
 Usa ci cono ottimi colleghi, ma non
 dobbiamo sottovalutare le nostre eccellenze», ha esordito riferendosi ai centri di
 Pisa, Milano, Padova e tanti altri. «E ci sono anche in Campania. Come i napoletani
 che fanno capo a Luigi Santini (ordinario) e Giovanni Docimo (associato) della
 Vanvitelli, e a Stefano Spiezia direttore all' Ospedale del Mare». Professor D' Amico,
 c' è una scuola di eccellenza partenopea? «Certo, è quella che ha avuto come suoi
 fondatori Lucio Zarrilli, chirurgo e Domenico Lombardi, endocrinologo». E gli attuali
 specialisti rappresentano la continuità? «Sì, garantendo anche l' innovazione. Da una
 chirurgia tradizionale sono passati alla laparoscopica e alla robotica, segnando così il
 passo coi tempi. Bisogna ammettere però che ci sono dei punti ancora da correggere
 su tutto il terriorio nazionale...». Lamenta delle storture? «Non riguardano la cultura
 chirurgica, ma il contesto economico-assistenziale in cui questa si realizza». Faccia
 qualche esempio... «Negli States, un paziente affetto da un tumore tiroideo in un
 solo giorno esegue tutto l' iter diagnostico per essere subito dopo sottoposto all'
 intervento. In due giorni o al massimo in una settimana». Da noi, invece? «Una volta

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manca il posto letto, un' altra c' è lo sciopero del personale sanitario o paramedico,
un' altra ancora può venire meno un presidio assistenziale. Tutto questo ingenera un
malcontento nel paziente che etichetta come malasanità i limiti delle nostre
organizzazioni». Quali sono le novità in chirurgia tiroidea? «Il programma chirurgico
è cambiato sulla base delle nuove conoscenze in ambito molecolare e biochimico. La
terapia sostitutiva oggi assicura ai pazienti qualità e quantità di vita del tutto
normale». Quale è oggi il programma più importante? «Quello della diagnostica
precoce. Oggi si riescono a individuare neoplasie un tempo ritenute occulte del
diametro inferiore al centimetro». Ma si opera anche meno di un tempo... «E questo
perchè il malato ha la consapevolezza di ricorrere all' endocrinologo e al chirurgo al
fine di avere una mutilazione tiroidea limitata al posto delle tiroidecotomie totali o
allargate di una volta. E poi, il rischio di una lesione del nervo ricorrente è
pressocché scomparsa grazie a dei detectors intraoperatori del decorso del nervo.
Oggi una lesione, pur nella sua malignità biologica, consente al malato ( specie se
giovane) di raggiungere la guarigione totale». - g. d. b. © RIPRODUZIONE RISERVATA
Il chirurgo Davide D' Amico.

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03/07/2018                                                                                                                Pagina 28

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                                          Argomento: Sanità Campania

