Jérôme David SALINGER: la sua vita come un romanzo.

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Jérôme David SALINGER: la sua vita come un romanzo.
“Sostengo che gli uomini colti e preparati, se sono intelligenti e creativi tendono a lasciare, del
proprio passaggio, segni di gran lunga più preziosi che non gli uomini esclusivamente intelligenti e
creativi”.
Il professore Antolini così parlò a Holden.
J. D. SALINGER, Il giovane Holden, Einaudi ET, Torino, 1961, p.221.

                          The Catcher in the Rye1, l’unico ed eterno romanzo di Jérôme
                          David SALINGER che incarna una nuova categoria sociale:
                          l’adolescenza.

                     Jérôme David SALINGER: la sua vita come un romanzo.

                Accanto al fenomeno del best-seller costruito, esiste in America un modo per
                accedere alla notorietà diametralmente opposto. Uno scrittore che crea e parla
                pochissimo può imporsi all’attenzione di un vasto quanto scelto pubblico di lettori
                e persino diventare oggetto di culto per tutta una generazione.
                È il caso dello scrittore statunitense Jérôme David SALINGER, nato a New
York nel 1919 e morto a Cornish, nello stato del New Hampshire, all’età di novantuno anni, nel
2010.

J. D. SALINGER era figlio di un ebreo di origini polacche, commerciante di carni, finito il college
abbandonò tutto per imbarcarsi su una nave di crociera e solo più avanti accettò di entrare
nell’impresa del padre che lo mandò alla filiale di Vienna da dove fuggì giusto un mese prima
dell’annessione nazista.
Tornato in patria, frequentò il corso di scrittura della Columbia University e il suo insegnante gli
pubblicò il primo racconto nel 1940. Era il periodo in cui si dimostrava entusiasta del buddismo
zen.
Nel 1942 prese parte alla guerra in Europa, fu presente allo sbarco in Normandia e alla battaglia
dell’Ardenne, quindi assegnato al controspionaggio, fu tra i primi a entrare nei lager tedeschi
liberati. Anche in guerra non smise mai di scrivere e, al ritorno in America, fece sensazione con un

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  Il titolo originale The Catcher in the Rye alla lettera si traduce “l’acchiappatore nella segale, il coglitore nella
segale, il pescatore nella segale”. L’espressione rievoca un verso del poeta scozzese Robert BURNS che il giovane
Holden ricorda sovente storpiandolo. L’immagine che gli rammenta questo verso pensato in modo inesatto, è quella di
un gruppo di bambini che giocano in un campo di segale. Nel corso di un colloquio tra Holden e la sorellina Phoebe sul
futuro Holden confessa che da grande vorrebbe fare l’acchiappatore di bambini nella segale per impedire che cadano in
un dirupo. Holden percepisce che i giovani sono portatori di una visione del mondo alternativa a quella consumistica e
arrivista, sa anche che poco alla volta essi perdono la carica umana e si adeguano al mondo in cui vivono. Vorrebbe
salvaguardare i valori dell’infanzia, evitando questa trasformazione. Ai lettori americani le parole”catcher” e “Rye”
sono molto familiari con un significato del tutto moderno. In una squadra di baseball, munito di guantone, corazza e
maschera protettiva è chiamato “catcher”, il prenditore, colui che sta dietro il “batsman”(battitore) e cerca di afferrare
la palla lanciata dal”pichter”(lanciatore) se il battitore non la respinge con la mazza. Col nome di “Rye” si designa
comunemente il whisky-rye” il popolare tipo di whisky ottenuto dalla fermentazione della segale o da una mescolanza
di segale e di malto.

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Jérôme David SALINGER: la sua vita come un romanzo.
racconto intitolato “A Perfect Day for Bananafish” (Una perfetta giornata per i pescibanana,
tradotto in lingua italiana) e pubblicato su The New Yorker, grazie al quale ebbe un contratto di
prelazione per tutti i suoi futuri lavori.
Prima di partire soldato aveva scritto un racconto il cui protagonista era Holden Caulfield e diceva
che era una figura che avrebbe meritato un romanzo. Il 16 luglio 1951 pubblicò il romanzo
capolavoro The Catcher in the Rye (L’attrape-coeurs, in francese e Il giovane Holden, in
italiano) che gli valse ampia notorietà ma apprezzamenti non sempre positivi da parte della critica
letteraria.
Qualcuno gridò allo scandalo per la forte componente contestataria, per il linguaggio disinibito e
per come affrontava temi come la religione, il sesso e il rapporto conflittuale con i genitori. E
ancora oggi c’è chi come Mariarosa Mancuso inserisce lo scrittore statunitense J. D. Salinger
autore de The Catcher in the Rye nella del tutto personale lista di”impresentabili”, accanto a
Jonathan LITTEL con il suo “Les bienveillantes”, a Charles DICKENS con il suo ”David
Copperfield”, a Bret Easton ELLIS autore de “American Psycho”, a Henry JAMES con il
suo”Ritratto di Signora”, a David GRUBB autore de “La morte corre sul fiume”, “non
perdonandogli la petulanza, il narcisismo e gli insulti sparati a casaccio contro il romanzo e contro
il cinema” (La Lettura N°63, supplemento culturale del Corriere della Sera di domenica 27 gennaio
2013, p.19) e chi, come lo scrittore Jay McINERNEY, sulle pagine de La Lettura N°100
supplemento culturale del Corriere della Sera di domenica 20 ottobre 2013, scrive che quando nel
2012 ebbe l’incarico per il New York Times di recensire le ultime biografie di J. D. Salinger ebbe
modo di esplorare la psiche distorta dell’autore de The Catcher in the Rye e di dire che “Salinger
era affetto da gravi problemi psichici, esacerbati dallo stress post-traumatico scatenato
dall’orrifica esperienza di essere stato tra i primi dopo la guerra a liberare il campo di
concentramento tedesco. Il suo mito, secondo McInerney è dovuto all’alone di mistero che lo
circondava in vita più che alle sue opere. Ma, continua McInerney, un solo libro non gli basterà
per passare alla storia accanto a giganti come Ernest Hemingway, W. Faulkner, F. Scott
Fitzgerarld e Philip Roth”.
Particolarmente interessante è l’articolo molto critico di Jouathan YARDLEY dal titolo
“J.D.Salinger’s Holden Caulfield Again Gracelessly”(L’Holden Caulfield di J.D.Salinger nell’età
sgraziata) apparso sul sito del Washingtonpost.com il 19 ottobre del 2004.
Pur riconoscendo che dalla sua pubblicazione il romanzo di Salinger The Catcher in the Rye si
andava affermando come un documento essenziale dell’adolescenza americana, un testo che ogni
insegnante di scuola superiore doveva mettere nella lista dei libri da leggere durante l’estate, non
capisce che cosa suscitasse tutto quell’entusiasmo che si respirava attorno al libro, anche se in parte
si poteva spiegare con il celebrato isolamento dell’autore che aveva avuto l’effetto di mantenerlo
sempre presente all’attenzione del pubblico quasi mitizzandolo. Il critico ribadisce che The
Catcher in the Rye può essere rifilato ai ragazzi come un libro su se stessi ne è richiesta la lettura
come terapia, un modo per incoraggiare i giovani a fare il bagno nelle acque tiepide e tranquille
dello scontento e dell’autocommiserazione senza farli pensare. Salinger punta sull’emotività degli
adolescenti e sfrutta le emozioni del lettore, a volte alcuni passaggi sono per il critico manipolativi
in modo scandaloso. In verità può essere stato un caso che The Catcher in the Rye abbia creato
l’adolescenza come ora noi la conosciamo, una condizione che a malapena esisteva fino a che
Salinger non l’ha definita. Lo scrittore ha presentato la ribellione piagnucolosa come connaturata
all’adolescenza ed essa è rimasta tale fin da allora. Secondo il critico, The Catcher in the Rye è un
romanzo maldestro, stucchevole ma non ci possono essere dubbi sulla sua popolarità o influenza e
questa è dovuta all’assoluta innocente sincerità con la quale il romanzo è stato scritto. Esso può
essere considerato manipolativo ma non ipocrita qualunque siano i suoi difetti, viene dal cuore, non
dal cuore di Holden Caulfield ma dal cuore di Salinger. Ha detto tutto quello che doveva dire in
esso poiché probabilmente non aveva altro da dire.

