La Copertina d'Artista - Street marketing
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La Copertina d’Artista - Street marketing Un mosaico di immagini variegate e colorate fa bella mostra di sé sulla Copertina d’Artista di Ottobre 2021 del nostro magazine. Sedice caselle, ognuna contenente un’opera, di altrettanti artisti, anzi di street artist, che da settembre ad ottobre di quest’anno hanno cambiato con la loro sensibilità, il loro estro e la loro arte il volto di Taranto, una città che ha deciso di rinascere attraverso la bellezza. Tutto questo si chiama Progetto T.R.U.St., un acronimo che sta per Taranto Regeneration Urban and Street, che in sostanza si struttura come un festival permanente di arte urbana, con il fine di promuovere le arti contemporanee e di riqualificare, valorizzare e sviluppare inedite potenzialità territoriali. Il Progetto T.R.U.St. è stato ideato e realizzato dall’APS Rublanum e dall’Associazione Mangrovie in collaborazione con l’Amministrazione Comunale di Taranto (Assessorato allo Sviluppo Economico, Turismo e Marketing Territoriale) e con il sostegno della Regione Puglia, che ha portato a Taranto 16 street artist di fama internazionale che hanno realizzato altrettante opere monumentali in diversi quartieri e zone della città: Salinella (6 opere), Tramontone (3), Paolo VI (4), Taranto Centro (1), Sottopassaggio Via Ancona (1) e Isola Madre (1). La direzione artistica del progetto è stata di Giacomo Marinaro (Gulìa Urbana e APS Rublanum), mentre quella organizzativa ha visto lo stesso Giacomo Marinaro insieme a Matteo Falbo e Andrea Falbo dell’APS Rublanum e Mario Pagnottella dell’Associazione Mangrovie. Un progetto di rigenerazione urbana, quello del T.R.U.St., giunto alla 2° edizione dopo la prima del 2020, ma che mai, fino ad ora, aveva visto un numero così alto di artisti internazionali (ben 16), vere stelle della street art, invitati tutti insieme a realizzare i loro progetti.
L a C o p e r t i n a d ’ A r t i s t a d e l 9 0 ° n u m e r o d i S m a r t M a r keting con le 16 opere degli street artist invitati al Progetto T.R.U.St. 2021.
Gli street artist invitati sono: Tony Gallo, Stereal, Slim Safont, Psiko, Nico Skolp, Marta Lapeña, Lidia Cao, Kraser, Jorit, Helen Bur, Elisa Capdevila, Carlitops, Mr. Blob, Belin, Attorrep e 3ttman. Noi di Smart Marketing vi proponiamo un veloce tour per le vie cittadine, partendo dal quartiere Tramontone per giungere alla Salinella e fino a Paolo VI, passando per la Città Vecchia per poi tornare nel centro umbertino di Taranto. Quella che vedrete, dalla vostra vettura, è una vera galleria a cielo aperto, monumentale, diffusa, meravigliosa e gratuita. Cominciamo: una delle prime opere ad essere realizzate è stata “Giorgio” di Jorit, che nel suo inconfondibile stile, a Tramontone, su di una grande facciata nei pressi dell’ASL locale, raffigura il volto di Giorgio Di Ponzio, vittima di un tumore a soli 15 anni, la cui storia è tragicamente legata allo stabilimento siderurgico ex Ilva. Un volto, con i tipici graffi dell’artista, che ci osserva con aria serena, ma che pure sembra interrogarci sul nostro senso civico e sulle nostre responsabilità. Scopri il nuovo numero: “Street marketing” In un mondo sempre più connesso e dove le persone sono sempre più assuefatte ai messaggi pubblicitari, lo street marketing può esprimere tutto il suo valore e dare ai brand una visibilità inaspettata, anche per mezzo delle piattaforme social. Sempre a Tramontone, Belin si ispira ad una de “Le Bagnanti” di Picasso, reinterpretandola secondo i dettami del post-neocubismo nel quale l’artista spagnolo è particolarmente a suo agio. Poco distante troviamo il giardino, magico e coloratissimo, realizzato da 3ttman, che mescola con grande maestria le foreste solo immaginate da Henri Rousseau con quelle viste e stravolte da Henri Matisse. Attraversando il sottopasso di via Ancona, affrescato con le geometriche partiture di colori primari di Carlitops, che echeggiano l’astrattismo più puro, veniamo in contatto con l’opera più estesa del Progetto T.R.U.St., che attraverso un paesaggio tropicale contornato di palme e forme esotiche ci trasporta nel quartiere Salinella, dove ci attendono ben 6 opere. Quartiere Tramontone e Sottopasso via Ancona 1 of 4
3ttman, TRUSt 2021, ph Cosimo Calabrese. Carlitops, TRUSt 2021, ph Cosimo Calabrese. Le prime che vediamo sono 3 ed affrescano le tre pareti adiacenti di altrettanti palazzi. Per prima scorgiamo la natura morta con gatto dipinta da Elisa Capdevila, che con lievità e poesia ritrae in delicati toni e semitoni pastello un altro degli abitanti più diffusi della zona. Subito a fianco, Attorrep ci presenta il suo ragazzo che apre le tende di una finestra dischiusa su un nuovo futuro, un futuro astratto e ancora indefinito nella forma, ma che sembra splendere pieno di
speranza e bellezza. A chiudere la fila troviamo la rappresentazione moderna della favola di cappuccetto rosso: Lidia Cao ritrae con uno stile quasi fumettistico una ragazzina che con gli occhi chiusi pare voglia allontanare i demoni della sua vita, ma i toni tenui, i delicati pastelli e l’assenza del rosso non devono trarci in inganno, perché, anche se il sole sembra baciare il volto di questa giovane, alle sue spalle l’ombra assume i contorni di un poco rassicurante lupo. Girando per il quartiere Salinella ci imbattiamo nella bellissima parete realizzata da Tony Gallo, che con la sua opera “Evaluna e l’elefante” ci racconta una favola moderna, solo all’apparenza semplice e delicata. Nel suo paesaggio da fiaba, l’artista ritrae una scena di gioco su di una giostrina; tutto sembrerebbe facile, eppure alcuni elementi stridono, la bambina sull’altalena solleva l’enorme elefante di fronte a lei che pare indossare una tuta NBC ed una maschera antigas. Insomma, il messaggio pare essere che il futuro è dei bambini, che devono imparare a sollevare i grossi pesi (leggi problemi) che affliggono la città. Poco lontano su una grande parete troviamo la splendida natura morta con specchio di Marta Lapeña, che ci regala un’opera dai tratti iperrealisti: la sua alzatina ricolma di limoni ed arance che si riflette in uno specchio come nei celebri dipinti olandesi del ‘600 è realizzata con grande maestria e certosino perfezionismo. D’un tratto, prima di lasciare il quartiere Salinella, siamo catapultati nel bosco incantato dell’artista tarantino Mr. Blob. L’opera ambientalista pare omaggiare sia la terra di mezzo di tolkieniana memoria sia i giardini lisergici di Hieronymus Bosch. L’artista ci racconta la storia di un’ape intrappolata che cerca di sfuggire alla sua prigione attraverso l’aiuto di altri animali, il tutto racchiuso in una forma a cuore che forse rappresenta l’amore della natura e la speranza per il domani. Quartiere Salinella 1 of 6
Marta Lapeña, TRUSt 2021, ph Cosimo Calabrese. Mr. Blob, TRUSt 2021, ph Cosimo Calabrese. Arrivati nella Città Vecchia, dobbiamo sapere dove andare per cercare l’unica opera orizzontale e calpestabile del Progetto T.R.U.St., infatti nel cortile della Chiesa Rettoriana San Giuseppe, sul pavimento del campo da basket, ci accolgono le geometrie astratte di Nico Skolp, che pare essersi ispirato al De Stijl di Piet Mondrian, Theo van Doesburg e Hans Richter, realizzando un’opera dal grande equilibrio formale e dall’impatto leggero che pare un’ideale e coloratissima passerella fra la terra ed il mare.
