La Copertina d'Artista - Il Natale che verrà - Smart Marketing

Pagina creata da Jacopo Scognamiglio
 
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La Copertina d'Artista - Il Natale che verrà - Smart Marketing
La Copertina d’Artista - Il Natale che verrà
Una guerriera ci trafigge con il suo sguardo dalla Copertina d’Artista di questo numero. La nostra
eroina sembra uscita da un manga giapponese, o dai dipinti dalla famosa artista Margaret Keane,
infatti ciò che subito ci colpisce sono i suoi grandi occhi, languidi eppure fieri, un po’ tristi, ma anche
risoluti, che penetrano in noi e non ci lasciano scampo.

Non sappiamo che battaglia abbia combattuto o stia ancora combattendo, nè a quale quale causa
abbia sacrificato il suo cuore, tutto ciò che possiamo azzardare sono delle ipotesi cogliendo gli
innumerevoli indizi di cui è composta la scena, veri e propri simboli che l’artista Ajnos (al secolo
Sonja Fersini) ha generosamente disseminato per aiutarci a vedere e non solo a guardare la sua
opera.

Innanzitutto, dopo i grandi occhi, ciò che si imprime alla nostra attenzione è la lunga freccia che
trafigge la nostra eroina, l’ha colpita alle spalle e sembra conficcata nel suo cuore, ma non vediamo
né sangue né ferite evidenti.
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Smart Marketing realizzata dall’artista Ajnos (al secolo Sonja Fresini).
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Poi, ci sarebbe l’abbigliamento: l’armatura, soprattutto l’elmo, sembra un misto fra una corazza
medioevale e quella di un guerriero disegnato da Moebius.

Per non parlare del Martin pecatore, che non solo sta appollaiato sull’elmo, ma pare che abbia
adibito una parte di esso al suo nido, o meglio alla sua gabbia dorata.

Infine ci sarebbe l’elemento più misterioso di tutti, la ciambella glassata che la guerriera regge in
una mano ed è anch’essa infilzata dalla freccia.

A completare e complicare la nostra interpretazione, sul viso della ragazza leggiamo un tatuaggio
che riporta la scritta: “I’m Fine Thanks” (Sto bene, grazie).

Io credo che la nostra giovane guerriera sia la rappresentazione simbolica della femminilità e dalla
devozione alla persona amata. Io credo che la nostra eroina sia una moderna Alcione, eroina della
mitologia greca, figlia di Eolo e di Enarete e sposa del pescatore Ceice.

Il mito racconta che Alcione e Ceice, profondamente innamorati, si chiamassero fra loro con i
nomignoli di Zeus ed Hera. Ma il re degli dei si indignò per questo affronto e scatenò una tempesta
mentre Ceice era per mare, facendolo annegare. Alcione, saputo della morte del suo amato sposo,
per disperazione si gettò nelle acque per raggiungerlo. Ma gli dei, colpiti dal gesto d’amore, ne
ebbero pietà e la trasformarono in un Martin pescatore (il cui nome scientifico è appunto
Alcedinidae Rafinesque).

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ll’artista Ajnos presentate alla Fiera internazionale d’arte contemporanea di Roma Arte in
Nuvola 2021.

Alla luce di questo mito, allora, gli altri elementi acquisiscono significato, adesso capiamo
l’espressione languida eppure risoluta della guerriera, adesso comprendiamo che la freccia che ha
trafitto il suo cuore ci parla di sacrificio e perdita. adesso sappiamo che il Martin pescatore è un
simbolo di rinascita e riscatto.

Tutto in questa immagine ci parla di coraggio, di vittoria, di superamento del dolore, tutto ci dice
che questa donna guerriera supererà il suo dolore, sconfiggerà le sue paure e vincerà le sue
battaglie. Il tutto senza sacrificare la sua bellezza né tantomeno la sua dolcezza e se qualcuno,
distratto o superficiale, le chiederà come va, lei risponderà: “I’m Fine Thanks” (Sto bene, grazie).
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Scopri il nuovo numero: “Il Natale che verrà”
   Che Natale sarà? Senza fare giri di parole, sarà un Natale “nuovo”. Nuovo perché, dopo due anni
    di pandemia, siamo noi ad essere persone nuove. Persone con nuovi bisogni, nuovi desideri e
                                            nuovi pensieri.

La Copertina d’Artista di questo Natale che verrà ci parla, a pochi giorni dalla Giornata
Internazionale contro la violenza sulle donne, di riscatto femminile ed anche di un amore che sfida
gli dei e non teme la morte. Una cosa, quest’ultima, che dovremmo riscoprire in questo strano
Natale 2021, ancora una volta pieno di insidie e incertezze sul futuro. La nostra artista sembra dirci,
d’accordo con Martin Luther King, che se non abbiamo ancora scoperto qualcosa per cui morire,
vuol dire che non abbiamo ancora iniziato a vivere.

  Ajnos, al secolo Sonia Fersini, è nata a Zurigo nel
  1975 ma è di origini pugliesi. Fin da piccola coltiva
  un’innata passione per il disegno e l’arte; artista
  autodidatta, sviluppa grande padronanza del disegno,
  che diviene anche una valvola di sfogo per i propri
  moti interiori.

  Rientrata in Italia all’età di nove anni, ha subíto il fascino dei contrasti del Sud ed ha sviluppato la
  sua creatività in totale autonomia per sfuggire alla mentalità del luogo ed al conflitto col padre.

  Dopo gli studi in architettura di interni ha continuato a cercare una sua personale prospettiva
  artistica per tentare di guarire da una grave perdita personale.

  In una prima fase pittorica, ispirata dalla Pop Art, dal 2007 espone soggetti ironici legati alla
  cultura consumistica.

  Parallelamente alla professione di artista, intraprende quella di visagista e truccatrice,
  sviluppando una forte sensibilità ed empatia nei confronti del mondo femminile, con particolare
  attenzione al volto.

  Asimmetrie, imperfezioni, lineamenti affilati, occhi giganteschi e tormentati sono i tratti somatici
  comuni nei volti delle sue donne bambine.

  Occhi giganteschi da cui affiora la consapevolezza della potente forza creatrice e rigeneratrice
  insita nella natura femminile.

  Grandi occhi languidi e fieri che ricordano sia i personaggi dei manga giapponesi che i bambini
  dagli occhi grandi dipinti dalla famosa artista Margaret Keane.
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Nell’ultimo anno il suo lavoro si è basato sul legame inesorabile tra fiaba e vita reale.

Ultime mostre

2019

Rassegna annuale d’arte contemporanea “DONNE NELL’ARTE”, Studio artistico “Dentro l’Arte”,
Novara.

2020

Mostra collettiva “GENI COMUNI”, Museo del Presente, Cosenza.

