La Copertina d'Artista - Simply the best 2021
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La Copertina d’Artista - Simply the best 2021 É una coloratissima e psichedelica immagine a fare da Copertina d’Artista al 92° numero del nostro magazine. Sembra più la cover di un LP di un gruppo progressive rock degli anni ‘70 che la copertina di un mensile. Una serie di elementi molto eterogenei si affastellano e amalgamano gli uni sugli altri senza soluzione di continuità. Dall’alto si vedono innanzitutto delle geometrie perfettamente sospese fra l’arte Pop e l’arte Optical, scendendo appena un poco con lo sguardo sorprendiamo due fate o ninfe in pieno stile Liberty, ancora più in basso una grande ruota o disco si ruba metà della scena, è una ruota strana perché assomiglia sia ad un mandala induista che ad una roulette, infine in basso vediamo un groviglio di piante e rose che formano una sorta di cornice che delimita lo spazio. Su tutto l’Artwork, infine, campeggia la scritta “Simply the best”.
L a C o p e r t i n a d ’ A r t i s t a d e l 9 2 ° n u m e r o d e l n o s t r o magazine realizzata da Giulio Giancaspro. Insomma, siamo davanti ad un lavoro stratificato e multiforme, di non immediata comprensione, un’opera che si presta a svariate letture.
Ho il privilegio di conoscere personalmente l’artista, il talentuoso ed eclettico Giulio Giancaspro, giunto ormai alla sua 4° collaborazione con il nostro magazine, e, dopo aver chiacchierato con lui sulla tematica del numero che doveva illustrare, sono venuto a conoscenza di una serie di meta- informazioni che mi hanno permesso di comprendere meglio questo lavoro. Quello che vedete è una vera biografia, o meglio un’infografica, nella quale Giancaspro ha condensato più di 30 anni di carriera, ogni elemento grafico rappresenta un “periodo” dell’artista. Cominciando dall’alto scorgiamo le geometrie optical e pop della sua giovinezza, le ninfe sono le rappresentazioni del suo breve ma intenso periodo liberty (della cui esistenza ho appreso solo recentemente), il disco è in realtà un piatto della sua ultima produzione di design dove ritornano le sue giovanili geometrie filtrate dall’esperienza e dal mestiere della maturità, infine, le piante e le rose sono un mix efficace tra illustrazione e fumetto. Tutta l’immagine infine è resa armoniosa ed equilibrata da altre due frequentazioni del nostro artista: la grafica e la Pop art che da anni, e più profondamente di altre, definiscono lo stile eclettico e multiforme del Giancaspro.
L ’ o p e r a “ C a l e n d a r i o 2 0 2 1 ″ d i G i u l i o Giancaspro. Raccontare con le immagini, imprimere la propria impronta sulla materia per darne significati altri, creare opere che parlano sì ai nostri occhi, ma che prima ancora interrogano le nostre coscienze. Scopri il nuovo numero: “Simply the best” Possiamo decidere che il 2021, al pari del 2020, sia completamente da buttar via, oppure possiamo scegliere di focalizzarci su altro… sulle nuove consapevolezze raggiunte, sul nuovo valore che diamo al tempo ed allo stare insieme. Ossia, su quanto di buono è comunque accaduto o su cosa abbiamo imparato. Giulio Giancaspro in quest’opera parla di se stesso, del suo percorso come uomo ed artista, ma a
guardar bene e a fondo parla anche a noi e di noi: tutta l’immagine pare un inno alla vita, non c’è angoscia o tristezza, ma solo positività e gioia. I simboli di buon augurio per il futuro si sprecano: le ninfe sembrano le fate delle nostre favole, la ruota sembra un benaugurante mandala, le piante ed i fiori sono la natura che emerge per inondare di profumo e bellezza tutto lo spazio. A l c u n e o p e r e d i G i u lio Giancaspro in esposizione a Kunst im Fluss (Arte sul fiume), 2° edizione, presso Hersbruck (Norimberga), Germania. Con questo tripudio di arte e storytelling si chiude un altro anno di straordinarie Copertine d’Artista; abbiamo voluto chiudere questo strano ed ansiogeno 2021 con un’opera di Giulio Giancaspro, con il quale avevamo cominciato lo scorso gennaio, perchè eravamo sicuri che ci avrebbe donato un lavoro pieno di gioia, speranza e buoni propositi, ma il nostro beniamino ha fatto di più, perché l’ultimo, e più importante, messaggio che emerge dalle figure e dai colori della copertina, sembra essere che: “senza sapere da dove veniamo, non sappiamo dove stiamo andando”. Forse è questo il compito più sottovalutato dell’arte, immaginare i sentieri del futuro, senza dimenticare il cammino che abbiamo già compiuto.
Giulio Giancaspro Nato nel 1963 a Molfetta (Ba), dove vive e opera. Dal 1990, sulla scia delle prime esperienze pop, mette in gioco con ironia il suo lavoro con sensibili capacità nello scomporre e ristrutturare un altro know how strettamente legato alla comunicazione pubblicitaria. Si occupa di pittura, grafica e comunicazione visiva. Numerose sono le sue produzioni grafico- pubblicitarie, pittoriche e digitali, tra cui i Movie-Poster. Nel 2019, dalla fusione di due linguaggi diversi tra loro (astrattismo geometrico e pop art), giunge a una ricerca più intima, intrisa di sensibilità emotiva e positività, che chiama ironicamente “Arte in Stallo”. Dal 2020 collabora come illustratore con la rivista mensile “L’altra Molfetta”, di cui cura le pagine dell’arte e della satira. Per Smart Marketing ha illustrato la primissima Copertina d’Artista del Gennaio 2015, quella del 50° numero del nostro magazine nel Giugno del 2018 e quella del Gennaio 2021. Per informazioni e per contattare l’artista: giulio.giancaspro@libero.it Ultime mostre: 2021 Un Pop di tutto, Cittadella degli Artisti, Molfetta (BA); Kunst im Fluss (Arte sul fiume), 2° edizione, presso Hersbruck (Norimberga), Germania. 2020 “Kunstspaziergang” – Percorso artistico ambientale, Hersbruck (Norimberga), Germania.
