La Copertina d'Artista - Recovery round - Smart Marketing

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La Copertina d'Artista - Recovery round - Smart Marketing
La Copertina d’Artista - Recovery round
È un’immagine molto forte quella che capeggia sulla copertina del numero di ottobre del nostro
magazine: al centro della stessa assistiamo ad un vero amplesso, una ragazza con la mascherina
chirurgica viene letteralmente e fisicamente posseduta da un uomo di cui scorgiamo solo parte del
corpo. Tutta la scena è concentrata in uno spazio delimitato da 12 stelle, le stesse della bandiera
dell’Unione Europea, anzi l’unico altro elemento di colore, a parte il celeste chiaro della mascherina
e il giallo delle stelle, è il blu intenso del lenzuolo che giace sgualcito sulle gambe dei protagonisti. A
bene vedere, più che un lenzuolo, sembra il telo della bandiera stessa, che cadendo ci ha mostrato
questa scena scabrosa.
La Copertina d'Artista - Recovery round - Smart Marketing
L’opera di questo numero sembra voglia raccontarci di uno scandalo, quello di un’Europa posseduta,
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forse sottomessa, da una qualche potenza straniera o, peggio, da una congrega dei soliti poteri forti.
Improvvisamente ci viene data la possibilità di sbirciare al di là del velo, dietro la bandiera, e quello
che vediamo è una scena erotica al limite della censura, un amplesso che non capiamo quanto sia
consenziente o meno, anche se non ci pare di scorgere violenza, ma più un senso di sano e
godereccio piacere.

È molto interessante che l’artista di questo numero, Paola Biandolino, abbia deciso di
rappresentare uno scandalo attraverso un’immagine anche essa scandalosa, come se volesse
evidenziare ancora di più il messaggio e renderlo inequivocabile. Ma, come sappiamo, l’arte si presta
a molteplici interpretazioni, e le intenzioni dell’artista sono solo una parte della storia, l’altra è data
appunto dal pubblico, ultimo fruitore dell’opera stessa e che chiude idealmente il circuito elettrico di
quel magico dispositivo chiamato arte.

Allora soffermiamoci di più su questa opera e cerchiamo di scoprire tutti quei significati che non
sono immediatamente tangibili e che probabilmente l’artista ha voluto ironicamente nasconderci in
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piena vista.

Chissà se il tema del nostro numero, “Recovery round”, non abbia fatto prevalere una
interpretazione politica ed economica della condizione europea: forse la Biandolino avrà pensato che
tutte le misure economiche messe in campo dall’UE in questo periodo di pandemia e crisi economica
(MES, Recovery Fund, etc.), potrebbero diventare il debito, pubblico e non solo, delle future
generazioni?

E quindi come dire: “OK, l’Europa una volta tanto ci sta aiutando, ma non è che alla fine ci
sta fottendo?”.

O forse, spingendo su una interpretazione più letteraria, potremmo arrivare a pensare che quella
che vediamo è un’allegoria in chiave contemporanea del mito di Europa?

Come forse ricordiamo dai nostri studi superiori, Europa era figlia di Agenore e fu principessa di
Tiro e regina di Creta; la fanciulla fu rapita da Zeus, che aveva preso le sembianze di un possente
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toro bianco, e dall’amplesso che ne seguì (che per la maggior parte degli autori classici fu
consenziente) nacquero tre figli, Minosse, Radamanto e Sarpedonte, che poi furono adottati dal re di
Creta Asterio, che successivamente sposò Europa.

Oppure, più semplicemente, questa che vediamo è solo l’ultima delle opere dell’artista che da un po’
di tempo indaga ed esplora nelle sue creazioni la dimensione erotica dell’esistenza.

Come sempre non possiamo saperlo con certezza, queste sono solo tre delle possibili interpretazioni,
ma ciò che ha importanza qui, come per l’arte in generale, non è indovinare il “significato autentico”
dell’opera, che spesso sfugge ed è inconscio perfino all’artista stesso, quello che vale è “interrogarsi
sui possibili significati”: in un mondo che va sempre più in fretta, anche se in semi-lockdown come
adesso, un’immagine che ci invita, come in questo caso, con ironia e spudorato erotismo a fermarci
per cercare di comprenderla è il miglior risultato che un artista possa sperare.

Perché è solo quando ci concediamo il tempo, riflettiamo e ragioniamo che cogliamo la vera essenza
delle cose e possiamo decidere cosa dire o fare, perché anche il sesso, in cui è preponderante la
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carica istintiva ed emozionale, richiede attenzione, altrimenti andremmo in giro a scopare senza
ritegno e senza freni qualunque cosa e saremmo tutti erotomani e pervertiti (oltre che penalmente
perseguibili), quando in realtà, nel profondo, noi desideriamo e vogliamo essere, più di ogni cosa,
amanti appassionati.

  Paola Biandolino, classe 1991, di Taranto, fin da
  giovanissima prende lezioni di disegno nella bottega di
  un maestro, successivamente frequenta il Liceo
  Artistico Lisippo di Taranto, diplomandosi in Oreficeria,
  e poi l’Accademia di Belle Arti di Lecce, frequentando il
  corso di Pittura. Dopo la laurea triennale decide di
  cambiare e si iscrive ad Editoria D’Arte.

  Da questa formazione poliedrica nasce BiaLineArt, una sintesi tra pittura e grafica,
  disegni realizzati con un unico tratto di penna biro, un progetto nato prima da semplici
  ritratti per un esame accademico, poi portato avanti perché particolarmente affine alla
  sensibilità dell’artista.

  Durante la quarantena inizia a lavorare su materiale erotico, i lavori pubblicati sul
  gruppo Facebook Arteinquarantena riscuotono un successo strepitoso e fanno conoscere
  l’artista e la sua particolare ricerca.

  La sua attività sul web continua sempre più in maniera professionale, anche grazie a un
  corso post-laurea di Social Media Marketing, che le ha dato la possibilità di capire le
  dinamiche del web, dei social network, e soprattutto di prenderli seriamente come lavoro
  e non semplice svago.

Ultime mostre:

2020

Giugno

Mostra Personale, “Uno alla Volta”, Mercato Nuovo, Taranto;

Marzo

Pubblicazione di Illustrazioni su Queefmagazine, “Sexting e Quarantena”.
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2019

Gennaio-Aprile

Mostra collettiva, ex Terraferma, ora Ginetto, Taranto.

2012

Novembre

Lavoro segnalato dalla giuria Emilio Notte.

Progetti in corso

“Somewhereline”, scatti Fotografici con grafica lineart, progetto in collaborazione con Andrea
Basile.