2021

Progetto “BE**PART” – Mostra collettiva internazionale, Studio artistico “Atelier Montez”, Roma;

Collettiva d’arte internazionale “IT’S ONLY A DREAM”,Galleria d’arte “Musk and Amber”, Tunisi;

Mostra “ARTE NEL VENTO”, Festival “Castel dei Mondi”, Andria;

Pubblicazione dell’opera «Lupus in fabula» su «Agenda degli Artisti 2022», curata da Storica
Libreria Bocca, Milano;

Partecipazione alla fiera d’arte contemporanea «Arte in Nuvola» con la galleria «Spazio Cima»,
Roma.

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La Copertina d'Artista - Il Natale che verrà - Smart Marketing
Il Natale che verrà 2021 - L’editoriale di
Raffaello Castellano
Rimango sempre affascinato da come il cinema (ma vale per
l’arte in generale) riesca ad anticipare gli scenari, le
complessità e spesso le inquietudini di un’epoca.

Anzi, probabilmente è questo il suo scopo principale, se dobbiamo credere a ciò che diceva il grande
drammaturgo francese Antonin Artaud quando icasticamente affermava:

               L’arte ha il dovere sociale di dare sfogo alle angosce della propria epoca.

La citazione di Artaud mi è tornata in mente quando sabato scorso, contemporaneamente alla
divulgazione mondiale della notizia della scoperta in Sudafrica della variante “Omicron” del
Covid19, su Rai Storia (Canale 54 del digitale terrestre) è stato trasmesso il film Omicron del 1963
di Ugo Gregoretti con uno spumeggiante e surreale Renato Salvatori.

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La Copertina d'Artista - Il Natale che verrà - Smart Marketing
Omicron di Ugo Gregoretti, con l’attore Renato Salvatori.

Ora, io non so quanto l’operazione sia stata furba e programmata o fosse dovuta al caso, visto che i
palinsesti, soprattutto quelli dei canali tematici, sono decisi settimane prima, fatto sta che il film
andato in onda alle 17:00 sembrava per titolo, assonanza, storia narrata perfetto per dare sfogo alle
nostre nuove inquietudini sulla pandemia, che oramai, da più di una anno e 10 mesi, ha fatto la sua
comparsa nelle nostre vite.

Il film di Gregoretti è in realtà un perfetto esempio di cinema militante (siamo negli anni ‘60 del
secolo scorso) mascherato da satira politica e di costume in una veste fantascientifica, ma le
similitudini con il virus e la sua azione sono molte. Infatti Omicron è un viaggiatore interstellare,
mandato sulla Terra dal pianeta Ultra per conoscere gli umani e preparare un’invasione. È un alieno
incorporeo che prende possesso del protagonista, l’operaio Angelo Trabucco (Renato Salvatori),
condizionandone comportamento ed abitudini. Il film scorre allegramente verso un finale che non
voglio svelarvi per non togliervi il gusto di recuperarlo, ma una cosa voglio dirla: sarà la presa di
“coscienza” dell’operaio che alla fine darà filo da torcere all’invasione aliena, ed anche questa mi
pare un’ottima similitudine con l’invasione da Coronavirus.

Anche noi dobbiamo “prendere coscienza”: se vogliamo sconfiggere questa pandemia globale
dobbiamo pensare ed agire globalmente, dobbiamo renderci conto che non serve a nulla vaccinare
con 3 dosi l’Europa e l’occidente, se una nazione come l’India o continenti come l’Africa hanno
bassissimi livelli di vaccinati. Il virus non muterà lì dove troverà la barriera dei vaccino , ma lì dove
gli ultimi della Terra sono dimenticati; muterà lì e poi arriverà da noi attraverso un aereo, magari
trasportato in business class all’interno di un imprenditore, oppure attraversando il Mediterraneo a
bordo di un gommone o valicando le frontiere via terra all’interno di un profugo.

Solo una presa di coscienza collettiva e globale ci consentirà, come nel film di Gregoretti, di
contrastare l’alieno/virus Omicron. Altra strada non c’è, se mai sconfiggeremo questa o le future
pandemie lo faremo come umanità, non come singoli o nazioni.
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Smart Marketing realizzata dall’artista Ajnos (al secolo Sonja Fresini).
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Il Natale che verrà, mai come quest’anno, ci vede davanti ad una scelta ineludibile: dobbiamo non
solo tenere al prossimo, ma se possibile amarlo, sostenerlo e curarlo, perchè solo curando il nostro
prossimo, chiunque esso sia, qualunque colore abbia, da dovunque provenga, solo così, aiutando lui
aiuteremo noi stessi.

Prima di lasciarvi, fatemi tornare per un momento alla funzione catartica dell’arte cui accennavo
all’inizio del mio editoriale, parlando brevemente della bella Copertina d’Artista di questo numero:
l’ha realizzata un’artista straordinaria, Ajnos (al secolo Sonja Fresini), durante la prima fase del
lockdown, e la sua guerriera dai grandi occhi, benché trafitta da una grossa freccia, ha tatuato sul
viso la scritta “I’m Fine Thanks” (Sto bene, grazie), un messaggio che vuole tranquillizzarci, ma
non ci deve deresponsabilizzare, perchè spesso e volentieri è proprio chi non ci chiede aiuto, o pare
non averne bisogno, che necessita del nostro altruismo, della nostra solidarietà, del nostro sostegno.

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    di pandemia, siamo noi ad essere persone nuove. Persone con nuovi bisogni, nuovi desideri e
                                            nuovi pensieri.

L’augurio di quest’anno è come quello degli anni scorsi, ma ancora più urgente: aiutate il prossimo,
regalategli un momento di felicità, sarà questo il regalo più grande che farete a voi stessi.

In più quest’anno aggiungo un’ultima raccomandazione, vaccinate voi stessi e i vostri cari e, dopo,
aiutate, come potete, gli altri, gli indecisi, i poveri, gli ultimi, ricordando le parole immortali
dell’imperatore Marco Aurelio:

                    Quello che non è utile allo sciame non è utile nemmeno all’ape.

Buona lettura e Buon Natale a tutti.

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L'impatto del COVID sulla creatività dei
brand
Il lockdown e le restrizioni hanno imposto agli italiani e non solo di trascorrere più tempo in casa e
per questo Auditel e Audiweb registrano un aumento dell’audience su tutti i canali televisivi e i siti,
a fronte di un pesante rallentamento degli investimenti pubblicitari. Il mercato pubblicitario ha
raggiunto valori inferiori al 2013, attestandosi al punto più basso dopo la crisi del 2008.

