N.1 GIU/2021 - Contrada della Lupa
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GIUGNO2021 Periodico della Contrada della Lupa Anno MMXXI, numero 1 Periodico in attesa di registrazione presso il Tribunale di Siena Spedizione in abbonamento postale pubblicità inferiore al 50%. Direttore Responsabile: Andrea Marrucci Progetto grafico: Irene Vannucci Francesca Milanesi Impaginazione: la redazione Hanno collaborato: Simone Anichini, Alessandro Angelini, Viola Barresi, Angela Bartalucci, Costanza Bianciardi, Cesare Celesti, Claudia Facchielli, Maria Angela Fanetti, Elisa Fantini, Leonardo Fedi, Stefano Gabsi, Alessandro Natale, Anna Laura Pasqui, Silvia Pesucci, Carlo Piperno. Foto Archivio Contrada della Lupa, Archivio famiglia Bartalucci, Contributi Scatti&Papiti, Massimiliano Bruttini, Elisa Fantini, Duccio Oliveto, Federigo Sani, Laura Serafini Stampa: SEREUM 3000 Crediti fotografici: Archivio Contrada della Lupa, Massimiliano Bruttini. Contatti: www.contradadellalupa.it info@contradadellalupa.it
p. 4 AVANTI TUTTI INSIEME p. 6 IL SALUTO DEL CAPITANO p. 7 PILLOLE DALL’ARCHIVIO p. 9 SCATTI&PALPITI p. 12 LA LUPA NELL’ARTE p. 14 LUPAIOLI IN GITA 3
Avanti tutti insieme Grazie al lavoro svolto magnificamente dai membri delle Commissioni, che ringrazio con tutto il cuore perché hanno permesso a tutti noi di sentire la vicinanza della Contrada anche in un momento in cui questa parola sembra dimenticata. E ccomi qua, in questo fine Marzo, che inizio a scrivere questo articolo per il nostro R&R e la prima cosa che mi ritorna alla mente è ciò che dicevamo esattamente un anno fa all’inizio di questa tremenda pandemia: “ma si, vedrai che quest’anno faremo dei sacrifici e il prossimo anno torneremo alla normalità”. Concetto che si rafforzava dopo ciò che si era verificato la scorsa estate, cioè il forte abbattimento dei contagi abbinato alle notizie che arrivavano dai media dell’imminente inizio della campagna vaccinale. Per nostra sfortuna tutto ciò non si è verificato, anzi con l’arrivo dell’autunno e con l’aumento esponenziale dei contagi, siamo tornati bruscamente alla dura realtà. Siamo ritornati velocemente ad una situazione critica, facendoci riprovare la brutta sensazione di essere vulnerabili e facendoci precipitare di nuovo in un mondo di dubbi, insicurezze e paure. In tale situazione è molto difficile riuscire a programmare il futuro ed infatti per questo al momento non è stata affrontata la questione riguardante lo svolgimento o meno dei Palii del 2021, mentre è invece iniziata un riflessione sullo svolgimento delle Feste Titolari e sulla riapertura delle Società di Contrada. Sul primo tema è stato avviato un percorso per redigere un protocollo da presentare agli organi competenti che ci permetta di effettuare, anche con leggere limitazioni, le nostre Feste Titolari in modo che si possano riveder sventolare le bandiere e risentire il suono dei tamburi. Relativamente alla riapertura delle Società di Contrada, che sono assimilate ai circoli ricreativi, stiamo aspettando l’uscita di un documento da parte delle autorità centrali, che stabilisca le norme e i comportamenti da tenere. Non voglio addentrarmi più di tanto in questi argomenti perché quando leggerete queste mie poche righe le decisioni prese potrebbero essere diverse in base all’andamento della curva pandemica, della campagna vaccinale e del comportamento tenuto da tutti noi. Con certezza posso affermare che ci manca terribilmente la normalità e il modo in cui vivevamo e frequentavamo la nostra Contrada, soprattutto socializzare e condividere la passione che abbiamo tutti noi per la Lupa. Questo periodo di distanziamento ha sicuramente lasciato una profonda ferita dentro tutti noi, ma credo che l’impatto che ha avuto nei nostri giovani sia stato dirompente. L’interruzione del rapporto sociale con i propri compagni o il non aver vissuto particolari momenti, che ti capitano una sola volta nella vita, avrà sicuramente minato le loro certezze e il loro stato d’animo e anche il percorso di formazione contradaiola, non potendo vivere appieno la Contrada, avrà subito un rallentamento, ma spero che l’amore e il legame per la Contrada rimanga inalterato. Noi dobbiamo sicuramente aiutarli, e per questo mi rivolgo quindi a voi, giovani Lupaioli, 4
