OFFICINE GRANDI RIPARAZIONI: FUCINA DI TRENI E DI VITE - RIVISTA
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gennaio 2011 | «Rivista MuseoTorino» si rivolge MuseoTorino è un progetto a tutti coloro che sono interessati della Città di Torino per il alla conoscenza della città ed è lo 150° anniversario dell’Unità d’Italia strumento con cui MuseoTorino comunica i propri obiettivi, progetti, Sindaco SPECIALE Gennaio attività e presenta la città e la sua Sergio Chiamparino storia attraverso i luoghi, le persone, 2011 gli edifici, le idee, le memorie. Assessore alla Cultura e al 150° dell’Unità d’Italia Fiorenzo Alfieri Numero SPECIALE A CURA DI Periodico di MuseoTorino Alessandro Martini Direttore Divisione cultura, Città di Torino Divisione cultura, comunicazione e promozione comunicazione e promozione della Città Direttore responsabile della Città Daniele Jalla Anna Martina Via S. Francesco da Paola, 3 Progetto grafico Dirigente coordinatore dei servizi 10122 Torino Paolo Sacchetti e Antonino Varsallona museali Tel: 011 443 4440 Daniele Jalla Fax: 011 443 4494 Impaginazione rivista.museotorino@comune.torino.it Paolo Sacchetti Comitato di indirizzo Anna Martina Stampa Stefano Benedetto Tipografia Ianni, Santena Franco Carcillo Francesco De Biase Registrazione Daniele Jalla Tribunale di Torino Paolo Messina n. 66 del 19/05/2011 Enrica Pagella Vincenzo Simone Tiratura Francesca Soncini 3.000 copie Distribuzione gratuita Amministrazione Tiziana Avico Clara Soffietti Gruppo di progetto Sara Abram Paola Boccalatte Laura Carle Francesca B. Filippi In copertina Alessandro Martini Fasi della “Grande riparazione” di Maria Paola Soffiantino locomotore trifase E.43, 1992 Alessandro Vivanti (Collezione Claudio Pedrazzini) Elaborazione grafica di Comunicazione Antonino Varsallona Laura Danzi Fotografia di Michele D’Ottavio
Sommario | gennaio 2011 Editoriale 03| Fiorenzo Alfieri, Assessore alla Cultura e al 150° dell’Unità d’Italia Fabio Malavasi, Presidente del Museo Ferroviario Piemontese Le Officine Grandi Riparazioni 06| MuseoTorino per le “Officine” Daniele Jalla Non solo una cattedrale Carlo Olmo 09| Le Officine: la fabbrica per antonomasia del Borgo Stefano Musso 14| Oltre le Officine Grandi Riparazioni: ferrovie, stazioni e città Luigi Falco 16| Le nuove Officine nascono “al plurale” Gian Carlo Franceschetti 17| Una fucina dell’Unità nazionale 19| Una grande famiglia di 1.100 ferrovieri 20| Forma e funzione per l’industria Angelo Nascimbene 21| Quale vite? 22| Stufa di pace Claudio Demaria e Fabio Malavasi La Mostra 25| «Officine Grandi Riparazioni: fucina di treni e di vite». Catalogo fotografico Presentazione Gianfranco Cavaglià Appuntamento con «esperienza italia 150°» 55| «Fare gli italiani. 150 anni di storia» «Stazione futuro. Qui si rifà l’Italia» «Il Futuro nelle mani. Artieri Domani» E dopo il 2011?
Editoriale | gennaio 2011 Le Officine Grandi Riparazio- di collocarvi un grande centro Il Museo Ferroviario fotografica lo strumento ni (OGR), secondo il Piano dedicato alla contemporaneità Piemontese è lo strumento adatto a un rapido aggiorna- Regolatore del 1995, avreb- dove arte, ricerca, produzione della Regione istituzional- mento visivo. Le immagini bero dovuto essere abbattute. innovativa convivano e si mente deputato a conservare esposte – e in parte riprodotte Successivamente sopravvenne intreccino. elementi importanti per la in questo numero speciale un ripensamento che le salvò Nel frattempo tutti coloro storia del trasporto su rotaia. della «Rivista MuseoTori- per diverse ragioni: la bellezza che prenderanno parte alle Per questo, il Museo no» – analizzano in ordine e l’imponenza dello storico celebrazioni per il Centocin- da una parte raccoglie cronologico le varie fasi in cui edificio, la sua collocazione quantenario dell’Unità d’Italia e restaura rotabili significativi, i rotabili venivano sottoposti sul nuovo boulevard del potranno vivere un’esperienza dall’altra conserva la storia e alla “Grande riparazione”, Passante ferroviario, le straor- che forse non si ripeterà mai la cultura ferroviaria insieme un intervento dopo il quale dinarie potenzialità socio-cul- più: le OGR, infatti, presen- alle nozioni delle lavorazioni il mezzo usciva rinnovato turali che apparivano evidenti teranno il loro attuale aspetto correlate, altrimenti destinate e pronto per il servizio. La in un momento storico (la di archeologia industriale a perdersi. rimessa a nuovo di un rotabile fine degli anni ’90) in cui si fedelmente conservata e Il Museo ha inteso far cono- era legata a tipi di lavorazione elaborava il Piano strategico nello stesso tempo sapran- scere anche i luoghi di queste molto particolari e accurati, di Torino e non era ancora no ospitare grandi mostre, lavorazioni, ora posti all’in- per cui la popolazione che ascritto alla categoria dell’u- attività formative, luoghi per terno della Città, dalla quale operava nelle Officine aveva topia e magari dello spreco lo spettacolo e la ristorazione sono stati a lungo separati da acquisito competenze assai il puntare su una città della con le modalità più moderne alti muri. elevate: nel tempo, un vero e conoscenza e della cultura. La ed efficienti. In futuro sarà Anche queste barriere fisiche proprio standard di riferimen- Città, in accordo con le Ferro- inevitabile una ristruttura- hanno rappresentato uno to. A livello locale, invece, vie di Stato proprietarie del zione definitiva: per il 2011, strumento di diluizione della hanno conferito alla gente che complesso, mise a punto un invece, vivremo tutti insieme memoria, rendendo molti vi lavorava e alle loro famiglie progetto per collocare nelle un miracoloso equilibrio tra luoghi ignoti alla maggior uno status di rispetto e stima, OGR la sezione contempo- passato e futuro che ben si parte dei cittadini. non intaccato nemmeno dalle ranea della Galleria civica addice alla particolarità di un Un esempio di tale rimozione pesanti traversie politiche e d’Arte moderna e gli spazi per evento celebrativo tutto dedi- è costituito dalle Officine belliche del secolo scorso. grandi mostre. Il passaggio di cato proprio alla delicatezza e Grandi Riparazioni. Le Offi- Il mio augurio è che il Museo proprietà dalle Ferrovie alla al fascino di quel non sempre cine sono state dismesse negli e i suoi volontari abbiano rag- Città si inceppò per ragioni fi- facile ma pur inevitabile anni ’90 e assorbite da altre giunto l’obiettivo prefissato. nanziarie e, in attesa di tempi passaggio. istituzioni: la parte centrale migliori, le Ferrovie conces- ospiterà quest’anno gli eventi sero in comodato gratuito che marcano i festeggiamenti alla Città il fabbricato per per i 150 anni dell’Unità trent’anni. d’Italia. Tutti ci auguriamo l’acquisto Per aggiornare i cittadini e delle OGR da parte della i visitatori sulla storia della Fondazione CRT, la quale, Fiorenzo Alfieri struttura ospitante, il Museo Fabio Malavasi adattando il progetto elabo- Assessore alla Cultura Ferroviario Piemontese ha Presidente del rato dalla Città, ha ipotizzato e al 150° dell’Unità d’Italia individuato in una mostra Museo Ferroviario Piemontese 5