Covid e investimenti pubblicitari
TV e Internet sono cresciuti in termini di audience, ma non c’è stata una maggiore raccolta
pubblicitaria e il rallentamento degli investimenti coinvolge tutti i settori con un conseguente
abbassamento dei prezzi per l’acquisto di spazi pubblicitari online.

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a sociale che Xiaomi ha realizzato per Milano con Nonna Rosetta di Casa Surace.

Il particolare Internet, almeno nel mercato italiano, ha registrato il primo segno meno della sua
storia. I classici banner sono condizionati dalle logiche di Brand Safety, dato che i brand evitano
di associare le loro creatività a siti che parlano di virus, emergenza e decessi e in particolar modo ai
siti di informazione. Anche il video risente di difficoltà oggettive legate alla produzione di contenuti
durante il lockdown, mentre l’ecommerce cresce ma non la raccolta pubblicitaria, in mano a pochi
player internazionali. A soffrire maggiormente del restringimento complessivo del mercato, ancora
una volta, saranno gli attori locali.

La creatività al tempo del Covid
Durante la pandemia da COVID-19 tutti siamo stati uniti dall’hashtag #iorestoacasa come in un
vero e proprio coro condiviso anche da influencer e brand. L’invito era a non uscire e restare uniti
sotto un unico messaggio.

Di questa voce si sono fatte portavoce proprio le aziende, che hanno dimostrato il loro impegno
sociale partecipando a gare di solidarietà e a campagne di informazione online e offline a
vantaggio di medici, infermieri, autotrasportatori e supermercati. Si tratta di una vera e propria
azione di responsabilizzazione di ciascuno di noi. Qualche esempio?

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ocial e la TV che sposa l’hashtag #iorestoacasa.

Xiaomi ha realizzato per Milano la campagna sociale con Nonna Rosetta di Casa Surace: il volto
spontaneo della nonna d’Italia invitava a dire grazie e sgridava chi non voleva rispettare le regole.
Altri brand hanno letteralmente sposato l’hashtag #iorestoacasa come Levissima che in TV e sui
social ha ricordato agli utenti come oggi sia un’altra la montagna da scalare, quella della salute.

In ogni caso il Covid ha cambiato la creatività dei brand e siamo sicuri che continuerà a farlo anche
nei prossimi mesi. Non resta che sintonizzarci su TV e social media e stare a vedere, dato che quelli
di questo post sono solo due degli esempi di campagna pubblicitaria realizzata in piena pandemia.
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Natale di seconda mano: le canzoni che
raccontano un Natale non convenzionale

  Riuscite ad immaginare un Natale senza musica tradizionale?

  Senza “Jingle Bells” o “We wish you a Merry Christmas”?

  Senza “Astro del Ciel”, “Adeste Fideles” e “Tu scendi dalle stelle”?

  Senza lustrini, alberi addobbati, luci, colori, doni, amici e parenti?

Eppure esiste, è il Natale degli ultimi, dei soli, dei derelitti, è il   Natale non idealizzato, quello della
vita reale dove esistono buoni, cattivi, poveri e ricchi come in         tutti gli altri periodi dell’anno, è il
Natale disilluso e disincantato di chi non ha proprio nulla da           festeggiare, quel Natale atteso ed
amato da alcuni, soprattutto dai bambini, ed odiato da altri             perché esacerba le solitudini e le
differenze.

Tantissime sono le canzoni che raccontano il Natale in modo diverso ed anticonvenzionale e che
spostano l’attenzione dalla festa convenzionale alla realtà del mondo in cui viviamo, un mondo in cui,
sicuramente, a Natale non siamo tutti più buoni.

È il caso dei Litfiba, che nel 1988 pubblicano la canzone “Santiago” ispirandosi alla visita del papa,
Giovanni Paolo II, in Cile durante la dittatura di Pinochet nel 1987, dittatura che affogò nel sangue
ogni forma di protesta e dissidenza scatenando l’indignazione dell’opinione pubblica mondiale
(“Santiago del Cile – Padre, tuo figlio dov’è? – Santiago del Cile – Io non lo vedo più – Natale di
sangue – No, non lo scorderò”).

Ma è anche il caso di Fabrizio De André, che in “Leggenda di Natale” accosta un episodio
tragico, che segna la vita di una bambina abusata da un astuto “Babbo Natale” che la circuisce, alla
leggerezza del Natale e della spensieratezza che questo periodo porta con sé.

Sarà lo stesso Babbo Natale che Dolly ed “il figlio del figlio dei fiori” uccidono perdendo per sempre
il candore della fanciullezza ne “L’uccisione di Babbo Natale” di Francesco De Gregori?

Pur non essendo collegate in nessun modo, le due canzoni, scritte da due grandi autori come De
André e De Gregori, associano una figura benevola come quella di Babbo Natale alla perdita
dell’innocenza tipica di chi subisce un trauma, o un evento negativo, che lo riporta alla durezza della
realtà.

De Gregori, in particolare, affronta in diverse canzoni il tema del Natale e sotto diversi punti di vista:
in “Natale” descrive perfettamente il clima natalizio ed i pensieri intimisti di chi vorrebbe
riallacciare i rapporti con un amore ormai lontano e forse non più corrisposto, mentre in “Natale di
seconda mano” racconta il Natale degli ultimi, dei soli abbandonati a loro stessi, dei migranti che
vivono per strada ai margini della società, proprio quella società che si ricorda della loro esistenza
una volta l’anno.

Benché sia stata pubblicata nel 2001, la canzone “Natale di seconda mano” è di un’attualità
sconcertante, soprattutto nella contrapposizione tra gli invisibili che non vivono nell’agio e che sono
abituati ad arrangiarsi come possono e gli altri, i ricchi che sedano la coscienza con un po’ di
elemosina o con belle parole vuote, conformandosi più al futile spirito natalizio che impone di essere
più buoni, più benevoli e più caritatevoli che al vero spirito natalizio che vorrebbe vedere gli altri
donarsi per chi è più bisognoso.

Del resto, è da ormai molto tempo che lo spirito natalizio si è piegato a logiche consumistiche,
spazzando via quello che era il vero senso di una festa per lo più religiosa.

Se così non fosse, non si capirebbe il senso di una canzone come “O è Natale tutti i giorni”, scritta
da Luca Carboni e Jovanotti sulla musica di “More Than Words”, famosissima canzone d’amore
degli Extreme.

Anche nel testo di questa canzone è netta la distanza e la contrapposizione tra la povertà e la
ricchezza, tra la libertà e la mancanza di diritti, tra chi vive in pace e chi sotto le bombe, tra chi può
comprare tutto e chi non può permettersi niente.

Due mondi fondamentalmente opposti che dovrebbero incontrarsi, “stringersi le mani”, perché
questo, recitano i due cantautori, è un “lusso di cartone se razzismo guerra e fame ancora uccidon le
persone”.