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Recovery round - L'editoriale di Ivan
Zorico
La Copertina d'Artista - Recovery round - Smart Marketing
Essere lucidi non è operazione facile. Essere ancorati al
presente non è un compito semplice. Avere visione non è
esercizio agevole. Queste tre espressioni sono vere sempre
e lo sono ancor di più in un momento, e in un mondo,
completamente stravolto da una pandemia, iniziata mesi fa,
e la cui fine si fatica a vedere.

Sentirsi destabilizzati è la più ragionevole delle reazioni. Vale sia per chi un lavoro ce l’ha (i
timori per una recrudescenza della crisi, o in generale per un futuro incerto, hanno fatto crescere i
depositi bancari durante il lockdown e non solo, sia per i privati che per le imprese) e, neanche a
dirlo, per chi un lavoro l’ha perso o è messo fortemente a rischio. Per non parlare poi delle
ripercussioni psicologiche che gli effetti della pandemia porta inevitabilmente con sé.

Quella che stiamo vivendo è una partita – un round – tra le più difficili che abbiamo mai
vissuto. Sono ormai decenni che noi occidentali non dobbiamo preoccuparci di malattie capaci di
causare milioni di morti, che non dobbiamo fare troppi sforzi per procurarci del cibo e che non
abbiamo a che vedere con le guerre.

Eppure, se quello che abbiamo detto è vero – e lo è – dobbiamo riuscire a fare della lucidità, del
“qui e ora” e della visione i nostri punti fermi.

Lucidità.
Vivere pensando che il Covid-19 faccia le valigie e tolga presto il disturbo è un’utopia. Come lo è, o
lo è stato, immaginare che dopo l’estate questo virus non facesse quello per cui è nato: propagarsi.
Molta dell’insoddisfazione e della frustrazione che stiamo vivendo oggi è proprio figlia di questa
falsa aspettativa. Per cui restiamo lucidi, prendiamone atto ed accogliamo la situazione che stiamo
vivendo.

                   Scopri il nuovo numero: Recovery round
    Quella che stiamo vivendo è una partita – un round – tra le più difficili che abbiamo mai vissuto
    sotto tutti i punti di vista: economico, sanitario e sociale. In questo contesto i progetti relativi ai
    fondi europei del recovery fund potranno e dovranno essere un volano di crescita e di rinnovato
                                                  benessere.

Qui e ora.
Cosa posso fare oggi per migliorare la mia giornata lavorativa e personale? Quale abitudine
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potenziante (anche piccola) posso inserire da subito nella mia vita? Cosa mi può rendere migliore del
giorno precedente? Poche chiacchiere: in un momento come quello che stiamo vivendo, bisogna
essere pratici. Non impiegare le energie in pensieri logoranti: “se le cose fossero andate
diversamente”; “se non ci fosse stato questo virus, allora avrei potuto…”. I movimenti sono limitati
ed il contesto intorno a noi è cambiato; ricordiamoci che il digitale ci offre opportunità incredibili.
Cogliamole: formazione e opportunità di crescita sono a portata di click.

Visione.
La pandemia ha accelerato trend e dinamiche che in condizioni normali ci avrebbero messo anni a
vedere la luce. L’Europa si è ricompattata e, nel mezzo della crisi, ha mostrato quel lato del volto
“sociale” che troppo spesso è stato oscurato da quello “burocratico”. È stato varato il cosiddetto
recovery fund, un piano d’aiuti di 750 miliardi di euro dei quali oltre 200 sono destinati al nostro
Paese. A partire dai prossimi mesi arriveranno i primi fondi che saranno destinati a progetti relativi
a sanità, ambiente, formazione, digitale e infrastrutture. C’è chi l’ha paragonato al Piano Marshall e
c’è chi invece ne ha sottolineato le differenze, fatto sta che gli anni a venire saranno fortemente
interessati da cambiamenti del modo di fare business e di vivere.

Non stiamo a guardare.
A guardare le risorse a disposizione e i cluster nei quali saranno impiegate, c’è quindi da poter
scorgere quantomeno un barlume di speranza. Ma attenzione, non dobbiamo stare alla finestra ed
aspettare che ci arrivi l’aiuto salvifico dell’Europa o del Governo. Non funziona così. Quelle potranno
essere al massimo delle opportunità per fare impresa o per decidere di lavorare in settori in crescita.

Quello che dobbiamo fare è essere consapevoli, vivere il presente e costruire passo dopo passo il
nostro prossimo futuro. Non attendiamo tempi migliori per fare la prima mossa. Il momento, come
sempre, è adesso.

Buona lettura,

                                                                                           Ivan Zorico

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commenti. Rispondo sempre.
Se vuoi rimanere in contatto con me questo è il link
giusto: www.linkedin.com/in/ivanzorico

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Recovery round - L’editoriale di Raffaello
Castellano

  Ed alla fine è tornato, più forte ed aggressivo di prima,
  più capillare e diffuso, ma, se ci pensiamo bene, forse
  non se ne è mai andato, ha infettato molti, tanti, quasi
  tutti: semplici cittadini, imprenditori, associazioni,
  imprese, istituzioni, perfino alcuni vip e politici.

  No, non sto parlando del Coronavirus, ma del prestito e della sua mutazione cattiva: il
  debito.

  Come diceva Gordon Gekko nella celebre lezione all’università nello splendido film “Wall
  Street – Il denaro non dorme mai” di Oliver Stone del 2010: “…il vero nemico è il
  prestito, è ora di riconoscere che è un biglietto sicuro per la bancarotta, senza ritorno, è
  sistemico, maligno ed è globale, come il cancro. È una malattia e noi dobbiamo
  combatterla!”.

Chissà se il premier Giuseppe Conte, vedendo questo film, si sia fatto suggestionare dal monologo
dell’attore Michael Douglas, e, memore della sentenza, abbia deciso di non accedere ai soldi, i
tanti soldi, che l’Europa ha messo immediatamente a disposizione con lo strumento del MES
(Meccanismo Europeo di Stabilità), detto anche Fondo Salva Stati, che abbiamo imparato a
conoscere qualche anno fa, quando salvò dalla bancarotta stati UE come Cipro, Grecia e Spagna.

Questo è uno strumento che mette a disposizione degli stati membri un capitale di oltre 700 miliardi
di euro e che, come molti sanno, pone rigide condizioni ai paesi che ne fanno richiesta, condizioni
che fino ad ora, 30 ottobre 2020, mentre scrivo questo editoriale, hanno fatto desistere molti paesi
dal richiederlo.