gennaio 2011 | Le Officine Grandi Riparazioni MuseoTorino per le “Officine” NON SOLO UNA di Daniele Jalla CATTEDRALE La mostra fotografica «Officine Grandi degli interventi, intrecciandone la visione Riparazioni: una fucina di treni e di vite», con immagini storiche, voci di esperti e curata dal Museo Ferroviario Piemontese, memorie di alcuni dei loro protagonisti. In precede l’inaugurazione di MuseoTorino. parallelo, l’ingente materiale raccolto dal E manifesta uno dei tanti modi attraverso Museo Ferroviario Piemontese in vista della cui esso si propone di comunicare i luoghi pubblicazione di un libro, ha suggerito l’i- Le OGR sono state centro di saperi della città, illustrarne la storia, conservarne dea di questa mostra, inizialmente pensata la memoria. per essere ospitata all’interno delle stesse e di “saper fare”, modello industriale Nasce nel quadro della collaborazione av- Officine durante i lavori. Ma si è preferito viata con il Museo Ferroviario su come allestirla al loro esterno lungo la cancellata e e sociale, luogo di una memoria conservare e rappresentare la storia della il muro delle ex Carceri Nuove, nel tratto di rete ferroviaria torinese partendo dai luoghi corso Castelfidardo che va da corso Vittorio condivisa ancora da realizzare stessi che ne fanno parte: le stazioni, in pri- Emanuele II all’ingresso dell’edificio ad H mo luogo, quelle tuttora attive come Por- delle OGR, mantenendola visibile per l’in- di Carlo Olmo ta Nuova, Porta Susa, Lingotto, Stazione tera durata delle manifestazioni del 150°. L Dora, e quelle che non lo sono più come la Curata da Fabio Malavasi, presidente del e Officine Grandi Riparazioni di Tori- stazione della Torino-Ceres di Ponte Mosca. Museo Ferroviario Piemontese, in colla- no raccontano due storie, lontane nel Ma anche le tratte di linea ancora visibili borazione con l’architetto Gianfranco Ca- tempo e nella trama. La prima è quella dopo la creazione del Passante ferroviario, vaglià, progettista dell’allestimento, è una di una società alla ricerca di un modello, il suo stesso percorso sotterraneo, i depositi, mostra all’aria aperta, un racconto per im- insieme industriale e sociale. Una società le officine... magini su che cosa e su come erano le Of- cosciente di non possederlo, che invia l’in- Si è lavorato attorno all’idea di fare della ficine prima della loro definitiva chiusura. gegner Callisto Candellero in voyage d’in- stazione di Ponte Mosca un “Museo Stazio- È la storia di un luogo – invisibile ai più fin- struction in Europa. Il primo di una lunga ne” creando altri Centri di interpretazione e ché attivo, come tanti altri luoghi di lavoro serie di ingegneri torinesi, come Callabioni coinvolgendo – in collaborazione con GTT e di vita – le cui mura celano quanto avviene o Bonadé Bottino, che studieranno, negli – i punti nodali di un’altra rete, quella tran- al loro interno. È la storia di un luogo im- Stati Uniti, i modelli insieme organizzativi viaria: dal Deposito di Borgo San Paolo alla portante per le tante ragioni che indicano e sociali per Lingotto e Mirafiori, o come stazione della Dentiera della Sassi-Superga. gli interventi di questo numero speciale del- Adriano Olivetti, che sempre negli Usa ini- Idee e progetti per il futuro, dando per il la «Rivista MuseoTorino». zierà la sua personale ricerca sulla responsa- momento priorità alle OGR prima della È la storia di uno dei tanti luoghi della città bilità sociale dell’impresa. loro trasformazione in sede cittadina delle da scoprire o riscoprire insieme alla storia I progettisti di quella che, nell’immagina- manifestazioni per il 150° dell’Unità d’Ita- dell’edificio e alle storie di vite e di lavoro rio collettivo recente di Torino, sarà una lia. che si intrecciano con esso. Storie del pas- cattedrale del lavoro, come gli artefici delle È così nato un documentario, «OGR: un sato e del presente, come quella delle OGR, cattedrali gotiche, non entrano nelle storie. futuro antico», che mostra la nuda mae- per cui nel 2011 inizia una nuova vita. È l’opera a rimanere e a raccontare di una stà delle loro architetture prima dell’inizio cultura che aveva nelle misure e nelle pro- porzioni i suoi codici, che usava tecniche e materiali, il mattone come il ferro o il IL MUSEO FERROVIARIO PIEMONTESE vetro, secondo metriche che anche il più accorto visitatore di oggi non coglie più. Il Museo Ferroviario Piemontese è un’Associazione con personalità giuridica di diritto pubblico, costituita con la Legge Ingegneri progettisti, come, tra molte con- Regionale 45 del 26 Luglio 1978. Il Museo opera in due campi correlati. Il primo è il reperimento e la conservazione di traddizioni, erano sicuri del loro progetto materiale ferroviario di interesse storico, in particolare per il Piemonte. In oltre 30 anni di attività, il Museo è riuscito a sal- di città e di società quegli amministratori vare dalla demolizione e a conservare un significativo numero di mezzi, che oggi costituiscono una dotazione di grande che fecero delle aree lungo la ferrovia, tra valore storico e culturale, seconda solo a quella delle Ferrovie dello Stato. I rotabili e i cimeli ferroviari sono visitabili nella largo Orbassano e piazza Rebaudengo, la sede espositiva del Museo a Savigliano (CN). Il secondo campo di azione è di tipo culturale. Il Museo si è proposto di non spina di una città industriale, fatta di gran- disperdere il capitale di conoscenze tecniche e scientifiche del modo di lavorare nelle Ferrovie: questa missione didattica di parcelle e di infrastrutture, di fabbriche è stata portata avanti principalmente attraverso volontari che operano per lo più nella sede tecnica del Museo, presso le e di servizi. Officine della Stazione GTT di Torino-Ponte Mosca. In linea con entrambi gli obiettivi, il Museo ha raccolto un’importante Una Torino che oggi è difficile persino da biblioteca specializzata a Savigliano, mentre a Torino-Ponte Mosca conserva un crescente archivio storico. Il Museo pro- immaginare, se non per il permanere di muove inoltre eventi, mostre fotografiche e pubblicazioni di cui, recentemente, è diventato editore in proprio. alcune di quelle grandi parcelle e di rari, www.museoferroviariopiemontese.com ormai, vuoti urbani. Una città del lavoro, i cui suoni e rumori, tempi e protagonisti 8