perché sento il dovere di farvi sapere che la Contrada vi è vicina e che è pronta ad ascoltare ogni vostro singolo suggerimento per mettere in atto qualsiasi idea o progetto che riteniate utile perché possiate sentirvi sempre più partecipi alla vita di Contrada, anche in questo brutto periodo di distanziamento sociale. Nonostante tutto però la Contrada non si è mai fermata portando avanti la gestione ordinaria, assicurando l’assistenza ai contradaioli in difficoltà e provando a far sentire la propria vicinanza a tutti i Lupaioli con iniziative in presenza o tramite i canali social. Le Commissioni non hanno mai smesso di lavorare, nemmeno in una situazione così difficile, riuscendo a portare a termine diversi appuntamenti in presenza, come ad esempio la consegna del regalo di Natale ai nostri piccoli, l’ingresso in Contrada dei diciottenni o la raccolta di generi alimentari per i più bisognosi e a organizzare tramite social eventi come la mostra fotografica digitale “Scatti&Palpiti”, i video relativi a “Note d’Autunno” o al nostro ineguagliabile “Museo d’Inverno”, portando così nelle case dei Lupaioli momenti emotivamente particolari come la Messa di Natale o la benedizione della stalla. Tutto ciò è stato possibile grazie al lavoro svolto magnificamente dai membri delle Commissioni, che ringrazio con tutto il cuore perché hanno permesso a tutti noi di sentire la vicinanza della Contrada anche in un momento in cui questa parola sembra dimenticata. Voglio sperare che già alla fine della primavera si possa assistere ad un miglioramento significativo di questa insostenibile situazione, che gradualmente si possa avere un quadro diverso e tornare a respirare un’aria nuova densa di grandi emozioni tutte da vivere, che siano la strada da percorrere tutti insieme nella stessa direzione per arrivare ad assaporare di nuovo gioie e soddisfazioni! W la Lupa. il Priore 5
Il saluto del Capitano Come è logico tutti vogliono sapere se le Carriere verranno disputate, se vi saranno slittamenti o magari un Palio straordinario a fine estate o ad inizio autunno. C are Lupaiole e cari Lupaioli, a distanza di un anno ci troviamo ancora alle prese con questa maledetta situazione legata alla pandemia. Il 2020 ci ha visto rinunciare forzatamente a tutte quelle che erano le nostre abitudini e soprattutto ha visto annullare tutto ciò che era legato alle nostre tradizioni secolari, la Festa titolare, il Giro in città ed allo svolgimento delle due Carriere. Nel momento in cui mi trovo a scrivere questo saluto, la situazione generale sembra non essere cambiata di molto ed all’orizzonte continuano ad addensarsi nubi che non promettono nulla di buono, i giorni trascorrono inesorabili e i dati legati all’emergenza continuano a non essere rassicuranti. Non sappiamo ancora se ed a cosa dovremo rinunciare quest’anno ed il timore che non avremo un anno “Normale”(di nuovo) va purtroppo considerato. Come è logico tutti vogliono sapere se le Carriere verranno disputate, se vi saranno slittamenti o magari un Palio straordinario a fine estate o ad inizio autunno. Lo chiedono i popoli, i fantini e logicamente me lo domando io e anche i miei collaboratori. La realtà è che ad oggi nessuno conosce la risposta. Pur con tutte le logiche preoccupazioni, il mio compito e quello dei miei fiduciari è di lavorare per far trovare la nostra Contrada pronta ad ogni evenienza ed in tutte le circostanze; per questo motivo anche durante il periodo natalizio abbiamo visitato i fantini per i classici auguri. In tale occasione, tra l’altro, mi sono ripresentato forte di un mandato pieno che la Contrada mi ha affidato con le elezioni ed ho colto l’occasione per ribadire l’impegno e la determinazione con le quali siamo abituati ad affrontare il Palio, ricordando che dietro al Capitano ed alla dirigenza c’è una Contrada forte, coesa e matura, pronta ad affrontare nuove sfide e vogliosa di vedere ancora i propri colori primi al bandierino. Spero sinceramente che questo periodo così complesso e difficile presto possa essere superato e che la normalità possa tornare nella nostra vita contradaiola. Fino a quel momento però, tutti insieme, anche se forzatamente lontani, dobbiamo continuare incessantemente a credere e volere, solo così facendo potremo dire che questa pandemia ci ha fatto rallentare, ma solo per ricaricare le energie e poter correre più forte al momento giusto! Come sempre W la Lupa! il Capitano 6
Pillole dall’Archivio Da questo numero del Romolo e Remo in poi speriamo di riuscire a darvi una “Pillola dall’Archivio” ad ogni uscita. Se è vero che le contrade vivono il presente ed in base ad esso si evolvono, è altrettanto vero che senza sapere da dove veniamo, difficilmente potremo avere il discernimento per capire cosa, del nuovo, sia importante acquisire e cosa, invece, sia fondamentale combattere. “C i si vede dopo cena all’Assemblea!” Questa, fino a qualche anno fa (non troppi per la verità) era la frase ricorrente nella Lupa il giorno della tratta. Fino agli anni ’70 era quasi una prassi quella di far svolgere un’Assemblea generale al termine della Prima Prova, dopo che il destino aveva deciso quale cavallo darci in sorte. Non si trattava di Assemblea straordinaria in quanto, come si legge nel verbale del 13 Agosto 1963 l’Assemblea si riunisce“avvisata dal suono della campana, da