Puglia e dal Segretariato Italiano Giovani Medici - Smart Marketing

Pagina creata da Monica Luciani
 
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Puglia e dal Segretariato Italiano Giovani Medici - Smart Marketing
E se l’informazione scientifica fosse easy,
smart e fast come una storia di Instagram?
Ecco a voi le “Pillole d’Informazione”
ideate dal Gruppo giovanile dei Lions
Puglia e dal Segretariato Italiano Giovani
Medici.
È indubbio che in questo periodo di pandemia da Coronavirus, dove il distanziamento sociale pare
l’unica maniera, fino ad ora, per contenere i contagi e la conseguente clausura forzata, ci sta
facendo riscoprire l’importanza di tutta una serie di cose che davamo per scontate.

Ma, forse, ancora più rilevante è l’importanza che il web, internet e i social media stanno
assumendo, nel bene e nel male, nelle nostre nuove vite di segregati in casa. Se di smart working,
webinar, lavoro a distanza, lezioni a distanza, esami in video conferenza, dirette di concerti via social
e simili ne hanno parlato un po’ tutti, l’aspetto più interessante e preponderante di questa situazione
è l’importanza ancora più massiva che tutta la galassia di internet si è presa nell’informazione.

Mai come ora è un proliferare di blog, podcast, post, video che cercano di tenerci informati 24 ore al
giorno, 7 giorni su 7, sui progressi della pandemia e sugli sviluppi della scienza. Ma si sa, un surplus
d’informazione non ci garantisce nulla della sua attendibilità e veridicità, e quindi a fianco dei
Bollettini Ufficiali della Protezione Civile, dell’Istituto Superiore della Sanità, delle testate
giornalistiche e radiotelevisive serie, si sono moltiplicati i siti ed i blog di complottisti, e il
proliferare incontrollato di bufale e fake news.
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È in questo clima di infodemia, di caos mediatico e di disinformazione di massa che molti giovani fra
professionisti, attivisti, giornalisti, si stanno mobilitando per promuovere una corretta informazione
medico-scientifica, mai così necessaria come adesso.

Fra le tante, una delle iniziative più originali e pregnanti è quella organizzata dal Gruppo giovani
LIONS di Puglia e dal SIGM (Segretariato Italiano Giovani Medici) che stanno promuovendo
dai primi giorni di marzo una serie di brevi video denominati “Pillole d’Informazione”, che,
condivise nelle storie di Instagram e Facebook, stanno riscuotendo un successo sempre maggiore,
arrivando ad oltre 4000 view a storia su Instagram.

Noi di Smart Marketing, da sempre fautori di una corretta informazione scientifica e attenti
osservatori dei fenomeni della rete, abbiamo intervistato i due responsabili delle due organizzazioni
che hanno promosso questa importante iniziativa. Loro sono la dott.ssa Adriana Stringaro,
Presidente regionale Giovani LIONS, e la dott.ssa Martina Tarantini, referente regionale per il
SIGM.

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iologia, Presidente del Distretto LEO 108 Ab – Puglia, componente giovanile LIONS.

Domanda: Innanzitutto la domanda più scontata ma pure la più necessaria, che in realtà è
composta da tre domande fra loro connesse, come vi è venuta in mente questa originale
iniziativa, come mai avete scelto il format del breve video e soprattutto perché avete optato
per le storie di Instagram?

Adriana Stringaro: In questa situazione surreale ci siamo chiesti cosa avremmo potuto fare per
dare il nostro contributo come associazione di servizio giovanile per aiutare a contrastare il Covid-
19; così è nata l’idea (semplice, ma assolutamente non scontata!) di contrastare fake news e bufale
da cui siamo inondati e quindi di divulgare – nella maniera più diretta possibile – le corrette
informazioni, tramite un canale che si riferisse in particolar modo ai giovani. Per questo abbiamo
scelto Instagram – il social più in voga del momento – con la modalità delle storie. Ci è venuto
naturale pensare di coinvolgere gli amici del SIGM, con i quali avevamo già collaborato in passato,
per far sì che il messaggio arrivasse ancora più forte, perché veicolato da medici giovani e dinamici,
così da essere ancora più d’impatto sul target al quale ci stiamo riferendo.

L’iniziativa sta avendo così tanta risonanza da essere stata inserita nel palinsesto social
#DistantiMaUniti, promosso dal Ministero per le Politiche Giovanili e lo Sport e dall’Agenzia
Nazionale Giovani.

Martina Tarantini: L’emergenza Covid 19 è stata caratterizzata da un forte impatto mediatico e,
purtroppo, dalla circolazione di informazioni eccessive e contradditorie. Ciò, ancor prima che l’OMS
avesse dichiarato la pandemia, ha determinato l’esplosione di un’infodemia. Si è resa necessaria da
parte della comunità scientifica una comunicazione strategica basata su fonti affidabili e certe. Nel
nostro piccolo, abbiamo voluto contribuire a questo scopo con una comunicazione veloce e che
avesse un impatto immediato sull’ascoltatore. Quale miglior veicolo se non Instagram, la piattaforma
più usata dai giovani e dagli influencer, soprattutto ora che si ha più tempo libero? Noi del Sigm
abbiamo messo a disposizione la nostra giovane esperienza scientifica e curato i contenuti. Tutte le
informazioni diffuse sono basate su fonti ministeriali, riviste scientifiche e sulle indicazioni dei
principali istituti di sanità. Il Leo Club, invece, ha curato la parte social del progetto. Da questa
comunione d’intenti è nata “Pillole di comunicazione”.
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D: Quanto è importante, secondo voi, in questo particolare momento storico, una
informazione scientifica corretta, rigorosa, verificata e, come nel caso delle vostre “Pillole
d’Informazione”, anche divulgativa e facile da comprendere?

Martina Tarantini: È importantissimo. In questo momento continuano a proliferare informazioni di
ogni genere, troppo spesso fake news, che generano confusione e dubbi. La popolazione, invece, per
proteggersi adeguatamente necessita di informazioni affidabili. I nostri video sono delle piccole
certezze che rassicurano gli ascoltatori: sono brevi, diretti, vengono promossi da organizzazioni note
e i giovani medici protagonisti di ogni video ci mettono la faccia. Per sconfiggere questa infodemia
consigliamo di verificare la fonte delle informazioni e di non soffermarsi solo sui titoli degli articoli,
poiché potrebbero essere fuorvianti rispetto al loro contenuto e nascondere informazioni importanti.