Le Officine Grandi Riparazioni | gennaio 2011 raccontano, nel caso delle OGR, una sto- immigrati e emarginati, ripetendo un co- ria di carrozze e locomotive, di operai or- pione che la città europea conosce, almeno gogliosi del loro “saper fare” e di ingegneri dal Settecento. Gli edifici abbandonati – il che dentro la fabbrica misuravano i loro sa- paradigma rimane il settecentesco cimitero peri, non ancora interamente formalizzati, parigino dei Santi Innocenti – sono lo spa- di lotte e di feste, di conflitti e di regole, zio dello scambio tra una società che emar- sociali, non solo organizzative, le cui tracce gina chi non rientra in regole che stanno sono ancora leggibili sui muri e sui pilastri mutando e i nuovi cittadini, che non parla- che reggono la struttura architettonica. no neanche la lingua del luogo, quella che Non era una città né comoda né attraente, avvia il dialogo. la Torino che sfila per quasi tutto il Nove- L’architettura conserva le tracce, più di cento nelle OGR, una Torino rumorosa e ogni altra testimonianza umana, delle sto- inquinata, come il lavoro che dentro que- rie e degli uomini che le abitano. Le storie sta fabbrica si svolgeva, ma anche la Torino di una destinazione che a più di trent’anni dell’orgoglio produttivo e sindacale, della dalla chiusura della fabbrica non è ancora tecnica e dell’appartenenza, fondata sulle definita, avendo consumato quasi tutte le condizioni di vita condivise, sulle regole possibili prospettive: quasi una scena fina- imposte e poi contrattate, sull’innovazio- le invertita de La vita è un sogno di Cal- ne che nasceva dallo studio ma anche dal derón de la Barca, dove Sigismondo non conflitto. si è risvegliato. Le storie degli uomini che, Quella Torino si spegne alle OGR qualche proprio sulla necessità di una società che fa anno prima che nel resto della città. La sua dell’avvenimento il suo modo di convivere chiusura è un campanello d’allarme, non con l’incapacità di dar corpo ai suoi proget- recepito, di un cambiamento che con gli ti, ricavano gli interstizi in cui sopravvivere anni ottanta diventerà radicale. Lungo e imparare a convivere con una società tan- quell’asse che era l’anima anche sonora to fragile e insieme esclusiva. della città, in pochi anni cala un non me- Sarebbe allora quasi un sogno che nel «Fare taforico silenzio. In un decennio si spengo- gli italiani», dopo la mostra, le tracce di no, quasi fosse mancata la corrente, tutte tutte queste storie non scomparissero, che le fabbriche e i grandi servizi. L’ultimo a il recupero, per una volta, significasse dav- chiudere – anche questa quasi un’involon- vero una rielaborazione di una memoria taria allegoria – saranno le Carceri Nuove. inclusiva di ogni frammento di storia, che Una parte di città, fatta di recinti invalica- la topografia di chi utilizzerà questi luoghi, bili, dentro i quali vigevano regole diverse, come accade al Reichstag di Berlino, non ma dentro cui si formava la società urbana solo conservi ma renda leggibile le vicende del XX secolo, diventa insieme un’oppor- umane, i progetti realizzati e mancati, le tunità e un termometro della difficoltà per conquiste e le sconfitte, gli eroi e gli uo- la società postindustriale di costruire pro- mini senza volto e forse senza nome, che getti e realizzarli. hanno popolato quest’architettura. Sarebbe sufficiente mettere in ordine, su Forse per realizzare un progetto in grado di un metaforico tavolo di anatomo patologo, restituire davvero non solo la retorica del le quasi infinite proposte – chiamarli pro- lavoro e dell’Officina, ma la storia di un getti lederebbe l’etimologia stessa del ter- luogo, occorrerà un altro voyage d’instruc- mine – per raccontare la seconda storia che tion, questa volta, oltre che a Berlino, forse le OGR nascondono. Proposte nate spon- anche allo Yad Vashem di Gerusalemme, taneamente o volute dall’amministrazione perché la memoria collettiva si realizza solo comunale, che vedono sfilare sulla scena se si rielabora continuamente il significato di questo edificio che il Piano Regolatore delle parole con cui indichiamo i luoghi. E approvato dalla città nel 1995 voleva de- Torino, a oggi, non ha ancora trovato un molito, musicisti e uomini di teatro, con- nome per questo luogo. servatori di museo e scienziati, Politecnico e imprese, progettisti e artisti. Mentre la Carlo Olmo, storico dell’architettura, insegna al Poli- società industriale celebrava su questa sua tecnico di Torino, I Facoltà di Architettura memoria improvvisamente riscoperta qua- si tutti i riti del consumo culturale, dell’av- venimento più che della costruzione, l’edi- ficio offriva rifugio a gruppi spontanei, a Fotografia di Michele D’Ottavio 9
Le Officine Grandi Riparazioni | gennaio 2011 le officine: la fabbrica per antonomasia del borgo Nate nel 1884, fino alla dismissione degli anni novanta del Novecento le Officine Grandi Riparazioni hanno formato professionalità di primo piano e contribuito a trasformare Torino in centro industriale moderno di Stefano Musso L e Officine Grandi Riparazioni (OGR), Ellena, gli opifici militari costituivano edificate in circa un decennio a partire ancora gli impianti di maggiori dimen- dal 1884, sono state una componen- sioni del settore metallurgico: l’Arsenale te fondamentale della prima trasforma- occupava 509 operai, la Fabbrica d’Armi zione della città in un centro industriale in Valdocco ne contava 457, la Fonderia moderno. Fu infatti negli anni ottanta 242, il Laboratorio di Precisione 156; la dell’Ottocento che sorsero alcuni tra i Direzione Territoriale d’Artiglieria aveva più importanti stabilimenti della storia alle proprie dipendenze 32 operai; l’Opi- manifatturiera di Torino: tra le officine ficio Arredi Militari occupava 720 operai meccaniche e metallurgiche, Nebiolo, le (di cui 569 donne), e il Laboratorio piro- officine Savigliano, Ansaldi, Monceni- tecnico 236 operai (di cui 121 donne e 8 sio, Ferriere Piemontesi, Emanuel, Elli e ragazzi). La Regia manifattura privilegia- Zerboni, i primi grossi cotonifici come ta per la tessitura serica, in Borgo Dora, la Mazzonis, Valdocco, Wild e Abegg, direttamente sostenuta dalla Casa reale, oltre ad alcune concerie di dimensioni contava 350 operai, l’Officina carte valori ragguardevoli. ne aveva 180 (di cui 63 donne). Ancora Nei vent’anni precedenti Torino aveva più grande era la Regia manifattura tabac- stentato a superare le antiche caratteri- chi di Regio Parco, con ben 2.000 operai, stiche di centro manifatturiero di Ancien in maggioranza donne. Régime: nella dominante struttura pulvi- In questa realtà, già emergevano le Offi- scolare dell’artigianato che caratterizzava cine di riparazione ferroviaria, anch’esse la città nel 1861, i grandi stabilimenti era- legate all’iniziativa pubblica, che tra Porta no ancora legati all’iniziativa dello Stato Nuova e Porta Susa concentravano 950 sardo, in particolare gli opifici per le pro- lavoratori. Gli impianti di riparazione duzioni belliche, da tempo associati alle delle Ferrovie Alta Italia erano stati alle- Regie Scuole di Artiglieria, uno dei capi- stiti nel 1848 a Porta Nuova, l’anno stesso saldi della tradizione militare sabauda, che dell’inaugurazione della Torino-Monca- avevano assunto grande importanza per il lieri, il primo tratto ferroviario piemonte- settore manifatturiero: «la tecnologia mi- se, pensato come avvio della linea Torino- Immagini aeree delle Officine Grandi Riparazioni: litare poteva essere riconvertita in macchi- Genova, completata nel 1853. Le officine servizio di Michele D’Ottavio ne pneumatiche, a vapore, per la filatura di Porta Susa risalivano invece al 1854. Al della seta» (Barberis, 1988). A quindici termine del “decennio di preparazione” anni dall’Unità, nel 1876, secondo la sta- dell’Unità, il Regno di Sardegna dispone- tistica sull’industria condotta da Vittorio va già di una rete ferroviaria di 835 chilo- 11
