La Copertina d'Artista - Tutto andrà bene - Smart Marketing

Pagina creata da Andrea Rocchi
 
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La Copertina d'Artista - Tutto andrà bene - Smart Marketing
La Copertina d’Artista – Tutto andrà bene
(?)
Una strana immagine fa da copertina al nostro magazine questo mese. Si tratta di una macchina
assemblata con diversi pezzi, un curioso Frankenstein composto da una caffettiera moka, una
maschera antigas, la sezione trasversale ed esplosa di un motore a scoppio e la motrice di un
camion. La cosa sorprendente è che, per quanto bizzarra, questa macchina impossibile ha una sua
compiutezza stilistica, una sua logica intrinseca, una sua elegante complessità.

Più la guardiamo e più ci rendiamo conto che deve avere sicuramente un suo funzionamento, una
sua ragion d’essere, un suo perché. Ma, cosa mai possono avere a che fare tra loro elementi così
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eterogenei?
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Proviamo ad analizzarli uno ad uno, forse ne verremo a capo.
L’elemento predominante è la caffettiera moka, che conosciamo fin troppo bene, la vediamo ed
adoperiamo almeno due volte al giorno. Sappiamo che è un simbolo dell’italianità, cosa c’è di più
italiano del caffè fatto con la moka?

Il secondo elemento che salta all’occhio è la maschera antigas che fa da base alla caffettiera: in
periodo da epidemia di Coronavirus, questo elemento ci è fin troppo familiare. La maschera che
vediamo però è una di quelle militari, denominate Anti – NBC (Nucleare Biologica Chimica), pensate
per quegli scenari di guerra dove vengono usati agenti patogeni, chimici e radioattivi.

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   ottimismo che da solo non basta, anche se comunque aiuta. Solo insieme si può uscire da questa
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Il terzo elemento degno di nota è la motrice del camion che sorregge e trasporta tutti gli altri
elementi. Un camion normale che ricorda le motrici degli autotreni.

Infine, l’ultimo elemento, la sezione trasversale ed esplosa (ossia aperta su di un lato per vedere gli
elementi interni ed il funzionamento degli stessi) di un motore a scoppio. Simbolo della mobilità,
della motricità e della potenza.
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rdo Antonelli.

L’opera e gli elementi che la compongono sembrano il progetto per un assemblage artistico come
quelli molto in voga degli anni ’60 e ’70 del secolo scorso. Ma l’opera richiama anche i giochi della
nostra infanzia, quando smontavamo (in realtà rompevamo) i nostri giocattoli e ci divertivamo ad
rassembrarli con grande fantasia, creando giochi e scenari tutti nuovi dove farli muovere ed agire.

Ed è proprio l’elemento fanciullesco che emerge prepotente nell’opera che ha anche un titolo ironico
e divertito, “Un Caffè e si riparte”, realizzata, nonostante gli elementi meccanici che la
compongono, con grande sensibilità e delicatezza da Riccardo Antonelli, l’artista di questo mese.

Nell’opera, l’Antonelli ha profuso in una sintesi sublime tanti elementi della più stringente
quotidianità: la maschera antigas che ci parla di rischio contagio da Coronavirus; la caffettiera moka
che ci parla di Made in Italy, di Italia; il motore a scoppio che ci parla di trasformazione, energia,
calore e movimento; il camion che ci parla di strade da percorrere, ripartenze, viaggi.

Insomma, l’artista ci parla di tutti quegli elementi che saranno decisivi per far ripartire questo
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nostro Paese ad emergenza finita, e ne inserisce un altro: questa macchina impossibile, questo
giocattolo Frankenstein ci dice che per ripartire avremo bisogno anche di creatività, gioco e
spensieratezza.

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ie Impossible Machine.

Avremo bisogno di riscoprire questo strano Mondo post Coronavirus con gli occhi sorpresi e gioiosi
propri dei bambini, o degli artisti, perché è solo ripensando il nostro rapporto con gli altri, la
malattia, la tecnologia, la natura ed il mondo che eviteremo che succedano altre crisi come quella
che stiamo vivendo.

Riccardo Antonelli nasce nel 1976 a Città di Castello (PG). Vive e lavora a Sansepolcro (AR).
Diplomato all’istituti statale d’arte “G.Giovagnoli” di Sansepolcro, porta avanti la sua ricerca
influenzato inizialmente dagli artisti impressionisti. Nel primo periodo si concentra sul ritratto e sul
paesaggio. In seguito inizia una ricerca che si amplia fino alla scultura e alle installazioni, anche in
relazione alle residenze artistiche, in Italia e all’estero, che ha vissuto.
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Le contaminazioni e le passate esperienze lavorative hanno fortemente influenzato la sua cifra
stilistica e il suo lavoro incentrato sulla costruzione di meccanismi surreali che raccontano
suggestioni e tematiche varie. Particolarmente importanti nel suo percorso le presenze alla
Biennale di Firenze nel 2009, Biennale di Roma nel 2014 e la collaborazione con il Ministero
dei Trasporti nel 2011, quando viene chiamato a realizzare un’opera per la campagna nazionale
sulla sicurezza stradale.

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Ultime mostre e residenze:

2019

Innesti, Palazzo Alberti, Sansepolcro;
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2°Piano Art Residence, Z.N.S. Project, Palagiano (Taranto).

2018

Mutatio, Auditorium Santa Chiara, Sansepolcro;

Artcevia International Art Festival, Arcevia;

Ritratti Contemporanei, Aurum, Pescara;

Biennale di Frosinone e Anagni;

Percorsi D’Arte 2018, Villa Magherini Graziani;

Antonelli, Tuscher, Cortona;

Ritratto a Mano 4.0, Caramanico Terme;

Artist Residence, Velden am Wörthersee, Austria.

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Tutto andrà bene (?) - L'editoriale di Ivan
Zorico
La Copertina d'Artista - Tutto andrà bene - Smart Marketing
E chi se lo sarebbe aspettato?!

Noi che abbiamo messo piede in ogni angolo della terra, noi che abbiamo scalato le vette più alte,
noi che abbiamo raggiunto la luna e noi che abbiamo a disposizione la migliore tecnologia di sempre;
noi, proprio noi, potevamo essere messi sotto scacco da un essere invisibile?

Sì, evidentemente si.
Partito dalla Cina, il Coronavirus si è diffuso in tutto il mondo ed è arrivato qui in Europa, in Italia,
circa un mese e mezzo fa per poi propagarsi anche oltre oceano stravolgendo completamente, più
che cambiando, le nostre vite.

