Musica a impatto 0: la nuova sfida sostenibile - Smart Marketing
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Musica a impatto 0: la nuova sfida sostenibile Pochi si chiedono se il fruire la musica possa essere dannoso per l’ambiente, eppure il costo dell’impatto ambientale dell’industria musicale è una realtà con cui dovremo misurarci quando finalmente si riprenderà a godere della musica dal vivo. Se movimentare persone e cose, consumare elettricità e accumulare rifiuti stressando l’ambiente circostante può essere immaginabile e prevedibile quando ci si appresta a fruire di concerti dal vivo, molto meno lo è capire che i supporti sui quali la musica viene incisa, e persino lo streaming, possono essere fonte di inquinamento. Anche se adesso il comparto dell’industria musicale, soprattutto quello che riguarda gli spettacoli dal vivo, è fermo da oltre un anno, forse è giusto fare una riflessione sull’impatto ambientale anche alla luce di una possibile ripresa. Uno studio del 2019 dell’Università di Glasgow insieme all’Università di Oslo, intitolato “the cost of music”, pone l’evidenza sui costi della musica in termine di inquinamento. P h o t o b y J o n a t h a n D u b o n on Unsplash. L’analisi prende in considerazione un arco temporale abbastanza lungo e sottolinea l’enorme spreco di materiali, per lo più non riciclabili per gli alti costi di lavorazione; ad esempio, analizzando i picchi delle vendite dei principali supporti musicali, si è evidenziato che in termini di consumo, nel 1977, quando in voga erano gli LP in vinile, l’industria discografica ha utilizzato 58 milioni di
chilogrammi di plastica, mentre nel 1988, quando a spopolare erano le musicassette, si è passati a 56 milioni di chilogrammi e a poco più di 61 milioni nel 2000, quando il supporto che andava per la maggiore era il CD. Questi dati, per niente confortanti, si riferiscono soltanto al mercato degli Stati Uniti, e per vederli abbassare drasticamente si è dovuto aspettare l’avvento dello streaming (nel 2016, si stima che il consumo di plastica sia calato ad 8 milioni di chilogrammi). Seppur con meno impatto, anche lo streaming è fonte inquinante ed ha un grave effetto sull’ambiente, che si può sintetizzare nel grande dispendio di energia elettrica, soprattutto per alimentare i server e potenziare le reti; quindi, se da una parte vengono consumati meno plastica e meno metalli difficilmente riciclabili, dall’altra parte vi è dispendio di energia con conseguente rilascio di anidride carbonica (CO2) nell’atmosfera. Ma come ridurre l’impatto ambientale dei nostri ascolti? Possiamo fare qualcosa anche noi o dobbiamo aspettare che l’industria musicale inventi un supporto ad impatto 0? La risposta è tanto semplice quanto banale, basterebbe modificare il nostro comportamento di consumo valutando la frequenza di ascolto per scegliere il supporto meno impattante. Se si ascolta la musica sporadicamente, sicuramente lo streaming avrà un minore impatto ambientale, se invece siamo assidui consumatori e riproduciamo soprattutto sempre gli stessi brani, allora il supporto materiale, CD o vinile che sia, farà al caso nostro. Ma basta questo a ridurre l’impatto ambientale dell’industria musicale? Sicuramente no, ma è un piccolo passo per un mondo più green; semmai, la vera sfida sta nel creare eventi musicali ad impatto 0 che siano sostenibili nel lungo periodo. Le soluzioni, tanto scontate quanto di difficile attuazione perché dipendono dal comportamento di tutti, ci sarebbero, e gli organizzatori si dicono pronti ad attuarle. In fondo, basterebbe svolgere concerti e festival in aree servite dal trasporto pubblico o predisporre delle navette così da limitare l’impatto degli spostamenti di tanta gente con mezzi privati, oppure utilizzare energia elettrica creata da fonti rinnovali per abbassare il livello di CO2 nell’ambiente, e poi eliminare la plastica monouso per servire cibo e bevande ed incentivare il riciclo dei rifiuti. Ultimamente, qualcuno si è spinto ancora oltre, immaginando di dover restituire all’ambiente una parte di quello consumato: nasce forse così l’esperimento che vede sostituire l’acquisto del classico biglietto per usufruire di un concerto con un TreeTicket, un certificato di adozione di un albero che riserverà l’accesso esclusivo all’evento. Scopri il nuovo numero: “Le 4 Virtù cardinali del Marketing” Pazienza, Perseveranza, Sostenibilità e Gentilezza, sono le 4 virtù cardinali del marketing che vi proponiamo. In un mondo dominato dalla tecnica e dalla velocità, queste virtù ci permettono di non sbagliare la rotta (o magari di ritrovarla se smarrita) e di indirizzare correttamente le nostre
azioni. L’evento in questione, organizzato da Etifor (spin-off dell’Università di Padova specializzato in consulenza, progettazione, ricerca e formazione in ambito ambientale), si svolgerà in Trentino il prossimo 25 maggio e vedrà come protagonisti Mario Brunello, noto violoncellista, e Stefano Mancuso, botanico e saggista che già molte volte ha legato progetti di divulgazione scientifica alla musica. La loro opera, definita “musical-vegetale”, nasce dall’ultimo movimento della Seconda Partita in Re minore per violino solo di Bach e sarà pagata, in termini ambientali, piantumando gli alberi adottati per compensare le emissioni di Anidride Carbonica nell’ambiente che verranno prodotte con l’evento, avvalendosi dell’approccio MARC (Measure Avoid Risk Communicate), metodo sviluppato da Etifor per valutare e ridurre l’impatto ambientale accompagnando persone ed organizzazioni lungo un percorso di responsabilità ambientale e sociale. Recentemente, lo scorso 18 aprile, un evento-test similare è stato organizzato in Sicilia con protagonisti Roy Paci e Angelo Sicurella, ma in questo caso non c’era la possibilità di acquistare un accesso esclusivo all’evento, bensì di prolungare la durata della performance. Adottando, infatti, degli alberi che poi sarebbero stati piantati nel luogo del concerto, si acquistavano secondi in più sulla durata complessiva della performance, una sorta di jukebox green i cui gettoni erano proprio gli alberi piantumati. Questo tipo di approccio, che potrebbe essere replicato in altri eventi, oltre a fare qualcosa di concreto per il nostro pianeta dona anche il benefico immediato di sensibilizzare i fruitori degli eventi, richiamandoli ad avere cura dei luoghi di cui fruiscono durante le performance e, più in generale, sicuramente sviluppano una più ampia coscienza sui temi ambientali nel lungo periodo.