gennaio 2011 | Le Officine Grandi Riparazioni metri, costruita anche con capitali privati cisamente ampliata spinsero la società Alta ne bianco» (Gabert, 1964). ma con il concorso finanziario decisivo Italia ad accentrare gli impianti con la co- dello Stato e di province e comuni. Il primo miracolo economico italiano struzione delle nuove officine, progettate sin dall’inizio come un complesso gran- Le OGR giocarono ancora, in quello che Industria, tecnologia e abilità artigiana dioso, esteso su una superficie di 180.000 secondo alcuni ha rappresentato il primo Le officine di riparazioni ferroviarie an- metri quadri, l’economia piemontese non miracolo economico italiano, un ruolo nesse alle due stazioni cittadine costitui- attraversava una fase particolarmente bril- di primissimo piano. Innanzitutto vanno vano il secondo impianto produttivo per lante: lo sviluppo era stato frenato in un considerate le dimensioni dell’impianto, numero di addetti, superato solo dalla andamento altalenante provocato, in suc- che a fine secolo affiancavano e supera- Manifattura tabacchi, e soprattutto si cessione, dalla crisi agricola, dalla guerra vano, sul piano occupazionale, la Mani- ponevano alla frontiera tecnologica dell’e- commerciale con la Francia e dalla crisi fattura tabacchi. Nel 1895 le OGR, ora poca, quando il neonato Stato unitario finanziaria connessa alle speculazioni sulle collegate alla Rete Mediterranea, occupa- dipendeva in gran parte dall’estero per le aree fabbricabili a Roma. vano 2.000 lavoratori (Ragazzoni, 1895); costruzioni ferroviarie, in particolare per In questo quadro, le attività produtti- nel 1889, insieme alle ridotte unità anco- le locomotive. Il lavoro di riparazione e ve a Torino stentavano a superare la di- ra presenti a Porta Susa, gli addetti erano manutenzione comportava lo smontaggio mensione artigianale. Ancora nel 1898, 2.023. I dati disponibili sull’occupazione e rimontaggio di veicoli e locomotive, e su 81.000 persone addette all’industria negli impianti variano negli anni succes- richiedeva «operai capaci di realizzare au- 32.000 erano occupate nell’abbigliamen- sivi: nel 1900 si parla di 1.864 operai; tentici pezzi di bravura, fonditori, addetti to, che rappresentava ancora di gran lun- un’inchiesta della Camera di Commercio ai magli, tornitori e montatori, calderai, ga il comparto più rilevante sotto il profi- sulle industrie del distretto camerale, nel tecnici in grado di decodificare e riprodur- lo occupazionale. 1909, dà la cifra di 2.400 addetti; un’in- re i disegni delle più avanzate costruzioni Il settore metalmeccanico e il tessile era- chiesta industriale del Corpo dei Vigili straniere», che costituivano il «patrimo- no rispettivamente al secondo e terzo urbani del 1914, dopo la nazionalizza- nio più prezioso» delle officine ferroviarie posto, con 14.000 e 9.800 addetti. Ma zione del 1905, per l’Officina riparazioni (Amatori, Colli, 1999) e, si può a ragione considerando solo i 750 opifici di carat- locomotive e veicoli delle Ferrovie dello sostenere, dell’economia cittadina tutta. tere più propriamente industriale, che Stato, all’indirizzo di via Pier Carlo Bog- Non a caso, le officine ferroviarie furono davano occupazione a 22.000 persone, gio, numeri civici 19-21, riporta la cifra a lungo affidate a un ingegnere del valore il primo settore risultava il metalmecca- di 1.750 operai, tutti maschi adulti (Jalla, di Germano Sommeiller, l’inventore della nico, con il 40 per cento degli addetti, 1980a; Pistoi, 1980). perforatrice ad aria compressa utilizzata seguito dal tessile, con il 20 per cento. Pur con tutte queste oscillazioni, le OGR per il traforo del Frejus, aperto al traffico Manifattura tabacchi a parte, l’industria rappresentavano dunque, a inizio Nove- ferroviario nel 1871: Sommeiller le dires- metalmeccanica e quella tessile presenta- cento, il più grande stabilimento produt- se insieme ai lavori di costruzione della vano anche gli impianti di maggiori di- tivo di Torino, una sorta di crogiolo delle linea per Genova. mensioni, con un numero medio di 108 operazioni meccaniche e di carrozzatura. Le officine ferroviarie rappresentavano e 72 addetti per stabilimento, contro una Anche se la frontiera tecnologica si stava dunque la più importante concentrazio- media generale di 29. velocemente spostando verso la produzio- ne di operai dalle abilità artigiane, che si Sul finire dell’Ottocento, quando le ne di automobili e velivoli e l’industria del estendevano anche oltre le specialità mec- OGR entrarono in funzione, Torino cinema, le Officine ferroviarie continua- caniche, coinvolgendo la falegnameria, la si stava finalmente avviando verso uno vano a rappresentare un polo di assoluto carrozzeria, la sellatura, la verniciatura. Si sviluppo accelerato, grazie al salto di rilievo per la formazione e il consolida- trattava delle stesse abilità che sarebbe- qualità reso possibile da due fattori: il mento delle abilità professionali richieste ro state prerequisito fondamentale dello ciclo espansivo internazionale destina- anche dalle produzioni più raffinate. Solo sviluppo dell’industria automobilistica a to a durare fino al 1907, e la soluzione intorno al 1911 lo stabilimento Fiat di fine secolo. del problema energetico, con l’avvento corso Dante arrivò a superare il numero Quando le esigenze di riparazione ciclica dell’energia elettrica. La rivoluzione in- di addetti delle OGR. dei materiali rotabili di una rete ormai de- dustriale si fece a Torino grazie al «carbo- Se l’industria dell’auto, principale prota- 12
Le Officine Grandi Riparazioni | gennaio 2011 gonista del balzo in avanti nello sviluppo operai industriali in senso moderno. Mol- di inizio Novecento, poté avvantaggiarsi ti di essi, con le loro famiglie, abitavano le della presenza tradizionale dei lavoranti barriere, che presentavano un’omogeneità in carrozze e nelle riparazioni ferroviarie, sociale operaia molto marcata. gli stessi assetti urbani furono influenzati Il “Borgo” dell’aristocrazia operaia dall’insediamento delle OGR. Superato il periodo critico degli anni ses- Tra i quartieri operai fuori cinta, Borgo santa, in cui Torino perse il ruolo di capi- San Paolo fu quello che di gran lunga regi- tale e vide diminuire la sua popolazione, strò il più rapido aumento di popolazione con lo sviluppo industriale si intensificò tra il 1901 e il 1911, passando da 4.000 a anche la crescita demografica della città, 20.000 abitanti (la sezione di censimento passando dai 213.000 abitanti del 1871 comprendeva anche Pozzo Strada, all’e- ai 336.000 del 1901, fino ai 428.000 del poca però ancora poco popolato). Una 1911. In conseguenza dello sviluppo de- simile crescita è indubbiamente legata alla La storia mografico, in massima parte dovuto al presenza del maggior stabilimento cittadi- saldo migratorio positivo, la cinta daziaria no, secondo una netta influenza esercitata 1848-1858 del 1853, un vero e proprio muro alto due dall’insediamento industriale sull’inse- Nasce la rete ferroviaria del Regno Sardo, in breve la più estesa d’Italia. Nell’arco di un decennio 835 metri, fu abbattuta nel 1912 e spostata diamento abitativo, come è ampiamente chilometri di via ferrata collegano Torino a Genova, quasi ai confini del territorio comunale. dimostrato dallo sviluppo successivo delle Novara, Susa, Pinerolo, Biella, Saluzzo, Casale, La