manifesti murali e a mezzo della stampa cittadina”. Non saprei dire quando si interruppe questa abitudine, penso che fu quasi una necessità dato che spesso in queste Assemblee si verificavano accese discussioni, alterchi fra contradaioli di diverso parere o in antitesi con le scelte operate dal Capitano. Erano momenti molto attesi. In un periodo dove ancora non c’erano televisioni locali che sfornavano notizie e immagini a getto continuo, dove l’uso del telefono era limitato a quello di casa e non si sapeva niente finché non si vedevano le cose di persona, la possibilità di ritrovarsi in un’Assemblea dove fosse possibile non solo sapere chi era il fantino che si sarebbe montato ma quali strategie la Contrada intendeva perseguire e che tipo di cavallo era toccato in sorte, era diventata una consuetudine a cui era difficile rinunciare. Curioso leggere che in questa stessa occasione veniva decisa la commissione per l’organizzazione delle cena della prova generale … più o meno come adesso !. Nell’Assemblea generale del 29 Giugno del 1963 sono presenti numerosi contradaioli e componenti il Consiglio della contrada. La Lupa ha ricevuto in sorte Belinda (una cavallina al suo sesto Palio che non aveva mai brillato prima ) e i verbali riportano che il Capitano, il Cavalier Giovanni Muratori,“riferendosi alla tratta dei cavalli, avvenuta la mattina dello stesso giorno, afferma che alla nostra contrada la sorte ha riservato un cavallo che può annoverarsi fra i primi quattro ma che egli definisce il classico cavallo da purga”. Immaginiamoci la reazione dei contradaioli a queste parole, freschi di una solenne purga di due anni prima nel Luglio 1961 (Istrice con Uberta de Mores e Tristezza). Anche perché, subito dopo, ottiene la parola il signor Gino Turchini il quale fa presente di “aver assistito, ad un casuale incontro posteriore all’ingaggio da parte dei nostri fiduciari, con alcuni maggiorenti della contrada dell’Istrice, durante il quale gli è sembrato che il suddetto fantino non palesasse una grande soddisfazione e tranquillità di correre per i nostri colori. L’intervento di Gino Turchini prosegue con l’affermazione che “ la notte scorsa (ovvero quella precedente al giorno della tratta) il Mezzetto è stato ospite di quella contrada (l’Istrice) ed in essa ha ancora depositato i propri indumenti e l’automobile.” Dal verbale dell’Assemblea si legge che fu estremamente calda e partecipata, la gente espresse tutto il proprio disappunto per quella monta decisa caparbiamente dalla dirigenza, convinta della bontà di tale scelta. L’intervento finale del Signor Pieri per affermare che la definizione di cavallo da purga data dal Capitano non viene ritenuta gradita dall’Assemblea, se non altro per jettatura e che non bisogna parlare di purga ma - egli grida- di Vittoria , conclude un’Assemblea che forse, ai giorni d’oggi, sarebbe inimmaginabile. Preme ricordare che quel Palio fu vinto dalla contrada della Pantera e che nell’Assemblea 7
successiva del 25 Luglio 1963 fu chiesto espressamente al Capitano se il nostro fantino avesse avuto sufficienti mezzi economici e se fossero stati depositati denari per comprare il fantino della rivale tale Mario Bissiri detto Acciuga che aveva corso su Gabria: “Il Capitano precisa che il deposito a favore del detto fantino era di L. 1.700.000 ed inoltre alla mossa ebbe ancora 1 milione. Egli dichiarò di avere accettato tale cifra” e alla domanda del signor Fanetti “se il Mezzetto era consapevole della somma depositata al fantino avversario, viene data assicurazione (da parte della Dirigenza ) che il fantino della Lupa era al corrente di tutte le trattative intraprese. Come si può immaginare, l’Assemblea si concluse con grande amaro in bocca da parte dei pochi partecipanti, come viene più volte sottolineato. Il 13 Agosto dello stesso anno, la Lupa si ripresenta in Piazza, e la sera dello stesso giorno “avvisata dal suono della campana, da manifesti murali e a mezzo della stampa cittadina, si tiene nel cappellone di San Rocco l’Assemblea generale della contrada per discutere il seguente Ordine del Giorno: • 1 Palio del 16 Agosto 1963 • 2 Cena della Prova generale • 3 varie ed eventuali Questa volta sono presenti numerosi contradaioli e vari componenti del consiglio e naturalmente il consesso è presieduto dall’Onorando Priore dott. Giulio Cinquini. Il Capitano ovviamente prende la parola facendo presente che: ”purtroppo anche questa volta la sorte non è stata favorevole ai nostri colori assegnandoci un cavallo ( Gabria) il quale già in partenza preclude alla Lupa ogni possibilità di affermazione. In considerazione di ciò non si pongono attualmente grandi problemi (di monta) da risolvere. La nostra contrada lotterà come di consueto con orgoglio per non dichiararsi vinta in faccia alla cattiva