Un Ricettario per amico - Pellegrino Artusi

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Un Ricettario per amico - Pellegrino Artusi
Un Ricettario
per amico
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per amico
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INDICE

Indice   Pag. 4 La ricetta è il mio diario
         		 di Alberto Capatti

         Pag. 6 L’Italia a tavola con Pellegrino Artusi
         		 di Giordano Conti

         Pag. 8 Il cibo e il territorio: dal campo alla tavola
         		 di Bruno Marangoni

         Pag. 10 Il mondo di Pellegrino Artusi e il cibo del mondo:
         		 una visione contemporanea
         		 di Andrea Segrè

         Pag. 13 Italia e Canada:
         		 politiche alimentari e sfida allo spreco
         		 di Sarah Duni

         Pag. 15 Ricette tratte da
         		 “La Scienza in cucina e l’arte di mangiar bene”

         Pag. 20   Altre ricette

         Pag. 29   Foto degli eventi svolti

         Pag. 32   Crediti
                                                                      3
Un Ricettario per amico - Pellegrino Artusi
LA RICETTA È IL MIO DIARIO

    La Ricetta è il mio diario
    Prendiamo una ricetta e subito bisogna oggi precisare: on line         modoro del quale i giornali ormai denunciano l’origine cinese.
    o stampata, d’autore o di un sito, filmata o disegnata, nel tele-      Più attento è chi, nel mese di settembre 2018 ha comperato i
    fonino e non è tutto. La ricetta posso averla in testa, un cacio       pomodori, ne ha fatto una salsa e se l’è imbottigliata a casa,
    e pepe minimale, assaggiato per caso da un amico, ma può               piccole bottiglie per quattro-cinque persone. Gli ingredienti
    venirmi raccontato da un altro tizio, romano, quel pepe e quel         sono la prova del fuoco, e una lunga esperienza permette di
    pecorino, e devo dunque far ordine, anzi ripensarlo partendo           variarli, e chi interpreta una ricetta, può divertirsi ad elencare
    da capo o facendo un salto, lavorando di fantasia. La ricetta          dettagliatamente i propri, con le alternative già esperite. La
    è un documento, pagina fattiva, tutta ingredienti e operazio-          carta geografica è immensa, dall’Italia alle Americhe, originali
    ni, e può esser stata scritta da chi la esegue oppure da altri,        e imitazioni, ed è facile scambiarli, confonderli, e domandano
    ed allora serve da guida quando si opera con le mani e con             studio. Scriveteli in ordine d’uso o alfabetico, con la massima
    l’immaginazione, fra il sì e il no. Non è solo un programma,           precisione, sia la provenienza immediata sia la marca, la lo-
    comperare, cucinare, servirsi, ma ben altro. Per queste ragioni,       calità se è il caso, il giorno d’acquisto e vedrete che rispetto
    ripartiamo da zero, da una certa idea venuta leggendo “La              a quello di Artusi, è un racconto costruito con altri sostantivi
    scienza in cucina”, dalle pagine di quel suo diario.                   ed altri aggettivi, un primo racconto perché quando ripeterete
    Pellegrino Artusi la pensava così quando scriveva. Chi scrive si       la prova potrebbero esserci delle novità, anzi ce ne saranno se
    racconta, in cucina, a tavola o dopo, e il pensiero corre qui e là     avrete avuta l’intenzione di far meglio. Chi pensa che tutto ciò
    e poi ritorna alle dosi, alle pentole, alla fiamma. Che qualcu-        sia inutile, ha torto perché in questo modo definisco e concre-
    no sussurri, suggerisca una ricetta, questa gli sfugge nell’atto       tizzo il mio futuro programma di lavoro e lo offro.
    stesso di ripeterla. Chi la legge e rilegge fa poi di testa sua, con   Viene ora il secondo passo, un elenco di verbi declinati, in
    prodotti che si assomigliano, con un frigorifero e una piastra a       ordine alfabetico e in lingua italiana, eventualmente tradotta:
    induzione che l’autore famoso neanche s’immaginava. Da qui             bagnare, cuocere, infornare, impiattare, scolare, tagliare ec-
    nasce la certezza che la cucina è libertà, anzi libertà vigilata       cetera…
    perché chi la fa, ha in se stesso il primo giudice – solo per abi-     Ogni ricetta di casa è un percorso individuale, eventualmente
    tudine può fingere di ignorarlo – e poi deve obbedire alle liste.      sotto l’occhio di un amico o di un’amica con esperienza mag-
    La prima lista è quella degli ingredienti, e la trasgressione av-      giore della propria. Lo sguardo d’Artusi resta alquanto lontano
    viene con uno mancante o intenzionalmente escluso – io non             anche se il taglio delle verdure e della cipolla col coltello è il
    amo il prezzemolo nella salsa di pomodoro! – tutti oggi diversi        medesimo o la sfoglia l’aveva prescritta lui con relativo mat-
    o simili a quelli d’Artusi la cui provenienza era il mercato di        terello, e con una farina d’Ungheria, oggi ignota. Ci sono poi
    Firenze anno 1900 oppure, per polli e uova, i suoi due poderi          fonti di calore e pentole, tutto è cambiato e simile allo stesso

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    forlivesi. Non è un lavoro facile trascriverli con un pangrattato      tempo, nelle case, e se l’olio extravergine che uso non è forse
    acquisito in busta in un supermarket e un concentrato di po-           lo stesso del suo, ovviamente toscano, comprato in barile e
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LA RICETTA È IL MIO DIARIO