netta maggioranza dei 92.000 nuovi aree abitative adiacenti ai maggiori stabi- Alessandria, Ivrea. Iniziano i lavori per il traforo del Frejus verso la Francia, completato nel 1871. abitanti tra il 1901 e il 1911 andò ad abi- limenti Fiat, il Lingotto negli anni venti tare nell’area esterna alla cinta del 1853, e trenta, Mirafiori negli anni cinquanta e 1884-1895 che registrò, sempre tra il 1901 e il 1911, sessanta. Sulla tratta di collegamento fra Porta Nuova e Porta Susa, realizzata nel 1864, sorgono le «Nuove un aumento di 65.000 abitanti (pari al La presenza delle OGR influì sulla loca- Officine», che sostituiscono quelle esistenti nelle 120%), mentre la zona entro cinta crebbe lizzazione in Borgo San Paolo anche di due stazioni. Occupano un’area di 190.000 metri di sole 27.000 persone (10%). Nell’area altri impianti produttivi. Innanzitutto quadri e, sino al 1911, con circa 2.000 addetti, sono il più grande stabilimento di Torino. esterna, attorno a piccoli nuclei insedia- la Compagnia italiana dei freni Westin- tivi preesistenti, si svilupparono una serie ghouse, che aveva messo a punto più ef- 1901-1921 di borghi, per lo più in corrispondenza ficienti sistemi frenanti per i treni grazie La presenza delle Officine è all’origine della rapida crescita di Borgo San Paolo, che nel primo decennio delle porte di accesso (le barriere dazia- alle applicazioni dell’aria compressa di del secolo passa da 4.000 a 20.000 abitanti. Altre rie) all’area urbana. La crescita di questi Sommeiller: la scelta cadde su un terre- fabbriche si insediano nel Borgo “rosso”, il quartiere sobborghi fu favorita anche da una ten- no posto proprio di fronte alle OGR, al dell’aristocrazia operaia torinese: la Westinghouse, la Dubosch, la Diatto, la futura Materferro. denza delle famiglie operaie che vivevano numero 20 di via Pier Carlo Boggio. Nel nell’area centrale a trasferirsi fuori cinta, 1914 la Westinghouse dava lavoro a 230 1922-1992 per il minor costo dei generi non soggetti uomini. Sempre in via Boggio, ai numeri Gli edifici e le strutture originarie delle Officine accolgono via via nuove lavorazioni e al loro interno si al dazio, per gli affitti meno cari richiesti civici 24-26, si installò la Società anonima succedono generazioni di operai e tecnici oltretutto per abitazioni più recenti e, in- officine Dubosch, che nel 1914 impiega- specializzati nella “grande riparazione” di locomotive fine, per la vicinanza al posto di lavoro. va 180 uomini e 10 ragazzi in costruzioni prima a vapore, poi elettriche, sino alla loro definitiva chiusura nel 1992. I nuovi stabilimenti, infatti, grazie all’av- meccaniche e produzione di proiettili, ma vento dell’energia elettrica che affrancò che avrebbe avuto un futuro nelle produ- 1993-2011 l’insediamento industriale dalla vicinanza zioni elettriche. Appena oltre, in prossi- Salvate dal Piano Regolatore del 1995, le Officine Gran- di Riparazioni sono state oggetto di molte alla Dora Riparia e ai canali di derivazio- mità della via Circonvallazione (fiancheg- proposte di riuso: parte del raddoppio del Politecnico ne delle acque, si distribuirono a sud e a giante la linea di cinta) vi era la Società di Torino, nel 2011 saranno sede delle manifestazioni ovest del centro, in prossimità delle linee anonima officine già fratelli Diatto, che del 150° dell’Unità d’Italia. Per le gloriose Officine inizia una nuova storia. ferroviarie, a ridosso della cinta daziaria. produceva materiale ferroviario con 120 Al 1911, Torino contava almeno 60.000 uomini e che sarebbe stata assorbita nel 13
gennaio 2011 | Le Officine Grandi Riparazioni 1917 dalla Fiat, diventando negli anni sotto molteplici rispetti: l’orgoglio profes- del posto di lavoro e, soprattutto, si racco- venti la sezione Materiale ferroviario della sionale, la forza contrattuale, la capacità glievano professionalità di primo piano, casa automobilistica torinese. Gli intrecci organizzativa, il ruolo di avanguardia nel testate all’ingresso attraverso il “capolavo- produttivi tra le OGR e questi stabili- nascente movimento operaio, lo status e ro”, mai destinate al lavoro dequalificato menti sono evidenti. Legami meno diretti il rispetto di cui godevano all’interno del e ripetitivo della produzione di serie che ma non meno importanti per il mercato mondo del lavoro (Jalla, 1980b). caratterizzava i grandi impianti di stampo del lavoro qualificato e lo sviluppo delle Ma le OGR, con la grande area occupata, fordista degli anni del secondo miracolo competenze professionali interessavano contribuirono anche a fare di Borgo San economico. Il senso della partecipazione a anche, sempre in Borgo San Paolo, la So- Paolo una realtà separata dal resto della una comunità di lavoro sotto molti rispet- cietà anonima Ligure Piemontese SPA, in città: assieme alle OGR, due caserme, le ti privilegiata restò così vivo tra i lavora- via Circonvallazione 616, che nel 1914 Carceri Nuove, il mattatoio in Foro Boa- tori delle OGR fino alla dismissione degli produceva automobili, con 580 uomini; rio, gli altri impianti industriali a ridosso impianti all’inizio degli anni novanta del la Lancia, in via Monginevro 99, fabbrica- della linea di cinta, la presenza del muro Novecento. va anch’essa automobili con 400 uomini, stesso fino al 1912 e la linea ferroviaria 3 donne e 8 ragazzi, mentre la carrozzeria fino al suo interramento nel 1930, co- Stefano Musso, storico, insegna all’Università degli Lancia, in via Cumiana 15-17, occupava stituirono altrettanti ostacoli agli sposta- Studi di Torino, Facoltà di Scienze Politiche 56 uomini, una donna e un ragazzo. L’e- menti tra la città e il quartiere, cosicché lenco può proseguire con la Società ano- la netta caratterizzazione sociale del borgo nima Ruotificio Italiano, in via Vochieri si cementò con l’isolamento fisico dal- 8, per la lavorazione meccanica del legno, la città e dalle altre barriere operaie, tra Per saperne di più con 40 uomini; le Officine meccaniche loro separate da ampie aree rurali. E la V. Ellena, La statistica di alcune industrie italiane, in piemontesi già Ing. Otto Lügg in via separatezza accentuò l’identità e il senso “Annali di statistica”, serie II, vol. 13, 1880 Monginevro 121, erano impegnate nelle di appartenenza territoriale, che in molti A. Ragazzoni, Le Nuove Officine delle Strade Ferrate produzioni meccaniche e di accumulatori casi si colorava di tinte sociali e politiche. (Rete Mediterranea), Camilla & Bertolero, Torino 1895 elettrici con 60 uomini e 3 ragazzi; vi era- Quando gli abitanti di Borgo San Pa- P. Gabert, Turin Ville industrielle, Presses Universitaires no poi carrozzerie di dimensioni minori olo si recavano in centro, dicevano di de France, Paris 1964 in via Moretta 55 e via Frejus 11, mentre andare “a Torino”: un’altra città, della Torino tra le due guerre, Musei civici, Torino 1978 non mancavano due ragguardevoli fonde- quale non facevano parte (Torino tra le D. Jalla (a), Le officine e il Borgo San Paolo: storia di rie, la Società anonima Fonderie Frejus, in due guerre, 1978). un rapporto esemplare tra fabbrica e territorio e M. via Frejus 21, dove lavoravano 210 uomi- Sarebbero dovuti passare molti decen- Pistoi, Le Officine delle Strade Ferrate: perché sono ni, e la Società anonima Industrie Metal- ni perché lo sviluppo della monocoltura sorte e come sono state strutturate, in Le officine lurgiche, in via F.lli Bandiera 1, con 180 dell’auto da un lato e l’inglobamento del- delle Strade Ferrate in Torino. Un’idea di riuso per il uomini e 10 ragazzi. le barriere operaie nell’indistinto edificato fabbricato delle locomotive a vapore, Associazione Le OGR, insomma, non furono solo alle semiperiferico dall’altro lato mettessero Museo Ferroviario Piemontese, Torino 1980 origini di Borgo San Paolo ma influen- in crisi la rilevanza occupazionale delle D. Jalla (b), “perché mio papà era un ferroviere...”