Lo è ancor di più in questo tempo di pandemia, dove abbiamo imparato che nessuno, neanche il più
ricco e progredito essere sulla terra, si salva da solo o può ignorare chi non ha i mezzi per salvarsi
acquistando un vaccino.

Il nostro auspicio è che questo tempo sia il tempo per fare una riflessione che parta dal singolo per
investire la collettività, che ci si impegni per una società più giusta e più solidale, perché “O è Natale
tutti giorni o non è Natale mai”.

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Tra tradizione e innovazione: i film italiani
in sala a Dicembre 2021
Si aprono le festività natalizie, sperando che sia le più normali possibili, dopo le restrizioni e le
chiusure dello scorso anno. Il cinema italiano non ha, per la verità puntato moltissimo su questo
Natale. Probabilmente i film più interessanti sono usciti nel mese di novembre, con il celebratissimo
E’ stata la mano di Dio, di Paolo Sorrentino e il malinconico Io sono Babbo Natale, atto di
addio del grande Gigi Proietti. Qualcosa di buono comunque c’è, in bilico tra “tradizione”, non
manca infatti l’ennesimo film di Natale con Christian De Sica; e “innovazione”, poiché molti delle 15
pellicole in uscita a dicembre 2021, hanno rapporti velati con il Natale.

Il primo film che consigliamo, quello da “5 stelle”, ha il suo elemento cardine nel Natale del 1931.
Cosa accadde quella sera e di quale film parliamo?
Soltanto per tre giorni (13/14/15 dicembre) uscirà in sala il film di Sergio Rubini, dal titolo I
fratelli De Filippo, omaggio dichiarato ed esplicito a Eduardo, Peppino e Titina, figli naturali, ma
illegittimi del grande Eduardo Scarpetta, ereditano però dal padre il grande talento e il grande
amore per il teatro e la recitazione. E’ una storia piena di nostalgico affetto per tre fratelli che hanno
fatto la storia del nostro teatro e del nostro cinema. Dal nulla, perché il padre alla sua morte
avvenuta nel 1925, non ha lasciato ai tre neanche le briciole, riescono a costruirsi il loro sogno,
ovvero fondare un trio con un repertorio tutto loro. E quella sera di Natale del 1931 al Teatro
Kursaal di Napoli inizia la magia dei “Fratelli De Filippo”. Accompagnato dalle musiche pazzesche di
Nicola Piovani, il film ripercorre le fasi più importanti della loro infanzia e adolescenza e segue il
binario parallelo del palcoscenico che s’incrocia con la vita privata.

E poi andiamo su qualcosa di più tradizionale per il periodo, con il classico film di Natale, oseremmo
dire con il famigerato “Cinepanettone”. Troviamo quindi Alessandro Siani (anche dietro la macchina
da presa) e Christian De Sica in Chi ha incastrato Babbo Natale?

Non parliamo di copia o di plagio, per carità, piuttosto è molto simile l’impianto di questo film, con
quello con Gigi Proietti, che lo ha preceduto lo scorso mese. E’ similare la favola natalizia, incentrata
su Babbo Natale e sugli effetti speciali con i quali riesce a compiere il giro del mondo in una sola
notte. Ci sono anche i cattivi, che tramano contro Babbo Natale. E c’è ancora un grande attore ad
impersonare Babbo Natale, ovvero Christian De Sica. Lo scettro del “poco di buono”, passa da
Marco Giallini ad Alessandro Siani e anche in questo caso c’è un percorso di crescita che porta il
“nostro” a derimersi. Siani interpreta la parte di un volgare truffatore, ingaggiato da una grossa
azienda di giocattoli, per far fallire Babbo Natale e prendersi la fetta di mercato “natalizia”. Arrivato
a tu per tu con Babbo Natale, però, non riesce nel suo intento, e anzi si allea addirittura con lui,
facendo trionfare la magia della festa più attesa dell’anno. Se al precedente film abbiamo messo il
massimo, qui possiamo mettere “2 stelle” sulla fiducia, passando oltre.

Superando velocemente il prequel de La befana vien di notte, dal titolo La befana vien di notte-le
origini, dove non abbiamo neanche la presenza di Paola Cortellesi, ma della mamma della Befana,
ovvero Monica Bellucci, alla quale diamo una sola misera “stella”; posiamo gli occhi su un film
molto più compiuto, da “4 stelle”, con i misteri e gli intrighi di Sette donne e un mistero, film di
Alessandro Genovesi, remake del francese Otto donne e un mistero di Francois Ozon.

Ambientato nell’Italia degli anni ’30, il film racconta le concitate ore che seguono l’inspiegabile
omicidio di un imprenditore, nonché marito e padre, al centro di un variopinto gruppo di donne che,
dopo essersi riunite nella villa di famiglia per celebrare insieme la vigilia di Natale, si trovano
costrette ad affrontare e rivelare l’un l’altra segreti e sotterfugi per cercare di risolvere un mistero
che in qualche modo le riguarda tutte. Sono infatti tutte sospettate, chi sarà l’assassina?

Cast femminile di primissimo ordine: Margherita Buy, Luisa Ranieri, Diana Del Bufalo, Micaela
Ramazzotti, Benedetta Porcaroli, per un giallo che terrà incollati alla poltrona fino all’ultimo
secondo. Esce esattamente la sera di Natale, ideale per riposare la mente dalle scorpacciate
natalizie.

Consigliatissimo (4 stelle) anche la contaminazione fumettistica-cinematografica di Marco e Antonio
Manetti e del loro personalissimo Diabolik, dal cast stellare: Luca Marinelli, Miriam Leone, Valerio
Mastandrea, Claudia Gerini, solo per nominare i più importanti. E’ ovviamente l’ennesimo
adattamento delle avventure del personaggio creato da Angela e Luciana Giussani.

Cosa sarà questo Diabolik, in salsa “Manetti Bros”, lo hanno raccontato proprio loro alla recente XXI
edizione del Comicon di Napoli: “Innanzi tutto è un film d’epoca, per mantenere intatto lo spirito
vintage del fumetto. E’ ambientato a fine anni 60, con tanto di auto d’epoca e “l’immancabile Jaguar,
ovviamente. Il nostro Diabolik non è un personaggio semplice, possiede tutte le sfumature del
fumetto, e soprattutto è Diabolik e basta, non è edulcorato, nè trasformato in un Robin Hood
buonista o al contrario un giustiziere della notte. È semplicemente quel che è e che tutti i fan del
fumetto conoscono e apprezzano come tale. Un assassino che fa cose atroci, uno che pur di salvarsi
lui fa morire un altro al suo posto”. Consigliato per i fan del genere e non solo.

