La Copertina d'Artista - Wellness economy - L ...

Pagina creata da Veronica Mazza
 
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La Copertina d'Artista - Wellness economy - L ...
La Copertina d'Artista - Wellness economy
Il busto di una Venere bianca e marmorea fa bella mostra di sé sulla Copertina d’Artista di questo
numero di luglio dedicato alla Wellness economy.

Scelta quanto mai appropriata quella dell’artista, che sceglie la dea romana della bellezza e dell’eros
per parlare di benessere.

Ma c’è qualcosa che non torna in questo busto: se osserviamo bene l’immagine, notiamo che i
contorni sono leggermente frastagliati, anzi il termine giusto sarebbe pixellati, come se non si
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trattasse di marmo o pietra, ma di qualche altro materiale.

Ed infatti si tratta di legno, anzi di listelli di legno sagomati uno ad uno ed incollati insieme a
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formare una vera e propria scultura, come quelle realizzate dalle stampanti 3D.

Ma a ben vedere anche il bianco pallore che tanto richiama il marmo delle statue romane e greche
(anche se studi hanno scoperto che le statue classiche erano vistosamente colorate) è solo
apparente, perché se giriamo intorno a questo busto di Venere scopriremo inserti, vere esplosioni, di
colore che non ci aspettavamo.

“Venus colormination” è il titolo scelto per quest’opera dall’artista di questo numero, e pare
completare quel quadro di classicità che tanto ci colpisce per la sua eleganza e raffinatezza.

Insomma siamo di fronte ad una rivisitazione in chiave moderna di un’opera della classicità, una
Venere 2.0 potremmo dire, che attraverso una tecnica lavorata e meticolosa ed inserti di vivaci
colori viene attualizzata e resa estremamente contemporanea.

Colormination è un neologismo, coniato dall’artista, per definire il suo stile che contamina con forti
cromatismi i suoi busti classici. Il termine “colormination”, ha dichiarato l’artista in un’intervista sul
magazine Indie Life, “deriva da una parola forte, domination, però abbinata a qualcosa di positivo; è
come se il colore volesse prendere il suo spazio”.

Ma chi si cela dietro questo interessante intervento artistico, che amalgama antico e moderno?

L’artista è Daniele Fortuna, già collaboratore del nostro magazine, che aveva realizzato la
Copertina d’Artista del n° 20 del dicembre 2015, dal titolo “Simply the Best”.

  Daniele Fortuna nasce a Milano nel 1981.
  Crescendo sviluppa la passione per l’arte, che lo
  spinge a frequentare lo IED (Istituto Europeo di
  Design) della stessa città. Ma è un soggiorno nella
  verde e lussureggiante Irlanda nel 2007 che gli dà
  l’ispirazione per un nuovo linguaggio espressivo.
  Decide così di allontanarsi dal mezzo virtuale per
  prediligere un elemento naturale, il legno, e di
  unire nelle sue opere arte e design.

  Daniele Fortuna adopera il legno con passione e metodo: lo disegna, lo taglia, lo scompone, lo
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colora e infine lo ricompone. Per Daniele Fortuna l’arte rappresenta un veicolo, un mezzo
  attraverso il quale riesce a manifestare le sue più intime sensazioni senza remore e ipocrisie.
  Daniele Fortuna ha partecipato a numerose esibizioni in Italia e nel resto del mondo: Changzhou,
  Zagreb, New York, Shangai, Paris, Positano, Milano, Miami, Montecarlo, Lisbona, Pechino,
  Praga…

  Per informazioni e per contattare l’artista: fortunadaniele@ymail.com

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Wellness economy - L'editoriale di Ivan
Zorico
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In questi mesi, alla classica domanda “Come va?” mi capita
spesso di rispondere non con il classico “Bene, grazie”, ma
con un più sentito “Mi difendo”.

Questo anno e mezzo di pandemia ci ha profondamente segnato su più livelli, e questo è indubbio. In
questo senso riflettevo (e probabilmente non sono l’unico) sul fatto di quanto la percezione del
tempo passato vada ben oltre i 18 mesi trascorsi sin qui: non so voi, ma sento “il peso” di aver
vissuto qualcosa come almeno 3 o 5 anni. Si diceva qualche tempo fa (ed ero tra questi) che i
riflessi della pandemia si sarebbero visti nei mesi a venire e, probabilmente, ora stiamo vedendo più
chiaramente i primi effetti.

Siamo tutti un po’ più stanchi, stressati, acciaccati, magari abbiamo preso qualche chilo e
trascurato un po’ la nostra salute, dormiamo male; abbiamo voglia di cose belle, di stare all’aria
aperta, di riprendere contatto con noi stessi, di prenderci cura del nostro corpo, di vivere
pienamente il tempo a disposizione, e via così. Insomma abbiamo voglia e bisogno di buona vita, di
stare bene.

Se leggete tra le righe, ognuno dei bisogni elencati ha una sua risposta
merceologica.
E sappiamo che dove c’è un bisogno, ossia una domanda, c’è un’offerta che si propone di
soddisfarla.

               Scopri il nuovo numero: “Wellness economy”
   Il settore legato al benessere della persona è esploso negli ultimi anni abbracciando ben più di un
     mercato: alimentazione, dispositivi tecnologici, editoria, medicina, stili di vita, abbigliamento e
            molti altri. Il wellness, insomma, è un settore da tenere in estrema considerazione.

È la wellness economy: integratori alimentari, alimentazione, viaggi, corsi, palestre, piscine, cure,
massaggi, intrattenimento, tecnologia al servizio del benessere della persona, cosmetica, editoria,
sono solo alcuni dei settori potenzialmente impattati nei prossimi tempi.

Si tratta di un mercato enorme.
Nell’ultima rilevazione del Global Wellness Institute, relativa al valore dell’economia del
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benessere, è stato stimato che la wellness economy vale 4,5 trilioni di dollari. Un mercato che,
come detto, va ben oltre al vecchio immaginario che lo voleva relegato al solo mondo dell’attività
sportiva. C’è infatti molto di più: il turismo, la cosmesi, la cura della persona e dell’alimentazione, la
salute fisica e mentale.

Se leggete tra le righe, sono tutti aspetti che ci sono mancati in questo lungo
periodo.
Sarà probabilmente anche per questo motivo che la wellness economy diventerà sempre più
interessante da seguire e sarà in grado di generare anche importanti ricadute occupazionali.