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Da un lato il critico YARDLEY condivide il disprezzo di Holden per i “peonies” (gli ipocriti) così
come la sua sensazione di essere diverso e della sua solitudine, ma, dall’altro, gli sembrava che
Holden fosse ipocrita come quelli che criticava con un fare piagnone e egotista. Per YARDLEY era
abbastanza facile identificarsi con l’angoscia di Holden adolescente ma gli sembrava che l’eroe di
Salinger assumesse una posa e che i suoi tormenti rispondessero a un atteggiamento costruito sulla
carta. Per l’articolista The Catcher in the Rye e il libro di Hemingway The Old Man and the Sea
(Il vecchio e il mare) pubblicato l’anno successivo a quello di Salinger, due libri tanto amati nella
letteratura americana, sono due dei peggiori sicché rileggere The Catcher in the Rye era quasi una
penosa esperienza. La combinazione della prosa esecrabile del suo autore e il narcisismo puerile di
Holden Caulfield, a suo dire, producono effetti penosi.
Tra gli altri libri di J. D. Salinger segnaliamo “Nine Stories” (Nove storie), una raccolta di racconti
molto brevi, “Raise High the Roof Beam, carpenters” e “Seymour. An Introduction” (Alzate
l’architrave, carpentieri. Un’introduzione) pubblicati nel 1963, e “Franny and Zooey” (1961), due
racconti complementari su di un fratello e una sorella.

Dal 1980 Salinger non concesse interviste e già dal 1953, poco dopo la pubblicazione del suo
capolavoro, aveva scelto uno stato di quasi totale isolamento.

Ritiratosi nella cittadina di Comish (New Hamshire) Salinger si mostra sempre più intollerante
verso le conseguenze della celebrità. Si rifiuta di parlare sdegnosamente con i giornalisti cerchiando
la sua dimora di alti steccati sottraendosi così al mondo dei tanti suoi sostenitori e adoratori non
senza evocare la pura ribellione di Caulfield.
Il suo ultimo scritto era apparso il 19 giugno 1965 sul The New Yorker e da allora nessun altro
scritto di Salinger é stato pubblicato e lo scrittore non ha mai autorizzato la pubblicazione di un suo
qualsiasi nuovo testo né ha permesso che altri suoi racconti fossero adattati per il cinema malgrado
le numerose sollecitazioni2.

Sulla scelta di Salinger di allontanarsi dal mondo si sono formulate parecchie ipotesi. La
spiegazione che ne dà Salinger stesso ci sembra attendibile. Essa poggia sul ruolo e sulla funzione
dello scrittore nel mondo contemporaneo. Personaggio pubblico per natura, Salinger ritiene il
mestiere di scrivere non necessariamente compatibile con altre forme di pubblicità, audiovisive in
particolare, e con il funzionamento mediatico in generale. Nella letteratura americana il mito di
Salinger non è un caso unico. Dopo aver conosciuto uno straordinario successo con To Kill a
Mockingbird(1960), Harper Lee non ha più scritto fino ad oggi. Due tra i più grandi scrittori
americani viventi, Thomas Pynchon e Cormac McCarty, rifiutano di apparire in pubblico. Un
modo di essere che evoca altri celebri reclusi a differenti livelli più o meno patologici: il musicista
Glen Gould, l’attrice Greta Garbo e l’uomo d’affari Howard Hughes. Nell’epoca del regno
dell’immagine, della notorietà, questi personaggi hanno bisogno di essere testimoni dell’anonimato,
non del riconoscimento pubblico e ricercano in un modo o in un altro, l’isolamento. Sicché la
notizia della morte dell’autore de The Catcher in the Rye, il 27 gennaio 2010, non ha suscitato
grande commozione. Non soltanto perché il personaggio recluso non suscita simpatia ma anche
perché Salinger-autore era già morto da più di cinquant’anni. Non semplicemente perché ha vissuto

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  Ma, nel nuovo libro su Salinger dei due ricercatori David Shiels e Shane Salerno, apprendiamo che il creatore di una
sitcom, It’s a Man’s World, oggi dimenticata, Peter Tewksbury, grande fan di Salinger, aveva spedito parecchie
bobine della sua sitcom a Salinger allo scopo di parlare con lui e farsi invitare a casa dallo scrittore che aveva talmente
amato la serie da essere disposto ad accettare di lavorare su di un soggetto filmico con Tewksbury regista.
Questa notizia smentisce la leggenda secondo la quale Salinger si opponeva caparbiamente a ogni versione filmata dei
suoi racconti dopo il sonoro fiasco di My Foolish Heart (Questo mio folle cuore), un film di Mark Robson.
Il progetto di Tewksbury non andò a buon fine. È vero che Salinger era pronto a autorizzare l’adattamento di uno dei
suoi più bei racconti, Per Esmé con amore e squallore, tratto dal suo racconto “Uncle Wiggily in Connecticut”, di cui
aveva scritto di suo pugno la sceneggiatura ma Salinger voleva scegliere l’attrice che avrebbe rappresentato Esmé.
Proposta che il regista Tewksbury non accettò sicché il film non prese mai l’avvio.

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fuori dallo sguardo di tanti suoi connazionali, ma perché si è visto identificato ed annullato dal suo
unico romanzo.
Paradossalmente c’è da dire che non pubblicando altro, Salinger è diventato definitivamente
scrittore, l’autore di un testo universale.