sorte”. L’Assemblea prosegue con la comunicazione del Capitano riguardo al fantino. E’ stato scelto un giovane che è alla prima esperienza in Piazza del Campo. “Il Capitano termina il suo intervento augurandosi che questo sia il fondo dell’amaro calice e che da un prossimo futuro inizi la riscossa della Lupa”. Anche allora un po’ di sana scaramanzia non mancava tanto che Elia Barbi propone, proprio per interrompere questa malasorte che strozza la contrada, di far vestire i componenti della vecchia comparsa vittoriosa destando subito l’approvazione dei vecchi alfieri Nencioni e Rossolini pronti a rientrare in qualsiasi momento e a rimanere alfieri fino alla prossima Vittoria. A questo punto l’Assemblea sembrerebbe finita ma l’ultimo intervento di Beppe Pometti riaccende gli animi dei Lupaioli così amareggiati : “ Giuseppe Pometti chiede che venga presentato all’Assemblea il fantino. Tale richiesta viene accolta ed il piccolo cavallerizzo ( si trattava di Bruno Blanco detto Parti e Vai) issato sopra il tavolo della Presidenza ( per farlo evidentemente vedere a tutti i partecipanti) dichiara fra l’altro che il cavallo è tanto forte che a malapena riesce a tenerlo. Le sue parole si spengono naturalmente in un uragano di applausi”. L’Assemblea del 13 Agosto del 1963 si conclude così, il Palio vedrà la vittoria del Drago con Donato Tamburelli detto Rondone su Zaffira. Leggere i vecchi verbali ci porta davvero in un altro mondo, i quasi 60 anni passati ci dimostrano come siano cambiate le cose, i comportamenti e le reazioni sia del popolo che delle Dirigenze. Sicuramente allora c’era più spontaneità, la contrada era più “famiglia” di ora, i contradaioli si confrontavano apertamente in Assemblea, senza timore di venire fraintesi sui pareri espressi. Questi verbali sono tesori preziosi per tutti noi, il cancelliere di ieri ( il mio amato Amulio Bartalucci) permette a noi lettori di oggi di gustarsi in pieno la scena in cui si svolgevano le Assemblee, di capire quale era lo spirito che animava il popolo e la speranza che albergava in una Contrada che avrebbe dovuto attendere ancora 10 lunghi anni per poter trionfare nuovamente sul tufo dorato della Piazza del Campo. Costanza Bianciardi 8
SCATTI&PALPITI Meravigliose immagini frutto dell’occhio, della mano e, soprattutto, del cuore dei Lupaioli. C he la Contrada della Lupa fosse ricca di uno spirito artistico notevole, era noto, ma ha sorpreso un po’ tutti la quantità di scatti pervenuti nell’ambito della prima mostra fotografica on-line della Contrada, “Scatti&Palpiti” oltre che la qualità incredibile delle foto stesse. Una sezione ad hoc del sito della Contrada adesso ospita quasi tutte le meravigliose immagini che ci sono pervenute : tutte opere splendide ma ancor più bello è stato scoprire le emozioni che ognuna palesava. Grazie all’aiuto di alcuni lupaioli di buona volontà (in ordine sparso: Claudio Sciarra, Duccio Oliveto, Elisa Fantini, Massimiliano Bruttini e Riccardo Puglielli) è stato così possibile catalogare e pubblicare sul sito della Contrada tutto il materiale per renderlo fruibile e godibile da tutti. Momenti tanto belli quanto nostalgici: chi sa quando potremo tornare a farci le foto senza mascherine, ad abbracciarci o anche solo a stringerci par farci un selfie. Ma in fondo l’obiettivo era quello, provare sia un po’ di nostalgia quanto e sopratutto iniziare a pregustare un ritorno alla normalità che da lontanissimo iniziamo ad intravedere ( almeno si spera!). Chiaramente la Mostra fotografica è ancora aperta a contributi e, anzi, ci terremmo affinché tutti partecipassero (inviando le vostre foto a foto@contradadelalupa.it) e il motivo è presto detto: in ogni foto sussiste un qualcosa di unico, ogni scatto ci parla d’amore: un amore per il soggetto o per l’arte in sé, ma comunque una passione. Sentire queste passioni ci ha fatto, per pochi attimi, tornare all’estate, con la terra in piazza e gli amici intorno, ci ha fatto echeggiare nelle orecchie il rullo del tamburo mentre, come diceva Silvio Gigli, in un tripudio di bandiere e colori, Siena trionfa come sempre immortale! 9
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Di Roma lo stemma Pancale La Lupa con i gemelli in marmo di Antonio Federighi, lo scultore prediletto da Pio II. Siena, Logge del Papa 12
