Ribelli: appuntamento a maggio 2020! - Smart Marketing

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Ribelli: appuntamento a maggio 2020! - Smart Marketing
“N-Conference 2020”, il futuro è dei
Ribelli: appuntamento a maggio 2020!
N-Conference non si ferma.

Posticipata la Milano Digital Week anche il il Business Visionary Show ideato e organizzato da Ninja
Academy cambia data. Il nuovo appuntamento è fissato per il 13- 14 maggio, sempre al Talent
Garden Calabiana di Milano.

Confermato il top speker Fernando Machado, Chief Marketing Officer Global di Burger King oltre
a numerosi ospiti italiani e stranieri. Main Partner dell’evento TIM, Aw-Lab e GoDaddy.

Obiettivo della N-Conference è di portare sul palco i “ribelli del business”, personalità che – ognuno
nel proprio campo d’azione – si sono distinte per aver avuto il coraggio di intraprendere percorsi fino
ad allora non battuti, basandosi esclusivamente sul coraggio delle proprie idee. Ecco che cosa
hanno in comune Paola Zukar, la manager di Marracash e Clementino, Stefano Polato, lo chef
degli astronauti, Fernando Machado, il creativo di Burger King, Andrea Gibbs, la mamma-
manager esperta di sicurezza informatica e Jasmine Fage, la startupper delle auto a guida
autonoma e Marco Attisani l’inventore del computer termodinamico.

Saranno loro, insieme ad altri speaker ed ospiti di spicco, nazionali ed internazionali, i protagonisti
di N-Conference 2020, il Business Visionary Show ideato e organizzato da Ninja Academy, la
digital business school di Ninja Marketing, piattaforma digitale specializzata nello studio e
nell’analisi dei cambiamenti in atto nel campo del marketing, della comunicazione, dell’innovazione
tecnologica e sociale. Oltre 40 speaker, show performance con Alex Neri, co-fondatore dei Planet
Funk networking session, YouTuber e Creator come Virginia Montemaggi e Gianmarco Zagato. una
speciale business dinner con Stefano Polato lo chef degli astronauti e direttore dello Space Food
Lab di Argotec: questi alcuni numeri dell’evento che il 13 e il 14 maggio, nella cornice del Talent
Garden Calabiana di Milano, affronterà i temi chiave del Business del futuro con l’obiettivo di
intercettare, attraverso l’analisi dei trend del momento, le opportunità che il mercato offrirà nei
prossimi anni.

L’evento è inserito nel cartellone degli eventi della Milano Digital Week, la kermesse
dedicata alla cultura digitale, di cui Ninja Marketing è media partner. E sarà una sorta di
spin off della rassegna che è stata posticipata al 25-25 maggio.

Ad intervenire sul palco del Talent Garden Calabiana, tra gli altri, Mirko Pallera, founder di Ninja
Marketing, Domenico Romano, Head of Marketing Aw-Lab, Gianluca Stamerra, Regional Director
per l’Italia di GoDaddy, Quang Ngo Dinh, VP Marketing Consumer RI, Cristina Pozzi, Ceo di
Impactscool e nominata Young Global leader 2019 per l’Italia dal World Economic Forum, Marco
Attisani, founder di Watly, startup impegnata a garantire acqua, energia e connessione ai paesi del
terzo mondo, Fernando Machado, Chief Marketing Officer Global di Burger King, Andrea Gibbs,
Manager di Intel, Nik Roope, Co-founder Lovie Awards, Vincenzo Riili, Marketing Director
Google, Bruno Bertelli, Global Chief Creative Officer e CEO Publicis, Normanno Pisani, EU Strategy
Manager TikTok.

Dal cibo nello spazio al computer termodinamico che genera acqua pulita, dal 5 G alla Generazione
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Z, dalla marketing automation allo smart working, dal futuro della mobilità autonoma all’impatto che
le tecnologie digitali possono avere sui mercati, dalle best practice del marketing e del growth
hacking alle B Corporation: la due giorni milanese sarà un momento durante il quale le menti di
visionari, innovatori e “ribelli”, avranno la possibilità di incontrarsi e interagire per creare un
percorso nuovo e inedito all’insegna del business del futuro.

Il nostro magazine Smart Marketing è media partner dell’“N-Conference 2020” e seguirà per i
suoi lettori l’intera manifestazione con articoli, interviste e aggiornamenti.

Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre.

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LinkedIn: 4 consigli per creare un
business di successo
Che cos’è LinkedIn? Una piattaforma per la ricerca del lavoro? Un network di professionisti per lo
scambio di idee e opinioni?

Non solo. LinkedIn è un’opportunità.
Lo è per le aziende tanto quanto per le persone, perché accende i riflettori sulle abilità e sulle
competenze personali, offre la visibilità che ci permette di emergere in una platea di dita sollevate in
cerca di attenzione.
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Così è iniziato il boom d’iscritti
Sembra che oggi in tanti si siano accorti dei suoi innumerevoli vantaggi. Basta cliccare sull’icona
“lavoro”, digitare una località e un profilo ricercato per vedere in quanti minuti il numero di
candidati per quella posizione schizza da 30 a 150. Chi è in cerca di un’occupazione lo sa bene e
probabilmente non apprezza una concorrenza così consistente, ma ciò è dovuto all’inarrestabile
crescita del social network negli ultimi anni. Una crescita che ha fatto schizzare, nel 2019, il numero
di utenti a oltre 660 milioni distribuiti in 200 paesi diversi.

Non male vero?
Sono state l’acquisizione da parte di Microsoft e l’introduzione di nuove funzionalità, come i video in
diretta, a far aumentare il numero di iscritti. Così LinkedIn è stato incoronato re tra gli
strumenti professionali di ricerca e consolidamento del lavoro. Ma non tutti quelli che hanno
riconosciuto la sua leadership sanno davvero utilizzarlo. Molte funzionalità sono sconosciute o poco
sfruttate dagli utenti.

Come si supera la prova della visibilità
Non esiste una guida definitiva che dica come interagire o trovare lavoro su LinkedIn, ma possono
valere alcuni suggerimenti pratici.

La prima cosa da fare per chi ha un profilo su questa piattaforma o ha intenzione di crearne uno, è
curarla nei minimi dettagli.

Banale? Forse solo all’apparenza.

Sia che si tratti di una pagina Corporate che di una privata, bisogna prestare attenzione
all’immagine di copertina e alla foto profilo, scegliere quella che meglio ci identifica perché sono il
nostro biglietto da visita. Stessa cosa vale per tutte le sezioni in cui possiamo parlare di noi
(sommario, riepilogo, percorso professionale e accademico, traguardi raggiunti, competenze, etc.).

Poi non va dimenticato che tutte le azioni che compiamo sulla “home” vengono incorporate tra le
nostre attività e il nostro potenziale recruiter vedrà a quali contenuti prestiamo attenzione e quali
sono le nostre idee in merito a un argomento.