Adriana Stringaro: In questo contesto non solo storico, ma anche mediaticamente complesso, è
fondamentale! Siamo bombardati da fake news, che trovano terreno fertile in una generazione che,
spesso, invece di volersi informare, vuole sentirsi informata. Mi spiego meglio: l’utilizzo di internet ci
permette di essere aggiornati su ogni argomento o evento di attualità, ma quanto veramente
sappiamo di questi argomenti? Basta un titolo o un messaggio veicolato su WhatsApp per far sì che
io mi senta informato, che possa a mia volta divulgare quell’idea o concetto, senza senso critico,
senza approfondire se quello che sto leggendo sia vero o falso. Anche per questo le nostre “pillole”
partono sempre da una domanda sul Covid19 a cui rispondiamo con vero o falso, così anche chi si
fermerà “al titolo” potrà, comunque, essere correttamente informato.

             Scopri il nuovo numero > Tutto andrà bene (?)
       Questo particolare momento necessita di una azione collettiva che vada oltre il semplice
   ottimismo che da solo non basta, anche se comunque aiuta. Solo insieme si può uscire da questa
                                             situazione.

D: La pandemia di Coronavirus sta impartendo lezioni importantissime al genere umano,
prima fra tutte quella di non dare per scontate neanche le cose più banali della nostra
quotidianità. Ma fra le lezioni più importanti, di sicuro c’è la “riscoperta” tardiva
dell’importanza della Sanità per un sistema Paese. Oggi tutti chiamano, con un po’ troppa
retorica, “EROI” tutti quei medici, infermieri, OSS, e volontari che operano nei nostri
ospedali e che fino a ieri venivano trattati con sufficienza, fastidio, se non proprio con
aggressività, come la cronaca ci ha spesso riportato. Come state vivendo voi questo
radicale cambio di percezione delle vostre attitudini e funzioni?

Adriana Stringaro: Spero solo che quello che stiamo vivendo oggi ci insegni a rispettare l’altro ed
il suo lavoro, a dare valore a tutto ciò che di veramente importante c’è nelle nostre vite, prima fra
tutte la salute. Purtroppo, gli operatori sanitari subiscono un attacco continuo, dovuto in particolar
modo alla mancanza di personale, di risorse strumentali ed economiche e questo si riversa sul livello
assistenzialistico che un ospedale può offrire.

Non siamo “Eroi”, ma non vogliamo nemmeno essere capro espiatorio delle mille problematiche che
affliggono il nostro Sistema Sanitario Nazionale; noi cerchiamo di fare tutto il possibile, con i mezzi
che abbiamo, per aiutare i nostri pazienti… ieri come oggi!
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Martina Tarantini: Con rammarico registriamo che la pandemia ha accresciuto la considerazione
dei cittadini e delle istituzioni nei confronti della classe medica. Serviva una pandemia a far
comprendere il valore della classe medica? Il nostro Paese da anni non investe le risorse necessarie
a sostenere il Servizio Sanitario nazionale. Infatti, come spesso la nostra associazione di giovani
medici sottolinea, mentre in tv si parla di mancanza di medici, in realtà mancano medici specialisti.
Non investendo in maniera adeguata sulla formazione medica, il nostro Paese ha consentito che
migliaia di “camici grigi” (medici abilitati alla professione senza sbocchi formativi) rimanessero nel
così detto “imbuto formativo”. Speriamo, dunque, che gli sforzi compiuti dai nostri colleghi oggi non
vengano vanificati e che si pensi subito ad una seria programmazione volta ad incrementare il
numero di professionisti sul territorio nazionale per far fronte non solo alla crisi odierna, ma anche
alle ordinarie difficoltà di ogni struttura sanitaria.

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mazione specialistica in Neuropsichiatria Infantile, Segretario del Sigm Bari e Coordinatore
del Dipartimento Specializzandi – Sigm.

D: Un’ultima domanda. Spesso e volentieri si sente parlare, soprattutto da parte degli over
50, della propensione dei “giovani” a perdere troppo tempo sui social, alimentando la falsa
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credenza di una generazione, quella dei “Millennials”, che non è in grado di vedere, né
tantomeno confrontarsi, con i problemi reali della contemporaneità. Insomma di non
pensare alle cose “concrete” della vita vera, preferendo la vita virtuale. Come rispondete a
queste critiche, neanche troppo velate, che perfino i nostri politici vi muovono contro?

Martina Tarantini: I social network sono ormai parte integrante della nostra vita quotidiana. È
vero che non sempre se ne fa un uso consapevole ed equilibrato. Tuttavia, le piattaforme di libera
condivisione hanno numerosi vantaggi che abbiamo valorizzato con questa iniziativa. Le nostre
pillole di comunicazione dimostrano che social come Instagram possono essere lo strumento idoneo
ad una divulgazione globale, accessibile a tutti, gratuita, semplice da utilizzare e d’impatto. Le
Instagram stories, inoltre, hanno permesso a molti utenti di interagire direttamente con gli autori
delle pillole. Possiamo considerare i social, quando usati nel modo giusto, dei preziosi
sensibilizzatori sociali.

Adriana Stringaro: Ogni generazione ha le sue caratteristiche; i ragazzi di oggi hanno accesso a
tecnologie che 10 anni fa non esistevano nemmeno ed è normale che questo cambi i modi di fare ed
agire. Un nativo digitale avrà competenze tecnologiche e capacità di codificare i messaggi virtuali
quasi innate, che noi abbiamo sviluppato molto dopo. La tecnologia è uno strumento potentissimo se
utilizzato correttamente, lo dico senza retorica alcuna. Il virtuale in questo momento storico ci sta
salvando, mi permette di vedere la mia famiglia e i miei amici, di sentirmi meno sola nell’isolamento
collettivo. Non è mai un oggetto ad essere dannoso, ma sono sempre le intenzioni che muovono
l’utilizzatore a renderlo meraviglioso o distruttivo. Ecco perché mi piacerebbe che si realizzasse il
cosiddetto “umanesimo digitale”, nella misura in cui le tecnologie diventano strumento per
migliorare la vita di ciascuno.

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I 5 migliori film italiani sulla Pasqua + 1
film “alternativo”
Considerata la festa religiosa più importante del Cristianesimo, la Santa Pasqua celebra la
risurrezione di Gesù. Moltissimi sono i film che raccontano la vita del Messia e la maggior parte di
essi girati proprio nel nostro Paese, soprattutto nel sud-Italia, ricco di quei paesaggi brulli, di quelle
gole scavate dal tempo e dalla siccità, similari a quelle originarie della Palestina. Ovviamente girare
in Italia, significava abbattere i costi, tanto per le produzioni nazionali, tanto per quelle estere, con
la possibilità di realizzare il film in un Paese dove non mancava certo la manodopera attoriale, anche
e soprattutto nelle innumerevoli comparse. Già perché, la caratteristica dei film, in qualche modo
incentrati su Gesù, dalla sua nascita alla sua morte in croce e della sua resurrezione, hanno fin dagli
albori del cinema, attirato l’attenzione di cineasti e produttori.