Dobbiamo farci i conti.
Questa cosa qua purtroppo non andrà via dalla sera alla mattina e di certo non ci aggiornerà via
email o in conference call (dato che ormai siamo tutti diventati grandi sostenitori dello smart
working) sullo stato avanzamento lavori. Anzi, stando alle ultime indicazioni, dovremo abituarci a
conviverci per ancora molto tempo.

E quindi cosa fare?
La risposta è semplice e complessa allo stesso tempo: migliorare. Non parlo di un miglioramento
astratto, ma programmatico.

Punto 1: Cooperazione.

A livello globale non abbiamo dimostrato di cooperare nel miglior modo possibile. Abbiamo agito
singolarmente e non collettivamente. Questo ha portato a ritardi nella circolazione delle informazioni
e distinte politiche di contrasto all’epidemia. Ma, come abbiamo avuto modo di appurare, il
Coronavirus non guarda le frontiere o i colori politici; lui prosegue la sua corsa. A livello europeo,
l’Unione Europea sta dimostrando di non essere così coesa; i singoli stati membri stanno giocando
ad uno sport individuale quando la situazione richiederebbe di giocare ad uno sport di squadra. Va
preso a modello lo scambio di informazioni in campo medico-scientifico che sta avvenendo in questo
giorni proprio per cercare di trovare una soluzione comune e definitiva.
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   ottimismo che da solo non basta, anche se comunque aiuta. Solo insieme si può uscire da questa
                                             situazione.

Punto 2: Digitalizzazione.

La quarantena forzata ha fatto (finalmente) scoprire che il digitale non è belzebù, non è l’origine di
ogni male e che non è fatto solo di gattini. È uno strumento potentissimo in grado di connettere le
persone, accorciare le distanze, permetterci di lavorare da casa, studiare, far girare l’economia, e
via così. Non andava demonizzato prima e non andrà sacralizzato poi. Bisogna solo conoscerlo e
saperne trarre tutti i vantaggi. Domani ci sposteremo molto meno per lavoro (ovviamente questo
vale per chi fa un lavoro che glielo consente) e andremo incontro a nuovi paradigmi. Faremo molti
più acquisti online, probabilmente i grandi centri commerciali saranno ripensati e il piccolo
commerciante di quartiere sarà premiato per una maggiore qualità (cfr. personalizzazione) del
servizio. Il mondo dell’istruzione scolastica e universitaria si aprirà molto all’e-learning, con
l’attivazione di molti più corsi prettamente online. La sfida sarà portare le persone ad abbracciare il
digitale e a non vederlo come un nemico.

Punto 3: Diminuire le disuguaglianze.

Non credo sia accettabile sentire da più parti che se avessimo avuto i focolai maggiori al Sud Italia,
piuttosto che al Nord, le strutture ospedaliere non avrebbero retto l’urto dell’epidemia. Così come
non è accettabile avere zone che hanno delle infrastrutture che funzionano ed altre che arrancano. E
non è accettabile avere scuole che dal giorno uno sono state in grado di offrire un servizio all’altezza
e scuole che ancora faticano a darlo. Per non parlare poi del fatto che ci sono molte famiglie che non
possono permettersi l’accesso alla tecnologia. Se non cambieremo tutto questo, le distanze
aumenteranno notevolmente ed il divario sarà incolmabile.

(Ci sarebbe un quarto punto relativo alla Comunicazione, ma per quello ho scritto un articolo a parte
che trovi qui).

Una voce univoca ed ottimistica si è alzata in questi giorni:
“Tutto andrà bene”.
Onestamente lo spero. Il fatto che lo possa effettivamente andare non sarà certo casuale. Dovremo
impegnarci tutti quanti a dare il meglio di noi stessi. Dovremo impegnarci a chiedere scelte
coraggiose. Dovremo impegnarci, per una volta e dopo tanto tempo, a pensare come comunità e non
come singoli.

Solo così potrà andare bene. Proviamoci.

Buona lettura,

                                                                                            Ivan Zorico
La Copertina d'Artista - Tutto andrà bene - Smart Marketing
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commenti. Rispondo sempre.
Se vuoi rimanere in contatto con me questo è il link
giusto: www.linkedin.com/in/ivanzorico

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Tutto andrà bene (?) – L’Editoriale
Raffaello Castellano
È domenica 29 marzo 2020, una domenica mattina strana; un
sole pallido fa sovente capolino fra le nuvole grigie, è il colpo di
coda dell’inverno, ci dicono i meteorologi, una perturbazione
proveniente dal nord Europa che sta attraversando da quattro,
cinque giorni anche la nostra penisola.

La primavera è cominciata da più di una settimana, da oggi grazie al ripristino dell’Ora Legale le
giornate si allungheranno, insomma, tutto sommato la “normale” ripresa, lenta e pigra, della bella
stagione. Almeno così sembrerebbe, ma non è così, rispetto allo scorso anno tutto è cambiato. Non
c’è niente di “normale” in questo inizio primavera.
Dagli inizi di gennaio per la Cina e da metà febbraio per noi Italiani ed il resto del Mondo, la
normalità semplicemente non esiste più. La causa è la pandemia di Coronavirus che sta flagellando
l’intero pianeta Terra.

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Mentre finisco di scrivere questo editoriale, la pagina del Ministero della Salute dedicata al Covid19
(dati aggiornati al 29 marzo alle ore 18:00), ci dice che solo in Italia ci sono 97689 casi totali, di
cui 73880 attualmente positivi, con 13030 guariti e, purtroppo, 10779 deceduti. Numeri, freddi
numeri, che fotografano una situazione drammatica, che il Governo sta cercando di contrastare a
forza di decreti e leggi che vengono emanate oramai quotidianamente.

È una guerra!
È stato detto da tutti, politici, medici, infermieri, giornalisti. Una Guerra globale, senza quartiere,
sanguinaria, sistemica, contro un nemico subdolo ed implacabile, una guerra con i suoi eroi, i suoi
martiri e migliaia e migliaia di morti.

Guerra è la parola perfetta per definire questa emergenza, e so bene che Susan Sontag già nel
1978 nel suo celebre saggio “Malattia come metafora”, ci aveva messi in guardia dall’usare la
metafora bellica per definire una malattia, perché sostanzialmente e moralmente sbagliato. Però io
non riesco a non farlo, mai come ora mi sembra che stiamo combattendo una battaglia impari contro
un nemico subdolo, potente e letale.