Eppure con la seconda ondata di contagi (o la recrudescenza della prima, visto che il Coronavirus
non è mai sparito durante l’estate, ma ha continuato a circolare), con i Paesi membri costretti a
chiudere interi comparti produttivi, ad istituire lockdown e quarantene e, quindi, a promuovere una
serie di pacchetti e proposte di “ristoro finanziario” per milioni di persone, diventati da un giorno
all’altro inattivi, cassaintegrati o peggio disoccupati, prima o poi i vari stati vi dovranno fare
comunque ricorso, affinché questa guerra contro il coronavirus non uccida, alla fine, molte più
persone di quelle effettivamente già morte.

Scelta combattuta, quella del ricorso al MES, resa ancora più inesorabile, visto che il secondo
strumento messo in campo dall’Europa per aiutare i Paesi membri, il cosiddetto Recovery Fund,
stenta ancora, benché approvato, a diventare pienamente operativo, almeno in tempi brevi.

https://youtu.be/571FOQGvZjk

Il Recovery Fund, o Next Generation EU, come lo ha chiamato la Commissione Europea, è un
nuovo strumento, approvato il 21 luglio scorso, che mette a disposizione 750 miliardi di euro
ripartiti in quote diverse per ogni Paese membro. All’Italia spetterebbero 209 miliardi, di cui 81,4
di sussidi e 127,4 di prestiti, che dovranno essere impegnati attraverso un preciso piano strategico,
il cosiddetto PNRR (Piano Nazionale per la Ripresa e la Resilienza), che fra le altre cose dovrà
contenere una quota di investimenti, il 20% almeno, nella transizione digitale ed altre
importanti quote dedicate alle politiche green, all’istruzione e alla sanità.

Insomma, se volessimo gettare uno sguardo disincantato e cinico su alcuni effetti che il Covid-19 ha
innescato, peraltro già abbastanza evidenti durante il lockdown della primavera scorsa, dovremmo
concludere che non tutto il male viene per nuocere, e che, così come l’Italia, anche molti altri Paesi
hanno visto incrementare notevolmente lo smart working, la didattica a distanza, la digitalizzazione
delle famiglie e la semplificazione burocratica di alcune istituzioni; certo, con molti problemi ancora
da risolvere, ma con qualcosa che finalmente si muove nella giusta direzione.

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Certo, sono pure aumentate, come in ogni grande crisi, le diseguaglianze sociali, il divario fra ricchi
e poveri, fra chi ha opportunità e possibilità di cambiare e fra chi non può farlo perché non sa come
mettere insieme il pranzo con la cena. È aumentato il debito, nostro e soprattutto quello delle
generazioni future, problemi atavici e sottovalutati, come il cosiddetto “inverno demografico”
dell’Europa, in particolare del nostro Paese, saranno ancora più acuti e drammatici in futuro. Con
un’Europa che diventa sempre più vecchia e che non fa figli, sarà difficile mantenere attive, già nei
prossimi 20/30 anni, le politiche di welfare e gli attuali standard di vita.

Ma oggi siamo qui a fare i conti con la recrudescenza dei contagi che, mentre scrivo, sono impietosi:
il nostro Paese ha sfondato la soglia dei 30mila casi, sono 31.084 i nuovi positivi a fronte di
215.000 tamponi con 199 decessi nelle ultime 24 ore, con il famigerato indice Rt a 1.7, mentre
in Francia sono 49.215 ed in Germania oltre 19.367 in un solo giorno, mentre nel mondo ci sono
più di 45 milioni di contagi ed oltre 1,18 milioni di morti dall’inizio della pandemia.

Da una parte lo scenario nefasto e drammatico di un nuovo lockdown generalizzato, ed europeo
questa volta, con molte imprese piccole e medie che non riusciranno più a riaprire, dall’altro il virus,
che ha condizionato tutto il nostro ultimo anno, costringendoci al cambiamento repentino dei nostri
comportamenti, dei nostri lavori, delle nostre vite.

Insomma, la scelta è restare aperti, contagiarsi e rischiare di morire o chiudersi in casa, fermarsi,
indebitarsi oltre ogni possibilità di ripresa e morire di inedia.
Scopri il nuovo numero: Recovery round
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    sotto tutti i punti di vista: economico, sanitario e sociale. In questo contesto i progetti relativi ai
    fondi europei del recovery fund potranno e dovranno essere un volano di crescita e di rinnovato
                                                  benessere.

Sinceramente i due scenari sono alquanto foschi, non saprei quale scegliere, ed onestamente le
rivolte, la tensione e la lacerazione del tessuto sociale non mi fanno ben sperare per il futuro. Oggi
non riesco proprio a pensare che “tutto andrà bene”!

L’unica cosa che possiamo fare è adeguarci, imparare la fondamentale lezione dell’evoluzione, che ci
insegna che in natura non vince chi è più forte, ma chi si adatta meglio al mutare delle condizioni,
chi è flessibile, pratico, mentalmente elastico; in una parola, spesso abusata, ma a noi di questo
magazine molto cara, a chi è “smart”, in tutti i principali significati che questa parola rappresenta.

Mai come ora dobbiamo sforzarci di diventare smart, ne va della nostra sopravvivenza e del nostro
futuro.

Buona lettura e buona fortuna a tutti voi.

                                                                                    Raffaello Castellano

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Il recovery fund a sostegno della
sostenibilità
Dopo il termine “lockdown” la parola chiave del momento è certamente “Recovery Fund”: la
chiusura dei mesi scorsi ha avuto un forte impatto su tutti noi, psicologicamente ma anche
economicamente, tanto che gli aiuti erogati dai governi a sostegno dei cittadini hanno portato ad un
innalzamento del livello di indebitamento di tutti i paesi membri dell’Unione Europea. Con il
concetto di Recovery Fund, l’Europa mette a disposizione degli stati membri circa 750 miliardi di
euro, e di quelli destinati al nostro Paese, una buona parte sarà utilizzata a favore della
sostenibilità.

“Il 37% delle risorse assegnate all’Italia devono andare al green con un concetto trasversale di
sostenibilità” ha segnalato il Ministro dell’Ambiente Sergio Costa, in audizione presso la
Commissione Ambiente della Camera, “la sostenibilità ambientale, nelle intenzioni delle istituzioni
comunitarie non è soltanto un cluster, ma un criterio trasversale di valutazione, attraverso cui è
fondamentale valutare l’impatto degli altri progetti”. L’Unione Europea ha sottolineato che un
investimento è definibile green se migliora un indicatore verde, come ad esempio l’impronta
idrica, l’impronta di carbonio, le emissioni inquinanti, il grado di circolarità dei prodotti, la quota di
energia rinnovabile, senza andare a ledere gli altri indicatori.