P h o t o b y J o n a t h a n D u b o n on Unsplash. L’auspicio che ci facciamo è che queste buone pratiche non si concretizzino soltanto in progetti sporadici ed eventi pilota, ma che diventino la prassi di ogni evento, piccolo o grande che sia; per far sì che questo avvenga, è necessario uno sforzo comune che sicuramente deve partire da chi organizza gli eventi, ma deve essere anche supportato dalle istituzioni locali che devono creare le condizioni adatte a metterlo in pratica. Un ruolo importante in questa partita, che ci vede tutti giocare per salvaguardare il pianeta, lo giocano senz’altro i performer, che sono in grado di influenzare le masse dei propri fan, ma tocca ad ognuno di noi impegnarsi per lasciare ai posteri un mondo migliore di quello che abbiamo trovato, non dimenticandoci mai che siamo tutti parte dell’ecosistema e dobbiamo fare tutti la nostra parte per salvaguardarlo. Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre. Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime novità dal mondo del marketing e della comunicazione. Nome Cognome
Email * Consenso Consentici di usare i tuoi dati Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy Iscriviti alla newsletter Marketing e gentilezza: due termini che devono andare d’accordo Sentire parlare di marketing e gentilezza ti fa storcere il naso e pensi che essere gentile non convenga ad un’azienda. Allora sappi che nel 2021 è arrivato il momento di cambiare idea dato che: “Trovarsi insieme è un inizio, restare insieme un progresso, lavorare insieme un successo.” Henry Ford Il marketing del 2021, complice anche la pandemia da COVID-19 vede la gentilezza non come un segno di debolezza e accondiscendenza, ma come una filosofia di vita e una forma di cultura. Cosa significa oggi essere gentili? gentilezza /gen·ti·léz·za/ sostantivo femminile 1. 1. Cortesia, amabilità. 2. 2. Finezza scevra di affettazione: g. di modi; delicatezza, grazia. “g. di sentimenti” Essere gentili significa essere equilibrati e sapersi relazionare con gli altri attori del business: clienti, fornitori e dipendenti. Una buona qualità della vita dipende dalla capacità di gestire emozioni e relazioni interpersonali e non esiste una sfera lavorativa fatta solo di compiti da portare a termine e privata della sua componente emotiva, in questo caso della gentilezza. Diceva sempre Henry Ford “insieme un successo” ed è stato dimostrato che un clima di lavoro basato su un atteggiamento gentile ed empatico è anche più efficiente. Ogni azienda è fatta di
persone e la chiave del successo è l’equilibrio psico-fisico di tutte le parti coinvolte, lavorando al fare squadra per raggiungere gli obiettivi aziendali. Scopri il nuovo numero: “Le 4 Virtù cardinali del Marketing” Pazienza, Perseveranza, Sostenibilità e Gentilezza, sono le 4 virtù cardinali del marketing che vi proponiamo. In un mondo dominato dalla tecnica e dalla velocità, queste virtù ci permettono di non sbagliare la rotta (o magari di ritrovarla se smarrita) e di indirizzare correttamente le nostre azioni. Gentilezza e marketing: il caso di Svizzera e Norvegia A confermare l’importanza della gentilezza nel clima di lavoro ci sono due Paesi come Norvegia e Svizzera, che hanno un welfare da primato e che sono conosciuti come i Paesi più felici secondo l’indice globale di prosperità pubblicato dal Legatum Institute di Londra. L’Italia, per fare un paragone, è al 37° posto. Tuttavia, il nuovo modello people oriented si sta diffondendo anche da noi e sempre più aziende italiane scelgono di affidarsi a veri professionisti della gentilezza e business coach per ridefinire il loro approccio ai rapporti interpersonali. Il motivo? Studi e ricerche, ma anche l’esperienza delle aziende più innovative, dimostrano che la gentilezza migliora il rapporto con clienti e fornitori e genera fiducia. Continuando con le frasi celebri, Seth Godin afferma: “Non trovate clienti per i vostri prodotti; trovate prodotti per vostri clienti.”
Oggi a fare la differenza sul mercato è l’esperienza di acquisto del consumatore, che permette di differenziare la propria azienda dai competitor. Gli specialisti di marketing conoscono l’importanza di rendere il cliente protagonista della storia dell’azienda e il neuromarketing ha mostrato come i consumatori siano influenzati dalle emozioni e dalle percezioni sensoriali. Uno Studio dell’Università di Harvard ha evidenziato come il 90% dei processi decisionali sia inconscio e quindi influenzabile con strategie mirate e sfruttando tutti i canali sensoriali per concretizzare il messaggio da trasmettere. Fare marketing gentile ed essere gentile nel business significa investire nelle relazioni, ma soprattutto costruire e alimentare un rapporto di fiducia e stima reciproca con clienti e fornitori. Le persone che hanno un’esperienza positiva con la vostra azienda sono il reale vantaggio competitivo per il business. Concludendo ancora con una frase famosa, John Jants afferma: “Un cliente contento è il più potente bene che la vostra organizzazione può sfruttare.” Vi lascio con un libro “Il potere della gentilezza” di Franck Martin, che affronta i meccanismi della crisi che oggi imperversa nelle relazioni umane e, suggerendo sedici regole d’oro, porta a ripristinare il circolo virtuoso del rispetto e della fiducia. Buona lettura! Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre. Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime novità dal mondo del marketing e della comunicazione. Nome Cognome Email * Consenso Consentici di usare i tuoi dati Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy Iscriviti alla newsletter
5 serie tv e documentari per entrare nel mondo della spiritualità e della religione Viviamo tempi di incertezza, incertezza spesso alimentata da una non conoscenza che porta ad approcciarsi alle cose con la barriera del pregiudizio: tutto questo è una catena che non fa altro che alimentare le discriminazioni. Tanti sono, purtroppo, gli ambiti in cui crescono sempre più le discriminazioni e sempre più questa società ci fa sentire in diritto di criticare gli altri, di parlare degli altri e se questi non rientrano nei nostri schemi mentali, se la loro vita non somiglia alla nostra, per gusti, abitudini, orientamenti sessuali, politici o religiosi, inizia la critica, il giudizio, la ricerca di qualcuno simile a noi che ci possa appoggiare e possa fomentare questa guerra al “diverso”. Una buona base culturale dovrebbe, potrebbe, rappresentare il punto di partenza per essere o diventare persone inclusive e rispettose; la cultura per fortuna non viene solo dai libri, viene anche dal dialogo, dai viaggi, dalla conoscenza dell’altro e dal confronto con l’altro ed anche dalle nostre passioni, che aprono