Intanto, se dovessi guardare all’esperienza personale (che ovviamente non fa statistica), solo
nell’ultima settimana ho acquistato un paio di scarpe da running, un pantaloncino, due canotte e sto
valutando l’acquisto di uno smart watch per monitorare la qualità del mio esercizio fisico e non solo.
Insomma sono completamente immerso nella wellness economy. D’altronde mi piace
considerarmi una persona di parola; per cui se alla domanda “Come stai?” rispondo “Mi difendo”,
devo fare pur qualcosa per avvalorarlo.

Buona lettura,

                                                                                              Ivan Zorico

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commenti. Rispondo sempre.
Se vuoi rimanere in contatto con me, questo è il link
giusto: www.linkedin.com/in/ivanzorico

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Wellness economy – L’editoriale di
Raffaello Castellano
  Lo scorso 23 luglio, con la vendita dei biglietti online, ha
  preso avvio ufficialmente il countdown della 15° edizione di
  RiminiWellness 2021, la manifestazione internazionale di
  Italian Exhibition Group dedicata a fitness, sport e
  benessere, in programma dal 24 al 26 settembre prossimi alla
  Fiera di Rimini. Si tratta di uno degli eventi più importanti del
  settore che nelle passate edizioni è riuscito ad attirare una
  media di oltre 200 mila visitatori, tra professionisti e
  appassionati dello sport e del benessere.

  Numeri importanti che il Gruppo IEG si impegna a gestire attraverso un piano straordinario e
  dettagliato, utile a creare un ambiente sereno e il più sicuro possibile, nel rispetto delle norme
  anti Covid-19.

Ma la domanda è: quanto vale il mercato del Wellness?

Secondo uno degli ultimi report – pre-pandemia – del Global Wellness Summit, dal 2015 al 2017
l’economia sviluppata dal mercato del fitness e del wellness a livello globale è cresciuta del 6,4%
all’anno, quasi il doppio rispetto alla crescita economica globale (+3,6%). I consumi totali in
wellness (4,2 trilioni di dollari) a livello globale superano la metà della spesa totale in salute (7,3
trilioni di dollari). Il settore complessivo del wellness rappresenta il 5,3% dell’economia mondiale.

L’Italia con un giro d’affari totale di oltre 18 miliardi si attesta(va) nella top ten mondiale nel
settore del turismo del benessere, Spa e terme (dati 2018), ed il trend di crescita per il 2019 e 2020
era previsto a doppia cifra.
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Ma poi, come sappiamo, c’è stata la pandemia da SarsCov-2, per contrastare la quale il lockdown ha
chiuso nelle case metà della popolazione mondiale, soprattutto dei paesi industrializzati e più
evoluti, il che ha assestato un duro colpo a tutto il settore, in particolare su alcuni comparti come
quello cosmetico, quello delle palestre e quello di centri benessere e SPA.

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   Il settore legato al benessere della persona è esploso negli ultimi anni abbracciando ben più di un
     mercato: alimentazione, dispositivi tecnologici, editoria, medicina, stili di vita, abbigliamento e
            molti altri. Il wellness, insomma, è un settore da tenere in estrema considerazione.

Molti operatori hanno dovuto chiudere i battenti delle proprie attività, molti altri si sono indebitati,
alcuni sono riusciti, attraverso app e video online a reinventarsi in una dimensione virtuale, ma il
settore del wellness, che si alimenta di convivialità, vita di gruppo in palestre e SPA, ne è uscito
profondamente ridimensionato.

Se la voglia di benessere, in realtà, durante la pandemia è aumentata, l’impossibilità di frequentare i
luoghi adibiti al wellness ha mutato i comportamenti e le scelte dei consumatori così come dei
player. Ad andare avanti sono stati quegli operatori che sono riusciti a mantenere un canale di
comunicazione aperto con i propri clienti, magari fornendo consigli, suggerimenti e dritte per
ricercare una dimensione di benessere all’interno delle proprie abitazioni.
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Con i piani vaccinali che proseguono a macchia di leopardo e con differenze molto marcate da
continente a continente, da paese a paese e addirittura fra regioni della stessa nazione, e con la
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variante Delta del Coronavirus che miete sempre più contagi e vittime, l’incertezza del settore
“wellness” è ancora tanta.

Si sa, dopo la pausa e le vacanze estive il mese di settembre è – da sempre – quello che regista il
boom di iscrizioni in palestre, centri benessere, etc., e va bene che il fitness è solo uno dei settori del
wellness, anche se uno dei più trainanti a livello economico e di sicuro quello con la più grande
ricaduta occupazionale, ma l’incertezza, se non il timore, di un altro anno nero come il 2020 alberga
nei cuori di ogni operatore del settore.

RiminiWellness 2021 sarà l’occasione, a fine settembre, per fare il punto sui numeri del 2020, le
previsioni per gli ultimi mesi del 2021 e per quelli del 2022; ma anche il nostro magazine ha voluto
fare la sua parte e, approfittando della bella stagione, ha dedicato questo numero di luglio alla
“Wellness economy”, con gli articoli di approfondimento dei nostri contributor che ci raccontano
numeri e curiosità di specifici settori come quello della cosmetica (Ilenia Valleriani), quello del
boom dei cibi gluten free (Cristina Skarabot), quello delle serie e documentari dedicati al
benessere (Simona De Bartolomeo), oppure intervistando player di importanti realtà come
Decathlon (Anna Carla Cunego).

Insomma, un’esplorazione verticale e orizzontale, ma anche e soprattutto “trasversale”
dell’argomento del mese, che poi è la cifra stilistica che in questi 8 anni e più di vita del nostro
magazine avete dimostrato di apprezzare.

Vi lascio quindi alla lettura di questo nostro 87° numero dedicato alla “Wellness economy” con
l’augurio di passare delle buone vacanze e con una massima dell’irriverente scrittore e poeta
irlandese Jonathan Swift, autore del classico “I viaggi di Gulliver”, che a proposito del benessere
scrisse:

  I migliori medici della mia vita sono tre: il dottor Dieta, il dottor Riposo e il dottor Ottimismo.

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Effetto Covid sul marketing della
cosmetica
Abbiamo già constato quanto il Covid abbia influenzato i vari comparti della nostra vita, e tra questi,
non ne è esente nemmeno il settore della cosmetica. I lockdown, così come l’uso della mascherina
protettiva, hanno lenito la necessità di alcuni prodotti, e aumentato il bisogno di altri.