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                                                    benessere.

Il sostegno alla sostenibilità imprenditoriale è un elemento imprescindibile nel mercato globale
contemporaneo, le politiche del marketing sono rivolte verso un atteggiamento di
responsabilità, basilare per i consumatori e per i governi. Creare un ambiente favorevole
all’innovazione, l’inclusività sociale su scala globale al fine di ridurre le disuguaglianze che
impediscono agli attori di partecipare alla vita economica e sociale del paese, e la parità di genere,
sono i pilastri dell’idea europea, sottolineati anche in occasione degli incontri relativi alla gestione
dell’economia di questo difficile periodo.

In occasione di Festambiente tenutasi dal 19 al 23 agosto, la
Legambiente ha lanciato le proposte per un uso funzionale
alla sostenibilità delle risorse del Recovery Fund:
■   Lotta alla crisi climatica con progetti di efficienza energetica, tra i quali l’incentivazione al
    fotovoltaico e l’aumento delle piste ciclabili
■   Realizzare un’economia circolare incentivando gli impianti di riciclo e smaltimento di rifiuti, che
    oggi vengono ancora, in parte, inviati all’estero
■   Innovazione industriale che consenta di produrre con fonti rinnovabili
■   Sviluppo dell’agroecologia, realizzata riducendo l’utilizzo di sostanze chimiche e la plastica,
    sensibilizzando ad un consumo idrico responsabile, ottimizzando i trasporti e valorizzando il
    biologico
■   Istituire maggiori aree verdi protette, come parchi, riserve e foreste urbane
■   Promuovere un turismo sostenibile
■   Lotta all’illegalità ambientale finanziando le attività dell’Arpa a tutela di un ambiente sano e
    vivibile
■   Incentivazione allo sviluppo della banda larga, il Covid-19 ha infatti lasciato emergere l’importanza
    del lavoro e della scuola online e per tale ragione è necessario colmare l’eventuale gap tecnologico.
    L’attenzione nello sviluppo alla banda larga si concentra anche sull’emissione dei valori del campo
    elettrico fissato a 6V/m, livello al quale l’inquinamento elettromagnetico non evidenzia possibilità
    di danni negativi sulla salute
■   Green Public Procurement, ossia favorire l’utilizzo di strumenti finanziari etici come Green Bond e
    Social Impact Bond
■   Realizzazione di opere pubbliche, l’Italia ha in programma 170 opere tra messa insicurezza di
    infrastrutture, bonifiche e trasporti.

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Dati, trend e previsioni: come il digitale
può aiutarci a uscire da questa crisi
pandemica.
Ormai da mesi stiamo ascoltando il mantra del “nulla sarà come prima” e della “nuova normalità”.
Se non fosse vero, lo potremmo definire addirittura stucchevole ma, a guardare bene i dati e le
nuove pratiche che stiamo adottando, più che ritenerlo tale dovremmo invece fare lo sforzo di
entrare più in profondità.

Iniziamo con il lavoro.
Abbiamo visto e raccontato come lo smart working, nel nostro Paese, non fosse una pratica così
tanto utilizzata. Se ne parlava già da 40 anni, ma solo all’indomani del primo caso di Covid-19 in
Italia, abbiamo scoperto che un nuovo modo di lavorare esisteva realmente. Oggi, ci troviamo in una
situazione impensabile 8 mesi fa: il mondo delle imprese prende in estrema considerazione il
prolungamento dello smart working anche dopo la fine della fase pandemica.

Le aree urbane.
Giorno dopo giorno ci siamo accorti che le città stanno cambiando, perché le nostre esigenze e
priorità stanno cambiando. Abbiamo così preso familiarità con termini quali south working e well
working. Spazi, viabilità e luoghi delle città del prossimo futuro saranno ripensati proprio a partire
da quanto stiamo vivendo oggi.

Il digitale.
Le restrizioni sulla mobilità hanno avuto il loro sfogo naturale in un uso di internet e del digitale
senza precedenti. Durante i mesi della pandemia gli accessi ad internet hanno avuto un incremento
del 30% quando, normalmente, si registrava un incremento del 3%.

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                                                  benessere.

I consumi.
Legato all’aumento dell’uso di internet e del lavoro da casa, c’è l’e-commerce: in questi mesi le
vendite online sono letteralmente esplose. I settori maggiormente interessati da questo fenomeno
sono stati quello del food and grocery, dell’abbigliamento, del fitness, e i sempre verdi elettronica ed
informatica.

Appunti per marketer e dintorni.
Saper leggere i dati e prendere decisioni rapide sono sicuramente capacità in grado di fare la
differenza. Oggi le persone ricercano online qualsiasi cosa e si aspettano di trovare risposte efficaci
alle loro richieste. Non monitorare i canali online è un autogol senza precedenti. Bisogna farsi
trovare pronti alle mutevoli esigenze delle persone: dove c’è richiesta, c’è opportunità di fare
business. Per fare un esempio, se oggi le palestre sono chiuse (così come nella passata primavera)
questo non vuol dire che non ci sia richiesta di allenarsi da parte delle persone. Stessa cosa vale, per
farne un altro, per il comparto culturale.

Sviluppo dei canali digitali, maniacale lettura dei dati, vicinanza alle esigenze dei clienti, sono le
direttrici su cui lavorare per poter affrontare questo difficile momento, cogliere opportunità
impensabili e uscire dalla crisi.

Ti è piaciuto? Hai qualche considerazione in merito? Fammelo sapere nei
commenti. Rispondo sempre.
Se vuoi rimanere in contatto con me questo è il link
giusto: www.linkedin.com/in/ivanzorico

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La trasformazione digitale quale elemento
essenziale del Recovery Fund, tra e-health
e digital therapeutics è la sanità al centro
della sfida.
Resilienza e ripresa le due parole chiave che emergono dalle pagine del piano di recovery fund –
letteralmente fondo di recupero – che il governo ha messo sul tavolo del Restart Italia per far
ripartire l’attività economica e la crescita, promuovendo la transizione verde e la trasformazione
digitale per rilanciare l’economia della ripresa, accedendo ai fondi europei.

Ancora non chiari i progetti, ma trasparenti le intenzioni.
Digitalizzazione, innovazione e competitività del sistema produttivo; rivoluzione verde e transizione
ecologica; infrastrutture per la mobilità; istruzione, formazione, ricerca e cultura; equità sociale,
salute.