  Scopri la nostra rubrica dedicata al Cinema.

Tra kolossal di chiaro stampo hollywoodiano, cinema d’autore italiano e internazionale,
numerosissime sono state le rappresentazioni cinematografiche di uno degli episodi più sentiti della
storia del Cristianesimo; ma pochi sono stati quelli definibili “capolavori” sia da un punto di vista
storico-sociologico, sia dal punto di vista figurativo. Certamente non possono mancare le opere di
Pier Paolo Pasolini, scrittore e intellettuale laico, che da laico ha offerto quella che anche dal mondo
della Chiesa è ritenuto il più bel film sulla vita di Gesù, ovvero Il vangelo secondo Matteo; e poi non
va scordato il tormentato Gesù di Martin Scorsese, oppure la cruenta pellicola di Mel Gibson o il
nazareno di Franco Zeffirelli. Insomma, tante visioni differenti, di un momento cruciale della storia
del mondo e del cristianesimo, che prendono spunto sia dal Vangelo, che dal Nuovo Testamento, ma
anche da romanzi ispirati alla vità di Gesù Cristo. E non solo, non mancano pellicole ambientate nei
tempi moderni, che in qualche modo raccontano la Pasqua, sia da un punto di vista simbolico che
commerciale, ma anche bizzarre ed innovative. Quelle che citeremo quì sono 6 pellicole italiane, le
quali investono tutti i sottogeneri sopra indicati e rappresentano un’esaustiva selezione per
comprendere l’autorialità nazionale di intendere la Pasqua. Si noti bene, come specificato sopra, si
parla di Pasqua in tutte le sue innumerevoli declinazioni, anche ma non esclusivamente la
descrizione storica della crocefissione di Gesù.

https://youtu.be/P7RjM67QFRU

1. Il Vangelo secondo Matteo (1964), di Pier Paolo Pasolini

Il film del maestro Pasolini restituisce la forza dirompente e “scandalosa” della parola di Gesù senza
gli orpelli della iconografia tradizionale. Fa il tutto rimanendo fedele alla versione dell’apostolo
Matteo, raccontando la storia di Gesù, dall’annunciazione alla Madonna, all’angelo che annuncia la
sua resurrezione. Sceglie volti di non professionisti, gira tra i Sassi di Matera e gli aridi paesaggi
delle Gravine di Massafra e Ginosa, e riesce a catturare, da laico, il mistero del sacro. Lo stile
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alterna la macchina da presa a mano che insegue il volto dei personaggi a composizioni memori
della pittura quattrocentesca, la brutalità realistica (gli indemoniati, il lebbroso, la crocifissione),
all’elegia estatica (il battesimo, l’annuncio finale, qui proposto). Bello ed emozionante come nessun
film che sia mai stato trattato dai Vangeli, al di là delle intenzioni d’autore e delle polemiche che lo
accompagnarono. Nel cinquantenario della sua uscita, la Chiesa Cattolica, lo ha ritenuto il miglior
film sulla vita di Gesù, interpretato dall’allora sconosciuto attore spagnolo Enrique Irazoqui e reso in
maniera sublime dal genio di un uomo dichiaratamente laico, ma che ha saputo capire l’essenza
dell’essere Cristiano, ben più di molti che si ritengono tali.

https://youtu.be/PTTjjhJTpRc

2. Gesù di Nazareth (1977), di Franco Zeffirelli

Probabilmente un po’ troppo melenso nel suo messaggio di fondo e certamente inferiore al
capolavoro pasoliniano, questa versione della vita di Gesù, diretta da Franco Zeffirelli ebbe un
enorme successo di pubblico. Concepito inizialmente solo per la televisione, era infatti diviso in sei
puntate, ottenne una riduzione cinematografica forse migliore di quella televisiva, perché epurata di
parti “inutili”, venendo trasmessa in tutto il mondo. Interessante anche per le numerose comparse
famose che presero parte al film.

https://youtu.be/RsC2Y1lNmUw

3. Non c’è pace tra gli ulivi (1950), di Giuseppe De Santis

Ritratto di un mondo arcaico, segnato dalla storia ed assolutamente originale in un periodo storico in
cui il “Neorealismo” era il genere più affermato nel panorama cinematografico italiano, il film di De
Santis è legato alla Pasqua dal suo simbolismo. Ovvero quello che, 70 anni fa, ma anche oggi è tipico
dell’Italia rurale e delle sue antiche tradizioni: quando è Pasqua significa che ormai per gli ulivi è
tempo di fioritura. La vicinanza alla simbologia pasquale di questo raffinato film bucolico che è un
intenso melodramma sociale, lo rende uno dei più interessanti legati ad una visione contadina della
festività religiosa.
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4. Prima comunione (1950), di Alessandro Blasetti

Supportato da un Aldo Fabrizi a dir poco magistrale e diretto con mano sapiente dal maestro
Alessandro Blasetti, il film in perfetta commistione tra commedia e neorealismo narra della mattina
di Pasqua travagliata di un commendatore che deve ritirare il vestito della prima comunione di sua
figlia. Gliene succederanno di tutti i colori, affrontando contrattempi di ogni tipo. Il commendatore
interpretato da Fabrizi è particolarmente azzeccato nella sua pretesa di risolvere ogni problema
estraendo il portafoglio, sintomo ancora ai “primordi” di un’Italia pronta a farsi travolgere dal
consumismo frenetico, quale è al giorno d’oggi anche una festa religiosa.

https://youtu.be/ky67jMDAXhg

5. Volere volare (1991), di Maurizio Nichetti

Uno scioglilingua cinematografico che presenta un ammiccamento puro e metaforico alla maschera
da cartoon, ovvero un magistrale esempio di comicità intelligente e non volgare. Questo è Volere
volare, bizzarro film diretto ed interpretato da Maurizio Nichetti, risposta italiana a Roger Rabbit. Il
protagonista che di lavoro sonorizza cartoni animati, ad un certo punto si trasforma in cartoon e il
film va avanti così, con una riuscita e fantasiosa tecnica mista tra realtà e animazione. Dinamico,
irrazionale, divertentissimo, supportato da una bravissima Angela Finocchiaro e dai suoi fidi cartoon,
il film è basato tutto sull’estro di Nichetti, che riesce a tirare fuori di tutto e di più dalle situazioni
quotidiane, con una sfrenata allegria infantile. E siccome si tratta di qualcosa che ha a che fare con
l’istinto fanciullesco che ognuno ha nascosto dentro di sé, nel film sono presenti, in numerose scene
le uova di Pasqua, simbolo, oltre che del consumismo, di quella spensieratezza fiabesca tipica
dell’animo candido dei bambini: il cioccolato, la gioia della sorpresa, l’affetto dei propri cari.