        Scopri il nuovo numero > Il futuro è aperto
La seconda regola d’oro per avere un profilo che sa farsi notare è coinvolgere con articoli o
contenuti interessanti per il proprio target o per i propri dipendenti, nel caso delle aziende.

Un esempio su tutti? Marco Montemagno.

Un imprenditore del web che ha compreso perfettamente le dinamiche di tutti i social network (il
suo canale YouTube ha 529.000 iscritti). Montemagno parla la lingua del suo pubblico, appare
sempre schietto e spontaneo, anche se magari ha preparato per una settimana il suo discorso e sa
interagire perfettamente su LinkedIn, che ultimamente sta utilizzando per promuovere un libro su
come prepararsi ai lavori del futuro.

Non esistono contenuti adatti a tutti i contesti, almeno nella maggior parte dei casi, e adeguarli
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all’ambito di destinazione è il primo passo per raggiungere l’obiettivo della visibilità.

  Leggi anche:

  ■   Cercare il lavoro nell’era di LinkedIn, di Google e del digitale: guida e consigli pratici.

Punto tre: fare investimenti. Per avere una cassa di risonanza davvero ampia è utile fissare un
budget e investire in Talent Solution o Marketing Solution, due diverse opzioni che LinkedIn offre, a
prezzi elevati rispetto agli altri social, questo va detto, per reclutare risorse o fare pubblicità.

Il funzionamento è più o meno identico a quello di Facebook Business Manager. Si fanno
sponsorizzazioni profilate, con target e obiettivi precisi per favorire quello che viene comunemente
definito inbound marketing (per cui sono i clienti che trovano il prodotto e non il contrario, come nel
marketing tradizionale).

L’ultimo suggerimento: misurare e pianificare.

Non si possono ottenere risultati significativi senza avere ben chiari il punto di partenza e quello di
arrivo. Monitorare i progressi e fare previsioni su quanto accadrà nel prossimo futuro, secondo le
priorità stabilite, aiuta a immetterci sulla strada del nostro obiettivo.

Se elaborare una timeline operativa ci sembra troppo ambizioso, allora possiamo limitarci
semplicemente a fissare delle scadenze, delle date precise in cui, se non si è verificato quello che
speravamo, cambieremo strategia.

Se il futuro è aperto e una via d’accesso è fornita da strumenti che facilitano percorsi
difficili, come LinkedIn, allora non resta che rimboccarsi le maniche e cogliere le opportunità per
accendere i riflettori di cui abbiamo bisogno per distinguerci da quelli che sembrano come noi, ma
non lo sono affatto.

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Come migliorare le performance aziendali
attraverso le neuroscienze
Contenuto sponsorizzato – La gestione dei collaboratori risulta oggi importante per mantenere un
clima lavorativo performante e positivo. Da qui nasce l’idea di creare un percorso formativo rivolto
ai manager per la gestione del personale e che tende a migliorare le relazioni interne al gruppo di
lavoro.

Il percorso formativo – Neuroscienze e Business: come sfruttare le più recenti conoscenze,
per migliorare le performance dei Manager, dei collaboratori e aziendali – è stato progettato
in relazione alla migliore letteratura scientifica e neuro scientifica sul tema della comunicazione e
del marketing relazionale. Il suo scopo è quello di migliorare la relazione tra Manager e
Collaboratori, in modo da ottenere performance propositive, concentrandosi sulla qualità delle
relazioni e proponendo nuovi metodi di comportamento da adottare.

Capire come un atto linguistico debba svolgersi, valutare e gestire l’atmosfera e le emozioni
suscitate, risulta fondamentale per instaurare una “relazione” Manager, Collaboratore e Azienda,
stimolando il Manager ad assumere la consapevolezza che la cornice relazionale costruita, sia
importante nel rapporto col personale.

Questo tipo specifico di formazione e gestione prevede la creazione di un modello che adotta una
comunicazione interattiva, lasciando spazio alle proposte e prefissando degli obiettivi.

I contenuti del percorso sono suddivisi in moduli e prevedono una serie di argomenti inerenti al
Marketing, Comunicazione e Neuro Marketing. Analizziamo una parte: precisamente, Il Model
Marketing 6 WM. Quando il Leader andrà ad esporre ad una platea di persone il suo enunciato
linguistico, otterrà dei buoni risultati finali, sia se vuole vendere, sia se vuole persuadere. Questo
perché lo desidera, come se fosse un sentimento e solo col sentimento, la perseveranza, l’onestà e la
determinazione, si ottengono grandi risultati.

Ecco lo schema:

1.   Who, a chi ci rivolgiamo?
2.   What, che cosa vogliamo proporre?
3.   When, quando proporlo?
4.   Where, dove lo vogliamo proporre?
5.   Why, perché ci rivolgiamo al personale?
6.   Wish, desiderare? Desideriamo più cose, esempio la stima da parte dell’azienda, la gratificazione
     del personale e il desiderio di soddisfare le aspettative aziendali.
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Analizziamo singolarmente le sesta W:

Wish, desiderare? Desideriamo più cose: raggiungere gli obiettivi proposti dall’Azienda, la
soddisfazione del cliente, una buona relazione tra colleghi, la stima da parte del Management e la
gratificazione personale per aver raggiunto un risultato completo. Dobbiamo prefissarci questi punti,
come un modello mentale, col desiderio che siano un sentimento per differenziarci dagli altri.

Questo aiuta il Manager, sia prima di intraprendere un discorso e sia quando andrà ad esporlo ad
una platea di persone, oppure ad un singolo individuo. Otterremo dei buoni risultati finali, se
vogliamo persuadere. Questo perché lo desideriamo noi, ripeto come se fosse un sentimento e solo
col sentimento, la perseveranza, l’onestà e la determinazione, si ottengono grandi risultati.

Dobbiamo prefissarci questi punti, col desiderio per differenziarci dagli altri, ed ecco che entrano in
gioco le tecniche di Neuro Marketing, che studiano le risposte non coscienti le quali hanno un
notevole impatto sui processi decisionali.

Il marketing, col passare del tempo, ha raggruppato varie discipline come sociologia, psicologia
ed economia, le quali, come insieme di concerto, contribuiscono al lavoro aziendale per anticipare,
prevedere e mettere a punto il comportamento dei collaboratori e consumatori.

Possiamo dire che abbiamo bisogno di una descrizione semplice delle tecniche argomentative per
dimostrare la validità di un programma, inoltre per trattare i temi e le nozioni usati in un
determinato ambito, quale ad esempio una trattativa commerciale o relazionale, dobbiamo avere a
disposizioni un elenco di idee ed argomenti chiari e spiegabili, elenco basato su principi generali,
accettati dai nostri interlocutori e sui quali impostare il ragionamento volto a convincerli. Questi
principi devono essere validi in circostanze svariate del sapere e della comunicazione, ma applicabili
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in determinati settori, adottando gli opportuni adeguamenti di ciò che andremo a trattare.