Un altro quartiere cittadino dove il Progetto T.R.U.St. ha realizzato diversi interventi è Paolo VI, a poco meno di 10 km da Taranto: qui sono 4 gli artisti che hanno operato. Per primo ci accoglie il maestoso murale di Slim Safont, che ritrae un soggetto semplice ed immediatamente riconoscibile, un pescatore sulla sua barca, mestiere antico e profondamente radicato nell’identità e cultura della città dei due mari. L’opera, realizzata con un notevole gusto impressionista, ricorda a tutti, compreso il quartiere Paolo VI, che forse la via del mare può essere, ancora oggi, una delle alternative possibili all’industria siderurgica. Poco distante troviamo l’interessante lavoro dell’artista Helen Bur, che ritrae una ragazza accovacciata che gioca con la vernice rossa di un barattolo. L’opera è un omaggio dalla doppia natura: da una parte è dedicata dall’artista alla sua collega Elisa Capdevilla, di cui riprende le fattezze, dall’altra le mani sporche di vernice rossa non possono che ricordare il sangue delle tante vittime di tumore di questo quartiere ferito a morte dalla fabbrica poco distante. Ancora scioccati per l’opera di Helen Bur, arriviamo alla parete dipinta da Stereal, che con la dolcezza del suo soggetto ci riconcilia con la vita e l’amore. L’artista ha infatti ritratto una giovane mamma che allatta il suo bambino (un abitante del quartiere); la madre è realizzata senza testa, affinché qualunque donna possa rispecchiarsi in essa, ed il bambino, unico elemento colorato in un’opera in bianco e nero, è dipinto in rosso e blu, i colori ufficiali di Taranto. Chissà, forse l’artista ha voluto rappresentare una Taranto neonata che viene allattata dalla bellezza e dall’amore dell’arte. Ma è su di un’altra parte del quartiere che troviamo una delle opere più interessanti del Progetto T.R.U.St.: l’artista torinese Psiko realizza quello che a tutti gli effetti sembra lo schermo di un televisore o di un computer, l’effetto “black mirror” è accentuato dalla cornice nera che delimita tutto il dipinto. Nel suo riconoscibile stile decostruzionista l’artista ci mostra diverse figure che si sovrappongono ed amalgamano in seguito ad un breve ed improvviso glitch, uno sbalzo elettrico che impedisce di sintonizzarsi al meglio con i programmi, metafora elettronica perfetta per auspicare il riavvio di tutto il sistema o, quantomeno, un provvidenziale switch. Tornando in città, passato il ponte girevole, ci accoglie la Taranto Umbertina e l’ultima e controversa (ma poi perchè?) opera del Progetto T.R.U.St., il gigantesco Nettuno, realizzato dall’artista Kraser, la più “alta” opera al mondo con affaccio sul mare. La ricerca dell’artista, spagnolo di nascita ma milanese di adozione, ha voluto omaggiare le origini fondanti della città di Taranto, con quel Taras figlio di Nettuno che rappresenta il padre spirituale della città dei due mari. Dicevamo “opera controversa”, per realizzarla infatti Kraser si è ispirato alla statua bronzea del Giambologna che campeggia sulla omonima fontana della città di Bologna, e secondo alcuni detrattori l’artista avrebbe potuto prendere spunto da riferimenti più autoctoni. Città vecchia, Quartiere Paolo VI e Borgo Umbertino. 1 of 6
Nico Skolp, TRUSt 2021, ph Cosimo Calabrese. Slim Safont, TRUSt 2021, ph Cosimo Calabrese.
Helen Bur, TRUSt 2021, ph Cosimo Calabrese. Stereal, TRUSt 2021, ph Cosimo Calabrese.
Psiko, TRUSt 2021, ph Cosimo Calabrese. Kraser, TRUSt 2021, ph Cosimo Calabrese. A me personalmente piace ricordare che la libertà e la creatività dell’arte e degli artisti sono sacrosante e che l’essere troppo didascalici non ha mai premiato l’arte, né ieri e ancora di meno oggi.