La cosmetica italiana ha risentito, nel 2020, di una flessione pari al 10,2% di fatturato, rispetto
all’anno precedente, con un calo delle esportazioni del 16,7%. Nonostante i dati poco confortanti, gli
esperti restano positivi circa l’andamento futuro, “Il cosmetico resta un bene indispensabile” spiega
Renato Ancorotti, Presidente di Cosmetica Italia (Associazione Nazionale Imprese
Cosmetiche), “e le prospettive di ripresa per il 2021 sono legate alla natura anticiclica del
comparto, il percorso sarà solo più lungo del previsto, torneremo ai livelli del 2019 ma non prima del
2022”, e ancora, “le imprese sentono da un lato la spinta alla ripartenza, dall’altro hanno però
bisogno di nuove e solide condizioni per potersi realizzare, accompagnate da un piano governativo
capace di affiancare, anche in termini di Made in Italy, sul piano dell’innovazione, della
digitalizzazione e dello sviluppo sui mercati esteri”.

Quali sono stati i prodotti top e flop dell’ultimo anno?
Secondo i dati del rapporto 2021 del Centro Studi Cosmetica Italia, rispetto all’anno pre-
pandemia si registra una diminuzione degli acquisti delle creme antiage -10,7%, degli struccanti -
13,9%, dei profumi -21,5%, del make up in generale, e, nello specifico -28,9% di vendite dei prodotti
trucco viso e -30,5% dei prodotti per le labbra. I prodotti occhi sono stati preferiti a quelli labbra, a
conferma che la mascherina protettiva ha dettato nuove regole sulle abitudini del maquillage
quotidiano.
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Con segno positivo invece le vendite dei prodotti per la skincare, in particolare si registra un
aumento del 3% dei prodotti per le impurità del viso, aumentate indossando la mascherina. Cresce la
vendita delle tinte per capelli fai da te con +30%, e dei prodotti depilatori da utilizzare in casa, per
sopperire la lunga chiusura dei saloni di bellezza e di acconciature.

Trend positivo anche per il settore dell’igiene personale, in particolare +35% di richiesta dei saponi
liquidi, (crescita trainata dalla richiesta di igienizzanti per le mani), + 2,3% dei detergenti intimi, ma
con una leggera flessione dei bagno-doccia schiuma, -0,7%.

L’andamento italiano riflette quello globale, la Francia registra un calo del fatturato cosmetico del
18%, la Germania del 20%, gli Stati Uniti del 19,3%, solo Hong Kong sembrerebbe dimostrare
un’anticipata lieve ripresa, probabilmente in virtù della situazione di calo dei contagi già ad agosto
2020.

A nuove abitudini di acquisto corrispondono nuove strategie
Uno studio condotto da Cosmetica Italiana nel marzo 2021 su un campione di 1200 persone, ha
dimostrato che la spesa media mensile italiana in prodotti di bellezza è pari a € 30,00; il 60% degli
intervistati vorrebbe tornare a considerare il negozio fisico il primo canale di acquisto, con la
motivazione principale di voler provare i prodotti nel 55% dei casi. Nella restante percentuale di
coloro che invece preferisco acquistare online, le motivazioni sono così distribuite: il 47% preferisce
l’opportunità di poter fare acquisti h24, il 39% trova vi sia una maggiore qualità, il 38% ritiene di
risparmiare, e il 64% di coloro che hanno acquistato online dichiarano di essere intenzionati a
continuare anche al termine della pandemia.

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“Le nostre rilevazioni sull’andamento dell’industria cosmetica italiana nel corso del 2020 ci
restituiscono l’immagine di un settore che sicuramente ha subito un rallentamento e registrato dati
con segni negativi” spiega ancora Renato Ancorotti, “ma al contempo non si è fermato, e ha cercato
di reagire facendo leva sulla propria naturale propensione anticiclicità e resilienza, nonché sulle
risorse che da sempre contraddistinguono i suoi imprenditori, come creatività, inventiva e spirito di
iniziativa”.

Nell’ultimo anno i negozi hanno dovuto reinventarsi e trovare canali alternativi per raggiungere il
target, adattandosi alla nuova situazione di emergenza. In particolare nel settore cosmetico sono
state utilizzate piattaforme di istant messaging e social media per dialogare con i clienti, sono stati
offerti servizi quali prenotazioni e ritiro in negozio o delivery, e ancora, l’esposizione delle vetrine
virtuali. Molte aziende hanno riadattato la produzione, ad esempio, riconvertendola in igienizzanti
mani, il prodotto più utilizzato del periodo, che si ipotizza sia ormai un’abitudine ancorata che
rimarrà anche nella quotidianità futura.

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   Il settore legato al benessere della persona è esploso negli ultimi anni abbracciando ben più di un
     mercato: alimentazione, dispositivi tecnologici, editoria, medicina, stili di vita, abbigliamento e
            molti altri. Il wellness, insomma, è un settore da tenere in estrema considerazione.

Il trend della flessibilità viene confermato dalle parole di Gian Andrea Positano, Responsabile Centro
Studi Cosmetica Italia, “nel corso della pandemia sono emersi alcuni fattori positivi tra le imprese,
ad esempio la flessibilità e l’adattamento al contesto, gli investimenti in ambito digitale ed e-
commerce, gli alti standard qualitativi, la costante propensione verso ricerca e sviluppo e il richiamo
al Made in Italy”.

A dimostrazione che il settore non si ferma ma si rinnova, l’edizione 2020 del Cosmoprof di Bologna,
la più grande fiera annuale italiana sulla cosmesi, si è riadattata in formato digitale, grazie al
Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione e di ITA (Italian Trade Agency), in collaborazione
con Cosmetica Italiana. L’evento ha previsto un catalogo online in diverse lingue, una piattaforma di
acquisto B2B, e una serie di webinair sulle nuove abitudini di acquisto dei consumatori circa il
makeup, e relative strategie di comunicazione adottabili.
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L’evoluzione del marketing cosmetico
L’Osservatorio sui cambiamenti in atto nei mercati e nei consumatori proposto da Adkora, agenzia
digitale del Gruppo Mondadori, specializzata in mobile advertising e proximity marketing, ha
pubblicato la ricerca “The beauty effect”, che analizza l’evoluzione del settore cosmesi dal 2020 ai
primi mesi del 2021, evidenziando interessanti punti:

■   Un ritorno al negozio fisico già nel primo trimestre 2021
■   Il focus sui valori del brand e del prodotto, il prezzo, seppur importante, non è più l’unico elemento
    che motiva l’acquisto, “sostenibilità – naturale – biologico” sono le parole d’ordine per il settore
■   Il cosmetico è il prodotto dell’autogratificazione per distrarsi e coccolarsi nei momenti delle
    restrizioni
■   I marchi torneranno ad investire molto nella comunicazione con approcci rinnovati

I trend sono confermati dalla ricerca di Cosmetica Italia di maggio 2021 con i dati Euromonitor,
circa le nuove strategie di coinvolgimento sulle quali puntare:

■   Innovazione: i giovani consumatori vogliono partecipare al processo e interagire con l’azienda, la
    Generazione Z vuole intrattenimento e canali alternativi per fare acquisti, ad esempio, attraverso i
    social media, che affiancheranno quelli tradizionali anche nel post-Covid
■   Prezzo: per Millenial e Generazione Z il valore del bene dipende dall’unicità, dal benessere che ne
    deriva e dalla sostenibilità
■   Valori: le aziende devono saper comunicare i propri valori determinati considerando le affinità con
    il target di riferimento
■   Proattività: le aziende devono guardare al futuro, essere visibili e trasparenti nella produzione e
    nella comunicazione

Se il settore cosmetico, un po’ come l’intera economia, ha subito un importante flessione causa
Covid, le prospettive future restano comunque serene. La ricerca “Lipstick effect” condotta dalla
professoressa Margherita Zito presso l’Università IULM di Milano, nata per individuare il
cambiamento di consumo, ha evidenziato che l’uso del cosmetico è fortemente legato alla sfera del
benessere psicologico soggettivo, l’utilizzo ne comporta un impatto positivo sulla percezione di
salute personale.

D’altronde, come scriveva Fedor Dostoevskij, “la bellezza salverà il mondo”, ad essa è affidato il
compito di ricomporre il disordine della realtà, e forse, un po’, passa anche dalla cosmetica.

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Boom del senza glutine: ma fa davvero
bene?
Oggi sono davvero tanti gli italiani che scelgono prodotti senza glutine al punto che il mercato ha
un giro d’affari da 320 milioni di euro. La crescita è accompagnata dalla sempre maggiore
disponibilità di cibo senza glutine nei supermercati e supportata dalla moda di mangiare gluten
free anche in assenza di patologie o celiachia conclamata.

Come afferma Consumerismo No Profit:
“Oggi in Italia un consumatore su tre che acquista cibi e bevande senza glutine, lo fa per una libera
scelta di alimentazione, non legata a problemi di celiachia, intolleranze o allergie alimentari – spiega
il presidente di Consumerismo No Profit, Luigi Gabriele –. Una moda legata alla convinzione
che tali alimenti siano più sani o aiutino a dimagrire, ma che ha impatti non indifferenti sul
portafoglio. L’indagine realizzata da Consumerismo evidenzia infatti in modo lampante come i prezzi
dei prodotti senza glutine siano sensibilmente più costosi rispetto ai corrispettivi “normali”, maggior
costo causato anche da un altro fattore: le minori quantità di cibo e bevande inserite nelle
confezioni”.

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   Il settore legato al benessere della persona è esploso negli ultimi anni abbracciando ben più di un
     mercato: alimentazione, dispositivi tecnologici, editoria, medicina, stili di vita, abbigliamento e
            molti altri. Il wellness, insomma, è un settore da tenere in estrema considerazione.

I prodotti senza glutine costano di più con la pasta venduta in confezioni da 400 grammi al posto
dei tradizionali 500 grammi e i biscotti in confezioni da 200 grammi. Raramente i consumatori sono
consapevoli della differenza e difficilmente vanno a comparare i prezzi al dettaglio, che salgono del
449% per le fette biscottate, del 323% per il pane, del 208% per i cracker e del 189% per i biscotti.
Una curiosità: la dieta senza glutine fa davvero bene?
In un numero interamente dedicato al benessere non potevano non rispondere a una domanda che si
pongono sempre più persone: per chi è indicata la dieta senza glutine e fa davvero bene?

Sicuramente le persone affette da celiachia devono escludere completamente il glutine dalla loro
dieta, dato che non digeriscono questa proteina. La parte proteica del glutine scatena una risposta
autoimmune, che se non controllata porta all’atrofia dei villi intestinali e al malassorbimento di molti
nutrienti.
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Tra i sintomi principali della celiachia ci sono dolori addominali, diarrea, vomito, nausea, mal di
testa, perdita di peso e arresto della crescita, ipovitaminosi e tanti altri disturbi gastrointestinali. Per
questa situazione l’unica cura rimane la dieta gluten free.

Accanto alla celiachia si sta diffondendo sempre più la sensibilità al glutine non celiaca, reazione
avversa a questa proteina e che porta a sintomi simili a quelli dei celiaci. Probabilmente anche in
questo caso ci sono basi immunologiche, ma è da verificare se si tratta solo di espressione di altre
condizioni patologiche.

Questo è il secondo caso in cui è consigliata una dieta priva di glutine, dato che questo alimento non
digerito provoca una risposta infiammatoria. La dieta gluten free seguita per brevi periodi
permette anche di alleviare patologie infiammatorie come la fibromialgia, anche se non
esistono studi adeguati a conferma di questa tesi.

Senza glutine: una moda che coinvolge le star
Nonostante la dieta senza glutine vada seguita solo da chi soffre di celiachia e sensibilità al glutine,
sono tante le star che hanno eliminato pasta, pane e dolci “tradizionali” dalla dieta a vantaggio di
un’alimentazione gluten free. Si tratta – raccomandano i medici – di un comportamento da non
seguire. La moda di togliere farina e cereali dall’alimentazione porta a carenze nutrizionali e allo
sviluppo nel tempo di una reale intolleranza a questi alimenti.

Il consiglio per mantenere salute e benessere resta quello della moderazione e del buon senso,
proprio come in ogni altro aspetto connesso all’alimentazione. A noi, non resta che augurare a tutti
buon appetito!

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I 4 trend della wellness economy
Se sei nato negli anni ’80 e dintorni, può capitare che alla parola wellness associ una delle seguenti
immagini, o magari tutte: videocassette spesso di stampo americano, anche di tipo motivazionale,
con le quali allenarsi; trasmissioni come “Più sani e più belli” o riveste analoghe come “Viversani e
belli” e “Men’s Health”, o mega beveroni contenenti qualsiasi preparato per migliorare le prestazioni
fisiche.