La Lupa nell’arte T ra il 1463 e il 1465 l’Opera del Duomo di Siena commissionò ad Antonio Federighi, il maggiore scultore che operava in quegli anni nella città e che era stato il più dotato allievo del grande Jacopo della Quercia, il monumentale pancale marmoreo posto sul lato destro sotto la Loggia di San Paolo o della Mercanzia. Va ricordato che Antonio in quegli anni era anche l’artista più apprezzato da Pio II, che a lui si era rivolto per le più prestigiose commissioni architettoniche e artistiche offerte dal papa alla sua città natale. Il pancale è un sedile monumentale che doveva costruirsi dinanzi a quello che andava realizzando negli stessi anni Urbano da Cortona, uno scalpellino indubbiamente meno dotato di Antonio, ma forte del fatto di essere stato a sua volta allievo e collaboratore di Donatello, negli anni trascorsi a Siena dal grande maestro fiorentino. Federighi sul tergo del suo pancale – la parte che qui ci interessa - ripropose il motivo degli stemmi araldici incorniciati entro festoni all’antica,che egli aveva già sperimentato su un analogo sedile marmoreo posto a sinistra della Loggia da lui realizzata direttamente per Pio II tra il 1462 e il 1464 e destinata a celebrare i vari familiari del papa senese, a partire da suo nipote il cardinale Francesco Tedeschini allora arcivescovo di Siena. Mentre in quel caso però gli stemmi rappresentavano appunto la gloria dei vari membri della famiglia Piccolomini, dato che solo a loro era stata dedicata la grande loggia all’antica tutta in candido marmo di Carrara a fianco della chiesa di San Martino, in questa occasione invece gli stemmi riguardavano l’araldica comunale e cittadina, essendo la Loggia dei Mercanti luogo pubblico per eccellenza. Così lo scultore intagliò quattro stemmi emblematici della Repubblica senese e di quelle sue origini romane, che all’epoca venivano evocate e ribadite con sempre maggior determinazione, soprattutto nel clima culturale che lo stesso papa umanista e gli intellettuali del suo entourage avevano instaurato e incoraggiato. Questi stemmi sono appunto quello inneggiante alla Libertas dell’antica repubblica romana, nei cui ideali Siena si riconosceva pienamente, quello con la Balsana del Comune, lo scudo con il Leone rampante del Popolo cittadino e infine quello dell’Opera Metropolitana,l’istituzione legatissima al Comune che aveva appunto commissionato il complesso marmoreo. Gli stemmi sono inquadrati da paraste classiche,incassate entro una trabeazione ispirata quanto più non si potrebbe all’architettura romana, e sono decorati appunto con carnosi festoni vegetali. Al centro del prospetto Federighi pose però la figura simbolica più rappresentativa, dal punto di vista araldico ma anche iconografico del legame di Siena con Roma, la Lupa con i gemelli, e qui sta la parte più impressionante del pancale sul lato volto verso il vicolo di San Paolo. Questa magnifica Lupa di marmo scolpita in rilievo, appare quasi come compressa entro le paraste che sembrano non poter contenere la sua esuberante energia le sue forme plastiche che ne debordano, tanto che la coda fuoriesce del tutto dalla cornice. E se la belva non tenesse il muso rivolto indietro a vigilare con fierezza sulla sua cucciolata, certamente non potrebbe entrare dentro la superficie quadrata a lei dedicata. A stipare ancor più lo spazio della formella, Federighi ha inserito dietro alla Lupa due alberi carichi di foglie e di frutti, uno dei quali dovrebbe essere il Ficus Ruminalis, sotto il quale si sarebbe acquattata la fiera secondo la tradizione. Invece capricciosamente lo scultore inserì due alberi diversi: una pianta di quercia, riconoscibile per la forma delle foglie e per le ghiande, e probabilmente un melo sui cui rami tutti lavorati a trapano si sono appollaiati uccelli che vi hanno nidificato. Federighi indugia a raffigurare non solo gli uccelli, identificabili con quei picchi che secondo il mito avrebbero contribuito ad alimentare i gemelli, ma perfino una civetta appostata, senza alcuna esigenza iconografica ma, si direbbe, per suo e nostro puro divertimento. Sotto le gonfie mammelle della Lupa i due robusti gemelli si torcono scompostamente per succhiare meglio il latte. Anche solo osservando le loro anatomie, si comprende bene come la scultura di Federighi da una parte dipenda ancora in modo chiaro dalla lezione di Jacopo della Quercia, e dall’altra anticipi le forme vigorose della scultura del giovane Michelangelo che, di passaggio da Siena all’inizio del Cinquecento, non avrà certo mancato di ammirare le opere di quel grande scultore senese che era stato il prediletto di Pio II, ormai scomparso da tempo. Alessandro Angelini 13
