RASSEGNA STAMPA CGIL FVG - venerdì 12 luglio 2019

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RASSEGNA STAMPA CGIL FVG – venerdì 12 luglio 2019
(Gli articoli di questa rassegna, dedicata prevalentemente ad argomenti locali di carattere economico e sindacale, sono
scaricati dal sito internet dei quotidiani indicati. La Cgil Fvg declina ogni responsabilità per i loro contenuti)

ATTUALITÀ, REGIONE, ECONOMIA (pag. 2)
Allarme manodopera: aziende al fianco di Bono. Disputa sugli stipendi (Piccolo, 3 articoli)
Occupazione, in regione si cercano 7 mila addetti che la scuola non forma (M. Veneto, 3 articoli)
Sanità Fvg promossa e in miglioramento (M. Veneto)
Giochi Preziosi conquista i peluche della Trudi (M. Veneto)
Nel Cda dell'aeroporto due manager con i confermati Marano e Consalvo (M. Veneto)
CRONACHE LOCALI (pag. 8)
Safop, oggi la sentenza. Corsa contro il tempo per salvare le commesse (Mv Pordenone)
Electrolux professional, meno ordini a Lavinox. Cresce l'ansia a Villotta (Mv Pordenone)
Zml, fatturato in flessione. «Servono gli investimenti promessi cinque anni fa» (Mv Pn)
Itaca, bilancio record e più occupazione (Gazzettino Pordenone)
Inceneritore di Manzano, la protesta dei comitati in Regione (Gazzettino Udine)
«Il reddito di cittadinanza non compensa Mia e Rei». L'allarme lanciato dall'Usb (Piccolo Trieste)
Ambulanze "ping-pong", la rivolta dell'altipiano (Piccolo Trieste)

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ATTUALITÀ, REGIONE, ECONOMIA (pag. 2)

Allarme manodopera: aziende al fianco di Bono. Disputa sugli stipendi (Piccolo)
Marco Ballico - «Mio padre, l'operaio esperto, lo chiamava maestro. Quella è la cultura che abbiamo
perso». Sergio Razeto, presidente di Confindustria Venezia Giulia, parte dal passato per dare
«assolutamente» ragione a Giuseppe Bono, l'amministratore delegato di Fincantieri che, a fronte di un
piano assunzioni di 5-6mila lavoratori nel prossimo triennio, ha spiegato di non sapere dove andare a
trovare carpentieri, saldatori, elettricisti, meccanici di bordo, saldatori di scafo, motoristi. Operai
specializzati che mancano all'intero territorio, concordano i leader degli industriali anche di Udine e
Pordenone. «Abbiamo perso la cultura del lavoro industriale, e pure quella del diploma - dice Razeto -. Non
a caso come Confindustria ci concentriamo sull'importanza degli istituti tecnici superiori: vanno
pubblicizzati e utilizzati di più. Ingegneri, fisici e matematici servono, ma non bastano. E non c'è dubbio che
carpentieri, saldatori e tubisti sono manodopera difficile da trovate». I motivi? «La mia generazione e quella
dopo di me hanno diffuso la cultura di chi non si sporca, del fare l'operaio come una vergogna. Non è colpa
dei giovani, è conseguenza dell'educazione che abbiamo dato noi». Caso aperto anche in Friuli. «Le nostre
aziende non riescono a trovare le risorse umane di cui hanno bisogno - dichiara la presidente di
Confindustria Udine Anna Mareschi Danieli -. A ciò si aggiunge il problema, ormai cronico, del
disallineamento tra i profili formati e quelli richiesti». L'associazione udinese ha promosso una ricognizione
delle esigenze delle aziende sul fronte delle risorse umane. Il campione (circa il 40% degli associati per
numero di addetti) ha riferito di avere necessità nei prossimi cinque anni di circa 180 manager, 760
impiegati tecnici/quadri, quasi 200 impiegati tecnici, 550 operai specializzati e ben 1.740 operai
(soprattutto generici, con saldatori, operatori Cnc e Plc già praticamente introvabili). Mareschi Danieli
pensa in prospettiva, ma anche all'immediato: «Se necessario vanno previste politiche attive in grado di
attrarre nuovi arrivi, perché la competitività dei sistemi produttivi, anche a livello nazionale, non soltanto
internazionale, si gioca sull'attrattività dei singoli territori». Per il leader della Cisl Anna Maria Furlan Bono
«ha richiamato un bisogno estremo della nostra società e del nostro Paese di creare le condizioni» per far
incontrare domanda e offerta di lavoro e per «superare la disinformazione e le scelte culturali sbagliate»
che contrastano con «i bisogni delle aziende». Per Michelangelo Agrusti, presidente di Unindustria
Pordenone. «Sono stato spesso frainteso, ma lo ripeto: se non troviamo qui le competenze che ci servono,
le dobbiamo andare a cercare in altre regioni, anche del Sud, lì dove mancano le fabbriche, ma ci sono
ottimi istituti tecnici. Per evitare che quei ragazzi si sentano nuova immigrazione vanno però previsti
incentivi per non abbattere il loro salario». La questione salario? Fincantieri risponde innanzitutto
all'attacco del coordinatore nazionale Fincantieri per la Fiom-Cgil Roberto D'Andrea: «In questi anni si sono
formati migliaia di lavoratori che operano in appalto e in subappalto per Fincantieri, spesso con condizioni
nettamente inferiori ai 1600 euro promessi dall'ad Bono. Per rispondere alla richiesta di personale si può
attingere, in primo luogo, a questo enorme bacino già professionalizzato». «Fincantieri ha assunto
direttamente dal 2016 a oggi oltre 1.500 persone e altrettante ne assumerà nei prossimi anni - ribatte
l'azienda -, ma si trova nella situazione paradossale di non riuscire ad accompagnare la sua crescita per
mancanza di professionalità.» Quindi la precisazione sui salari. I 1600 euro netti medi per un operaio
esperto di cui ha parlato Bono vengono confermati. Quanto ai neoassunti, il contratto di ingresso è di circa
1350 euro. Ma, informa ancora l'azienda, «la paga sale anche per tutti con gli straordinari, l'anzianità di
servizio e il superminimo individuale, introdotto in via sperimentale per valorizzare la meritocrazia degli
operai. Ci sono poi le novità del contratto integrativo 2016 sottoscritto da tutti i sindacati presenti in
azienda». Sono previsti, per ogni anno, agevolazioni pari a 800 euro medi sotto forma di welfare aziendale,
1500 euro di premio di efficienza e 1200 euro di premio di partecipazione».La Cgil interviene da parte sua
con il segretario regionale Villiam Pezzetta: «Quello della carenza di professionalità e specializzazioni nel
manifatturiero è sicuramente un problema sempre più diffuso e che nasce da molti fattori, non ultime le
carenze del nostro sistema dell'istruzione e della formazione e l'inefficienza del collocamento pubblico. Non
vorremmo però che passasse un messaggio sbagliato, che c'è il lavoro ma non i lavoratori, perché sono
migliaia, anche in Fvg, le persone che hanno perso il lavoro e che non hanno una concreta opportunità di
ricollocamento, né come operai né in altri settori».