imbottigliato in piazza d’Azeglio a Firenze, il mio modo di           diatamente quello del servire in tavola, e sono infinitamente
friggere dovrebbe esser più o meno lo stesso. Ma non quello           liberi, con ricordi, suggestioni, consigli, tutta una letteratura
di cuocere in un forno, perché siamo ormai lontanissimi dai           già scritta e da scrivere. La ricetta, succinta, può riaffacciarsi
forni di campagna, con la carbonella sul coperchio, e regolare        nei discorsi dando luogo a dibattito e, se si cita l’Artusi, ad
le temperature è una questione tecnologica non intuitiva ed           una citazione che per quanto leggera, ha valore memoriale e
esperienziale. Si comincia allora a scrivere la seconda parte del     storico, ed è il modo di farsi bello o antico. È persino possibile
diario, citando le pentole, con metallo e misure, scrivendo i         che in quel sugo rosso, come in uno specchio, si veda un volto
numeri di quantità, tempi e temperature, riprendendo la lista         femminile ben noto, o che in quell’anguilla arrostita si senta
degli ingredienti in una successione operativa, studiandone i         l’anima, tutta ferrarese, del proprio genitore. Dopo mangiato,
mutamenti. Posso anche divagare: contar succintamente la              il titolo della ricetta è nella nostra memoria, depositato e as-
stessa preparazione da me effettuata due settimane prima, o           segnato alla ripetizione. Da solo aiuta ad immaginare un altro
raffrontarla alla ricetta de “La scienza in cucina”, ma è un          scenario, oppure ad accantonarlo, ed anche in questi casi, le
lavoro prolisso che mi può far dimenticare sia la pentola che         pagine di una cronaca mentale sono scritte e cancellate.
bolle che quello che mi dovrebbe bollire in testa. La seconda         La ricetta è dunque un diario di vita le cui pagine variano a
parte del diario, come si può notare, è più complessa della pri-      misura che, giorno dopo giorno, le arricchiamo di nuovi det-
ma e bisogna cominciare da piatti semplici, dagli spaghetti alla      tagli e dei nostri pensieri. Suggeriamo dunque di scriverle e
rustica, per poi affrontare quelli di portata sino al cappone in      riscriverle perché è la nostra autobiografia in cucina, e, rilette
vescica, descrivendo ciò che si fa per poi confrontarlo a quello      a distanza di tempo, sono vere e proprie rappresentazioni a
che sta scritto o che si è fatto. La ricetta-diario non finisce nel   soggetto. Che siamo stati noi stessi, o altri, a recitare, certo
passaggio dalla pentola al dopo, perché ci sono ancora due            importa, anche se il primo ad averlo fatto, nella storia della
fasi che l’attendono. Nell’immediato, la zuppiera, il piatto ova-     cucina italiana, è stato Pellegrino Artusi, moltiplicando regole,
le o tondo di portata, fondine, piatti e piattini sono il teatro in   ragguagli. Noterelle, aneddoti, ricordi, facezie, varianti in mar-
cui recitano gli ingredienti, istruiti secondo copione, con colori    gine, e pubblicandoli a proprie spese. Verrebbe la tentazione,
e sostanza, ed un fattore nuovo, i commensali che li osserva-         oggi, di scrivere, in coda alla sua autobiografia, il diario da cui
no. L’impiattamento non è opera solo di chef e cheffesse, ma          son nate le sue ricette, alcune a più mani, altre suggerite dalla
appartiene a tutti coloro che spadellano e si esibiscono senza        moglie dell’amico conosciuto al museo di Scienze Naturali, poi
sapere di farlo e merita anch’esso qualche nota in cui entrano        quelle copiate o quelle imposte da una cultura di casa italiana,
tante variabili a cominciare dalle luci, dalle posate e dalla tova-   ed infine le nostre, di Casa Artusi, tradotte in tutte le lingue, e,
glia, continuando con l’abito stesso di chi assaggia o mangia.        nel 2019, in giapponese.
Se io sono solo, in jeans e maglietta, davanti alla fondina di        Scrivete dunque partendo da questo copione, senza aver paura
spaghetti al pomodoro, e la inforchetto in cinque minuti, non         di ovvietà, di idee strane, di mettere a raffronto ricette di tante
è la stessa cosa se questi stessi spaghetti alla rustica n° 104       cuoche e cuochi di ieri e di oggi, perché la cucina è saper fare,
vengano serviti in famiglia, o temporibus illis – si tratta della     condividere, immaginare e…
mia infanzia – portati in tavola dalla cameriera, e ivi impiat-
tati dalla madre. Dall’Italia al mondo intero, si sdoppiano, si
moltiplicano i codici linguistici, gestuali, gastronomici ed uno

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stesso piatto ha stimatori incredibilmente diversi.                   Alberto Capatti, storico della gastronomia
Il racconto, i racconti dei modi di mangiare seguono imme-            Comitato Scientifico di Casa Artusi
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L’ITALIA A TAVOLA CON PELLEGRINO ARTUSI

    L ’Italia a tavola con Pellegrino Artusi
    “La scienza in cucina” ha fatto per l’unificazione nazionale più         raccolta di ricette di Pellegrino Artusi, conosciuta col titolo “La
    di quanto non siano riusciti a fare “I Promessi sposi”.                  scienza in cucina e l’arte di mangiar bene” e stampata per la
    (Piero Camporesi, 1970)                                                  prima volta nel 1891, non è solo il frutto degli ozi di un ric-
                                                                             co borghese romagnolo e fiorentino, ma un’opera di impegno
    1. “Dopo l’unità della Patria mi sembrava logica conseguenza             civile: istruire cuoche e cuochi nella lingua italiana, far loro
    il pensare all’unità della lingua parlata, che pochi curano e            conoscere il patrimonio di molte regioni italiane, dalla Sicilia al
    molti osteggiano, forse per un falso amor proprio e forse an-            Piemonte, stimolare una attenzione patriottica al cibo contro
    che per la lunga e inveterata consuetudine ai propri dialetti”. Il       l’imperante francofilia”. In buona sostanza, obiettivo primario
    ragionamento di Pellegrino Artusi, contenuto nella ricetta 455           dell’Artusi è quello di entrare con la cucina (e la lingua) ita-
    (Caciucco) del suo manuale, ha un significato preciso: l’unifi-          liana soprattutto nelle case e nelle famiglie, unendo le ragioni
    cazione della lingua, e dunque delle identità locali e dei dia-          del progresso e della modernità con quelle della tradizione
    letti, può trovare una forma compiuta innanzitutto a tavola, o           gastronomica di un passato secolare. Aggiunge Capatti: “C’è
    meglio, nella cucina di casa che rappresenta, per antonomasia,           chi lo ha accostato, per tirature e ristampe, per la varietà delle
    il luogo dell’incontro, dello scambio e della condivisione. In-          sue stesse lettrici e lettori, a Manzoni e Collodi: non era for-
    somma, l’identità nazionale, raggiunta sul piano politico nel            se l’ambizione di Artusi, ma, nell’ambito delle cucine di casa,
    corso del Risorgimento, richiede un ulteriore consolidamento             questo raffronto ha una certa legittimità”. Per questo, a pieno
    attraverso il riannodarsi dei fili del presente con i valori artistici   titolo, si può annoverare Pellegrino Artusi fra i patrioti che più
    e culturali ereditati dal passato. Con una particolare attenzione        di altri hanno contributo a unire l’Italia nel rito più importante
    per l’Italia quotidiana e, perché no, per l’Italia gastronomica.         e riconosciuto da tutti, quello che si svolge fra le padelle e i
    Del resto, è lo stesso retroterra storico a dimostrare che gli           fornelli e attorno alla conviviale tavola imbandita.
    italiani, un poco alla volta, hanno trovato la forza per sentirsi
    uniti. Come scrive Massimo Montanari: “In qualche modo, lo               2. Pellegrino Artusi nasce a Forlimpopoli il 4 agosto 1820 da
    erano sempre stati: gli antichi ricettari italiani, quelli del Me-       Agostino, commerciante, e Teresa Giunchi, casalinga. In gio-
    dioevo o del Rinascimento, non sono mai espressione di una               vinezza Pellegrino si nutre di sentimenti liberal-democratici e
    cultura ‘locale’ ma hanno davanti a sé orizzonti ampi, una               segue le orme del padre frequentando fiere e mercati, fino a
    cucina fatta di scambi, di prestiti, di citazioni, che mette in          Senigallia, Padova e Trieste. Nel 1851, dopo l’irruzione a For-
    gioco saperi locali ma che è, e si sente, perfettamente ‘italiana’.      limpopoli della banda del Passatore, con conseguenze dram-
    Esattamente come italiani erano i Raffaello, i Michelangelo              matiche per una sorella, Pellegrino si trasferisce con la famiglia
    che da un capo all’altro del paese spendevano la propria arte            a Firenze, dove intraprende una lucrosa attività commerciale

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    a servizio di chiunque, e non si percepivano certo come artisti          nel settore della seta. Nella sua casa borghese di piazza D’Aze-
    locali”. Ma c’è di più. Come sottolinea Alberto Capatti: “La             glio coltiva le ambizioni letterarie: scrive una biografia di Ugo
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L’ITALIA A TAVOLA CON PELLEGRINO ARTUSI