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   ottimismo che da solo non basta, anche se comunque aiuta. Solo insieme si può uscire da questa
                                             situazione.
L’Italia, mentre scrivo, è in prima linea in Europa in questa battaglia, seguita dalla Spagna, e via via
da altri Paesi. La solita Europa sembra, per l’ennesima volta, incapace di affrontare la crisi con una
politica ed un’azione globale e collettiva, e stenta a dare quegli aiuti che sarebbero “naturali” e
“sacrosanti” in una situazione drammatica come questa. Ma, come spesso accade, gli aiuti arrivano
da dove meno ce li si aspetterebbe, alcuni disinteressati, altri un po’ meno, come rivela in un ottimo
articolo su Formiche.net Igor Pellicciari (professore di Storia delle Relazioni Internazionali
all’Università di Urbino e alla Luiss Guido Carli), ma comunque tutti estremamente necessari e
graditi.

Ed allora, a cominciare è stata la Cina, che ci ha offerto un pool di medici altamente specializzati
provenienti da Wuhan, epicentro dell’epidemia cinese, che è andato in soccorso della Regione
Lombardia, la più colpita in Italia. Inoltre, ci ha fornito una prima partita di mascherine, insieme alla
promessa di intensificare la produzione, da destinare all’Italia (la Cina è fra i primi produttori al
mondo di questi presìdi medici).

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Poi è intervenuta, forse meno disinteressatamente, la Russia, che ha mandato un contingente molto
numeroso di militari e tecnici esperti nella gestione e disinfezione di tutti quegli ambienti a rischio
chimico/batteriologico/virale/nucleare. Secondo quanto si è appreso, Putin dovrebbe inviare circa
120 specialisti epidemiologici e virologi, ospedali da campo, 100 ventilatori polmonari e 500mila
mascherine. Ad oggi, questo è l’aiuto più sostanzioso e concreto offerto da una nazione straniera.

Ed ancora il governo di Cuba, che ha recepito una richiesta dall’Assessore alla Salute ed al Welfare
della Regione Lombardia, Giulio Gallera, inviando medici altamente specializzati nella gestione dei
virus e farmaci come l’antivirale Interferone Alfa 2B, usato con successo per contrastare il
Coronavirus in Cina.

In ultimo, forse l’aiuto più bello, quello della piccola e non ricchissima nazione dell’Albania, che ha
inviato un contingente di 30 medici ed infermieri, per aiutare “le sorelle e fratelli italiani”, come
ha dichiarato il premier albanese Edi Rama in un video diventato subito virale sul web. Gli Albanesi,
ha detto Rama, non hanno dimenticato la solidarietà del popolo italiano: “l’Italia, le sorelle ed i
fratelli italiani ci hanno salvati, ospitati ed adottati in casa loro quando l’Albania bruciava
di dolori immensi”.

https://youtu.be/Nd8p7yW4_Jw

Insomma, vedendo questi casi, e soprattutto l’ultimo, potremmo affermare che la solidarietà,
l’accoglienza dei migranti ed altre operazioni umanitarie sono “investimenti” importanti ed a lungo
termine, che lasciano un vero e duraturo segno nei popoli che ne sono beneficiari. In parole povere
la beneficenza, l’aiuto che diamo agli altri, è non solo la cosa che ci rende più compiutamente degli
autentici “esseri umani”, ma è anche, e permettetemi di essere solo per un momento utilitaristico, la
strategia economica di lungo periodo di più sicuro ed ampio successo.

Una lezione antica che già ci aveva insegnato, tra gli altri, lo scrittore britannico Lewis Carroll,
quando scrisse: “Uno dei più grandi segreti della vita è che quello che vale veramente la
pena di fare è quello che facciamo per gli altri”. Una lezione che i politici sovranisti italiani
come Salvini e la Meloni, ma anche europei, sembra non abbiano mai imparato.

Questa massima mi dà l’occasione per una piccola digressione che riguarda il nostro magazine:
come sapete il nostro è un mensile on line estremamente specifico e tecnico, occupandosi
prevalentemente di comunicazione, marketing e social media. Nel tempo però sono emersi altri
focus importanti, come le rubriche di cinema e musica e gli articoli culturali e di costume che i nostri
lettori hanno dimostrato di apprezzare. Da ultimo, si è affiancata la rubrica video “Il sonno della
Ragione”, che cerca di demistificare tutti quei fenomeni di pseudoscienza, bufale e fake news che
purtroppo dilagano sul web, ancora di più in tempi di crisi e paura come questi.

Da quando è scoppiata la crisi del Coronavirus abbiamo chiesto ai nostri collaboratori di
incrementare i loro contributi per cercare di stare più vicino ai nostri lettori, costretti a casa dalla
clausura forzata e devo dire che i nostri contributor hanno risposto alla grande. In questo mese di
marzo, oltre ai soliti 10, 12 articoli dell’uscita mensile, abbiamo pubblicato altri 13 contributi fra
video ed articoli di approfondimento sul Coronavirus, ma anche su cinema, musica e serie tv che
sono diventati compagni, ancora più importanti, dei nostri giorni di quarantena.

Tredici “pezzi” che, per un piccolo mensile on line senza contributi, senza pubblicità e senza aiuti
statali, non sono stati né pochi né facili da produrre, ma che sono stati la maniera di dare il nostro
apporto con un informazione puntuale, rigorosa e verificata, alla crisi che stiamo vivendo. Voglio
ringraziare tutti i nostri collaboratori che hanno accolto il nostro invito producendo ottimi
approfondimenti che vi invito a recuperare e leggere.

Ma cosa c’entra tutto questo con la massima di Carroll e con
il discorso che ho appena fatto?
Avete ragione, ve lo spiego subito. Anche io, nel mio piccolo, ho voluto contribuire, ed allora ho
proposto all’amico e collega Ivan Zorico una nuova rubrica prettamente social e “sociale” che
abbiamo chiamato “Il Buongiorno del Mattino”, che periodicamente, e fino a crisi finita proporrà
“massime d’autore”, “citazioni celebri” e “parole di saggezza” accompagnate da un breve post
esplicativo che pubblicheremo giornalmente sulle nostre pagine Facebook ed Instagram.

Anche questa nuova rubrica è una maniera di stare vicino e
di tirare su il morale ai nostri lettori.
Ho sempre pensato che le parole ci possano ispirare, ho sempre ammirato la capacità dei grandi
autori di condensare un’infinita saggezza in poche righe, ho sempre creduto che le parole abbiano il
magico potere di cambiare il mondo. La massima di Lewis Carroll, che avete letto poco sopra, è
quella che troverete sui nostri canali social mercoledì 1° Aprile, andate a scoprire questa rubrica
ammazza pessimismo e, se vi va, condividete l’ottimismo e la speranza che tutto questo, questa crisi,
questa pandemia, questa emergenza, saranno superate e che la guerra al Coronavirus sarà vinta.