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Il sindaco Cisint plaude l'ad e rilancia: «Una fiera per assumere operai locali»
Tiziana Carpinelli - Operai, maneggiare con cura. È il mantra dei sindacati, che rimproverano a Giuseppe
Bono di scagliare mezze verità o meglio di «non raccontarla tutta» sugli stipendi della manovalanza
Fincantieri e, soprattutto, sulle condizioni contrattuali di appalto e subappalto, così agitando l'alibi già
decantato da Elsa Fornero, ex ministro «piangente» (copyright by Matteo Salvini), sui giovani troppo
choosy, schizzinosi, che farebbero meglio a prendere l'impiego che capita e tenerselo ben stretto. Ma i
lavoratori stanno a cuore anche al sindaco di Monfalcone, Anna Cisint, che smorzati i toni bellicosi della
fase 1, quella dello scontro frontale con Bono, cui deve per esempio il cadeau di un asilo nuovo di zecca alla
periferia est, ora punta alla collaborazione con la Grande fabbrica. Lavora ai fianchi per «fermare l'arrivo di
immigrati» sul territorio. La prima cittadina punta infatti, in replica alle parole dell'ad Fincantieri, su una
"fiera del lavoro" per «promuovere la manodopera locale», reclamando un diverso modello produttivo, al
fine di promuovere l'indotto e stimolare nuove professionalità. Stando a Cisint il richiamo di Bono tocca «un
aspetto cruciale» per invertire un processo produttivo «sbagliato» che «ha alimentato un'immigrazione
incontrollata e il degrado della nostra città». «Con l'ad - afferma - siamo sulla buona strada per dare una
svolta, sostenuti dal presidente Fedriga, attraverso il sistema della formazione e del mercato del lavoro
regionale. Posso anticipare che a settembre sarà lanciata una vera e propria "fiera del lavoro regionale": un
grande recruiting day che sulla base dei fabbisogni della maggior azienda in regione e di un carico di lavoro
consistente che si proietta sui prossimi 10 anni, metterà in contatto le imprese interessate e l'intera platea
di chi è alla ricerca di impiego nel Fvg e, perché no, nel Veneto». Si tratta solo di «mettere in campo gli
eventuali aggiornamenti professionali d'inserimento e il sistema della rete di trasporto con i luoghi di
residenza». Da un lato dunque «potenziamento dell'indotto regionale» e dall'altro «stop ai lavoratori
stranieri», assunti «non per ragioni di competenze» quanto per la «possibilità, per i subappaltatori, di uno
sfruttamento contrattuale». «Bono - conclude Cisint - non può che essere convinto sostenitore di queste
due esigenze». E i sindacati? «Milleseicento euro netti non li guadagnano neppure tutti gli operai diretti del
cantiere, perché è notorio che nell'appalto le condizioni salariali e contrattuali non sono certo quelle
esposte da Bono», spiega Livio Menon, segretario provinciale Fiom. «Non la racconta tutta - aggiunge -
altrimenti mi si deve spiegare come mai la gran parte degli indiretti ha il primo livello o giù di lì e non
supera le 160 ore mensili pur lavorando sabato e domenica. Dove sta la legalità, lì?»...
«Giusto formare di più i giovani, ma i bassi salari non attirano»
«Il mismatch tra domanda e offerta di lavoro è purtroppo tema non nuovo. E sicuramente ancora reale».
Marco Bentivogli, segretario generale della Fim Cisl, non arriva a dire testualmente di essere d'accordo con
l'analisi di Giuseppe Bono, ma ne sposa buona parte del ragionamento.In Italia, condivide il sindacalista, è
venuta meno, se non la voglia di lavorare, la cultura del lavoro. Non per responsabilità dei giovani, ma per
una narrazione che non aiuta, secondo Bentivogli, essendo spesso «marcatamente antindustriale», ma
anche per un problema salari: all'estero si può guadagnare di più ed è inevitabile dunque che il lavoro da
operaio, per quanto specializzato, sia in Italia meno popolare che altrove.