In ultimo noi di Smart Marketing vogliamo ringraziare altri due artisti che hanno contribuito alla realizzazione della Copertina d’Artista di questo numero, che è stata possibile grazie alle splendide fotografie di Cosimo Calabrese e all’impeccabile grafica di Iacopo Munno. Insomma, e per concludere, noi di Smart Marketing siamo rimasti così profondamente colpiti dal Progetto T.R.U.St. e dalla eco mediatica nazionale ed internazionale che ha suscitato che abbiamo deciso di ispirarci per l’uscita di ottobre del nostro magazine proprio alla street art e abbiamo intitolato il 90° numero della nostra rivista “Street marketing”, cercando, come piace a noi, di trovare connessioni non lineari fra arte, marketing, rigenerazione urbana e street marketing. Quindi abbiamo dedicato l’intero numero al Progetto T.R.U.St. ed alla street art in generale, non solo con questo articolo, ma anche con quelli dei nostri contributor, con una bella video intervista a Giacomo Marinaro e con il mio editoriale. Vi invitiamo a sfogliare virtualmente le nostre pagine e, se ne avrete la possibilità, a venire a scoprire il Progetto T.R.U.St. dal vivo con i vostri occhi. Siamo sicuri che rimarrete conquistati dal nuovo e coloratissimo skyline di Taranto. Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre. Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime novità dal mondo del marketing e della comunicazione. Nome Cognome Email * Consenso Consentici di usare i tuoi dati Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy Iscriviti alla newsletter
Street marketing - L’editoriale di Raffaello Castellano Che mese è stato questo di ottobre che, quando leggerete queste parole, sarà appena terminato??? Ovviamente intendo che mese sia stato dal punto di vista dei social, del web marketing e delle nuove tecnologie, tre dei focus principali su cui si concentra il nostro magazine. A farla da padrone, nel bene e nel male, sono sempre Facebook e Mark Zuckerberg, che in questo mese hanno dovuto affrontare diverse e delicate problematiche; ad inizio mese, il 4 ottobre la multinazionale di Menlo Park ha dovuto affrontare un down globale che ha fatto letteralmente sparire l’intera galassia di Facebook; non è andato offline solo un pezzo del gruppo fondato da Zuckerberg, ma tutta l’infrastruttura, comprese le sue molteplici piattaforme: Whatsapp, Instagram, Messenger e Oculus. Il tutto per per oltre 7 ore che, secondo Bloomberg, sono costate a Zuckerberg 160 milioni di dollari per ogni ora di interruzione della connessione digitale, senza contare che il titolo è crollato in borsa, facendo perdere altri soldi. Come se non bastasse, mentre accadeva tutto questo Facebook stava facendo i conti con le dichiarazioni rilasciate la sera prima del crash dalla loro ex dipendente e computer scientist Frances Haugen, nella seguitissima trasmissione televisiva “60 Minutes” della CBS. La Haugen ha fatto dichiarazioni al vetriolo per quanto concerne la politica dell’azienda, in fatto di tutela della privacy e soprattutto per il fenomeno dell’odio in rete e dello hate speech, ufficialmente condannati dall’azienda, ma subdolamente, secondo la Haugen, facilitati dagli algoritmi delle stesse piattaforme social. E dopo aver aperto ottobre con due faccende mica da poco come queste, Mark Zuckerberg si è ripreso la scena, a fine mese, il 28, durante l’evento Facebook Connect, dichiarando che la Facebook Inc. cambierà nome e logo diventando Meta e che il vecchio nome resterà solo ad indicare l’applicazione del social network e non più dell’azienda madre. “In questo momento, il nostro brand è così strettamente legato a un prodotto che non può assolutamente rappresentare tutto ciò che stiamo facendo oggi, figuriamoci in futuro, – ha spiegato Zuckerberg annunciando il cambio di nome dell’azienda – nel corso del tempo, spero che saremo visti come un’azienda del metaverso e voglio che il nostro lavoro e la nostra identità siano ancorati a ciò che stiamo costruendo. Il metaverso è la prossima frontiera. D’ora in poi, saremo al primo posto
nel metaverso, non in Facebook”. Insomma, vedremo cosa succederà nel futuro di “Meta” e nel nostro, ma intanto, siccome il mondo, checché ne dica Zuckerberg, non è solo virtuale, HD od a realtà aumentata, noi di Smart Marketing, coraggiosamente controcorrente, vogliamo parlarvi di una storia non globale, come quella di sopra, ma locale, anzi localissima, sicuri che, come ci diceva Balzac (o forse Tolstoj) “se vuoi essere veramente universale parla del tuo villaggio”. Noi vogliamo raccontarvi di un progetto di rigenerazione urbana e street art che ha cambiato il volto di una città come Taranto e che ha fatto parlare della città dei due mari, per una volta in chiave positiva, le televisioni, le riviste ed i blog di mezzo mondo. Si chiama T.R.U.St. il progetto realizzato dal collettivo Rublanum dal Comune di Taranto Assessorato allo Sviluppo Economico, Turismo e Marketing Territoriale, in collaborazione con l’Associazione Mangrovie e con il sostegno della Regione Puglia, che ha portato a Taranto 16 street artist di fama internazionale che hanno realizzato altrettante opere monumentali in diversi quartieri e zone della città: Salinella, Tramontone, Paolo VI, Taranto Centro, Sottopassaggio Via Ancona e Isola Madre. Scopri il nuovo numero: “Street marketing” In un mondo sempre più connesso e dove le persone sono sempre più assuefatte ai messaggi pubblicitari, lo street marketing può esprimere tutto il suo valore e dare ai brand una visibilità inaspettata, anche per mezzo delle piattaforme social. Noi abbiamo colto al volo l’occasione e abbiamo deciso di parlare in questo numero di Street Marketing, ma pure di guerrilla marketing e marketing non convenzionale, e del debito che queste
forme di marketing hanno nei confronti della street art e del graffitismo. Nelle pagine che seguono troverete come al solito articoli verticali dedicati alle nostre direttrici principali (comunicazione, marketing, social media) ma pure, e soprattutto, articoli trasversali che ci faranno comprendere meglio l’origine di temi e termini che pensavamo di conoscere. Mai come in questo numero, partiremo da vie traverse per giungere a destinazione, e le nostre rubriche più trasversali, come quella di cinema, musica, libri e della Copertina d’Artista, saranno indispensabili per comprendere meglio sia ciò che è successo a Taranto, che il nostro complesso mondo contemporaneo. D’accordo con l’amico Ivan Zorico, abbiamo dedicato la Copertina d’Artista (e l’articolo correlato, e non poteva essere altrimenti) al Progetto T.R.U.St. con un mosaico delle 16 opere realizzate, e una bella video intervista al direttore artistico e curatore della rassegna di street art, Giacomo Marinaro, che abbiamo scoperto essere anche un project manager ed esperto di marketing e che vi invitiamo a vedere. Non mi resta che augurarvi buona lettura e buona visione, e magari invitarvi a venire a visitare Taranto, perchè il metaverso di Zuckerberg sarà pure una figata, o forse no, vedremo, ma è sicuro che, come piaceva ripetere a Fëdor Dostoevskij: “La bellezza salverà il mondo”. Buona lettura e, mai come questa volta, buona visione! Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre. Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime novità dal mondo del marketing e della comunicazione. Nome Cognome Email * Consenso Consentici di usare i tuoi dati Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy Iscriviti alla newsletter