La fase di sviluppo dell’atto argomentativo viene chiamata “cornice–frames” , secondo Erving
Goffman. Ci possono essere differenti situazioni in cui inquadrare i diversi casi reali. Quindi cornici o
frames, sono vincolati alla situazione del momento, e devono darci dei significati corrispondenti
all’argomento che stiamo trattando, adottando un ragionamento valido.

I contenuti devono essere pertinenti all’argomento di cui parliamo e persuasivi (sulla persuasione
possono agire fattori esterni come prestigio, simpatia, amicizia); la presentazione degli argomenti
esposti, deve seguire una cronologia.

Le fasi della valutazione si compongono di due fasi:

1. La prima riferita alla qualità del ragionamento e quindi la validità;
2. La seconda riferita al comportamento che adottiamo, cioè la capacità di capire come un atto
   argomentativo deve svolgersi dal punto di vista della correttezza e moralità delle persone
   coinvolte, inoltre la capacità di valutare l’atmosfera che si è creata e le emozioni suscitate.

Ad esempio, se io chiedo qualcosa a un mio interlocutore e lui non risponde nel modo da me voluto,
significa che la mia azione è stata, in linea di principio, non efficace, poiché non ha raggiunto il suo
scopo.

La mancanza di una reazione appropriata dei nostri destinatari presuppone, nell’immediatezza, un
insuccesso; adottando, però, parole adeguate, saremo ancora in tempo a riprendere il discorso ed
orientare l’interlocutore verso il nostro obiettivo.

Quando noi vogliamo esporre un argomento, dobbiamo considerare le possibili situazioni a cui
andremo incontro.
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Facendo una breve analisi potremmo distinguerle così:

1. Situazione con interlocutore presente (caso più importante per noi);
2. Situazione senza persona presente, pensiamo ad una trattativa telefonica;
3. Situazione dove incontreremo idee contrarie tra i protagonisti, esempio durante una riunione
   commerciale;
4. Situazioni dove alcuni (o il singolo) saranno a favore di certi argomenti espressi da chi propone;
5. Situazioni dove alcuni (o il singolo) saranno contrari agli argomenti da noi proposti.

Queste cinque situazioni, da un punto di vista prettamente relazionale e commerciale sono le più
frequenti e spetta a noi cercare di risolverle nel miglior modo possibile. Partendo da questo schema
e preparandoci il discorso correttamente, troveremo gli argomenti che vogliamo trattare,
inoltre riusciremo ad avere la situazione sotto controllo, parleremo con più chiarezza e saremo
anche più comprensibili agli individui che ci ascolteranno.

Secondo una teoria di Heinrich Lausberg, filologo tedesco, specializzato nei romanzi, (1912/1992),
una parola ripetuta serve ad aumentare il grado di emozionalità nel nostro interlocutore.

In questo caso aumenteremo la sua attenzione sia per quanto riguarda la nostra professionalità e
competenza, sia per l’accettazione della soluzione che gli stiamo proponendo.

Nella relazione capo – collaboratori, è molto importante aver costruito una buona immagine di se
stessi, fondamentale per il coinvolgimento degli ascoltatori, in modo che si sentano partecipi in
prima persona.

Questo significa che noi conosciamo la realtà dei fatti e che siamo garanti della nostra attendibilità e
della nostra sincerità, proponendoci ai nostri interlocutori privi di barriere e secondi fini, tranne
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quello di svolgere il nostro lavoro nel miglior modo possibile per noi, per il cliente, per i collaboratori
e per l’Azienda.

Altro aspetto da considerare, è la retorica che ha il fine di avere effetti persuasivi nel discorso. Si
basa su tre fondamenti: l’ethos (insieme della qualità intellettuali e morali); il logos (il ragionamento,
cioè il razionale); il pathos (la capacità di agire sui sentimenti di chi ascolta il nostro discorso),
necessari per manifestare creatività nel discorso, in modo da esprimersi con originalità e raffinata
eleganza, con l’obbiettivo di emozionare positivamente i nostri interlocutori. Le tecniche neuro
scientifiche ci dicono quali sono le parole più indicate per stimolare positivamente l’emozionalità e
per creare engagement. Sfruttando le numerose ricerche in neuro marketing applicato alla
comunicazione si potrà rendere evidente la portata dei suggerimenti per il miglioramento delle
strategie retoriche.

Per articolare bene un discorso dobbiamo, per prima cosa, prepararlo in modo scritto,
possibilmente strutturandolo seguendo questo semplice schema:

1. Le articolazioni del testo;
2. L’organizzazione dell’argomento, cioè l’inizio, lo sviluppo e la conclusione;
3. L’espressione e l’ordine delle parole nelle frasi.

Partendo da questo schema i Manager, preparandosi il discorso scrivendo gli argomenti che
vogliono trattare, riusciranno ad avere la situazione sotto controllo.

La scelta degli argomenti, o inventio, è quindi la prima operazione da compiere: si deve scegliere
delle premesse che siano condivisibili al nostro uditorio. Questo richiede o la ricerca di argomenti
che siano validi per un uditorio universale (o almeno nella nostra cultura di appartenenza), oppure
un’indagine sui valori condivisi dai collaboratori, sui quali vogliamo avere influenza.

Possiamo dire che abbiamo bisogno di una descrizione semplice delle tecniche argomentative per
dimostrare la validità di un programma e per controbattere le opinioni contrarie. Inoltre, per trattare
i temi e le nozioni usati in un determinato ambito, quale ad esempio un discorso riferito a una
riunione commerciale, dobbiamo avere a disposizioni un elenco di idee ed argomenti chiari e
spiegabili, elenco basato su principi generali, accettati dai nostri interlocutori e sui quali impostare il
ragionamento volto a convincerli.

Un’altra dimensione di cui tenere conto è la dispositio, l’ordine degli argomenti, che deve essere il
più possibile consequenziale. Dobbiamo usare un discorso privo di contraddizioni, poiché possiamo
andare incontro ad un dialogo, per cui un eccesso di contraddizioni, diminuisce la forza persuasiva
del discorso che vogliamo affrontare. Dobbiamo fare molta attenzione a come andiamo a costruire e
ad affiancare le parole che andranno a comporre l’argomento che vogliamo esporre.
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Un Manager efficiente dovrebbe avere queste caratteristiche, in modo da svolgere sempre al meglio
il proprio ruolo di capo:

1. Estroversione, si riferisce alla socievolezza, dinamicità ed entusiasmo nelle varie attività sociali e
   lavorative;
2. radicalità, qui ritroviamo le caratteristiche sociali come cordialità, gentilezza, prendersi cura del
   sistema gruppo;
3. Coscienziosità, questa caratteristica si riflette su sottodimensioni come la perseveranza,
   affidabilità, una evidente responsabilità nelle attività svolte;
4. Stabilità emotiva, rispecchia la capacità di controllare efficacemente le proprie reazioni in diversi
   contesti;
5. Apertura mentale, qui evidenziamo le capacità di adattamento che una persona deve affrontare,
   pensiamo a un trasferimento in ambito lavorativo.