Lupaioli in gita S arà che il nostro umore di questi tempi è davvero grigio, sarà che è passato più di un anno che viviamo in una clausura obbligata, lontani da tutti, dal nostro mondo, dal quel microcosmo che è la nostra contrada, la nostra gente, dalle serate nel piazzale di società, un aperitivo, due battute, una cena, il suono del tamburo…. Sarà per tutto questo che prepotente è la nostalgia, la voglia di ricordare, di raffigurarsi episodi vissuti insieme in allegria, momenti di spensieratezza, di quella normalità così lontana … e come non pensare alle gite delle donne! Le “gite delle donne” hanno rappresentato da quasi cinquant’anni a questa parte un appuntamento tanto ricorrente quanto atteso in epoche nelle quali viaggiare non era (al netto della pandemia) così scontato e frequente come oggi, un’occasione imperdibile di partecipazione, un modo per stare insieme in allegria ed armonia. Erano sì organizzate dalle donne, ma solo in rarissime occasioni erano riservate a loro: nella maggior parte dei casi erano aperte a tutti, uomini e bambini lupaioli di ogni età (ed alcune volte anche affiliati di altre contrade) che nei giorni trascorsi insieme condividevano mezzo di trasporto, camere, cibi più o meno commestibili, ma soprattutto scherzi e risate. Ogni mezzo di locomozione è stato utilizzato, dall’usuale pullman allietato da cori sguaiati come nella migliore tradizione delle gite scolastiche, alle auto, al treno, all’aereo (con conseguente scontata paura di volare), alla nave (con conseguente scontato mal di mare che costringeva i malcapitati a correre in bagno o, meglio, a spenzolarsi fuori dai ponti della nave) fino al mitico “draghetto” per l’Isola Maggiore del Lago Trasimeno di Ada, l’indimenticabile nonna di Ciccio. La gita in Tunisia, addirittura fuori continente, è ricordata come la prima di una lunga, spassosa serie. Gli aneddoti, ormai ammantati di leggenda, si sprecano. Nelle cene beduine, con Marisa e Maria Rosa in abiti tradizionali, erano serviti cibi immangiabili, ma se i nostri non si scoraggiavano per la fame incombente e proseguivano ammirati nelle visite alle bellezze del luogo, i locali mostravano di ammirare perlomeno in ugual misura le nostre donne, apostrofate con apprezzamenti assolutamente espliciti, fino al punto di intavolare trattative con Maria Cortesi e con Marella per l’”acquisto” a suon di cammelli delle figlie, le giovani e biondissime Annalisa e Costanza. Le nostre, che pure avevano resistito alle serrate contrattazioni, si erano però lasciate tentare dall’acquisto di un souvenir, degno ed immancabile ricordo di una gita così memorabile, salvo accorgersi solo all’arrivo a Siena che la padella di ferro così tipica del luogo aveva il marchio “Made in Italy”. Certo è che anche qui, così lontano da casa, non si volle perdere l’occasione di ricordare le nostre origini e far conoscere la cultura senese: si narra che se all’arrivo dei lupaioli il passaggio dei nostri era salutato da “Italiani, 14
maccheroni, Sophia Loren!”, alla partenza, dopo le lezioni di tamburo impartite ai beduini da Ilio e da Mondo, il motto fosse diventato: “Italiani, maccheroni, Boccini, berebenanà!”. Tante sono le gite che si sono susseguite negli anni, come quelle a Montecarlo e Venezia, con le immancabili puntate ai Casinò, anche se, a parte alcuni casi sporadici, non era ancora tempo per invocare la fortuna da parte dei lupaioli. Ma anche senza le auspicate vincite l’allegria non mancava di certo. A Venezia la comitiva era ospitata in un albergo del centro affacciato su una calle così angusta che Maso, aprendo la finestra, si era ritrovato faccia a faccia con la vicina del palazzo di fronte, una vicina così vicina che era possibile darle la mano. La ristrettezza dei luoghi non aveva però scoraggiato il Gallo dal proposito di anticipare l’estrazione a sorte delle contrade che si sarebbe tenuta da lì a poco. Bisognava arrangiarsi: in mancanza di bandiere, il Gallo, accompagnato dal suono improvvisato delle chiarine “vocali” di un gruppetto che aveva preso posto nella piccola calle sottostante, aveva sfoderato fuori della finestra della camera nientemeno che il materasso, sotto gli occhi sbigottiti della stessa vicina e l’esultanza incontenibile degli astanti… Ma era negli alberghi messi a ferro e fuoco, nelle incursioni all’interno delle camere altrui e negli scherzi notturni che i gitanti hanno sempre dato il meglio di loro stessi. E il bello è che a tali bravate non partecipavano solo i giovani del gruppo; anzi, i più “grandi” spesso si rivelavano esserne gli ideatori e i protagonisti indiscussi. Alcune volte lo stato dei luoghi sembrava favorire queste sortite, come nella gita al Lago d’Iseo. Mentre Biba, con una licenza poetica concessa solo ad un’insegnate di lettere, faceva il periplo del lago brandendo un tronco d’albero trovato sulla riva e declamando “Quel ramo del lago d’Iseo...”, un dirigente della Contrada (omettiamo il nome per comprensibili ragioni) si accorse che le camere riservate ai lupaioli affacciavano tutte su un’unica terrazza che circondava l’intero piano. Approfittando di questa inaspettata occasione e delle porte finestre spalancate per il caldo, si mise ad entrare e uscire in tutte le camere delle ragazze che, mezze svestite, gli lanciavano contro di tutto mentre il nostro, imperterrito, urlava gongolante: “Questo non è un albergo, è il Bengodi!!!”