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Occupazione, in regione si cercano 7 mila addetti che la scuola non forma (M. Veneto)
Elena Del Giudice - Se qualcuno lo avesse scordato, per far crescere le imprese serve personale. Magari
anche qualificato, o specializzato, o adeguatamente formato. A ricordarlo ci ha pensato l'altro ieri Giuseppe
Bono, ad di Fincantieri, lanciando l'allarme sui 6 mila operai di cui il Gruppo avrebbe necessità e che non
riesce a trovare. È un tema ricorrente, quello della carenza di manodopera, su cui spesso Confindustria si è
spesa, e che trova conferma nel rapporto Excelsior di Unioncamere.AssunzioniNel periodo giugno-agosto le
imprese del Friuli Venezia Giulia ricercheranno oltre 23 mila 400 persone da assumere, di cui - mediamente
- il 33,1% è di difficile reperimento. Percentuale che vola sopra il 50% per specialisti in scienze informatiche,
fisiche e chimiche, per tecnici della sanità, dei servizi sociali e dell'istruzione, tecnici in campo informativo,
ingegneristico e della produzione, ma anche operai specializzati e conduttori di impianti per le imprese del
tessile e dell'abbigliamento, per operai da impiegare in attività metalmeccaniche ed elettromeccaniche, per
operai specializzati nelle attività industriali. Se poi parliamo di progettisti, ingegneri e professioni assimilate,
si balza addirittura al 73%.La causaLa causa di fondo è il cosiddetto "mismatch", ovvero il disequilibrio tra
domanda e offerta di lavoro. Le aziende cercano tecnici, la scuola forma liceali. Le imprese chiedono
ingegneri, l'università laurea esperti in scienze politiche. Ovviamente non è che non servano liceali o esperti
in comunicazione, ma se alla fine della carriera scolastica si punta ad avere un'occupazione, allora sarebbe
preferibile orientare la formazione in quei settori in cui forte è la domanda e il trend è di crescita.Le
previsioniSviluppatori software e app, specialisti di Big Data, machine learning, cybersecurity, intelligenza
artificiale: sono solo alcuni dei profili digitali più richiesti dalle aziende, anche nell'industria, non solo Ict.
Nel 2018-2020 la domanda in Italia sarà di 88.000 super-tecnici digitali (fonte: Osservatorio Competenze
Digitali); il Nordest (dopo il Nordovest) fa la parte del leone con un fabbisogno del 25%, pari a 22.000 posti
nel triennio. Ma in un caso su due sono introvabili (o non adeguati), anche perché si allarga il mismatch tra
domanda e offerta specie di laureati nel cosiddetto Ict.La proposta L'alternativa c'è. E si chiama Its: gli
Istituti tecnici superiori, ad oggi, in Italia, l'unico canale di formazione terziaria professionalizzante, nato
nove anni fa per formare tecnici altamente specializzati in aree tecnologiche strategiche per lo sviluppo del
Paese. Co-progettazione tra imprese e Its, tasso di occupabilità a 12 mesi dal diploma oltre l'80%, impieghi
coerenti in 9 casi su 10 (fonte: Miur). Il successo, ancora poco noto, degli Its è scritto nei risultati, che a
Nordest registrano punte di placement vicine al 100%...
La Cisl: Bono ha ragione. M5s: sono provocazioni
Reazioni e controreazioni all'allarme di Giuseppe Bono sulla carenza di manodopera specializzata in
Fincantieri. La prima della giornata è dell'azienda che replica alle dichiarazioni del coordinatore nazionale
Fiom della cantieristica, Roberto D'Andrea.«Una volta di più - rimarca l'azienda - prendiamo atto di effimere
prese di posizioni ideologiche di chi evidentemente è ben distante dal conoscere il sistema produttivo
Fincantieri e, con molta probabilità, il mercato del lavoro in generale. Il grido di allarme lanciato da tempo
dalla nostra società riguarda la difficoltà di potenziare e incrementare la filiera produttiva necessaria per
sviluppare l'importante carico di lavoro acquisito, con l'inserimento di figure professionali che oggi
purtroppo non sono più attrattive per i giovani. Fincantieri ha assunto direttamente dal 2016 a oggi oltre
1.500 persone e altrettante ne assumerà nei prossimi anni, ma si trova nella situazione paradossale di non
riuscire ad accompagnare la sua crescita per mancanza di professionalità. La geniale ricetta industriale della
Fiom di assumere in Fincantieri i lavoratori dell'indotto fa sorgere spontanea una domanda: dove si trovano
le risorse in più che servono per costruire le navi? La soluzione è quella di depauperare l'indotto che
costituisce una componente essenziale per la crescita dell'azienda? D'Andrea e la Fiom, invece di dedicarsi
a dichiarazioni disancorate dalla realtà produttiva - è l'invito -, dovrebbero preoccuparsi di collaborare in
maniera attiva per recuperare nel nostro Paese una reale cultura del lavoro, ma forse questo è chiedere
troppo a un'organizzazione che negli ultimi anni ha perso in Fincantieri più del 10% degli iscritti,
rappresentando solo il 15% dei dipendenti, e che, senza portare valore aggiunto in termini di concretezza e
propositività, si è distanziata sempre più dai lavoratori».
Nelle grandi fabbriche friulane la rivoluzione digitale non decolla
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Sanità Fvg promossa e in miglioramento (M. Veneto)
Mattia Pertoldi - Promossa. La sanità del Friuli Venezia Giulia supera con agilità l'esame del Consorzio per la
ricerca economica applicata in sanità (Crea)-Università di Roma Tor Vergata che misura la soddisfazione
sulle prestazioni del servizio rilevata da 96 esperti provenienti da cinque categorie di portatori di interessi:
utenti, istituzioni, professioni sanitarie, management aziendale e industria medicale.Preceduto da Provincia
di Trento, Toscana, Bolzano e Lombardia, il Friuli Venezia Giulia migliora la performance di oltre otto punti
rispetto a quella raggiunta lo scorso anno e mantiene la posizione nella cosiddetta area dell'eccellenza in
cui il livello dell'indicatore della soddisfazione supera il 56%, collocandosi a pari merito con Emilia Romagna
e Umbria, ma davanti a Veneto e Piemonte. Male, invece, la sanità del Sud con le ultime sei posizioni -
quelle della cosiddetta area critica in cui il livello di performance è inferiore al 40% - occupate da Regioni
del meridione e cioè, in ordine cronologico, Puglia, Sicilia, Basilicata, Calabria, Campania oltre a, come
fanalino di coda, Sardegna.«Siamo soddisfatti perché il Friuli Venezia Giulia si classifica nell'area
dell'eccellenza - ha commentato il vicepresidente e assessore alla Salute Riccardo Riccardi -, ma l'obiettivo
della legislatura sarà quello di scalare ancora posizioni e rientrare nella primissima fascia. Questo dato ci
deve spronare a modificare i percorsi di salute e i modelli organizzativi per spingere ulteriormente verso
l'integrazione socio sanitaria: è necessario che l'obiettivo si sposti dalla sanità alla salute, alla ricerca di
risposte ai bisogni più complessi e articolati delle persone». Parole, quelle di Riccardi, figlie di un'analisi del
rapporto Crea in cui gli esiti della regione complessivamente migliorano per quanto calino le voci "sociale"
(-4,6% rispetto al 2018) e "appropriatezza" (-2,5%), mentre è stato più contenuto il calo nella categoria
economico-finanziaria (-1,9%).La classifica, inoltre, fa riferimento al 2018 anno in cui c'è stato il passaggio di
consegne - a maggio - tra la vecchia giunta di centrosinistra e la nuova di centrodestra. E proprio questa
situazione intermedia porta il Pd ad attaccare l'esecutivo di Massimiliano Fedriga. «È ridicolo che l'attuale
giunta - ha detto il consigliere regionale dem Roberto Cosolini - presenti come suo merito i risultati positivi
della sanità regionale registrati dal rapporto Crea. È evidente come la fotografia del 2018 non può
dipendere da un intervento legislativo molto parziale, giunto peraltro a fine dello scorso anno, che
ridisegna i confini delle Aziende a partire dal 2020. È chiaro che Crea fotografa effetti di quanto fatto dalla
precedente amministrazione.