Il Capo lavora con i seguenti approcci, agisce in una direzione strategica che sia chiara a tutti i
collaboratori: incoraggiare le idee innovative e concordare tempi e modalità di lavoro con i
dipendenti; costruire un team coeso che affronti gli eventuali conflitti senza lasciarsi travolgere da
essi; delegare quanto possibile per creare un clima di fiducia e per responsabilizzare; elogiare i
dipendenti per la qualità del loro operato e dei risultati ottenuti.

Utile è la descrizione della parola «ancoraggio», secondo Serge Moscovici, fa riferimento al processo
di nuovi stimoli (ad esempio quando proponiamo qualcosa di nuovo, dobbiamo farlo contestualizzare
nella mente del nostro interlocutore in un ambito per lui famigliare), cioè in una classe di concetti
già a lui conosciuti e farglielo classificare come una cosa per lui fattibile e realizzabile; pensiamo
quando presentiamo qualcosa di nuovo ai collaboratori e dobbiamo far sì che lo accettino
positivamente, per il bene aziendale e della clientela.

In questo momento è in atto uno studio del percorso formativo presso il Laboratorio di
Neuromarketing dell’Università IULM di Milano, diretto dal Prof. Vincenzo Russo, Professore
Associato di Psicologia dei Consumi e Neuromarketing, presso la Libera Università di Lingue e
Comunicazione di Milano e coordinatore del Laboratorio di Neuromarketing Behavior and Brain
LabIULM.

Il corso verrà coordinato dal prof. Vincenzo Russo e da Massimo Dagnino dottore in Scienze della
Comunicazione e in Psicologia delle Organizzazioni e dei Servizi.

Per avere maggiori informazioni (durata, costi, programma, ecc.) sul
corso “Neuroscienze e Business: come sfruttare le più recenti
conoscenze, per migliorare le performance dei Manager, dei
collaboratori e aziendali”, contattare Massimo Dagnino al seguente
indirizzo email: massimo.dagnino@inwind.it.

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Vegano è redditizio. Il business dei
sostituti della carne ha percentuali di
crescita a 3 cifre.
Negli Stati Uniti spopola lo stile vegano. Una ricerca di Nielsen afferma che, con una crescita
del 17% (dal 2017 al 2018), i sostituti vegetali della carne hanno raggiungo vendite pari a 3,7
miliardi di dollari nei supermercati. Al contrario il settore della vendita di alimentari, nello stesso
periodo, è cresciuto solo del 2% (Fonte: Nielsen).

I prodotti più scelti sono creme, yogurt e gelati mentre a livelli decisamente più bassi si assesta la
carne vegetale, uova, maionese e formaggi prodotti in “modo vegano”.
Il prezzo medio di questi prodotti è di circa 5 dollari maggiore rispetto a quello di origine
animale, soprattutto per i prodotti derivanti da agricoltura cellulare.

Nell’indotto dei prodotti per vegani sono finiti anche i laboratori di microbiologia dove sono già in
stato avanzato numerosi studi per ricreare molecole di carne e derivati senza avere a disposizione
l’animale. Oltre all’indubbia valenza cruelty free rimarrebbe da capire fin dove la tecnologia si possa
spingere. Ad oggi è possibile avere latte senza mucche, fatto attraverso i lieviti come avviene per
l’azienda Perfect Day, gelatine che non derivano da vacche o suini e caglio senza l’impiego di vitelli
oppure albumi d’uovo senza galline come quelli della startup Clara Foods.

Se un tempo le biotecnologie per creare prodotti acellulari
erano ad appannaggio di pochi, oggi i costi sono molto più
contenuti e quindi maggiormente accessibili.
Anche a Wall Street si è registrato un +163% per l’azienda californiana Beyon Meat nella giornata di
quotazione, passando dalla valutazione iniziale di 1,5 miliari di dollari al momento del collocamento
per arrivare a 3,4 miliardi a fine giornata.
VegInvest, un fondo di venture capital che sostiene startup che cercano sostituti della carne, ha
sostenuto Wild Earth che ha raccolto 11 milioni di dollari per proseguire le ricerche per creare cibo
vegano per il pet food. Ora con i 16 milioni di dollari totali raccolti cercheranno di sviluppare cibo
per cani e gatti ottenuto da funghi eco-compatibili. Un mercato che negli States occupa circa il 25-
30% della produzione di carne.

      Per approfondire

  ■   Leggi il numero dedicato all’ambiente e allo sviluppo sostenibile: “Eco-Sistema”

E in Europa?
A livello comunitario si discute sui nomi. Basta con veggie burger, bistecche di soia,
scaloppine di tofu. Questi termini infatti saranno solo per gli alimenti di origine animale. I prodotti
vegetali rotondeggianti si potranno chiamare “discs” e per quelli a forma di salsiccia-non-salsiccia si
può usare “tubes”. Che il nome faccia la differenza, già lo insegnano i Montecchi e Capuleti di
Shakespeare: può una rosa avere lo stesso profumo anche con un altro nome? E una tagliata di
seitan avarà forse lo stesso aroma di una di manzo?
L’altra grande richiesta che arriva dal mondo vegano è quella di distinguersi dall’universo
vegetariano. Vegano non è soltanto privo di carne, ma di tutti gli elementi animali, compresi aromi,
conservanti, additivi o enzimi presenti nel processo di lavorazione.
In alcune nazioni (la Francia dal 2018 e poi anche Belgio e Spagna) è stato adottato il
NutriScore che consiste in una etichetta che i produttori, su base volontaria, possono inserire sulla
confezione per segnalare quanto l’alimento sia salutare. Simili alle targhette per la certificazione
energetica sugli elettrodomestici, hanno una scala che va da “A” a “E” in base a quanti nutrienti
negativi come zuccheri, grassi saturi e calorie siano presenti rispetto a quelli positivi, come
vitamine, fibre e proteine.

In Gran Bretagna, a Brixton, ha aperto il primo negozio di formaggi vegani che continua ad
utilizzare la denominazione “formaggio” nonostante le rimostranze delle aziende lattiero-
casearie. Sulla stessa linea anche la catena Tesco che sta limitando i banchi della macelleria e
pescheria per offrire solo prodotti confezionati. Secondo le loro ricerche il consumatore cercherà
sempre più prodotti plant based.

In Italia da un lato si promuovono campagne di sensibilizzazione del consumo consapevole
di carne. Prima tra tutte “la stellina della carne bovina” volta a informare sui benefici che si
ottengono con un consumo di carne 2 volte la settimana. I consumi pro-capite in Italia sono al
terzultimo posto di quelli europei con un valore medio annuo di 76,6 kg pro capite, considerando
anche gli scarti e gli sprechi. (Fonte elaborazione Censis su dati Gira) Un raffronto oltre oceano
propone consumi quasi doppi con i 116 kg annui a testa dell’Australia e i 115 degli Stati Uniti (Fonte
FAO – Our word in data). La Coldiretti nel 2018 ha proposto uno studio che, dopo 6 anni di calo dei
consumi di prodotti animali, registra nello scorso anno una timida crescita del 5%. Quasi ad
attribuire il consumo di questi alimenti al benessere economico.