Lo facciamo quasi automaticamente e sarà forse anche per questo motivo che, ancora oggi, quando
si parla di wellness, o di benessere della persona, facciamo più o meno riferimento al mondo
dell’attività sportiva, o al massimo, dell’alimentazione.

Da allora questo mercato si è molto evoluto ed ha iniziato ad abbracciare diversi settori. La tendenza
è quella di parlare di wellness economy in riferimento a tutto ciò che attiene al benessere della
persona in un senso più olistico. Un mercato da miliardi di dollari (la stima del Global Wellness
Institute è di 4,5 trilioni di dollari) che quindi contempla anche la salute mentale, il turismo, la
tecnologia, la medicina, l’alimentazione, il design, l’abbigliamento e l’alimentazione.

Vediamo quindi i 4 trend della wellness economy.
Viaggi, vacanze e turismo

Questo lungo periodo pandemico ha certamente influito negativamente sul turismo mondiale e
nazionale. Ma già da quest’anno qualche segnale positivo si inizia a vedere. Secondo l’Istituto
Nazionale Ricerche Turistiche, come turismo estero registreremo in Italia un +32% a luglio e un
+30% ad agosto, e saranno invece circa il 70% gli italiani che decideranno di trascorrere “in casa” le
proprie vacanze (nel 2019 era circa il 50%). Probabilmente assisteremo a tipologie di viaggio
differenti rispetto a quanto accadeva pre pandemia. Destinazioni meno gettonate, ritorno alla natura
e alla ricerca di qualcosa che possa fare bene anche allo spirito.

               Scopri il nuovo numero: “Wellness economy”
   Il settore legato al benessere della persona è esploso negli ultimi anni abbracciando ben più di un
     mercato: alimentazione, dispositivi tecnologici, editoria, medicina, stili di vita, abbigliamento e
            molti altri. Il wellness, insomma, è un settore da tenere in estrema considerazione.

Editoria ed integrazione tecnologica

Serie Tv, applicazioni, smart Tv, digitale, musica, sport e meditazione, tutto sarà sempre più
integrato. Le applicazioni per tenersi in forma durante la pandemia sono state tra le più scaricate,
così come quelle relative al benessere mentale. In questo senso si cerca sempre di più una
integrazione tra app, social network e altri dispositivi: “Headspace”, ad esempio, oltre ad essere
un’app di meditazione è diventata anche una serie su Netflix.

Star bene (o volersi bene)

Come detto inizialmente, il termine wellness oggi comprende diverse aree. Con la pandemia ci siamo
resi conto di essere vulnerabili e che il vivere bene passa dallo stare bene con il proprio corpo e la
propria mente. La salute è tornata ad essere centrale e il digitale (cfr. e-health) non poteva stare di
certo a guardare: app o altri dispositivi per monitorare la qualità del sonno e lo stress, app che ci
insegnano a respirare bene e smart watch, saranno sempre più utilizzati. Questo trend abbraccia
anche tutto il mondo della cosmesi e della cura della persona (che da solo vale oltre 1 miliardo di
dollari), e quello delle cure preventive e dei centri benessere.

Attività sportiva e alimentazione

Questo trend è certamente uno dei più importanti e solidi valendo oltre il miliardo e mezzo di dollari.
Abbiamo visto come le persone pur di poter fuggire da casa si siano reinventate runner e quanta
fatica si faceva ad accaparrarsi online tutto il necessario per potersi allenare in casa. Costretti ad
essere pressoché fermi ci siamo riscoperti sportivi. L’acquisto di biciclette ed equipaggiamento di
vario genere è aumentato sensibilmente e, adesso, con l’aumento delle vaccinazioni, ci sarà anche
una nuova spinta all’utilizzo di palestre e piscine. Anche il settore dell’alimentazione sarà fortemente
impattato: cibo sano e vegetale, i cosiddetti superfood, senza dimenticare tutta la sfera relativa agli
integratori alimentari.

Ti è piaciuto? Hai qualche considerazione in merito? Fammelo sapere nei
commenti. Rispondo sempre.
Se vuoi rimanere in contatto con me, questo è il link
giusto: www.linkedin.com/in/ivanzorico

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Asia estrema di Gaetano Appeso: viaggiare
“altrove” per ritrovare se stessi
  Quest’anno vi propongo un libro al mese, forse due, per raccontare chi siamo, da dove veniamo,
  dove vorremmo andare e come ci vogliamo arrivare. Perché la lettura può essere svago,
  intrattenimento, ma anche un valido esercizio per imparare a pensare e sviluppare una certa idea
  del mondo.

  Un libro al mese, in piccole schede, in poche battute, per decidere se vale la pena comprarlo e
  soprattutto leggerlo. Perché la lettura, come diceva Woody Allen, è anche un esercizio di legittima
  difesa.

Che cosa è un viaggio?
La semplice fuga da una routine quotidiana per cambiare aria e ricaricare le proprie batterie?

La voglia di scoprire città d’arte e luoghi esotici?

O piuttosto il viaggio può essere l’occasione per imparare a conoscere meglio se stessi attraverso
l’incontro con l’altro?

Od ancora, il viaggio ci offre la preziosa possibilità di perderci, per poi ritrovare la parte più
profonda e vera di noi stessi?

Sembra che il viaggiatore e scrittore Gaetano Appeso abbia optato decisamente per le ultime due
ipotesi, che emergono in ogni pagina del suo ultimo libro “Asia estrema”, il resoconto, o meglio il
diario, del suo ultimo viaggio nel sud est asiatico.

Viaggiatore coraggioso ed instancabile oltre che scrittore appassionato, Gaetano Appeso è al suo 4°
libro, infatti per primo aveva raccontato il suo viaggio in Amazzonia con “E-mail dall’Amazzonia”
(tradotto anche in inglese), poi era toccato alla Cina narrata nel suo secondo libro “Tiancháo –
Taccuino di un viaggio in Oriente”, e, penultimo, ha raccontato il centro America nel suo terzo
libro “Mesoamerica – Sulle tracce del Serpente Piumato” (Premio Presìdi del Libro 2019).

Ma il viaggio nel sud est asiatico non solo è l’ultimo intrapreso dall’autore prima della pandemia da
Coronavirus, ma anche il più lungo e, a suo dire, il più rischioso, il più affascinate, oltre che quello
che più profondamente lo ha segnato a livello umano.