Se molti scrittori sono conosciuti per la loro fama, Salinger lo era per la sua tenacia a evitarla in
qualunque forma gli si presentasse. Pur tuttavia questo grande assente della scena letteraria era
molto più presente nell’immaginario dei lettori. I cinici vi trovarono materia da dileggiare
ricordando che non c’era miglior modo per attirare l’opinione pubblica che ammantarsi di questo
mistero in una società dove trionfa lo spettacolo. Pochi libri pubblicati, raccolte di brevi racconti,
superati nel 1951 con l’apparizione del suo unico capolavoro narrativo The Catcher in the Rye che
resiste al tempo e alle critiche perché è uno dei rari romanzi del XX° secolo che abbia
profondamente segnato parecchie generazioni e in più continenti. Una lettura considerata come un
rito di passaggio dall’adolescenza all’età adulta. Si parla di sessanta milioni di esemplari venduti, un
successo che non accenna a diminuire al punto che si crede che l’espressione ampiamente usata di
libro-culto sia stata inventata espressamente per esso. Il nome stesso del narratore Holden Caulfield
è diventato una parola d’ordine, una sorta di apertura tra i lettori che non si conoscono e che gli
indirizzano proposte di ammirazione. Ciò malgrado, Salinger che non ha mai ceduto i diritti del suo
romanzo per adattamenti cinematografici non ha mai potuto impedire che David Chapman,
l’assassino di John Lennon portasse con sé un esemplare con dedica del suo romanzo prima di
ucciderlo. La stessa cosa accade a John Hinckley Jr., l’uomo ossessionato dall’attrice Jodie Foster
che il 30 marzo del 1981 solo per impressionarla tentò di uccidere il Presidente degli Stati Uniti,
Ronald Regan. Il libro di Salinger fu trovato nella sua stanza d’albergo. Nel film”Ipotesi di
complotto” il protagonista è un tassista newyorchese ossessionato dall’idea di una gigantesca e
terribile cospirazione. Jerry Fletcher, il nome del tassista, vive in un appartamento, dove ha
ricoperto di materiale ignifugo le pareti interne. Tiene il frigo chiuso con un lucchetto e il cibo in
contenitori cilindrici con combinazione. La casa è piena di copie di The Catcher in the Rye che
l’uomo compra in modo ossessivo. Anche nella musica il romanzo di Salinger è accostato a gruppi
rock”maledetti”. È il caso dei recenti Green Day che hanno scritto “Who Wrote Holden
Caulfield” e dei Guns’n Roses “The Catcher in the Rye”.

Ebreo newyorchese da parte di padre, cattolico irlandese da parte di madre, J. D. SALINGER era un
americano e ha conosciuto anche lui le tappe classiche di molti scrittori americani, e cioè, una
scolarità abbastanza mediocre, la rivolta contro il padre fino ad allontanarsene definitivamente,
turbamenti fisici e psichici originati dalla sua partecipazione alla Seconda Guerra mondiale.

Molti scrittori della sua generazione hanno vissuto questa realtà, ma lui solo è riuscito a raccontare
in modo così efficace gli smarrimenti del giovane Holden Caulfield, le sue collere di adolescente in
crisi provate a New York durante i tre giorni nei quali si snoda il racconto di questo scivolamento
progressivo verso la follia, lontano da Pencey Prep che lo aveva espulso per la sua manifesta
impreparazione in più discipline, un college fortemente ispirato ai principi dell’accademia militare
di Valley Forge, in Pensylvania. Un modo del tutto affascinante di coinvolgere il lettore fin
dall’inizio per renderlo complice e non lasciarlo più per duecentocinquantacinque pagine, un
umorismo incrociato con parole gergali di una rara immaginazione, la volgarità del linguaggio, una
scrittura falsamente costruita sull’oralità della lingua parlata, l’erranza di un giovane nella città, le
scene sessualmente ambigue, l’incapacità a comunicare con gli altri, la connivenza col professor
Antolini, i sentimenti molto forti per Allie il suo carismatico fratellino morto e la sua sorellina
minore Phoebe, tutte cose che marcano la sua singolarità.

The Catcher in the Rye è certamente diventato un classico da quando lo riscoprì ed esaltò la rock
generation che in quell’adolescente tormentato vide una sorta di fratello ideale di James Dean, un

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anticipatore delle insofferenze del ’68. Così Holden si è conquistato un posto nell’immaginario di
tanti giovani diventando emblematico. Salinger racconta della ribellione e dell’impossibilità a
essere adulti, come ha fatto tanta letteratura americana da Tom Sawyer di Mark Twain a Mr.
Vertigo di Paul Auster, quasi fosse il paese a non poter diventare adulto, orfano e lacerato tra la
libertà personale e la necessità di una comunità di appartenenza.

The Catcher in the Rye, un romanzo ancora moderno?
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Dal lato delle vendite è lontana l’età della pensione per Holden Caulfield. Con più di sessanta
milioni di copie vendute nel mondo dal 1951, The Catcher in the Rye continua a far parte della
lista dei dieci libri più letti. Secondo un articolo del Washington Post del 2004, circa
duecentocinquantamila copie sono vendute ogni anno.
Perché un tale successo?
Certamente perché il testo di Salinger affronta temi che non invecchiano, portando la riflessione su
temi di grande attualità quali l’adolescenza, il passaggio dall’infanzia all’età adulta e tutte le
questioni esistenziali che si vivono in questa difficile e complessa età di transizione.

Se la modernità del libro di J. D. SALINGER è giudicata dalle censure che il romanzo ha ricevuto,
The Catcher in the Rye non teme confronti. Dopo essere rimasto tra il 1961 e il 1982 il libro più
discussocensurato nei licei e nelle biblioteche americane(secondo un articolo apparso sul Modern
English Review), il romanzo di Salinger resta ancora oggi un testo che fa polemica. Esso appare
regolarmente (nel 2005 e 2009) nella lista dei dieci libri più criticati nel suo paese d’origine. Il
romanzo di Salinger ha ricevuto un numero abbastanza cospicuo di denunce da parte di uno o più
gruppi di persone e nel caso di Salinger, di gruppi di genitori di allievi preoccupati che i loro figli
dovessero studiare un libro che ha riferimenti sessuali espliciti e un linguaggio forte e, secondo
alcuni, volgare e offensivo.

Non bisogna però trarre conclusioni affrettate sulla supposta carica sovversiva del romanzo anche
perché in questa lista ci sono altri romanzi ben più violenti come quelli da cui sono state tratte le
serie Gossip Girl e Twilight.
Holden Caulfield, nonostante la sua ostentata volontà di trasgressione, non si comporta come un
degenerato. Così, con la prostituta che viene nella sua stanza, non fa che parlare, impaurito di
perdere la sua verginità e troppo rattristato all’idea che una ragazza della sua stessa età possa
vendere il suo corpo senza provare nulla di passionale e di sentimentale e viene alle mani con il suo
compagno di stanza quando apprende che questi ha forse fatto all’amore nella parte posteriore di
una macchina con uno dei suoi passati amoretti. Non per gelosia, un sentimento che Caulfield non
sembra provare, ma poiché sa che il suo compagno si comporta “come un porco” con le ragazze.
L’eroe di Salinger non approva le relazioni sessuali che il suo compagno intrattiene abitualmente
con le ragazze, in particolare con una che egli conosce bene e rispetta. Holden è infastidito dal fatto
che la sua cara Jane, con cui giocava a dama e che le teneva la mano quando andavano insieme al
cinema, possa essere stata oggetto delle “brutali” e morbose attenzioni da parte di quell’animale che
è Stradlater.
Pur essendo ribelle e anticonformista assoluto, Holden resta un censore, ancorato a valori un po’
arcaici in un tempo in cui tipi con barbe e mozziconi di sigarette arrotolate che si faranno chiamare
presto Beats attraversano il paese americano dentro treni merci e si scambiano senza troppi rimorsi
donne e ragazze, anticipazione di ciò che sarà chiamato più di quindici anni dopo la famosa
Summer of love.