    Oculisti, il migliore chirurgo del Regno Unito è aversano

 ITALIANI ALL' ESTERO Ignazio Riccio È di
 Aversa uno dei più bravi chirurghi del
 Regno Unito. Vincenzo Maurino, 48 anni,
 primario al Moorfields Eye Hospital di
 Londra, il più grande ospedale oftalmico
 d' Europa, tra i più importanti nosocomi
 al mondo per la ricerca e per la
 formazione dei medici in ambito
 oculistico, è stato incluso dal Daily Mail,
 nella sua Good Doctors Guide, come uno
 degli migliori specialisti in Inghilterra per
 l' operazione alla cataratta. A nominare
 Maurino, aversano d' origine ma ormai a
 Londra dal 1995, sono stati i suoi stessi
 colleghi, 40 chirurghi oculisti britannici,
 ai quali gli autori della guida hanno
 posto una domanda molto diretta: «A chi
 affidereste la persona a voi più cara se
 dovesse avere bisogno di un' operazione
 alla cataratta. E perché?». I colleghi del
 medico italiano non hanno avuto dubbi,
 votandolo quasi all' unanimità. «Sono
 felicissimo - ha dichiarato Maurino - e
 sorpreso ovviamente. Ci sono tanti altri
 chirurghi bravi che non sono stati menzionati, ma io sono l' unico italiano ad essere
 primario al Moorfields. In carriera ho effettuato oltre 30mila interventi e formato più
 di 100 oculisti provenienti da tutto il mondo». L' oculista aversano predilige la
 tecnica laser, non invasiva. Tra le sue specializzazioni, oltre alle operazioni alla
 cataratta, la chirurgia laser di correzione dei difetti della vista e la chirurgia dei
 trapianti corneali. Nonostante sia a Londra da oltre vent' anni, Maurino è rimasto
 molto legato all' Italia, dove torna regolarmente sia per visitare pazienti
 privatamente, ad Aversa e Napoli, sia per insegnare. Attualmente è docente di
 Chirurgia dei Trapianti Corneali presso la scuola di specializzazione in Oculistica dell'
 università Tor Vergata di Roma. Ma per lavorare continua a preferire Londra. «Ci
 sono ottime strutture nel nostro Paese - ha spiegato Maurino - ma nessun centro con
 le dimensioni e la storia del Moorfields. Tantissimi giovani oculisti italiani hanno fatto
 e fanno training al Moorfields, al momento ce ne sono quattro solo con me». Per
 quanto riguarda la sua carriera, Maurino si è laureato in Medicina e chirurgia in Italia
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nel 1990, con il massimo dei voti. In seguito si è specializzato in Oftalmologia nel
1994, sempre con il massimo dei voti. Nello stesso anno, per continuare la sua
formazione, si è trasferito nella capitale inglese, dove è diventato primario della
divisione di Chirurgia oftalmica. Il chirurgo, inoltre, è membro del General Medical
Council, Royal College of Ophthalmology (RCOphth), della Società Europea di
Cataract e Chirurgia Refrava (ESCRS), dell' American Society of Cataract Surgery
(ASCRS), della Società Italiana di Oftalmologia (SOI) e della Società Italiana Cellule
Staminali e Superficie Oculare (SICSSO). Ha pubblicato numerosi articoli su riviste
scientifiche internazionali ed è regolarmente invitato a partecipare come relatore a
congressi scientifici in Italia, nel Regno Unito e in tutto il mondo. © RIPRODUZIONE
RISERVATA.

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03/07/2018                                                                                                                Pagina 27

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                                          Argomento: Sanità Campania