Foscolo e un commento alle lettere di Giuseppe Giusti. Ma è             zionale. In grado, peraltro, di tollerare ogni tipo di variazione e
soprattutto la buona cucina la sua vera passione, e incomincia          adattamento e di far interagire l’arte e la scienza, la creatività
a raccogliere e sperimentare le ricette che daranno vita, nel           e le regole. “Il miglior maestro è la pratica”.
1891, al suo celebre manuale. Muore nella sua casa fiorentina
il 30 marzo 1911, nominando come erede testamentario il co-             5. La memoria e il culto della buona cucina artusiana sono oggi
mune della natìa Forlimpopoli.                                          tramandati da “Casa Artusi”, il primo centro italiano di cultura
                                                                        dedicato alla cucina domestica. Come scrive Alberto Capatti:
3. L’asse portante de “La Scienza in cucina e l’Arte di mangiar         “È il primo museo vivo della cucina, un museo visitato di notte
bene” è ancorato alla Romagna e alla Toscana, ma l’ambizione            dallo spirito di Pellegrino, e aperto di giorno a cuoche e cuochi,
di Artusi è quella di raccogliere, soprattutto attraverso la cono-      dilettanti, gastronomi, buongustai, bambini e a tutti coloro che,
scenza diretta o il contributo delle sue fedeli lettrici, le tante e    senza un titolo preciso, amano ancora cingere un grembiule,
diverse ricette locali che costituiscono l’essenza di una cucina        sedersi a tavola e restarci il più possibile. È la casa non solo
nazionale. Le ragioni del successo risiedono nella qualità delle        della memoria e della fama, ma dell’appetito”. La Casa, ricavata
ricette, nella loro esposizione chiara e semplice e, soprattutto,       dalla ristrutturazione del complesso monumentale del convento
nella rete di relazioni che si instaura con le lettrici, con scambi     e della chiesa dei Servi, a Forlimpopoli, si dispone su una super-
di consigli, suggerimenti e ricette. Un’opera “interattiva” ante        ficie di circa tremila metri quadri in cui si sviluppano funzioni
litteram, che si arricchisce, nel corso di vent’anni, di successive     diverse, ma tutte riconducibili alle molteplici espressioni della
revisioni e di ulteriori 315 ricette che si aggiungono alle 475         cultura gastronomica. Casa Artusi è, al tempo stesso, bibliote-
della prima edizione.                                                   ca, ristorante, scuola di cucina, cantina, museo, contenitore di
                                                                        eventi. In buona sostanza, l’espressione vitale e compiuta della
4. Dal 1891 al 1911 sono quindici le edizioni curate diretta-           cucina di casa. Di particolare interesse è la biblioteca che con-
mente da Pellegrino Artusi, con un successo crescente che fa            serva, oltre alle edizioni della Scienza in cucina e ai testi riguar-
di questo libro un best-seller continuamente ristampato, pira-          danti il celebre gastronomo, l’archivio e il patrimonio librario
tato e tradotto in molte lingue. Al punto che con la dizione            lasciati dall’Artusi in eredità al comune di Forlimpopoli. Nella
“l’Artusi” si finisce per indicare non tanto il nome dell’autore,       biblioteca sono esposti anche alcuni cimeli artusiani, fra cui il
quanto il manuale di cucina più amato dagli italiani. Merito            salotto, lo studio e alcuni passaporti di età pontificia. Ma il fiore
soprattutto di un programma gastronomico chiaro e accatti-              all’occhiello è rappresentato dalla Scuola di Cucina, aperta sia
vante, senza fronzoli e alla portata di tutti, basato sulla triade      agli appassionati che intendono migliorare le proprie capacità,
che campeggia sul frontespizio: Igiene – Economia – Buon                sia ai professionisti che vogliono affinare le proprie competenze
Gusto. È su quei fondamenti gastronomici, raccolti in 790               in settori specifici della ristorazione. È bene ricordare, a questo
ricette, che tutti gli autori successivi dovranno, in un modo           proposito, che accanto ai più noti maestri di cucina opera l’As-
o nell’altro, misurarsi. Il modello artusiano, peraltro, viene da       sociazione delle Mariette, alla quale è stato affidato il compito
una lunga tradizione: lo stesso Bartolemeo Scappi, nel Cin-             di valorizzare la cucina di casa e le tradizioni gastronomiche
quecento, adotta una prospettiva antologica per descrivere le           popolari attraverso la ricerca, la comunicazione e la formazione,
migliori tradizioni locali, lasciando libertà di scelta sulle ricette   con uno specifico interesse per la cucina romagnola.
da realizzare. Un modello che – come è già stato rilevato – fa

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della circolazione dei gusti, dei prodotti, delle ricette, incluse      Giordano Conti
le diversità, un valore fondante dell’identità gastronomica na-         Presidente di Casa Artusi
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L’ITALIA A TAVOLA CON PELLEGRINO ARTUSI

    Il cibo e il territorio: dal campo alla tavola
    Le migrazioni storiche e gli scambi commerciali dalle zone eu-        con sfoglia, e ripieni con impasti preparati con i prodotti del
    rasiatiche e cinesi verso i Paesi del bacino mediterraneo hanno       luogo, in particolare verdure con carne o con pesce, ma senza
    indotto cambiamenti nelle abitudine alimentari delle popola-          formaggio in quanto i cinesi non considerano molto questo
    zioni e, conseguentemente sulle coltivazioni agricole per cui         prodotto. I ravioli vengono preparati nelle forme più disparate,
    sono state introdotte nuove tipologie di piante e animali che         alcuni simili ai nostri cappelletti, sono cotti a vapore, oppure
    sono diventate nel tempo patrimonio agrario e culturale dei           bolliti o nel forno e vengono serviti tal quale conditi con salse
    territori di coltivazione. Se analizziamo il flusso delle specie      varie oppure sciroppi dolciastri come nei romagnoli “sabado-
    vegetali e animali dalle zone asiatiche di origine verso i Paesi      ni”. Questo esempio, come altri riscontrabili in molti Paesi del
    mediterranei, osserviamo un processo storico di orientalizza-         Vecchio Continente si evidenzia che il sistema alimentare e
    zione, probabilmente poco considerato e dimenticato, che ha           la preparazione del cibo e sia sempre stata influenzata dal-
    influito sulla disponibilità alimentare e sulla creazione di quel-    la produzione locale e integrata dalle abitudini alimentari e
    la cucina popolare, ben diversa da quella delle descritta dai         culture diverse delle popolazioni che migrano nei nella varie
    cuochi delle corti europee o del ridotto numero delle famiglie        zone della terra. Altri cambiamenti nella alimentazione sono
    benestanti. Nel continente euroasiatico le grandi vie di comu-        avvenuti con la scoperta delle Americhe e la conseguente in-
    nicazione del passato percorse dai commercianti, dagli eserciti       troduzione, nel XVI° secolo, di molte specie come la patata,
    e dalle popolazioni migranti, erano dirette principalmente da         il pomodoro, il fagiolo, il peperone, il granturco, ecc. che in
    oriente a occidente, e definite nel tempo come percorsi del-          un primi tempo furono avversati, anche per motivi religiosi
    le spezie e della seta. Quest’ultima mitica via valorizzata da        in quanto non erano citati nel vecchio testamento, e solo nei
    Marco Polo, ha influito fortemente sul nostro sistema alimen-         secoli successivi sono entrati nei consumi popolari. Le nuove
    tare, in particolare con l’introduzione di metodi e abitudini         colture si sono aggiunte a quelle del territorio hanno contri-
    di preparazione del cibo che in parte ancora oggi adottiamo           buito ad alleviare le carenze alimentari ma non a risolvere i
    e accompagnano il nostro vivere quotidiano. Mi è capitato             problemi di povertà e di accettabili condizioni socio economi-
    per motivi legati al mio lavoro di trascorrere periodi in Cina e      che dell’Italia e di molti Paesi europei. Nella seconda metà del
    di stare a contatto con le popolazioni, non solo delle grandi         secolo XIX sono state favorite, da parte dei Governi di alcuni
    città ma anche dei villaggi rurali e di trovare cibo, preparato       Stati del Vecchio Continente le migrazioni verso le nuove terre
    con le produzioni locali, con molte similitudini con il sistema       ed in particolare le Americhe. Le comunità dei migranti hanno
    alimentare tipico delle nostre campagne fino alla metà del se-        portato nei nuovi territori la loro civiltà agricola e alimentare
    colo scorso (anni ’50) in particolare zuppe, paste lunghe (spa-       creando sotto lo stesso campanile dei gruppi, quasi conviviali,
    getti) e ripiene (ravioli). Nel nord est della Cina, a Dalian, dove   che si autoproteggevano e mantenevano i legami con la terra