2019 “Arte in Stallo “– Gaart Gallery, Molfetta (BA); “Kunst im Fluss” – Mostra all’aria aperta, Hersbruck (Germania); “Play Movie. Cinema, gioco e ironia nei movie posters di Giulio Giancaspro” – Liceo Artistico Statale “V. Calò”, Grottaglie (TA). 2018 “Love & other drugs” – Galleria Spaziogiovani, Bari; “Tessere di Pace” – Sala dei Templari, Molfetta (BA). 2017 “Nei meandri della Bellezza” – Deutsches Hirtenmuseum, Hersbruck (Germania); “Eternalove” – Clitorosso Art Gallery, Ruvo di Puglia (BA). 2016 “BeneBiennale” – Rocca dei Rettori, Benevento; “Sottobraccio” – Museo della Città e del Territorio, Corato (BA); “News-Cover. Notizie, immagini e visioni ai tempi dell’Infotainment” – Momart Gallery – Matera, Chiesa Sant’Andrea degli Armeni – Taranto, Laboratorio Urbano Mediterraneo – San Giorgio Jonico (TA). Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre. Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime novità dal mondo del marketing e della comunicazione. Nome Cognome Email * Consenso Consentici di usare i tuoi dati Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy Iscriviti alla newsletter
Simply the best 2021- L’editoriale di Raffaello Castellano Che anno è stato quello che volge al termine? Di cosa abbiamo discusso? Di cosa abbiamo avuto paura? Di cosa ci siamo privati? Di cosa abbiamo scoperto di non poter fare a meno? Ed ancora: cosa abbiamo desiderato? Cosa abbiamo comprato? Chi (quando possibile) abbiamo incontrato? Cosa, o chi, abbiamo perduto? Ed infine: cosa abbiamo imparato? Cosa abbiamo applicato alle nostre vite online ed offline? Cosa ci ha fatto crescere e maturare? E, soprattutto, cosa ci porteremo dietro nell’anno che verrà? Ogni fine anno la resa dei conti con queste domande, così scontate eppure così fondamentali ed ineludibili, si fa concreta e inesorabile. Eppure, al netto delle date e dei calendari, in teoria e anche in pratica, nulla ci vieta di porci queste domande in qualsiasi momento dell’anno, di un mese o di una qualsiasi singola giornata da cui è composto un anno, questo o qualsiasi altro. Perché facciamo i conti, i bilanci e stiliamo le nostre liste di buoni propositi sempre a fine anno? Perchè il nostro “Simply the best” arriva sempre fra fine dicembre e inizio gennaio? Sinceramente non l’ho mai capito, ho cercato di recuperare le possibili risposte in ambito psicologico e sociale, ma alla fine, dopo una sfilza di erudite e puntuali spiegazioni specialistiche, ho concluso che la disincantata e amara verità è che a noi umani ci piace un sacco procrastinare, rimandare e eludere le possibili risposte che sappiamo di dover dare alla serie di domande cui accennavo nell’elenco messo in apertura a questo editoriale.
P h o t o b y G e r d A l t m a n n o n P ixabay. La routine, la zona di comfort, lo status quo, chiamatelo come vi pare, anche se stretto, angusto, asfissiante, monotono, quando non proprio tossico e dannoso, ci piace, ci conforta e ci spaventa meno di un ipotetico e incerto futuro. Anche se, in cuor nostro, sappiamo che per cambiare, per fare il grande passo, per migliorare la nostra condizione professionale o sentimentale, abbiamo tutti gli strumenti, tutte le competenze, tutte le abilità necessarie; non riusciamo, ma meglio sarebbe dire non vogliamo, cambiare. Eppure ogni mattina, al risveglio, controllando i nostri feed su LinkedIn piuttosto che Facebook, mettiamo un pollice su alla bella frase motivazionale condivisa da Millionaire, o abbiamo appena finito di vedere, per l’ennesima volta, che so, il film Yes Man del 2008 diretto da Peyton Reed e interpretato da uno straordinario Jim Carrey, oppure abbiamo letto (o riletto) l’ultimo ed “illuminato” libro di motivazione ed auto aiuto di Anthony Robbins o di Brian Tracy. La domanda delle domande allora è: Perchè desideriamo così fortemente cambiare e metterci in gioco e poi stentiamo e rimandiamo il nostro appuntamento con il futuro e con noi stessi? Ovviamente non ho una risposta a questa domanda: se l’avessi, certamente la strutturerei in un manuale o in un webinar che cercherei di vendere e capitalizzare. Tutte le domande che ho posto in testa a questo editoriale sono anche, e soprattutto, le mie domande, divenute ancora più pressanti dai due anni di emergenza sanitaria che ci ha costretto, più di quanto avremmo voluto, a fare i conti con la solitudine, l’isolamento e con noi stessi.
P h o t o b y L u k a s B l a z e k o n Unsplash. È da molto più di un anno che sia come Raffaello Castellano, sia come redazione, sia come Smart Marketing, insieme con l’amico e socio Ivan Zorico, ragioniamo su che direzione e sviluppo dare al nostro magazine, dopo 8 anni di esperienza, 92 numeri editi e oltre 1500 articoli pubblicati con la collaborazione di una dozzina di contributor. Ma adesso è arrivato, io credo, il momento di far fare un salto qualitativo e quantitativo al nostro mensile, rendendolo, da semplice organo di informazione verticale e trasversale, un progetto più ampio, che contenga al suo interno anche ambiti specifici, per i quali siamo da tempo maturi, come ad esempio la formazione. Mentre scrivo questo editoriale, alcuni piccoli ma decisi passi in questa direzione sono stati fatti: penso, ad esempio, al format di dirette online “Incontri ravvicinati”, che, cominciato in piena pandemia, ci ha permesso di sperimentare nuovi canali e codici comunicativi e di metterci “finalmente” la faccia. Le 32 live andate in onda con sufficiente regolarità, al di là dei numeri e delle visualizzazioni, ci hanno permesso di dialogare con professionisti riconosciuti del web marketing, le cui biografie personali, oltre ad assomigliarsi tutte, non differivano poi tanto da quelle mia e dell’amico Ivan. Ma, benché l’esperienza di “Incontri ravvicinati” sia stata e sarà fondamentale per noi e il nostro futuro, è stato un altro l’episodio che ci ha causato una vera doccia fredda, svegliandoci dal nostro torpore e dimostandoci che cambiare è sì spaventoso, ma anche gratificante. Come sempre le migliori esperienze sono quelle che si fanno sulle proprie spalle, in mancanza di questo, auguratevi che avvengano vicino a voi, ed è proprio questo quello che è successo quando a novembre abbiamo appreso della decisione di una nostra contributor, Ilaria Caroli, riconosciuta ed autorevole esperta
di Inbound Marketing, di lasciare il suo posto fisso in una avviata software house per lanciarsi nella libera professione della consulente freelance. Insomma, Ilaria Caroli, una persona che conosciamo e con la quale collaboriamo, ha fatto il grande salto, dimostrandoci che il futuro non va atteso, ma affrontato, che il cambiamento non va temuto, ma amato, che il mondo non è nostro nemico, ma alleato. La nostra Ilaria con il suo “esempio concreto” ha dato sostanza materiale alle parole “motivazionali” di un autore, Rainer Maria Rilke, che io amo molto e il cui libro “Lettere ad un giovane poeta” è sempre sul mio comodino, quando diceva: “… noi non siamo prigionieri. Non reti e trappole sono tese intorno a noi, non v’è nulla che ci debba angosciare o tormentare. Noi siamo posti nella vita come nell’elemento più conforme a noi, e inoltre per adattamento millenario ci siamo tanto assimilati a questa vita, che, se ci teniamo immobili, per un felice mimetismo appena ci si può distinguere da tutto quanto ci attornia. Non abbiamo alcuna ragione di diffidare del nostro mondo, che non è esso contro di noi. E se ha terrori, sono nostri terrori; se ha abissi, appartengono a noi questi abissi; se vi sono pericoli, dobbiamo tentare di amarli. E se solo indirizziamo la nostra vita secondo quel principio, che ci consiglia di attenerci sempre al difficile, quello che ora ci appare ancora la cosa più estranea, ci diventerà la cosa più fida e fedele”. Scopri il nuovo numero: “Simply the best” Possiamo decidere che il 2021, al pari del 2020, sia completamente da buttar via, oppure possiamo scegliere di focalizzarci su altro… sulle nuove consapevolezze raggiunte, sul nuovo valore che diamo al tempo ed allo stare insieme. Ossia, su quanto di buono è comunque accaduto o su cosa abbiamo imparato Quindi, se mi chiedete cosa è stato il Simply the best di quest’ultimo anno, ciò che sicuramente mi porterò nel nuovo, vi rispondo che sono 3 cose: un’esperienza (il format Incontri ravvicinati), una citazione (quella di Rainer Maria Rilke) e un esempio (quello di Ilaria Caroli); sono sicuro che saranno questi i bagagli migliori per viaggiare leggeri, spediti e consapevoli verso il futuro. Il mio augurio è che ciascuno di voi trovi i suoi simply the best da mettere in valigia e che soprattutto decida di partire colmo di speranza e fiducia verso quella meta agognata, sognata, desiderata e un po’ temuta, che chiamiamo domani. Buona fine e soprattutto Buon inizio a tutti voi. Raffaello Castellano Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre.
Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime novità dal mondo del marketing e della comunicazione. Nome Cognome Email * Consenso Consentici di usare i tuoi dati Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy Iscriviti alla newsletter Matrix Resurrections, il 4° capitolo del famoso franchise, torna in sala dopo 22 anni dal primo film, in un mondo dove gli algoritmi e le Big Tech hanno vinto ed imposto il Capitalismo della Sorveglianza Matrix Resurrections, il 4° capitolo della famosa saga cinematografica, in uscita nelle sale italiane il 1° gennaio 2022, è uno dei film più attesi della stagione, ma difficilmente, per quanto bello e avvincente possa essere, eguaglierà il successo né il profondo impatto, sia psicologico che sociale, della saga principale, soprattutto quelli del primo capitolo, e questo per una serie di fattori. Quando, il 31 marzo del 1999, usciva nelle sale il primo capitolo della saga, The Matrix (qui potete leggere la nostra recensione), il mondo in cui vivevamo era profondamente diverso. Erano solo 200 milioni gli utenti collegati in rete (oggi sono 4,66 miliardi), il motore di ricerca di Google era nato da poco meno di un anno (4 settembre 1998), Amazon esisteva da 4 anni (5 luglio 1994) ma vendeva prevalentemente libri, CD e DVD, Napster, il primo programma di file sharing era nato lo stesso anno (1999), YouTube ancora non esisteva (sarebbe arrivato solo nel 2005) e la Apple commercializzava solo computer, non esistevano né iTunes, né l’iPod (entrambi del 2001), né l’iPhone (9 gennaio 2007), e la famigerata Bolla delle Dot-com sarebbe scoppiata un anno dopo (10 Marzo 2000). Insomma, il mondo cominciava sì a connettersi, ma era molto meno virtuale di oggi e molto legato ai
computer fissi ed ai pochi e costosi portatili, l’esperienza di navigazione non era ancora mobile, ed i social network, almeno come li intendiamo oggi, ancora non esistevano: il primo social network propriamente detto, Friendster, sarebbe arrivato solo nel marzo del 2002. Ecco che in uno scenario del genere irrompe un film apocalittico e visionario che parla di hacker e reti virtuali, mondi simulati e computer impazziti, uomini schiavi e guerrieri ribelli. Un film, quello del 1999, che segnò profondamente l’immaginario di almeno due generazioni di spettatori, fra cui anche quella di chi scrive, che lo vide in tv con un caro amico in una versione piratata, in una lunga notte dalle ore piccole, all’inizio degli anni 2000. Il film, come giustamente rileva il critico cinematografico Gabriele Niola sulle pagine di Wired Italia, è una grande metafora sulla transizione dal mondo reale a quello virtuale, ma non solo, anche in un senso più generale: pensiamo ai registi dei primi tre episodi della saga, i fratelli Larry e Andy Wachowski, diventate le sorelle Lana e Lilly Wachowski dopo un percorso di transizione di genere. Il corpo, la carne, il sangue nei primi tre film sono visti come una prigione, una gabbia per la mente, solo in Matrix Neo, Trinity e Morpheus possono dare sfogo a tutto il loro potenziale, una metafora ingenua ed amara se la vediamo oggi, in una rete intossicata dall’hate speech, dalle fake news e dall’estremismo. K e a n u R e e v e s ( N e o ) e C a rrie-Anne Moss (Trinity) in una scena del film “Matrix Resurrections”. Il film parla di nuovi poteri e dell’egemonia delle macchine sull’uomo, anche questa una metafora (o meglio una profezia) sullo strapotere degli algoritmi e delle Big Tech nelle nostre vite. Chissà se Larry Page e Sergey Brin, all’epoca 26enni, che con il loro motore di ricerca stavano ponendo le basi
del “capitalismo della sorveglianza”, come lo chiama l’accademica e scrittrice statunitense Shoshana Zuboff, avessero visto o meno il film e se ne fossero fatti ispirare. Fatto sta che Matrix Resurrections arriva in un momento davvero particolare, dopo due anni e passa di emergenza sanitaria e pandemia da Coronavirus, che ci hanno costretto per molto tempo a casa e reso, se possibile, ancora più dipendenti dai nostri innumerevoli device, oltre che da internet stessa. Insomma, oggi, a più di 20 anni di distanza, siamo utenti più smaliziati del web, ma forse siamo anche più fragili ed esposti. Viviamo e navighiamo su una rete piena sia di opportunità che di insidie, siamo storditi e meno attenti, facili all’ira e poco accorti, compulsivi e poco, o per niente, pazienti. Scopri il nuovo numero: “Simply the best” Possiamo decidere che il 2021, al pari del 2020, sia completamente da buttar via, oppure possiamo scegliere di focalizzarci su altro… sulle nuove consapevolezze raggiunte, sul nuovo valore che diamo al tempo ed allo stare insieme. Ossia, su quanto di buono è comunque accaduto o su cosa abbiamo imparato Insomma, non saremo immersi in una capsula collegati ad un computer che ci propina una immensa e globale simulazione in cambio di calore ed energia, ma siamo collegati, almeno 6 ore al giorno, secondo gli ultimi dati, ad un qualche tipo di terminale che ci connette ad amici e parenti, che ci profila e ci indicizza, ci aiuta a scegliere e semplificare le nostre vite, ci consiglia cosa comprare, cosa leggere, cosa ascoltare, forse anche chi amare e chi odiare. La nostra vita di oggi è, se possibile, più fantascientifica e allucinata di quella immaginata nei primi 3 episodi della saga, il tutto senza una resistenza, un Morpheus od un eletto pronti a liberarci. Siamo prigionieri, consapevoli, a differenza di quelli dei film, di vivere in una gigantesca realtà virtuale, ma invece di provare a ribellarci pare che abbiamo apaticamente accettato il nostro nuovo ruolo di materia prima per il capitalismo della sorveglianza; sì, materia prima, avete letto bene, non prodotti o clienti come qualcuno dice, ma materia prima da cui estrarre il surplus comportamentale che diviene poi analisi predittiva dei comportamenti futuri, quest’ultimo sì il vero oro di internet, la sua vera energia, quello che fa girare tutta la baracca, dandoci l’illusione della gratuità. Alla fine siamo ancora delle pile, delle batterie per alimentare la nostra realtà, la nostra matrix. Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre.
Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime novità dal mondo del marketing e della comunicazione. Nome Cognome Email * Consenso Consentici di usare i tuoi dati Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy Iscriviti alla newsletter Il meglio del cinema italiano nel 2021 Il 2021 volge al termine. Un anno che ha saputo risollevarsi grazie alla campagna vaccinale, che ha permesso, tra le tante cose, di tornare a respirare il “profumo” della cultura, compreso il ritorno nelle sale cinematografiche. Certo, con le dovute cautele, con l’uso delle mascherine e con l’ausilio del famigerato green-pass. E così, nonostante le varie piattaforme di streaming online abbiano continuato a programmare film di nuova uscita, la vecchia distribuzione nelle sale cinematografiche ha ripreso vigore, anche perché sappiamo tutti, che nonostante l’incessante progresso tecnologico, la sala cinematografica, così come pensata dai fratelli Lumiérè, nel lontano 1895, non morirà mai. Quest’anno si registra un incremento numerico, riguardo le pellicole italiane uscite in sala, che lascia ben sperare riguardo la vitalità ritrovata della nostra industria cinematografica. Rispetto alla scorsa annata, abbiamo un incremento di 20 film: 260 contro le 240 del 2020. Come ogni fine anno, facciamo una carrellata dei migliori film italiani dell’annata, tenendo conto di vari fattori, come la popolarità degli attori impiegati, l’effettivo valore delle pellicole e infine del successo popolare, estendibile anche in campo internazionale. Ad esempio, record assoluto per il nostro cinema, è stato quello che si è verificato nella recente edizione del Festival del Cinema di Venezia. Ben 5 pellicole italiane in gara, con film d’autore di estremo valore. Ovviamente il posto d’onore spetta al film di Paolo Sorrentino, E’ stata la mano di Dio, vincitore del Leone d’Argento e film italiano candidato ai prossimo Premi Oscar, del marzo 2022. E’ con ogni probabilità il suo capolavoro, certamente il suo film più doloroso e intimista. Il
regista fa della sua storia privata una storia pubblica trascinante, gioiosa, sofferente, generazionale, commovente. C’è dentro di tutto: la vita, il cinema, Napoli, Maradona, Fellini, interpretazioni magistrali, una regia avvolgente e…una concreta possibilità di rivincere il Premio Oscar come miglior film straniero. Altro film applauditissimo a Venezia è stato Freaks out, di Gabriele Mainetti, un kolossal di fantascienza, talmente inusuale, se inserito nel contesto sociologico della storia del cinema italiano, da risultare efficace, originale, complicatissimo e coraggiosissimo. Tanti anche i riferimenti “alti”: il cinema di Quentin Tarantino, l’amore per i freak (da Diane Arbus a Tim Burton), il mondo Marvel, Steven Spielberg, Il mago di Oz. Ma anche maestri nostrani come Sergio Leone, Roberto Rossellini e Vittorio De Sica. E poi questo è stato l’anno dei riferimenti al grande teatro napoletano, con due film legati dal filo parentale, che legava il grande commediografo dell’800 e inizi ‘900, Eduardo Scarpetta ai suoi figli illegittimi, Eduardo, Peppino e Titina De Filippo, destinati, con il loro teatro umoristico, a rivoluzionare per sempre la storia dello spettacolo partenopeo e più in generale italiano. Ma andiamo con ordine. Sempre a Venezia è stato presentato il film di Mario Martone, dal titolo Quì rido io, splendida biografia accorata sul grande Eduardo Scarpetta, sul suo teatro e sui suoi complicati intrecci familiari. Ad impersonare questa figura così complessa, un grandioso Toni Servillo. Il regista dimostra di aver studiato alla perfezione il personaggio, tanto che il contesto storico e sociologico è perfetto e aderisce perfettamente a quella che è stata la storia personale del grande commediografo napoletano. Non ci sono solo i drammi interni al nucleo (come il non riconoscimento dei figli Titina, Eduardo e Peppino De Filippo: vedi più avanti), ma anche e soprattutto il passaggio dalla commedia con la maschera di Felice Sciosciammocca all’azzardata parodia della tragedia di Gabriele D’Annunzio La figlia di Iorio. Continuando la nostra carrellata, appare molto legato a questo film, anche lo splendido ritratto di Sergio Rubini, dedicato ad Eduardo, Peppino e Titina, dal titolo semplicemente I fratelli De Filippo, un delizioso e superbo omaggio, dichiarato ed esplicito, ai tre fratelli figli naturali, ma illegittimi del grande Eduardo Scarpetta, che ereditano però dal padre il grande talento e il grande amore per il teatro e la recitazione. E’ una storia piena di nostalgico affetto per tre fratelli che hanno fatto la storia del nostro teatro e del nostro cinema. Dal nulla, perché il padre alla sua morte avvenuta nel 1925, non ha lasciato ai tre neanche le briciole, riescono a costruirsi il loro sogno, ovvero fondare un trio con un repertorio tutto loro. E quella sera di Natale del 1931 al Teatro Kursaal di Napoli inizia la magia dei “Fratelli De Filippo”. Accompagnato dalle musiche pazzesche di Nicola Piovani, il film ripercorre le fasi più importanti della loro infanzia e adolescenza e segue il binario parallelo del palcoscenico che s’incrocia con la vita privata. Va segnalato anche il film di Edoardo Falcone, ovvero Io sono Babbo Natale. Una divertente commedia natalizia per tutta la famiglia, ricca di straordinari effetti speciali, sull’amicizia, il valore degli affetti e la generosità. Si rende indispensabile e consigliabile la visione, perché è l’ultimo film di una vera leggenda come Gigi Proietti. La pellicola è infatti, uscita postuma e simbolicamente produttore e distributori hanno deciso di far uscire il film in sala, esattamente il giorno dopo del primo anniversario di morte di Gigi Proietti, ovvero lo scorso 3 novembre.