Cosa altro dirvi?
Solo una cosa: non rattristatevi, non abbattetevi, non disperate, questa strana “primavera
silenziosa”, come l’avrebbe chiamata la prima e più celebre attivista per l’ambiente della storia,
Rachel Carson, tornerà a riempirsi di rumori, suoni, profumi, parole ed amori, che noi sicuramente
avremo imparato ad apprezzare più intensamente.
Buona lettura e ricordate che alla fine #tuttoandràbene

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Coronavirus: la riscoperta dello Smart
Working
Parlare di Smart Working ai tempi del Coronavirus significa parlare di una grande possibilità
per gli italiani, costretti a restare a casa a causa dell’emergenza sanitaria. Vediamo allora in
questo post i vantaggi dello smart working per lavoratori e aziende e i servizi messi
gratuitamente a disposizione dai big della tecnologia per lavorare e insegnare a distanza.

Possiamo dire, in poche parole, che lo smart working è la vera conquista di questo inizio 2020,
anche se si è resa necessaria una situazione di emergenza come il Coronavirus per aumentarne la
diffusione tra le aziende di ogni settore.

Smart working: cosa significa esattamente?
Parlare di smart working significa, in poche parole, parlare di lavoro da casa: una situazione
possibile per la maggior parte degli italiani e agevolata dal nuovo decreto ministeriale che semplifica
fino al 31 luglio prossimo questa forma di lavoro da remoto su tutto il territorio nazionale.
Aumenta, proprio grazie al Coronavirus, il numero di lavoratori pubblici e privati attratti da questa
nuova forma di lavoro proprio per la sua flessibilità e per l’ottimizzazione dei tempi grazie
all’assenza di spostamenti tra casa e ufficio. Il primo vantaggio è, quindi, una migliore gestione e
organizzazione del tempo, che permette di coniugare esigenze lavorative e famigliari.

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Sicuramente, tuttavia, lavorare da casa significa avere una forte determinazione e volontà, dato che
aumentano le distrazioni rispetto al lavoro in ufficio. Per questo gli esperti consigliano di fissare
degli obiettivi quotidiani da raggiungere, scrivere una check list dei compiti da fare e controllare il
raggiungimento di ogni singolo obiettivo. Grazie a questa gestione del tempo saremo sicuramente
più efficienti e produttivi, anche prendendoci delle pause. Vietato, quindi, quando si parla di smart
working pranzare al computer, fare tardi tra documenti ed email o rinunciare alle pause.

Uno svantaggio dello smart working è, invece, la mancanza di socialità. Tuttavia, proprio per
l’isolamento questa è la forma di lavoro maggiormente scelta dalle aziende per proseguire le attività
anche durante l’emergenza Coronavirus.

Smart working e cambiamento della cultura manageriale
In molti casi, questa forma di lavoro da remoto è già utilizzata da anni, a testimonianza di una nuova
cultura manageriale, basata su flessibilità e autonomia per chi lavora in azienda. Possiamo,
quindi, affermare che mettere in atto lo smart working non richiede solo un cambiamento
tecnologico, ma anche e soprattutto culturale da parte di imprenditori e manager.
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                                             situazione.

Recenti studi dimostrano, inoltre, che questo nuovo modo di lavorare impatta positivamente sulla
produttività, ma soprattutto permette alle aziende di risparmiare sui costi. Lo spazio che le
aziende destinano ai lavoratori è più piccolo e si diffonde il cosiddetto micro management, con una
crescente delega di responsabilità a ciascun dipendente dell’azienda.

La solidarietà delle aziende: soluzioni gratuite per lo smart
working
Le agenzie che producono piattaforme di smart working hanno risposto all’appello del governo
mettendo a disposizione delle aziende le loro soluzioni tecnologiche gratuitamente. Qualche
esempio? Connexia permette di utilizzare gratuitamente la piattaforma di Smart Working Webex a
chi ne farà richiesta, per un periodo di due settimane.

Cisco, invece, mette gratuitamente a disposizione di aziende e professionisti la soluzione Cisco
Webex Meetings, per agevolare il lavoro da remoto, organizzare riunioni, ma anche condividere
documenti e dati.

Si tratta solo di due esempi tra i tanti di aziende che hanno compreso la difficoltà, specialmente
delle aziende più grandi e strutturate, di passare allo smart working e che vogliono supportarle
mettendo a disposizione gratuitamente i loro servizi.

E-learning: il modello di smart working nella scuola
Se, in azienda, il Coronavirus ha portato lo smart working, a scuola e nelle classi si è resa necessaria
la massiccia introduzione delle lezioni in modalità e-learning, anche grazie alla collaborazione di
aziende come Google, che hanno risposto all’appello del MIUR.

Nel dettaglio, Google ha deciso di sostenere gli italiani ai tempi del Coronavirus mettendo a
disposizione la G-Suite for Education, per permettere agli insegnanti di lavorare a distanza. La suite
comprende applicativi come Gmail, Drive, Calendar, Hangout e Google Doc ideali per l’attività
didattica a distanza. In questo modo, neanche la scuola come le aziende si ferma, dato che per
insegnare e imparare è sufficiente una connessione Internet e un PC, smartphone o tablet.

Conclusioni
Sicuramente il Coronavirus è un’emergenza nazionale per l’impatto sulla sanità, ma per le aziende e
la scuola è anche un’occasione per rinnovarsi ed innovare, introducendo nuove e più avanzate
modalità di smart working e e-learning. La prospettiva è quella, passata l’emergenza, di risvegliarsi
in un’Italia più tecnologica e più smart. Staremo a vedere!

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Mentre il mondo si ferma, la rete corre
veloce!
Sospesi… “si sta come d’autunno sugli alberi le foglie” e nulla è più indicato per descrivere un
periodo di grande e forte incertezza. Prendo in prestito Ungaretti che parlava di soldati in un
momento buio dove anche se al fronte non si sentono spari, le grida di aiuto sono continue e
laceranti. E’ la richiesta di supplica di camici in corsia, di pazienti in terapia intensiva, di famiglie
che non si possono abbracciare…

Sospesi… tra il volere fare di più e il non potere.

Sospesi tra la solitudine e lo sconcerto di una quarantena che aliena e rende soli e la strana
sensazione di avere tanto tempo da non poter condividere.