Ed eccoci al film alternativo enunciato anche nel titolo.
https://youtu.be/e-k0B5nc1LA

6. White Pop Jesus (1979), di Luigi Petrini

Un bizzarro, trash e atipico musical moderno interpretato da Awana Gana. Il suo personaggio è
Jesus, un giovane, fuggito da un manicomio, convinto di essere il Messia, ritornato sulla terra:
emerge dalle acque del mare a Taranto, vestito di bianco e va in giro per la città a professare.
Parodia di Jesus Christ Superstar, film di Norman Jewison del 1973, il film di Petrini è una sorta di
musical che ripercorre la vita di un moderno Gesù Cristo. Il tutto per le strade di Taranto, nelle quali
si riconoscono il Lungomare, la Villa Peripato e tutto il Borgo.

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Il sonno della Ragione: Coronavirus,
psicologia, comunicazione, fake news e
dintorni.
Nonostante il lockdown imposto dai vari decreti governativi che si sono succeduti dal 4 marzo, noi
di Smart Marketing non abbiamo voluto interrompere la nostra rubrica video “Il sonno della
Ragione”, e, grazie ad una felice intuizione del nostro Direttore Editoriale Ivan Zorico, ed ad una
delle innumerevoli app per video conferencing e web conferencing disponibili, abbiamo registrato il
nostro 3° Speciale sul Coronavirus.

Non aspettatevi la solita puntata, questa volta si tratta di una video intervista che ha coinvolto tre
persone, ognuna dal chiuso della propria casa, ma con la mente e le orecchie ben aperte sulle
complessità, anche quelle meno scontate, che questa pandemia da Coronavirus porta con sé.

  Guarda le altre puntate:

  ■   Il sonno della Ragione: pregiudizio e coronavirus. Quando l’epidemia viaggia sui social.
  ■   Il sonno della Ragione. Coronavirus e comunicazione paradossale: effetti collaterali.

Anche in questo terzo speciale ci siamo soffermati sulle tematiche care alla nostra rubrica: fake
news, bufale, aspetti psicologici della comunicazione, comunicazione paradossale,
complottismo, ma anche sul particolare vocabolario bellico che il Coronavirus sta favorendo.

Abbiamo registrato la puntata il 29 marzo scorso e, come sapete, la situazione è in costante
evoluzione, ma gli specifici aspetti comunicativi e psicologici che affrontiamo non sono influenzati
dal passare del tempo e rimangono di stringente attualità.

               Scopri il nuovo numero > Tutto andrà bene (?)
          Questo particolare momento necessita di una azione collettiva che vada oltre il semplice
      ottimismo che da solo non basta, anche se comunque aiuta. Solo insieme si può uscire da questa
                                                situazione.

Ne parlano, nel terzo speciale della nostra nuova rubrica video “Il sonno della Ragione”, il Direttore
Responsabile Raffaello Castellano e il nostro esperto, lo Psicologo Armando De Vincentiis, socio
emerito del Cicap, direttore della collana “Scientia et Causa” C1Vedizioni, divulgatore scientifico e
debunker, intervistati, per l’occasione, dal giornalista Ivan Zorico.

https://youtu.be/6_WTzRwSJqo

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Storie dal "fronte": intervista al Dr.
Giuseppe Caroli dallo Spallanzani.
Il Covid-19 ha catapultato il nostro mondo in uno scenario bellico, dove la sopravvivenza
altrui dipende dalle azioni di tutti, azioni insignificanti come uscire di casa a fare jogging o mangiare
un gelato con gli amici.

Il nemico invisibile, di cui tutti parlano ma di cui pochi sanno davvero qualcosa, ha sconvolto le
certezze di tutti e messo a dura prova ognuno di noi. Ci siamo arrabbiati, spaventati, abbiamo
inneggiato all’Italia non si ferma e poi inesorabilmente ci siamo fermati, tutti o quasi.

Quasi perché ci sono poche decine di migliaia di persone che il nostro Paese lo stanno
mandando avanti e che lottano in trincea tutti i giorni per sconfiggerlo il nemico invisibile: i medici,
gli infermieri, gli operatori sanitari.

             Scopri il nuovo numero > Tutto andrà bene (?)
       Questo particolare momento necessita di una azione collettiva che vada oltre il semplice
   ottimismo che da solo non basta, anche se comunque aiuta. Solo insieme si può uscire da questa
                                             situazione.

Oggi scherzavo con mio fratello maggiore Diego, medico in emergenza Covid-19 a Padova, sposato
con Paola, medico legale nella stessa situazione, di un articolo pubblicato su nostro padre, che da
lunedì è allo Spallanzani per aprire un nuovo reparto da 60 posti letto, i primi 20 dopo Pasqua.
Lui mi scriveva “Siamo family anti Covid-19” e io gli rispondevo “Salvate il soldato Ryan”. Da
ridere però non c’era nulla perché in Italia i contagi sono 80mila e i morti non li voglio neanche
nominare.

Non ero certa se scrivere questa intervista, perché una figlia che interroga il padre in un
momento così particolare su un argomento così delicato, mi sembrava troppo. Poi ho
pensato che il nostro Paese ha bisogno di unità, di capire che non esistono regioni, fazioni,
colori, esistiamo solo noi italiani, che siamo una forza indomita e non ci facciamo abbattere da
niente, neanche da un nemico invisibile.
Vorrei che tutti capiscano che dobbiamo fare la nostra parte,
anche solo stando a casa e aiutando chi è in difficoltà.
Se mio padre a 70 anni e in pensione, ha risposto alla chiamata della Regione Lazio e ha lasciato
la sua famiglia in Veneto, per dare speranza agli ammalati di Coronavirus che lottano tra la vita e la
morte, allora per ognuno di noi non deve essere difficile rispettare le regole e usare il buon senso,
quello vero.

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D. Qual è il progetto dello Spallanzani?

R. La Regione Lazio mi ha chiamato per aprire il padiglione all’interno dell’area Spallanzani che
era già stato terminato nel 2017 dalla Protezione Civile, dedicato alle malattie infettive e che di fatto
non era mai stato utilizzato. Sono previsti 20 posti per terapia intensiva appena dopo Pasqua
e 40 entro la fine di maggio, oltre a laboratori BS3 e BS4 per scoprire come combattere questo
virus.È importante che adesso le imprese che lavorano per l’edilizia ospedaliera siano libere di farlo
in modo efficace ed efficiente, non solo, tutte le aziende che sembrano non essere utili in questo
momento ma che per noi sono cruciali, devo avere il via libera.