Street art, rigenerazione urbana e marketing territoriale, queste le anime del Progetto T.R.U.St. a Taranto. Intervista a Giacomo Marinaro. Durante tutto il mese di settembre e i primi giorni di ottobre 2021, a Taranto, la città dei due mari che si affaccia sullo Jonio, si è svolto uno dei progetti di rigenerazione urbana più importanti d’Europa, che ha fatto parlare di sé la stampa e le televisioni internazionali. Il progetto T.R.U.St., acronimo che sta per Taranto Regeneration Urban and Street, è un festival permanente di arte urbana, che ha il fine di promuovere le arti contemporanee e di riqualificare, valorizzare e sviluppare inedite potenzialità territoriali. Il Progetto T.R.U.St. è stato ideato e realizzato dall’APS Rublanum e dall’Associazione Mangrovie in collaborazione con l’Amministrazione Comunale di Taranto (Assessorato allo Sviluppo Economico, Turismo e Marketing Territoriale) e con il sostegno della Regione Puglia. La direzione artistica del progetto è stata di Giacomo Marinaro (Gulìa Urbana e APS Rublanum), mentre quella organizzativa ha visto lo stesso Giacomo Marinaro insieme a Matteo Falbo e Andrea Falbo dell’APS Rublanum e Mario Pagnottella dell’Associazione Mangrovie. L’idea degli organizzatori è stata quella di invitare 16 artisti, anzi street artist, per realizzare altrettante opere che, dislocate nei diversi quartieri della città (Salinella, Tramontone, Paolo VI, Taranto Centro, Sottopassaggio Via Ancona, Isola Madre) potessero cambiarne lo skyline. Scopri il nuovo numero: “Street marketing” In un mondo sempre più connesso e dove le persone sono sempre più assuefatte ai messaggi pubblicitari, lo street marketing può esprimere tutto il suo valore e dare ai brand una visibilità inaspettata, anche per mezzo delle piattaforme social. Gli artisti invitati sono di levatura internazionale, tutti attivi da diversi anni e con alle spalle già collaborazioni di alto livello con altre realtà territoriali europee. Ognuno di loro ha interpretato il territorio di Taranto attraverso la sua millenaria storia e soprattutto dialogando e interagendo con gli abitanti stessi dei luoghi in cui avrebbero realizzato le proprie opere. Ne è nato un museo a cielo aperto di cui è possibile fruire gratuitamente ogni volta che si vuole e che, vista l’eco mediatica che ha suscitato, sicuramente diventerà nei prossimi anni un fortissimo attrattore turistico. Niente male per una città, Taranto, che negli ultimi 20-30 anni ha fatto parlare di sé soprattutto per
le faccende di inquinamento ed emergenza sanitaria e lavorativa legate alla grande acciaieria dell’ex ILVA, oggi ArcelorMittal. I 16 artisti invitati a partecipare al Progetto T.R.U.St. sono Tony Gallo, Stereal, Slim Safont, Psiko, Nico Skolp, Marta Lapeña, Lidia Cao, Kraser, Jorit, Helen Bur, Elisa Capdevila, Carlitops, Mr. Blob, Belin, Attorrep e 3ttman, e rappresentano un vero e proprio plotone di guerriglieri dell’arte contemporanea, autentici alfieri della bellezza, che hanno dimostrato con la loro sensibilità e profondità artistica che aveva ragione Dostoevskij quando diceva che “la bellezza salverà il mondo”. Come abbiamo scritto in altre parti di questo magazine, noi di Smart Marketing ci siamo ispirati per questo 90° numero proprio al Progetto T.R.U.St., ed abbiamo deciso di parlare di Street Marketing e del debito di quest’ultimo nei confronti della street art e del graffitismo, dedicando grande spazio proprio al progetto di rigenerazione urbana tarantino. Abbiamo cominciato dalla Copertina d’Artista dedicata alle 16 opere realizzate, ne abbiamo parlato nei nostri editoriali, e concludiamo con questa video intervista con il Direttore artistico del progetto Giacomo Marinaro, con il quale abbiamo chiacchierato di arte, bellezza, ma pure di rigenerazione urbana e marketing territoriale. Noi vi invitiamo a vedere l’intervista, a sfogliare le nostre pagine virtuali e, più di ogni altra cosa, a fare una capatina a Taranto, magari la prossima estate, per ammirare le monumentali opere di street art e attraverso l’arte scoprire una città diversa, forse nuova, che guarda al futuro con ritrovato ottimismo. Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre. Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime novità dal mondo del marketing e della comunicazione. Nome Cognome Email * Consenso Consentici di usare i tuoi dati Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy Iscriviti alla newsletter
Nel saggio “La macchina dei memi. Perché i geni non bastano” Susan Blackmore espone la teoria dei “memi” molto prima che il fenomeno esplodesse sul web, spiegandoci un mondo che pensavamo sbrigativamente di conoscere Quest’anno vi propongo un libro al mese, forse due, per raccontare chi siamo, da dove veniamo, dove vorremmo andare e come ci vogliamo arrivare. Perché la lettura può essere svago, intrattenimento, ma anche un valido esercizio per imparare a pensare e sviluppare una certa idea del mondo. Un libro al mese, in piccole schede, in poche battute, per decidere se vale la pena comprarlo e soprattutto leggerlo. Perché la lettura, come diceva Woody Allen, è anche un esercizio di legittima difesa. Nel 1976, negli ultimi capitoli del suo celeberrimo libro “Il gene egoista”, Richard Dawkins definisce, fra i primi al mondo, il concetto di “meme”, dedicando a questo nuovo tipo di replicatore uno spazio esiguo. Ma tant’è: visto il successo planetario del saggio, il “meme” salta al centro del dibattito scientifico fra detrattori e promotori, tracciando una via molto feconda di studi, esperimenti e pubblicazioni, non solo accademiche. “La macchina dei memi. Perché i geni non bastano”, pubblicato nel 1999 dalla psicologa britannica Susan Blackmore, è forse il testo che ha avuto più successo, non solo tra gli specialisti, e che ha generato il più ampio dibattito scientifico. La Blackmore tenta di costituire una vera e propria scienza della memetica, discutendo il suo potenziale empirico e analitico, così come alcuni importanti problemi che riguardano la memetica. La prima metà del libro cerca di fare maggiore chiarezza sulla definizione del meme, mentre l’ultima metà del libro, forse la più interessante e divulgativa, consiste in una serie di possibili spiegazioni memetiche per problemi diversi, come l’origine della lingua, l’origine del cervello umano, i fenomeni sessuali, l’origine delle religioni, internet e la stessa nozione di sé. Scopri il nuovo numero: “Street marketing” In un mondo sempre più connesso e dove le persone sono sempre più assuefatte ai messaggi pubblicitari, lo street marketing può esprimere tutto il suo valore e dare ai brand una visibilità inaspettata, anche per mezzo delle piattaforme social.