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Giochi Preziosi conquista i peluche della Trudi (M. Veneto)
Giochi Preziosi manda in porto l'acquisto di Trudi, storico marchio regionale di peluche e proprietaria anche
dei giocattoli in legno Sevi con sede a Tarcento. Enrico Preziosi, smessi per un giorno i panni di patron del
Genoa, torna così a far crescere il gruppo che ha fondato, arricchendone l'offerta con i morbidi pupazzi e
con i giochi che provano a differenziarsi dal predominio della plastica. A vendere Trudi è Paladin Capital
Partners del gruppo Carisma, che aveva acquistato l'azienda friulana nel 2005 rimettendola in carreggiata
attraverso la cessione delle attività retail e riportando il focus sulla produzione e distribuzione di giocattoli,
valorizzando inoltre il marchio in diversi ambiti di prodotti per bambini. Ora il gioco passa a Enrico Preziosi.
«Siamo particolarmente soddisfatti di avere completato questa acquisizione - sottolinea il presidente di
Giochi Preziosi, nonché del Genoa -. Siamo pronti ad investire in iniziative commerciali e di marketing che
consentano a Trudi di perseguire la crescita del fatturato, beneficiando della capacità distributiva su scala
europea del nostro gruppo». Giochi Preziosi ha realizzato nel 2018 ricavi netti per 403 milioni, un Ebitda di
57 milioni e un utile di 29 milioni. Impiega oltre 500 dipendenti ed è presente in sei paesi europei, oltre alla
Turchia, con proprie società controllate che assicurano la distribuzione diretta in 14 paesi.Trudi ha
dimensioni minori: il bilancio 2018 si è chiuso con ricavi netti per 10,5 milioni, un Ebitda di 2,5 milioni e un
utile netto di 0,6 milioni. La società impiega circa 40 persone nella propria sede storica di Tarcento (Udine),
dove è nata nel 1954 dalla passione nel realizzare giocattoli in pezza di Trudi Müller Patriarca. La signora
Trudi Müller, fondatrice del marchio nel 1953, aveva sposato un italiano, Antonio Patriarca. Nel 2000 è
entrato in azienda come amministratore delegato Maurizio D'Angelo, sette anni in Benetton, che ha
ristrutturato magazzino e giacenze ha aperto il capitale, accanto alla famiglia Patriarca, a 21 Investimenti di
Alessandro Benetton. In seguito proprio la proiezione mondiale era stata una delle molle che, 15 anni fa,
aveva spinto la famiglia Patriarca, fondatrice della Trudi, e il fondo Giada, controllato dalla finanziaria "21
Investimenti", a cedere nel 2005 l'azienda alla Paladin-Carisma Spa del gruppo Bain and Company Italy. In
quel momento la Trudi era in una fase di forte rilancio che aveva impegnato la famiglia Patriarca e la
finanziaria veneta in un progetto di allargamento della gamma dei prodotti, oltre che di
internazionalizzazione e rifocalizzazione gestionale.Giochi Preziosi è stato rilanciato dopo la cessione per
105 milioni di euro della quota nella joint venture paritetica con Artsana, Prénatal retail group e relativa al
business retail, che nel 2015 aveva unito le catene Toys Center, King Jouet, Prénatal e Bimbostore in un
unico grande network. L'acquisizione di Trudi è un altro tassello nel piano di espansione del gruppo.