D. Come si potrà debellare il virus, oltre restando a casa e non creando occasioni di
contagio?

R. Dobbiamo usare tutti il buon senso e seguire le direttive sull’igiene quindi lavarsi le mani spesso,
proteggersi con mascherine e guanti se andiamo al supermercato, tenere le distanze di 1mt. Il
vaccino ci permetterà di sconfiggere il virus e di avere gli anticorpi necessari a rafforzare il
nostro sistema immunitario. Molti stanno cercando di creare il vaccino, l’America è in prima linea
nella sperimentazione. Si cercano anche farmaci e combinazioni di essi che possa dare risultati
positivi per la guarigione. Possiamo comunque supporre realisticamente che ci sarà a breve una
svolta.

D. Con quale spirito si risponde alla chiamata di un Paese che lotta contro un nemico
invisibile, sapendo i rischi che ci sono?

R. Da medico si giura sulle orme di Ippocrate e la missione di ogni medico è curare il prossimo,
senza se e senza ma. Ci troviamo di fronte ad un’epidemia differente da tutte quelle a cui abbiamo
già assistito e lavoriamo tutti in trincea con un obiettivo comune.

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La Copertina d’Artista – Tutto andrà bene
(?)
Una strana immagine fa da copertina al nostro magazine questo mese. Si tratta di una macchina
assemblata con diversi pezzi, un curioso Frankenstein composto da una caffettiera moka, una
maschera antigas, la sezione trasversale ed esplosa di un motore a scoppio e la motrice di un
camion. La cosa sorprendente è che, per quanto bizzarra, questa macchina impossibile ha una sua
compiutezza stilistica, una sua logica intrinseca, una sua elegante complessità.

Più la guardiamo e più ci rendiamo conto che deve avere sicuramente un suo funzionamento, una
sua ragion d’essere, un suo perché. Ma, cosa mai possono avere a che fare tra loro elementi così
eterogenei?
Proviamo ad analizzarli uno ad uno, forse ne verremo a capo.
L’elemento predominante è la caffettiera moka, che conosciamo fin troppo bene, la vediamo ed
adoperiamo almeno due volte al giorno. Sappiamo che è un simbolo dell’italianità, cosa c’è di più
italiano del caffè fatto con la moka?

Il secondo elemento che salta all’occhio è la maschera antigas che fa da base alla caffettiera: in
periodo da epidemia di Coronavirus, questo elemento ci è fin troppo familiare. La maschera che
vediamo però è una di quelle militari, denominate Anti – NBC (Nucleare Biologica Chimica), pensate
per quegli scenari di guerra dove vengono usati agenti patogeni, chimici e radioattivi.

             Scopri il nuovo numero > Tutto andrà bene (?)
       Questo particolare momento necessita di una azione collettiva che vada oltre il semplice
   ottimismo che da solo non basta, anche se comunque aiuta. Solo insieme si può uscire da questa
                                             situazione.

Il terzo elemento degno di nota è la motrice del camion che sorregge e trasporta tutti gli altri
elementi. Un camion normale che ricorda le motrici degli autotreni.

Infine, l’ultimo elemento, la sezione trasversale ed esplosa (ossia aperta su di un lato per vedere gli
elementi interni ed il funzionamento degli stessi) di un motore a scoppio. Simbolo della mobilità,
della motricità e della potenza.
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rdo Antonelli.

L’opera e gli elementi che la compongono sembrano il progetto per un assemblage artistico come
quelli molto in voga degli anni ’60 e ’70 del secolo scorso. Ma l’opera richiama anche i giochi della
nostra infanzia, quando smontavamo (in realtà rompevamo) i nostri giocattoli e ci divertivamo ad
rassembrarli con grande fantasia, creando giochi e scenari tutti nuovi dove farli muovere ed agire.

Ed è proprio l’elemento fanciullesco che emerge prepotente nell’opera che ha anche un titolo ironico
e divertito, “Un Caffè e si riparte”, realizzata, nonostante gli elementi meccanici che la
compongono, con grande sensibilità e delicatezza da Riccardo Antonelli, l’artista di questo mese.

Nell’opera, l’Antonelli ha profuso in una sintesi sublime tanti elementi della più stringente
quotidianità: la maschera antigas che ci parla di rischio contagio da Coronavirus; la caffettiera moka
che ci parla di Made in Italy, di Italia; il motore a scoppio che ci parla di trasformazione, energia,
calore e movimento; il camion che ci parla di strade da percorrere, ripartenze, viaggi.

Insomma, l’artista ci parla di tutti quegli elementi che saranno decisivi per far ripartire questo
nostro Paese ad emergenza finita, e ne inserisce un altro: questa macchina impossibile, questo
giocattolo Frankenstein ci dice che per ripartire avremo bisogno anche di creatività, gioco e
spensieratezza.

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ie Impossible Machine.

Avremo bisogno di riscoprire questo strano Mondo post Coronavirus con gli occhi sorpresi e gioiosi
propri dei bambini, o degli artisti, perché è solo ripensando il nostro rapporto con gli altri, la
malattia, la tecnologia, la natura ed il mondo che eviteremo che succedano altre crisi come quella
che stiamo vivendo.

Riccardo Antonelli nasce nel 1976 a Città di Castello (PG). Vive e lavora a Sansepolcro (AR).
Diplomato all’istituti statale d’arte “G.Giovagnoli” di Sansepolcro, porta avanti la sua ricerca
influenzato inizialmente dagli artisti impressionisti. Nel primo periodo si concentra sul ritratto e sul
paesaggio. In seguito inizia una ricerca che si amplia fino alla scultura e alle installazioni, anche in
relazione alle residenze artistiche, in Italia e all’estero, che ha vissuto.
Le contaminazioni e le passate esperienze lavorative hanno fortemente influenzato la sua cifra
stilistica e il suo lavoro incentrato sulla costruzione di meccanismi surreali che raccontano
suggestioni e tematiche varie. Particolarmente importanti nel suo percorso le presenze alla
Biennale di Firenze nel 2009, Biennale di Roma nel 2014 e la collaborazione con il Ministero
dei Trasporti nel 2011, quando viene chiamato a realizzare un’opera per la campagna nazionale
sulla sicurezza stradale.

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Ultime mostre e residenze:

2019

Innesti, Palazzo Alberti, Sansepolcro;
2°Piano Art Residence, Z.N.S. Project, Palagiano (Taranto).

2018

Mutatio, Auditorium Santa Chiara, Sansepolcro;

Artcevia International Art Festival, Arcevia;

Ritratti Contemporanei, Aurum, Pescara;

Biennale di Frosinone e Anagni;

Percorsi D’Arte 2018, Villa Magherini Graziani;

Antonelli, Tuscher, Cortona;

Ritratto a Mano 4.0, Caramanico Terme;

Artist Residence, Velden am Wörthersee, Austria.