. zarono fortemente la composizione pro- OGR e la dimensione del borgo. A lun- Una famiglia operaia torinese dei primi del Novecen- duttiva e sociale dell’area, che divenne go, tuttavia, in Borgo San Paolo le OGR to, in “Rivista di storia contemporanea”, n. 1, 1980 un concentrato di quella che può a buon continuarono a essere chiamate semplice- W. Barberis, Le armi del principe. La tradizione milita- diritto essere considerata un’aristocrazia mente “le officine”: la fabbrica, dunque, re sabauda, Einaudi, Torino 1988 operaia, di cui i lavoratori delle OGR, per antonomasia, del borgo. Né sarebbe F. Amatori, A. Colli, Impresa e industria in Italia dall’U- specialisti in mansioni tipiche dell’ope- mai venuta meno, negli ambienti operai, nità a oggi, Marsilio, Venezia 1999 raio di mestiere e al contempo ferrovieri, la considerazione delle OGR come un rappresentavano la componente di punta, luogo nel quale si raggiungeva la sicurezza 14
Le Officine Grandi Riparazioni | gennaio 2011 «Pianta di Torino» del 1896 circa con al margine sinistro il complesso delle Officine Grandi Riparazioni incuneato tra la linea ferroviaria e la cinta daziaria del 1912; (Archivio Storico della Città di Torino, Collezione Simeom, D 126) 15
gennaio 2011 | Le Officine Grandi Riparazioni Oltre le Officine Grandi Riparazioni: ferrovie, stazioni e città Nel corso del secondo Ottocento si realizza il sistema delle infrastrutture ferroviarie cittadine che ancora oggi condiziona la localizzazione dei servizi e le strategie di crescita e sviluppo di Torino di Luigi Falco L ’Ottocento è un secolo cruciale per dalle due stazioni cittadine, nonché dalle stazione definitiva, lungo l’attuale corso la trasformazione della città europea attrezzature di servizio connesse. Vittorio Emanuele II. Nella linea Torino- antica in città moderna. Sviluppo Nel 1844-45 ha inizio la costruzione della Genova si inseriranno le linee secondarie delle scienze e delle tecnologie, nascita prima linea ferroviaria del Regno di Sar- per Cuneo, Chieri e Pinerolo. e consolidamento del sistema produtti- degna, la Torino-Genova, i cui lavori sono Dopo circa quindici anni la stazione non vo capitalistico e, in Italia in particolare, diretti dall’ingegner Pietro Spurgazzi e appare più dignitosa per la città, divenu- il raggiungimento dell’unità nazionale che si attesta all’esterno della Porta Nuova ta capitale del regno italiano; nel 1861 contribuiscono prepotentemente a que- della città murata seicentesca, a chiusura il Parlamento approva la legge per la co- sta trasformazione. In tale quadro, che ha dell’asse di via Roma. Lo stesso Spurgazzi struzione di una più grandiosa stazione importanti riflessi sulla trasformazione e è anche il progettista della primitiva sta- su progetto di Alessandro Mazzucchetti, sulla crescita di Torino, un ruolo fonda- zione di Porta Nuova, un modesto fabbri- ingegnere del Genio civile dove si occu- mentale è giocato dalle linee ferroviarie e cato provvisorio lungo via Nizza, e della pa proprio di linee e stazioni ferroviarie 16
Le Officine Grandi Riparazioni | gennaio 2011 A sinistra, Porta Nuova, la stazione ferroviaria “di testa” della linea per Genova, realizzata da Alessandro Mazzucchetti con Carlo Ceppi nel 1861-68 (fotografia di Patrizia di Rovasenda per MuseoTorino, 2010); in alto, Porta Susa, la stazione delle linee per Milano e per Aosta, realizzata nel 1856 (fotogra- fia di Patrizia di Rovasenda per MuseoTorino, 2010) (Alessandria, Genova Principe e altre mi- (1886-87), le Carceri Nuove (1862-70), sapevolezza che si trattava di idee vecchie, nori). A fine anno iniziano i lavori, che le Officine della Società Alta Italia (dal anche molto vecchie, e già lungamente di- terminano nel 1868, quando ormai la ca- 1884) su progetto di Callisto Candellero scusse in un periodo in cui i mezzi tecnici pitale è stata trasferita a Firenze. (note oggi come OGR), il Foro Boario non erano certamente efficienti come lo La stazione di Porta Susa, alla quale fan- (1870-71) e le caserme Pugnani e Sani. sono ora. Anche le giustificazioni per so- no inizialmente capo le linee per Susa e Anche le stazioni e le linee che le colle- stenere un’idea piuttosto che un’altra sono per Milano, viene edificata nel 1856 con gano sono chiuse entro la cinta daziaria e proprio quelle di oggi: i costi, gli interessi carattere definitivo, e appare a tutt’oggi il loro attraversamento costituisce un pro- di chi gravita attorno alle stazioni (spedi- sostanzialmente invariata. Su Porta Susa blema per l’estensione delle vie del tessuto zionieri, albergatori ecc.), le ragioni della confluiranno successivamente la linea per urbano e, soprattutto, frena lo sviluppo rendita fondiaria, l’“attesa” del turismo Aosta e altre minori. della città verso ovest. per la città. Le due stazioni − inizialmente separate È nel 1887 che − a partire da un’iniziativa Negli anni venti del Novecento si realizza, perché “di testa” e gestite da differenti della Società degli Ingegneri e Architetti infine, l’interramento delle linee ferrovia- società, ciascuna con la propria linea fer- in Torino − si sviluppa il dibattito sul- rie interne alla città, risolvendo − alme- roviaria − negli anni ’80 dell’Ottocento le nuove stazioni della città e sulle linee no in parte − il problema dello sviluppo sono ormai unite da binari lungo i qua- ferroviarie. È un dibattito ricco di sug- urbano svincolato dalla presenza dell’in- li hanno incominciato a collocarsi scali gestioni progettuali, anche radicalmente frastruttura ferroviaria. Si arriva così alla merci, smistamenti e attrezzature connes- innovative, che prosegue fino al 1914 e situazione di un paio di decenni fa quan- se all’esercizio ferroviario. che prevede, tra le tante ipotesi, l’elimina- do il nuovo Piano Regolatore generale, Un vero alto muro, la cinta daziaria del zione di Porta Nuova, il suo arretramento approvato dal Consiglio comunale nel 1853, racchiude entro la città molte aree al quadrivio Zappata, una linea passante 1995, ha rimesso in discussione l’intero ancora non edificate; in particolare la con una sola stazione principale all’altez- assetto delle linee e delle stazioni. Piazza d’armi, allora a cavallo del corso za di corso Vittorio Emanuele II, l’inter- Vittorio Emanuele II, impedisce la pro- ramento della linea tra stazione Dora e Luigi Falco, urbanista, insegna al Politecnico di To- secuzione verso ovest del corso e della quadrivio Zappata, il collegamento tra le rino, I Facoltà di Architettura città tutta; soltanto la decisione del suo stazioni con una linea di metropolitana. trasferimento più a sud, rende possibile il Tante di queste ipotesi sono state riprese prolungamento del viale lungo il quale, in in anni anche molto recenti e − la cosa ap- pochi anni, vengono edificati il Mattatoio pare perlomeno singolare − senza la con- 17