I genitori degli allievi sbagliano nell’individuare in Holden un bersaglio da colpire e da censurare
poiché Caulfield è anche lui un censore. Infatti, cerca invano di cancellare dal muro della scuola di

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Phoebe la parola “fuck”: in verità niente c’è nel romanzo che possa spingere le folle di giovani
influenzabili alla dissolutezza. Thomas CONSTANTINESCO parla di un“ tentativo di
reintegrazione della rivolta all’interno di un consenso sociale”. Holden Caulfield dopo l’espulsione
da quattro scuole e la sua fuga newyorchese, è integrato dai suoi genitori in un istituto di cura
poiché essi pensano che il loro piccolo è certamente fuori di sé. Nella società degli anni cinquanta,
“ogni cambiamento è una devianza”, precisa ancora Constantinesco. Secondo il suddetto studioso.
antiquato e moralizzatore, The Catcher in the Rye resta tuttavia un’opera assai importante per la
storia della letteratura americana e continua a suscitare interesse e piacere negli studenti di fino ai
vent’anni. Facendolo leggere contemporaneamente al romanzo di Mark Twain The adventures of
Huckleberry Finn (l’altro grande romanzo americano dell’adolescenza) il professore
Constantinesco aveva potuto verificare che il testo di Salinger attirava maggiormente i suoi giovani
lettori. Non è dello stesso parere Françoise Sammarcelli, professoressa di letteratura americana
all’Università della Sorbona. Per lei The Catcher in the Rye è Huckleberry Finn, ma meno
riuscito. Per quanto definitiva e un po’ maligna questa brutta opinione, essa esprime la relazione che
lega il romanzo di Salinger ai suoi antecedenti letterari. Esso appartiene, infatti, a una lunga
tradizione del romanzo di rivolta che comincia nel XIX° secolo con Melville, Scott Fitzgerarld e il
suo Gatsby ma soprattutto con Mark Twain che inventa la lingua dell’adolescenza, la lingua orale
piena di termini gergali e di formule grammaticali imprecise. Insomma, tutto ciò é ripreso da
Salinger nei lunghi soliloqui intimi di Caulfield. François HAPPE, un altro professore di
letteratura americana, ritiene che il romanzo di Salinger non sia ben costruito sul piano
dell’intreccio. Un eufemismo per dire che al suo interno passa la vana peregrinazione del giovane
Holden che, espulso dal suo liceo, erra in una New York desolante, intirizzito dal freddo. In rivolta
contro il mondo che lo circonda esplora New York, ne scopre le possibilità, segnatamente di natura
sessuale, senza mai sperimentare veramente altro se non la solitudine. È il linguaggio che, secondo
Happe, assicura al romanzo vivacità e brio: un monologo del protagonista costellato di espressioni
gergali, di riferimenti all’alcol, alla sessualità, di volgarità. Un lungo elenco di provocazioni che
valse al romanzo, fin dalla sua pubblicazione, critiche negative e tentativi di censura. Difatti The
Catcher in the Rye è ricordato anche come il libro più oggetto di censure nelle scuole degli Stati
Uniti fino agli anni 1980 ed è ancora oggi spesso indisponibile nelle biblioteche pubbliche. Tuttavia
è incontestabile che occupi un posto centrale nell’animo della popolazione americana e che sia
presente, perché considerato un classico, nei programmi scolastici americani. The Catcher in the
Rye contribuisce a meglio definire l’identità americana così come il Moby-Dick di Melville,
l’Huckberry Fin di Mark Twain o ancora Il Grande Gatsby di F. Scott Fitzgerald.
L’influenza di questo romanzo sulla letteratura e la cultura americane e nel resto dell’occidente, in
tutta la seconda metà del XX° secolo, è stata enorme per i temi affrontati e il linguaggio in una
continuità narrativa con F. Scott Fitzgerald o W. Faulkner e con gli scrittori successivi della società
americana quali Richard YATES , John UPDIKE o Philip ROTH.

Nella società americana del                                          dopoguerra Holden Caulfield
incarna una nuova categoria                                          sociale, quasi una classe:
l’adolescenza. Se lo statuto della                                   gioventù evolve a partire del
XIX° secolo, attraverso la                                           costituzione      del    sistema
educativo, l’adolescenza nasce,                                      in quanto rappresentazione di un
passaggio, a partire dai lavori di                                   psicologia e di sociologia
dell’inizio del XX° secolo e                                         designa         da         allora
l’indeterminatezza di un periodo                                     della vita tra l’infanzia e l’età
adulta. É soprattutto a partire                                      degli anni cinquanta che si parla
e si discute di questa fase.
È Salinger il primo, con i suoi                                      racconti degli anni quaranta e
attraverso il personaggio di                                         Holden Caulfield, a rompere
con       la     tradizione    del                                   Bildungsroman( romanzo di

                                                                                                     6
formazione) alla quale ci si compiace spesso associarlo. Salinger va oltre il modello romantico e
caratterizza l’adolescenza con elementi diversi e pregnanti, la rivolta inutile, l’incomprensione del
mondo, il sentimento di alienazione, la solitudine, e un disagio sempre più profondo. Lontano dalla
tranquillità di Frédéric Moreau manifestata nell’Educazione Sentimentale di Gustave Flaubert o
dalla maturità di David Copperfield, ciò che Holden Caulfield esprime fino alla fine è ciò che James
Dean incarnerà nel film Rebel Without a cause (Gioventù bruciata). Le peregrinazioni di Caulfield
non sono state seguite da altre scritture altrettanto efficaci, non hanno dato luogo a un nuovo genere
letterario: le opere di E. HINTON (The Autsiders) o di Paul ZINDEL (The Pigmen) sono
inferiori. Soltanto il giapponese Haruki Muracami ha continuato l’esplorazione della questione
negli anni recenti. Dalla sua pubblicazione, il 16 luglio 1951, The Catcher in the Rye resta dunque
l’unico testo che tratti della realtà adolescenziale in modo tale da essere un riferimento essenziale
per i giovani.

The Catcher in the Rye, simbolo e riflesso della “Lost Generation” (Generazione
perduta)
****************
Il romanzo cult di J. D. SALINGER racconta alcune giornate della vita di Holden Caulfield,
sedicenne figlio di una ricca famiglia di New York. È stato cacciato per l’ennesima volta
dall’Istituto Pencey Prep per il suo scarsissimo profitto e l’assenza di qualsiasi serio impegno.
Holden non ha il coraggio di dirlo ai genitori e per qualche tempo, tre giorni, vagabonda nella sua
città, cerca di apparire più grande, beve e fuma, incontra personaggi equivoci, il tutto per far passare
il tempo.