In ultimo vi invitiamo considerare altri due film, che in questo “meglio e peggio” del Natale 2021,
possiamo classificare almeno a “tre stelle”. Il primo è un film che andrà molto bene in sala, diretto
da Paolo Genovese e costruito come una commedia familiare dai toni vagamente surreale. Parliamo
di Supereroi, un film che non ha nulla a che fare con il fantascientifico, ma scherza su quanto
superpoteri debbano avere le coppie di oggi per resistere al tempo che passa e amarsi tutta la vita.
La coppia è quella composta da Jasmine Trinca e Alessandro Borghi, che ci faranno ridere e
riflettere nello stesso tempo.

Il secondo film è un po’ di quelli di nicchia, un docu-film, dal titolo The girl in the fountain, nel
quale Monica Bellucci racconta e interpreta Anita Ekberg, l’attrice simbolo della “Dolce Vita”.
Diretta da Antongiulio Panizzi, la Bellucci indaga la donna oltre l’icona, raccontandone la
repentina ascesa e il tanto repentino declino.

Insomma, queste nel bene e nel male sono le nuove proposte più interessanti del cinema italiano nel
Natale che verrà. Per concludere, non è neanche così importante che seguiate alla lettera questa
piccola guida critica, l’importante è che si possa ritornare ad affollare le sale cinematografiche,
perché è lì che è nata, cresciuta e si è sviluppata la “magia” del cinema.

Ed è da lì che dovrà ripartire.

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5 fumetti sotto l’albero di Natale!
Inizia la frenesia del Natale e con essa parte la caccia al regalo perfetto.
Tra milioni di idee, voglio parlare di quei regali che restano e che portano un messaggio: un vinile,
un libro, un dvd, perché no, un fumetto.
Numerose le nuove uscite di questi mesi, ma cinque sono i fumetti che maggiormente hanno colpito
la mia attenzione, quindi andiamo con i consigli per i pacchetti sotto l’albero.

1) GIORNI FELICI
L’autrice è la fumettista Giulia Spagnulo, in arte Zuzu, che ha
disegnato un romanzo di cinquecento pagine, edito da Coconino
Press, in cui l’artista inserisce elementi autobiografici e di
fantasia per raccontare la vita di Claudia. La protagonista è
sempre in bilico tra passato e futuro, tra desideri e paure, il tutto
raccontato attraverso lunghi monologhi e disegni dalle tonalità
pastello che ricordano disegni di bambini. Tra le fonti di
ispirazione del graphic novel c’è il cantautore Giorgio Poi, che ha
ricambiato dedicando un brano a quest’opera di Zuzu;
2) LA MACCHINA ZERO
È la graphic novel su Mario Tchou, l’informatico e ingegnere
italiano di origini cinesi, che inventò il primo computer a
transistor, la Olivetti ELEA 9003. A sessant’anni dalla scomparsa di
Tchou questo fumetto, di Ciaj Rocchi e Matteo Demonte, edito da
Solferino, racconta le vicende umane e professionali dell’uomo che,
nel 1959, creò una macchina all’avanguardia, ancor prima
dell’azienda, allora leader incontrastata, IBM. La sua vita da
precursore del futuro si intreccia con avvenimenti storici
importanti del ‘900, come l’ascesa del fascismo e la guerra fredda
ed eventi del suo paese di provenienza, la Cina;

3) LA QUARTA GUERRA MONDIALE
Degli autori Taddei e Spugna, edito da Feltrinelli Comics. “La
quarta guerra mondiale” mostra un futuro, il 3021, in cui il mondo è
in guerra perenne, in costante lotta tra numerose fazioni differenti.
Richiamando il famoso fumetto comico satirico di Bonvi,
“Sturmtruppen”, racconta come due eterni nemici si uniscono per
cercare di riportare la pace nel mondo, tra dialoghi ironici e
avventure grottesche;

4) SONO ANCORA VIVO
“Sonoancoravivo”èilprimographicnovelscrittodaRobertoSaviano,disegnato
dall’illustratore israeliano Asaf Hanuka, edito da Bao Publishing.
Autobiografico, racconta lo sconvolgimento della vita dello
scrittore negli anni successivi alla pubblicazione nel 2006 del
famoso libro “Gomorra”, che gli causò forti limitazioni alla sua
libertà personale, che ancora oggi scandiscono la sua vita. “Qui
dentro c’è tutto il mio dolore” ha annunciato Saviano parlando di
quanto sia importante per lui aver dato vita a quest’opera,
coinvolgente graphic novel, non solo per la potenza della storia,
ma anche per i bellissimi disegni, che rappresentano attraverso le
immagini gli stati d’animo dell’autore;

5) 10 OTTOBRE
È uscito il primo volume del nuovo fumetto della Sergio Bonelli
Editore, disegnato da Mattia Surroz e scritto da Paola Barbato,
intitolato “10 ottobre”. La serie di fumetti racconta un futuro
distopico in cui non ci sono più malattie e sofferenze, ma c’è una
sola legge: la regolamentazione della morte. Gli esseri umani
conoscono la data della loro morte e sei sono le età possibili in
cui si può morire. Anche il protagonista, il piccolo Richie,
conosce la data della sua morte e sa che morirà il 10 ottobre,
quando compirà undici anni.

              Scopri il nuovo numero: “Il Natale che verrà”
   Che Natale sarà? Senza fare giri di parole, sarà un Natale “nuovo”. Nuovo perché, dopo due anni
    di pandemia, siamo noi ad essere persone nuove. Persone con nuovi bisogni, nuovi desideri e
                                            nuovi pensieri.

Cinque possibili regali per chi è da anni appassionato di fumetti, ma anche per chi non è del settore
né un cultore, ma vuole avvicinarsi per la prima volta a questa meravigliosa forma d’arte, che dopo il
clamoroso successo della serie del fumettista Zerocalcare (qui trovate il nostro articolo), sarà
sempre più un universo in espansione, tutto da conoscere.
Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispon-diamo
sempre.

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Nella “Giornata mondiale contro la
violenza sulle donne” i dati diffusi sono
drammatici e fotografano un problema che
si deve affrontare anche, e soprattutto,
con l’educazione nelle scuole
Nell’anno in corso sono stati 109 i femminicidi, il 40% del totale di tutti gli omicidi commessi.

Di questi ben 93 sono avvenuti in contesti familiari ed affettivi e, in particolare, 63 per mano
del partner o dell’ex partner.

Sono questi i numeri, non solo allarmanti ma pure drammatici, emersi dai dati diffusi in occasione
del 25 novembre, “Giornata mondiale contro la violenza sulle donne”.