Sette gli obiettivi da perseguire attraverso i piani nazionali: promuovere l’energia pulita;
migliorare l’efficienza energetica degli edifici pubblici e privati; sviluppare nuove tecnologie
nei trasporti; rafforzare la rete di banda larga, in particolare 5G; garantendo a tutte le imprese una
connessione certa, sicura e veloce, rafforzare l’ Industria 4.0, cavalcare l’economia dei dati,
adattare il sistema educativo alle nuove necessità, digitalizzare la pubblica amministrazione, il
settore giudiziario e sanitario fino alla diffusione dell’e-health per rispondere alle nuove sfide
sanitarie.

                   Scopri il nuovo numero: Recovery round
    Quella che stiamo vivendo è una partita – un round – tra le più difficili che abbiamo mai vissuto
    sotto tutti i punti di vista: economico, sanitario e sociale. In questo contesto i progetti relativi ai
    fondi europei del recovery fund potranno e dovranno essere un volano di crescita e di rinnovato
                                                  benessere.

La pandemia di Covid-19 ha fatto registrare una domanda crescente di strumenti tecnologici,
soprattutto impiegati per la medicina: l’impiego di televisite e telemonitoraggi, nonché
piattaforme che erogano prestazioni sanitarie a distanza è cresciuta in maniera disordinata all’inizio
della pandemia. La pandemia da Covid-19 ha acceso i riflettori sulla sanità tanto da
stanziare 13 miliardi circa per 10 progetti di innovazione che vanno dal rafforzamento in ottica
digitale della medicina di territorio, fino alla diffusione di nuove tecnologie negli ospedali, per
rispondere alle nuove richieste di cura.

Società scientifiche e istituzioni sanitarie, si sono attivate
per fornire indicazioni su come usare in maniera
appropriata questi strumenti e inserirli nella pratica clinica.
A partire dal 1 marzo sono 175 le iniziative di impiego di strumenti digitali (slide 39) intraprese dalle
Aziende Sanitarie Italiane a supporto delle visite da remoto dei pazienti, il 29% delle quali per la
gestione di pazienti Covid-19 e il 71% per la gestione di patologie croniche come il diabete, le
patologie cardiovascolari e quelle oncologiche.

In poche settimane si sono smosse le acque rimaste
stagnanti per 10 anni.
Una trasformazione accelerata all’improvviso che non ha mai permesso il cambiamento a causa della
rigida regolamentazione, le ambigue politiche di rimborsabilità, la scarsa evidenza sulla loro
affidabilità ed economicità, i problemi di privacy, la difficoltà a integrare i nuovi strumenti nella
pratica clinica quotidiana e non ultima, la diffidenza da parte di medici e pazienti.
All’improvviso tutto si è dissolto come una bolla di sapone, davanti alla crisi dell’emergenza
sanitaria. Sono arrivate anche le linee guida dell’American Medical Association sull’uso della
telemedicina e cura a distanza con un focus di estrema attenzione alla gestione dei dati sensibili.
Anche l’Istituto Superiore di Sanità non si è fatto attendere dando indicazioni sui servizi assistenziali
di telemedicina e la tipologia di paziente “candidato” comprendendo non soltanto i malati Covid-19
ma anche “le persone affette da patologie croniche, malattie rare e in condizioni di fragilità, oppure
che richiedono trattamenti di lungo periodo o di particolare assistenza”.

Pazienti monitorati attraverso piattaforme di supporto che dotati di tecnologia bluetooth permettono
ai medici di seguire l’aderenza alla terapia, trend dei parametri rilevati attraverso la ricezione di
messaggi e alert e prontamente “connettersi” con il paziente e in alcuni casi veri e propri salva vita.

Digitalizzazione e innovazione sono le linee guida di una trasformazione digitale che è rimasta su
carta per tanto tempo e che improvvisamente è la necessità, la sfida, la soluzione in ogni comparto,
specialmente nella sanità.

E’ una nuova era quella della e-health, della connected
health e delle Digital therapeutics, un balzo in avanti
talmente all’improvviso da sconvolgere anche chi per anni
ha cercato di promuovere con forza questo progresso.
Come mai quello che ieri era visto con diffidenza, è oggi indispensabile? Ciascuno avrà un proprio
pensiero a riguardo, di sicuro questa è solo la punta dell’iceberg… in fondo al mare c’è ancora tanto
da scoprire.

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sempre.

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Nuovo fermo agli spettacoli dal vivo, il
punto di vista di un operatore culturale:
intervista a Paolo Ruta, Presidente
dell’Associazione “Amici della musica
Arcangelo Speranza”
Pochi giorni dopo il DPCM del 25 ottobre, che ferma nuovamente gli spettacoli dal vivo e chiude
cinema, teatri e centri di cultura, abbiamo ascoltato la voce di un operatore culturale per fare il
punto della situazione ed indagare sulle possibili strategie da porre in essere, a breve ed a lungo
termine, per scongiurare il collasso di un settore già duramente provato.

In questi mesi più volte ci siamo occupati dell’argomento, dando voce alle proteste ed alle difficoltà
dei lavoratori (La crisi dei lavoratori dello spettacolo in Puglia tra affanno e cauto
ottimismo: intervista a Fabrizio Belmonte della BG SERVICE), ma anche cercando di fornire
soluzioni di ampio respiro, evidenziandone le buone pratiche, prendendo ad esempio il caso pugliese
(La Puglia riparte a suon di musica: la ripartenza del comparto musicale tra incertezze e
finanziamenti pubblici).

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tervista: Paolo Ruta, Presidente dell’Associazione “Amici della musica Arcangelo Speranza”.
Alla luce del nuovo fermo, che di fatto blocca la ripartenza, ritorniamo in Puglia per intervistare
Paolo Ruta, Presidente dell’Associazione “Amici della musica Arcangelo Speranza”, operatore
culturale di comprovata esperienza e direttore artistico di importanti stagioni concertistiche e
festival.

                   Scopri il nuovo numero: Recovery round
    Quella che stiamo vivendo è una partita – un round – tra le più difficili che abbiamo mai vissuto
    sotto tutti i punti di vista: economico, sanitario e sociale. In questo contesto i progetti relativi ai
    fondi europei del recovery fund potranno e dovranno essere un volano di crescita e di rinnovato
                                                  benessere.