“. E’ questa una citazione anonima che sta diventando virale, pubblicata e condivisa sui social e fa
pensare…come fanno pensare i flash mob ai balconi per un abbraccio simbolico collettivo. Abbiamo
sete, sete di riprenderci le nostre vite, di stringere di nuovo mani, di dare ancora baci.
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Fortuna che c’è il digitale. Ecco che ovunque riecheggia questa frase: al governo, nelle aziende,
nelle famiglie.

Il digitale che ieri divideva, oggi unisce!
Il digitale che ieri era demonizzato perché a causa di uno schermo sempre connesso, allargava le
distanze tra le persone, oggi è un angelo di speranza per chi vuole dare un abbraccio virtuale prima
di essere intubato, un saluto di addio o una preghiera di vicinanza.

Il digitale prima strumento è oggi necessità e ci si attrezza, come meglio si può.

L’Italia si ferma, il mondo si ferma mentre la rete corre veloce perché è l’unico mezzo che
tiene accesa la macchina. Le aziende provano a non chiudere attivando il lavoro agile, lo smart
worker è la nuova professione per tutti, le scuole cercano di non far perdere l’anno attivando lezioni
in remoto, le vendite diventano on-line, la spesa è a domicilio, i piccoli imprenditori trasformano il
loro business fino a ieri fatto di contatti umani in piattaforme per fornire servizi.

             Scopri il nuovo numero > Tutto andrà bene (?)
       Questo particolare momento necessita di una azione collettiva che vada oltre il semplice
   ottimismo che da solo non basta, anche se comunque aiuta. Solo insieme si può uscire da questa
                                             situazione.
Chi riesce in tempo record si appresta ad utilizzare l’e-commerce dichiarando sul proprio sito:
#TURESTAaCASA veniamo noi, abbiamo attivato le consegne a domicilio anche nel week end. Non
preoccuparti avverranno al piano stradale evitando quanto più i contatti ravvicinati. I nostri
operatori saranno muniti di mascherine e guanti.

Ci si organizza, ci si attrezza, si cerca di far muovere il Business, di continuare a lavorare, di dare un
servizio ma soprattutto di non restare a guardare.

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Certo che, se si fosse un po’ di più apprezzato il digitale prima senza denigrarlo bruscamente ma
ponendosi con l’atteggiamento di volerne capire le potenzialità e sfruttarne al massimo le
opportunità oggi avremmo una macchina più spedita, meno difficoltà, meno intoppi e meno ansie nel
chiederci sarò adesso in grado di fare quanto facevo ieri in modo diverso con lo stesso
valore e risultato?

Quando non ci sono i mezzi, non si è preparati tutto va creato in velocità ed è facile attivare
piattaforme e tools che da “domani” offrono il servizio. Il vero problema è riuscire a superare i limiti
della cultura e questo non può essere fatto in uno scoccare di dita. Cambiare l’approccio, la
mentalità è un percorso che va prima compreso e fatto proprio per scongiurare che invece di essere
un’opportunità diventi una sconfitta!

L’Italia sta cambiando, il nostro modo di lavorare e vivere da
domani non sarà più lo stesso, ci si sta accorgendo di come
si necessita dell’alternativa.
E’ l’Italia che non si ferma, è l’Italia che lavora da remoto, è l’Italia che canta sul web è l’Italia che
disegna arcobaleni sui social e che risponde alle campagna virali #iorestoacasa #adratuttobene

Andrà tutto bene, bisogna ripeterselo mille volte al giorno per portare positività nella propria vita e
in quella di chi anche se in videochiamata è lontano, ma vicino.

Andrà tutto bene, ce lo ripetono i medici e le forze dell’ordine che si affidano ai social per chiederci
di aiutarli ad aiutarci, con messaggi ed appelli accorati mentre si svuotano le piazze e si riempiono le
case.

E’ un’epidemia questa che per la prima volta nella storia dell’umanità è stata raccontata grazie
all’ausilio della tecnologia, dei media, dei potenti mezzi dell’informazione digitale, un’epidemia fatta
di immagini toccanti: dal volto solcato dal troppo utilizzo delle mascherine ad un Papa solo in una
piazza deserta sotto la pioggia battente, un abbraccio simbolico ad un umanità che si sta guardando
più dentro.

    “Nessuno si salva da solo […] su questa barca ci siamo tutti e ci siamo accorti che non
    possiamo andare avanti ciascuno per conto suo ma solo insieme […] Siamo stati presi
                    alla sprovvista da una tempesta inaspettata e furiosa”

                              Papa Francesco – Jorge Mario Bergoglio

Da un momento all’altro mentre il giorno prima eravamo tutti insieme, la mattina dopo ci siamo
trovati con la vita capovolta, uno schermo la nostra unica finestra sul mondo che ci fa riscoprire il
desiderio dello stare insieme, dell’accorciare le distanze, dell’apprezzare la passeggiata, il raggio di
sole che filtra tra le tende. Abbiamo il tempo! Il tempo di ascoltarci di più, di ascoltare il nostro
cuore, di cogliere ciò che di positivo c’è nell’essere sospesi.

Non può piovere per sempre (cit), la primavera è arrivata i germogli crescono sui rami, la natura
sta rinascendo, non sarà più l’autunno a preoccuparci ma la sera si guarda il cielo aspettando che
arrivi l’estate.

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Il circo mediatico al tempo del
Coronavirus
Ho sempre invidiato (si fa per dire) quelle persone capaci di emettere giudizi, così, con
sublime agilità. Quelle persone capaci (si fa per dire) di parlare con dovizia di particolare e somma
eloquenza di medicina, economia, geopolitica e oltre. Quelle persone capaci di formulare (si fa per
dire) idee così geniali da essere ritenuti fuori dal coro e illuminanti.

Queste persone giocano a tutto campo, prediligono di più i social ed il web, ma non disdegnano
gli altri media, e fanno i mestieri più diversi, primi tra tutti politici e giornalisti, ma anche influencer
di vario genere, commentatori; qui la lista è davvero lunga.

D’altronde in una società in cui le informazioni e le notizie corrono spedite, arrivare per primi a
dire la propria è certamente uno sport non banale. Commentare, condividere, indignarsi,
polemizzare, giudicare: tutto è concesso. Tanto poi, qualora le cose dovessero mettersi diversamente
da come sono state presentate, si è sempre in tempo a ritornare sui propri passi, a dire che non si
intendeva proprio quello che è stato detto, e così via. Le persone dimenticano in fretta.
Purtroppo.