               Scopri il nuovo numero: “Wellness economy”
   Il settore legato al benessere della persona è esploso negli ultimi anni abbracciando ben più di un
     mercato: alimentazione, dispositivi tecnologici, editoria, medicina, stili di vita, abbigliamento e
            molti altri. Il wellness, insomma, è un settore da tenere in estrema considerazione.
Attraversando città caotiche, minuscoli villaggi e tribù indigene, alcune con un recente passato di
cannibalismo e tagliatori di teste, l’autore ha raccolto decine di storie, alcune suggestive, altre
bizzarre, altre ancora drammatiche, narrate direttamente dalle persone che incontrava lungo il
cammino, testimoni ideali per raccontare la realtà di un territorio, il suo autentico genius loci,
attraverso la loro viva voce e le loro esperienze di vita.

Un viaggiatore non è un turista, e leggendo il libro di Gaetano Appeso lo capiamo molto bene. Un
luogo, la sua gente, le sue abitudini, la sua cultura, la sua gastronomia, si possono capire solo se si è
disposti a spogliarci delle nostre sovrastrutture, dei nostri pregiudizi, delle nostre errate convinzioni.
Per scoprire un posto e trovare l’altro, dobbiamo essere disposti a perderci, sembra suggerirci
l’autore in ogni pagina, perdere i nostri riferimenti spaziali, temporali e geografici per confrontarci
con l’altro e l’altrove.

                         Asia estrema

                                        Autore: Gaetano Appeso

                                  Editore: Antonio Dellisanti Editore

                                         Anno: settembre 2020

                                   Pagine: 288 – con 48 foto a colori

                                         Isbn: 9788898791040

                                             Prezzo: € 18,00
Perché dovremmo leggere Asia estrema?
Gaetano Appeso ribadisce spesso, nei suoi libri e durante le varie presentazioni, che ogni viaggio
rappresenta innanzitutto un bagno di umiltà. Capiamo il nostro posto nel mondo e l’importanza da
attribuire ai nostri problemi solo quando ci confrontiamo con un’altra terra, con i suoi abitanti e con
le difficoltà che intere popolazioni vivono quotidianamente e che noi “privilegiati” occidentali
difficilmente riusciamo ad immaginare. Durante la recente partecipazione di Gaetano Appeso al
format “Incontri ravvicinati”, sono rimasto molto colpito dall’effetto che il suo racconto ha avuto
sul mio collega ed amico Ivan Zorico, che, ad un certo punto, ha affermato che “Asia estrema” è un
vero e proprio manuale di motivazione personale perché, attraverso una lettura avvincente, mette
nella giusta proporzione i nostri problemi e le nostre quotidiane difficoltà.

Ecco, forse uno dei motivi più importanti per leggere questo e gli altri libri di Gaetano Appeso è
quello di imparare, attraverso il viaggio e la scoperta dell’altro, il posto che ciascuno di noi occupa
nel mondo. Un mondo che, è bene ricordarlo, non comincia né tantomeno finisce nel nostro giardino.

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Pandemia e sport: l'esperienza di
Decathlon.
Il 2020 è stato un anno di grandi scombussolamenti, anche nello sport. Decathlon, negozio
specializzato in articoli sportivi, ha cercato di non subire il cambiamento ma di cavalcarlo,
ottenendo ottimi risultati. Oltre 7600 collaboratori in Italia e grande accelerazione digitale con l’e-
commerce che in pochi mesi ha raggiunto gli obiettivi previsti per i successivi 5 anni.

P
a
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cciu, direttore commerciale di
Decathlon

Ne abbiamo parlato con Paolo Andrea Picciu, direttore commerciale di Decathlon.

Che anno è stato il 2020 per Decathlon?

Pur nel periodo di inattività forzata dei negozi fisici, Decathlon non ha mai interrotto il servizio di
rendere accessibile lo sport ai propri clienti. Per rispondere alle crescenti richieste di materiale per
praticare sport at home, le squadre hanno triplicato i propri sforzi per aumentare l’offerta di
consegna su ordine on line, con ritiro al sicuro anche dai parcheggi dei nostri negozi.

Nonostante la fatiche avete comunque raggiunto un fatturato complessivo di
1.387.729.000 euro. Come è andata con il digitale?

Abbiamo chiuso il 2020 con una parte di fatturato digitale al 13,1%, in netta progressione rispetto al
2019 (5,1%).

Mi ha stupito la vostra analisi sugli sport più praticati. Grandi successi per le attività
indoor come fitness e pilates, ma anche trekking, escursionismo e bike sono state tra le più
richieste. Quali sono gli sport che hanno coinvolto di più i vostri clienti in questo anno?

Nei periodi di lockdown è aumentato l’interesse per le attività da svolgere a casa anche grazie alla
passione di collaboratori sportivi che hanno diffuso via social tutorial per mantenersi in forma. L’APP
gratuita Decathlon Coach è stata scaricata nel 2020 da 70.400 nuovi utenti, che si sono aggiunti ai
circa 400.000 utilizzatori attivi registrati.

E il 2021 come è partito?

Il 2021 prosegue nella scia dello sport. I clienti continuano a praticare attività al chiuso o all’aperto
e a parte alcune discipline penalizzate dalle restrizioni (come lo sci, ad esempio), registriamo
aumenti di vendita in ogni categoria, sia on line che nella distribuzione fisica.

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E sotto il profilo organizzativo come è andata?

I piani di sviluppo hanno conosciuto difficoltà logistiche e organizzative, ma nonostante tutto stiamo
seguendo il planning prefissato per il biennio (6 negozi nel 2020, 8 negozi nel 2021), affiancando
partnership con altre aziende che hanno permesso di portare la nostra offerta più vicino al cliente
(ad esempio, in provincia di Catanzaro, abbiamo appena aperto un corner all’interno di un villaggio
sportivo).

In questi anni due punti focali su cui puntano molte aziende sono l’etica e l’ambiente. Cosa
ne pensa Decathlon?

L’evoluzione commerciale procede di pari passo con il nostro impegno etico e ambientale. A giugno
abbiamo raggiunto il centesimo progetto realizzato grazie all’impegno della nostra Fondazione.
Inoltre ai KPI della performance economica, aggiungiamo le nozioni di Valore sostenibile, integrando
nello specifico il fatturato sostenibile legato alle 4R – riduzione, riutilizzo, riciclo, riparazione. Un
elemento, questo, che comprende la Seconda vita e la riparazione dei nostri prodotti oltre agli
sviluppi nel settore dell’economia dell’uso, come il noleggio. Un punto di attenzione è legato anche
all’ecodesign: entro il 2026, il 100% dei prodotti a marchio Decathlon saranno eco-ideati.