. Le cose comunque non cambiavano anche quando la situazione ambientale non era così favorevole ed i proprietari dell’albergo risultavano parecchio lezzi, anzi! In una delle numerose settimane bianche, nell’occasione organizzata al Passo San Pellegrino, una bufera di neve costrinse tutti i partecipanti a desistere gioco forza dallo sci ed a rimanere confinati per diversi giorni nell’hotel. Successe di tutto. Tra bagagli disfatti, camere trasformate in bazar con vendita improvvisata di indumenti altrui, lenzuola stese sulla neve, arriva il martedì. Ma, ahimè per il proprietario dell’albergo, era Martedì Grasso: quale migliore occasione per organizzare una festa in maschera? Tra i migliori travestimenti improvvisati si ricordano senz’altro quello di Tiziana, che in calzamaglia con sopra il costume da bagno e un mantello fatto con un asciugamano si lanciava dai tavolini al grido di “Superman!”, e - su tutti - quello di Paolo Vigni, trasformato con una camicia da notte di Marisa piena di volant e nonostante gli evidenti baffi in una favolosa odalisca. Si sa, l’allegria è contagiosa: a farne le spese una comitiva di Verona, ospitata nello stesso albergo, a cui si tentò di insegnare a giocare a filusè con esiti veramente poco brillanti. Risultato: fu necessario riaccompagnarne buona parte nelle loro camere (o meglio, in quelle che apparentemente lo erano, perché lo stato di ubriachezza dei veronesi era tale che non le riconoscevano…) tra urla e risate scomposte. 15
La mattina seguente il proprietario, che già la settimana precedente aveva ospitato una comitiva dell’Onda altrettanto “tranquilla”, minacciò seriamente di cacciare i nostri dall’albergo e fu convinto non senza fatica da Maria Rosa, convocata in Direzione, a sopportare la nostra presenza per il resto della settimana, anche se, imbufalito come pochi, giurò che mai e poi mai avrebbe di nuovo ospitato gente di Siena. Questo atteggiamento intransigente fu considerato dagli “innocenti” lupaioli così eccessivo, fuori luogo ed offensivo da meritare una giusta punizione. Al momento della partenza, coi i bagagli già caricati ed il pullman in moto, un piccolo gruppo pensò bene di scambiare tra di loro tutti i numeri di ottone presenti sulle porte delle camere. Ben gli sta! Su tutte, incontrastata, rimane comunque la performance di Marisa e del Boccini (sì, ancora lui…) che in pieno giorno ebbero la luminosa idea di allagare la camera di Fabio, il nipote di Marisa, con una canna per il clistere piena d’acqua (non chiedetevi come sia possibile che ad uno venga in mente di portare in gita una canna del clistere, non ci sono risposte…). Mentre Marisa cercava di infilare il cannello dentro il buco della serratura e il Boccini controllava i cc di liquido che stavano passando, arrivò il gestore dell’albergo richiamato dalle risate sguaiate dei presenti. Le conseguenze sono facilmente immaginabili: il gestore che cercava di verificare lo stato del parquet allagato era veramente inviperito, ma mai quanto Fabio, che prese un cappello non da poco. A farne le spese un giovanissimo Simone, reo di aver retto la balla alla zia e ad Ilio, che fu sfrattato dalla camera dei genitori e costretto a dormire in quella di Marisa. Ma questa non è stata certo l’unica occasione in cui i lupaioli si sono distinti, o meglio, si sono fatti riconoscere... In una gita in Val d’Aosta, Tita, grande appassionata di giardinaggio, colse come spesso faceva un fiore. Il problema è che in quel momento era in corso la visita di un giardino di piante rare, assolutamente intoccabili. La guida la redarguì con molta severità e Tita, mortificata, pensò bene di rimediare al malfatto scavando una buca in terra e ripiantando il fiore che aveva colto, tra l’ilarità dei presenti. Dal canto suo, Annalisa il primo giorno della sua prima settimana bianca all’Aprica si presentò sulle piste nella sua tenuta nuova fiammante, incuriosita dalle domande del maestro di sci che le chiedeva insistentemente se stava bene negli scarponi. Alla sua risposta affermativa le fece notare che li aveva indossati al contrario! Sempre a proposito di calzature, non si può non ricordare un vero e proprio giallo, tuttora irrisolto e francamente irresolubile. In una sosta al ristorante, Lalla, per dare un po’ di sollievo ai piedi doloranti per le pesanti escursioni della gita, si tolse le scarpe sotto il tavolino. Il problema è che alla fine del pranzo ne lasciò una al ristorante. Tornata a Siena, riuscì a contattare gli sbigottiti gestori del locale che molto gentilmente le rimandarono la scarpa per posta. Quello che non è mai stato chiarito e 16