L’Associazione “Amici della musica Arcangelo Speranza” nasce nel 1922 ed è, forse, una delle
associazioni più antiche d’Italia, che ha come vocazione la promozione e diffusione della musica in
tutte le sue forme, compreso un ricco e variegato archivio storico audiovisivo, non tralasciando la
valorizzazione degli autori locali.

https://www.youtube.com/watch?v=atYMo8tTk9w

Imprescindibile nella vita culturale del Sud Italia è la “Stagione concertistica Amici della
Musica”, giunta alla sua 77a edizione, insieme al Giovanni Paisiello Festival (noto compositore
tarantino, uno dei più importanti del periodo classico alla stregua di Haydn, Mozart e Beethoven),
giunto alla 18 a edizione, che si è svolta dal 28 settembre al 9 ottobre, in piena Fase 2 della
pandemia.

Importante il messaggio lanciato dal Presidente Paolo Ruta durante la nostra intervista: seppur con
grande sacrificio, è necessario fermare gli spettacoli per il bene di tutti.

  Paolo Ruta classe 1963, da oltre trent’anni anni si
  occupa dell’attività musicale e teatrale della città
  di Taranto.

  Ha collaborato negli anni ’80 con la Compagnia Teatrale Crest e con il Teatro Petruzzelli,

  curando le fotografie di alcune importanti produzioni: alcuni suoi scatti sono stati pubblicati dai
  maggiori quotidiani e riviste nazionali (Repubblica, Corriere della Sera, l’Opera, ecc) oltre alla
  stampa regionale e locale.

  Nel 1989 entra a far parte del comitato tecnico-artistico degli Amici della Musica “Arcangelo
  Speranza” e, nel 1996, diventa Direttore Artistico del sodalizio, carica che ricopre fino al 2000
quando gli viene conferita la delega allo spettacolo del Comune di Taranto. Ha fortemente voluto
  l’istituzionalizzazione del “Giovanni Paisiello Festival” che si pone come obiettivo quello di
  riscoprire e rivalutare l’opera dell’illustre compositore tarantino. Rimessa la delega nel 2004
  torna a ricoprire la carica di Direttore Artistico del sodalizio jonico.

  Da sempre attento all’evoluzione del mondo dello spettacolo e all’orientamento delle tendenze
  musicali, ha favorito con nuove e stimolanti iniziative l’avvicinamento delle nuove generazioni alle
  sale da concerto, così come dimostrato dall’aumentato numero degli spettatori. Ciò gli ha fatto
  conquistare la stima di artisti quali Praticò, Ashkenazy, Martha Argerich, Sergio Perticaroli, Maria
  Tipo, Katia Ricciarelli, Giovanni Allevi, Patrizia Ciofi, Salvatore Accardo, UtoUghi, Andrea
  Lucchesini, Laura De Fusco e tantissimi altri.

  E’ stato Consigliere Comunale a Taranto dal 1993 al 1997 e dal 2000 al 2005.

  Dal 1997 è nel consiglio direttivo dell’Aiam-Agis di Puglia e Basilicata e, dal 1998, nell’Aiam-Agis
  nazionale. Dal 2009 è tra i fondatori dell’AIAC – Associazione Italiana delle Attività Concertistiche
  sorta in seno all’AGIS.

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Recovery Fund: si torna a parlare di
didattica a distanza
Dopo un mese di lezioni sono già 400 le scuole colpite dalla pandemia di Covid-19 e il tema della
didattica a distanza, che tanto aveva fatto discutere lo scorso anno, torna di attualità.

Se nelle superiori gli alunni sono ampiamente consapevoli della portata del digitale e sanno studiare
grazie ai nuovi strumenti, ora l’attenzione si concentra sulle elementari e alle medie. Qui, qualora la
didattica a distanza dovesse tornare protagonista è importante formare non solo i piccoli alunni, ma
anche e soprattutto i docenti. Per questo il tema della formazione a distanza è al centro dei progetti
collegati al Recovery Fund e tra i primi desiderata, assieme alla lotta alle classi pollaio e al
rinnovamento dell’edilizia scolastica.

In particolare, i progetti per la scuola digitale riguardano non solo l’accrescimento di competenze
degli studenti, ma anche la formazione del personale scolastico.
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Proprio il tema dell’Istruzione, formazione, ricerca e cultura rientra tra quelli inclusi nel Recovery
Fund e l’obiettivo del Governo è “la completa transazione al digitale della scuola italiana”.
Tre misure per una scuola digitale in Italia
La trasformazione delle scuole in Italia da analogica a digitale passa attraverso tre misure:

■   trasformazione delle aule in ambienti di apprendimento innovativi con strumenti
    all’avanguardia;
■   creazione di 700 Digital Labs disseminati sul territorio per formare il personale e organizzare
    attività didattiche innovative per gli studenti;
■   completa digitalizzazione dei sistemi informatici, banche dati e infrastrutture amministrative
    della istituzione scolastica.

Infine, la scuola digitale punta a potenziare le competenze digitali degli studenti di ogni ordine e
grado, mentre per docenti, dirigenti scolastici e personale amministrativo saranno organizzati corsi
di aggiornamento professionale ad hoc sulle skills tecnologiche.

Tra i piani previsti dal Recovery Fund nell’ambito dell’istruzione c’è l’attivazione di una piattaforma
nazionale di supporto e accompagnamento per lo sviluppo di competenze digitali. Qui si
avrà accesso a percorsi certificati, che si affiancheranno alle singole iniziative progettuali per
favorire la diffusione di metodologie didattiche innovative.

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      sotto tutti i punti di vista: economico, sanitario e sociale. In questo contesto i progetti relativi ai
      fondi europei del recovery fund potranno e dovranno essere un volano di crescita e di rinnovato
                                                    benessere.

In poche parole, saranno messe a sistema le iniziative spontanee che hanno accompagnato
questi sei mesi di sospensione delle attività didattiche in presenza. Come ha dichiarato la ministra
Azzolina, è fondamentale investire sulla formazione di tutto il personale scolastico per rispondere
alle esigenze di innovazione digitale che sono emerse durante l’emergenza COVID-19.

La scuola può e deve cambiare e il Recovery Fund dà all’Italia l’opportunità di investire nella
digitalizzazione dell’istruzione. Si tratta di una sfida importante, da vincere per rendere il sistema
scolastico italiano ancor più attraente e competitivo.

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“Cosa sarà” è il film che ci insegna le
nostre fragilità di fronte alla malattia, ma
pure ci istruisce su come poterla superare,
ed ecco perché dovremmo vederlo

  Ti chiami Bruno Salvati e sei un regista di scarso successo che realizza “commedie che
  non fanno ridere” e film che “non vuole” e “non vede” nessuno, come ti rimprovera il tuo
  produttore.

  Sei da poco, ed a malincuore, separato da tua moglie e sospetti che lei stia già
  frequentando un’amante (si, con l’apostrofo, perché è donna).