Non c’è mica tempo per riflettere, pensare, vagliare, confrontare, verificare. No, in un post o
in una battuta dobbiamo per forza esprimere un “pensiero” e scatenare reazioni, commenti e
influenzare l’opinione pubblica. E questo vale sia per argomenti futili che per argomenti complessi.
Così come vale commentare o condividere una notizia falsa (e quindi non verificata) o
decontestualizzata. Tutto fa audience. E in molti casi ne fa tanta. Il numero di
visualizzazioni/reazioni diventa magicamente indicatore della giustezza del commento. Che poi
effettivamente non lo sia non fa alcuna differenza. Purtroppo.

             Scopri il nuovo numero > Tutto andrà bene (?)
       Questo particolare momento necessita di una azione collettiva che vada oltre il semplice
   ottimismo che da solo non basta, anche se comunque aiuta. Solo insieme si può uscire da questa
                                             situazione.

Chi invece parla con cognizione di causa, argomenta o analizza, quasi sempre arriva dopo
(con alcune belle eccezioni) e comunque ha mediamente molto meno impatto perché costringe anche
l’utente a fare un lavoro di analisi e comprensione. Lavoro che richiede tempo, pazienza e
abnegazione. Tutte variabili che non sempre riusciamo a gestire efficacemente, immersi, come
siamo, in flusso inarrestabile di informazioni, impegni e rumore. Per cui piuttosto che
approfondire, scorriamo avanti al post o commento successivo. Purtroppo.

Questo fenomeno che possiamo definire circo mediatico, nel quale anche i singoli utenti hanno
preso parte per via della rivoluzione digitale, spesso può avere degli impatti significativi ma, salvo
eccezioni, gestibili.

Poi un giorno succede qualcosa di inaspettato, di inatteso, di
imprevisto: il Coronavirus.
Dal primo caso in Italia (ad oggi quasi un mese e mezzo) il circo mediatico ha dato il meglio di sé.
Surplus di informazioni, comunicazioni contraddittorie o opportunistiche, passaparola dalla dubbia
provenienza, hanno dato vita alla cosiddetta infodemia, con tutto quello che ne è conseguito.

Successivamente abbiamo assistito ad un quanto mai auspicabile e doveroso ritorno alla
competenza. I tecnici, i medici e gli epidemiologi, in breve il mondo della scienza, hanno preso
sempre più spazio nelle trasmissioni televisive e non solo. I titoli di giornali sono passati dal
prefigurare scenari catastrofistici o dal minimizzare la portata del virus, a riportare una più attenta
informazione ed un più corretto racconto dei fatti (almeno per la maggior parte). Persino la
politica aveva abbassato i toni. C’era in sostanza bisogno di chiarezza, sobrietà e di
autorevolezza. Ed è arrivata.

E oggi?
Oggi sembra che la situazione stia neanche troppo lentamente ritornando al punto di partenza.
Comunicazioni discordanti, rilanci di fake news e opportunismo di qualsivoglia natura,
stanno rientrando in partita. E il rischio di inquinare l’informazione e le menti delle persone è
grave.
Tutti noi stiamo vivendo un periodo eccezionale (alcuni, forse esagerando, ne parlano addirittura in
termini guerreschi) sotto tutti i punti di vista (salute, economia, privato e sociale) e di certo non
abbiamo bisogno di aggiungere confusione, incertezza e paura ad una situazione che di
confusione, incertezza e paura, ne ha da vendere. Servirebbe invece una sostanziosa iniezione
di ragione, sobrietà, normalità ed anche di umiltà. In questo modo si tacerebbe quando non si hanno
le competenze necessarie per parlare di specifici argomenti, si utilizzerebbero toni e linguaggi
meno aggressivi, e si recupererebbe un po’ di armonia.

Lo scorso editoriale lo chiusi con una previsione.

Prima o poi questa epidemia passerà e prima o poi tutto tornerà alla normalità. Se c’è una cosa che
mi piacerebbe diventasse virale sono l’etica del giornalismo, la misura delle dichiarazioni e il senso
di responsabilità della politica. Non so se questo avverrà o se come al solito risulterà vero il vecchio
adagio “passato il santo, passata la festa”.

Visto quanto sta accadendo, se dovessi giocarmi un euro, propenderei per la seconda opzione. E
questa si dimostrerebbe, ancora una volta, l’ennesima occasione persa.

Spero ancora di sbagliarmi.

Ti è piaciuto? Hai qualche considerazione in merito? Fammelo sapere nei
commenti. Rispondo sempre.
Se vuoi rimanere in contatto con me questo è il link
giusto: www.linkedin.com/in/ivanzorico

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Emergenza turismo: le strategie di
marketing per il dopo-Coronavirus.
Senza dubbio, una volta terminata l’emergenza sanitaria del Covid-19, ci troveremo di fronte ad
un’altra emergenza, che il nostro Paese, in fretta, dovrà affrontare: quella economica.
L’attuale situazione sta avendo grandi ripercussioni su tutti i comparti dell’economia, in particolar
modo si ipotizza che uno dei settori che più soffrirà sarà quello del turismo. Secondo Dario
Franceschini, Ministro dei Beni Culturali del Turismo, questo sarà il settore più colpito,
ma, afferma “stiamo pensando a misure immediate, e poi insieme costruiremo un rilancio
dell’immagine dell’Italia, che, sono sicuro, sarà rapido”.

Con il temine di turismo si intende una serie di attività economiche i cui prodotti soddisfano
determinate esigenze quali riposo, svago, viaggio, voglia di conoscere nuovi posti e persone, cultura
e sport. Nella contemporaneità il turismo è considerato una necessità dell’uomo, e in
quanto tale è ormai oggetto dell’attenzione del marketing.

Il marketing del turismo si occupa di “un complesso di strategie che hanno come finalità la
definizione di programmi e progetti volti a garantire lo sviluppo delle strutture e delle attività
imprenditoriali di un determinato territorio nel lungo periodo”. In questo ambito rientrano varie
strutture di turismo, hotel, B&B, agriturismo, albergo, villaggio turistico, casa vacanza, relativi a
diversi target con svariate esigenze. I marketer sono obbligati a tenere in considerazione il turista,
protagonista assoluto, oltre all’analisi del territorio e all’offerta dei servizi.

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       Questo particolare momento necessita di una azione collettiva che vada oltre il semplice
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                                             situazione.

L’Italia è un paese che trae grandi risorse economiche dal turismo, è probabilmente uno dei
territori privilegiati grazie alle meraviglie dell’intera penisola, ed è innegabile che sin da ora si
registrino notevoli perdite a causa dell’epidemia.