A Monza nascono cocktail a base di carne, una tendenza mutuata dagli USA che unisce
l’alcol al sapore del grasso animale con la tecnica del fat washing.
Sul fronte opposto, Soleschiano di Manzano, in Friuli, si proclama borgo Veg Friendly dove gli
animali destinati al macello sono stati salvati in cambio di opere d’arte regalare agli allevatori per
ripristinare il circolo virtuoso tra uomo e natura.
E in Calabria proseguono le colture di vino vegano che, nella concimazione, non utilizza
prodotti di origine animale ma solo fertilizzanti naturali.

Bufale bovine
Per chi non è del settore è difficile destreggiarsi e capire dove stia la verità. Di certo però le
posizioni sono opposte. Su siti pro-vegan si legge che troppa carne bovina provochi il cancro al retto-
colon. I sostenitori pro-bistecche affermano che l’OSM ha studiato se possa esistere una correlazione
tra questa malattia e uno smodato consumo di carne rossa, giungendo a concludere che l’incidenza è
inferiore all’1%.

Chi non ha mai sentito parlare dei 15.000 litri di acqua
necessari per produrre un kg di manzo?
Questo cavallo di battaglia di chi vorrebbe annullare il consumo di carne è smentito da chi opta per
un consumo consapevole e ritiene che circa l’80-90% dell’acqua impiegata sia riutilizzato nel
processo produttivo e restituito al ciclo idrico.

  Leggi anche:
■   Fake news: navighiamo in una mare di bufale, come fare per riconoscere la
      disinformazione
  ■   Nel web non ci sono solo fake news: il caso di Roberto Burioni e Breaking Italy

Per rispondere a chi sostiene che gli allevamenti intensivi incrementino l’effetto serra, i carnivori
rispondono dicendo che il valore è del 4,4% dovuto non al bestiame ma alle attività umane. Su
ecopassenger.eu hanno calcolato che un volo andata e ritorno Roma-Bruxelles genera più CO2 di
quanto ne produca allevare carne per un italiano per un anno.

Infine gli ormoni per far crescere più rapidamente gli animali? Sarebbero vietati già dalla
direttiva europea 81/206/CEE del 31 luglio 1981.

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In arrivo la 7ª edizione del Web Marketing
Festival, Il più grande Festival
sull’innovazione digitale e sociale.
Il Web Marketing Festival è il festival internazionale sull’innovazione digitale e sociale. I
numeri dell’edizione del 2018 ne fanno il più grande evento italiano del settore, con oltre 18.000
presenze registrate in tre giorni, 400 espositori e partner e 400 speaker da tutto il mondo.
Guarda le nostre video interviste riprese nella passata edizione del WMF:

  ■   Giada Cipolletta parla del podcast: modi di utilizzo, trend e strumento di marketing
  ■   Graziano Giacani (Brand Festival di Jesi) parla di branding delle piccole e medie
      imprese
  ■   Francesco Gavatorta parla di Hypercontent al web marketing festival 2018

La 7^ edizione del Festival, prevista per il 20, 21 e 22 giugno 2019, esplorerà ancora più a fondo
l’universo dell’innovazione attraverso la realizzazione di oltre 60 eventi di formazione, show,
intrattenimento, business e networking.

Sono in pieno svolgimento i lavori che il 20, 21 e 22 giugno culmineranno con l’apertura al
Palacongressi di Rimini della 7ª edizione del Web Marketing Festival, il più grande Festival
sull’Innovazione Digitale e Sociale. Già attive infatti le principali call – come la call for speaker, la
call for show o la call for mainstage – che coinvolgeranno direttamente gli utenti nella costruzione
del prossimo appuntamento del WMF, così come le iniziative e le partnership che permetteranno a
sponsor e partner di condividere attivamente la realizzazione del Festival.

  Arricchito il format della scorsa edizione, in cui sono state registrate oltre 18.000 presenze, più
  di 60 eventi, 45 sale formative, 400 ospiti e speaker provenienti da tutto il mondo, oltre 400
  tra espositori e partner e più di 600 startup e investitori.

Anche per il WMF 2019, infatti, i partecipanti potranno tracciare il loro percorso “didattico”
proponendo loro stessi tematiche di interesse e scegliendo all’interno di un ampio programma e tra
centinaia di interventi formativi sulle più importanti leve dell’innovazione digitale e su vari temi: dal
web marketing all’imprenditorialità, dall’IT all’intelligenza artificiale.

Facendo della formazione il proprio core e affrontando tematiche afferenti la digital e la social
innovation, il WMF si pone ormai da anni come un acceleratore del processo di innovazione per il
Paese e la società, frutto del lavoro di co-creazione portato avanti con aziende, persone e istituzioni.
L’impegno del Festival in questo senso è stato il fil rouge delle scorse edizioni ed è il cardine su cui
viene costruito anche il WMF19, così come annuncia lo spot tv che è in onda sui network di
Mediaset e La7.

Partendo da questo punto fermo, nella prossima edizione, attraverso diverse tipologie di eventi –
speech formativi, show, talk ispirazionali, workshop operativi, hackathon, contest e dibattiti –
verranno trattati numerosi nuovi temi come Cybersecurity, Intelligenza Artificiale, 5G, Robotica, IoT,
Circular Economy, Social Media, Open Innovation, Blockchain, Automotive, Aerospace,
Cyberbullismo, Sostenibilità, Cambiamenti climatici, eSports, Comunicazione Pubblicitaria,
Imprenditorialità, Debunking e molti altri.

“Il lavoro svolto in questi anni insieme alle persone, alle aziende, alle istituzioni e ai professionisti
che condividono i valori del Festival è andato nella direzione di radunare le “intelligenze”, i “saperi”,
le “competenze” del nostro paese e non solo, per contribuire al miglioramento della società. Un
lavoro costante e duraturo nel tempo, che concepisce l’innovazione tecnologica e digitale alla luce
dell’innovazione sociale che è in grado di produrre. Viviamo un momento davvero unico, in termini di
disponibilità di risorse, competenze e prodotti tecnologici, ma dobbiamo realmente adoperarci per
impiegarle nel migliore dei modi” spiega Cosmano Lombardo, Chairman del Web Marketing
Festival. “Portare all’attenzione di tutti temi di importanza vitale come la cultura
dell’imprenditorialità, dell’innovazione e del loro impatto sociale, sull’economia e sulla quotidianità è
sempre stata una prerogativa del Festival insieme alla centralità della formazione. Sono molte le
novità che vanno in questa direzione per il 2019: a breve apriremo infatti una call per valorizzare i
ricercatori italiani e una campagna contro il bullismo. Stiamo inoltre lavorando alla realizzazione di
diverse attività culturali nella città di Rimini”.

Il Festival: la 7 a edizione accoglie oltre 60 diversi eventi
sull’innovazione
Sarà nuovamente la prestigiosa location riminese ad ospitare il Web Marketing Festival, che
continua il suo percorso di crescita verso la 7 a edizione con molti nuovi spunti e altrettante
conferme per gli eventi e le iniziative diventati negli anni dei veri e propri tratti distintivi.