  Tragica la fotografia che emerge dai numeri del report sugli omicidi volontari aggiornato
  settimanalmente dalla Polizia Criminale, con un focus sulle vittime di genere femminile,
  pubblicato sul sito del Viminale. Nel 62% dei casi si tratta di maltrattamenti in famiglia,
  commessi soprattutto da mariti e compagni (il 34%) oppure dagli ex (il 28%). Nel 72% dei casi di
  femminicidio l’autore è il marito o l’ex marito: una volta su due è stata usata un’arma da taglio.
Dati che, in percentuale, mostrano un aumento consistente delle vittime di genere femminile (+8%)
rispetto allo stesso periodo del 2020. In crescita anche tutti i delitti commessi in ambito familiare-
affettivo, che passano da 130 a 136 (+5%). Anche in questo caso è significativo l’aumento delle
vittime donne (+7%), e tra queste quelle uccise per mano del partner o dell’ex partner (+7%).
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Un problema che riguarda tutta l’Europa, ma con un incremento nei paesi latini, storicamente più
maschilisti; in questo preoccupante scenario, l’Italia si attesta stabilmente, e da anni, ai primi posti
della classifica.

Una vera e propria piaga, quella dei femminicidi nella nostra nazione, che si deve affrontare non
solo con un inasprimento delle pene e con politiche di sostegno, anche economico, per le donne che
denunciano, ma, soprattutto, con un serio lavoro di divulgazione ed educazione nelle scuole, anche
primarie, dove spesso e volentieri i bambini riproducono in classe e con i compagni tutti quei
comportamenti che apprendono in casa.

Senza scordare l’insegnamento di Jean Piaget, che diceva che i bambini non fanno quasi mai ciò
che gli chiediamo di fare, ma piuttosto ciò che vedono fare a noi, poiché, concludeva il grande
pedagogista svizzero parafrasando Oscar Wilde: “La prima forma d’amore, è l’imitazione”.

Noi di Smart Marketing, con una redazione composta quasi prevalentemente di donne (molto
prima che fosse di moda e politicamente corretto), vogliamo augurare che in un futuro, che speriamo
vicino, non ci sia più bisogno di una “Giornata mondiale contro la violenza sulle donne”, per
capire il valore, il rispetto e i diritti di ogni essere umano, “senza distinzione di sesso, di razza, di
lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali (e orientamentri sessuali)”,
come recita il primo comma dell’Articolo 3 della nostra Carta Costituzionale.

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Aspettando il Black Friday 2021: tra i
numeri dei titani dell'e-commerce, i fiumi
di denaro e dati e la nostra insaziabile
smania di possesso
Negli ultimi 10 anni è diventato uno degli appuntamenti più attesi anche da noi: stiamo parlando
del Black Friday (venerdì nero), il giorno dopo la festa del Ringraziamento, che negli Stati Uniti
dà inizio alla stagione dello shopping natalizio.

Come sappiamo i negozi, le grandi catene, ma soprattutto i grandi portali di e-commerce sono soliti
offrire promozioni e sconti eccezionali per incrementare le proprie vendite. In America è un giorno
molto atteso dai clienti, che in molti casi sono pronti ad accamparsi fuori dai negozi la notte prima
per essere i primi in fila all’apertura.

Ma se sappiamo cosa è e quali sono gli effetti del Black Friday, più sfumata resta la sua
introduzione e l’origine del nome. Sembrerebbe, secondo la tesi più accreditata, che il nome faccia
riferimento alle annotazioni sui libri contabili dei commercianti che, tradizionalmente, passavano dal
colore rosso (perdite) al colore nero (guadagni), per cui il Black Friday indicherebbe un giorno di
grandi guadagni per le attività commerciali.

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Ma, al netto delle sua introduzione e dell’origine del nome, quello che è
davvero interessante del Black Friday sono i numeri ed il volume d’affari
che riesce a generare.
Per fare un esempio, nel 2020, segnato dalla pandemia globale da Covid-19, le sole vendite online
legate a questo periodo cruciale – dal Black Friday a fine dicembre – hanno, come ha rilevato il sito
Mailup, raggiunto il record di 789 miliardi di dollari solo nel mercato americano, circa il 30% dei
profitti complessivi del 2020.
Un fiume di denaro ma anche di dati che comincia a fluire proprio con il Black Friday e che negli
ultimi anni è attentamente osservato e atteso dagli analisti finanziari e dagli ambienti borsistici
statunitensi e internazionali, perché rappresenta un valido indicatore sia sulla predisposizione agli
acquisti sia, indirettamente, sulla capacità di spesa dei consumatori statunitensi, che insieme ai
consumatori cinesi rappresentano i due più grandi mercati mondiali.

Ovviamente il grosso dei guadagni online lo fa Amazon insieme a pochi altri competitor, anche se, a
scompaginare tutto, è arrivata la notizia bomba di qualche giorno fa che riguardava la
“Giornata dei Single” asiatica (che cade 11 novembre) ed il colosso di vendite online Alibaba.
Stando alle informazioni fornite, il gruppo di Hangzhou ha centrato 84,5 miliardi di dollari di
vendite in un solo giorno. Un record che ha spazzato via i 74 miliardi del 2020, malgrado in Cina
come in altri paesi asiatici siano alle prese con la stretta normativa del governo e con la pandemia
del Covid-19, che come si sa è alla base della grave situazione della supply chain globale.

Per inquadrare meglio questi numeri incredibili di Alibaba bisogna considerare che il Prime Day, il
Cyber Monday e il Black Friday di Amazon, messi insieme, hanno toccato SOLO, si fa per dire, i
30,7 miliardi di dollari di vendite nel 2020.

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exels.

Non sappiamo chi la spunterà, di sicuro il Black Friday rimane uno degli eventi più attesi non solo
negli Stati Uniti ed in Cina, ma anche qui in Europa, nel terzo più grande mercato mondiale, che da
sempre si fa importatore e promotore non solo delle merci ma anche delle mode e manie sopratutto
americane.

Il nostro suggerimento è quello di comprare e spendere con attenzione, affinché la smania di
possesso non soppianti la vostra personalità, la vostra voglia di essere.
Perchè alla fine, come ci diceva molto profeticamente, già nel 1976, lo psicoanalista e sociologo
tedesco Erich Fromm:

  La differenza tra essere e avere non è essenzialmente quella tra Oriente e Occidente, ma piuttosto
  tra una società imperniata sulle persone e una società imperniata sulle cose. L’atteggiamento
  dell’avere è caratteristico della società industriale occidentale [non solo, a quanto pare, N.d.R.], in
  cui la sete di denaro, fama e potere, è divenuta la tematica dominante della vita.