     Ospedale del Mare, a Russo la mission pronto soccorso
 ETTORE MAUTONE
 Giuseppe Russo è da oggi il nuovo
 direttore sanitario dell' ospedale del
 mare. L' incarico gli è stato assegnato
 con provvedimento firmato dal manager
 della Asl Napoli 1 Mario Forlenza. Una
 disposizione di servizio assunta il 29
 giugno scorso. La mission di Russo,
 indicata     nero     su     bianco    nel
 provvedimento adottato, è aprire nel più
 breve tempo possibile il pronto soccorso
 dell' ospedale del mare. L' OBIETTIVO
 Russo, che è anche al vertice del
 dipartimento Assistenza ospedaliera dell'
 intera Asl, ha lo specifico mandato di
 attuare il definitivo decollo dell' unità
 emergency di II livello pronta da mesi
 presso il presidio di Barra. Obiettivo
 indicato nell' atto di nomina come
 «prioritario e fondamentale, sia per l'
 azienda sanitaria locale sia per la
 Regione Campania». A Napoli est Russo
 prende il posto di Nunzio Quinto che,
 nelle more dell' indizione di un concorso
 pubblico, assume la direzione medica
 sanitaria del Loreto mare a cui è annesso anche il Capilupi di Capri. Ruolo fin qui
 ricoperto ad interim proprio da Russo. Nel provvedimento di avvicendamento è
 scritto che Quinto dovrà collaborare, e fornire ogni utile informazione a Russo, per
 tutte le procedure nel frattempo avviate ed in itinere relative al crono programma
 per l' attivazione dei reparti presso il presidio dell' ospedale del mare. Un chiaro
 invito a unire le forze per evitare che il passaggio del testimone possa far perdere
 ulteriore tempo. LA SITUAZIONE All' ospedale del mare sono oggi in attività circa 750
 unità di personale (sulle oltre 1400 figure professionali da impiegare a pieno regime)
 e poco meno di 300 posti letto rispetto ai 450 previsti dall' atto aziendale. Il nodo da
 sciogliere resta il completamento delle procedure di concorso per il reclutamento del
 personale e l' immissione in servizio di medici, chirurghi, e specialisti in pronto
 soccorso, radiologi e anestesisti. Necessari anche alcune decine di tecnici sanitari di
 radiologia medica che mancano per rendere attivi sull' arco delle 24 ore i servizi di
 medicina nucleare (Tac e Pet). Tutte figure chiave per accendere definitivamente i
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motori del grande pronto soccorso di Napoli est. GLI ALTRI INCARICHI Ma l'
avvicendamento tra Russo e Quinto non è l' unico spostamento di pedine deciso da
Forlenza negli incarichi di direzione sanitaria degli ospedali della rete cittadina. L'
altra novità riguarda il San Giovanni Bosco al cui timone è stato designato Giuseppe
Matarazzo, ex direttore sanitario aziendale del Monaldi-Cotugno-Cto e poi, nell'
ultimo anno, commissario straordinario della stessa Azienda dei colli. Ruolo che
Matarazzo ha ceduto ad Antonio Giordano, proveniente dalla Asl di Salerno e che da
ieri ha preso servizio alla guida del polo ospedaliero collinare. Rientrato nei ruoli
della Asl Napoli 1 Matarazzo dovrà ora occuparsi della complessa situazione
organizzativa, strutturale e di personale del presidio della Doganella, unico pronto
soccorso (Dea di I livello) della Asl Napoli 1 privo di triage (codifica della gravita
degli accessi) in pronto soccorso. La prima gatta da pelare per il neo direttore
sanitario, sarà trovare il modo di coprire i turni estivi a fronte delle gravissime
carenze di chirurghi e medici di urgenza. Difficoltà con cui, tuttavia, il manager si è
già misurato nel varo del pronto soccorso del Cto. Matarazzo prende il posto di
Michele Ferrara che andrà infine ad affiancare Russo nel dipartimento assistenza
ospedaliera con il precipuo compito di completare l' annessione dell' Ascalesi all'
Istituto oncologico Pascale. © RIPRODUZIONE RISERVATA.

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03/07/2018                                                                                                                Pagina 36

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                                          Argomento: Sanità nazionale