Ora scorriamo l’elenco un po’ più velocemente, nominando altri titoli meritevoli di menzione. Uno di questi può essere senza dubbio Il bambino nascosto, parabola laica raccontata con grande eleganza formale e sincerità espressiva, in una storia ambientata nel difficile quartiere napoletano di Forcella, dove un bambino decide di nascondersi in casa di un professore, impersonato dal sempre perfetto Silvio Orlando. Scopri il nuovo numero: “Simply the best” Possiamo decidere che il 2021, al pari del 2020, sia completamente da buttar via, oppure possiamo scegliere di focalizzarci su altro… sulle nuove consapevolezze raggiunte, sul nuovo valore che diamo al tempo ed allo stare insieme. Ossia, su quanto di buono è comunque accaduto o su cosa abbiamo imparato O ancora possiamo nominare gli altri due titoli reduci da Venezia 2021, come America Latina, thriller dei fratelli Damiano e Fabio D’Innocenzo con Elio Germano; o Il buco di Michelangelo Frammartino che narra una straordinaria impresa italiana di speolologia. Nell’annata ci sono stati anche graditissimi ritorni, come quello del maestro Marco Bellocchio, che ci regala Marx può aspettare, un film bello, ricco, complesso e intimo: un documentario che solo documentario non è, semmai un bilancio professionale ed esistenziale, un tuffo psicanalitico in ottant’anni (incredibile ma vero) pubblici e privati. Un capolavoro che resterà, unico e solo, in un cassetto importante della storia del nostro cinema. Citiamo poi, Ariaferma, film che ha un’accoppiata curiosa, “alta” e napoletana, come quella tra Toni Servillo e Silvio Orlando, due dei massimi interpreti cinematografici partenopei, dei tempi moderni. Toni Servillo e Silvio Orlando per la prima volta protagonisti insieme, è una notizia, che basta già da sola a rendere “unico” il film di riferimento. Poi se ci si aggiunge una solida sceneggiatura, un professionista come Leonardo Di Costanzo dietro la macchina da presa e una storia drammatica raffinatissima, sulla compassione e sull’umanità nel luogo che più di tutti si sforza di vuotare di significato queste parole, ovvero il carcere; allora ci troviamo di fronte ad un film coraggioso, audace e fuori dagli schemi. Infine, di recentissima uscita, non possiamo non nominare Diabolik, dei Manetti Bros; e Supereroi, di Paolo Genovese. Il primo film è una consigliatissima contaminazione fumettistica- cinematografica delle avventure del personaggio creato da Angela e Luciana Giussani, realizzata dai fratelli Marco e Antonio Manetti, con la consueta competenza. Un Diabolik personalissimo, che possiede tutte le sfumature del fumetto, senza essere nè edulcorato, nè trasformato in un Robin Hood buonista, arricchito da un cast di altissimo livello. Il secondo film, invece, è una commedia familiare dai toni vagamente surreali, con la quale il regista Paolo Genovese, scherza amabilmente su quanti superpoteri debbano avere le coppie di oggi per resistere al tempo che passa e amarsi tutta la vita. La coppia è quella composta da Jasmine Trinca e Alessandro Borghi, che ci faranno ridere e riflettere nello stesso tempo.
Insomma, abbiamo nominato una dozzina di film, quelli probabilmente più significativi dell’annata. Ma ce ne sono tanti altri che compongono il livello “medio” del cinema italiano, quello numericamente più corposo, che ambisce al grande salto nel cinema “impegnato”. La dimostrazione lampante della vitalità ritrovata del nostro cinema, al quale manca soltanto una nuova creativa generazione di sceneggiatori e soggettisti, in grado di prendere in mano il cinema italiano ed inventare storie di grande contenuto, sociale, culturale e sociologico. Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre. Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime novità dal mondo del marketing e della comunicazione. Nome Cognome Email * Consenso Consentici di usare i tuoi dati Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy Iscriviti alla newsletter Dalle classifiche ai Google Trends: il 2021 della musica italiana Che anno è stato il 2021 per la musica italiana? Sicuramente un anno positivo, se si guarda alla vittoria dell’Eurovision Song Contest 2021 dei Måneskin, un anno nero se si pensa ai grandissimi autori ed interpreti che ci hanno lasciato, come Battiato, Milva e Raffaella Carrà, ma anche un anno di ripresa di concerti ed eventi, seppur con qualche restrizione, dopo lo stop forzato dato dalle norme di contrasto al Covid-19. Insomma, un anno che ci ha visti un po’ sulle montagne russe, tra momenti di gioia e spensieratezza e momenti più cupi.
Come ogni anno, ci pensano colossi come Google, Spotify ed Apple Music a fare l’istantanea delle tendenze, dei brani più ascoltati e degli interpreti più amati, e, come ogni anno, i colpi di scena non mancano, tra grandi interpreti della classica canzone all’italiana, leader indiscussi di click e visualizzazioni, e new entry che non ci saremmo aspettati. Ad esempio, tra le parole più cercate su Google Trends spicca il nome della grandissima ed amata Raffaella Carrà, icona della musica e della televisione italiana, che ci ha lasciati nel luglio 2021, in testa alla tragica classifica degli “Addii”, seguita dal giovanissimo cantautore Michele Merlo, dal maestro Franco Battiato e da Milva. Una classifica un po’ cupa, quella degli “Addii”, che registra l’attenzione mediatica su alcuni personaggi solo nel momento in cui si annuncia la notizia del loro trapasso, mentre ci sarebbe piaciuto che i “click” degli utenti della rete gli avessero reso il giusto tributo in vita solo ed unicamente per il loro talento e per le loro doti artistiche. Tra i personaggi dell’anno che hanno reso grande la musica italiana, non ci meraviglia trovare i Måneskin, gruppo rock vincitore della 71ª edizione del Festival di Sanremo e della 65ª edizione dell’Eurovision Song Contest, che figurano anche al settimo posto tra le canzoni più ascoltate su Spotify nel 2021 ed al sesto posto per la classifica di Apple Music. Risultato non da poco, se si pensa che l’Italia non portava a casa una vittoria all’Eurovision dal 1990, quando a trionfare fu il brano “Insieme: 1992” di Toto Cutugno, alla luce anche del fatto che i Måneskin sono tra le pochissime band italiane presenti nelle classifiche mondiali. Mentre i Måneskin conquistavano il mercato mondiale, in Italia la canzone più riprodotta ed ascoltata è stata “Malibù” di Sangiovanni, brano semplice, orecchiabile ed accattivante che è riuscito a conquistare davvero tutti, dai giovanissimi agli adulti, regalandoci quella dose di spensieratezza che ci serviva in quest’anno davvero complicato. Se, da un lato, Sfera Ebbasta si conferma l’artista più ascoltato in streaming in Italia, la classifica di Apple Music vede esordire al secondo posto BLANCO, al secolo Riccardo Fabbriconi, che proprio con Sfera Ebbasta ha confezionato il brano “Mi fai impazzire”, al secondo posto nella top ten dei brani più ascoltati; suo anche il terzo posto con il singolo “Notti in bianco” ed il quinto, insieme a Salmo e Mace, con il brano “La canzone nostra”, mentre al quarto posto troviamo Fedez, Achille Lauro ed Orietta Berti con il tormentone estivo “Mille”. Scopri il nuovo numero: “Simply the best” Possiamo decidere che il 2021, al pari del 2020, sia completamente da buttar via, oppure possiamo scegliere di focalizzarci su altro… sulle nuove consapevolezze raggiunte, sul nuovo valore che diamo al tempo ed allo stare insieme. Ossia, su quanto di buono è comunque accaduto o su cosa abbiamo imparato. Orietta Berti, poi, risulta al nono posto tra i personaggi più cercati su Google nell’ultimo anno, risultato dato sicuramente dalla collaborazione con Fedez e Achille Lauro, che hanno sdoganato