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Tutto andrà bene (?) - L'editoriale di Ivan
Zorico
E chi se lo sarebbe aspettato?!

Noi che abbiamo messo piede in ogni angolo della terra, noi che abbiamo scalato le vette più alte,
noi che abbiamo raggiunto la luna e noi che abbiamo a disposizione la migliore tecnologia di sempre;
noi, proprio noi, potevamo essere messi sotto scacco da un essere invisibile?

Sì, evidentemente si.
Partito dalla Cina, il Coronavirus si è diffuso in tutto il mondo ed è arrivato qui in Europa, in Italia,
circa un mese e mezzo fa per poi propagarsi anche oltre oceano stravolgendo completamente, più
che cambiando, le nostre vite.

Dobbiamo farci i conti.
Questa cosa qua purtroppo non andrà via dalla sera alla mattina e di certo non ci aggiornerà via
email o in conference call (dato che ormai siamo tutti diventati grandi sostenitori dello smart
working) sullo stato avanzamento lavori. Anzi, stando alle ultime indicazioni, dovremo abituarci a
conviverci per ancora molto tempo.

E quindi cosa fare?
La risposta è semplice e complessa allo stesso tempo: migliorare. Non parlo di un miglioramento
astratto, ma programmatico.

Punto 1: Cooperazione.

A livello globale non abbiamo dimostrato di cooperare nel miglior modo possibile. Abbiamo agito
singolarmente e non collettivamente. Questo ha portato a ritardi nella circolazione delle informazioni
e distinte politiche di contrasto all’epidemia. Ma, come abbiamo avuto modo di appurare, il
Coronavirus non guarda le frontiere o i colori politici; lui prosegue la sua corsa. A livello europeo,
l’Unione Europea sta dimostrando di non essere così coesa; i singoli stati membri stanno giocando
ad uno sport individuale quando la situazione richiederebbe di giocare ad uno sport di squadra. Va
preso a modello lo scambio di informazioni in campo medico-scientifico che sta avvenendo in questo
giorni proprio per cercare di trovare una soluzione comune e definitiva.
Scopri il nuovo numero > Tutto andrà bene (?)
       Questo particolare momento necessita di una azione collettiva che vada oltre il semplice
   ottimismo che da solo non basta, anche se comunque aiuta. Solo insieme si può uscire da questa
                                             situazione.

Punto 2: Digitalizzazione.

La quarantena forzata ha fatto (finalmente) scoprire che il digitale non è belzebù, non è l’origine di
ogni male e che non è fatto solo di gattini. È uno strumento potentissimo in grado di connettere le
persone, accorciare le distanze, permetterci di lavorare da casa, studiare, far girare l’economia, e
via così. Non andava demonizzato prima e non andrà sacralizzato poi. Bisogna solo conoscerlo e
saperne trarre tutti i vantaggi. Domani ci sposteremo molto meno per lavoro (ovviamente questo
vale per chi fa un lavoro che glielo consente) e andremo incontro a nuovi paradigmi. Faremo molti
più acquisti online, probabilmente i grandi centri commerciali saranno ripensati e il piccolo
commerciante di quartiere sarà premiato per una maggiore qualità (cfr. personalizzazione) del
servizio. Il mondo dell’istruzione scolastica e universitaria si aprirà molto all’e-learning, con
l’attivazione di molti più corsi prettamente online. La sfida sarà portare le persone ad abbracciare il
digitale e a non vederlo come un nemico.

Punto 3: Diminuire le disuguaglianze.

Non credo sia accettabile sentire da più parti che se avessimo avuto i focolai maggiori al Sud Italia,
piuttosto che al Nord, le strutture ospedaliere non avrebbero retto l’urto dell’epidemia. Così come
non è accettabile avere zone che hanno delle infrastrutture che funzionano ed altre che arrancano. E
non è accettabile avere scuole che dal giorno uno sono state in grado di offrire un servizio all’altezza
e scuole che ancora faticano a darlo. Per non parlare poi del fatto che ci sono molte famiglie che non
possono permettersi l’accesso alla tecnologia. Se non cambieremo tutto questo, le distanze
aumenteranno notevolmente ed il divario sarà incolmabile.

(Ci sarebbe un quarto punto relativo alla Comunicazione, ma per quello ho scritto un articolo a parte
che trovi qui).

Una voce univoca ed ottimistica si è alzata in questi: “Tutto
andrà bene”.
Onestamente lo spero. Il fatto che lo possa effettivamente andare non sarà certo casuale. Dovremo
impegnarci tutti quanti a dare il meglio di noi stessi. Dovremo impegnarci a chiedere scelte
coraggiose. Dovremo impegnarci, per una volta e dopo tanto tempo, a pensare come comunità e non
come singoli.

Solo così potrà andare bene. Proviamoci.

Buona lettura,

                                                                                            Ivan Zorico
Ti è piaciuto? Hai qualche considerazione in merito? Fammelo sapere nei
commenti. Rispondo sempre.
Se vuoi rimanere in contatto con me questo è il link
giusto: www.linkedin.com/in/ivanzorico

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Tutto andrà bene (?) – L’Editoriale
Raffaello Castellano
È domenica 29 marzo 2020, una domenica mattina strana; un
sole pallido fa sovente capolino fra le nuvole grigie, è il colpo di
coda dell’inverno, ci dicono i meteorologi, una perturbazione
proveniente dal nord Europa che sta attraversando da quattro,
cinque giorni anche la nostra penisola.

La primavera è cominciata da più di una settimana, da oggi grazie al ripristino dell’Ora Legale le
giornate si allungheranno, insomma, tutto sommato la “normale” ripresa, lenta e pigra, della bella
stagione. Almeno così sembrerebbe, ma non è così, rispetto allo scorso anno tutto è cambiato. Non
c’è niente di “normale” in questo inizio primavera.
Dagli inizi di gennaio per la Cina e da metà febbraio per noi Italiani ed il resto del Mondo, la
normalità semplicemente non esiste più. La causa è la pandemia di Coronavirus che sta flagellando
l’intero pianeta Terra.

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Mentre finisco di scrivere questo editoriale, la pagina del Ministero della Salute dedicata al Covid19
(dati aggiornati al 29 marzo alle ore 18:00), ci dice che solo in Italia ci sono 97689 casi totali, di
cui 73880 attualmente positivi, con 13030 guariti e, purtroppo, 10779 deceduti. Numeri, freddi
numeri, che fotografano una situazione drammatica, che il Governo sta cercando di contrastare a
forza di decreti e leggi che vengono emanate oramai quotidianamente.