                   "Quante malattie ci infliggiamo da soli"
 FABIO DI TODARO
 Il farmacologo Garattini fa il punto sulla
 nostra salute "Troppi eccessi con fumo,
 alcol e mode alimentari" Il «farmacologo
 della gente». «Così intitolarono una mia
 intervista su una rivista inglese nel
 2008». Silvio Garattini ha 90 anni, di cui
 gran parte trascorsi facendo ricerca. Ha
 appena lasciato la direzione scientifica
 dell' Irccs Mario Negri di Milano, la culla
 della farmacologia in Italia. Al suo posto
 Giuseppe Remuzzi, 69 anni, fino all' altro
 ieri coordinatore scientifico delle attività
 della sede bergamasca dell' istituto.
 «Finché potrò, vivrò di ricerca e di
 divulgazione scientifica - racconta
 Garattini -. Continuerò a essere la
 memoria storica tra queste mura».
 Professore, verso quali orizzonti guarda
 ora il Mario Negri? «Continueremo ad
 agire da sentinelle della salute, con tre
 priorità: la valutazione dell' efficacia dei
 farmaci, la gestione delle terapie negli
 anziani e la sostenibilità del servizio
 sanitario. Ci impegneremo perché il diritto alla salute sia uguale per tutti: cosa che
 oggi in Italia non è più sempre vera». Da dove occorre ripartire per fare in modo che
 le diagnosi e le terapie più appropriate siano davvero accessibili a chiunque? «Molte
 malattie ce le infliggiamo da soli: imparando a evitarle, vivremmo meglio e faremmo
 rifiatare le casse dello Stato. Ma serve la prevenzione a tutto tondo: intesa come
 sfida culturale e organizzativa, non solo scientifica. Tutto ciò è mancato negli ultimi
 anni: ecco perché il numero dei fumatori è tornato a crescere, i giovani iniziano
 sempre prima a consumare alcolici e mangiano male, nonostante si ripeta sempre
 che il modello alimentare più efficace è quello mediterraneo». Se potesse muoversi
 da ministro della Salute, qual è il primo passo che farebbe per tutelare la salute?
 «Vieterei il fumo in tutti i luoghi pubblici: stazioni, autogrill, parchi, ristoranti all'
 aperto e spiagge. Dopodiché aumenterei il prezzo delle sigarette: anni di ricerche ci
 dicono che non esiste strategia di disassuefazione più efficace. E finanzierei in modo
 robusto i centri antifumo, che milioni di italiani nemmeno conoscono». E il secondo?
 «Avvierei una riflessione sulle opportunità di migliorare un servizio sanitario troppo
              Riproduzione autorizzata Licenza Promopress ad uso esclusivo del destinatario Vietato qualsiasi altro uso
parcellizzato. Ci sono regioni che hanno i bilanci in regola e altre che coprono le
spese per cure non validate sul piano scientifico. Senza dimenticare che percorsi
diagnostici e farmaci di ultima generazione non sono presenti in modo omogeneo. La
regionalizzazione dell' assistenza sanitaria necessita di un correttivo, se in molte
Regioni del Mezzogiorno la prospettiva di vita è inferiore rispetto al resto dell' Italia».
Perché la sostenibilità delle cure dipende anche dal numero dei farmaci in
commercio? «Oggi un farmaco su due è di troppo. Non sono in discussione la
sicurezza e l' efficacia, ma l' eventuale superiorità rispetto ad altri già in commercio:
è un aspetto che nessuno si prende la briga di verificare. Il discorso vale anche per
le procedure diagnostiche. L' Italia è tra i Paesi in cui si eseguono più Tac e
risonanze magnetiche. Così il medico dimostra di aver fatto tutto ciò che gli era
possibile per inquadrare il paziente, ma i risultati spesso sono parziali o non in grado
di determinare un approccio terapeutico differente. E lo Stato ha sprecato fondi e
sottratto la possibilità di garantire cure necessarie ai più bisognosi». Se dovesse
indicare tre categorie di farmaci che ci hanno cambiato la vita, quali citerebbe?
«Porto quattro esempi: gli antibiotici, i cortisonici e gli antivirali contro l' epatite
C...». Ne manca uno. «I vaccini, che in una nazione che non riconosce alcun peso
alla cultura scientifica vengono messi in discussione da chi non ne ha mai studiato il
meccanismo di azione. Ecco perché occorre continuare a fare divulgazione. I giovani
genitori non hanno mai visto un bambino con la poliomielite ed è nostro compito
informarli e dimostrare con i fatti che i vaccini sono i farmaci più sicuri in
circolazione». La popolazione sta invecchiando: quali sono oggi le esigenze più
immediate per gli anziani? «Ci sono persone che assumono 10-12 pillole al giorno,
senza che nessuno si sia preoccupato di rilevare gli effetti collaterali. Una cosa è
certa: la loro frequenza cresce all' aumentare dei farmaci assunti. Guai a
dimenticare che i medicinali devono curare le malattie, non nuocere alla salute».
Prima le cure alternative contro il cancro, poi l' avvento dell' omeopatia, la parentesi
di Stamina e l' avversione ai vaccini: quale sarà la prossima trappola antiscientifica?
«Le mode alimentari: passata la fase dell' olio di palma, oggi nel mirino c' è il
glutine. Devono farne a meno i celiaci, non il resto degli italiani. La scienza non dice
altro». Se ripensa agli ultimi 55 anni, quali scoperte le sono rimaste nel cuore? «Con
i diversi gruppi di ricerca ci siamo tolti molte soddisfazioni: una delle più importanti
è la terapia trombolitica che riduce i rischi di un secondo infarto o ictus. Ma c' è un'
altra cosa che mi rende più orgoglioso». Di che cosa si tratta? «L' indipendenza che
il Mario Negri ha mantenuto e che ci ha fatto resistere alle pressioni, rimanendo
ancorati all' evidenza scientifica. Non abbiamo mai brevettato una scoperta per fare
in modo che i suoi benefici fossero sempre a disposizione di tutti». BY NC ND ALCUNI
DIRITTI RISERVATI.