“L’usignolo di Cavriago” tra il pubblico più giovane, che evidentemente non la conosceva o relegava la sua musica tra i generi ormai demodé. Per noi, invece, Orietta resta la regina indiscussa dell’anno appena passato, non solo per via della sua voce unica ed inconfondibile, ma soprattutto per la voglia di rimettersi in gioco e sperimentare altri generi (che sicuramente anagraficamente non le appartengono), senza mai snaturarsi per correre dietro alla moda del momento, ma portando sempre quel tocco di classe che forse non si usa più: la grande firma di un’artista che da oltre cinquant’anni ci allieta con la sua spontaneità. La classifica non cambia molto se guardiamo Spotify Wrapped, dove, insieme a questi big di visualizzazioni, ad affermarsi in tutte le classifiche (o quasi) c’è anche Rkomi. Mentre sul web la guerra all’ultima visualizzazione suonava al tempo di rap e trap, in radio hanno continuato a girare brani più classici di stampo sanremese, come “Ma stasera” di Marco Mengoni e “Musica leggerissima” di Colapesce e Dimartino, in testa alle classifiche EarOne. Radio e Streaming, due mondi differenti che raccontano il variegato sistema della musica italiana e che solo in parte coincidono nell’esprimere gusti e tendenze, forse per il target differente che fruisce dell’uno o dell’altro media, forse per il modo in cui viene proposta la musica da ascoltare: mentre in radio la selezione viene adeguata al pubblico di riferimento, sul web è il pubblico stesso che decide arbitrariamente cosa ascoltare, decretando il successo o l’insuccesso di un brano senza mediazione o filtri e, se da un lato questo processo ci sembra estremamente democratico, dall’altro rende il mercato discografico molto instabile, senza contare che senza alcuna mediazione ad emergere potrebbero essere non i brani qualitativamente migliori, ma quelli che in qualche modo riescono a diventare più popolari. Intanto, indipendentemente dalla classifica che si prende a riferimento, sono ancora pochissime le donne che riescono ad emergere nel panorama musicale italiano, e, questo 2021, ci lascia un’istantanea di personaggi quasi tutti maschili, dove sembra avere poco spazio la visione femminile. Con quest’ultima riflessione, ci auguriamo, e vi auguriamo, un 2022 in cui le donne riescano a portare al grande pubblico italiano, e non solo ad una nicchia ristretta di estimatori, la loro musica, il carisma e la sensibilità che da sempre le contraddistingue in tutti i campi, compreso quello musicale. Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre. Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime novità dal mondo del marketing e della comunicazione. Nome Cognome
Email * Consenso Consentici di usare i tuoi dati Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy Iscriviti alla newsletter 5 imperdibili produzioni che hanno caratterizzato il 2021 Di questo 2021 forse vogliamo portarci dietro poche cose, le numerose vittorie sportive dell’Italia, i Maneskin che vincono l’Eurovision e io direi anche qualche film e serie tv. Ho fatto una selezione di 5 tra serie, programmi e film, italiani e stranieri, per fare un ripasso dei fenomeni 2021 e per attendere con ansia quelli del 2022. 1) E’ STATA LA MANO DI DIO (Paolo Sorrentino) L’ultima fatica del pluripremiato regista Paolo Sorrentino omaggia la sua città natale Napoli con il suo stile inimitabile. Attraverso scene dalle atmosfere felliniane, ricordi di infanzia anni ’80 e attori meravigliosi come Teresa Saponangelo e Toni Servillo nei panni dei genitori del regista, il film autobiografico racconta la storia di Fabietto, adolescente che sogna l’arrivo di Maradona nel Napoli ed è affascinato dal grande cinema. Vincitore del Leone d’Argento alla 78ª Mostra del Cinema di Venezia, visibile su Netflix, “È stata la mano di Dio” riprende in parte la vita del regista napoletano, compreso un episodio molto doloroso della sua adolescenza e lascia nello spettatore una poetica malinconia. Dopo “La Grande Bellezza”, uno splendido omaggio alla città di Roma, Sorrentino celebra Napoli con tutti i suoi affascinanti misteri e i luoghi unici. 2) SQUID GAME (Hwang Dong-hyuk) Serie tv sudcoreana di Netflix, scritta e diretta da Hwang Dong-hyuk, originale e cruda, che in pochissime ore è diventata un fenomeno mondiale e che ha scatenato non poche polemiche. Abbiamo assistito a bambini ed adolescenti travolti da questa serie, per niente adatta ai minori, ma che si fa portatrice di messaggi che probabilmente fanno rabbrividire solo gli adulti. È la storia di un gioco con in palio un montepremi astronomico, con diverse prove ispirate ai giochi d’infanzia coreani, da cui viene il titolo “Squid game”, gioco del calamaro, uno tra i più famosi giochi coreani per bambini. Per questo gioco al massacro vengono ingaggiati persone con grandi problemi economici e pesanti debiti. Un prodotto imperdibile, ora uscito anche in lingua italiana, che va sicuramente visto, in attesa della seconda stagione ufficiosamente confermata e della terza di cui già si parla. 3) “LOL – Chi ride è fuori” (Alessio Pollacci)
Il game show targato Amazon che ha caratterizzato questo 2021. Un format in cui dieci famosi comici italiani si sono sfidati per sei ore consecutive, cercando di non ridere e tentando di far ridere gli avversari. Il risultato è stato una serie di gag e momenti esilaranti, sul filo dell’improvvisazione, che hanno dato vita a video e meme virali sui social. Un fenomeno da migliaia di visualizzazioni e condivisioni, con a capo uno su tutti, il grandioso Lillo del duo comico Lillo & Greg, con la sua ormai famosissima battuta “So Lillo!”. 4) STRAPPARE LUNGO I BORDI (Michele Rech) Sicuramente la serie italiana dell’anno, “Strappare lungo i bordi”, scritta e diretta dal fumettista Zerocalcare (Michele Rech) per Netflix, ci ha fatto riflettere facendoci anche tanto ridere. Sei episodi in cui il protagonista affronta i temi più cari alla sua generazione, quella dei millennial, con ironia ed intelligenza, sensibilità e realismo. La ricerca di una certa stabilità, emotiva e professionale, è il filo conduttore del viaggio che Zero fa con Sarah e Secco, suoi due migliori amici, sempre accompagnato dall’immancabile Armadillo, personaggio meraviglioso che vive con lui e che rappresenta il suo lato più razionale e cinico, con la voce del grande attore romano Valerio Mastandrea. 5) HOUSE OF GUCCI (Ridley Scott) Uscito al cinema a dicembre, narra la storia della famiglia Gucci, in particolare la vicenza dell’omicidio di Maurizio Gucci. Ha diviso la critica quest’ultima opera di Ridley Scott, nonostante il cast stellare composto da Adam Driver, nei panni dell’ex direttore dell’azienda Gucci, Jared Leto che interpreta Paolo Gucci, Al Pacino, Jeremy Irons e soprattutto la fantastica Lady Gaga. La cantante americana dalle origini italiane, ha dato vita al controverso personaggio di Patrizia Reggiani, chiamata la Vedova nera, l’ex moglie di Gucci, accusata di aver organizzato l’omicidio dell’imprenditore. Quello che ci aspetta nel 2022 Tanti i film e le serie attese nel nuovo anno, di qualcosa si ha già una data indicativa, di qualcos’altro ancora no, come ad esempio la quarta stagione dell’amata serie “Stranger Things”, di cui si hanno ancora poche notizie. La primavera dell’anno nuovo ci regalerà la seconda stagione del sopra citato programma di Amazon “LOL” e due importanti film stranieri come “The Batman” e “Top Gun – Maverick”. A settembre finalmente arriverà il momento della serie tv “Il Signore degli Anelli”, che inevitabilmente sarà paragonata alla mitica trilogia cinematografica, iniziata nel 2001, tratta dall’omonima saga letteraria di Tolkien. Non ci resta che augurarci un luminoso 2022, all’insegna delle belle emozioni, sullo schermo e nella vita. Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre.
Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime novità dal mondo del marketing e della comuni- cazione. Nome Cognome Email * Consenso Consentici di usare i tuoi dati Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy Iscriviti alla newsletter Addio a Lina Wertmüller: modello di emancipazione femminile La figura di Lina Wertmüller si lega indissolubilmente agli anni ’70, che la elevano come prima donna della storia a conquistare una nomination agli Oscar, come migliore regista, poi assegnatole alla carriera nel vicino 2020. Da qui ha inizio il mito di Lina Wertmüller, che diventa un modello di emancipazione femminile, tra i più incisivi del mondo. Perché dimostra che le donne possono ambire anche ai ruoli apicali, in barba alla società maschilista, imperante nel ‘900. Dicevamo, che il suo stile del tutto “personale”, si afferma nei laboriosi e non facili anni ’70, quando la regista stringe un sodalizio artistico molto rilevante con Giancarlo Giannini, giovane attore di grande prestanza fisica e presenza scenica impeccabile, erede dichiarato di Marcello Mastroianni. Quando i due decidono di proseguire la loro carriera artistica insieme, Giannini aveva già interpretato per Scola e al fianco di Mastroianni Dramma della gelosia, tutti i particolari in cronaca; mentre la Wertmüller veniva da alcuni film-esperimenti con Manfredi (Questa volta parliamo di uomini) e dal notevolissimo ma fiacco esordio de I basilischi. Con l’unione delle loro valenze artistiche entrambi arrivano al grosso successo internazionale: dal 1972 al 1975 escono in sala quattro film del tandem Wertmüller-Giannini, a cui si aggiunge Mariangela Melato, la quale manca solo in quello del ’75. Mimì metallurgico ferito nell’onore(1972), Film d’amore e d’anarchia(1973), Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto(1974) e Pasqualino Settebellezze (1975), fanno conquistare fama e notorietà al terzetto. La Wertmuller ha modo finalmente di esprimere il suo stile personale e particolarissimo fatto di toni grotteschi, stravaganti, racconti macchinosi e abbondanti.
G i a n c a r l o G i a n n i n i , L ina Wertmüller e Mariangela Melato. Per quanto riguarda la coppia Melato-Giannini, anche per loro questo sodalizio vuol dire, al di là del successo, consapevolezza dei propri mezzi. I due diventano una coppia-feticcio: lui è l’uomo tutto d’un pezzo che incarna il cliché del meridionale machista; lei, con dei tratti molto particolari che calamitano lo sguardo degli spettatori, è la ragazza che non può resistere al suo fascino. Sono anche la rappresentazione di un altro tema ricorrente nella filmografia della regista, quello del conflitto di classe, esasperato e reso grottesco. Molto significativi sono i film del periodo per la regista dai “titoli chilometrici”, perché le hanno dato modo di impossessarsi con disinvoltura di situazioni e gag collaudate ormai da tre lustri di cinema satirico all’italiana; ma lei le ha arricchite con un’aggressiva profusione di sguaiataggini e indecenze, perché il suo in larga parte è stato un successo di scandalo. La Wertmuller arrivò al grosso successo non servendosi mai, di nessuno dei tradizionali specialisti del genere brillante, andando invece coraggiosamente a cercare nuovi talenti da valorizzare: nel caso di Giancarlo Giannini e Mariangela Melato, arrivando a creare due star. Il cinema della Wertmüller è caratterizzato da una attenzione quasi maniacale per i particolari e da un barocchismo che si traduce in titoli densi di ironia e di lunghezza proverbiale, rimasti nell’immaginario comune. La stessa regista, scherzava su questa curiosa scelta: “Il sogno di tutti i distributori è di avere dei film con una sola parola perché la possano scrivere più grande; ad un certo punto mi è venuta – grazie a quel tanto di “scugnizzo” che c’è in me – la voglia di scherzare col pubblico e di proporgli dei titoli talmente lunghi che nessuno se li potesse ricordare”. Analizziamo velocemente i quattro film del sodalizio artistico. Se i primi due si inseriscono in filoni e situazioni già collaudate, quello della satira dei costumi sessuali e dei tabù linguistico-sessuali nazionali; gli ultimi due rappresentano quella maturazione artistica, che infatti porterà la coppia ad Hollywood. Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto è ritenuto il più fortunato, ma anche il migliore dei film della Wertmuller, dove prende in giro la classe dei nuovi ricchi, ignoranti e
presuntuosi. E lo fa servendosi, ancora una volta di Mariangela Melato e Giancarlo Giannini, ricca e antipatica la prima, rude marinaio comunista il secondo, che si ritrovano su un’isola deserta quando il gommone guidato dal marinaio va alla deriva. Quì l’uomo si prende la sua rivincita e seduce con successo la donna, ma l’arrivo dei salvatori, dopo parecchi giorni, riporta la situazione alla normalità. Il grande successo internazionale di Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto, proietta il successivo film Pasqualino Settebellezze alle massime vette hollywoodiane. Il film ottiene quattro nomination agli Oscar nel 1977, tra cui quello alla Miglior regia (la prima volta in assoluto per una donna) e al miglior attore protagonista per Giancarlo Giannini. Il film è ambientato negli anni ’30 e racconta la storia di un ragazzo napoletano, bello, compiaciuto, con tutta la vita davanti, che commette un omicidio per salvare l’onore della sorella (all’epoca non era considerato un reato): per la dinamica con cui viene compiuto, non viene considerato un delitto d’onore quindi Pasqualino viene arrestato e portato in un manicomio criminale. Costretto ad arruolarsi nella spedizione in Russia, riesce a disertare ma viene poi rinchiuso in un campo di concentramento. Tornerà a casa profondamente cambiato e disilluso. La pellicola è un’opera violenta, nichilista e inquietante che “giustifica il male insinuando la comoda convinzione che nulla avrebbe cambiato le cose”(sia nel campo di concentramento che nella Napoli corrotta e disperata della Liberazione) e cancella ogni riferimento morale per esaltare solo le primordiali esigenze del corpo, ovvero fame e sesso. L i n a W e r t m ü l l e r . Il sodalizio artistico tra Giannini, la Melato e la Wertmüller, rappresenta una delle vette collaborative più interessanti e qualitativamente di livello del nostro cinema. I film del sodalizio artistico arricchiscono la storia del cinema italiano e mondiale di capolavori satirici di spessore, segnandone un’epoca e, nel caso particolare della Wertmuller aprendo la strada ad altre registe donne, prima di allora ruolo quasi tabù per il gentil sesso. E siccome siamo qui per rendere omaggio ad una grande regista che ha fatto la storia del cinema italiano, scomparsa in questo uggioso dicembre del 2021, vogliamo nominare almeno altri tre film, realizzati tra gli anni ’80 e gli anni ’90, decenni nei quali forse, la sua azione diventa meno incisiva, meno graffiante, con poche eccezioni, che andiamo ora ad analizzare.