In quest’ottica, torneranno le occasioni di promozione e di business tra gli stand dell’Area
Espositiva, che nella scorsa edizione ha ospitato le più importanti realtà del mondo tech e fatto da
cornice a momenti di networking tra i partecipanti e gli oltre 400 sponsor e partner, tra cui
Google, Facebook, Microsoft, Open Fiber e Gruppo Mondadori.
Già confermata, inoltre, la presenza di importanti brand in vista della prossima edizione tra cui HP,
Linkedin, Mediaset Infinity, Salesforce, Trustpilot, Siteground, Xpay Nexi e Getresponse.

Tra gli oltre 60 eventi in programma, troveranno spazio anche gli eventi formativi e le iniziative
realizzate proprio dagli sponsor e dai partner come, ad esempio, l’Hackathon su Intelligenza
Artificiale e Blockchain di ARXivar, le sale formative firmate Aruba e SEOZoom e, ancora, contest,
workshop, party e meeting finalizzati al business matching.

Un’attenzione particolare sarà poi rivolta ad una serie di eventi interamente dedicati al mondo delle
startup e dell’imprenditorialità: tra gli spazi espositivi, un’ampia “Area Innovation
Technology” verrà infatti dedicata alle novità tecnologiche più innovative, dove istituti di ricerca,
makers, startup e PMI innovative esporranno i propri prototipi, le smart technologies e i progetti in
fase di sviluppo.

Non mancherà la Startup Competition, giunta alla 6a edizione e confermatasi, con oltre 1.500
pitch candidati e 750.000€ in premi assegnati nelle edizioni precedenti, la competizione tra
startup più grande in Italia: tra le startup vincitrici degli scorsi anni si registrano casi di successo
quali TOMMI, Friendz, JustKnock e FitPrime.

Molti i partner che hanno già confermato il loro sostegno all’iniziativa, tra cui Amazon AWS,
Arduino, Barilla, CISCO, Enel Innovation Hub, Ferrovie dello Stato, Innogest, Milano Investment
Partner, NTTData, Oracle, Unicredit StartLab.

La call per inviare la candidatura alla Competition resterà aperta fino al 6 maggio e si rivolge a
startup e imprese – composte da singoli o in team – con progetti o idee innovative.

Tra le altre iniziative in programma, inoltre, torna la cerimonia di consegna dei WMF Awards – I
Premi del Web Marketing, che nelle scorse edizioni ha permesso di individuare campagne digitali
virtuose per diverse tematiche: tra le persone premiate si ricordano Papa Francesco, Pif, Giorgio
Chiellini, Cristiano Pasca, mentre tra le aziende che sono state insignite dei WMF Awards
Whirlpool, ActionAID Italia, Save the Children, Mulino Bianco e Casa Surace.

Per la prima volta, inoltre, sarà presentato il Digital Job Fair, la fiera rivolta alle professioni digitali
che include il servizio di recruitment gratuito offerto dal Festival – il Job Placement -, la Sala HR e
la Sala Employer Branding, dove le aziende potranno presentare le proprie attività e individuare
nuove risorse senior e junior da inserire all’interno del proprio team.

I temi, il Mainstage e gli ospiti
Alle conferme si aggiungono importanti novità, che andranno ad ampliare il ventaglio tematico del
Web Marketing Festival 2019. All’interno delle sale formative – ognuna delle quali rappresenterà un
singolo evento verticale su un tema specifico – e sul Mainstage del Festival si parlerà infatti di
intelligenza artificiale – già confermata la presenza di IIT, Istituto Italiano di Tecnologia -, di digital
transformation, realtà aumentata e di innovazione in ambito aerospace, grazie anche alla
testimonianza di Chiara Cocchiara, ingegnere aerospaziale e ricercatrice dell’agenzia spaziale
europea EUMETSAT inserita nella lista Forbes 30under30.

Si parlerà poi anche di imprenditorialità, di ricerche e trend di mercato, pubblicità e strategie di
marketing digitale, ma anche di Terzo Settore, cyberbullismo, cambiamenti climatici e in
generale dell’impatto sociale legato all’innovazione.
Coerentemente con le campagne in favore dell’accessibilità portate avanti in questi anni dal Festival
e per rendere realmente inclusivi i panel in programma, inoltre, tutti i talk del Mainstage verranno
tradotti nella lingua dei segni italiana (LIS).

Il palco principale del Festival – dopo aver ospitato nelle scorse edizioni personaggi del calibro di
Neri Marcorè, Elio, Cristina Chiabotto e Giorgia Palmas e rappresentanti di aziende leader
come Facebook, Google, Microsoft, Oracle e Lego – sarà infatti nuovamente teatro di talk
ispirazionali che, condotti da ospiti e relatori esperti, verteranno sui temi più caldi dell’attualità, sul
mondo dell’innovazione e sul suo impatto sulla società.

Tra gli ospiti attesi per il WMF19, oltre a quelli ancora da svelare, ci sarà il sindaco “sospeso” di
Riace Mimmo Lucano e la giornalista di Repubblica Federica Angeli, già acclamata dalla platea
del Festival nel 2017. I diversi panel che verranno approfonditi offriranno al pubblico presente una
panoramica che integra temi di attualità a riflessioni sullo stato dell’arte dell’innovazione digitale e
sociale in Italia e nel mondo.

Da segnalare inoltre il WMF Lab, il progetto con cui il Festival da anni coinvolge gli studenti per
avvicinarli al mondo del lavoro e dell’imprenditorialità attraverso un laboratorio in collaborazione
con Università e Istituti. All’interno di questo percorso di Education, anche per la prossima edizione
del WMF sarà inoltre realizzata la Startup Competition Young, competizione giunta alla 2a
edizione e rivolta agli under 22 per incentivare nuove forme di imprenditorialità giovanile.

Tutto questo e molto altro per un Festival che, accostando formazione, attualità, musica e
intrattenimento, esplorerà dunque l’universo dell’innovazione digitale e sociale attraverso oltre 60
eventi dedicati alle tematiche che ne rappresentano i principali aspetti.
Per i temi affrontati noi di Smart Marketing siamo felici di essere media
partner della 7ª edizione del Web Marketing Festival, Il più grande
Festival sull’innovazione digitale e sociale, che si terrà il 20, 21 e 22
giugno 2019 al Palacongressi di Rimini.

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Il business del riciclo: nuove forme di
design.
Nell’antichità l’arte era la scienza del bello. Per reputare valevole un’opera, doveva rispettare precisi
canoni e rigorose proporzioni. Solo con l’arrivo della modernità questi criteri millenari sono stati
stralciati elevando al grado artistico oggetti comuni fino a rivalutare i rifiuti come materiale
privilegiato.

Ecco quindi che il business del riciclo assume non solo una valenza green ma anche di
tendenza. In molti altri ambiti, dalla bigiotteria, all’arredamento, dall’oggetistica al design il riuso
dei materiali ha scatenato la creatività diventando un fenomeno per molti e un mercato proficuo.