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03/07/2018                                                                                                                Pagina 54

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                                          Argomento: Sanità nazionale

         "Un tassello dopo l' altro: così salveremo il seno"
 GABRIEL HORTOBAGYI TIZIANA MORICONI
 Tumori colloquio con di Più dell' 80%
 delle malate vive. E vive molti anni
 anche se il cancro è avanzato. Un grande
 dell' oncologia spiega cosa si deve
 ancora fare. E il perché dei successi «Q
 uando ho cominciato a lavorare, l'
 oncologia non esisteva ancora. Eravamo
 medici prestati da altre discipline che
 cercavano soluzioni a una situazione
 disperata»: Gabriel N. Hortobagyi, tra i
 maggiori esperti al mondo di cancro al
 seno, quegli anni li ha ben impressi nella
 memoria. E se oggi da questa malattia si
 può guarire nella maggior parte dei casi,
 molto lo si deve alle sue ricerche. Non è
 certo un caso che a lui sia andato, lo
 scorso    4    giugno,     l'   importante
 riconoscimento Gianni Bonadonna Breast
 Cancer Award della American Society of
 Clinical Oncology. A scorrere la lista
 delle sue ricerche, sembra non finiscano
 mai:    i    suoi    primi    studi   sulla
 chemioterapia preoperatoria hanno permesso di curare donne fino a quel momento
 senza speranze, perché non operabili. Oggi il suo lavoro guarda soprattutto alla fase
 avanzata della malattia, quella che fa paura perché quando compaiono le metastasi
 la guarigione diventa un miraggio. Nonostante i tanti traguardi, infatti, siamo lontani
 dal poter dire che il tumore al seno sia stato sconfitto, come lui stesso ci racconta.
 Professor Hortobagyi, tante battaglie vinte contro il cancro del seno. A cosa lo
 dobbiamo? « Sono il frutto di quattro intensi decenni di ricerca. Quando abbiamo
 cominciato a sviluppare i primi farmaci, tra gli anni '60 e '70, sapevamo ancora poco
 della biologia, della genetica e dell' immunologia della malattia. E, ancora più
 importante, sapevamo poco dei meccanismi che regolano le cellule sane. In questi
 decenni sono stati fatti grandi investimenti negli Usa come in Italia, Francia,
 Germania e Regno Unito. Il risultato è aver capito che il tumore al seno non è una
 sola malattia, ma 10 o 20 diverse, e ognuna richiede una specifica strategia.
 Abbiamo individuato alcuni bersagli molecolari e negli scorsi 20 anni abbiamo
 sviluppato farmaci che mirano in modo altamente specifico a questi target ». Per
 esempio? «Il primo è stato l' ormonoterapia con il tamoxifen (che blocca l'
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interazione del tumore con gli estrogeni, implicati in circa due terzi dei casi, ndr). Un
altro importante bersaglio è una proteina (che chiamiamo Her2, recettore di tipo 2
del fattore di crescita epidermico umano) contro cui sono stati sviluppati diversi
farmaci ( trastuzumab, pertuzumab, Tdm- 1, lapatinib, neratinib): tutti mirati proprio
su quella proteina e con tossicità limitata. Questo è il motivo per cui abbiamo vinto
molte battaglie, anche se la guerra è ancora in corso e probabilmente ci vorranno