Holden è un personaggio che fugge da una realtà che non sente propria e non riesce a dare
importanza a valori come il denaro e l’apparire ai quali è dedicata la vita della società poiché li
ritiene finti. Il tema centrale è il diffuso disagio giovanile, quel senso di noia e d’inutilità, quella
difficoltà di esprimere davvero i propri sentimenti, quel voler essere grandi e nello stesso tempo
rimpiangere di non essere più piccoli; insomma tutto ciò che sentono gli adolescenti. Salinger
conosce bene quell’inquietudine adolescenziale, quel modo irritante e blasfemo con cui il suo
giovane protagonista si pone di fronte a una realtà che non capisce, sa cosa significa vivere ai
margini di una società che negli anni cinquanta aveva poche cose da lasciar dire e da lasciar fare e,
da assoluto anticonformista, ha finito per trasferire tutto ciò a piene mani in Holden Caulfield,
l’inquieto e trasgressivo diciassettenne del romanzo. “La mia adolescenza fu molto simile a quella
del ragazzo del libro….:,è stato un grande sollievo parlarne alla gente”, dice l’autore in una delle
uniche due interviste rilasciate.

Nel libro c’è tutta l’essenza di J. D. SALINGER/Holden. Il suo essere contro, il suo sentirsi
inadeguato e al tempo stesso privilegiato, quel suo sottile incoraggiamento alla ribellione e alla
sfrontatezza che molti hanno considerato eccessivo. Salinger ha trasmesso in Holden la sua esigenza
di libertà, l’esigenza di allontanarsi dal conformismo per ricercare la propria identità in una società
che offre poco spazio per essere se stessi. Mette in scena l’adolescenza con particolare ironia,
soffermandosi sulle difficoltà, sui rapporti complicati con compagni e adulti, sugli Stati Uniti della
fine degli anni quaranta.

Si può leggere The Catcher in the Rye in tanti modi. C’è la solitudine di un giovane, la tipica crisi
adolescenziale si può anche concepire l’eroe del romanzo come un precursore delle rivolte
studentesche degli anni sessanta. Si può tornare a una lettura più intimista, viste anche le difficoltà
psicologiche del nostro eroe, senza dar retta alle implicazioni di natura sociale, anche se la denuncia
sociale è evidente nella descrizione senza sconti delle bruttezze dei college americani degli anni
cinquanta, un tema spesso ripreso da Philip ROTH nelle sue storie.

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È che Salinger/Holden non riesce a accettare le regole del gioco dell’educazione perché gli
appaiono assurde: sembra che non gli importi nulla diventare colto e preparato forte della sua
intelligenza e creatività, tutto ciò, però, a prezzo di una scelta d’isolamento assoluto che il giovane
Holden già prefigura.

In Holden c’è anche un accentuato spirito critico, i suoi giudizi sono netti e traspaiono dalla
descrizione dei bar di New York,                                 dei suoi alberghi, di Central
Park. Colpisce il suo stile                                      segnato da continui cambi di
passo, dalla sintesi, dalla resa dei                             dialoghi, dalla secchezza e
insieme dalla profondità delle                                   espressioni.
Un Holden, quindi, che agendo e                                  pensando come la maggior parte
degli adolescenti( tipico anche il                               fatto di parlare con le persone
mentre pensa tutt’altra cosa)                                    potrebbe rappresentare in fondo
tutti i giovani con la loro                                      inquietudine       fatta      di
atteggiamenti anche scostanti di                                 ribellione e di rifiuto nei
confronti dei valori convenzionali di una società che, a quella età, è spesso avvertita come una
nemica che opera al fine di coordinare tutte le ”forze del male” contro l’individuo inesperto ma
sensibile.

             L’adolescenza è un’età complessa e                                difficile della vita, il
             tempo delle grandi trasformazioni                                 legate alla pubertà. É
             un’interessante fase della vita non                               solo perché rappresenta
             un mondo a parte ma anche perché è                                fondamentale per lo
             sviluppo                dell’individuo.                           Contrariamente      alle
             altre età della vita non è uno status                             ma un passaggio, una
transizione tra l’infanzia e l’età adulta. Posta tra                           l’infanzia    o    stato
preparatorio e la maturità o età razionale, cui                                tendere, l’adolescenza è
l’età “metafisica” o astratta in cui s’incominciano a capire e a manipolare idee generali, astrazioni.
Un’età dunque “rivoluzionaria”, il tempo della scoperta della propria identità, il periodo di
costruzione di sé e di cambiamenti e il momento per interrogarsi sul pensiero dell’altro. Un periodo
di transizione verso l’età adulta che esige l’assunzione di scelte responsabili e coerenti.

L’adolescenza è dunque un momento chiave dell’esistenza, certamente il più importante.
Costatiamo oggi che l’adolescenza è rappresentata in modo ambiguo: da un lato essa è connotata in
senso peggiorativo come sinonimo di crisi, di disordine che inquieta e fa paura, esercita tuttavia un
grande fascino. La società attuale è caratterizzata dal fenomeno del “giovanilismo” mentre i
bambini in fase prepuberale aspirano a raggiungere l’adolescenza il più velocemente possibile spinti
dai media che veicolano un’immagine eccitante di questa età, la società adulta adotta il modello
adolescenziale nel suo rapporto con il tempo, seguendo il principio di avere tutto e subito. I bambini
sono considerati dei quasi adolescenti, adulti non vogliono invecchiare e non accettano norme e
principi, sconvolgendo così le barriere generazionali. L’idea che se ne deduce è che esiste un
sentimento di ammirazione e di fascino di fronte all’adolescenza. Si ha meno fretta di diventare
adulti preferendo prendere tempo prima di assumersi responsabilità e si cerca di tardare le proprie
scelte per forgiare la propria identità.