Ma cosa succederà dopo l’emergenza del Covid-19?
Questa è la domanda che tutti gli esperti del settore si pongono in una situazione che appare fin da
subito poco chiara e difficile da risolvere, possiamo solo ipotizzare i possibili sviluppi, ma,
soprattutto, possiamo riflettere sulle migliori strategie di marketing da attuare per
rilanciare il turismo, e anche, perché no, rassicurare le persone a muoversi. Non sarà facile
tornare a viaggiare senza avere paura, e per tale motivo non potrà essere sottovalutato l’impatto
psicologico della situazione che viviamo, che, potrebbe fermare per molto tempo a casa i cittadini,
impauriti da una recidiva o da una non totale remissione del virus. Secondo Confturismo, nel
prossimo trimestre si ipotizza ci saranno circa 22 milioni di turisti in meno, con una
conseguente perdita superiore ai 2 miliardi.

Da un articolo de “Il Sole 24Ore” arrivano preziosi consigli da esperti del settore, i quali sottolineano
che l’importante in questo periodo di quarantena è sfruttare la situazione per mantenere il
contatto con i clienti: rivedere le proprie strategie di promozione, come ad esempio effettuare
un restyling del proprio sito web; continuare l’invio delle newsletter ampliando e aggiornando
data base e mailing list; testare nuove forme di comunicazione come ad esempio lo
storytelling, sia da parte delle grandi aziende ma anche dei piccoli imprenditori del turismo, come i
B&B e agriturismi a conduzione familiare.

L’importante secondo Andrea Lisi, copywriting di Copy Persuasivo (la prima agenzia italiana di
copywriting persuasivo per aziende), è mantenere i contatti: essere sempre presenti sui social
network, inviare newsletter anche a nuovi clienti e creare degli storytelling. Nicola Delvecchio,
Hospitality Consultant, ricorda di “usare il buon senso per riprendere l’attività di promozione
dei servizi, è una strada da seguire, perché i messaggi contrastanti delle prime 2 settimane dallo
scoppio del virus ha generato confusione nei piccoli e grandi operatori, grandi catene e piccoli B&B,
agriturismi, e in alcuni casi provocato operazioni di marketing discutibili”. Gli fa eco Armando
Travaglini, inventore del Digital Marketing Turistico System, sottolineando che “la curva
discendente delle prenotazioni terminerà in breve tempo ma la ripresa si può ipotizzare solo a
partire da aprile-maggio (…), il consiglio è di continuare ad investire nella promozione,
utilizzando azioni mirate su Google ADS focalizzato sul proprio marchio, bypassando gli
intermediari”.

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L'Italia stretta tra problemi sanitari,
economici ed egoismi europei: che ne sarà
del nostro bel Paese?
Soldi sì, economia anche, ma solo dopo aver salvato tutte le vite possibili. Questo dovrebbe
essere il motto. Ma in un clima di continua incertezza, con le breaking news di Conte sempre a
darci la buonanotte non prima delle 23, diventa difficile non pensare al domani. Di certo non si può
sostenere tutti, perché i fondi non sono infiniti. Ma ognuno cerca di tirare la coperta dalla sua parte.

Molti problemi prima ritenuti attuali ora sono dimenticati.
E’ il caso degli sbarchi sulle nostre coste. L’ultimo registrato dal Governo è in data 22 marzo, 12
persone (Fonte interno.gov.it Dipartimento per le liberà civili e l’immigrazione) portando a quota
197 sbarchi al 25 marzo rispetto ai 262 del mese di marzo (dall’1 al 31) del 2019. Se conoscessero la
situazione che stiamo vivendo, sceglierebbero comunque il nostro Paese? A quanto pare si, riferisce
Brindirireport.it che scrive di altri 44 migranti dotati di mascherine approdati a Cerano il 27 all’alba.
E con questi siamo a quota 241.

Oppure la lotta agli evasori fiscali e al lavoro nero che ora è diventato invece argomento di
discussione su come fornire sostegno. Il Ministro Provenzano chiede “Aiuti anche per chi lavora
in nero” sopratutto in questi tempi di Coronavirus dove anche loro hanno perso il lavoro o, anche
potendo, cosa potranno scrivere sull’autodichiarazione? (Fonte Intervista al Corriere della Sera).
Contro queste situazioni si scaglia Paolo Capone, segretario generale UIL che sottolinea come il
lavoro nero sia illegale, oltre che un danno per lo Stato, per il lavoratore e per chi assume
legalmente. Perciò assolutamente da non incentivare.

Fino a un mese fa i problemi riguardavano la fatturazione
elettronica, la Flat tax, alleanze di governo, mobilitazioni per
l’ambiente. E ora?
La stessa situazione si legge anche in Europa dove la recente storia di ostacolare e poi sostenere
l’Italia si registra anche nell’andamento delle borse. Le dichiarazioni di Christine Lagarde lo
dimostrano, ma, insediata da pochi mesi, si è trovata a gestire una situazione non facile.
Coronabond, deroghe al Patto di Stabilità, messa in campo di fondi, finanziamenti e aziende
riconvertite. I continui cambi di rotta e prospettive non fanno certo aumentare la credibilità
di un’Europa che, solo due mesi fa, ha perso la Gran Bretagna.

Secondo l’appello di 110 economisti di numerose univeristà italiane pubblicato su MicroMega, il
Fondo Salvastati è troppo esiguo per offrire un reale sostegno e serviranno i 750 milioni di euro
proposti ma non ancora messi in campo.

Finchè il problema è di un solo stato, uno stato come l’Italia poi, sembravano misure
economiche non necessarie e quelle sanitarie degli eccessi di medici fifoni. Ora che la
pandemia sta arrivando in tutto il continente sono in molti a fare marcia indietro sulle opinioni e gli
atteggiamenti.
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                                             situazione.

L’ha ribadito anche il Papa in occasione della Benedizione Urbi et Orbi nella quale ha sottolineato
come bisogna essere uniti e non egoisti perchè siamo tutti sulla stessa barca. 11 milioni di
persone davanti alla TV, 8,6 milioni su Rai1 e 2,8 su TV2000: uno share che va dal 30 al 40% per
ogni apparizione pubblica. Chissà se il messaggio sarà arrivato anche ai tanti politici, molti dei quali
in quarantena perchè già contagiati.