È una guerra!
È stato detto da tutti, politici, medici, infermieri, giornalisti. Una Guerra globale, senza quartiere,
sanguinaria, sistemica, contro un nemico subdolo ed implacabile, una guerra con i suoi eroi, i suoi
martiri e migliaia e migliaia di morti.

Guerra è la parola perfetta per definire questa emergenza, e so bene che Susan Sontag già nel
1978 nel suo celebre saggio “Malattia come metafora”, ci aveva messi in guardia dall’usare la
metafora bellica per definire una malattia, perché sostanzialmente e moralmente sbagliato. Però io
non riesco a non farlo, mai come ora mi sembra che stiamo combattendo una battaglia impari contro
un nemico subdolo, potente e letale.

               Scopri il nuovo numero > Tutto andrà bene (?)
       Questo particolare momento necessita di una azione collettiva che vada oltre il semplice
   ottimismo che da solo non basta, anche se comunque aiuta. Solo insieme si può uscire da questa
                                             situazione.
L’Italia, mentre scrivo, è in prima linea in Europa in questa battaglia, seguita dalla Spagna, e via via
da altri Paesi. La solita Europa sembra, per l’ennesima volta, incapace di affrontare la crisi con una
politica ed un’azione globale e collettiva, e stenta a dare quegli aiuti che sarebbero “naturali” e
“sacrosanti” in una situazione drammatica come questa. Ma, come spesso accade, gli aiuti arrivano
da dove meno ce li si aspetterebbe, alcuni disinteressati, altri un po’ meno, come rivela in un ottimo
articolo su Formiche.net Igor Pellicciari (professore di Storia delle Relazioni Internazionali
all’Università di Urbino e alla Luiss Guido Carli), ma comunque tutti estremamente necessari e
graditi.

Ed allora, a cominciare è stata la Cina, che ci ha offerto un pool di medici altamente specializzati
provenienti da Wuhan, epicentro dell’epidemia cinese, che è andato in soccorso della Regione
Lombardia, la più colpita in Italia. Inoltre, ci ha fornito una prima partita di mascherine, insieme alla
promessa di intensificare la produzione, da destinare all’Italia (la Cina è fra i primi produttori al
mondo di questi presìdi medici).

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Poi è intervenuta, forse meno disinteressatamente, la Russia, che ha mandato un contingente molto
numeroso di militari e tecnici esperti nella gestione e disinfezione di tutti quegli ambienti a rischio
chimico/batteriologico/virale/nucleare. Secondo quanto si è appreso, Putin dovrebbe inviare circa
120 specialisti epidemiologici e virologi, ospedali da campo, 100 ventilatori polmonari e 500mila
mascherine. Ad oggi, questo è l’aiuto più sostanzioso e concreto offerto da una nazione straniera.

Ed ancora il governo di Cuba, che ha recepito una richiesta dall’Assessore alla Salute ed al Welfare
della Regione Lombardia, Giulio Gallera, inviando medici altamente specializzati nella gestione dei
virus e farmaci come l’antivirale Interferone Alfa 2B, usato con successo per contrastare il
Coronavirus in Cina.

In ultimo, forse l’aiuto più bello, quello della piccola e non ricchissima nazione dell’Albania, che ha
inviato un contingente di 30 medici ed infermieri, per aiutare “le sorelle e fratelli italiani”, come
ha dichiarato il premier albanese Edi Rama in un video diventato subito virale sul web. Gli Albanesi,
ha detto Rama, non hanno dimenticato la solidarietà del popolo italiano: “l’Italia, le sorelle ed i
fratelli italiani ci hanno salvati, ospitati ed adottati in casa loro quando l’Albania bruciava
di dolori immensi”.

https://youtu.be/Nd8p7yW4_Jw

Insomma, vedendo questi casi, e soprattutto l’ultimo, potremmo affermare che la solidarietà,
l’accoglienza dei migranti ed altre operazioni umanitarie sono “investimenti” importanti ed a lungo
termine, che lasciano un vero e duraturo segno nei popoli che ne sono beneficiari. In parole povere
la beneficenza, l’aiuto che diamo agli altri, è non solo la cosa che ci rende più compiutamente degli
autentici “esseri umani”, ma è anche, e permettetemi di essere solo per un momento utilitaristico, la
strategia economica di lungo periodo di più sicuro ed ampio successo.

Una lezione antica che già ci aveva insegnato, tra gli altri, lo scrittore britannico Lewis Carroll,
quando scrisse: “Uno dei più grandi segreti della vita è che quello che vale veramente la
pena di fare è quello che facciamo per gli altri”. Una lezione che i politici sovranisti italiani
come Salvini e la Meloni, ma anche europei, sembra non abbiano mai imparato.

Questa massima mi dà l’occasione per una piccola digressione che riguarda il nostro magazine:
come sapete il nostro è un mensile on line estremamente specifico e tecnico, occupandosi
prevalentemente di comunicazione, marketing e social media. Nel tempo però sono emersi altri
focus importanti, come le rubriche di cinema e musica e gli articoli culturali e di costume che i nostri
lettori hanno dimostrato di apprezzare. Da ultimo, si è affiancata la rubrica video “Il sonno della
Ragione”, che cerca di demistificare tutti quei fenomeni di pseudoscienza, bufale e fake news che
purtroppo dilagano sul web, ancora di più in tempi di crisi e paura come questi.

Da quando è scoppiata la crisi del Coronavirus abbiamo chiesto ai nostri collaboratori di
incrementare i loro contributi per cercare di stare più vicino ai nostri lettori, costretti a casa dalla
clausura forzata e devo dire che i nostri contributor hanno risposto alla grande. In questo mese di
marzo, oltre ai soliti 10, 12 articoli dell’uscita mensile, abbiamo pubblicato altri 13 contributi fra
video ed articoli di approfondimento sul Coronavirus, ma anche su cinema, musica e serie tv che
sono diventati compagni, ancora più importanti, dei nostri giorni di quarantena.

Tredici “pezzi” che, per un piccolo mensile on line senza contributi, senza pubblicità e senza aiuti
statali, non sono stati né pochi né facili da produrre, ma che sono stati la maniera di dare il nostro
apporto con un informazione puntuale, rigorosa e verificata, alla crisi che stiamo vivendo. Voglio
ringraziare tutti i nostri collaboratori che hanno accolto il nostro invito producendo ottimi
approfondimenti che vi invito a recuperare e leggere.