Il concetto di adolescenza è una costruzione, una creazione sociale relativamente recente. Se
l’adolescenza è sempre esistita, questa età cerniera è stata a lungo ignorata: si passava direttamente
dall’infanzia all’età adulta. È nel XIX secolo che si afferma la nozione d’adolescenza come età
specifica della vita, un’evoluzione cruciale, il periodo degli interessi etici e sociali. Fino allora
l’adolescenza era percepita come un’età goffa, maldestra, da dimenticare sia fisicamente sia

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moralmente e si connotava per mancanza di lucidità, d’immaginazione. L’inesperienza e
l’esplosione delle passioni ne facevano un’età critica legata alla pubertà. L’espressione inventata
“crisi adolescenziale” che suscita diverse fobie: esplosione della sessualità, paura delle ”amicizie
particolari” nei ragazzi, isteria femminile, ribellioni, é assimilata dunque a una ”alterità critica e
pericolosa”. Tuttavia non possiamo dire che il concetto moderno di adolescenza sia nato nel XIX
secolo poiché anche se i figli della borghesia potevano illudersi di vivere una forma di adolescenza
durante la loro vita scolastica nei college, allontanati dalla loro famiglia, tra giovani con svaghi e
gusti comuni da condividere, si aspettava da questi giovani un comportamento adulto. Le loro
letture, i loro gusti dovevano essere conformi a quelli dei loro predecessori e bisognava uscire il più
presto possibile dall’infanzia, bruciare le tappe per diventare una persona degna e interessante, cioè
un adulto, non c’era posto per la dissidenza e l’individualità. Dunque l’adolescenza non esisteva nei
fatti. Solo nel XX secolo l’adolescenza è realmente riconosciuta come gruppo-classe sociale a parte
e ne sono considerate le particolarità e le difficoltà. La crisi economica degli anni trenta, e il nuovo
ordine sociale del dopoguerra, le manifestazioni degli anni sessanta sono stati altrettanti momenti
che hanno permesso agli adolescenti                                di costituirsi in gruppo sociale con
una cultura distinta.
Il concetto si è dunque evoluto nel                                corso dei secoli ma è nella seconda
metà del XX secolo, assai di recente                               dunque, che ha conosciuto un vero
sviluppo. Gli anni venti inaugurano                                un cambiamento nelle mentalità,
favorito da circostanze particolari:                               da una parte il progresso tecnico
cancella numerosi posti di lavoro                                  nelle fabbriche, i giovani non
trovano spazi nel mondo del lavoro                                 e     dall’altra     assistiamo      a
manifestazioni di protesta da parte                                dei     giovani      vittime     dello
sfruttamento. Gli anni trenta, con la                              Depressione e la crisi economica
segnano una svolta essenziale: il                                  lavoro precario e la disoccupazione
cambiano le condizioni di vita dei                                 giovani     che    conoscono      una
situazione ancor più critica. Di fatto,                            non trovando i giovani occupazione
continuano gli studi provocando                                    un’iscrizione massiccia negli istituti
scolastici secondari. Dopo la Seconda Guerra mondiale comincia a apparire una cultura
dell’adolescenza. Agli inizi degli anni cinquanta si espande in Occidente la nozione di teenagers e
film come “La gioventù bruciata” con James Dean nel ruolo dell’adolescente anticonformista e
ribelle forniscono nuovi eroi per i giovani. Nello stesso tempo si diffondono mode riguardanti
l’abbigliamento degli adolescenti e un linguaggio di casta unicamente comprensibile ai giovani.
Alla fine del decennio il rock’n’roll invade l’universo musicale e seduce il pubblico adolescente
trattando nuovi temi quali l’amore, il sesso o ancora l’opposizione al mondo adulto. Infine i
movimenti degli anni sessanta con le rivolte e le manifestazioni studentesche riconsiderano il
concetto di autorità e di validità e funzione delle strutture gerarchiche della società apportando una
liberazione dei costumi, liberando le donne e le ragazze dalle costrizioni e tabù riguardanti la loro
sessualità.

Simultaneamente la ricerca scientifica sull’adolescenza s’intensifica. Questo decennio cancella le
ultime reticenze, la psicologia adolescenziale riprende nuovo slancio. Il 1950 segna dunque una
rottura del ruolo della giovinezza in seno alla società(essa è più libera, più indipendente, più
individualista ma più violenta nella vita quotidiana). La personalità dell’adolescente si trova infine
riconosciuta e affermata anche in ambito letterario. Studiare l’adolescenza attraverso i testi è molto
interessante giacché la letteratura costituisce una fonte inesauribile e complessa delle
rappresentazioni adolescenziali. Si è visto che l’adolescente letterario come lo conosciamo oggi non
esisteva prima dell’inizio del XX secolo, è una creazione moderna nata dall’evoluzione del concetto
di adolescenza. Tuttavia esistono dei precursori come il Werther di Goethe(1774) o il Cherubino
de Le mariage de Figaro(1778) di Pierre Augustin Caron de Beaumarchais e ancora Julien Sorel
ne Le Rouge et le Noir(1830) di Stendhal, ma tutti superano l’età dell’adolescenza scivolando

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nell’età adulta. L’adolescente moderno appare in verità in Europa dell’Ovest con il XX secolo: lo si
trova in opere come Les Désarrois de l’élève TÖrless(1906) di Robert MUSIL, Le Grand
Meaulnes(1913) d’Alain-Fournier o Le diable au corps(1923) di Raymond RADIGUET che
suscita subito scandalo poiché presenta adulti insignificanti o ridicoli, un padre debole e
contraddittore mentre il giovane protagonista mostra qualità quali la generosità, la fiducia nella vita,
il coraggio e la creatività e anche i difetti tipici dell’adolescenza come l’instabilità,
l’irresponsabilità, la rivolta gratuita e l’incompiutezza della personalità.

Se è vero che l’adolescenza è un’età esaltante, unica, l’età in cui tutte le capacità si manifestano,
l’età di una certa magia dei sentimenti(l’amicizia si rivela in tutto il suo valore, il tempo dei primi
amori quelli che si credono essere duraturi), è vero altresì che la letteratura non presenta sempre
vicende positive: i romanzi i cui protagonisti sono adolescenti sono per lo più testi che registrano il
fallimento dei tentativi giovanili di cambiare il mondo. Questa rappresentazione pessimistica viene
fuori in Le sofferenze del giovane Werther di Goethe: Werther, cupo individuo incapace
d’integrarsi socialmente e sempre vittima d’incontenibili tormenti interiori, follemente innamorato
di una donna”impossibile”, si toglie la vita firmando così tragicamente il suo insuccesso e
condannando il mondo falso che lo ha portato a compiere quel gesto disperato. Due secoli più tardi,
nel 1973 Ulrich PLENZDORF scrive Le nuove sofferenze del giovane W. in cui il protagonista
Edgar Wibeau, follemente innamorato di una ragazza, una certa “Charlie”, che è già fidanzata,
finisce col morire in seguito ad uno sfortunato incidente. Edgar, durante la sua breve vita legge il
Werther di Goethe, sua grande passione. Sono romanzi su di una giovinezza disperata che
prefigurano la letteratura dell’adolescenza dalla seconda metà del XX secolo: quella di una “Lost
Generation” (Generazione perduta) posteriore alla Prima Guerra mondiale che vede quel gruppo di
scrittori americani pervenuti all’età adulta durante la guerra costruire la loro celebrità letteraria nel
corso degli anni venti. Questa generazione era “perduta” nel senso che aveva ereditato valori che
non erano più attuali nel mondo del dopoguerra; essa soffriva dell’alienazione spirituale degli Stati
Uniti e della sua politica del “ritorno alla normalità” che sembrava incurabilmente materialista e
priva d’emozione. La BEAT GENERATION, nata negli anni cinquanta, succeduta alla grande
generazione degli anni venti, è composta da scrittori quali Jack KEROUAC, Allen GINGSBERG,
William BURROUGHS, si configura come un movimento letterario e artistico originato dalla
guerra mondiale, nato dalla crisi causata dall’apparizione dell’arma nucleare ed incarna un’acuta
forma di rivolta sociale e di rifiuto dei valori tradizionali.