L’autrice vede il meme come un replicatore universale, di cui il gene è un’altro esempio, piuttosto che considerare il meme uguale al gene. I replicatori universali, secondo la Blackmore, per essere tali devono avere tre caratteristiche fondamentali: replicazione ad alta fedeltà, alti livelli di fecondità (e quindi molte copie di sé stessi), e longevità. L’esistenza dei memi è accettata da gran parte della comunità scientifica, anche se essi sono visti, principalmente, come entità subordinata ai geni. La Blackmore suggerisce che questo non è vero, e che i memi sono replicatori indipendenti e che addirittura in alcuni casi possono guidare l’evoluzione genetica, ed essere, inoltre, la causa delle dimensioni insolitamente grandi del cervello dell’Homo Sapiens. La macchina dei memi Perché i geni non bastano Autore: Susan Blackmore Editore: Instar Libri Anno: gennaio 2001 Pagine: 480 Isbn: 9788846100436 Prezzo: € 18,60 L’autrice scrive che il cervello umano ha iniziato ad espandersi di dimensioni nello stesso periodo in cui abbiamo iniziato a fabbricare ed usare degli strumenti e suggerisce che, una volta che gli
individui hanno cominciato a imitarsi l’un l’altro, la pressione selettiva ha favorito coloro che potevano fare buone scelte su cosa imitare, e coloro che sapevano imitare in modo intelligente. Il nostro grande cervello in pratica si è sviluppato per “imitare” e “diffondere” memi e in ultima istanza è l’imitazione e non il linguaggio che davvero ci distingue dagli altri animali. Perché dovremmo leggere “La macchina dei memi. Perché i geni non bastano”? Va chiarito che la Blackmore parla dei “memi analogici” e non di quelli “digitali” a cui siamo abituati noi e che da una decina d’anni spopolano sul web ed i social network, per cui non dovete aspettarvi un manuale che illustri i memi, soprattutto fotografici, più celebri e virali. Il saggio in questione, però, è un compendio indispensabile per comprendere la natura profonda e l’evoluzione dei memi, siano essi analogici o digitali, e quindi risulta una lettura interessante e, come mi piace dire, indispensabile per il social media manager, il copywriter, il content creator e in definitiva per chiunque si occupi di comunicazione sul web. Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre. Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime novità dal mondo del marketing e della comunicazione. Nome Cognome Email * Consenso Consentici di usare i tuoi dati Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy Iscriviti alla newsletter #martyisdead è la pluripremiata miniserie ceca che racconta con crudo e affilato realismo il cyberbullismo e le conseguenze che può avere sugli adolescenti e che
dovete assolutamente vedere É finalmente arrivata anche in Italia l’attesissima e pluripremiata serie ceca sul cyberbullismo, #martyisdead, dal 19 ottobre su Italia 1 in terza serata e sempre disponibile su Mediaset Infinity. Tutto comincia, come in un racconto di Agatha Christie, con la morte del protagonista che dà il nome alla serie, il giovane Marty Biederman (interpretato da Jakub Nemčok), un ragazzo 15enne che frequenta la terza media, appassionato di videogiochi e che sembra non dare particolari preoccupazioni alla sua famiglia. Un giorno, però, Marty viene investito da un corriere mentre sta attraversando la strada e muore. Da questo plot narrativo si dipana una trama che piano piano svelerà retroscena macabri e la doppia vita di Marty. Da una parte le indagini del padre Petr (cui dà volto e sostanza Jan Grundman), che non si rassegna alla morte del figlio, si richiude nella sua cameretta e per caso scopre alcune inquietanti chat di messenger e video sul suo computer, dall’altra una serie di flashback permettono a noi spettatori di scivolare gradualmente nel buco nero del web e scoprirne il volto più violento e diabolico. Il padre, e noi spettatori insieme a lui, scopriamo che il figlio era infatti ricattato da una certa Eliska che gli ordinava di compiere azioni via via più estreme ed autolesioniste, per non mettere on line un suo video hot privato. Ma chi si nasconde dietro a questa Eliska? Un uomo o una donna? Un amico o uno sconosciuto? I l p r o t a g o n i s t a d e l l a serie #martyisdead, il giovane Marty Biederman, interpretato dal talentuoso Jakub
Nemčok. Girato con grande gusto della messa in scena, la fotografia spazia da campi lunghi ad interni angusti a primi piani drammatici, prediligendo, quasi sempre, una scelta cromatica fredda, che accentua il disagio e il senso di smarrimento del protagonista ed anche di noi spettatori. Solo nella stanza di Marty, davanti al suo pc, le luci diventano calde, come se solo quel luogo potesse contenere un afflato di vita, di amore e di socialità. Ma, come scoprono le zanzare attratte dalle lanterne zanzaricide, Marty (e noi con lui), apprenderà che le luci scintillanti spesso possono essere insidiose, pericolose e traditrici. #martyisdead è stata diretta da Pavel Soukup, che ha spiegato come l’idea di realizzare una serie come questa sia nata alla fine del 2018 dal diffondersi del fenomeno delle sfide autolesioniste che circolano nel dark web ma non solo, inviti a superare i propri limiti attraverso presunti riti di iniziazione. Esempi celebri in tal senso sono la Blue Whale Challenge, che potrebbe aver spinto alcuni ragazzi al suicidio, nata nel 2016, oppure la più recente Blackout Challenge di Tik Tok, che invita i partecipanti a stringersi una corda intorno al collo. Come ha dichiarato lo stesso regista: “Questa storia è nata sulla base di vicende realmente accadute. Circa tre anni fa, i media russi hanno parlato di un fenomeno che ha portato alcuni adolescenti a compiere gesti pericolosi, come l’autolesionismo. A quel punto ci siamo chiesti: chi c’è dietro tutto questo e perché? Abbiamo approfondito l’argomento e sono emersi racconti spaventosi su internet, situazioni che comportavano sfide estreme”. P e t r B i e d e r m a n , i l p a d r e di Marty, interpretato Jan Grundman.