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Nel Cda dell'aeroporto due manager con i confermati Marano e Consalvo (M. Veneto)
Mattia Pertoldi - Giochi chiusi dalle parti di Ronchi dei Legionari con il nuovo Cda dell'aeroporto che verrà
presentato questa mattina dopo essere stato completato, in via ufficiale, ieri in virtù delle scelte definitive
compiute dal nuovo socio di maggioranza - il fondo F2i - e dalla Regione.La giunta per le nomine del
Consiglio regionale, prima di tutto, ha espresso parere favorevole a larga maggioranza - con la sola
astensione di Cristian Sergo (M5s) - alla riconferma di Antonio Marano alla presidenza, ruolo che spetta
comunque alla Regione anche dopo la cessione del 55% delle quote a F2i in cambio di un corrispettivo
economico, per le casse del Friuli Venezia Giulia, pari a 32,8 milioni. Il fondo di investimento, invece, ha
diritto prima di tutto alla nomina dell'amministratore delegato e in questo caso il prescelto era e resta
Marco Consalvo, attuale direttore generale di Trieste Airport. Accanto a loro, però, andava pure scelto il
pacchetto per il resto del Cda composto, come da atto di vendita, da cinque elementi.La Regione, oltre al
presidente, aveva il compito di scegliere un altro componente (femminile) del Cda e alla fine, in quota Lega,
si è optato per Rita Cozzi. Avvocato, 34 anni, Cozzi è subentrata più o meno un anno fa a Elia Miani in giunta
comunale a Cividale e dai rumors di queste settimane pare essere diventata una papabile candidata sindaco
il prossimo anno quando Stefano Balloch, al termine del secondo mandato, non potrà più ripresentarsi.F2i,
invece, ha puntato su due manager. Il primo gioca decisamente in casa e porta il nome di Laura Pascolo,
attuale presidente di "2i Aeroporti" controllata dalla holding del Fondo. Il secondo, invece, risponde al
profilo di Daniele Rizzolini direttore di Ardian Infrastructure. Saranno loro, dunque, a guidare nei prossimi
anni lo scalo di Ronchi dei Legionari. Un aeroporto che ha già approvato un piano investimenti che per il
2020-2023 prevede 30 milioni di euro autofinanziati, cui si aggiungono 1 milione da finanziamento
regionale e un altro milione da finanziamento pubblico. I fondi verranno utilizzati per l'ottimizzazione delle
infrastrutture di volo, degli impianti e dei sistemi, del terminal e degli altri edifici dello scalo oltre che per la
conversione energetica a fonti rinnovabili. Parlando di passeggeri, invece, quelli complessivi previsti
dall'investitore privato nel periodo compreso tra 2019 e 2022 sono pari a 3 milioni 750 mila contro i 3
milioni 695 mila stimati invece nel Piano industriale della società.

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CRONACHE LOCALI

Safop, oggi la sentenza. Corsa contro il tempo per salvare le commesse (Mv Pordenone)
Il nome del curatore fallimentare della Safop è atteso per oggi, quando il tribunale depositerà la sentenza
sull'istanza di autofallimento presentato dall'ormai ex proprietà (gruppo tedesco con capitale cinese). Il
tribunale fallimentare di Pordenone, presieduto da Lanfranco Tenaglia, giudici a latere Lucia Dall'Armellina
(relatore) e Roberta Bolzoni, si è riunito ieri in camera di consiglio per valutare la richiesta di fallimento in
proprio presentata dalla Safop. L'istanza è stata determinata dalla mancata volontà di ricapitalizzare
l'azienda da parte dei soci. Fa seguito a un concordato preventivo omologato e concluso l'anno scorso. Nel
ricorso non si fa cenno, però, all'esercizio provvisorio d'impresa. Un'eventualità che, se come è probabile la
richiesta di fallimento sarà accolta, dovrà essere valutata dal curatore. Un aspetto sul quale i sindacati
avevano espresso preoccupazione, in riferimento alle commesse. Il verdetto del tribunale è atteso oggi. Il
tribunale nominerà il giudice delegato e il curatore fallimentare. Quest'ultimo dovrà accertare la situazione
economica, fiscale e di bilancio.«Non ci attendiamo novità prima di qualche giorno - spiega Cristiano
Danelon (Fiom Cgil) - perché comunque il curatore dovrà fare una valutazione di quello che troverà in
azienda. I lavoratori nel frattempo restano a casa, in attesa». La proprietà ha abbandonato con commesse
per oltre 10 milioni di euro. Interessi verso l'azienda non mancano, soprattutto per il ramo dei torni legato
al mercato ferroviario (Safop è l'unica azienda italiana che ne produce).Per questo ramo, in particolare, ci
sarebbero interessi da imprenditori indiani, ma anche da imprese molto più vicine che potrebbero
completare la loro gamma di prodotti. In entrambi i casi il condizionale è d'obbligo. Il primo obiettivo, per
salvare un'azienda storica e i 76 lavoratori, deve essete quello di tagliare i tempi della burocrazia.

Electrolux professional, meno ordini a Lavinox. Cresce l'ansia a Villotta (Mv Pordenone)
Giulia SacchiCalano ancora gli ordini alla Lavinox di Villotta di Chions, in primis quelli garantiti da Electrolux
Professional, il cliente maggiore dell'impresa che impiega 114 dipendenti: sul futuro di questi ultimi e dello
stabilimento le organizzazioni sindacali di Fim, Fiom e Uilm nutrono grossi timori. Nell'incontro di ieri con i
rappresentanti del Gruppo Sassoli (la proprietà per l'ennesima volta non era presente), le forze sociali
auspicavano che l'azienda potesse dare risposte sul fronte commerciale e degli investimenti e tracciare un
quadro puntuale sulle prospettive, ma la discussione è stata rinviata all'incontro del 30 luglio. «Il copione si
ripete - ha commentato il sindacalista di Fim Cisl, Denis Dalla Libera -. Il tempo passa, mancano sette mesi
alla scadenza del contratto di solidarietà, ma non abbiamo risposte da parte dei vertici aziendali alle istanze
che sottoponiamo loro da vecchia data. La contrazione degli ordini c'è e oggi (ieri per il lettore, ndr) ci
saremmo attesi un riscontro sul futuro dello stabilimento e dell'occupazione, ma nulla». «Le preoccupazioni
crescono - ha aggiunto Roberto Zaami (Uilm) -: visto immobilismo industriale, il rischio è che continuino a
calare gli occupati, seguendo il trend del fatturato. Allo scadere della solidarietà si teme per nuovi
licenziamenti».Dalla Libera e Zaami hanno fatto sapere che non è stata ancora risolta la questione il
mancato pagamento, da gennaio, di parte di Tfr e incentivo a chi ha lasciato entrambe le fabbriche in capo
al Gruppo Sassoli, oltre a Lavinox anche la Sarinox di Aviano (22 addetti). Alcuni di questi hanno intrapreso
azioni legali nei confronti della proprietà. Già nel tavolo di confronto dello scorso giugno, i sindacati hanno
lanciato un messaggio chiaro all'azienda «affinché non si vanifichi il lavoro svolto sinora. Ci sono ex addetti
che attendono da cinque mesi quote di Tfr e incentivo. Non possiamo più stare con le mani in mano».