  Hai due figli, Adele e Tito, la prima è una studentessa brillante e determinata, l’altro un
  ragazzo vago, un po’ apatico e cannaiolo.

  Un giorno, per caso, in seguito ad un piccolo infortunio, scopri di avere una di quelle
  malattie con un nome impronunciabile ma con un significato terribile: la mielodisplasia.

  La cura, che non è detto abbia successo al 100%, richiede un donatore di midollo
  compatibile da cui ricavare le cellule staminali, l’operazione è rischiosa, i donatori
  pochissimi e non tutti compatibili.

  D’improvviso la tua vita subisce una di quelle svolte ad U radicali ed inaspettate a cui
  non sei preparato e che mettono a nudo tutte le tue fragilità, anche quelle più
  inconfessabili; tutto cambia, soprattutto i rapporti con la tua famiglia e gli amici.

Alcuni di voi avranno riconosciuto in questi pochi indizi il plot dell’ultimo film del regista Francesco
Bruni, “Cosa sarà”, con Kim Rossi Stuart, Lorenza Indovina, Barbara Ronchi, Giuseppe
Pambieri, nel quale il regista romano/livornese racconta con grande coraggio ed autoironia il suo
“reale” incontro con la mielodisplasia.

Come si affronta una malattia terribile? Come fare i conti con il proprio passato? Come affrontare il
rapporto con i figli? Con l’ex moglie? Gli amici? I medici e gli infermieri?

Dobbiamo abbatterci? Disperarci? Oppure possiamo provare con calma ma risolutezza a porre
rimedio a questo destino infausto?

Quello della scoperta della malattia attraverso cui rileggere la propria vita è un tema caro alla storia
del cinema, che lo ha affrontato in tanti straordinari film, fra i quali mi piace ricordare il mio
preferito, lo splendido “My Life – Questa mia vita”, del 1993, scritto e diretto da Bruce Joel
Rubin, con uno straordinario Michael Keaton, che mi pare avere diversi punti di contatto con la
pellicola di Francesco Bruni.

Kim Rossi Stuart, il Bruno Salvati del film (e alter ego di Francesco Bruni), è perfetto con i suoi
molteplici colori e la sua aria smarrita e spaventata a dare corpo e sostanza al protagonista del film,
che attraverso la malattia riscopre il rapporto con i figli spesso trascurati, si riavvicina ad una
moglie amorevole e determinata (la sempre intensa Lorenza Indovina) e scende a patti con un
padre incompreso e libertino (il bravissimo Giuseppe Pambieri) che gli confesserà una verità che
potrebbe rivelarsi una svolta salvavita.

Non voglio svelare troppo di questo film, la cui forza risiede principalmente in tre aspetti: in una
solida sceneggiatura autobiografica scritta dal regista stesso (coadiuvato da Kim Rossi Stuart); in
una bella fotografia di esterni girati fra Roma e Livorno; e soprattutto in un cast di ottimi attori che
girano a meraviglia.

Quello che mi preme, in questa sede, è rivelare l’estrema attualità di questa pellicola: il tema della
malattia inaspettata e dall’esito probabilmente nefasto, dello smarrimento del protagonista di fronte
alla notizia, alla patologia, al decorso lungo e faticoso della cura, all’apparato sanitario, sono gli
stessi che in quest’anno infausto all’insegna del Covid-19 molti, moltissimi di noi, hanno dovuto
affrontare.

Questo film, come il cinema in genere fa, ci offre la possibilità di vedere rappresentate sul grande
schermo le nostre paure più profonde, quelle legate alla morte, ma pure la maniera, se non proprio
di risolverle, di scendere a patti con esse. Un insegnamento quanto mai attuale ed importante, in
questa fase delle nostre vite, dove le parole malattia, morte, contagio, virus, ospedale, medicina,
scienza, dottore, infermiere, non sono più solo astrazioni linguistiche, ma veri e propri agglomerati
di significati e di sensi nuovi e profondi.

Il film di Francesco Bruni è quanto mai necessario oggi, in questo clima di sentimenti contrastanti
che stiamo tutti vivendo a causa della pandemia da Coronavirus. Infatti sperimentiamo di continuo e
alternativamente da una parte rabbia, sconforto e disperazione, e dall’altra menefreghismo,
negazionismo e rassegnazione. “Cosa sarà” con delicatezza, tenacia e perspicacia ci dice due cose
in particolare: che davanti all’ignoto dobbiamo fidarci della luce della scienza e che l’unica maniera
che abbiamo non tanto per “risolvere” la malattia, quanto per dare un senso all’esperienza della
stessa, è l’aiuto della famiglia.

Quindi il tutto si riduce a due termini, “scienza” e “famiglia”, due parole che abbiamo re-imparato
ad apprezzare e valorizzare grazie proprio a questo infido virus che ci ha insegnato la fragilità, ma
che pure ci ha istruito sulla nostra capacità di resistere, due lezioni non da poco che dovremmo
sforzarci di non dimenticare, quando, e se, tutta questa emergenza sanitaria finirà.

Previsto inizialmente in uscita per il 19 marzo 2020, il film con il titolo quanto mai emblematico e
profetico “Andrà tutto bene”, a seguito del primo lockdown per l’emergenza sanitaria, viene
rinviato al 24 ottobre, con il nuovo titolo, esattamente in concomitanza con il DPCM di fine mese
che di fatto gli ha consentito un solo giorno di proiezione nelle sale italiane. Il film sarà disponibile
dal 31 ottobre on demand sulle principali piattaforme.

Andate a recuperarlo, non ve ne pentirete!

Sono contento che questo sia stato l’ultimo film visto in sala prima dell’ennesimo blocco, io e la mia
compagna siamo usciti dal cinema con un po’ di paura in meno, con un pochino di consapevolezza in
più e con una sana, e quanto mai opportuna, iniezione di speranza.

Il virus prima o poi verrà sconfitto (si spera), le nostre vite sicuramente saranno cambiate (forse), i
cinema riapriranno (probabilmente), ma una cosa mi pare certa ed inevitabile, le storie che vivremo
sulla nostra carne o su di uno schermo continueranno a essere necessarie per la nostra esistenza, la
nostra sopravvivenza e il nostro sviluppo interiore.
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Intervista all'associazione Plasticaqqua':
quando una singola azione partita dal
basso mira a un bene più grande e
collettivo

Plasticaqquà è un’associazione tarantina che si occupa di salvaguardia
dell’ambiente, attraverso raccolte di rifiuti volontarie ed altre interessanti
iniziative. Ho deciso di intervistarli in questo particolare momento di difficoltà
mondiale, per capire in che modo ognuno di noi può fare la differenza. Ecco le
domande che ho posto a Giuseppe Internò, fondatore del progetto e a Giacomo
Mongelli, volontario di Plasticaqquà.
Quando e com’è nata la vostra associazione?