La serie, del 2019, è stata realizzata in Repubblica Ceca, dove è stata pubblicata sul sito della rete Mall.Tv, in otto brevi episodi (della durata di quindici minuti ciascuno), proprio per favorirne la fruizione da parte delle nuove generazioni, spettatori ideali di questo prodotto e destinatari ultimi degli importanti messaggi che veicola. Tutto quello che si vede in Marty is Dead è infatti frutto di vicende realmente accadute, che gli sceneggiatori hanno messo nero su bianco aiutati da un pool di esperti di cyberbullismo, cyber sicurezza ed dark web. Il risultato è questa miniserie cruda, affilata, disturbante che va dritto al punto e che anche grazie al suo formato mira proprio ad arrivare al pubblico più giovane, catturandolo come se stesse raccontando un thriller, senza però mai perdere la coscienza della realtà circostante. #martyisdead, che ha conquistato pubblico e critica in mezzo mondo, è la prima produzione ceca ad aver vinto un Emmy Award nella categoria Miglior Short-Form Series, e ad aggiudicarsi altri importanti riconoscimenti internazionali, fra cui il primo premio al Festival Internazionale Serial Killer, il miglior progetto televisivo al Festival Finale Plzeň 2020 nella categoria Serial production e il Leone Ceco per i risultati ottenuti nel campo dell’audiovisivo. Non è l’unico lavoro che parla di Blue Whale Challenge e simili; la scorsa estate noi di Smart Marketing vi avevamo parlato del bellissimo e disperato film “50 o Dos Ballenas se Encuentran en la Playa” (Messico 2020), del regista Jorge Cuchi, proiettato durante la Settimana Internazionale della Critica in trasferta a Taranto, ma in quel caso si trattava di un film di due ore, mentre in questo si tratta di una miniserie di 8 episodi di 15 minuti ciascuno, molto più in sintonia con i risicati tempi di attenzione della generazione dei Millennials e ancor più della Generazione Z; sorprende, non poco, a questo punto la scelta di Mediaset di programmare la messa in onda del programma in terza serata, alle 00:30, dopo la lunga maratona televisiva delle Iene. Perchè puntare su un prodotto pensato per i giovani, rivolto ai giovani e strutturato per i giovani e poi relegare questa bella e importante serie abbondantemente dopo la mezzanotte??? Non è dato sapere il perchè di questa scelta così singolare e discutibile, non sembra che #martyisdead abbia ricevuto particolari veti sull’età dei fruitori, ma, anche se fosse, la programmazione almeno in seconda serata avrebbe consentito la fruizione della serie da parte di genitori e figli adolescenti, assicurandosi che i più piccoli fossero già a letto. Peccato, perchè il battage pubblicitario sulla serie è stato importante e quindi anche l’aspettativa, mortificare il tutto programmando questa serie dopo le 00:30 sembra la stessa strategia adottata dalla Rai una ventina di anni fa con il palinsesto culturale. Prima della rivoluzione digitale televisiva, infatti, che ha assegnato canali specifici anche ai palinsesti culturali, Rai Cultura cominciava dopo la mezzanotte e più che educare un pubblico generalista e/o accontentare un piccolo ma “ristretto” pubblico di appassionati sembrava avere l’unico scopo di garantire che la quota parte di programmazione culturale giornaliera “obbligatoria” fosse assolta, per mantenere quell’aura di “servizio pubblico” cui la stessa Rai sembrava e forse sembra non credere più.
É inutile nasconderlo, la prima e la seconda serata sono ancora oggi, in un mondo di spettatori sempre più diversificato e sfarinato, che fruisce dei contenuti video e dei programmi su diversi device, da diverse applicazioni e negli orari più disparati, le due fasce più viste e commentate della televisione e forse #martyisdead avrebbe meritato un po’ più di coraggio. L’appuntamento con i prossimi episodi di #martyisdead è per martedì prossimo 26 ottobre dalle 00:30 circa, dopo le Iene, su Italia1, intanto chi si fosse perso i primi 3 episodi può recuperarli gratuitamente sul sito di Mediaset – Infinity. Buona visione! Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre. Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime novità dal mondo del marketing e della comunicazione. Nome Cognome Email * Consenso Consentici di usare i tuoi dati Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy Iscriviti alla newsletter Il lunedì nero di Facebook: il “down” globale di 7 ore è costato a Mark Zuckerberg 6 miliardi di dollari La tempesta perfetta che si è abbattuta ieri sull’intera infrastruttura digitale della “galassia Zuckerberg” dalle 17:30 a oltre la mezzanotte (orario italiano) dimostra, tra le altre cose, e per l’ennesima volta, quanto le nostre vite sociali, di relazione e lavorative, siano dipendenti dai social
network e quanto i monopoli tecnologici, come quello della multinazionale di Menlo Park, siano ancora più pericolosi, quando concentrano non uno ma addirittura tre dei social network più utilizzati del pianeta. É successo, come sembra dalle poche informazioni e dalle tante indiscrezioni trapelate, che alla base del “down” ci sia stato un serio problema ai server dell’azienda. Un problema di rete causato da un errore nella configurazione di una componente essenziale del sistema, il BGP (Border Gateway Protocol). Tutto è cominciato in California alle 8:40 del mattino , le 5:40 del pomeriggio in Italia, quando molto rapidamente l’intero sistema di Facebook è letteralmente sparito nel nulla. Non è andato offline solo un pezzo del gruppo fondato da Zuckerberg, ma tutta l’infrastruttura, comprese tutte le sue molteplici piattaforme: Whatsapp, Instagram, Messenger e Oculus. Le segnalazioni degli utenti indicano che Facebook sta avendo problemi da 5:44 PM CEST. https://t.co/YNGPVYgR8b Retweet se anche tu riscontri problemi #problemiFacebook — Downdetector Italia (@downdetectorIT) October 4, 2021 Questo “down”, anzi questo autentico buco nero è di una gravità e di un’amppiezza senza precedenti ed ha avuto ripercussioni sociali, politiche ed economiche pesanti ovunque nel mondo. L’agenzia Bloomberg ha stimato che la perdita economica a livello mondiale sia stata di 160 milioni di dollari per ogni ora di interruzione della connessione digitale. È facile comprenderlo, imprese di tutto il mondo, abituate a ricevere gli ordinativi e a fare le consegne comunicando attraverso Facebook, Instagram e sopratutto WhatsApp si sono improvvisamente bloccate. Le conseguenze sono state le più diverse e vanno molto al di là di quelle puramente commerciali: molti utenti dotati di apparecchi smart attivati attraverso connessioni Facebook si sono trovati all’improvviso e per molte ore a non poter accendere la tv, attivare un termostato, entrare in un sito di shopping online, o, peggio, a non poter aprire la porta di casa. Stessa cosa, quest’ultima, successa anche al personale di Facebook che non è riuscito a entrare nei suoi uffici perché il «buco nero» che ha colpito il gruppo ha fatto svanire anche i meccanismi di sicurezza interna, compresi quelli di riconoscimento dei badge dei dipendenti. All’inizio si è pensato ad un attacco hacker ben architettato, ma poi, pian piano che le informazioni trapelavano, si è capito che si trattava di un problema tecnico alla rete dell’azienda stessa. Mentre l’azienda ammetteva di avere un problema che stava cercando di risolvere e si scusava con gli utenti per i disagi attraverso il suo profilo ufficiale di Twitter (cosa che ha divertito e scatenato gli utenti del social dei cinguettii), sono piano piano emersi i contorni di un incidente tanto banale quanto catastrofico, diretta conseguenza di problemi logistici e organizzativi prima ancora che degli infortuni tecnologici che, pure, ci sono sicuramente stati.