decenni prima di poter dire di aver sconfitto questo gruppo di tumori, così come
altri». Pensa che la vecchia metafora della guerra contro il cancro sia ancora
attuale? Per molte pazienti non lo è. «È vero, guerra è una parola aggressiva che
nasce da una frustrazione. Una analogia migliore è forse quella del puzzle: il cancro
è un enorme puzzle con moltissime tessere. Sappiamo che mettere ciascun tassello
al suo posto richiede ogni volta un grande sforzo, ma l' immagine è certamente più
positiva. Nelle guerre, invece, si perde sempre un po' tutti». Lei ha fatto gli studi
sulla chemioterapia che si somministra prima dell' intervento, che ha aperto alla
possibilità di trattare le donne che non si potevano operare. « È stata la prima area
di collaborazione con l' amico Gianni Bonadonna e il suo gruppo di Milano. Nella
metà degli anni ' 70 avevamo dimostrato che il tumore primario poteva essere
ridotto di molto, e le pazienti che fino a quel momento non erano operabili potevano
essere finalmente curate. La chemioterapia neoadiuvante ha realmente cambiato la
prognosi di queste donne e in particolare di chi presenta un tumore infiammatorio,
molto aggressivo: oggi circa il 70- 80% di loro può stare bene a lungo. In molti casi,
inoltre, invece della mastectomia totale, riducendo la massa tumorale con la
chemioterapia adiuvante, si è potuto ricorrere a una chirurgia più conservativa ».
Nonostante tanti traguardi, però, ci sono casi in cui la malattia ricompare , o che non
rispondono alle cure. Sembra che il cancro trovi comunque un modo. Cosa resta da
fare? «In parte è vero, ma molto dipende se parliamo di tumori ai primi stadi o
avanzati. Dobbiamo concentrare gli sforzi su due fronti. Prima di tutto dobbiamo
spingere sulla prevenzione e sulla diagnosi precoce: essere sempre più bravi a
diagnosticare il tumore il prima possibile. Oggi sopravvive circa il 95% delle donne
con una malattia al primo stadio e l' 85% o più di chi ha la diagnosi allo stadio 2. Io,
per esempio, sto tuttora seguendo pazienti che ho avuto in cura 45 anni fa e che
non sarebbero in vita senza i progressi dell' oncologia. L' Italia ha investito molto
nella prevenzione ed è un paese virtuoso. In secondo luogo, poi, dobbiamo
comprendere i meccanismi che portano allo sviluppo di resistenze - sia all'
ormonoterapia, sia alle chemioterapie sia alle terapie target - per prevenirle e
bypassarle. Questo è un punto centrale». L' immunoterapia è la nuova promettente
strada che ha reso curabili molti tumori. Perché ha trovato poco spazio nel seno?
«Perché questi tumori sono meno immunogenici ( stimolano poco la risposta
immunitaria, ndr.) di altri, tanto che in alcuni studi si tenta prima di modificarli per
renderli più responsivi. Ma l' immunoterapia è comunque uno dei campi più
promettenti: l' aspetto interessante è che sembra essere più efficace proprio in quei
tumori con molte anormalità genetiche e molecolari, caratteristiche della resistenza.
Sono probabilmente centinaia le ricerche in corso in tutto il mondo, e all' ultimo
congresso dell' Asco di Chicago sono stati presentati studi clinici su combinazione di
immunoterapia e farmaci già in uso, i Parp inibitori, che hanno dato risultati superiori

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