porte sconosciute dentro di noi, pronte a condurci verso l’accoglienza del nuovo. Una tra queste passioni può essere rappresentata sicuramente dal cinema e dalle serie tv, passione tanto cara al nostro giornale. A tal proposito varie sono le serie tv e i documentari, presenti sulle diverse piattaforme, che mostrano, in maniera più o meno aderente alla realtà, differenti religioni e, trascorrendo qualche ora di relax, questo potrebbe essere uno strumento per potersi avvicinare a mondi distanti da noi e farci comprendere determinati meccanismi a noi sconosciuti. La strada più fedele risulterà sicuramente essere quella del documentario, della docu-serie, ma abbiamo anche molte serie tv, che affrontano il mondo della religione e della spiritualità, alcune inserendo all’interno della storia una ricostruzione rigorosa delle tradizioni religiose, altre, invece, servondosi della religione come spunto per narrare un racconto in cui i dogmi sono solo un pretesto per altri obiettivi narrativi. Scopri il nuovo numero: “Le 4 Virtù cardinali del Marketing” Pazienza, Perseveranza, Sostenibilità e Gentilezza, sono le 4 virtù cardinali del marketing che vi proponiamo. In un mondo dominato dalla tecnica e dalla velocità, queste virtù ci permettono di non sbagliare la rotta (o magari di ritrovarla se smarrita) e di indirizzare correttamente le nostre azioni. Cinque sono gli spunti che voglio dare per avvicinarsi alla tematica spirituale e religiosa: 1) Wild Wild Country: è la docu-serie disponibile su Netflix che narra la nascita della comunità fondata dal maestro spirituale Bhagwan Shree Rajneesh, noto successivamente come Osho. La serie composta di sei episodi inizia raccontando l’insediamento improvviso di una sorta di setta in un
paese sperduto in Oregon, dove vivevano americani vecchio stampo, che non vedono di buon occhio questa novità. Piano piano che la serie scorre, si capisce che il protagonista di questa vicenda è il guru Osho, che da professore di filosofia, abbandona tutto e decide di diventare un maestro spirituale anticonformista e controverso, che negli anni settanta crea un ashram in India, un luogo di convivenza e meditazione. “Wild Wild Country” mostra la creazione della comune spirituale in Oregon e il successivo caso giudiziario, ricostruendo le vicende attraverso interviste recenti e numerosi filmati d’epoca; 2) Gesù: le origini del cristianesimo: il documentario targato National Geographic è un viaggio nei luoghi che hanno visto la consacrazione del Cristianesimo a religione ufficiale dell’Impero romano. Un approfondimento della durata di 44 minuti, presente su Sky, guidato dallo storico inglese Michael Scott che, partendo dalla crocifissione di Gesù, attraverso filmati di ricostruzioni storiche ed interviste a studiosi, come ad esempio l’antropologo forense Israel Hershkovitz, approfondisce la nascita e l’ascesa della religione cristiana. Il viaggio dello storico in Israele, tra reperti archeologici e mappe, mostra le tappe fondamentali che portarono l’Impero romano a
divenire cristiano; 3) Le Grandi Religioni del Mondo: è una raccolta di programmi, documentari, interviste, video e film ad argomento religioso e spirituale, presente sul portale RaiPlay. Tutto il materiale raccolto offre allo spettatore la possibilità di conoscere le più importanti religioni presenti nel mondo: si va dall’Ebraismo al Cristianesimo, dalle Religioni orientali all’Islam. Un approfondimento di ciò che rappresenta un immenso patrimonio culturale mondiale attinto dall’archivio della Rai e messo a disposizione dell’utente, per un viaggio nella storia, nella fede, nella cultura e nella spiritualità, che
passa per tradizioni, riti, luoghi sacri e liturgie; 4) Messiah: è una serie americana del 2020, presente su Netflix, creata e prodotta dal regista australiano Michael Petroni e composta da dieci episodi. Non è basata su fatti reali e racconta la storia di presunto messia che si fa chiamare Al-Massih e che, partendo dal Medio Oriente, dove è comparso improvvisamente, dà vita ad una grande folla di seguaci, creando forti tensioni sociopolitiche a livello mondiale. L’agente della CIA Eva Geller (Michelle Monaghan) sarà incaricata di indagare su di lui, per cercare di capire se costui può essere davvero un nuovo messia, un grande truffatore carismatico o rappresentare un pericolo per tutta la società; 5) Sacra bellezza – Storie di santi e reliquie: il tv show Sky Original, trasmesso su Sky Arte, composto da sei episodi, ha come protagonisti, nella prima stagione, i santi e le loro reliquie, narrati dalla cantautrice Letizia Cesarini, in arte Maria Antonietta. Un viaggio per conoscere la bellezza sacra, i luoghi della religione che custodiscono capolavori d’arte che tolgono il fiato, le storie misteriose, gli oggetti di culto; è un percorso attraverso i secoli in cui la cantautrice ci guida, con il suo garbo e la sua passione, alla scoperta di quella parte di storia dell’arte che analizza il forte legame tra umano e divino. A questi 5 suggerimenti aggiungo un riferimento ad un mio articolo dello scorso dicembre, che aveva come tema le 10 migliori serie tv del 2020, perché al suo interno sono presenti altre due serie tv di argomento religioso che vi consiglio di recuperare, intitolate “Ethos” e “Unorthodox”. Resta il consiglio di andare sempre alla ricerca, se la tematica vi piace, di altre serie, documentari e film interessanti, perché sono davvero numerosi ed appassionanti.
Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre. Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime novità dal mondo del marketing e della comunicazione. Nome Cognome Email * Consenso Consentici di usare i tuoi dati Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy Iscriviti alla newsletter Fuoriclasse - Storia naturale del successo di Malcolm Gladwell, sgretola il mito del self-made man ed è per questo che ogni manager (ma anche tutti noi) dovrebbe leggerlo Quest’anno vi propongo un libro al mese, forse due, per raccontare chi siamo, da dove veniamo, dove vorremmo andare e come ci vogliamo arrivare. Perché la lettura può essere svago, intrattenimento, ma anche un valido esercizio per imparare a pensare e sviluppare una certa idea del mondo. Un libro al mese, in piccole schede, in poche battute, per decidere se vale la pena comprarlo e soprattutto leggerlo. Perché la lettura, come diceva Woody Allen, è anche un esercizio di legittima difesa. Che cosa è il successo? Forse è quella combinazione rara e abbondante di doti personali che si presenta in alcuni fortunati individui e che fa sì che quegli stessi individui, a dispetto delle proprie condizioni sociali ed economiche, possano eccellere nel campo in cui hanno deciso di operare o a cui dedicarsi?