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    la pasta è di tradizione millenaria e si contrappone al riso, è       di origine. Gli Emiliano-Romagnoli hanno seguito lo stesso
    possibile trovare ancora oggi quei fagottini (dumpling) fatti         comportamento ma ora i loro discendenti hanno una diversa
IL CIBO E IL TERRITORIO: DAL CAMPO ALLA TAVOLA

cultura e formazione, occupano posizioni di rilievo sociale nei       (frutti tropicali, manioca, formaggi locali, cacao, caffè, derivati
loro attuali Paesi, ma mantengono ancora un legame affettivo          della canna da zucchero, anacardio, banane varie, ecc.) che
e storico per terra e le tradizioni dei loro nonni.                   potrebbero combinarsi anche con le nostre specialità emilia-
                                                                      no-romagnolo, trovando le ricette giuste e ricalcando quanto
LA COMUNITÀ EMILIANO ROMAGNOLA IN BRASILE                             aveva fatto l’Artusi in passato. Un tentativo è stato effettuato
La recente visita San Paolo assieme al Maestro Cuoco Daniele          durante i nostri incontri gastronomici, dal Cuoco Daniele che
Mami, nell’ambito del Progetto della città artusiana, sostenuto       ha utilizzato tuberi di manioca bolliti, ovviamente uniti al no-
dalla Regione Emilia-Romagna, “Un ricettario per amico”, ci           stro parmigiano reggiano, nel ripieno dei ravioli e degli anolini
ha consentito di interpretare l’attaccamento della Comunità           e la nuova ricetta ha ottenuto un forte successo. Tale integra-
Emiliano-Romagnola di San Paolo e Paesi limitrofi, al nostro          zione fra i nostri prodotti e le produzioni locali che ricalca il
territorio sia sotto l’ aspetto culturale sia come conoscenza         processo evolutivo del sistema alimentare delle popolazioni del
gastronomica dei prodotti tipici della nostra Regione. La gran-       passato. La tradizione e le caratteristiche di qualità e sicurezza
de attenzione verso i prodotti alimentari dell’Emilia-Romagna         alimentare del cibo emiliano-romagnolo hanno una notevole
è dimostrata dai Corsi di Laurea e post- laurea in gastrono-          influenza sulla richiesta gastronomica delle comunità di molte
mia tenuti nelle Università Statali e private quali: la Faculta-      città brasiliane, spesso con radici italiane; la comunità di San
des Unidas Metropolitanas (FMU), il Servicio Nacional De              Paolo è formata da circa sei milioni di persone. Le ricette del
Aprendizagem Comercial (SENAC), che ha sedi in tutto il Bra-          cibo italiano ed emiliano-romagnole, si stanno diffondendo
sile, il Centro Universitario Di Nostra Senora Do Patrocinio          non solo nei ristoranti ma anche nelle famiglie e nel cibo di
(CEUNSP) di Salto e Itu. Nelle sedi Universitarie sono state          strada (furgoni o piccole strutture attrezzate), dove vengono
effettuate le lezioni teoriche sulle produzioni agroalimentari        serviti salsicce, cappelletti, ravioli, risotti e panini con salu-
dell’Emilia-Romagna e soprattutto la preparazione, da parte           mi locali e anche prosciutto di Parma. I cambiamenti delle
del Maestro Cuoco Daniele Mami, dei piatti tipici regionali con       abitudini alimentari dovrebbero essere considerate nell’impo-
particolare attenzione alla pasta a sfoglia e ripiene (anolini, ra-   stazione delle future esportazioni dei nostri prodotti che do-
violi, cappelletti e tortellini). Nei vari seminari e dimostrazioni   vrebbero essere accompagnati da una migliore informazione e
gastronomiche sono stati illustrati i metodi di produzione delle      preparazione culturale in loco, affinché il consumatore abbia
nostre specialità alimentari, le tecniche ed i controlli effettuati   poi continuità nell’acquisto del prodotto. Inoltre la politica
per mantenere la tipicità del prodotto ed il legame con il terri-     del cibo solo italiano, dovrebbe essere riconsiderata in funzio-
torio. Molto interesse hanno destato i disciplinari di produzio-      ne degli attuali sistemi alimentari globalizzati, tenendo conto
ne delle specialità alimentari, che la Regione Emilia-Romagna         delle produzioni locali che rappresentano la tipicità del terri-
ha adottato, tra le prime in Europa, che vengono applicati ai         torio e possono recuperare la tradizione della cucina indigena
prodotti che hanno la Denominazione di Origine Protetta               delle popolazioni Guarani, Gaucha, Amazzonica, nel caso del
(DOP), Indicazione Geografica Protetta (IGP) e i rispettivi or-       Brasile. In futuro, come in passato, il sistema alimentare sarà
gani di controllo pubblici e privati che in Brasile sono ancora       sempre in evoluzione, legato alle produzioni agroindustriali e
carenti. Le specialità gastronomiche della nostra Regione non         la cucina sfornerà sempre piatti condivisi e contaminati dalla
sono sempre conosciute sotto l’aspetto gustativo e culturale          migrazione dell’uomo che non potrà mai essere fermata.
per cui si è registrato un forte interesse a conoscerne l’origine

                                                                                                                                            9
storica, come il prodotto sia ottenuto, l’utilizzo. Di grande in-     Bruno Marangoni,
teresse poi l’integrazione con i prodotti tipici di quei territori    Università di Bologna Alma Mater
IL MONDO DI PELLEGRINO ARTUSI E IL CIBO DEL MONDO: UNA VISIONE CONTEMPORANEA