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Come il neuromarketing ci aiuta a
"comprendere" il consumatore. Intervista
a Mariano Diotto.
“Io dico che il Neuromarketing è strategico perché cerca di dare il prodotto giusto, al momento
giusto, al consumatore giusto. […] Il Neuromarketing infatti si interroga su tre caratteristiche del
consumatore e che in questo momento sono interessanti anche a livello comunicativo oltre che di
marketing. Suddivide, appunto, le necessità del consumatore in tre elementi: bisogni, attese e
desideri. Ed ognuna di esse ha una potenza emozionale diversa.”

É con questa mirabile sintesi che comincia l’interessante chiacchierata con uno dei più grandi
esperti di neuromarketing italiani, Mariano Diotto, che noi di Smart Marketing abbiamo
intervistato qualche giorno fa grazie alla nostra media partnership con i DiDays.

Inutile dire che, quando si incontrano personaggi come questo, l’intervista inevitabilmente si
trasforma in una vera e propria lezione di marketing di cui io e l’amico e collega Ivan Zorico per
primi abbiamo usufruito e che davvero vi invitiamo a vedere e rivedere.

Con Mariano Diotto abbiamo parlato degli aspetti fondamentali del neuromarketing, delle sue
motivazioni, come pure degli studi, accademici e non, che un suo aspirante esperto dovrebbe
intraprendere per svolgere questa professione che sarà strategica nei prossimi decenni.

Ma con il nostro ospite ci siamo soffermati anche su argomenti più attinenti alla psicologia,
sociologia e neurologia del consumatore, parlando, ad esempio, di cervello pigro, ossia della
caratteristica del cervello umano a risparmiare energia ed a fare una cosa nella maniera più
semplice e veloce, il che lo rende di fatto un vero e proprio “avaro cognitivo” e che ci fa spesso
incorrere nell’errore.

Durante l’interessante intervista si sono affrontati anche alcuni casi esemplari di neuromarketing,
come il caso IKEA, l’azienda multinazionale svedese fondata nel 1943 da Ingvar Kamprad,
specializzata nella vendita di mobili, complementi d’arredo e altra oggettistica per la casa. La
famosa fabbrica di arredamento, proprio su intuizione del suo fondatore, al fine di abbattere i prezzi
finali dei propri prodotti ebbe l’intuizione di coinvolgere “attivamente” il cliente nel processo di
realizzazione degli stessi, lasciando a lui il computo finale di assemblare il mobile a casa sua. Questo
creava un legame profondo e quasi empatico con l’oggetto stesso, che legava affettivamente il
consumatore a ciò che aveva contribuito a realizzare, un effetto potente che è passato alla storia del
marketing come “effetto IKEA”.

In ultimo, con grande onestà intellettuale, con Mariano Diotto abbiamo affrontato anche le critiche
che nel mondo del marketing si sono levate contro il “neuromarketing” che, come tutte le nuove
discipline, spesso sono inevitabili.

Insomma, questa intervista è davvero ricca di informazioni e spunti e rappresenta, come abbiamo
detto sopra, una vera lezione di neuromarketing imperdibile per tutti gli addetti al lavori, ma anche
per chi vuole saperne di più.

  Nota. Questa intervista è figlia della collaborazione con il Digital Innovation Days – DIDAYS -,
  di cui siamo media partner e che vi invitiamo a seguire dal 10 al 13 novembre 2021 in formato
  phygital. Lì potrete ascoltare l’approfondimento di Mariano Diotto, dal titolo “Sentimenti o
  emozioni nel cervello del consumatore? Il neuromarketing applicato al posizionamento
  di un brand”, sabato 13 novembre 2021.
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Io sono Babbo Natale: l’atto di addio di
Gigi Proietti al suo pubblico
Nelle sale dallo scorso 3 novembre, esattamente il giorno dopo del primo anniversario della morte
di Gigi Proietti, il film Io sono Babbo Natale rimarrà per sempre legato a questa struggente
malinconia, dal quale è difficile riuscire a scinderla. Al suo fianco c’è Marco Giallini, perfetto nei
panni di questo ladruncolo, che piano piano si redime, credendo nella magia del Natale e alle
assurde verità di un anziano, elegante e distinto signore di nome Nicola, che dice di essere
addirittura Babbo Natale in persona. Ha inizio così una girandola di siparietti, divertenti ma anche
commoventi, tra Proietti e Giallini, attori di grande scuola: un mito vivente il primo, un grande attore
il secondo.

Così la romanità di entrambi riesce a dare calore e familiarità ad una favola natalizia, che rifà tanto
il verso a quelle americane degli anni ’80 e ’90, basata su una trama “magica” ma correlata alla
realtà, con tante buone intenzioni e un buonista messaggio di fondo, che non stona affatto con il
significato del “Natale”.
Giallini è stupendo, lo abbiamo detto e lo ribadiamo, però è il Gigi nazionale che si prende tutta la
scena, con la sua classe, con i suoi tempi recitativi impeccabili, eredità di 60 anni di carriera e figli
di una vecchia scuola recitativa, che non esiste più. Infatti Proietti riesce ad essere perfettamente
credibile nei panni di Babbo Natale, eliminando qualunque artifizio, grazie alla sua capacità di
rendere l’impossibile, possibile. Il film rimane come il canto di addio di uno degli attori italiani più
amati della storia del nostro cinema, d’altronde la sequenza finale, apre uno squarcio assoluto di
poesia e di malinconia, nei quali la lacrimuccia dagli occhi è difficile riuscire a contenerla. Babbo
Natale/Proietti, esce di scena, nell’ultima sequenza del film, quasi rivolgendosi alla telecamera, come
per salutare affettuosamente il suo pubblico. Ed è da pelle d’oca pensare che questo film uscito
postumo si concluda proprio con questo struggente saluto di Gigi.

Il film venne girato nel dicembre di due anni fa, quando la pandemia da Covid-19 era ancora in
Cina, ma di lì a poco avrebbe invaso l’Europa e il Mondo. Le chiusure delle sale, la susseguente
morte di Gigi Proietti, avvenuta il 2 novembre del 2020, hanno convinto produttore e distributori
a tardare l’uscita della pellicola, intelligentemente non presentandola né sulle piattaforme online, né
fuori stagione. L’uscita, simbolica del 3 novembre restituisce ancora di più il legame profondo che
lega la pellicola a Gigi, sancita dalla dedica finale, a fine film (“A Gigi”), che è il saluto, questa volta,
del pubblico ad un attore, tanto familiare, da essere rimasto nella memoria collettiva; e Io sono
Babbo Natale ci fa sentire la nostalgia di Gigi in ogni inquadratura, in un addio ricco di gratitudine
e di affetto. Perché poi, per quanto ci si possa sforzare di scindere la visione del film, dalla
malinconia dell’ultima apparizione dell’attore romano, l’occhio, la mente e il pensiero rimangono
sempre concentrati sui movimenti (pure agili, bisogna dirlo), sui gesti, sulle parole di Gigi Proietti,
che scaldano il cuore.