Secondo il giornalista scientifico del Washington Post e collaboratore del New Yorker Malcolm Gladwell, le doti individuali e la dotazione genetica sono importanti, ma a decretare il successo, a creare degli autentici fuoriclasse, sono molto più importanti i fattori sociali ed ambientali. Ce ne parla ampiamente, di questi fattori ambientali, nel suo libro bestseller “Fuoriclasse – Storia naturale del successo”, uscito nel 2008 e tradotto da Mondadori nel 2009, e che, ad ogni ristampa, va velocemente esaurito e che attualmente è reperibile solo nel mercato dell’usato o in formato e- book. Scopri il nuovo numero: “Le 4 Virtù cardinali del Marketing” Pazienza, Perseveranza, Sostenibilità e Gentilezza, sono le 4 virtù cardinali del marketing che vi proponiamo. In un mondo dominato dalla tecnica e dalla velocità, queste virtù ci permettono di non sbagliare la rotta (o magari di ritrovarla se smarrita) e di indirizzare correttamente le nostre azioni. Se, come professionisti del mondo del marketing e della formazione, siete abituati ai classici ed inflazionati, oltre che ripetitivi, manuali di auto aiuto, motivazionali, etc., preparatevi ad avere una cocente, ma allo stesso tempo illuminante, delusione. Malcolm Gladwell sfata uno ad uno tutti i miti che ruotano intorno al successo e “sgretola” ogni nostra convinzione, restituendoci la “vera storia naturale” del successo. Tutto comincia da un paesino della provincia di Foggia, Roseto Valfortore, che serve all’autore per calarci subito nel clima e nella temperatura del suo saggio; poi è un susseguirsi di scoperte sorprendenti e di prese di coscienza sulla vera natura del successo. Scritto con quel gradevole mix di rigore scientifico e capacità narrative tipico della divulgazione scientifica di matrice anglosassone, il libro scorre agevolmente dalla prima all’ultima delle sue 250 pagine. Fuoriclasse
Storia naturale del successo Autore: Malcolm Gladwell Editore: Mondadori Anno: settembre 2009 (prima edizione) Pagine: 250 Isbn: 9788804593782 Prezzo: € 18,50 Ma quali sono le argomentazioni che l’autore utilizza per argomentare la sua tesi? Innanzitutto il libro è diviso in due grandi parti, “opportunità” e “retaggio”, ed ognuna di queste è composta rispettivamente da 5 e 4 agili capitoli che illustrano ognuno un fattore “naturale” del successo. Ogni capitolo parte da fatti concreti o casi celebri per illustrare concetti scientifici perlopiù ignorati da molti, o almeno dalla stragrande maggioranza, di quei professionisti che ogni giorno lavorano nel campo della motivazione e formazione aziendale. Ed allora scopriremo: la “regola delle 10.000 ore”, con l’esempio di Bill Gates e dei Beatles; il potente effetto Matteo e quello dell’età relativa, attraverso l’esempio dei migliori giocatori di hockey canadese o di quelli del calcio europei; l’importanza delle radici etniche nello studio dei disastri aerei e come mai la stragrande maggioranza dei più prestigiosi e potenti studi legali di New York vede una preminenza di soci fondatori ebrei nati fra il 1930 ed il 1935; ed ancora quanto le origini geografiche, ed i lavori svolti nei paesi d’origine, degli immigrati europei in America abbia influito sulle faide familiari che insanguinarono il vecchio West americano nell’‘800. Perché dovremmo leggere Fuoriclasse – Storia naturale del successo? Il libro di Malcolm Gladwell è una profonda operazione di ecologia mentale, di pulizia delle nostre convinzioni, delle favole che ruotano intorno al successo, della legenda dell’uomo venuto dal nulla, del mito del self-made man. Ma attenzione, questa presa di coscienza non è solo distruttiva e sconfortante, è anche una rivelazione, una vera e propria epifania. Perché scoprire che i motivi del successo della stragrande maggioranza dei capitani d’industria, dei vincenti, dei manager di successo, dei gruppi rock leggendari, etc. getta una nuova luce sul mondo del lavoro e sulle nostre vite, mettendo nella giusta prospettiva tutti quei concetti che una facile e ripetitiva manualistica di auto aiuto continua a proporci da almeno 100 anni, pressoché immutata, nonostante i progressi sociali, tecnologici e scientifici che intanto sono intervenuti. Scoprire che il successo è una faccenda allo stesso tempo molto più prosaica e altrettanto complessa, oltre che naturale, di ciò che pensavamo ci mette nelle condizioni di considerare al meglio le nostre strategie, il nostro impegno ed i nostri risultati e, se è il caso, di aggiustare il tiro su cose di cui ignoravamo, addirittura, l’esistenza.
Se volete approfondire i contenuti del libro “Fuoriclasse – Storia naturale del successo”, potete andarvi a vedere la 12° puntata di “Incontri ravvicinati” nella quale abbiamo dialogato, del saggio di Malcolm Gladwell, con lo psicologo e divulgatore scientifico Armando De Vincentiis. Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre. Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime novità dal mondo del marketing e della comunicazione. Nome Cognome Email * Consenso Consentici di usare i tuoi dati Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy Iscriviti alla newsletter Searching, l’originale thriller di Aneesh Chaganty, è un vero carotaggio socioculturale dei nostri tempi, in cui i social sanno più cose su di noi di noi stessi Si apre con una bellissima immagine di colline verdi sotto un cielo azzurro puntellato da bianchissime nuvole la prima scena di “Searching”; non fatichiamo a riconoscere, almeno chi tra noi ha più di 25 anni, la famosa immagine “Bliss” (letteralmente beatitudine, ma conosciuta come colline), che ha fatto da sfondo ai desktop di mezzo mondo, dal 2001 al 2014, quando il sistema operativo Windows XP (ancora oggi il terzo al mondo per diffusione) è stato ufficialmente terminato. Il desktop e le immagini che vediamo scorrere insieme ai titoli di testa ci sintonizzano subito sul qui e quando del film, mostrandoci anche, ma lo capiremo solo mentre il film prosegue, che sarà questa
la modalità ed il punto di vista di tutte le inquadrature. G l i a t t o r i J o h n C h o (David) e Michelle La (Margot) in una scena del film. È senza dubbio con un po’ di ritardo che vi parlo del film “Searching” del talentuoso e giovanissimo regista statunitense di origini indiane Aneesh Chaganty. Il film è uscito nelle sale italiane ad ottobre del 2018, e, benché all’epoca il trailer mi avesse colpito, non riuscii a vederlo al cinema. Recuperato su una piattaforma di streaming a pagamento, e visto in quest’ultima settimana di aprile da Zona Rossa (almeno nella mia Puglia), il film è davvero un thriller ben confezionato, ben recitato e soprattutto un interessante esperimento cinematografico che si colloca al confine fra diversi media. Infatti ciò che rende originale questo thriller vecchio stile, incentrato sulla scomparsa di una adolescente e sugli sforzi che il padre farà per trovarla, è proprio la modalità della narrazione: tutta la storia si svolge interamente sugli schermi di due pc portatili (quello del papà David e poi quello della figlia Margot) e di un paio di smartphone. La scomparsa della giovane Margot (l’attrice Michelle La) è il pretesto narrativo per sbloccare una delle più grandi paure dei genitori di oggi: quello di non sapere niente di ciò che fanno i loro figli online o addirittura di non conoscerli affatto. Ed infatti è quello che succede al padre David (un intenso John Cho), che piano piano discende le scalinate del suo inferno personale, man mano che esplora il laptop di una figlia che credeva di conoscere.