     Il mondo di Pellegrino Artusi
     e il cibo del mondo: una visione contemporanea
     1. Nel 1899, con una ricetta satirica, Olindo Guerrini fornisce        abbondante. Altrimenti non ci sarebbero avanzi, è evidente.
     a Pellegrino Artusi l’ultimo strumento per seppellire cucine ot-       Ma proprio in quel periodo storico, fino ad arrivare all’autar-
     tocentesche e mode francesi. La loro corrispondenza, la loro           chia fascista, la borghesia dell’epoca farà sempre più fatica a
     amicizia sarà fondamentale per la nuova cultura gastronomica           procurarsi materie prime buone. Non ci sono più avanzi.
     italiana. Il rapporto tra due personalità profondamente diverse
     per indole, esperienza e fama, ma attratte da reciproca stima          2. Il cibo avanzato riporta dunque a una mensa ricca, così
     e accomunate da una identità profondamente romagnola è                 come la sua cucina. Nel senso che gli avanzi c’erano – e ci
     stato studiato in diversi ambiti. Trascorso da poco il centenario      sono ancora – sulle tavole abbondanti (da qui in avanti ripren-
     della morte di Olindo Guerrini, cercherò di trattare la “cucina        do alcune “voci” del mio Cibo, il Mulino 2015). Quelle povere
     degli avanzi” ritornata di grande attualità, anche grazie alla         non avevano, e non hanno, avanzi. Gli “avanzi” compaiono
     recente attenzione ricevuta a livello nazionale e internazionale       relativamente tardi, almeno nella letteratura gastronomica. E
     della questione relativa agli sprechi alimentari. Che nel nostro       solo con l’affermarsi della borghesia, ma anche nelle famiglie
     paese ha portato anche all’approvazione di una legge per con-          più abbienti si usava dare gli avanzi ai poveri o ai conventi, ma
     trastare un fenomeno che ha assunto una dimensione assai               mai buttati via. Prima i nobili erano ipernutriti, mentre brac-
     significativa. Se è vero, sono dati dell’Osservatorio nazionale        cianti, contadini, operai erano al limite della denutrizione (per
     sullo spreco alimentare domestico (Waste Watcher di Last               questo, sia detto per inciso, non mi piace il termine “contadi-
     Minute Market), che lo spreco delle famiglie italiane rappre-          no” che molti non agricoltori usano oggi: richiama ad altro).
     senta circa il 50% di totale della filiera agroalimentare pari a       Sia per quantità che per valore nutrizionale: i poveri mangia-
     un valore superiore agli 8 miliardi di euro (dati riferiti al 2015).   vano poco e male. Oggi, in un’epoca che pure per disponibilità
     “L’arte di utilizzare gli avanzi della mensa” esce postuma nel         alimentare non ha paragone rispetto ai decenni passati, la crisi
     1918 (si veda la riedizione a cura di Mariavittoria Andrini, Edi-      economica e ambientale porta l’attenzione più su sprechi e
     zioni In Magazine, Forlì 2012) ed illustra una cucina essenzial-       scarti che sugli avanzi. Gettare via gli avanzi è peccato, ma
     mente povera che richiama la penuria alimentare cui lo stesso          significa che qualcosa è stato consumato, mangiato, bevuto,
     Guerrini era sottoposto tanto dal magro stipendio di biblio-           e che era troppo: una questione, in altre parole, di quantità.
     tecario dell’Università di Bologna quanto dalla precaria vita          Sprecare e scartare vanno oltre. Avanzare, infatti, significa an-
     di poliedrico letterato. Tuttavia, come osserva Andrini nella          che andare avanti. Nulla di buono deve restare nel piatto. È
     citata riedizione dell’opera di Guerrini, il libro non ha successo     questione di educazione come dirò più avanti.
     come quello di Artusi perché di fatto l’approccio agli avanzi
     non si richiama al risparmio e alla penuria, ma al gusto e alla        3. Gli avanzi o meglio gli scarti o sprechi possono tuttavia

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     disponibilità. In effetti – pensandoci- la cucina degli avanzi è,      essere recuperati a beneficio di qualcuno. È questo il cibo be-
     e non può essere altrimenti, una cucina di una mensa ricca,            neficiato. Lo spreco utile, l’ossimoro promosso dall’economia
IL MONDO DI PELLEGRINO ARTUSI E IL CIBO DEL MONDO: UNA VISIONE CONTEMPORANEA

Last Minute Market, dimostra che ciò che per molti è abbon-          2015). Uso il condizionale perché in realtà non è detto che gli
danza, tanto da diventare spreco, per qualcun altro diventa          Italiani, noi tutti intendo, abbiamo contezza di questo privi-
opportunità per riempire la scarsità. Lo spreco alimentare può       legio, almeno osservando i dati che riguardano – negli ultimi
dunque trasformarsi in risorsa, almeno per qualcuno. Ma so-          decenni – alcuni fenomeni correlati. Ovvero l’articolato spreco
prattutto può diventare per tutti il paradigma di una nuova so-      alimentare a livello domestico, la dieta alimentare così lontana
cietà fondata sulle relazioni fra le persone, anche molto diverse    da quella mediterranea (tanto parlata quanto poco praticata),
e assai lontane. Così è fra chi dona un’eccedenza, un’impresa        i crescenti livelli di obesità soprattutto nelle fasce giovanili (il
commerciale come un supermercato, e chi la riceve, un ente           più elevato di tutti è proprio in Campania, sede della dieta
caritativo come una mensa per i poveri. Due mondi apparen-           mediterranea), l’aumento della spesa sanitaria per disturbi di
temente lontani, antitetici. Eppure la relazione donatore-be-        origine alimentare, le sempre più fantasiose sofisticazioni e
neficiario va appunto oltre il bene recuperato, che anzi è il        frodi dedicate agli alimenti. In effetti è paradossale che il cibo,
mezzo che stimola la relazione diretta fra chi dona e chi riceve.    in Italia, non sia davvero riconosciuto come un “valore” nel
Un sistema di recupero dei beni invenduti che coniuga, per           senso più ampio di questo termine e neppure, di conseguen-
davvero, solidarietà (più aiuti) con sostenibilità (meno rifiu-      za, dei valori derivati: economici, ambientali, sociali, sanitari,
ti). Distruggere i prodotti prima del loro uso o della loro fine     relazionali. Valore e valori che potrebbero essere “tirati fuori”
naturale è come farli morire, e con loro eliminare le persone        con una buona iniezione di educazione alimentare. Inserire
che invece potrebbero consumarli. L’economia dell’ultimo mi-         l’educazione alimentare nelle scuole di ogni ordine e grado è
nuto, il recupero sostenibile delle eccedenze a fini solidali, non   un must. Del resto la scuola non è solo il futuro, come trop-
può tuttavia essere visto come la soluzione dei problemi legati      po spesso si dice. Ma anche, e soprattutto, il nostro presente.
alla povertà e alla fame, peraltro crescenti in molte fasce della    L’educazione alimentare infatti prende, anzi prenderebbe, una
popolazione. Altrimenti basterebbe continuare ad aumentare           parte importante della nostra società: gli studenti, le loro fa-
gli sprechi, tanto poi si possono dare a chi ha bisogno: e i         miglie – e spesso sono i bambini che insegnano ai genitori
bisognosi aumentano parallelamente agli “spreconi”. Non può          – gli insegnanti. Se poi pensiamo che partendo dal cibo si
essere così: dare gli avanzi dei ricchi ai poveri non è la solu-     potrebbe favorire l’integrazione nelle classi “multi” (etniche,
zione del problema, che invece va affrontato a monte. Con la         religiose), se è vero che il cibo è identità, storia, cultura, tra-
prevenzione e l’educazione.                                          dizione, rispetto, relazione… cosa aspettiamo? (si veda Andrea
                                                                     Segrè con Simone Arminio, L’oro nel piatto. Valore e valori
4. Esiste allora un cibo, almeno come oggetto. Perché “male-         del cibo, Einaudi, Torino 2015). Educare deriva dal latino ex
ducato” è invece il soggetto, chi lo mangia ovvero il consu-         ducere, tirare fuori il meglio del cibo, il suo valore, invece di
matore-distruttore. Per non generalizzare – anche se la ma-          ‘mettere dentro’ lo stomaco e la mente cibo “cattivo”. Ma edu-
leducazione alimentare riguarda una buona parte del mondo            care vuole anche dire allevare: il cibo educato è ben allevato,
– prendiamo il caso dell’Italia, Repubblica fondata anche sul        come un figlio. Bisogna (ri)partire da qui: un buon allevamen-
suo cibo. Essendo, il Belpaese, la “sede” naturale di un patri-      to, essenziale direi, dei figli, dei genitori, degli insegnanti, delle
monio agricolo ed enogastronomico che non ha, avrebbe, pari          piante, degli animali.
nel mondo (si veda Andrea Segrè, “Educazione alimentare e
spreco di cibo: per una nuova economia domestica”, in Ar-            5. C’è un luogo a Bologna pensato per promuovere l’educa-