L’economia circolare in Italia, secondo uno studio di Ambiente Italia commissionato da
CONAI e Consorzi di filiera, impiega 575.000 addetti e vale 88 miliardi di fatturato. A
questo si somma un micro business altrettanto redditizio fatto di attività di riciclo destinate alla
vendita al minuto con numeri in crescita costante.
Dalla carta dell’hobbista per iniziare a commercializzare le proprie creazioni nei mercatini locali, si
passa all’e-commerce e ai blog per promuoversi e ampliare il giro d’affari, culminando nella
creazione di imprese, con tanto di dipendenti, fondate sul riciclo.

Per gli amanti del DIY (Do It Yourself), il settore del bricolage, secondo l’osservatorio Findomestic
2018, ha una crescita di circa l’1%, con una richiesta marcata di utensili e attrezzi per la casa e gli
hobby.

  Per approfondire:

  ■   Italian Design (un numero interamente dedicato al mondo del design)

Per quanto attiene le proposte di design i filoni si sdoppiano. C’è chi preferisce impiegare in
modo creativo materiali poveri e chi invece preferisce dare all’oggetto nella sua materialità un nuovo
scopo. In entrambi i casi l’estetica è fondamentale. I big dell’illuminotecnica come Artemide hanno
proposto delle lampade in plastica riciclata derivate dalle bottiglie; Saletti ha utilizzato i cartoni
delle uova per le sue creazioni. Ma non mancano marchi del fashion come H&M e Bruschi che
puntato a ridurre la plastica e rendere il riciclo un elemento di coolness e differenziazione. Ikea, che
ha fatto del design a basso costo la propria bandiera, ha impiegato bottiglie di plastica per creare la
cucina Kungsbacka ed entro il 2020 eliminerà tutta la plastica dal settore food.

Soluzioni bizzarre?
Ecco le borse di OOD Italy che utilizzano fibre in carta riciclata e lamine di legno trattate
al laser per ricreare l’effetto pelle. Oppure la posto dell’impiegatissimo MDF per creare i mobili
sono state utilizzate le bucce di patata, bambù e luppolo creando pannelli di Chip [s] Board. Dalla
Germania arriva un progetto per scarpe ecologiche che per ricreare l’effetto marrone scamosciato
sfruttano gli scarti del caffè.

La società di ingegneria di Taipei Miniwiz e l’azienda Pentatonic che produce articoli per la casa,
hanno proposto a Milano l’abitazione show room “House of Trash” interamente realizzata con
rifiuti e scarti. La spazzatura è usata per creare arredi e ogni oggetto all’interno dei 4200 metri
quadrati dello stabile. Un modo per mostrarsi green e proporre idee per il futuro del riciclo.

A generare introiti ci sono anche le fiere: dal Global DIY Summit, ad Abilmente, gli amanti del
design a basso costo possono sbizzarirsi e trarre ispirazione. Non mancano i mercatini del riciclo, le
domeniche del baratto e le bancarelle nei rioni dove si possono scambiare prodotti o con un tocco
creativo, ridare loro nuova linfa.

  Per approfondire:

  ■   Social Events (un numero interamente dedicato al mondo degli eventi)
Ma ben più che produrre, desta interesse il word of mouth, il
passaparola, il vociare attorno al riciclo di design.
Così le conversazioni moderne passano attraverso community e social. Pinterest offre
un’interessante vetrina e motore di ricerca per blog e e-commerce. Facebook, con la sezione
dedicata al Marketplace propone una valida alternativa alla sola promozione. Instagram sta
testando un’interfaccia “Checkout on Instagram” che permetterebbe di completare l’acquisto di
quanto è stato visto. Per ora questa opzione è ancora in fase sperimentale negli States per alcuni
grandi marchi, ma se dovesse andare in porto, il giro d’affari anche per le piccole imprese sarebbe
ingente.

Nuovi business che nascono dagli scarti, ma alla fine, seppur con un fine nobile e un’ottica
green si punta sempre al guadagno, con le stesse regole economiche e di marketing di ogni
altro settore. Chissà se riusciremo ad applicare queste regole anche alla tecnologia, dai cellulari al
PC, resistendo a comprare l’ultimo modello e prepensionando i device che diventano rifiuti dopo solo
pochi mesi.

L’insostenibile design del sostenibile
Con il diffondersi della cultura della sostenibilità cambia lentamente anche l’aspetto del
costruito. Sarà che l’architettura sostenibile e le tecnologie per uno sviluppo sostenibili si stanno
diffondendo per una maggiore sensibilità verso l’ambiente, o per moda, o molto più probabilmente
perché cominciano ad essere un ottimo business, ma la sostanza è che il processo produttivo, la
forma del manufatto edilizio ed il suo contesto stanno cambiando.

Lo sviluppo sostenibile, vero o distorto che sia, sta offrendo alla nostra vista un nuovo alfabeto di
forme spesso riconducibili agli elementi costruttivi generati dalla logica di questa nuova era:
pannelli solari che trasformano tetti e piantagioni in distese di vetro squamato, torri eoliche piantate
tra le colline come ombrelloni nelle dune di una spiaggia libera nel giorno di ferragosto, grumi di led
luminosi che luccicano come le biglie di un ragazzino, isole verdi sui solai esterni degli edifici come
dei mini vivai, canalette di scolo per il recupero delle acque piovane che proliferano come ragnatele ,
batterie di bidoni colorati per il riciclo dei rifiuti allineati come birilli, ed altro ancora… Ma questi
elementi, o forse sarebbe meglio chiamarli prodotti, raramente sono frutto di un design ricercato, e
ancor più raramente sono utilizzati come forme per arricchire il linguaggio comune dell’architettura
contemporanea.

  Per approfondire:

  ■   Italian Design (un numero interamente dedicato al mondo design e all’arredo)
Pochi sono gli studi di progettazione che li utilizzano anche come elementi compositivi. Eppure essi,
sempre più, si trovano casualmente a partecipare al cambiamento dell’aspetto dell’ambiente
costruito. Del resto, riferendoci al panorama italiano, non poteva che essere così. A differenza della
maggior parte delle città europee, dove il patrimonio immobiliare è stato aggiornato, provvedendo a
ristrutturare radicalmente o costruendo ex novo, le città italiane, dopo la costruzione massiccia del
dopoguerra, sono ancora sostanzialmente ferme. Gli interventi attuali che rientrano nella logica
dell’eco-sostenibilità si sovrappongono all’immagine del costruito esistente creando spesso
accostamenti stridenti. Ed è difficile trasformare le nostre città in città sostenibili pensando di
congelare tutto l’esistente. Sostituire vecchi edifici, purché senza valore storico, con nuove
costruzioni è il modo migliore per sperimentare un nuovo linguaggio architettonico attento ai
problemi dell’ambiente, oltre che necessario per raggiungere gli obbiettivi di sostenibilità
fissati dalla comunità europea.