To the huge community of people and businesses around the world who depend on us: we’re sorry. We’ve been working hard to restore access to our apps and services and are happy to report they are coming back online now. Thank you for bearing with us. — Facebook (@Facebook) October 4, 2021 Problemi ingigantiti da due fattori principali: da una parte il timore di sabotaggi che ormai spinge tutte le aziende tecnologiche a darsi procedure di sistema segrete, affidate a pochissime persone molto fidate e preparate; dall’altra il Covid, che ha portato quasi tutti i tecnici, come molti altri specialisti, a lavorare in remoto da casa. Ma il crash alla rete di Facebook di ieri ha reso necessario che, coi sistemi totalmente paralizzati, bisognasse andare a intervenire “manualmente sui server”, e ci si è resi conto solo allora che chi era in grado di farlo era fisicamente lontano, mentre chi era già in azienda non aveva le competenze necessarie. Anche per questo ci sono volute quasi 7 ore prima di poter ricominciare ad attivare, in modo molto graduale, le piattaforme del gruppo. Era già successa una cosa simile nel 2019, quando Facebook aveva vissuto una crisi durata quasi 24 ore per un errore di configurazione dei server. Ma quella volta era stata colpita solo una parte del sistema, mentre stavolta Facebook ha dovuto fronteggiare quella che verrà ricordata come una vera “tempesta perfetta”. Una crisi che ha provocato una flessione del titolo Facebook in Borsa, facendo in poche ore perdere a Zuckerberg 6 miliardi di dollari. Il tutto in una giornata che già era cominciata molto male per il gruppo, quando un’ex dipendente, la computer scientist Frances Haugen, poche ore prima, in una seguitissima trasmissione televisiva della CBS, aveva denunciato una serie di scelte riprovevoli della società in merito alle politiche adottate riguardo al fenomeno dell’odio in rete e dello hate speech, ufficialmente condannati dall’azienda, ma subdolamente, secondo la Haugen, facilitati dagli algoritmi delle stesse piattaforme social. Insomma, un Lunedì nero per Facebook e Zuckerberg, ma anche per molti di noi che si sono riversati in massa su piattaforme alternative come Twitter, Telegram, che ha avuto un’impennata di iscrizioni, e che hanno riscoperto il valore degli sms e delle telefonate, autentici dinosauri tecnologici, che però hanno funzionato. Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre.
Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime novità dal mondo del marketing e della comunicazione. Nome Cognome Email * Consenso Consentici di usare i tuoi dati Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy Iscriviti alla newsletter La copertina d’artista - #ripartItalia 2021 Un velocista è sui blocchi di partenza, forse della gara regina delle Olimpiadi, i 100 metri; ma questo atleta ha qualcosa di più. La sua tuta tecnica è di un azzurro scintillante, striata in più punti da fasce tricolori che richiamano la bandiera italiana e, a ben vedere, la stessa tuta ha un qualcosa che richiama un’armatura, una versione nostrana della mitica armatura di Iron Man, quella progettata ed indossata da Tony Stark. E forse il riferimento all’uomo d’acciaio, questa la traduzione letterale del nome dell’eroe marveliano, non è affatto casuale, sono stati uomini e donne d’acciaio quelli che hanno tinto d’oro, argento e bronzo la lunga estate italiana, fra europei di calcio e campionati di pallavolo maschile e femminile, passando per le medaglie ed i primati delle Olimpiadi e Paralimpiadi, culminate con la vittoria dei 100 metri di Marcell Jacobs, primo italiano nella storia, alle Olimpiadi di Tokyo con il tempo di 9’ e 80”, lo scorso 1°agosto 2021.
L a C o p e r t i n a d ’ A r t i s t a d i S e t t e m b r e , r e a l i z z a t a da Domenico Velletri.
Le vittorie ed i successi sportivi del Paese hanno favorito la ritrovata voglia di patriottismo e desiderio di rivalsa degli Italiani, dopo un 2020 segnato da una pandemia che ha scompaginato i programmi e le agende dei singoli, così come delle istituzioni e delle nazioni. Le Olimpiadi di Tokyo, incerte fino all’ultimo, hanno rappresentato i migliori valori dello sport, e quel desiderio, mai sopito, di vittoria umana che si staglia contro un male globale che sembrava aver vinto definitivamente. Gli atleti, le vittorie e lo sport più in generale hanno rappresentato il miglior vaccino per le nostre coscienze infiacchite dalle restrizioni, il miglior farmaco contro quella strisciante ed ormai endogena depressione che aveva ghermito più o meno tutti noi. Le sfide, i sacrifici e le vittorie che lo sport regala a chi è disposto a misurarsi prima con se stesso e poi con gli altri sono la perfetta metafora di questa ripartenza post pandemica, di questa ripartenza post vacanze, di qualsiasi ripartenza esistenziale, lavorativa, o di relazione. D o m e n i c o V e l l e t r i s u l s e t t i m a n a l e Gente, per le sue ironiche mascherine disegnate, perfette per non perdere la “faccia”.
Nonostante siano più di 20 anni che scrivo, parlo ed organizzo eventi artistici, mi sorprendo ancora come un bambino quando vedo la capacità di sintesi di cui sono capaci gli artisti. Prendete Domenico Velletri (già autore della Copertina d’Artista del novembre 2019), il graphic designer di questa copertina di settembre: è riuscito a condensare in una singola immagine molteplici significati, tutti legati dal filo rosso che richiama la voglia di superare i propri limiti tipica degli esseri umani, quel fuoco che arde in ciascuno di noi e che ci spinge a provarci e riprovarci, ad allenarci fino allo stremo, finchè non riusciamo a sconfiggere i nostri avversari e soprattutto noi stessi, perché, alla fine, come disse Friedrich Nietzsche: “Nessun vincitore crede al caso”. Scopri il nuovo numero: “#ripartItalia” La ripartenza è un tema quanto mai attuale. Dopo due anni di pandemia sentiamo il bisogno di lasciarci alle spalle questo lungo periodo complesso (tenendo quello che di buono c’è stato) e di affacciarci con ottimismo al tempo che verrà. Insomma, l’eroe velocista della copertina di settembre che aspetta il colpo di pistola per scattare dai blocchi è la rappresentazione plastica, filosofica, ma soprattutto ideale della voglia di ripartenza di noi Italiani, che nella nostra scintillante armatura con i colori nazionali vogliamo tagliare i traguardi del nostro successo. Non dimenticando, però, che il successo individuale è poca cosa se non contempla, favorisce od almeno ispira il successo collettivo, perché, come ebbe a dire Don Carlo Gnocchi: La vittoria è sempre nel pugno di pochi. Provare a preparare questa pattuglia di eroi è il segreto di ogni vittoria. Quindi lasciamoci ispirare dalla bella Copertina d’Artista di Domenico Velletri e, più in generale, dagli articoli dei nostri contributor che compongono questo 89° numero del nostro magazine dal titolo #ripartItalia.