                                                                                                                                              11
tusi. Una cultura per nutrire il pianeta, a cura di T. Gregory e     zione alimentare. Si chiama FICO. Non a caso a Bologna, cit-
M. Bray, Istituto della Enciclopedia Italiana, Treccani, Roma        tà del cibo (Alla Bolognese. Dalla città grassa a FICO, a cura
IL MONDO DI PELLEGRINO ARTUSI E IL CIBO DEL MONDO: UNA VISIONE CONTEMPORANEA

     di Massimo Montanari, il Mulino, Bologna 2018). Tanto che
     l’amministrazione comunale ha adottato, qualche anno fa, il
     “brand” Bologna is City of Food. Proprio così, tutto in inglese.
     Omaggio da una parte all’imperante anglo-food ma che ri-
     balta, dall’altra, la prospettiva della globalizzazione facendola
     rinascere dal locale. Una volta si diceva: pensa globale e agisci
     locale. Ma vale anche il contrario: pensa locale e, se funzio-
     na, agisci nel mondo. La fama gastronomica di Bologna va
     indietro nel tempo, e molto. Così come va avanti nello spazio.
     Leggendo questo libro si capisce come l’idea di proporre una
     vera e propria cittadella della buona alimentazione, colta e
     accogliente nello stesso tempo, modernamente diremmo un
     parco tematico agro-alimentare o del cibo, forse non poteva
     che nascere qui. Un’identità alimentare, quella di Bologna, che
     fin dagli inizi è al centro di un territorio che si è poi fatto mon-
     do. FICO, la Fabbrica Italiana Contadina, rappresenta in fondo
     una tappa, certamente non l’ultima, della straordinaria storia
     del cibo bolognese. Che vuole sì proiettarsi al di fuori delle sue
     mura, ma è anche capace di accogliere il meglio dall’esterno.
     Sempre per correre sul filo delle parole fra sigle e acronimi, un
     CIBO FICO: bello, accogliente, buono, vero.
     Di questa “storia”, nella parte almeno che è stata appena scrit-
     ta, merita sottolineare un aspetto, anzi due. Riguarda il dove
     e il come è stato realizzato il parco del cibo. La rigenerazione
     del Centro Agroalimentare di Bologna (dove), un bene pub-
     blico sottoutilizzato e gravato da debiti, richiamando tanto
     la straordinaria biodiversità dell’agricoltura, quanto la com-
     plessità delle filiere di produzione e trasformazione, nonché la
     ricchezza della nostra cucina, domestica e fuori casa.

     Andrea Segrè
     Università di Bologna Alma Mater,
     Presidente della Fondazione FICO
     www.fondazionefico.org

     (intervento tenuto presso l’Istituto Italiano di Cultura di Toronto,
     nell’ambito delle celebrazioni del 4 agosto, Notte Bianca del Cibo Ita-
12   liano, nel giorno della nascita di Artusi)
ITALIA E CANADA: POLITICHE ALIMENTARI E SFIDA ALLO SPRECO

Italia e Canada: politiche alimentari
e sfida allo spreco
Quello dello spreco alimentare è un argomento molto impor-          hanno storicamente rappresentato un ostacolo significativo
tante, soprattutto considerando che l’obiettivo della Commis-       alla creazione di una politica alimentare comune ed efficiente
sione europea è di ridurne della metà i quantitativi entro il       in Canada. Ad esempio, il confezionamento e l’etichettatura
2030, allo stesso modo il National Zero Waste Council Food          sono una caratteristica chiave nella riduzione degli sprechi ali-
Loss and Waste Strategy Canadese ha in programma di dimez-          mentari e queste sono di competenza della giurisdizione del
zare gli sprechi entro il 2030.                                     Governo Federale mentre la gestione dei rifiuti alimentari do-
Lo spreco alimentare è un grosso problema sia per il Cana-          mestici e commerciali è regolata dal Governo Municipale.
da sia per l’Italia. In Canada, ogni anno vengono sprecati 31       Il Canada può imparare molto dall’Europa ed, in particolare,
miliardi di dollari di cibo di cui il 47% del valore può essere     dall’approccio dell’Italia alla gestione dei rifiuti alimentari. Le
attribuito ai soli consumi delle famiglie.                          ricerche italiane sulla quantificazione degli sprechi lungo fi-
In Italia, il prof. Andrea Segrè è stato il primo a fornire una     liera alimentare hanno portato l’Italia a varare la sua prima
quantificazione dello spreco verificato lungo la catena di ap-      politica nazionale sui rifiuti alimentari (legge 166/16) nel 2016
provvigionamento alimentare. La ricerca infatti ha condotto         mentre il Canada respingeva il disegno di legge C-231 nello
ad un risultato che vede uno spreco di 20 milioni di tonnellate     stesso anno.
lungo tutte le fasi della filiera alimentare.                       La legge italiana si concentra sulla semplificazione e gli in-
Nell’ottobre 2016, è stato sottoposto da parte del Governo          centivi. L’obiettivo di questa politica è esaminare ogni fase
canadese il disegno di legge C-321. Tale proposta mirava a          della filiera alimentare, dalla produzione al consumo, in modo
facilitare la donazione di cibo di scarto, ma decisamente com-      tale da ridurre gli sprechi in ogni sua fase. Ad esempio, l’Ita-
mestibile, ad organizzazioni comunitarie ed alle banche del         lia ha chiarito alcuni aspetti chiave del processo di donazio-
cibo. Il disegno è stato rapidamente respinto in Parlamento.        ne, inclusa (ma non limitata a) la donazione di cibo con data
Pare che il motivo del rifiuto fosse dovuto al linguaggio del       post-scadenza (purché il cibo sia conservato e l’imballaggio sia
disegno di legge che avrebbe dovuto essere modificato per           intatto). Un altro aspetto interessante é che sono considerati
essere più chiaro e comprensibile. Tuttavia, è proprio il sistema   validi per la donazione prodotti che presentano errori sull’eti-
alimentare frammentato del Canada che ha bisogno di essere          chetta purché non legati alla data di scadenza o al contenuto.
rivisto nella sua interezza.                                        Diversamente dall’Italia, in Canada, ci sono ancora problemi
Di fatto il Canada non prevede al momento un dipartimento           legati alla donazione di cibo che presenta errori sulle etichet-
alimentare e non è attiva una politica alimentare nazionale co-     te e ciò è riconducibile a quanto precedentemente spiegato,
erente ed integrata. Mentre il Premier Trudeau aveva incaricato     ovvero alla mancanza di coesione tra le diverse strutture del
il Ministro dell’Agricoltura di creare una strategia alimentare     Governo Federale per l’imballaggio e l’etichettatura ed i Gover-