gennaio 2011 | Le Officine Grandi Riparazioni Le nuove Officine nascono “al plurale” Storia e architettura del complesso delle Officine di Gian Carlo Franceschetti L ’amministrazione delle Strade Ferrate Ferrate» è un trapezio di circa 190.000 metri nord verranno riparate le locomotive, men- dell’Alta Italia, in una relazione del quadrati delimitato dalla linea ferroviaria per tre la zona verso sud è destinata alla ripara- 1880 per il Ministero dei Lavori Pub- Novara, da parte della cinta daziaria, dall’al- zione dei carri e delle carrozze. La scelta di blici, proponeva di riunire, in un solo lora viale principi D’Acaja (poi via Pier Carlo accorpare in una stessa area le due Officine gruppo di edifici più vasti e più adatti, Boggio e ora via Falcone e Borsellino) e dal per la riparazione dei mezzi di trazione e dei le due Officine Ferroviarie esistenti allora carcere Le Nuove. La posizione è baricentrica veicoli si è rivelata oculata in quanto un’am- in Torino, situate nei pressi delle stazioni rispetto alle stazioni ferroviarie e si colloca in pia zona tra le due officine è in grado di ospi- di Porta Nuova e di Porta Susa e risalenti una zona adiacente alla cinta daziaria e de- tare i servizi comuni − magazzini e centrale rispettivamente al 1848 e 1855. stinata a infrastrutture di servizio alla città: termica − oltre a dare una sistemazione razio- A dicembre del 1881 veniva presentato un oltre alle carceri, il mattatoio e le caserme. nale alle lavorazioni comuni − la Torneria, le primo progetto di massima e già nei primi L’ampiezza e la configurazione dell’area han- Fonderie e le Fucine. mesi del 1882, stipulate le necessarie con- no permesso ai progettisti di realizzare un I lavori iniziano nel 1884 con lo spianamen- venzioni con il Comune di Torino, fu in- complesso industriale in cui le dimensioni to del terreno; nel 1885 la gestione della rete viata all’estero un’apposita commissione per e la disposizione degli edifici hanno saputo ferroviaria piemontese viene assunta dalla raccogliere dati e informazioni necessarie per reggere l’impatto di diverse tipologie produt- Rete Mediterranea; nel 1887, completata la definire puntualmente fabbisogni e risor- tive senza dover ricorrere a significativi am- costruzione della sezione locomotive, viene se necessarie per il progetto, che venne poi pliamenti o a sostanziali modifiche per più realizzato l’impianto di illuminazione elettri- approvato nel 1884. L’area scelta per la rea- di un secolo. ca (un’assoluta novità per l’epoca); dal 1889 lizzazione delle «Nuove Officine delle Strade Le Officine nascono al plurale. Nella parte a vengono edificati i reparti Torneria ruote e il 18
Le Officine Grandi Riparazioni | gennaio 2011 grande capannone per il Montaggio veicoli. Nel 1895 vengono assegnati i lavori per il completamento dell’impianto, ma le mutate esigenze di lavorazione costringono a realiz- zare alcune varianti al progetto iniziale. Sono però modifiche di modesta entità e, nel com- plesso, la fisionomia dell’insieme è rispettata e il fatto che, nonostante il mutare delle la- vorazioni, sia rimasta praticamente inalterata per più di un secolo è rivelatore della qualità del progetto. Fabbricati Caldareria, Dipendenze e Montaggio Locomotive Edificato fra il 1885 e il 1887, esistente, destinato all’am- pliamento della Gam È il complesso di fabbricati più antico, ha una superficie coperta di circa 20.000 metri quadrati con una pianta ad H ed è composto da due corpi di fabbrica rettangolari e paral- leli lunghi 183 metri e larghi 48 (la Caldare- ria a nord e il Montaggio a sud), uniti da un corpo centrale (il cosiddetto fabbricato Di- pendenze) lungo 40 metri e largo 39. I due corpi paralleli sono suddivisi in tre navate: le due laterali, alte circa 11 metri (all’intradosso della capriata), sono scandite in 33 campate, a passo di 5,50 metri, da colonne in ghisa, di sezione a doppio T, destinate al sostegno del- le incavallature del tetto e delle vie di corsa delle gru a ponte (in nove di queste campate si apre un portone metallico di 3,30 metri di luce, attraversato da binari di servizio). La navata centrale, più bassa (circa 7 metri), è destinata al carrello trasbordatore per la movimentazione delle locomotive e presenta alle due estremità un avancorpo sporgente Torneria generale, 1992 che, tramite una coppia di portoni metalli- (fotografia Pier Paolo Viola) ci, consente l’ingresso delle locomotive nel fabbricato. Una Fucina dell’unità nazionale OMR dal gennaio 1973 al dicembre 1974: a fronte di un di aiuti verso i più giovani e che le differenze di Era la fine dell’estate del 1971 quando, presentandomi organico medio di poco superiore alle mille persone, provenienza e cultura, anche se potevano gene- alla dirigenza locale dell’Officina Materiale Rotabile si sono dovuti esaminare circa 4.500 nomi. Se si rare canzonature, non venissero mai esasperate e (OMR) di via Pier Carlo Boggio 19, per prendere visione escludono le circa 300 persone che rappresentavano lo cedessero volentieri il passo a uno spirito di squadra del mio nuovo luogo di lavoro venivo accolto dap- “zoccolo duro” dell’Officina, cioè quelli che risultavano capace di creare rapporti umani spesso duraturi. La prima con stupore, poi con incredulità e, infine, con in servizio per tutto il periodo, gli altri 700 posti erano squadra era il nuovo mondo dell’immigrato e – anche sollievo: «Lei è di Torino? Non se ne vorrà andare? Dav- stati occupati per periodi variabili da 4.200 persone se molti, fuori dall’Officina, avevano i loro riferimenti vero resterà con noi?» Lusingato da tanto interesse diverse. In due anni, ogni quattro mesi c’era stato un regionali (sono molte le reti su base territoriale che non sapevo lì per lì darmene una ragione. Bastarono ricambio di personale che aveva coinvolto circa i due si sono costituite a Torino negli anni successivi alle però pochi mesi in Officina perché la spiegazione terzi dell’Officina. grandi immigrazioni) – quando si varcava il cancello divenisse lampante. Seppur disastrosa dal punto di vista del lavoro (non dell’impianto sparivano persino i dialetti, le comuni- Già dai primi giorni di lavoro ebbi modo di sapere appena un nuovo operaio o un nuovo tecnico diventa- cazioni erano rigorosamente in uno strano linguaggio che, prendendo a prestito il linguaggio militare, va padrone del mestiere, si doveva iniziare a formarne in cui le espressioni tipiche del vecchio gergo operaio l’OMR veniva amichevolmente chiamata CAF, Centro un altro), la situazione mostrava anche aspetti piemontese venivano adattate alle diverse pronunce Addestramento Ferrovieri: ampiamente disertati i con- positivi: erano, infatti, rari in un impianto industriale (ma a tutti veniva però fatto, prima o poi, il classico corsi dalle maestranze locali, più attirate dalla grande di