L a l o c a n d i n a d e l f i l m . “Finora nessuno era riuscito a mostrare in maniera adeguata la tecnologia che dagli ultimi dieci anni governa le nostre vite; né al cinema, né in televisione”, ha commentato il giovane regista Aneesh Chaganty, autore insieme all’amico Sev Ohanian anche della sceneggiatura, in un’intervista sul sito The Hot Corn News. Per riuscire nell’impresa gli attori hanno dovuto recitare davanti allo schermo nero di un pc dotato di videocamere Go-pro che potessero simulare la resa qualitativa delle varie webcam e le ottiche dei
vari device impiegati. L’altra protagonista del film, insieme a David, è la detective incaricata del caso di scomparsa, Vick (un’appassionata Debra Messing che tutti ricordiamo per avere impersonato Grace nella longeva sitcom Will&Grace), che, a proposito della difficoltà della recitazione, in un’intervista ha dichiarato: “È stato un film duro da girare e all’inizio ero molto nervosa, ma sentivo di essere in buone mani. […] Non mi era mai capitato di dover recitare di fronte a uno schermo spento, con una Go-pro e il regista che dirigeva di volta in volta il mio sguardo. Tutto ciò che avevo era la voce di John (Cho, il co-protagonista, ndr) che avrebbe recitato in presa diretta insieme a me, di fronte a un altro schermo spento, e a un’altra Go-Pro, in un’altra stanza”. Searching insomma è sì un noir classico, con una storia tesa, quasi sincopata, che avrebbe funzionato anche senza l’espediente del racconto “a schermo”, ma è proprio con questa modalità che ci immerge e trascina ancora di più nel racconto. Come spettatori siamo sia nella fastidiosa posizione di vedere tutto quello che scopre David sul computer della figlia, che in quella di involontari ma eccitati voyeur della vita di Margot e David che, come già detto, conosciamo solo attraverso video di YouTube, chat, servizi di messagistica istantanea, videochiamate e vari servizi dei tg sul web. Eppure io credo, ed in questo concordo con l’analisi di Paola Casella su MyMovies.it, che il film veicoli delle sottotrame parallele: la prima è quella dell’immigrazione, la famiglia protagonista è di origine coreana e vive nell’America di Trump (quando è uscito il film il tycoon era ancora il presidente). Non credo sia stata una scelta casuale, anche perché nel film Margot si smarrisce fisicamente, ma pare aver perduto anche le proprie radici culturali e perciò risulta ancora più vulnerabile alle insidie della nuova terra promessa. Una possibile conferma a questa tesi è il fatto che il regista stesso è un immigrato di seconda generazione ma di origini indiane. Ma è l’altra sottotrama, a mio modo di vedere, quella davvero importante: più che un innovativo thriller girato attraverso gli schermi neri che affollano le nostre vite, prima ancora che un noir vecchia maniera raccontato in maniera originale, prima ancora che una piccola rivoluzione del linguaggio cinematografico, Searching è un dramma familiare, un vero e proprio carotaggio socioculturale dei nostri tempi. Tempi nei quali un social network sa più cose dei nostri figli di quanto ne potremmo mai sapere noi, nei quali dietro ad un nickname può celarsi un grande pericolo, un mondo, quello della rete, dove nulla è come appare e dove persino noi fingiamo, il più delle volte, di essere qualcosa di diverso da ciò che siamo in realtà. Come dei veri black mirror, gli schermi dei device che accompagnano quasi ogni ora delle nostre esistenze riflettono e ci rimandano l’immagine, a volte distorta, di noi stessi, dei nostri cari e delle nostre certezze, costringendoci a guardare – come direbbe Nietzsche – il fondo dell’abisso, consapevoli che anche l’abisso sta guardando dentro di noi.
U n ’ a l t r a s c e n a d e l f ilm. Cosa altro dire di questo film? Solo di recuperarlo e guardarlo con attenzione, “Searching”, è una profonda riflessione sui nostri tempi, da cui emerge sia la nostra ignoranza sulle potenzialità, anche criminali, del web, che anche, e questo è molto curioso, la dimestichezza che abbiamo nello smanettare sui computer al fine di violare la privacy altrui e recuperare password e codici di accesso vari, alla faccia di chi dice che l’analfabetismo digitale sia uno di principali problemi odierni di chi naviga la rete. Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre. Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime novità dal mondo del marketing e della comunicazione. Nome Cognome Email * Consenso Consentici di usare i tuoi dati Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy Iscriviti alla newsletter
Oscar 2021: pochi abbracci e poche emozioni, ma tanti segnali di cambiamento Un’edizione sottotono quella di quest’anno dei Premi Oscar, una cerimonia in sintonia con il periodo che stiamo vivendo. Emozione contenuta, poche risate, pochissimi abbracci e non poteva essere diversamente visto il momento storico. Molti pronostici sono stati disattesi e non c’è stato un vero e proprio fuoriclasse che ha sbaragliato la concorrenza, però sicuramente “Nomadland” è stato il film che ha lasciato più il segno rispetto ad altri, vincendo come Miglior film, Migliore attrice protagonista, premiando l’intensa Frances McDormand, e Miglior regia per la regista cinese Chloe Zhao, un tris di donne che non si vede spesso e che rappresenta un bel segnale di cambiamento. L’Italia torna a casa a mani vuote perché le candidature per Miglior trucco e Migliori costumi per il film “Pinocchio” di Matteo Garrone (qui la mia intervista al costumista candidato Massimo Cantini Parrini) sono state, invece, vinte dal film “Ma Rainey’s Black Bottom” di George C. Wolfe. La cantante Laura Pausini, candidata per la miglior canzone con “Io sì” del film “La vita davanti a sé” è stata battuta dalla bellissima “Fight For You” del film “Judas and the Black Messiah”. Del film girato in Puglia “La vita davanti a sé” e del cortometraggio d’animazione che ha vinto l’Oscar “Se succede qualcosa, vi voglio bene” ne abbiamo parlato alla loro uscita. L a r e g i s t a c i n e s e C h l
o e Zhao, premiata con l’Oscar come Miglior regista per “Nomadland”, film che si aggiudica anche l’Oscar più importante, quello del Miglior Film. Resta il fatto che, anche senza un vero e proprio capolavoro, i vari film candidati per tutti i premi sono interessanti e vale la pena vederli. Qui di seguito i vincitori: Miglior film The Father Judas and the Black Messiah Mank Minari Nomadland Una donna promettente Sound of Metal Il processo ai Chicago 7 Miglior regia Thomas Vinterberg, Un altro giro David Fincher, Mank Lee Isac Chung, Minari Chloe Zhao, Nomadland Emerald Fennel, Una donna promettente Miglior attrice protagonista Viola Davis, Ma Rainey’s Black Bottom Andra Day, The United States vs. Billie Holiday Vanessa Kirby, Pieces of a Woman Frances McDormand, Nomadland Carey Mulligan, Una donna promettente Miglior attore protagonista Riz Ahmed, Sound of Metal Chadwick Boseman, Ma Rainey’s Black Bottom Anthony Hopkins, The Father Gary Oldman, Mank Steven Yeun, Minari