Ma cosa c’entra tutto questo con la massima di Carroll e con
il discorso che ho appena fatto?
Avete ragione, ve lo spiego subito. Anche io, nel mio piccolo, ho voluto contribuire, ed allora ho
proposto all’amico e collega Ivan Zorico una nuova rubrica prettamente social e “sociale” che
abbiamo chiamato “Il Buongiorno del Mattino”, che periodicamente, e fino a crisi finita proporrà
“massime d’autore”, “citazioni celebri” e “parole di saggezza” accompagnate da un breve post
esplicativo che pubblicheremo giornalmente sulle nostre pagine Facebook ed Instagram.

Anche questa nuova rubrica è una maniera di stare vicino e
di tirare su il morale ai nostri lettori.
Ho sempre pensato che le parole ci possano ispirare, ho sempre ammirato la capacità dei grandi
autori di condensare un’infinita saggezza in poche righe, ho sempre creduto che le parole abbiano il
magico potere di cambiare il mondo. La massima di Lewis Carroll, che avete letto poco sopra, è
quella che troverete sui nostri canali social mercoledì 1° Aprile, andate a scoprire questa rubrica
ammazza pessimismo e, se vi va, condividete l’ottimismo e la speranza che tutto questo, questa crisi,
questa pandemia, questa emergenza, saranno superate e che la guerra al Coronavirus sarà vinta.

Cosa altro dirvi?
Solo una cosa: non rattristatevi, non abbattetevi, non disperate, questa strana “primavera
silenziosa”, come l’avrebbe chiamata la prima e più celebre attivista per l’ambiente della storia,
Rachel Carson, tornerà a riempirsi di rumori, suoni, profumi, parole ed amori, che noi sicuramente
avremo imparato ad apprezzare più intensamente.
Buona lettura e ricordate che alla fine #tuttoandràbene

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Coronavirus: la riscoperta dello Smart
Working
Parlare di Smart Working ai tempi del Coronavirus significa parlare di una grande possibilità
per gli italiani, costretti a restare a casa a causa dell’emergenza sanitaria. Vediamo allora in
questo post i vantaggi dello smart working per lavoratori e aziende e i servizi messi
gratuitamente a disposizione dai big della tecnologia per lavorare e insegnare a distanza.

Possiamo dire, in poche parole, che lo smart working è la vera conquista di questo inizio 2020,
anche se si è resa necessaria una situazione di emergenza come il Coronavirus per aumentarne la
diffusione tra le aziende di ogni settore.

Smart working: cosa significa esattamente?
Parlare di smart working significa, in poche parole, parlare di lavoro da casa: una situazione
possibile per la maggior parte degli italiani e agevolata dal nuovo decreto ministeriale che semplifica
fino al 31 luglio prossimo questa forma di lavoro da remoto su tutto il territorio nazionale.
Aumenta, proprio grazie al Coronavirus, il numero di lavoratori pubblici e privati attratti da questa
nuova forma di lavoro proprio per la sua flessibilità e per l’ottimizzazione dei tempi grazie
all’assenza di spostamenti tra casa e ufficio. Il primo vantaggio è, quindi, una migliore gestione e
organizzazione del tempo, che permette di coniugare esigenze lavorative e famigliari.

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Sicuramente, tuttavia, lavorare da casa significa avere una forte determinazione e volontà, dato che
aumentano le distrazioni rispetto al lavoro in ufficio. Per questo gli esperti consigliano di fissare
degli obiettivi quotidiani da raggiungere, scrivere una check list dei compiti da fare e controllare il
raggiungimento di ogni singolo obiettivo. Grazie a questa gestione del tempo saremo sicuramente
più efficienti e produttivi, anche prendendoci delle pause. Vietato, quindi, quando si parla di smart
working pranzare al computer, fare tardi tra documenti ed email o rinunciare alle pause.

Uno svantaggio dello smart working è, invece, la mancanza di socialità. Tuttavia, proprio per
l’isolamento questa è la forma di lavoro maggiormente scelta dalle aziende per proseguire le attività
anche durante l’emergenza Coronavirus.

Smart working e cambiamento della cultura manageriale
In molti casi, questa forma di lavoro da remoto è già utilizzata da anni, a testimonianza di una nuova
cultura manageriale, basata su flessibilità e autonomia per chi lavora in azienda. Possiamo,
quindi, affermare che mettere in atto lo smart working non richiede solo un cambiamento
tecnologico, ma anche e soprattutto culturale da parte di imprenditori e manager.
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                                             situazione.

Recenti studi dimostrano, inoltre, che questo nuovo modo di lavorare impatta positivamente sulla
produttività, ma soprattutto permette alle aziende di risparmiare sui costi. Lo spazio che le
aziende destinano ai lavoratori è più piccolo e si diffonde il cosiddetto micro management, con una
crescente delega di responsabilità a ciascun dipendente dell’azienda.

La solidarietà delle aziende: soluzioni gratuite per lo smart
working
Le agenzie che producono piattaforme di smart working hanno risposto all’appello del governo
mettendo a disposizione delle aziende le loro soluzioni tecnologiche gratuitamente. Qualche
esempio? Connexia permette di utilizzare gratuitamente la piattaforma di Smart Working Webex a
chi ne farà richiesta, per un periodo di due settimane.

Cisco, invece, mette gratuitamente a disposizione di aziende e professionisti la soluzione Cisco
Webex Meetings, per agevolare il lavoro da remoto, organizzare riunioni, ma anche condividere
documenti e dati.

Si tratta solo di due esempi tra i tanti di aziende che hanno compreso la difficoltà, specialmente
delle aziende più grandi e strutturate, di passare allo smart working e che vogliono supportarle
mettendo a disposizione gratuitamente i loro servizi.

E-learning: il modello di smart working nella scuola
Se, in azienda, il Coronavirus ha portato lo smart working, a scuola e nelle classi si è resa necessaria
la massiccia introduzione delle lezioni in modalità e-learning, anche grazie alla collaborazione di
aziende come Google, che hanno risposto all’appello del MIUR.

Nel dettaglio, Google ha deciso di sostenere gli italiani ai tempi del Coronavirus mettendo a
disposizione la G-Suite for Education, per permettere agli insegnanti di lavorare a distanza. La suite
comprende applicativi come Gmail, Drive, Calendar, Hangout e Google Doc ideali per l’attività
didattica a distanza. In questo modo, neanche la scuola come le aziende si ferma, dato che per
insegnare e imparare è sufficiente una connessione Internet e un PC, smartphone o tablet.

Conclusioni
Sicuramente il Coronavirus è un’emergenza nazionale per l’impatto sulla sanità, ma per le aziende e
la scuola è anche un’occasione per rinnovarsi ed innovare, introducendo nuove e più avanzate
modalità di smart working e e-learning. La prospettiva è quella, passata l’emergenza, di risvegliarsi
in un’Italia più tecnologica e più smart. Staremo a vedere!

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