Jérôme David SALINGER con il suo The Catcher in the Rye, romanzo culto dell’adolescenza
“en perdition”, è un pioniere nella rappresentazione letteraria di questa generazione “perduta”. Il
suo eroe protagonista, il giovane diciassettenne Holden Caulfield, voce narrante, incarna l’eroe
carismatico di questa giovinezza “perduta” al punto d’ispirare tutta una letteratura posteriore: una
letteratura che fa più che mai della Lost Generation un argomento di grande attualità.

Il teen novel, diventato un genere a parte è fatto di erranze urbane, di delusioni, di passioni
sentimentali, di conflitti con le proprie famiglie, d’inoperosità, di paradisi artificiali, di crisi e di
depressione. Il XX secolo è più che mai orientato sul tema della Lost Generation, una generazione
“perduta” moderna dalle caratteristiche sovversive.

Il romanzo centrato sull’adolescente è generalmente scritto alla prima persona perché la voce
singolare dell’adolescente possa esprimersi, questo processo favorisce l’introspezione e facilita
l’identificazione del lettore. Il tono del diario, del racconto di sé, permette di evocare in modo
immediato la realtà della giovinezza: la prima esperienza sessuale, le relazioni con il sesso opposto,
la droga, la solitudine, la rivolta contro la società, ect…La forma del monologo è ideale per esporre
questi temi e renderli vivi. Essa è correntemente utilizzata. Holden Caulfield, il narratore

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carismatico de The Catcher in the Rye, ha inaugurato uno stile che le generazioni successive di
autori hanno ripreso, un tono di fiducia verso il lettore, di prossimità e di familiarità.
Holden comincia il suo racconto con queste parole: ”Voglio raccontarvi le cose da matti che mi
sono capitate verso Natale, prima di ridurmi così a terra da dovermene venire qui a grattarmi la
pancia”. Una tecnica narrativa, il monologo/dialogo, in cui il narratore si rivolge direttamente a un
“voi” anonimo che si suppone essere il lettore, il racconto retrospettivo dell’avventura suscita la
forte curiosità del lettore. Holden incarna un tipo di adolescente, un modello per la letteratura futura
centrata sull’adolescenza. The Catcher in the Rye è descritto come un’odissea esistenzialista. Il
narratore ricerca le ragioni di vivere e tenta di progettare il suo avvenire. Ci sono commenti
personali sulle persone, sulle ragazze, ”Le ragazze non sappiamo mai ciò che pensano”, dice, sui
libri, sul cinema o ancora sulla sorellina Phoebe che adora e sulla madre troppo severa che non
vuole deludere.
É un lungo monologo composto di chiacchiere su tutto e su niente. Una struttura narrativa originale
creata da Salinger che ha ancora seguaci incentrata sulle peregrinazioni di un adolescente ed è
guidata dalla voce del suo giovane narratore. Un’eloquenza caratterizzata dallo spirito critico,
funzione nuova nell’adolescente e di cui non smette mai di far uso(sviluppa a questa età le sue
capacità di riflessione, le sue scoperte e i suoi molteplici incontri favoriscono e acuiscono il suo
giudizio). Holden osserva il comportamento delle persone, non lo condivide ma palesa le sue
numerose osservazioni piene di rimproveri, le incoerenze del mondo ma non risparmia neanche se
stesso: “Un modo di essere che mi butta giù. Sono sempre costretto a dire: Felice di aver fatto la
vostra conoscenza a persone che non avevo alcun desiderio di conoscere. È così che occorre
comportarsi se si vuole rimanere in vita”.
Holden è un adolescente in continua osservazione della realtà e delle persone che lo circondano.
Prova uno straordinario cinismo per la sua giovane età e porta uno sguardo totalmente disincantato
sul mondo della giovinezza “dorée”…tutto ciò con la grande ironia ricorrendo a frasi laconiche e
neutre. Un narratore osservatore che si rende conto dell’esistenza di un fossato insormontabile tra sé
e gli altri, l’unica arma che gli resta è l’ironia come quando dice al suo compagno Ackley che egli
descrive poco prima come uno cui gli puzzano i piedi e che passa gran parte del suo tempo libero a
spremersi i brufoli di cui è pieno il suo corpo: ”Tu sei un vero principe. Tu sei un giovane colto e
raffinato”.

Gli adolescenti possiedono un modo di essere, di vedere e di pensare e un linguaggio che sono loro
propri e Salinger utilizza la scrittura parlata per rendere il discorso più vivo, più dinamico e dunque
più rappresentativo della giovinezza. Il discorso indiretto libero, spesso usato in frasi corte e dirette,
dà un effetto di autenticità e di semplicità al pensiero. Questo stile di scrittura caratteristico di
Salinger porta innegabilmente il segno dell’adolescenza, il linguaggio colorito e familiare (Holden
ci parla di “brutta catapecchia” e si dice essere “Un bugiardo matricolato”) e l’inventiva
dell’adolescente si accompagnano a manie espressive ricorrenti di Holden : i”bene”,”e tutto”,
“perché”,”in tutti i sensi”, “ciò mi ha distrutto”. Ci sono parole approssimative, ripetizioni,
espressioni comiche o inaspettate, esagerazioni, errori di linguaggio e un parlare schietto e
immediato così particolare, che non manca di stupirci, di commuoverci e anche di farci ridere
secondo la situazione. Gli eccessi buffi e strampalati del narratore, le situazioni comiche vissute con
grande serietà, fanno dell’eroe adolescente un personaggio particolarmente attraente.

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L’erranza, riflesso dell’incertezza adolescenziale.
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                       Holden, l’adolescente-modello, è in movimento continuo da un luogo a un
                       altro per passare il tempo e fuggire la solitudine. Il punto di partenza di questa
erranza è l’allontanamento dal suo college. Holden è costretto a lasciarlo per timore della reazione
genitoriale. Da quel momento il racconto è composto di viaggi in treno, in tassì, di salite in alberghi,
di presenze in locali notturni, nei bar, nella sala di attesa di una stazione….Prima di partire Holden
fa visita al suo professore di storia, fissa appuntamento con la sua amica Sally, incontra tre ragazze
brutte e cretine ma che ballano molto bene, ritrova l’amata sorellina Phoebe, dorme a casa di un suo
ex professore di Inglese, insomma, attraversa tutti i luoghi preferiti. Ma, ritrovandosi alla fine
sempre solo, conclude che non esistono altre soluzioni che vagabondare in New York. Insomma il
percorso di Holden caotico quanto movimentato è rappresentativo della generazione dei giovani
disorientati e insoddisfatti. Questa valanga di uscite ininterrotte dà l’impressione di un vortice e
rafforza la sensazione di una continua ripetizione delle stesse cose e di un’erranza senza altro scopo
che quello di ammazzare il tempo. Anche perché non è espresso alcun sentimento, giusto
un’elencazione smoderata di uscite, di fatti crudi, neutri e non commentati. Lo stile spontaneo,
violento, la frase lapidaria e scarna, tutto ciò contribuisce ad esprimere il vuoto, il non senso
dell’esistenza, l’inoperosità e la futilità di una giovinezza nichilista totalmente in preda allo sbando.
A un intreccio disorganizzato corrisponde una scrittura istintiva e automatica.