L ’ i n t e n s a F r a n c es McDormand, in una scena del film “Nomadland”, premiata come Migliore attrice protagonista. Migliore attrice non protagonista Maria Bakalova, Borat – Seguito di film cinema Glenn Close, Elegia americana Olivia Colman, The Father Amanda Seyfried, Mank Yuh-Jung Youn, Minari Miglior attore non protagonista Sacha Baron Cohen, Il processo ai Chicago 7 Daniel Kaluuya, Judas and the Black Messiah Leslie Odom, Jr., Quella notte a Miami… Paul Raci, Sound of Metal Lakeith Stanfield, Judas and the Black Messiah Miglior film in lingua non inglese Un altro giro, Danimarca Better Days, Hong Kong Collective, Romania The Man Who Sold His Skin, Tunisia Quo Vadis, Aida?, Bosnia Erzegovina Miglior fotografia Judas and the Black Messiah Mank Notizie dal mondo Nomadland Il processo ai Chicago 7 Miglior sceneggiatura originale
Judas and the Black Messiah Minari Una donna promettente Sound of Metal Il processo ai Chicago 7 A n t h o n y H o p k i n s , in una scena del film The Father, per il quale ha vinto l’Oscar come Miglior Attore protagonista. Miglior sceneggiatura non originale Borat – Seguito di film cinema The Father Nomadland Quella notte a Miami… La tigre bianca Miglior film d’animazione Onward Over the Moon – Il fantastico mondo di Lunaria Shaun, vita da pecora: Farmageddon Soul Wolfwalkers – Il popolo dei lupi Miglior documentario Collective Crip Camp – Disabilità rivoluzionarie The Mole Agent Il mio amico in fondo al mare Time Miglior cortometraggio documentario
Colette A Concerto Is A Conversation Do Not Split Hunger Ward A Love Song for Latasha Miglior cortometraggio d’animazione Burrow Genius Loci Se succede qualcosa, vi voglio bene Opera Yes-People Y o o n Y e o - j e o n g O s c ar 2021 come Miglior Attrice non protagonista, grazie al ruolo dell’anziana nonna Soonja nel film Minari. Miglior cortometraggio Feeling Through The Letter Room The Present Two Distant Strangers White Eye Migliore colonna sonora Da 5 Bloods – Come fratelli Mank Minari Notizie dal mondo Soul
Migliore canzone originale “Fight for You” – Judas and the Black Messiah “Hear My Voice – Il processo ai Chicago 7 “Husavik” – Eurovision Song Contest – La storia dei Fire Saga “Io sì (Seen)” – La vita davanti a sé “Speak Now” – Quella notte a Miami… Migliori effetti visivi Love and Monsters The Midnight Sky Mulan L’unico e insuperabile Ivan Tenet Migliori trucco e acconciature Emma Elegia americana Ma Rainey’s Black Bottom Mank Pinocchio D a n i e l K a l u u y a , O s car Miglior Attore non protagonista per il film Judas and the Black Messiah. Migliore scenografia The Father Ma Rainey’s Black Bottom Mank Notizie dal mondo Tenet
Migliori costumi Emma Ma Rainey’s Black Bottom Mank Mulan Pinocchio Miglior montaggio The Father Nomadland Una donna promettente Sound of Metal Il processo ai Chicago 7 Miglior sonoro Greyhound – Il nemico invisibile Mank Notizie dal mondo Soul Sound of Metal Non ci resta che recuperare questi film e attendere i nostri Oscar italiani, i David di Donatello, in programma per l’11 maggio 2021. Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre. Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime novità dal mondo del marketing e della comunicazione. Nome Cognome Email * Consenso Consentici di usare i tuoi dati Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy Iscriviti alla newsletter
I film italiani in uscita a Maggio 2021 Le tanto auspicate riaperture, porteranno a partire dal prossimo mese, ad una rinascita del cinema in sala. Le povere e martoriate sale cinematografiche, chiuse ormai dallo scorso ottobre, sperano che con la bella stagione, si possa ritornare a gustare “in presenza”, la magia incantatrice del Cinema. Il prossimo mese, ovvero Maggio, sarà un banco di prova per tante cose, sarà un banco di prova per la cultura, pronta a ripartire e sarà un banco di prova per capire l’efficacia della campagna di vaccinazione, essenziale, lo ricordiamo, per ritornare “alla vita”. A Maggio, in sala, usciranno ben 12 pellicole italiane, a conferma della “nuova” vitalità del nostro cinema. Molto atteso, in uscita il prossimo 20 maggio, è Il cattivo poeta, nel quale uno strepitoso Sergio Castellitto veste i panni del sommo e discusso poeta Gabriele D’Annunzio. Un film del regista Gianluca Jodice, per una parabola archetipica sul potere e sulla libertà di pensiero, con evidenti riferimenti ai tempi attuali. La settimana dopo (27 maggio) si continua a veleggiare alto, con Valeria Golino, che con Fortuna ci porta all’interno di una favola nera a metà tra cronaca e fantascienza. Una trama molto particolare, che è nello stesso tempo anche una sorta di thriller psicologico in salsa italiana. E’ la storia di una bambina che ha smesso di parlare. Si chiama Nancy, o forse Fortuna. Vive con la madre in un casermone della periferia del napoletano che è un non-luogo metafisico alienato e alienante, pieno di corridoi lungo i quali ci si perde, e dei quali non si vede la fine. La bambina frequenta una psicologa che cerca di capire perché non parli più. Sopra il casermone c’è un terrazzo dove si fanno feste rionali e dove i piccoli condomini giocano: fra questi Anna e Nicola, una bimba fantasiosa e un bambino bullizzato dai ragazzini più grandi. Tutti hanno segreti troppo giganti per essere raccontati. E tutti hanno paura del lupo. Il regista Nicolangelo Gelormini, al suo esordio assoluto nel lungometraggio, è un uomo che conosce il cinema, nonostante la giovane età. A conferma di ciò è cresciuto all’ombra di Paolo Sorrentino, dal quale è riuscito a carpirne, atmosfere, situazioni e stile. Ne sentiremo certamente parlare nei prossimi anni. SI è parlato di Valeria Golino e della propensione del nostro cinema, avvertibile molto chiaramente negli ultimi anni, di affidarsi sovente, alle gesta e al talento delle nostre attrici. Un esempio lampante sarà Il buco in testa, film di Antonio Capuano, tutto declinato al femminile. La protagonista, Maria, impersonata da Teresa Saponangelo è rabbiosa, ribelle, sanguigna, in costante ricerca di risposte, tormentata da un’angoscia senza nome. In tutto questo l’attrice si prende il centro della scena, anzi la domina, confermando il piacere assoluto di vederla finalmente protagonista, in ossequio al suo grande talento finalmente pienamente evidenziato. Il regista si ispira ad una storia vera, un episodio molto noto degli anni di piombo: il giorno in Via De Amicis immortalato dalla foto simbolo dell’epoca in cui l’autonomo Giuseppe Memeo, a gambe divaricate, punta a due mani una pistola contro la polizia. Quel giorno perse la vita il vicebrigadiere Antonio Custra, lasciando vedova la moglie incinta. E Capuano immagina le ricadute di quell’episodio su tutti