quelle dimensioni fenomeni di convivenza e di test dei «doi povrom pucià ’nt l’oli» ). industria automobilistica, i posti via via disponibili solidarietà come quelli che caratterizzavano il nostro Quest’aggregazione di persone dalla provenienza di- erano occupati dalle code dei concorsi (allora tutti essere “Quelli delle Officine”. Si lavorava “a cottimo” versa intorno a un unico obiettivo e le caratteristiche nazionali) e l’officina era fatta funzionare da personale – che in ferrovia si chiamava PmP (Premio di maggior delle lavorazioni effettuate – che, seppur industria- proveniente da ogni regione italiana, maestranze che produzione) –, il che significava che una quota lizzate, erano ben lontane dal lavoro individuale e un giorno entravano e l’indomani presentavano la pro- importante della retribuzione mensile dipendeva dalla alienante della catena di montaggio – hanno perciò pria domanda di trasferimento per il paese d’origine. quantità (e dalla qualità) del lavoro prodotto. Il lavoro favorito fenomeni di integrazione delle diverse culture Il ricambio era una cosa inimmaginabile. Per fare un organizzato in squadre non consentiva di scaricare e di partecipazione alla vita collettiva che si inserisce esempio, durante un’indagine tesa a quantificare il sui meno esperti eventuali mancanze di prestazione: appieno all’interno di quel ruolo che le ferrovie hanno fenomeno dell’assenteismo, si sono prese in considera- era inevitabile, quindi, che le maestranze più esperte svolto nel processo, ancor non del tutto concluso, di zione tutte le persone che avevano lavorato alle fossero prodighe di consigli e costruzione dell’unità nazionale. G.C.F. 19
gennaio 2011 | Le Officine Grandi Riparazioni L’illuminazione interna è assicurata da due forma pressoché quadrata con il lato di est-ovest e in 13 nel senso nord-sud. All’e- ordini di finestre di differenti dimensioni e circa 37 metri, destinata alle operazioni di sterno le caratteristiche del fabbricato sono raggruppamento (grandi e binate per il pri- ricerchiatura. del tutto simili a quelle della Torneria, con mo ordine e più piccole e raggruppate tre a All’interno il fabbricato è percorso da bina- muri intonacati e analoghe lesene, frontoni tre per il secondo), oltre a una finestratura ri longitudinali e trasversali che, mediante e falde dei tetti. Peculiare è invece la teo- metallica continua che si sviluppa per tutta piattaforme girevoli, consentono la movi- ria di 26 portoni lungo la facciata sud per la lunghezza del fabbricato sfruttando la dif- mentazione interna delle ruote e le comu- consentire l’ingresso dei veicoli dal grande ferenza di livello delle coperture. nicazioni con gli altri reparti delle Officine. carrello trasbordatore esterno. Nel reparto Caldareria a tre quarti della na- All’esterno, abbandonato l’uso della pie- vata centrale si eleva una costruzione di circa tra, i muri sono semplicemente intonacati Fabbricato Verniciatori e Tappezzieri 15 metri di altezza, destinata a ospitare la alla francese con elementi di decoro come Edificato dal 1895, abbattuto dopo il 1992 per consenti- chiodatrice idraulica per le caldaie. Questo lesene e marcapiani in cotto, e frontoni re l’ampliamento del Politecnico locale, definito il “duomo” per la sua maesto- che mascherano tetti a doppia falda (solo Simile del tutto al fabbricato Montaggio sità, ha un terzo ordine di finestre più piccole a partire dalle prime capriate assumono la veicoli si distingue per le dimensioni (79 e raggruppate a tre o a quattro. configurazione a shed). x 86 metri) la superficie di 6.800 metri Le facciate a est e a ovest sono caratterizzate Nel 1976, per incrementare la produzione, quadrati è suddivisa in 8 campate nei sensi da frontoni a cinque gradoni che maschera- viene realizzato un capannone metallico in nord-sud ed est-ovest da 42 colonne. Lun- no le falde del tetto con al centro una oculo adiacenza ai locali della ricerchiatura (verrà go il lato sud si segnala un fabbricato a due circolare, mentre tutta la costruzione è carat- poi demolito, insieme all’appendice ovest, piani fuori terra destinato a Mesticheria (al terizzata da un decoro esterno costituito da dopo la dismissione delle attività produtti- piano terra) e a spogliatoio per i verniciatori fasce orizzontali in pietra tagliata in modo ve). (al primo piano). irregolare alternate a sottili strisce in cotto, materiale usato anche per le lesene, i marca- Fabbricato Fonderie e Fucine Altri fabbricati ancora esistenti piano e i modiglioni posti a coronamento Edificato dal 1895, parzialmente ricostruito, parzial- Lungo l’allora via Principi d’Acaja, in adia- della cimasa. mente esistente cenza al muro di cinta, c’erano diverse co- Questo edificio aveva una pianta a U e struzioni: la palazzina degli uffici di dire- Fabbricato Torneria una superficie di 4.900 metri quadrati zione a due piani, affiancata da due corpi Edificato dal 1889, esistente, oggi ospita la mensa del ma, dopo i bombardamenti della secon- minori classicheggianti e sormontata da Politecnico da guerra mondiale, i rimaneggiamenti e una torretta con un orologio; un fabbricato È un fabbricato di circa 10.000 metri qua- le ricostruzioni ne hanno alterato l’aspetto con tetto a shed, originariamente destinato drati con pianta a croce composto da tre originario. Dopo la cessione del terreno al alla lavorazione dei tubi delle caldaie, poi parti comunicanti. La parte più grande (cir- Politecnico è stato quasi completamente a mensa (fino agli anni ’70) e spogliatoio ca 150 x 49 metri) è costituita da un capan- demolito (si è salvata soltanto la parte a generale; e, infine, una costruzione civile none con copertura a shed retta da colon- nord che ospitava le Fonderie). che negli anni ha ospitato rispettivamente ne di ghisa di sezione a doppio T, disposte la scuola per saldatori, lo spaccio dell’As- secondo una maglia pressoché quadrata di Fabbricato Montaggio veicoli sociazione di mutuo soccorso fra ferrovieri circa 12 metri di lato, che lo dividono in 13 Edificato dal 1889, abbattuto dopo il 1992 per consenti- “La Provvida” e un magazzino di mobili campate nel senso della lunghezza e in 4 in re l’ampliamento del Politecnico usati. Sempre in adiacenza al muro di cinta, era quello della larghezza. È un grande capannone rettangolare (141 situato il Magazzino legnami che in seguito ai Il corpo di fabbrica centrale presenta due x 132 metri) di circa 18.000 metri quadrati bombardamenti della seconda guerra mondiale appendici. Una a ovest di circa 61 x 14 con tetto a shed retto da 96 colonne a sezio- è stato ricostruito in cemento armato, con tetto metri, in origine destinata a ospitare i ne circolare in ghisa, disposte con una ma- a volta, e alla fine degli anni ’70 è stato riconver- grandi motori a vapore per l’azionamen- glia rettangolare di circa 14 x 11 metri, che tito in nuova mensa aziendale. to delle macchine utensili; l’altra a est, di dividono il reparto in 9 campate nel senso All’angolo fra la via Principi d’Acaja e corso Panorama dell’Officina vista da corso Ferrucci angolo corso Peschiera (montaggio), 1990 (Archivio Francesco Apicella) 20
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