che dubitiamo fortemente lo sarà è come sia stato possibile che non si sia accorta nel tragitto dal ristorante al pullman di avere una scarpa sola... La vera apoteosi in ogni caso si raggiunse senza tema di smentita nella gita a Roma, nella quale i lupaioli furono ospiti del Comune capitolino, gemellato con la nostra Contrada, al Concorso ippico di Piazza di Siena. I tempi molto difficili (si era nel periodo del rapimento di Moro ed i nostri pullman furono fermati e controllati all’ingresso in città) non scoraggiarono certo i lupaioli che si recarono nella Capitale con diversi torpedoni. il Comune di Roma aveva preparato per gli ospiti un’accoglienza in grande stile: dopo la sfilata dei nostri figuranti in Piazza di Siena e dopo aver assistito alle gare di equitazione era stata organizzata una distintissima cena al vicino Hotel Ritz dei Parioli. L’ingresso della truppa nella vasta hall del lussuoso albergo, tutta marmi, specchi e luci sfavillanti, può essere paragonata a quella di una mandria di bufali che entra in una cristalleria. Dopo essere stati accompagnati nelle eleganti sale riservate fu loro servita l’agognata cena che però, per qualità e quantità, si rivelò molto inferiore alle aspettative non suscitando affatto l’apprezzamento dei lupaioli. Alcuni, presi dai morsi della fame, si impossessarono delle confezioni di marmellata già posizionate sui tavoli delle sale vicine per la colazione dell’indomani e si sfamarono a suon di fette di pane e marmellata, altri, più inviperiti e forse memori delle precedenti prodezze del Passo San Pellegrino, riuscirono a invertire dal secondo al terzo piano dell’albergo e viceversa tutti gli stivali dei cavallerizzi posizionati in un’apposita stanza per essere lucidati. Tanta insoddisfazione doveva però essere manifestata platealmente: all’uscita dall’albergo nel bel mezzo della hall, che nel frattempo si era popolata di cavalieri in alta uniforme con tanto di mogli in tenuta da gran sera, i nostri per ribadire il loro scarso gradimento intonarono a gran voce “Te lo dicevo Ritzze, a picca ‘un ci piglia’, Cafiero ‘un si soverchia...” Dopo tale increscioso episodio ci risulta che il Comune di Roma non abbia mai più neppure ipotizzato nuovi inviti, dimenticandosi di fatto del gemellaggio con la Lupa. Del resto, come non capirli…. Non finiremmo più di raccontare gli innumerevoli episodi esilaranti di queste e di molte altre gite che si sono susseguite negli anni fino ai recenti “tour-ex voto” di vari gruppi festanti ed alle escursioni ai mercatini di Natale quando prima le finanze in rosso per le ripetute vittorie, poi questa maledetta pandemia ci hanno fermato. Ma siamo certi che è uno stop solo momentaneo. L’auspicio è che appena la situazione lo consentirà si possa tutti insieme tornare a viaggiare, senza distinzione di generazioni, animati solo di allegria, di voglia di stare insieme e di fare del sano casino, di urlare nel cuore della notte da camera a camera, come in una delle ultime gite post cappotto, “Da voi come va?” “Tuttappostooooo...” e sentirci rispondere da uno sconosciuto e insonne vicino di camera: “Sono contento che sia tutto a posto, ma ora, vi prego, .….. dormite!!!” 17
benvenuto a... ci ha lasciato... Leonardo Alioto Franco Beneforti Margherita Ciofi Mara Bruni Ricci Luca Colledel Mauro Calderai Diego Fiorenzani Gianfranco Del Santo Diletta Visigalli Linda Jane Cappannini Vanna Pallini Marrucci Delfina Torricelli Bartoli 18
RiGenerazione giovani mestieri creativi I Il progetto si chiama Alter Ego e nasce come tesi per la mia Università (IAD, Istituto di Arte Applicata di Bologna). La necessità era quella di voler enfatizzare una storia, per questo ho subito pensato al Palio di Siena, dedicandomi nello specifico alla Contrada della Lupa. Quando entriamo in un museo rischiamo di rimanere disorientati: troppe didascalie, troppa poca empatia, troppo poco coinvolgimento, troppa lontananza. Per questo ho deciso, tramite la realtà virtuale, di affiancare il fattore umano alla sua espressione figurativa. In questo modo chiunque, visitando il museo di Contrada, potrà rivivere a trecentosessanta gradi, i colori di tutte quelle emozioni, di tutti quei ricordi, che legano ogni contradaiolo al Palio. L’obbiettivo del progetto è quindi mettere al centro lo spettatore, facendo rivivere a quest’ultimo i sentimenti provati da noi contradaioli nelle sconfitte, dalle quali dobbiamo rialzarci e nelle vittorie che ci fanno salire in giubilo. Da ciò il nome Alter ego, mostrare ciò che sta dietro ai vanti dei nostri musei. Ringrazio la Contrada della Lupa e la Dirigenza per avermi fatto conoscere il bando, per avermi aiutato e consigliato durante il lavoro, per avermi concesso di utilizzare le foto del numero unico e per avermi fornito i giusti contatti e gli spazi per realizzare il video rappresentativo del prototipo. Ciò mi ha permesso di vincere il bando del progetto “RiGenerazione - giovani mestieri creativi” realizzato dal comune di Siena. Elisa Fantini 19
20 C1/6470/2012
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