Nel nostro paese l’edilizia sostenibile può per ora sperimentare il potenziale formale del linguaggio
dell’eco-sostenibilità solo nelle poche periferie cittadine in via di espansione o nelle residenze di
nuova costruzione isolate dai centri urbani. Qui il design ecosostenibile, quando voluto, è ancora
espresso come la sola attenzione che il progettista deve avere sui materiali, sui processi produttivi,
sulla tecnologia e sulla vita del costruito. Certo non è poca cosa, ma da un punto di vista del
linguaggio architettonico queste attenzioni sono solo conseguenze dell’atto di progettare e
costruire e non un punto di partenza.

Alcuni dei grandi architetti stanno lavorando da tempo
sull’integrazione delle tecnologie verdi con le necessità
compositive del loro linguaggio architettonico; sono loro gli
apri pista verso la sperimentazione di nuove forme.
Nel 1996 Thomas Herzog, Norman Foster, Renzo Piano e Richard Rogers decisero di promuovere la
Carta Europea per l’Energia Solare nell’Architettura e nella Pianificazione Urbanistica, a cui
aderirono altri progettisti. Non è un caso che in ambito europeo siano proprio loro i principali
esponenti di questa eco-evoluzione dell’architettura e del suo lessico formale.

Basti pensare, per esempio, al tetto ondulato costituito da materiali di riciclo della California
Academy of Sciences di San Francisco progettato da Renzo Piano, o alla vertiginosa tettoia in legno
concepita da Thomas Herzog per l’Expo 2000 di Hannover insieme al SokaBau, l’edificio per uffici ad
alta efficienza energetica di Wiesbaden.

Non vanno dimenticate le Vivaldi Towers di Norman Foster che svettano nel quartiere
energeticamente avanzato di Amsterdam, la sede dell’Assemblea regionale del Galles a Cardiff di
Richard Rogers e infine il Terminal 4 dell’aeroporto di Madrid tutto giocato sulla valorizzazione della
luce e della ventilazione naturale.

Di fatto la tecnologia del sostenibile sta rinnovando il modo di costruire ma non è ancora
diventata segno per l’architettura “di consumo”, per quello che si potrebbe chiamare design
condiviso. Costi e cultura non aiutano, del resto è troppo presto per ottenere da questa
trasformazione un vero stile.

La storia insegna.
Ogni stile architettonico con connotazioni formali uniche, spesso scaturisce dall’impegno dei
progettisti di un epoca nel far proprio il “segno” generato da una evoluzione della tecnologia di
costruzione. Ma questa ricerca richiede tempo.
Un esempio. E’ dopo il periodo di sviluppo tecnologico che va dalla prima alla seconda rivoluzione
industriale che si iniziano ad usare intensamente i metalli per la produzione seriale di semilavorati o
prodotti commerciali. Ferro, ghisa o acciaio, prima di diventare una opportunità di rinnovamento del
design, sono stati usati per diversi anni nell’architettura e nella produzione industriale come
surrogati del legno e della pietra.

Nell’ Art Nouveau le tecnologie industriali si piegano allo stile della produzione artigianale, mentre
nell’ International Style ne diventano fonte d’ispirazione, punto di partenza per un’idea progettuale.

L’era dello sviluppo sostenibile è appena cominciata, ci troviamo in una fase di passaggio, e le
soluzioni che la tecnologia verde propone non hanno ancora mostrato le loro rivoluzionarie
potenzialità di innovare la forma del costruito. A livello mondiale sono gli australiani a
dimostrarsi più impegnati nell’architettura sostenibile.
L’intera nazione ha intrapreso un forte cambiamento puntando molto su uno sviluppo sostenibile. Le
politiche energetiche fortemente volute dal governo, i servizi d’ informazione rivolti ai cittadini su
come sviluppare uno stile di vita eco-compatibile, gli investimenti a sostegno del turismo sostenibile,
un elevato numero di laureati in Scienze Ambientali rispetto a tutti gli altri paesi industrializzati del
mondo, sono solo alcuni dei segnali che confermano il virtuoso impegno australiano in questo
ambito.

Ed è qui che è possibile rilevare in architettura una più intensa sperimentazione del linguaggio nel
segno dell’ecosostenibilità. Un esempio su tutti è il Council House 2 a Melbourne, considerato
l’edificio più sostenibile dell’Australia. L’edificio mostra, a chiusura superiore di una delle
facciate del fabbricato, delle grandi pale eoliche ad asse verticale. Il lato più esposto è un’unica
persiana di veneziane in legno riciclato che automaticamente si apre o si chiude al variare
dell’irraggiamento solare. Cinque cilindri cavi posti lungo la facciata sud incanalano l’aria esterna
per portarla verso i piani inferiori. All’interno di questi cilindri viene fatta cadere dell’acqua
nebulizzata che raffredda l’aria naturalmente. La stessa acqua in caduta, visibile grazie al tessuto
trasparente delle superfici delle torri, successivamente viene raccolta in delle vasche di vetro che
hanno anche funzione di pensiline per gli accessi all’edificio sul livello stradale. All’interno degli
open-space, adibiti ad uffici, controsoffittature ondulate in calcestruzzo generano cavità sotto i solai,
utili alla circolazione naturale del’’area. Gli stessi pannelli sono stati prefabbricati congiuntamente
alle serpentine metalliche che successivamente sono state collegate all’impianto di raffreddamento
ad acqua.

Queste sono alcune delle soluzioni ecosostenibili del Council House 2, sfruttate anche come segni di
architettura. Criticabili o no sono sicuramente un’ esempio di quel potenziale inespresso che lo
sviluppo sostenibile può dare all’arricchimento del linguaggio formale dell’architettura attuale, un
linguaggio formale “sostenibile”.

  Rivista Architetti Taranto N. 5 Anno 2009

I numeri del digitale nel 2018: conferme e
continue opportunità di crescita.
Se sino a pochi anni fa un po’ tutti quelli che non si occupavano di digitale tendevano a prendere
sotto gamba questo settore economico, oggi è davvero difficile trovare qualcuno che non riconosca
la centralità del digitale e le tante opportunità di sviluppo che offre.

A dir la verità qualcuno, anzi più di qualcuno, che nega l’evidenza o che, più o meno
faziosamente, sottostima l’impatto del digitale c’è e lo si può trovare a tutti i livelli. Le motivazioni di
tale realtà, a mio parere, possono dipendere o da una incapacità (anche in buona fede) di non
comprendere la rivoluzione digitale che ormai da 10 anni è in atto o, peggio, da una difesa strenua di
posizione derivante da una old economy. In tutti i casi, entrambi i personaggi, prima o poi, dovranno
fare i conti con il cambiamento.

  Per approfondire:

  ■   Gli italiani e i social media: perché li utilizzano, l’impatto della pubblicità e degli Influencer.
  ■   Rivoluzione digitale: le opportunità sono a portata di click!
  ■   L’Italia e l’offerta turistica digitale: tutto quello che non facciamo per attrarre il turista 2.0
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