                                                                                                                                          13
nazionale, la divisione costituzionale delle responsabilità giu-    ni Municipali per i rifiuti alimentari domestici e commerciali.
risdizionali e le politiche tra i Governi Federale e Provinciale    Il Canada ha ancora molto da imparare per quanto riguarda la
ITALIA E CANADA: POLITICHE ALIMENTARI E SFIDA ALLO SPRECO

     catena di approvvigionamento alimentare e dovrebbe guardare
     a come l’Italia gestisce gli sprechi alimentari dalla produzione
     al consumo.
     Per l’anno 2019 è già stato calcolato in Canada un aumento
     del costo dei prodotti alimentari fino al 3,5%. Di tutti i rifiuti
     alimentari domestici in Canada, le verdure sono il prodotto
     alimentare più sprecato, eppure i prezzi degli ortaggi sono
     previsti come la categoria in maggiore aumento, pari al 6%.
     Probabilmente assisteremo ad un continuo aumento dell’uso
     delle banche del cibo e le famiglie sempre più provate dall’au-
     mento dei prezzi nel 2019. Dobbiamo guardare attentamente
     al sistema alimentare canadese e al modo in cui si affrontano
     queste delicate questioni.
     Rivedere ed arginare lo spreco alimentare in Canada provando
     a conservare il cibo è essenzialmente un tentativo di utilizzare
     ciò che è già stato prodotto senza sprecarlo. Proprio in que-
     sto periodo Natalizio possiamo ricordare un esempio biblico di
     quando Gesù sfamò una folla di cinquemila persone utilizzan-
     do ciò che gli era disponibile: cinque pani e due pesci… Con
     un adeguato ed efficiente intervento strutturale sui processi
     e sulle regolamentazioni del Sistema alimentare, eliminare lo
     spreco alimentare in Canada non richiede poi un miracolo!

     Sarah Duni
     University of Guelph-Humber di Toronto

     (intervento tenuto in occasione dell’evento presso la Ryerson Univer-
     sity di Toronto, organizzato dall’Assessorato all’Agricoltura della Re-
     gione Emilia-Romagna, nell’ambito della missione in Canada per la
14   “Settimana della Cucina Italiana nel mondo 2018”)
ITALIA, ALCUNE RICETTE DA “LA SCIENZA IN CUCINA E L’ARTE DI MANGIAR BENE” DI PELLEGRINO ARTUSI

Italia
Ricette tratte da “La Scienza in cucina e l’arte di mangiar bene”, manuale chiamato con il
nome dell’autore: “l’Artusi”
1. BRODO                                                              spacciano che il brodo non nutrisce e serve più che ad altro
Lo sa il popolo e il comune che per ottenere il brodo buono           a promuovere nello stomaco i sughi gastrici. Io, non essendo
bisogna mettere la carne ad acqua diaccia e far bollire la pen-       giudice competente in tal materia, lascierò ad essi la responsa-
tola adagino adagino e che non trabocchi mai. Se poi, invece          bilità di questa nuova teoria che ha tutta l’apparenza di ripu-
di un buon brodo preferiste un buon lesso, allora mettete la          gnare al buon senso.
carne ad acqua bollente senza tanti riguardi. È noto pur anche
che le ossa spugnose danno sapore e fragranza al brodo; ma il         7. CAPPELLETTI ALL’USO ROMAGNA
brodo di ossa non è nutriente.                                        Sono così chiamati per la loro forma a cappello. Ecco il modo
In Toscana è uso quasi generale di dare odore al brodo con            più semplice di farli onde riescano meno gravi allo stomaco.
un mazzettino di erbe aromatiche. Lo si compone non con               Ricotta, oppure metà ricotta e metà cacio raviggiolo, grammi 180.
le foglie che si disfarebbero, ma coi gambi del sedano, della         Mezzo petto di cappone cotto nel burro, condito con sale e
carota, del prezzemolo e del basilico, il tutto in piccolissime       pepe, e tritato fine fine colla lunetta.
proporzioni. Alcuni aggiungono una sfoglia di cipolla arrostita       Parmigiano grattato, grammi 30.
sulla brace; ma questa essendo ventosa non fa per tutti gli           Uova, uno intero e un rosso.
stomachi. Se poi vi piacesse di colorire il brodo all’uso france-     Odore di noce moscata, poche spezie, scorza di limone a chi
se, non avete altro a fare che mettere dello zucchero al fuoco,       piace.
e quando esso avrà preso il color bruno, diluirlo con acqua           Un pizzico di sale.
fresca. Si fa bollire per iscioglierlo completamente e si conserva    Assaggiate il composto per poterlo al caso correggere, perché
in bottiglia.                                                         gl’ingredienti non corrispondono sempre a un modo. Mancan-
Per serbare il brodo da un giorno all’altro durante i calori estivi   do il petto di cappone, supplite con grammi 100 di magro di
fategli alzare il bollore sera e mattina.                             maiale nella lombata, cotto e condizionato nella stessa ma-
La schiuma della pentola è il prodotto di due sostanze: dell’al-      niera.
bumina superficiale della carne che si coagula col calore e si        Se la ricotta o il raviggiolo fossero troppo morbidi, lasciate ad-
unisce all’ematosina, materia colorante del sangue.                   dietro la chiara d’uovo oppure aggiungete un altro rosso se il
Le pentole di terra essendo poco conduttrici del calorico sono        composto riescisse troppo sodo. Per chiuderlo fate una sfoglia
da preferirsi a quelle di ferro o di rame, perché meglio si pos-      piuttosto tenera di farina spenta con sole uova servendovi an-
sono regolare col fuoco, fatta eccezione forse per le pentole         che di qualche chiara rimasta, e tagliatela con un disco roton-
in ghisa smaltata, di fabbrica inglese, con la valvola in mezzo       do della grandezza come quello segnato. Ponete il composto
al coperchio.                                                         in mezzo ai dischi e piegateli in due formando così una mezza

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Si è sempre creduto che il brodo fosse un ottimo ed omoge-            luna; poi prendete le due estremità della medesima, riunitele
neo nutrimento atto a dar vigore alle forze; ma ora i medici          insieme ed avrete il cappelletto compito.
ITALIA, ALCUNE RICETTE DA “LA SCIENZA IN CUCINA E L’ARTE DI MANGIAR BENE” DI PELLEGRINO ARTUSI

     Se la sfoglia vi si risecca fra mano, bagnate, con un dito intinto
     nell’acqua, gli orli dei dischi. Questa minestra per rendersi più
     grata al gusto richiede il brodo di cappone; di quel rimmin-
     chionito animale che per sua bontà si offre nella solennità di
     Natale in olocausto agli uomini. Cuocete dunque i cappelletti
     nel suo brodo come si usa in Romagna, ove trovereste nel ci-
     tato giorno degli eroi che si vantano di averne mangiati cento;
     ma c’è il caso però di crepare, come avvenne ad un mio cono-
     scente. A un mangiatore discreto bastano due dozzine.
     A proposito di questa minestra vi narrerò un fatterello, se vo-
     gliamo di poca importanza, ma che può dare argomento a
     riflettere.
     Avete dunque a sapere che di lambiccarsi il cervello su’ libri
     i signori di Romagna non ne vogliono saper buccicata, forse
     perché fino dall’infanzia i figli si avvezzano a vedere i geni-
     tori a tutt’altro intenti che a sfogliar libri e fors’anche perché,
     essendo paese ove si può far vita gaudente con poco, non si
     crede necessaria tanta istruzione; quindi il novanta per cento,
     a dir poco, dei giovanetti, quando hanno fatto le ginnasiali, si
     buttano sull’imbraca, e avete un bel tirare per la cavezza ché
     non si muovono. Fino a questo punto arrivarono col figlio
     Carlino, marito e moglie, in un villaggio della bassa Romagna;
     ma il padre che la pretendeva a progressista, benché potesse
     lasciare il figliuolo a sufficienza provvisto avrebbe pur deside-
     rato di farne un avvocato e, chi sa, fors’anche un deputato,
     perché da quello a questo è breve il passo. Dopo molti discorsi,
     consigli e contrasti in famiglia fu deciso il gran distacco per
     mandar Carlino a proseguire gli studi in una grande città, e          slanciarsi tutto festevole in mezzo alla sala.
     siccome Ferrara era la più vicina per questo fu preferita. Il         - Oh! cavallo di ritorno, esclama il babbo, cos’è stato? - È
     padre ve lo condusse, ma col cuore gonfio di duolo avendolo           stato, risponde Carlino, che il marcire sui libri non è affare per
     dovuto strappare dal seno della tenera mamma che lo bagnava           me e che mi farò tagliare a pezzi piuttosto che ritornare in
     di pianto. Non era anco scorsa intera la settimana quando i           quella galera. - La buona mamma gongolante di gioia corse ad
     genitori si erano messi a tavola sopra una minestra di cap-           abbracciare il figliuolo e rivolta al marito: - Lascialo fare, disse,
     pelletti, e dopo un lungo silenzio e qualche sospiro la buona         meglio un asino vivo che un dottore morto; avrà abbastanza
     madre proruppe:                                                       di che occuparsi co’ suoi interessi. - Infatti, d’allora in poi
     - Oh se ci fosse stato il nostro Carlino cui i cappelletti piaceva-   gl’interessi di Carlino furono un fucile e un cane da caccia, un