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Zml, fatturato in flessione. «Servono gli investimenti promessi cinque anni fa» (Mv Pn)
Giulia Sacchi - La Zml di Maniago, colosso della metalmeccanica di proprietà del Gruppo Cividale, con oltre
500 dipendenti, risente della congiuntura negativa: si sta registrando, infatti, una flessione del fatturato e la
situazione che preoccupa maggiormente è quella del reparto ghisa. Dai sindacati arriva l'appello all'azienda
a effettuare gli investimenti prospettati cinque anni fa. Il quadro è stato tracciato in un incontro tra impresa
e sindacati: in un anno (i dati si riferiscono al 30 giugno), le tonnellate di ghisa sono diminuite di oltre il 10
per cento. A oggi si registra anche uno scostamento del 5 per cento rispetto al budget preventivato a inizio
anno.«Le incertezze globali nel settore dell'automotive hanno incidenze sulle attività produttive in
generale: a risentirne è anche Zml - ha commentato il sindacalista di Uilm Roberto Zaami -. Va ricordato
pure che ci sono stati fermi tecnici importanti per problemi all'altoforno: la sospensione dell'attività fusoria
è durata otto giorni, generando ritardi e distogliendo ordini. Quello più in sofferenza è il reparto ghisa,
seguito dal rame. Regge, invece, la divisione alluminio. È bene, comunque, mettere in evidenza che la
flessione è determinata dalla congiuntura: non sono state perse quote di mercato». Ecco quindi che
diventano fondamentali gli investimenti. «Cinque anni fa l'azienda aveva annunciato investimenti nel
reparto ghisa, ma a oggi non sono stati realizzati - ha detto Zaami -. Chiediamo alla proprietà di passare
dalle parole ai fatti, ricordando che gli investimenti rappresentano una sfida per crescere e tenere alta la
competitività dell'impresa».Il sindacalista ha ricordato che «uno dei punti di forza della Zml è stata la
diversificazione del fatturato, che ha consentito di conquistare nuovi mercati e raggiungere livelli
importanti in settori strategici. È fondamentale investire per le prospettive di crescita». Nonostante la
flessione attuale, non si fa ricorso agli ammortizzatori sociali. «Niente cassa integrazione - ha aggiunto
Zaami -. La situazione viene gestita attraverso l'utilizzo di ferie e permessi». L'impresa aveva fatto ricorso
alla cassa ordinaria lo scorso novembre, in seguito al rallentamento della produzione nel reparto ghisa. Al di
là delle difficoltà che anche altre realtà della provincia stanno attraversando, con tanto di attivazione degli
ammortizzatori, Zml è una realtà che funziona ed è una delle aziende più importanti della zona industriale
di Maniago. Nata nel 1971, nei primi anni di attività la produzione era finalizzata alla realizzazione di
componenti per gli elettrodomestici Zanussi. Nel 1984 l'acquisizione da parte di Electrolux, che ha dato
inizio a un vigoroso piano di investimenti e ristrutturazione, per valorizzare le attività strategiche. Nel 2002
Zanussi metallurgica è uscita dal gruppo Electrolux e ha cambiato ragione sociale in Zml che dal 2006 fa
parte del Gruppo Cividale.

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Itaca, bilancio record e più occupazione (Gazzettino Pordenone)
La scelta di rispondere a tutti i bisogni del territorio, l'attenzione ai soci e alle donne tra innovazione sociale,
relazioni e contaminazioni per un welfare sostenibile, accogliente e universale Il bilancio numero 26 della
Cooperativa sociale Itaca è uno dei migliori di sempre, con un fatturato che tocca i 48 milioni di euro e il più
7,6% rispetto all'anno precedente, e che si traduce in oltre 3,4 milioni di euro di aumento. Cresce
l'occupazione che segna +4,5% di incremento con un numero di addetti che sfiora i 2.000. Ma le notizie
positive non si fermano qui perché il bilancio segna un utile gestionale che come l'anno scorso supera 1
milione di euro, un risultato che consente alla Cooperativa Itaca di destinare direttamente in busta paga ai
soci un ristorno complessivo superiore a 400 mila euro, a cui se ne sono aggiunti altrettanti per
miglioramenti economici riservati alle socie e ai soci. «È un risultato frutto di scelte e visioni che ancora oggi
ci caratterizzano afferma Orietta Antonini, riconfermata alla presidenza per il triennio 2019-21 - come il
mantenimento del nucleo prevalente delle nostre attività in Friuli Venezia Giulia, che concentra più
dell'80% del fatturato, unitamente alla scelta di rispondere a tutti i bisogni del territorio; da tale scelta
deriva l'ampiezza qualitativa e quantitativa delle tipologie di servizi e contratti gestiti e la possibilità di
attivare percorsi di innovazione sociale, alcuni dei quali con annessi investimenti patrimoniali».
Il fatturato sale a 48,1 milioni di euro, in aumento del 7,6% rispetto al 2017, mentre il patrimonio netto
aziendale cresce del 9,3% e si attesta a 7,3 milioni di euro. Risultati eccezionali che registrano il
rafforzamento del patrimonio sociale della Cooperativa Itaca, unitamente ad un utile gestionale di oltre 1,1
milioni di euro da cui è stato dedotto il ristorno ai soci in busta paga di 430 mila euro. Nel corso
dell'Assemblea generale dei delegati, svoltasi il 28 maggio all'Auditorium comunale di Pasian di Prato (Ud),
è stata data comunicazione dei risultati elettorali rispetto all'elezione in Consiglio di Amministrazione.
Entrano nel CdA di Itaca e rimarranno in carica per il triennio 2019-2021: Orietta Antonini, Paolo Castagna,
Sergio Della Valle e Anna La Diega per la Tecnostruttura; Mattia Bianco, Francesca Biasio, Vincenzo
Bottecchia per la provincia di Pordenone; Mariaelena Brovedan, Barbara Driussi e Roberto Rossetto per
l'area Alto e Medio Friuli; Pasquale Ascone, Katia Mussin e Cosimo Zito per Basso Friuli-Gorizia-Trieste; Lara
Aggio, Claudia Battiston e Silvia Stival per l'area extra regionale.