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Wellness, alimentazione e salute, esplorati
in 5 documentari Netflix
Il settore del benessere negli ultimi anni è diventato un mercato miliardario, che ha attorno a
sé numerosi collegamenti culturali e socioeconomici, dall’abbigliamento all’editoria, dal lifestyle al
settore turistico fino alla spiritualità. Questo mondo in forte espansione è destinato a
ramificarsi e a essere portatore di innovazione e, speriamo visto il periodo che stiamo vivendo,
anche di un vero e proprio miglioramento del nostro modo di stare al mondo, magari più in armonia
con il pianeta e i suoi abitanti.

Proprio perché è un argomento interessante e vasto hanno pensato bene di dedicargli documentari e
docuserie che rendono più comprensibili i numerosi meccanismi che si annidano dietro il mondo del
wellness e dell’alimentazione.

Ne ho selezionati 5 presenti su Netflix:
“A chi fa bene il wellness“
Titolo originale “(Un)well”, una docuserie che in sei episodi racconta diverse tematiche legate
all’industria del wellness: olii essenziali, sesso tantrico, latte materno e massa muscolare, digiuno,
ayahuasca, trattamento con le punture d’api. La docuserie esplora i lati estremi e controversi di
questi trattamenti naturali diffusi in tutto il mondo.

“Chiedi al medico“
È una docuserie in cui tre simpatici dottori, Renee, Sandro e Shalin, approfondiscono attraverso
interviste ed esperimenti i più disparati campi della salute fisica, concentrandosi sul nostro corpo e
le sue infinite caratteristiche. Gli argomenti trattati in “Ask the Doctor”, titolo originale, sono:
obesità, sonno, allergie, dieta, dolore, geni, alcol, esercizio fisico, intestino, raffreddore e influenza,
sensi, sesso.

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“What the healt“

È un docu-film del 2017 che analizza e critica le ripercussioni dell’enorme consumo mondiale
di carne e latticini sulla salute delle persone. È scritto, prodotto e diretto da Kip Andersen e Keegan
Kuhn e ha ricevuto numerose critiche negative da medici e dietologi che sostengono che le fonti
utilizzate siano distorte e le conclusioni a cui arriva molto deboli. È un documentario che sostiene la
dieta a base vegetale ed il suo produttore esecutivo è l’attore Joaquin Phoenix, vegano convinto da
molti anni.

“Human. Il mondo dentro di noi“
La docuserie, uscita a giugno 2021, mostra in maniera coinvolgente e con l’uso di immagini
spettacolari il meraviglioso funzionamento del corpo umano. Questi gli argomenti dei sei episodi di
circa un’ora, disponibili anche con l’audio in italiano: reazioni, pulsazioni, energia, difese, sensi,
nascita.

“The Game Changers“
Documentario del 2018 diretto dal regista Louie Psihoyos, ha come protagonista James Wilks,
insegnante di autodifesa che, costretto al riposo da un infortunio, usa questo tempo per trovare il
metodo più efficace per recuperare la forma fisica. Lo fa intervistando diverse personalità del mondo
dello sport e numerosi medici, soldati e scienziati, che approfondiscono i benefici
dell’alimentazione vegana sulle prestazioni fisiche; ospiti anche l’attore Arnold Schwarzenegger e il
pilota Lewis Hamilton.

Questi documentari non hanno lo scopo di sostituirsi ai pareri medici o di essere una guida che
possa valere per ogni essere umano ma, sicuramente, mai come in questo ultimo anno e mezzo,
abbiamo imparato come l’attenzione al benessere psicofisico debba essere fondamentale per ognuno
di noi ed essere una delle principali vie da perseguire nella vita di tutti i giorni.

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Tappetino, piattaforma e salotto: la nuova
frontiera dei “Digital Sports Lovers”
E all’improvviso ci siamo trovati chiusi in casa con le quattro mura a farci compagnia camminando
tra una stanza e l’altra e sentendoci privati dello spazio vitale.

Niente più palestra, piscina, parchi e corse, questo fu l’inizio del lockdown quando ancora tante
cose non si conoscevano davvero, quando ancora il virus spaventava anche solo immaginarselo. Era
il periodo dei canti sul balcone, degli arcobaleni disegnati e degli aperitivi digitali.

E’ stato in quel momento, in quella pagina di storia, che si è creato uno dei tanti paradossi di questa
strana, assurda pandemia: desiderare di muoversi, di allenarsi, di tenersi in forma, di fare
movimento lì dove la staticità delle quattro mura domestiche stava diventando inaccettabile
mentre il movimento digitale si apprestava a diventare un vero sport.

Sembrano trascorsi anni da allora, non vi sembra?
Il ritmo rallentato, quella staticità costretta, quella sensazione di tempo fermo ha fatto sì che ogni
attimo fosse infinito e a distanza di tempo, ciascuno di noi ha imparato qualcosa da quel periodo.

C’è chi ha scoperto un nuovo hobby, chi si è avvicinato di più ad un amico o parente chi si è
“improvvisato” sportivo vedendo nel movimento una tale importanza da non poterne più fare a
meno perché, potersi muovere liberamente rappresenta la gioia della libertà quella che ci permette
di chiudere la porta dietro di noi per esplorare nuove avventure e vivere nuovi attimi di ordinaria
follia o di piacevole stravaganza… E quando quella libertà non vi era più, l’unico movimento
possibile si limitava ad uno schermo e un tappettino, che per tanti è risultato essere uno
sfogo.

Mai come in questo periodo si è assistito all’evoluzione del “digital fitness”: dal cross fit al ballo,
dal pilates allo yoga, dalle arti marziali all’aerobica. Qualsiasi disciplina purché digitale.

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Ai tempi del Postalmarket e delle televendite l’acquisto degli strumenti per la salute e benessere per
tenersi in forma venivano pubblicizzati, spesso, come una soluzione per le casalinghe: cyclette, tapis
roulant, pesistica, e negli anni ’80 erano milioni le donne che si dimenavano davanti alle
registrazioni su cassetta, un po’ come Physical, storia di una casalinga disperata degli anni ’80 che
diventa guru del fitness, serie in onda su Apple tv +.