Gli autori di romanzi centrati sull’adolescenza utilizzano processi narrativi diversi,(la forma del
monologo e del racconto realista in prima persona, l’uso di codici linguistici propri dei giovani, la
tematica dell’erranza che finisce per contaminare la scrittura stessa, facendosi così spontanea e
scarna) con l’obiettivo di fare di un raccontatore convenzionale e fittizio un adolescente credibile. È
prima di tutto l’espressione che rende possibile l’identificazione per il solo fatto che il linguaggio
giovanile è codificato ed è un fattore di differenziazione e di singolarità dell’adolescente di fronte al
mondo. Ma questa specificità agisce di là dalla lingua, lo scrittore la fa funzionare attraverso lo
spirito stesso del suo eroe. Nel testo riflette il fenomeno principale che accade all’adolescente e cioè
la sua incertezza a carattere identitario.
J. D. SALINGER crea con il suo personaggio di Holden Caulfield una nuova rappresentazione
dell’adolescente, un tipo, inserendo nel suo carattere una complessità e una ricchezza di sfumature
psicologicamente nuove. La personalità incerta e ambigua di Holden traduce perfettamente la realtà
adolescenziale dei giovani, il loro spirito complesso oppresso da pensieri nuovi e da ogni forma di
contraddizioni, estranei a se stessi, che faticano a comprendersi e a riconoscersi.
L’adolescenza è l’età dell’incertezza a livello fisiologico e psicologico. È l’età dei paradossi dovuti
a una costruzione identitaria incompleta e all’intensità di tutte le emozioni provocate dalla pubertà e
dalle nuove esperienze. Per questo fatto, vediamo Holden andare su tutte le furie, eccitarsi,
entusiasmarsi, affliggersi, deprimersi, azzuffarsi, con tutta l’energia di cui dispone.
Holden oscilla costantemente tra sentimenti contraddittori: dapprima cinico e disincantato, si mostra
in verità sensibile; d’una lucidità straordinaria, si fa poi romantico e passa da un candore smisurato
proprio di un bambino a una gravità e una disperazione istantanee. Questo dualismo permanente fa
di Holden l’immagine stessa dell’adolescenza. Senza concessioni e profondamente complesso, resta
difficile da definire, instabile e incomprensibile quanto questa età di mezzo della vita.
A questa pluralità di sentimenti, occorre aggiungere l’ambiguità volontaria del personaggio grande
adepto della mitomania presente in Salinger. Holden definisce se stesso: “Sono il più matricolato
bugiardo che abbiate mai incontrato”. Sul treno incontra la mamma di un suo compagno di classe:
affascinato, s’inventa un tumore alla testa per interessarla, e le dà un falso nome. Confessa poi:
“..mentire. Una volta che ho cominciato, potrei continuare per delle ore”. Dietro le sue numerose
menzogne, una verità traspare: quella di un clima teso in famiglia, specialmente con sua madre
molto severa con lui. Troviamo quindi in Holden come in tutti gli adolescenti, una personalità

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plurale divisa tra i paradossi legati alla nascita del pensiero adulto e a tutti i sentimenti che essa
suscita e gli slanci mitomani di una giovinezza piena d’immaginazione in cerca d’intensità e di
riconoscimento.

La psicologia dell’adolescente in Letteratura non appare dunque come stereotipata ma in costante
mutazione volontaria (bugie) o involontaria (turbamenti puberali e i suoi paradossi). Il giovane
beneficia di una profondità psicologica ricca e complessa, una personalità esente da ogni luogo
comune e che lascia la porta aperta a ogni possibilità.

Se i testi letterari presentano l’adolescente come molteplice e ambiguo, nella sua identità permane
un tratto ineluttabile: il sentimento di emarginazione in rapporto alle regole e l’affermazione della
propria diversità attraverso la rivolta, la critica, l’incomprensione, l’inadattabilità sociale ect…In
The Catcher in the Rye Holden impreca contro il mondo intero. Critica tutto senza eccezione: il
linguaggio, gli atteggiamenti(le risatine esasperanti delle tre ragazze incontrate in un locale
notturno), le persone, il mondo e l’assenza di vera umanità. Il suo modo di denigrare tutto, di
esagerare i dettagli che non hanno importanza e dare poco peso a ciò che gli succede denota il
grandissimo desiderio di proteggere se stesso dalle emozioni. Tutto gli sembra schifoso: il mondo lo
disgusta, gli esseri umani gli fanno nausea, compassione e incomprensione. La sua emarginazione,
il rifiuto d’adattabilità sociale e l’opposizione al mondo degli adulti rivelano il fossato che lo separa
dagli altri. Estraneo al mondo, ma anche a se stesso, Holden appare come un eterno
insoddisfatto(come glielo fa notare la piccola Phoebe affermando che egli non ama mai niente).

Le contestazioni e i giudizi continui o ancora l’instabilità identitaria potrebbero fare
dell’adolescente un personaggio letterario sgradevole. Tuttavia, grazie ad un saggio dosaggio tra
stravaganze, fughe, accessi d’ira, di disperazione e d’innocenza il giovane eroe riesce nella sua
vulnerabilità e autenticità a colpire il lettore. Nonostante i suoi giudizi definitivi e incisivi la sua aria
disincantata, le sue buffonate, le sue vuote chiacchiere, Holden svela le sue debolezze e le sue
incrinature, segnatamente grazie al dualismo del suo carattere che gli permette d’alternare registri
burleschi e tragici, di passare dall’ironia all’emozione, dall’estrema leggerezza alla più grande
bassezza.
Holden a volte é giù di corda, si sente solo, evoca suo fratello D.B. che “si prostituisce” a
Hollywood, è tenero nel parlare del suo amore e della sua ammirazione per la sua cara sorellina
Phoebe di dieci anni e si sente colpevole d’infastidire sua madre resa ancor più fragile dalla notizia
della sua espulsione dall’Istituto o si rammarica di suo fratello più piccolo Allie morto di leucemia
che lui considera il più carino e il più intelligente della famiglia. La complessità psicologica
dell’adolescente permette di comunicare trasparenza e emozione in uno stesso personaggio e di
renderlo attraente agli occhi del lettore.

Il teen novel presenta dunque l’adolescente come un personaggio nella sua interezza, in tutta la sua
unicità e marginalità. Esso presenta il paradosso di apparire nello stesso tempo come un individuo
singolare, ambiguo, misterioso come un’entità definita sul modello di un’adolescenza ribelle contro
la società, e quindi da questo punto di vista uniforme e prevedibile.
J. D. SALINGER si serve di questa ambivalenza tipica dell’adolescenza per dare al suo romanzo
culto un fascino particolare creando così il mito del giovane Holden.

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