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Inceneritore di Manzano, la protesta dei comitati in Regione (Gazzettino Udine)
La protesta dei comitati e dei cittadini contro il progetto di revamping proposto da Greenman per il
termovalorizzatore di Manzano arriva sul tavolo del presidente del consiglio regionale Piero Mauro Zanin.
«Gli abbiamo chiesto un incontro sul progetto presentato dalla società per lo screening di Via in Regione e
gli abbiamo esposto le nostre preoccupazioni», spiega Luciano Zorzenone del Cordicom. Il timore principale
dei comitati, preoccupati anche per la distanza dalle case, è che gli impianti, alla fine, possano raddoppiare,
visto che la linea attuale (che tratta fino a 20mila tonnellate all'anno di rifiuti) dovrebbe restare comunque
installata: nel progetto c'è scritto chiaro che rimarrebbe solo come supporto in caso di emergenza o fermo
per manutenzione del futuro impianto da 34mila tonnellate di scarti l'anno, ma il Cordicom (che ha
proposto le sue osservazioni al progetto) rileva che, a ben vedere, «a lavori ultimati saranno presenti due
inceneritori, che potranno operare singolarmente e in totale autonomia» e che in un futuro non
remotissimo potrebbero essere autorizzati al funzionamento «in contemporanea». Zanin (vedi altro
articolo) ha promesso di «verificare l'iter della procedura» e si è messo a disposizione dei cittadini,
prendendo diligente nota delle loro (molte) perplessità.
Perplessità che non sembrano essere solo dei cittadini. Nel procedimento per la verifica di assoggettabilità
alla valutazione di impatto ambientale (Via) del progetto di Greenman, infatti, si registrano due prese di
posizione nette, sia del sindaco uscente, Mauro Iacumin, sia del neoeletto Piero Furlani e del suo vice
Lorenzo Alessio. Iacumin già a fine maggio, nel chiedere uno spostamento dei termini per le osservazioni,
vista la scadenza elettorale imminente, aveva fatto alcune «osservazioni preliminari». Un testo articolato,
in cui, fra le altre cose, definiva la domanda proposta (per la sostituzione della linea esistente con una a
maggiore potenzialità) «fuorviante», visto che «dalla documentazione presentata emerge chiaramente che
non ci sarà nessuna sostituzione linea ma l'affiancamento di una nuova linea» da 34mila tonnellate l'anno.
Senza nascondere il timore che si volesse arrivare a «potenziare l'impianto fino alla capacità di 54mila
tonnellate l'anno», Iacumin aveva anche rimarcato che «la destinazione uso dell'esistente inceneritore non
rientra tra quelle ammesse nel piano per gli insediamenti produttivi (Pip)» e «la destinazione d'uso
dell'ampliamento» nemmeno. «Per tali motivi - aveva scritto - il progetto non può essere approvato dal
Comune di Manzano». E il suo successore Furlani, a giugno scorso, non è stato da meno. Facendo proprie le
osservazioni dell'istruttoria tecnica del responsabile dei servizi urbanistica e ambiente del Comune, Furlani
con il suo vice ha rimarcato (come aveva fatto Iacumin) che nel procedimento andrebbero coinvolti altri sei
comuni vicini e tutti i portatori di interesse «comprese le associazioni e i gruppi di cittadini». Non solo,
l'auspicio del Comune è che l'intervento venga assoggettato alla Via. Secondo il sindaco, la vicinanza dei
centri abitati di Manzinello, San Lorenzo e Soleschiano «costituisce criticità importante», «non
adeguatamente presa in considerazione nel progetto: già all'epoca della prima autorizzazione è stata
concessa una discutibile deroga rispetto alla distanza minima di legge dei mille metri ammettendo
l'insediamento a soli 530 metri dalla zona residenziale». Inoltre, per Furlani e Alessio, «le valutazioni sulle
ricadute sanitarie sulla popolazione non paiono adeguatamente affrontate e, comunque, non costituiscono
idonea rassicurazione». Secondo l'istruttoria tecnica firmata da Marco Bernardis il 7 giugno la valutazione
preliminare del rischio sanitario, svolta secondo l'approccio del Risk assesment, avrebbe dovuto basarsi
invece sull'Health impact assesment, «che tiene conto dei dati epidemiologici riferiti al ventennio di attività
dell'impianto» e che «fornirebbe un quadro reale delle conseguenze relative alla presenza» di eventuali
inquinanti. Anche per Iacumin la scelta dell'approccio sarebbe stata «completamente errata». (Camilla De
Mori)