Corsi e ricorsi storici e mode che ritornano, nulla di nuovo se non la consapevolezza che questa volta
le infinite piattaforme streaming e app del digital fitness sono state una vera e propria necessità, per
tutta l famiglia nessuno escluso, una opportunità per potersi “regalare del movimento” una sorta
di convergenza tra sport e salotto, soprattutto in appartamenti metropolitani dallo spazio ridotto.

  Ed ecco che la rete impazza sul nuovo come fare… “come trasformare la tua casa in una palestra”,
  “quali attrezzi per una palestra casalinga”, “palestra in casa fai da te, ecco come crearla”, “digital
  fit quali attrezzi acquistare” etc…

Questa volta invece delle cassette c’è youtube, e invece della TV c’è il PC, le televendite rimpiazzate
da Amazon e Postalmarket nella sua versione 2.0 ti risponde immediatamente con una chatbot.

Mentre l’evoluzione continua senza sosta, forse non ci siamo realmente accorti che stiamo
assistendo alla rivincita degli sportivi nel cuore “i digital sports lovers”, quelli che sportivi
realmente non lo sono ma lo vorrebbero essere, che amano gli sport e ne seguono di tutti i tipi
guardandoli in tv, quelli che amano il movimento ma che al solo pensiero di attraversare la città per
raggiungere le palestre sognano il divano, quelli che la pigrizia alla fine li trattiene e che oggi in
verità non hanno più scuse perché è proprio il salotto la nuova palestra.

Si forse non sarà sociale, ma sicuramente è una scelta salutare.

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Il podcast che ti fa scoprire l’A.I. – La sfida
è un futuro sostenibile, e con l'AI si può
vincere. Con Michela Milano
La sostenibilità è uno degli argomenti che più tiene banco nel dibattito politico ed economico
mondiale. Come sappiamo, la sostenibilità tratta ambiti molto complessi e variegati e presenta tre
principali aree particolarmente problematiche strettamente connesse tra loro che sono: la società,
l’economia e l’ambiente.

Gestire una smart city, una crisi pandemica come quella che stiamo vivendo, un’emergenza
migratoria oppure ambientale legata ai cambiamenti climatici, come gli incendi di vaste aree o le
grandinate ed i temporali particolarmente violenti, sono tutti ambiti nei quali i “decisori”, siano essi
politici, economici o di pubblica sicurezza, si trovano a gestire una grandissima quantità di dati. E
quando si parla di dati, l’Intelligenza Artificiale può sicuramente venirci in aiuto.

Come sappiamo, una delle migliori capacità delle A.I. è quella di estrapolare “modelli” da una
grande quantità di dati grezzi. Questi modelli sono principalmente di tre tipi: descrittivi, predittivi
e decisionali.

È facile capire le caratteristiche di ciascun modello.
Quelli descrittivi sono quei modelli che “descrivono” la realtà sulla quale si vuole riflettere.

Quelli predittivi sono invece quei modelli che cercano, dagli stessi dati, di estrapolare delle ipotesi
e degli scenari futuri quanto più accurati possibile.

Infine quelli decisionali sono quelli che in base ai dati forniti dai modelli predittivi cercano di
orientare e “supportare” le decisioni degli operatori umani. Decisioni che grazie all’A.I. saranno
“informate” e quindi con molta probabilità quelle più sicure.

I sistemi maggiormente utilizzati in questi specifici ambiti e che si sono dimostrati i più adatti e con
le performance migliori sono quelli di Machine Learning.

I sistemi di A.I. si sono rivelati particolarmente utili nel gestire al meglio situazioni di crisi, proprio
in virtù del fatto che le decisioni che prendono sono sempre le più razionali possibile, mentre gli
esseri umani, quando si trovano a gestire situazioni al limite, spesso assumono comportamenti
irrazionali o, peggio, si fanno prendere dal panico.

Ci sono alcuni ambiti però dove le A.I. sono ancora indietro, una su tutte è la questione “etica”,
anche se in questo campo si sta lavorando molto per superare il gap. La questione etica per le A.I. è
di stringente attualità, vista, ad esempio, la sempre maggior diffusione delle auto a guida autonoma.

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chela Milano, docente all’Università di Bologna e Direttrice Centro Interdipartimentale Alma Mater
Research Institute for Human-Centered Artificial Intelligence.

Le domande in questo campo di studi sono molteplici:
Se una macchina a guida autonoma investe una persona e ne causa il ferimento o peggio la morte
chi è responsabile?

L’Intelligenza artificiale, l’azienda costruttrice di quella tecnologia, o il conducente che si è fidato
della sua auto a guida autonoma?

In caso di un pericolo su strada noi umani, con i nostri tempi di reazione, ci affidiamo all’istinto, ma
le A.I., con la loro mostruosa capacità di elaborare migliaia di dati in pochi secondi, nelle stesse
condizioni, sono in grado di prendere una decisione “ragionata”, che però potrebbe essere carente
proprio dal punto di vista etico.

Interessante a questo proposito è l’esperimento della “Moral Machine”, messo a punto dai
ricercatori dello Scalable Cooperation Group del MIT Media Lab, una piattaforma online per la
raccolta di dati su larga scala, che nell’arco di 2 anni ha raccolto quasi 40 milioni di risposte di tipo
etico in tutto il mondo per provare a rispondere alla domanda:

Le auto intelligenti sanno compiere delle scelte morali?

La prima sorprendente risposta a questo esperimento è stata quella che ha messo in evidenza che
non esistono “principi” morali ed “etici” condivisi in tutto il mondo e che le A.I. che vengono create,
programmate e addestrate in particolari contesti geografici e culturali risentono appunto di queste
variabili.

Di questo e di molto altro si parla nell’ultimo episodio del podcast “Alla scoperta dell’Intelligenza
Artificiale”, ideato e promosso dall’Associazione Italiana per l’Intelligenza Artificiale (AIxIA) e
Radio IT (il primo podcast network italiano sull’information technology) che vede il solito Igor
Principe, giornalista di Radio IT, dialogare con Michela Milano, docente all’Università di Bologna
e Direttrice Centro Interdipartimentale Alma Mater Research Institute for Human-Centered Artificial
Intelligence.

Sostenibilità, etica ed intelligenza artificiale al centro del 12° ed ultimo episodio del podcast “Alla
scoperta dell’Intelligenza Artificiale”, che nell’ultimo anno ci ha permesso di approfondire molti
ambiti dell’A.I, che sembrano riguardare il nostro futuro ed invece sono già il nostro presente.

Buon Ascolto!

Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre.

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