Che ne sarà dell’Italia?
L’Italia, popolo di eroi, come quelli che stanno in corsia, chi del supermercato, chi degli ospedali.
L’Italia popolo di Santi, come le vittime che muoiono silenziose o chi cede il proprio respiratore a
un ragazzo più giovane sapendo di morire.

L’Italia popolo di artisti, che anche nei tempi più bui sanno celebrare la bellezza dell’arte, con i
numerosi musei che mettono a disposizione le opere in formato digitale o il progetto “L’Italia
chiamò: voci e volti dell’Italia che resiste al Coronavirus”.

L’Italia popolo di navigatori che si sono lanciati nel mare del web sulle zattere precarie dello
smart working per tener in piedi il Paese o delle lezioni a distanza spesso senza i libri di scuola e la
cancelleria.

L’Italia sarà il popolo degli inventori che sapranno trovare le opportunità nel periodo di crisi, di
chi inizierà a consegnare la spesa a domicilio e scoprirà che è molto meglio di avere un negozio,
delle aziende che sapranno riconvertire la produzione per questa e le altre crisi, per chi si inventa
dei respiratori con delle maschere da sub con un progetto che sembra uscito da Pinterest.

L’Italia sarà di chiunque, dal turismo agli organizzatori di fiere, valorizzerà il capitale
umano, lo stare insieme, l’abbraccio dopo la paura.

L’Italia sarà di chi ha ritrovato il tempo per pensare, per affidarsi, per combattere, per recuperare le
forze, perchè vinta questa battaglia inizierà quella del ritorno alla normalità.

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Lavorare sul post-Coronavirus. Intervista a
Cosmano Lombardo.
Da fine febbraio in Italia stiamo affrontando qualcosa che ha cambiato le nostre vite, le nostre
routine e che sta mettendo a dura prova la sanità, l’economia ed il mondo del lavoro. In un momento
come questo sembra difficile immaginare ad un post Coronavirus e invece mai come in questo
momento è assolutamente necessario farlo.

A tal proposito abbiamo voluto intervistare Cosmano Lombardo, CEO di Search On Media Group
ed ideatore del Web Marketing Festival, che da anni si occupa del processo di costruzione di un
ecosistema di formazione e informazione sui temi dell’innovazione e del digitale, con un’attenzione
particolare all’impegno sociale.

C
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s
m
a
n
o
L
o
mbardo, CEO di Search On Media Group ed
ideatore del Web Marketing Festival

D. Come vede questo particolare momento storico?

R. Innanzitutto direi che questa emergenza è stata sottovalutata sin dall’inizio. Credo che andasse
affrontata attraverso una maggiore cooperazione internazionale e non singolarmente. In questo
periodo sono molte le industry che sono in difficoltà: health, retail e tourism, solo per citarne alcune.
Ma anche tutto il mondo della cultura e della formazione. Uno su tutti la scuola che sta avendo
enormi difficoltà ad utilizzare efficacemente il digitale, anche per via di un grande ostacolo culturale
che non le ha permesso negli anni di abbracciare concretamente le nuove tecnologie. In generale
vanno ripensate le varie industry soprattutto in relazione al digitale ed alla tecnologia. In questo
senso abbiamo lanciato “Start the Future”, il primo evento internazionale online per affrontare il
covid-19 e altre sfide globali (Education, Health, Climate Change e Digital Transformation).

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D. Si parla spesso di digital divide e mai come in questo momento sta mostrando tutte le
sue incrinature: qual è la sua opinione a riguardo?

R. Ci sono tre diverse tipologie di problemi. Il primo è culturale: lo smart working ad esempio
sembra essere diventato il tema del momento, ma esiste da anni; come mai non è stato adottato in
precedenza? Il secondo ha a che fare con l’infrastruttura di rete, con aree del Sud Italia in cui la
rete, appunto, viaggia molto meno velocemente che in altre zone d’Italia. Il terzo relativo alla
disomogeneità di azioni intraprese, sempre relativamente al digitale, dalla Pubblicazione
Amministrazione, con punte di eccellenza come Milano e Torino.

D. Come poter far fronte a questa situazione?

R. In primis bisogna capire come rispondere a questa fase emergenziale ed attivarsi già da ora per
immaginare il post Coronavirus. Le aziende dovranno andare incontro ad una forte riorganizzazione
aziendale. La parola chiave deve essere flessibilità. Non dovremo poi fare l’errore di immaginare un
mondo lavorativo ed educativo completamente online. L’offline e l’online dovranno andare in
parallelo.

Ti è piaciuto? Hai qualche considerazione in merito? Fammelo sapere nei
commenti. Rispondo sempre.
Se vuoi rimanere in contatto con me questo è il link
giusto: www.linkedin.com/in/ivanzorico

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In prima linea contro Covid-19: i gesti di
solidarietà di aziende, influencer e
multinazionali che ci invitano a credere
che uniti ce la faremo.
Sono sempre di più le iniziative di solidarietà e le donazioni di influencer, privati celebri,
aziende e grandi gruppi per sconfiggere il Covid-19, il virus impietoso che in poco tempo ha
rivoluzionato le nostre vite, le nostre abitudini e scosso ogni certezza. L’Italia si sta piegando da
settimane a questa emergenza inaspettata, piangendo le sue vittime ma provando a reagire in ogni
modo, anche grazie a gesti di buon cuore. Ecco alcune delle realtà che hanno deciso di dare
attivamente una mano con un impegno principalmente economico, ma spesso anche produttivo
che potrebbe fare la differenza in queste settimane di massima allerta. Ne abbiamo selezionate
alcune che ci hanno colpito.

             Scopri il nuovo numero > Tutto andrà bene (?)
       Questo particolare momento necessita di una azione collettiva che vada oltre il semplice
   ottimismo che da solo non basta, anche se comunque aiuta. Solo insieme si può uscire da questa
                                             situazione.

Crowdfounding Ferragnez

Una delle prime iniziative di solidarietà di cui si è parlato molto, già all’inizio del mese di Marzo, è
stato il crowdfounding dei Ferragnez, lanciato sulla piattaforma Go Found Me e volto a raccogliere
fondi per la creazione di nuovi posti letto in terapia intensiva all’Ospedale San Raffaele di Milano.
Chiara Ferragni e Fedez hanno dato il buon esempio donando per primi 100 mila euro… e nel giro di
poche ore la coppia, grazie al suo grande seguito, è riuscita a raccogliere già 800 mila euro.

Al momento è ancora possibile donare ed è già stato superato l’obiettivo dei 4 milioni di euro
fissato.

Un bell’esempio di come utilizzare il potere degli influencer a fin di bene!
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