coloro che ne sono stati coinvolti: una moglie, una figlia, un killer in cerca di redenzione, una generazione perduta. Un film che ci sentiamo pienamente di consigliare, non solo perché ricostruisce una tragica “storia italiana”, che non merita di essere scordata; ma anche per la precisione sociologica che lo renderà uno dei film in costume più importanti degli ultimi anni. Nello stesso mese usciranno anche altri film, che citiamo in maniera fugace. Ad esempio Maternal, film di Maura Delpero, ancora tutto declinato al femminile, perché è infatti la storia di tre donne a confronto con maternità e religione; e poi Regina di Alessandro Grande; e soprattutto Alida, di Mimmo Verdesca, dedicato alla figura di una delle dive più importanti della storia del cinema italiano, ovvero Alida Valli. Un ritratto inedito della grande attrice, che siamo sicuri, farà emozionare il pubblico in sala. Insomma la ripartenza “in presenza” promette bene, tanti film interessanti già a partire dal prossimo mese, nella speranza che questa ripartenza possa essere quella definitiva, anche e soprattutto per il settore culturale, che, lo ricordiamo, è stato quello più pesantemente condizionato dalla pandemia. Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre. Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime novità dal mondo del marketing e della comunicazione. Nome Cognome Email * Consenso Consentici di usare i tuoi dati Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy Iscriviti alla newsletter Giornata mondiale del Libro: AIE conferma la crescita del mercato dei libri anche nel primo trimestre 2021 (+26,6%)
L’editoria italiana nel primo trimestre del 2021 è in forte crescita! Secondo i dati elaborati dall’Associazione Italiana Editori (AIE), dal primo gennaio al 28 marzo 2021 le vendite dei libri a stampa a prezzo di copertina nei canali trade (librerie, online e grande distribuzione organizzata) sono cresciute del 26,6% a valore e del 26,7% a copie vendute rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, consolidando tra l’altro un trend iniziato nella seconda metà del 2020. Sul sito dell’AIE si legge: I dati mostrano cambiamenti di grande rilievo nei canali di vendita e nella struttura del mercato. I canali fisici (librerie e grande distribuzione) passano dal 73% del 2019 al 57% di fine 2020, al 55% a marzo di quest’anno. Le librerie online, che rappresentavano il 27% nel 2019 e il 43% nel 2020, raggiungono il 45% nel primo trimestre dell’anno. Le librerie indipendenti, maggiormente presenti nelle periferie e nei piccoli centri, passano dal 22% di fine 2019 al 18% di fine 2020 e, quindi, al 16% di fine marzo. La 18App, in particolare, ha confermato la propria efficacia anche nell’avvio del nuovo anno: tra gennaio e febbraio i 18enni hanno utilizzato per l’80% questo strumento per acquisti di libri a stampa, pari complessivamente a 75 milioni di euro. Il 91% degli acquisti sono stati effettuati nelle librerie online. La quota dei piccoli e medi editori, trainata dall’online, è cresciuta costantemente nel corso degli anni, passando dal 39,5% del 2011 al 47,5% del 2019, al 50,9% del 2020, fino a toccare il 54,1% tra gennaio e marzo 2021. Il presidente di AIE Ricardo Franco Levi, a proposito di questi ottimi numeri, ha dichiarato: “Siamo di fronte a un incremento importante che si accompagna alla crescita della lettura, come è documentato nel libro bianco del Cepell (nel 2020 sono lettori il 61% degli italiani nella fascia d’età 15-74 anni, contro il 58% dell’anno precedente). Questi dati confermano la bontà delle politiche di sostegno al settore proposte da tutta la filiera del libro unita, l’Associazione Italiana Bibliotecari (AIB), AIE, Associazione Librai Italiani (ALI), e messe in atto nel 2020 da governo e parlamento. Ci riferiamo in particolare al sostegno della domanda tramite la 18App, la Carta Famiglia, il finanziamento degli acquisti delle biblioteche nelle librerie di prossimità, tutte misure che chiediamo siano confermate e stabilizzate”.
F o t o d i D a r i a S h e v t s o v a d a P e x e l s Complice la pandemia da Coronavirus, le limitazioni agli spostamenti personali e la totale chiusura di tutti gli altri comparti culturali (cinema, teatri, concerti e spettacoli dal vivo), il libro diventa non solo il fedele compagno di tante ore passate a casa, ma anche un rifugio, uno sfogo e un’occasione per la crescita culturale personale che riunisce in sé tanti vantaggi: praticità, economicità e grande, se non inesauribile, disponibilità di argomenti. Anche noi di Smart Marketing abbiamo sempre creduto nel valore e potenza del libro e della
lettura, tanto che, oltre alla nostra rubrica dedicata, anche il nostro nuovo format di dirette Facebook “Incontri ravvicinati” è nato e si è sviluppato “principalmente” intorno all’oggetto libro e su quanto possa essere utile per sviluppare le nostre competenze specifiche e soprattutto trasversali. In un annus horribilis per il mondo della cultura, è come se tutti noi avessimo compreso il vero valore delle cose che ci circondano riabilitando un oggetto, il libro e una pratica, la lettura, con i quali noi italiani non avevamo troppa dimestichezza. Vuoi vedere che alla fine qualcosa di buono questa pandemia l’ha fatta? Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre. Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime novità dal mondo del marketing e della comunicazione. Nome Cognome Email * Consenso Consentici di usare i tuoi dati Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy Iscriviti alla newsletter Il podcast che ti fa scoprire l’A.I. - L’intelligenza artificiale in azienda? La si porta così. Con Marina Geymonat Tutti, o quasi, conosciamo la regola mnemonica per il gioco del Poker per ricordare il valore dei semi delle carte. È la famosa “Come Quando Fuori Piove” dove le iniziali delle quattro parole “C – Q – F – P” ci aiutano a ricordare la gerarchia del valore dei singoli semi “Cuori Quadri Fiori Picche”.