Dopo il 1978 de Fatto di sangue tra due uomini per causa di una vedova. Si sospettano moventi politici, con Sophia Loren, Marcello Mastroianni e Giancarlo Giannini, la regista ci mette ben cinque anni per trovare un progetto valido e tornare dietro la macchina da presa. Lo fa con una graffiante e sottovalutata allegoria politica, talmente scomoda, che per girarla, la Wertmüller dovette aspettare due anni. La sceneggiatura era infatti già pronta dal 1981 e si sa, quando si parla di politica in Italia, bisogna avere mille occhi. Finalmente il film ottiene le obbligatorie autorizzazioni e potè realizzarsi. Parliamo di Scherzo del destino dietro l’angolo in agguato come un brigante da strada, con un cast di primissimo ordine, in parte riciclato dal secondo capitolo di Amici miei: ci sono infatti Ugo Tognazzi, Gastone Moschin, Renzo Montagnani, Piera Degli Esposti ed una giovanissima Valeria Golino.
P a o l o V i l l a g g i o e L i n a W e r t m ü l l e r . Il trio di Amici miei, funziona alla grande, con Montagnani (il migliore del gruppo), che interpreta uno spiritosissimo funzionario della Digos imbrigliato in una storia decisamente ingarbugliata, con il ministro Moschin intrappolato dentro un’auto ministeriale inceppata, ferma davanti la casa del suo più ostracizzato politico, l’onorevole Tognazzi. Da quì la trama si dipana mettendo in scena situazioni bizzarre e divertenti, che prende in giro la politica, non risparmiando colpi bassi all’uno o all’altro schieramento politico. Quasi nove anni dopo Lina Wertmüller torna ad esprimersi ai livelli delle origini. Sublime appare infatti Io speriamo che me la cavo (1992), affresco sul disagio economico del Sud, tratto
dall’omonimo bestseller di Marcello D’Orta che raccoglie temi scolastici di una terza elementare di Arzano (Napoli). La figura del maestro, assente nel libro, diviene, sullo schermo, il filtro attraverso il quale i piccoli esprimono la loro visione del mondo, e la realtà di degrado in cui vivono. Il Maestro è ovviamente Paolo Villaggio, che dona al professore tratti di incredibile e straziante comicità amara, sguardi, gestualità e tonalità di voce estremamente diversi dai film a cui eravamo abituati. E’ la rivincita dell’Attore sulla Maschera, ed è la storia di un film struggente e di un sodalizio artistico tra Villaggio e la Wertmüller, rimasto nella memoria collettiva, tanto che la pellicola è il secondo incasso della stagione dietro Puerto Escondido, di Gabriele Salvatores. Merita un accenno, infine, l’ultimo film importante della regista, dal solito titolo chilometrico, ovvero Metalmeccanico e parrucchiera in un turbine di sesso e politica (1996), che ripropone, in chiave moderna, le sue famose coppie mal assortite. Qui a creare situazioni comiche e cortocircuiti sociali sono Tullio Solenghi e Veronica Pivetti, con un efficace Gene Gnocchi sullo sfondo. L i n a W e r t m ü l l e r q u a n d o h a ricevuto la stella della Walk of fame di Hollywood. 23 film da regista, 10 da sceneggiatrice e in aggiunta numerosi lavori televisivi, tra cui Il giornalino di Gian Burrasca: diamo giusto qualche numero per affermare, se mai ce ne fosse bisogno, la valenza che Lina ha avuto nello spettacolo italiano del ‘900. Possiamo anche continuare aggiungendo 3 nominations agli Oscar, un Oscar alla carriera, un David di Donatello alla carriera, un Globo d’oro alla carriera e due Premi di primo livello all’importante Festival di Locarno. Non c’è bisogno di aggiungere null’altro, se non che la Wertmüller rimarrà in eterno come simbolo
della forza e della tenacia delle donne, in grado di emergere e di primeggiare, in un mondo ahimè e ahinoi, ancora troppo maschilista. Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre. Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime novità dal mondo del marketing e della comunicazione. Nome Cognome Email * Consenso Consentici di usare i tuoi dati Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy Iscriviti alla newsletter “E noi come stronzi rimanemmo a guardare”, il nuovo film di Pif su un futuro distopico non troppo diverso dal nostro presente L’ultima fatica di Pierfrancesco Diliberto è una commedia che prospetta davanti a noi quel che già stiamo vivendo. Un film sentimentale, che fa sorridere e tanto riflettere, con tanto di intelligenti citazioni sparse e un messaggio sociopolitico molto forte. Presentato come Evento Speciale alla Festa del Cinema di Roma, diretto e scritto a quattro mani da Pif insieme a Michele Astori, per Sky Original, è liberamente ispirato al libro di Guido Maria Brera “Candido”. Attori protagonisti, oltre a Pif, sono i bravissimi Fabio De Luigi e Ilenia Pastorelli, con una piccola
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