Domenico Velletri, artista eclettico, spazia dalla pittura alla scultura, dalle tecniche digitali all’illustrazione, dall’animazione alla realizzazione di cartoon e videoclip. Diverse le sue opere presenti in varie città italiane, come la scultura in pietra della Regina Elena del Montenegro a Roma o l’opera scultorea di S. Maria Clotilde di Borbone a Napoli. Autore, fra l’altro, di numerose opere nel territorio biscegliese, come l’altorilievo bronzeo in onore a Giuseppe Di Vittorio in piazza Vittorio Emanuele II, il bassorilievo bronzeo di Aldo Moro, in via Aldo Moro e il bassorilievo in terracotta, nel ricordo del centenario della storica apertura, del Rettifilo, sempre in via Aldo Moro. Diverse sculture sacre come il Crocifisso ligneo nella chiesa di S. M. di Costantinopoli, la scultura lignea della Madonna dell’Immacolata per la chiesa di S. Andrea e il dipinto absidale di Santa Caterina da Siena. Esordisce al cinema con la realizzazione della parte animata nel film “Cobra non è” (qui trovate la nostra recensione), di Mauro Russo, prodotto da Giallo Limone Movie e distribuito da 102 Distribution, in collaborazione con Rai Cinema. Fra le due ultime collaborazioni il suo lavoro per il cantante Fabio Rovazzi con la realizzazione dell’intro in motion comics per il videoclip “La mia felicità”. Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre. Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime novità dal mondo del marketing e della comunicazione. Nome Cognome Email *
Consenso Consentici di usare i tuoi dati Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy Iscriviti alla newsletter #ripartItalia 2021 - L’editoriale Raffaello Castellano Scrivere l’editoriale di settembre, che, come sanno i nostri lettori, fin dalla nascita del nostro magazine si intitola #ripartItalia, diventa sempre più complesso. Di cosa parlare? Su quale argomento, fra i tanti possibili, concentrare l’attenzione? Per quale focus propendere? Capite che, dopo 8 anni ed altrettanti editoriali settembrini, il rischio di ripetersi è molto alto, sia perché a scrivere gli articoli è sempre la stessa persona, con le sue preferenze ed i suoi pregiudizi, sia perché, diciamocelo, i problemi, non solo digitali, del nostro Paese sono quasi sempre i medesimi: instabilità politica, eccessiva burocrazia, lavoro, formazione ed istruzione, ecologia ed ambiente, digital divide, alfabetizzazione informatica, inverno demografico, ricambio generazionale, etc., etc.. Certo la cronaca ci aiuta (o forse no), soprattutto qui in Italia, dove spesso, in tema di innovazione, si fa un passo in avanti e due-tre indietro o nella migliore delle ipotesi due di lato come i gamberi, come già ci aveva avvertito il grande e compianto Umberto Eco in un suo saggio di qualche anno fa. Probabilmente è di questo tipo la notizia, salutata con un generale ed entusiastico consenso (chissà perchè poi), che ha visto protagonista il Ministro della Pubblica amministrazione Renato Brunetta, che ha parlato della “fine dello smart working” per tutti i 3,2 milioni di dipendenti delle 30 mila amministrazioni pubbliche a partire dal 15 ottobre, buttando, come spesso si fa in Italia,
l’acqua sporca con tutto il bambino. Scopri il nuovo numero: “#ripartItalia” La ripartenza è un tema quanto mai attuale. Dopo due anni di pandemia sentiamo il bisogno di lasciarci alle spalle questo lungo periodo complesso (tenendo quello che di buono c’è stato) e di affacciarci con ottimismo al tempo che verrà. Ancora più significativo e drammatico della marcia indietro sul lavoro agile, è il fenomeno delle morti bianche (eufemismo quanto mai fuorviante), che ha visto negli ultimi due giorni, 28 e 29 settembre, 11 vittime! Un vero bollettino di guerra, per un problema iscrivibile a diversi fattori, ma che vede nella mancanza di controlli e nella scarsa, se non assente, cultura aziendale quelli principali. Un bilancio da incubo: 3 morti ogni giorno sul lavoro, per un totale di 677 vittime nei primi sette mesi dell’anno, secondo gli ultimi dati sulle denunce presentate all’Inail. Forse anche questo dato è uno di quelli da cui dover ripartire per rendere davvero il nostro Paese moderno ed evoluto. F o t o d i S u k h W i n d e r d a P exels. Poi ci sarebbero le solite “beghe” politiche fomentate dalle imminenti elezioni amministrative, con tutto il loro variopinto corollario di “urgenti questioni da affrontare subito” ed il sorprendente (ma per chi poi?) risultato del Referendum per la liberalizzazione della Cannabis, che ha raggiunto (mentre scrivo questo editoriale 30 settembre) le 650.000 firme con tutto il mese di ottobre ancora valido per aderire. Un risultato ancora più importante in un paese dove il “consumatore” è profondamente colpevolizzato da un sistema legislativo e giudiziario che lo
equipara ai criminali. Insomma di cose da cui ripartire ce ne sarebbero, ma noi di Smart Marketing non saremmo noi se non prendessimo ispirazione dal meglio che accade nella nostra Italia. Su tutto il resto si staglia l’Italia sportiva, che da giugno non smette di sorprenderci con le vittorie ed i primati mondiali che gli atleti normodotati e paralimpici hanno portato a casa. Dagli Europei di calcio, ai Campionati europei di pallavolo maschile e femminile, passando per le medaglie ed i primati delle Olimpiadi e Paralimpiadi, con la vittoria dei 100 metri di Marcell Jacobs (primo italiano nella storia, alle Olimpiadi di Tokyo con il tempo di 9” e 80 centesimi lo scorso 1°agosto 2021), a rappresentare la ciliegina sulla torta. Un primato, quello dei 100 metri, che ha ispirato anche l’arista di questo numero, Domenico Velletri, che ha realizzato la bellissima copertina di questo “#ripartItalia 2021”.
L a C o p e r t i n a d ’ A r t i s t a d i S e t t e m b r e , r e a l i z z a t a da Domenico Velletri.
Una vittoria, quest’ultima, ma anche dello sport in generale, che deve essere sprone per tutti noi affinché, come i valori dello sport ci insegnano, dobbiamo perennemente superare i nostri limiti e alzare le asticelle dei primati raggiunti, perché solo superando le prove “difficili” capiamo di che pasta siamo fatti e miglioriamo noi stessi, come ebbe a dire il poeta Rainer Maria Rilke: Sappiamo poco, ma che il difficile è il nostro compito è una certezza che non ci deve abbandonare mai. Quindi non mi resta che augurarvi buona lettura e tante “prove difficili” e tanto coraggio nell’affrontarle, sicuri che dopo sarete atleti migliori, professionisti più preparati ed uomini più consapevoli, maturi ed evoluti: una versione 3.0 di voi stessi, cosa volere di più? Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre. Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime novità dal mondo del marketing e della comunicazione. Nome Cognome Email * Consenso Consentici di usare i tuoi dati Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy Iscriviti alla newsletter Strepitoso successo del TAWAVE a Taranto: una perfetta metafora della “ripartenza”, dove il coraggio, la visione e la perseveranza di 5 donne hanno tinto di rosa il mondo digitale
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