E poi c’è quel sorriso, che è sempre quello, efficace e irresistibile, immobile nel tempo e destinato a
restare per sempre fissato nei nostri occhi. Quello di Bruno Fioretti, detto “Mandrake”, che
sfoggia sulle passerelle o all’ippodromo di Tor di Valle, per incantare cavalli e segugi (Febbre da
cavallo). Quel sorriso magico del “Mandrake” del palcoscenico e del grande schermo, che ci saluta
con un filo di commozione nell’ultima scena del film. Quel sorriso un po’ invecchiato, ma che è
sempre quello, rassicurante, umano, illuminante.

Di Gigi rimane tanto, rimangono le sue 40 pellicole, da riscoprire e da ammirare, perché in fondo, a
chi dice che abbia avuto un rapporto controverso con il cinema, gli si può rispondere, che più che
altro Gigi ha saputo creare una carriera artistica poliedrica fatta di tante stagioni luminose, non
abbandonando mai il teatro, che rimane il suo primo amore. Il cinema negli anni ’70, con il premio di
“Personaggio cinematografico dell’anno” conquistato nel 1976, proprio per Febbre da cavallo. E poi
la televisione, come show man degli anni ’80 e primi ’90. E poi le serie e i film tv degli anni ’90 e
2000 (su tutti rimangono il Maresciallo Rocca e Don Filippo Neri di Preferisco il Paradiso).

E poi il grande ritorno al cinema, con il Nastro d’Argento vinto per Febbre da cavallo 2 nel 2003
al quale va aggiunto quello alla carriera del 2018, con alcune interpretazioni rimaste nella memoria,
come quella, parodistica del Conte Duval, in una rivisitazione satirica de La signora delle Camelie,
in Un estate al mare, capolavoro comico di grandissima scuola; oppure il ruolo di Mangiafuoco
nel Pinocchio di Matteo Garrone. Mancava solo il David di Donatello, a coronare la sua carriera
cinematografica. Arrivato forse fuori tempo massimo, quest’anno l’Accademia lo ha insignito del
David di Donatello alla Memoria. Meritatissimo, con una standing-ovation durata svariati minuti.
Il segno dell’affetto immutato del pubblico verso Gigi.

Perché poi rimane, sempre il solito dubbio: “ma i Miti muoiono mai?”.

Io non credo, perché Totò non mi sembra sia mai morto e allora credo proprio
che neanche Gigi morirà davvero mai.

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LinkedIn può diventare il miglior alleato
per il vostro business e la vostra carriera,
parola di Stefano Pisoni
“Il problema principale della maggior parte delle persone che hanno paura ad utilizzare LinkedIn è
proprio il fatto che pensano […] che sia semplicemente una piattaforma dove andare a pubblicare il
loro curriculum, quando invece non vedono tutte le opportunità che si possono creare su un social
network dove le persone e le aziende sono lì per fare business, trovare nuove partnership o far
nascere nuove occasioni professionali”.

É con queste parole, che spazzano via ogni altra possibile obbiezione, che esordisce nella nostra
video intervista Stefano Pisoni, LinkedIn Expert, Digital Marketing Specialist, esperto
principalmente in Personal Branding, B2B Marketing e LinkedIn Lead Generation.

Ma Stefano Pisoni, classe 1987, è soprattutto uno dei più riconosciuti esperti di LinkedIn d’Italia:
attraverso una lunga esperienza maturata in diverse aziende e con diversi clienti, ha sviluppato una
strategia fondata su tre pilastri principali, semplici, eppure, come lui ci ha detto, molto trascurati
dalla stragrande maggioranza degli utenti, che sono:

1) Ottimizzazione SEO del profilo LinkedIn

2) Outreach a target (almeno 50 nuove connessioni a target tutti i giorni)

3) Content boost – come fare centinaia di migliaia di visualizzazioni su LinkedIn
ogni mese.
Abbiamo intervistato Stefano Pisoni nell’ambito della collaborazione con i Digital Innovation
Days – DIDAYS -, di cui siamo media partner e chi vi invitiamo a seguire dal 10 al 13 novembre
2021 in formato phygital.

Durante la chiacchierata Stefano ci ha spiegato che un altro dei pregiudizi intorno a LinkedIn è
quello legato all’impegno di lavoro e investimenti economici che questo social richiederebbe per
dare dei risultati. In realtà, ci ha evidenziato, se si lavora con criterio e metodo per 1 ora al giorno
per 5 giorni la settimana, su tutti e tre i principali pilastri di cui sopra, in circa tre mesi si
dovrebbero vedere già i primi risultati.

Inoltre Stefano ci ha fornito anche alcuni “trucchi” per pubblicare al meglio contenuti su LinkedIn,
spiegandoci che è possibile, ed abbastanza facile, sfruttare sui propri profili personali la
“condivisione organica”, che poi può portare ad un’ottima lead generation sulle nostre pagine
aziendali, senza bisogno di spendere un patrimonio in campagne pubblicitarie a pagamento.

Insomma, per sintetizzare, i tre pilastri proposti da Stefano Pisoni sono: Primo, bisogna
ottimizzare il nostro profilo dal punto di vista dei SEO, capire cioè chi siamo e che cosa vogliamo
fare e quali contenuti offrire. Secondo, dobbiamo capire chi è il nostro pubblico, il nostro target di
riferimento, cercando di indirizzare ad esso i nostri contenuti e accrescendo la nostra rete con nuove
connessioni e contatti utili. Terzo, dobbiamo imparare a sfruttare tutte le possibilità che LinkedIn ci
mette a disposizione, ottimizzando i testi, le foto ed i contenuti affinché siano premiati e non
ostacolati dall’algoritmo di questo social network.

Il tutto senza dimenticare che gli altri utenti di LinkedIn, come noi, sono alla ricerca di nuove
opportunità di business e di crescita professionale e che, come in tutte le cose della vita, ciò che
paga non è l’exploit di una settimana, ma la costanza nel tempo dei nostri contenuti.

Se volete saperne di più e scoprire tanti altri suggerimenti da un autentico campione di LinkedIn
come Stefano Pisoni, non vi resta che guardare la video intervista.

  Nota. Questa intervista è figlia della collaborazione con il Digital Innovation Days – DIDAYS -,
  di cui siamo media partner e che vi invitiamo a seguire dal 10 al 13 novembre 2021 in formato
  phygital. Lì potrete ascoltare l’approfondimento di Stefano Pisoni, dal titolo “Lead Generation
  & Personal Branding”, sabato 13 novembre 2021.

Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre.

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