Ma anche quando parliamo di Intelligenza Artificiale questa tecnica mnemonica può tornarci utile per comprendere, in particolare, a cosa stare attenti quando decidiamo di adoperare l’I.A. in azienda, soprattutto nella forma più comunemente utilizzata dalle imprese, ossia quella della machine learning. A spiegarci in che maniera il “Come Quando Fuori Piove” possa tornarci utile prima di investire i nostri budget in sistemi di Intelligenza Artificiale è Marina Geymonat, una grande esperta del mondo aziendale (infatti è Responsabile Piattaforme di Intelligenza Artificiale per TIM) che, insieme al giornalista di Radio IT Igor Principe, ci guiderà in questo interessantissimo 11° episodio del podcast “Alla scoperta dell’Intelligenza Artificiale”, ideato e promosso dall’Associazione Italiana per l’Intelligenza Artificiale (AIxIA) e Radio IT (il primo podcast network italiano sull’information technology). Scopriremo allora che il Come/Cuore serve per comprendere che quando un’impresa decide di investire in sistemi di Intelligenza Artificiale bisogna tenere lo sviluppo di queste tecnologie il più possibile vicino al cuore dell’azienda. Perché solo chi lavora dentro le aziende può “guidare” gli esperti tecnologi e informatici, reclutati in università o centri di ricerca esterni, verso la creazione di un sistema di I.A. che risolva davvero i problemi posti in essere dall’impresa. Le intelligenze artificiali che funzionano meglio sono proprio quelle sviluppate ad hoc o quantomeno personalizzate all’interno delle società che poi li andranno ad utilizzare. Il mezzo migliore per permettere che la nuova tecnologia di I.A. sia sviluppata vicino al cuore dell’azienda è la formazione del personale interno; la formazione non deve essere iper- specialistica, ma preparatoria, e si può attuare attraverso un piccolo master, nell’ordine della decina di ore; il personale così formato comprenderà passo passo e “parteciperà” allo sviluppo e all’applicazione di questa nuova tecnologia. Il Quando/Quadri rappresenta invece i tempi e i soldi che l’azienda decide di investire in tecnologie di I.A.. Il problema principale quando un’azienda decide di investire negli algoritmi dell’Intelligenza artificiale è che ha fretta di vedere i risultati “mirabolanti” di cui tanto si sente parlare in giro; ed allora succede che dopo la creazione e lo sviluppo del sistema di I.A. personalizzato (che, come abbiamo detto, nel campo aziendale sono soprattutto sistemi di machine learning) il management abbia fretta di risultati e spesso decida di abbandonare la nuova tecnologia, prima che le sia stato permesso di apprendere ed elaborare i dati raccolti nel mondo reale. La fase più importante per gli algoritmi di I.A., usciti dal laboratorio e messi al lavoro nella vita vera, sul campo, è proprio questa fase di “addestramento”, perché più dati l’I.A. raccoglie, più evolve e più
precise e performati saranno i suoi risultati. L a p r o t a g o n i s t a d e l 1 1 ° p o d c a s t , M a r i n a G eymonat, responsabile Piattaforme di Intelligenza Artificiale per TIM. C’è poi il Fuori/Fiori, due parole perfette secondo Marina Geymonat per spiegare, attraverso l’esempio di un “fiore trilobato” (con tre lobi/petali), quali sono gli attori necessari di cui bisogna tener conto quanto si decide di sviluppare ed adottare in azienda delle nuove tecnologie di I.A.. Il primo lobo del Fiore sono gli utilizzatori finali, che quelle tecnologie e quegli algoritmi
dovranno poi utilizzare. L’errore più comune delle aziende è quello di far calare dall’alto le nuove tecnologie di I.A. che spesso dopo tanto tempo e denaro spesi per il loro sviluppo finiscono per non essere adoperate sul campo, diventando degli investimenti fallimentari. Far partecipare “gli utilizzatori finali” ai vari processi di trasformazione tecnologica, anche attraverso una formazione propedeutica, è la migliore assicurazione che poi quelle stesse tecnologie vengano effettivamente utilizzate. Il secondo lobo del Fiore sono gli esperti di I.A., interni ed esterni all’azienda, che si sono reclutati per sviluppare la nuova tecnologia, far dialogare i vari esperti tra loro, con il management dell’azienda e con gli utilizzatori finali; esso permetterà di sviluppare, testare e far funzionare al meglio le nuove tecnologie che si andranno ad adottare. Terzo ed ultimo lobo del Fiore è rappresentato da tutto il comparto aziendale dell’information technology: sembra paradossale, parlando di soluzioni informatiche, ma spesso gli esperti di I.A. e gli esperti di I.T. già presenti in azienda non dialogano tra loro, decretando il fallimento della nuova tecnologia che si va sviluppando. Questo succede perché le tecnologie dell’intelligenza artificiale sono ritenute cosi innovative da venire isolate, o da isolarsi, dai settori dell’I.T., che invece sono non solo fondamentali al loro sviluppo, ma saranno anche i principali fruitori dei risultati e delle soluzioni di I.A. che si adotteranno in azienda. Infine, l’ultimo seme, il Piove/Picche, è perfetto per spiegare tutto quello che non bisogna fare quando si decide di sviluppare ed adottare in azienda una nuova tecnologia di Intelligenza Artificiale. Secondo Marina Geymonat innanzitutto bisogna non rimanere ancorati alle abitudini ad al modo di lavorare del passato, bisogna passare da una modalità lavorativa per requisiti ad una modalità per dati ed obiettivi, poi bisognerebbe abbandonare le modalità di lavoro a “silos”, a compartimenti stagni, che nelle aziende del passato era un metodo vantaggioso che funzionava; nelle aziende moderne, ancor di più se decidono di adottare tecnologie dell’I.A., avere un vocabolario comune e far lavorare i vari comparti in modalità end-to-end è fondamentale. Il lavoro nelle aziende deve svilupparsi in ampiezza, coinvolgendo tutti quei settori che, a priori, sembrano avere poco o nulla a che fare con l’adozione di una nuova tecnologia di I.A., perché per addestrare al meglio le intelligenze di silicio prima bisogna formare, far dialogare ed interagire le intelligenze degli esseri umani che lavorano fra loro e che lavoreranno con le nuove tecnologie dell’Intelligenza Artificiale. Se volete scoprire come utilizzare al meglio la tecnica mnemonica del “Come Quando Fuori Piove” per capire quali sono i passi fondamentali da intraprendere in azienda prima, dopo e durante l’acquisizione di nuove tecnologie dell’I.A., non vi resta che infilare le cuffie ed ascoltarvi questo interessatissimo 11° episodio del podcast di “Alla scoperta dell’Intelligenza Artificiale”, che ci propone una vera roadmap per orientarci in questi nuovi e spettacolari territori. Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre.
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