Plasticaqqua’ nasce nel 2013 da un’idea di Giuseppe Internò, come un progetto di cittadinanza attiva
volto alla sensibilizzazione alle tematiche ambientali ed in particolar modo sull’inquinamento marino
da plastiche. La prima iniziativa fu una raccolta volontaria di rifiuti nel tratto costiero sottostante il
Lungomare di Taranto, luogo simbolico della città.

Quali sono i vostri obiettivi per la salvaguardia del nostro territorio? Ci sono modelli a cui
vi ispirate?

I nostri obiettivi sono la sempre maggiore sensibilizzazione alle tematiche ambientali, la diffusione di
maggiore senso civico attraverso il fondamentale approccio dell’esempio e della concretezza
particolarmente importante per i più giovani. Non abbiamo un modello definito al quale ispirarci, ma
abbiamo preso sicuramente spunto da un precedente gruppo di cittadinanza attiva presente nella
nostra città, denominato “Ammazza che piazza”, attivo per alcuni anni in ambito urbano.

Qual è il rapporto con i cittadini e le istituzioni?

In questi sette anni abbiamo notato un’evoluzione di questi rapporti. Con i nostri concittadini,
superata una iniziale fase di scetticismo misto a rassegnazione, le cose sono andate sempre meglio e
la loro partecipazione alle nostre iniziative è in crescita. Riguardo alle Istituzioni locali,
completamente assenti per molti anni, recentemente appaiono interessate alle nostre attività.
L’AMIU supporta da diversi anni le nostre attività rifornendoci di sacchi e guanti per le raccolte
rifiuti ed occupandosi del ritiro degli stessi. Da qualche mese, ci ha coinvolti in un confronto aperto
che si rinnova periodicamente per elaborare insieme strategie ed idee per promuovere la diffusione
della raccolta differenziata ed il ripristino ed il mantenimento del decoro.

Avete riscontrato particolari criticità nel mettere in pratica le vostre attività?

Le maggiori criticità che riscontriamo nelle zone costiere che decidiamo di pulire riguardano
generalmente la mancanza di sorveglianza attiva di larghe fette di territorio, quasi sempre abbinata
alla nascita ed alla persistenza di attività illecite di abbandono rifiuti di ogni genere (anche amianto)
ed abusivismo nel campo della lavorazione dei mitili, in particolar modo lungo le coste del Mar
Piccolo.

Da qualche mese avete attivato, presso il Parco Cimino di Taranto, l’Ecolibreria, di che si
tratta?

Si tratta di una sorta di baratto ambientale e culturale, regaliamo libri in cambio di bottiglie di
plastica. Abbiamo prima lanciato una raccolta di libri usati, successivamente abbiamo creato un
piccolo laboratorio di riuso, coinvolgendo i bambini, che ha permesso di trasformare vecchie
cassette di legno in scaffali che contengono mediamente 1500 libri all’incirca. Abbiamo avviato
l’Ecolibreria a gennaio, offrendo alla cittadinanza la possibilità di portarci le loro bottiglie e flaconi
in plastica e ricevere in cambio dei libri usati. La plastica viene ritirata e smaltita da AMIU, mentre i
libri che continuiamo a ricevere, acquistano nuova vita, continuando a circolare fra i lettori.

State progettando nuove iniziative future?

A brevissimo prenderemo parte con le nostre attività al progetto B.A.S.E.QUA., promosso dalla
Biblioteca Comunale, riguardante tematiche ambientali e di inclusione sociale. Continuiamo a
programmare raccolte volontarie di rifiuti dalle spiagge, contiamo di avviare presto laboratori di
riciclo e di riuso della plastica e di tornare ad incontrare gli studenti delle scuole cittadine. Abbiamo
in cantiere anche l’avvio di una collaborazione con la facoltà di Scienze Ambientali dell’Università
degli studi di Bari (sede di Taranto) per la parte tecnico-scientifica.

Talvolta ci sentiamo così distanti dalle dinamiche che riguardano la salvaguardia
dell’ambiente e la deriva che sta prendendo il nostro pianeta e, invece,
dovremmo capire che ognuno di noi può seminare un piccolo seme di azioni
positive, anche nei piccoli gesti e nelle attenzioni quotidiane, che possono
davvero essere un importante tassello di un puzzle di miglioramento collettivo ed
universale.

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Marketing Research Forum Live: ASSIRM
porta sul palco l’esperienza internazionale
Grande novità al Marketing Research Forum Live. Per la prima volta, Assirm porta in Italia
l’esperienza internazionale riunendo sul palco i rappresentanti delle più importanti associazioni
europee del settore. Un significativo momento di dialogo e confronto che fornirà ai partecipanti
dell’evento – quest’anno in versione interamente digitale – un’illustre panoramica delle ricerche di
mercato oltre i confini nazionali. Appuntamento il 19 novembre sulla piattaforma
Liveforum.space.

  Chi è e cos’è Assirm
  Assirm è l’Associazione che riunisce le maggiori aziende italiane che svolgono Ricerche di
  Mercato, Sondaggi di opinione e Ricerca Sociale. Sin dalla sua nascita nel 1991, contribuisce alla
  diffusione della cultura della ricerca, consentendo ad un numero sempre maggiore di Istituzioni,
  Imprese e Associazioni di disporre di informazioni accurate e affidabili, stimolando l’innovazione,
  creando i presupposti di scelte efficaci, generando valore nel sistema economico e sociale. Gli
  Associati sono società private e indipendenti. Nella sua attività istituzionale, Assirm collabora con
  Università e con diverse Associazioni di ricercatori e di studiosi -quali ad esempio Esomar- e
  aderisce a EFAMRO – the European Research Federation e ASA – Associazione per la Statistica
  Applicata. È socio promotore di Fondazione Pubblicità Progresso ed è parte di Confindustria
  Intellect.

Moderata da Joaquim Bretcha Boix, Presidente di ESOMAR, la tavola rotonda “Facing the
Future – The Market Research Industry Evolution in an Age of Change – Associations Voice” ospiterà
Jane Frost, CEO di MRS (UK), Maurice Ndiaye, Co-Presidente di ADETEM (FR) e Bernd
Wachter, Chairman of the Board di ADM (DE).

  Scopri la nostra rubrica:

  ■   Social e new media

Nelle fasi di cambiamenti epocali, la conoscenza è il “nuovo petrolio” che alimenta il motore
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