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     no tanto! - Erano appena proferite queste parole che si sente         focoso cavallo attaccato a un bel baroccino e continui assalti
     picchiare all’uscio di strada, e dopo un momento, ecco Carlino        alle giovani contadine.
ITALIA, ALCUNE RICETTE DA “LA SCIENZA IN CUCINA E L’ARTE DI MANGIAR BENE” DI PELLEGRINO ARTUSI

20. MINESTRA DI PASSATELLI
Eccovi due ricette che, ad eccezione della quantità, poco dif-
feriscono l’una dall’altra.

Prima:
Pangrattato, grammi 100.
Midollo di bue, grammi 20.
Parmigiano grattato, grammi 40.
Uova, n. 2.
Odore di noce moscata o di scorza di limone, oppure dell’una
e dell’altra insieme.
Questa dose può bastare per quattro persone.

Seconda:
Pangrattato, grammi 170.
Midollo di bue, grammi 30.
Parmigiano grattato, grammi 70.
Uova n. 3 e un rosso.
Odore come sopra.
Può bastare per sette od otto persone.

Il midollo serve per renderli più teneri, e non è necessario
scioglierlo al fuoco; basta stiacciarlo e disfarlo colla lama di
un coltello. Impastate ogni cosa insieme per formare un pane
piuttosto sodo; ma lasciate addietro alquanto pangrattato per
aggiungerlo dopo, se occorre.
Si chiamano passatelli perché prendono la forma loro speciale
passando a forza dai buchi di un ferro fatto appositamen-
te, poche essendo le famiglie in Romagna che non l’abbiano,
per la ragione che questa minestra vi è tenuta in buon conto
come, in generale, a cagione del clima, sono colà apprezzate
tutte le minestre intrise colle uova delle quali si fa uso quasi
quotidiano. Si possono passare anche dalla siringa.

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ITALIA, ALCUNE RICETTE DA “LA SCIENZA IN CUCINA E L’ARTE DI MANGIAR BENE” DI PELLEGRINO ARTUSI

     87. MACCHERONI ALLA BOLOGNESE                                      no e con questo intingolo, il quale si può rendere anche più
     I Bolognesi, per questa minestra, fanno uso dei così detti denti   grato o con dei pezzetti di funghi secchi o con qualche fettina
     di cavallo di mezzana grandezza, e questa pare anche a me la       di tartufi, o con un fegatino cotto fra la carne e tagliato a
     forma che meglio si presta, se cucinati in tal modo; avvertite     pezzetti; unite, infine, quando è fatto l’intingolo, se volete
     però che siano di sfoglia alquanto grossa, onde nel bollire non    renderli anche più delicati, mezzo bicchiere di panna; in ogni
     si schiaccino; al qual difetto poco si bada in Toscana ove per     modo è bene che i maccheroni vengano in tavola non asciutti
     la predilezione che sempre si dà ai cibi leggeri vengono fab-      arrabbiati, ma diguazzanti in un poco di sugo.
     bricate certe qualità di paste così dette gentili, a buco largo    Trattandosi di paste asciutte, qui viene a proposito una os-
     e a pareti tanto sottili che non reggono punto alla cottura e      servazione, e cioè che queste minestre è bene cuocerle poco;
     si schiacciano bollendo, il che fa disgusto a vederle non che      ma badiamo, modus in rebus. Se le paste si sentono durettine,
     a mangiarle.                                                       riescono più grate al gusto e si digeriscono meglio. Sembra
     Come ognuno sa, le migliori paste da minestra sono quelle          questo un paradosso, ma pure è così, perché la minestra trop-
     di grano duro, che si fanno distinguere pel colore naturale        po cotta, masticandosi poco, scende compatta a pesar sullo
     di cera. Diffidate di quelle gialle, di cui si tenta mascherare    stomaco e vi fa palla, mentre se ha bisogno di essere triturata,
     l’origine ordinaria di grano comune, per mezzo di una tinta ar-    la masticazione produce saliva e questa contiene un fermento
     tificiale, che una volta era data almeno con sostanze innocue,     detto ptialina che serve a convertire l’amido o la fecola in
     quali lo zafferano o il croco.                                     zucchero ed in destrina.
                                                                        L’azione fisiologica della saliva è poi importantissima giacché
     Le seguenti proporzioni sono approssimative per condire            oltre all’effetto di ammollire e di sciogliere i cibi, facilitando-
     grammi 500 e più di minestra:                                      ne l’inghiottimento, promuove per la sua natura alcalina la
     Carne magra di vitella (meglio se nel filetto), grammi 150.        secrezione del succo gastrico allorché i cibi scendono nello
     Carnesecca, grammi 50.                                             stomaco. Per questa ragione le bambinaie usano a fin di bene
     Burro, grammi 40.                                                  un atto schifoso come quello di fare i bocconi e masticare la
     Un quarto di una cipolla comune.                                   pappa ai bambini.
     Una mezza carota.                                                  Si dice che i Napoletani, gran mangiatori di paste asciutte,
     Due costole di sedano bianco lunghe un palmo, oppure l’odore       vi bevano sopra un bicchier d’acqua per digerirle meglio. Io
     del sedano verde.                                                  non so se l’acqua, in questo caso, agisca come dissolvente o
     Un pizzico di farina, ma scarso assai.                             piuttosto sia utile perché, prendendo il posto di un bicchier di
     Un pentolino di brodo.                                             vino o di altro alimento, faccia, naturalmente, rimaner lo sto-
     Sale pochissimo o punto, a motivo della carnesecca e del bro-      maco più leggero. I denti di cavallo, quando sono più grossi e
     do che sono saporiti.                                              più lunghi, si chiamano in Toscana cannelloni e in altri luoghi
     Pepe e, a chi piace, l’odore della noce moscata.                   d’Italia buconotti o strozzapreti.
     Tagliate la carne a piccoli dadi, tritate fine colla lunetta la
     carnesecca, la cipolla e gli odori, poi mettete al fuoco ogni
     cosa insieme, compreso il burro, e quando la carne avrà preso
     colore aggiungete il pizzico della farina, bagnando col brodo

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     fino a cottura intera.
     Scolate bene i maccheroni dall’acqua e conditeli col parmigia-
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