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«Il reddito di cittadinanza non compensa Mia e Rei». L'allarme lanciato dall'Usb (Piccolo Trieste)
Luigi Putignano - Il reddito di cittadinanza sta mostrando la corda e c'è chi rimpiange le "vecchie" Mia e Rei.
È il sunto dell'incontro organizzato ieri mattina dall'Unione sindacale di base nella sua sede di Ponziana.La
misura voluta dalla componente M5s del governo, stando a quanto emerso, nell'immaginario di tanta gente
in difficoltà avrebbe rappresentato una sorta di ancora di salvezza, che ha fatto sperare in una vita
dignitosa. Ma i suoi meccanismi di funzionamento si stanno invece facendo via via meno chiari e più
farraginosi. «Il problema - ha spiegato Giorgio Vesnaver, di Usb - è che diverse persone, con Isee a zero e
che vivono da sole, hanno percepito somme inferiori rispetto a quelle ricevute nei primi tre o quattro mesi
dell'anno, quando le forme di sostegno al reddito e di inserimento attive erano la Mia o il Rei».«In
campagna elettorale - ha proseguito il sindacalista - si è parlato di un contributo di 780 euro ma poi si è
presto capito che quello sarebbe stato solo un caso limite. La maggior parte delle persone, intanto, si
aspettava di prendere 500 euro più l'affitto. La realtà a Trieste è stata però un'altra. In base alla trentina di
casi segnalatici, le erogazioni sono state tra i 200 e i 300 euro, con picchi al ribasso di 76 euro».Poi, un mese
fa, oltre al danno la beffa: «La riduzione della mensilità di giugno è stata giustificata dall'inserimento del Rei
tra i trattamenti 2019 che incidono sull'importo del beneficio. A darne comunicazione è stata una nota
comparsa sul sito "Inps per la famiglia". Per la Mia tale inserimento era scattato con la prima erogazione».
Vesnaver ha anche sottolineato la poca disponibilità al dialogo degli sportellisti: «Chi richiede spiegazioni o
un controllo dei meccanismi del RdC ottiene risposte inconsistenti o insufficienti. L'unica risposta chiara,
avuta dai vari sportellisti, è stata una sorta di mantra che recitava che i calcoli, essendo stati fatti a Roma,
non potevano essere sbagliati».Ha infine preso la parola anche Patrizia Palcini, da aprile 2018 parte di Usb,
nella cui sede porta avanti gratuitamente la Base informatica di supporto per le persone in stato di bisogno
(Bis). Palcini ha raccontato la sua esperienza nella giungla del sostegno al reddito: «A 65 anni, disoccupata
da nove, nel mondo del lavoro sono considerata alla stregua della merce avariata. Per questo sono stata tra
chi ha richiesto il reddito di cittadinanza o di "fannulanza", come lo descrivono alcuni benpensanti in rete.
Non è però un problema circoscritto a pochi, in città: al mio sportello si sono presentate quasi 500 persone,
chiedendo informazioni su come riuscire a districarsi nel labirinto di aiuti sociali».

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Ambulanze "ping-pong", la rivolta dell'altipiano (Piccolo Trieste)
Ugo Salvini - Scatta la protesta di Opicina per la cancellazione dell'ambulanza in servizio notturno. Il mezzo
è stato dirottato infatti a Santa Croce, dopo che era stata proprio la comunità del piccolo centro situato sul
confine fra i territori comunali di Trieste, Duino Aurisina e Sgonico, tramite la presidente della Prima
circoscrizione Maja Tenze, a reclamarne la presenza qualche mese fa, in conseguenza della sua
eliminazione. In sostanza, per soddisfare le legittime esigenze di una parte dell'altipiano, se ne penalizza
un'altra. Ed è proprio per denunciare questo limite dei servizi assicurati ai cittadini, una sorta di coperta
corta dell'assistenza sanitaria che per coprire una falla ne apre un'altra, che ieri sera si sono riuniti i direttivi
dell'associazione "Difesa per Opicina" e del consorzio "Insieme a Opicina", per stilare una lettera che sarà
recapitata al sindaco, Roberto Dipiazza.«Ci rivolgiamo a lui - spiega Nadia Bellina, presidente del consorzio -
in quanto responsabile della salute pubblica, consapevoli che poi il sindaco saprà a chi indirizzare con
precisione la richiesta dei residenti di Opicina per ottenere una risposta soddisfacente». Il problema della
presenza di ambulanze sull'altipiano triestino è molto sentito dalla popolazione: sono migliaia coloro che
vivono lungo l'asse che va da Basovizza al confine amministrativo con il Comune di Monfalcone, un
territorio fra l'altro costellato di piccole frazioni collegate fra loro da strade talvolta strette e tortuose, che
rendono ancor più complesso il lavoro di chi opera sulle ambulanze. Se poi a questo problema si va ad
aggiungere una rarefazione dei mezzi in servizio notturno è allora inevitabile che la protesta si alzi.
«L'ambulanza di Opicina - ricorda Bellina - serve non solo il nostro centro, dove attualmente vivono circa 10
mila persone, ma anche il Comune di Monrupino e tutti i paesi sulla strada per Basovizza, come Padriciano
e Trebiciano. Che si possa pensare di togliere l'ambulanza notturna in quest'area - insiste - è veramente
sconcertante».Altrettanto determinata è Tenze, che si propone subito come alleata delle associazioni di
Opicina: «L'assistenza medica notturna deve essere garantita a tutti i cittadini - sottolinea - e non ci
possono essere distinzioni fra un territorio e l'altro. Noi abbiamo a suo tempo protestato perché il
problema a Santa Croce era identico - aggiunge la presidente della Prima circoscrizione - nel senso che
l'eliminazione del servizio notturno aveva messo in crisi una grande comunità. Oltre a Santa Croce, in quella
parte dell'ex provincia di Trieste ci sono decine di frazioni con migliaia di famiglie, che abitano in luoghi non
facilmente raggiungibili. In caso di emergenza - osserva - non si poteva pensare di far partire un'ambulanza
da Cattinara o da Monfalcone. Siamo pronti a unire le forze con le associazioni dei cittadini di Opicina -
conclude Tenze - per un'azione comune nei confronti dei responsabili di questi servizi, in modo da garantire
la popolazione residente sotto il profilo dell'assistenza sanitaria».

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