Cala il sipario sull'XI edizione di Teatrando - Cronache ...

Pagina creata da Giovanni Mura
 
CONTINUA A LEGGERE
Cala   il  sipario  sull’XI
edizione di Teatrando
di Rosa Pia Greco

Si è abbassato domenica 1 agosto il sipario sull’edizione
2021, l’undicesima, della rassegna “Teatrando al
Quadriportico”, organizzata dall’associazione Planum Montis e
della compagnia teatrale ‘E Sceppacentrella, con il patrocinio
del Comune di Salerno. Bilancio più che positivo, fa sapere il
direttore artistico Giuseppe Giardullo, che al termine della
rassegna, che ha preso il via lo scorso 12 luglio, offrendo 4
spettacoli a settimana, ha così commentato… “Siamo davvero
molto soddisfatti. Il pubblico anche per questa edizione ha
risposto benissimo. A causa delle restrizioni covid, potevamo
ospitare solo 130 persone a spettacolo. Ebbene abbiamo chiuso
contando oltre 1500 presenze in totale. Ogni sera sold out, e
questo ovviamente ci ha riempito il cuore di gioia. Voglio
ringraziare l’amministrazione comunale per averci dato anche
quest’anno il suo appoggio e tutte le compagnie che hanno
accettato il nostro invito, oltre ovviamente al pubblico che
come sempre non ci lascia mai soli”. Dodici in tutto gli
spettacoli che sono stati proposti al pubblico, di questi due
quelli offerti dagli allievi della “On Teatro Formazione
Creativa” di Salerno, poi ancora, sul palco si sono alternati
la compagnia “I Matt…Attori” di Nola, la compagnia
“Zerottantuno” di Napoli, la compagnia “La proposta” di
Altavilla, la compagnia “Stabile di Bellizzi”, la compagnia
“Quelli che… il Teatro” di Napoli, la compagnia “La Quercia”
di Salerno, la compagnia “Samarcanda Teatro” di Battipaglia,
la compagnia “I gabbiani” di Baronissi, la compagnia “Le voci
di dentro” di Salerno e la compagnia “Arcoscenico” di Salerno.
“Gli spettacoli che le compagnie hanno offerto al nostro
pubblico – prosegue ancora Giardullo – sono stati molto
divertenti e apprezzati da tutti. Gli applausi, che voglio
ricordare ancora una volta sono stati tutti ad ingresso
gratuito, e i commenti positivi sono la nostra vera vittoria.
Sono la spinta che volevamo e che ci porta oggi a dire che
siamo pronti a lavorare per la prossima edizione, quella del
2022, sperando di poter ritornare alla piena capienza e
ospitare il doppio del pubblico che abbiamo avuto in
quest’edizione. Questo vorrebbe dire che l’emergenza sanitaria
sarà passata e sarà solo un brutto, bruttissimo ricordo”.

Gli incontri letterali                                   di
Amalfi d’Autore
di Monica De Santis

“Amalfi d’Autore. Incontri letterari”, la rassegna letteraria
promossa dal Comune di Amalfi in collaborazione con la Delia
Agenzia Letteraria, ha rialzato il suo sipario lo scorso 30
luglio con il primo dei cinque incontri previsti nel programma
che ha lo scopo di animare l’estate amalfitana, diffondendo e
promuovere il valore sociale della lettura. “Non è un caso che
“Amalfi d’Autore rinasca in questo particolare momento
storico, così come non è un caso che il Comune di Amalfi
decida di ampliare il proprio cartellone di eventi con una
rassegna letteraria – ha dichiarato il Sindaco di Amalfi,
Daniele Milano, durante il primo appuntamento della rassegna –
Se guardiamo alla storia del Grand Tour, Amalfi è stata, e
ancora oggi continua ad essere tra le mete turistiche più
ambite dagli intellettuali di tutto il mondo e non solo per le
sue bellezze paesaggistiche. Ripartiamo dalla cultura perché
riconosciamo in essa uno strumento di coesione sociale,
fondamentale per il benessere della nostra comunità”. Il primo
appuntamento, come detto si è svolto lo scorso 30 luglio, in
Largo Duca Piccolomini. Ospite Marisa Laurito, autrice di “Una
vita scapricciata” (Rizzoli) che ha ripercorso con l’ironia
che la contraddistingue gli esordi, gli amori e le amicizie di
una donna, un’artista poliedrica che vissuto molte vite. Nel
corso della serata la Laurito ha anche ricordato e parlato dei
compagni di quella geniale avventura corale che si sviluppò
attorno a Renzo Arbore, un sodalizio importantissimo, come
quello con il migliore amico Luciano De Crescenzo, con cui
Marisa parla ancora oggi all’ombra del Vesuvio, il vulcano
fumante che da millenni insegna ai napoletani a ridimensionare
gli affanni, a godere attimo dopo attimo e a rinascere
ridendo. La Laurito parla anche del suo rapporto con la
città. Con quella Napoli, in cui tutto avviene in strada, dove
ci si incontra, si grida, si ride, si mangia, si rappezzano i
dolori. La rassegna prosegue mercoledì 11 agosto, alle ore
21.00, in Largo Duca Piccolomini – Amalfi, con Gennaro Arma,
autore de “La lezione più importante” (Mondadori). Uomo di
mare, erede di una tradizione marittima importante, Gennaro
Arma ripercorrerà con Alfonso Sarno i momenti che lo hanno
portato ad affrontare con rigore e umanità una «tempesta
perfetta». Al comando della Diamond Princess – la nave da
crociera rimasta nelle acque del Giappone per quasi un mese
nel febbraio 2020, a causa del contagio da Covid-19 di oltre
settecento persone fra ospiti e membri dell’equipaggio, Arma
ha dimostrato raro coraggio, competenza e saggezza. D’altronde
«il mare è imprevisto che incombe, è l’inatteso col quale devi
convivere», e il comandante nella sua lunga carriera ha
imparato che in mare «devi saperti organizzare in un istante e
riorganizzarti un istante dopo perché è già tutto cambiato».
Un ritorno in Città per il Comandante, insignito del titolo di
“Magister di Civiltà Amalfitana” in occasione del Capodanno
Bizantino 2020. Mercoledì 18 agosto, alle ore 21.00, in Largo
Duca Piccolomini – Amalfi, Michele Santoro, autore di
“Nient’altro che la verità” (Marsilio) si addentrerà in un
racconto in grado di rivoluzionare trent’anni di storia del
nostro paese, tra segreti e depistaggi, mafia e antimafia,
politica e potere. Maurizio Avola non è famoso come Tommaso
Buscetta e non è un capo come Totò Riina. Ma non è un killer
qualsiasi: è il killer perfetto, obbediente, preciso,
silenzioso. Ad accendere l’interesse di Santoro è il fatto che
Avola abbia conosciuto Matteo Messina Denaro e abbia compiuto
con «l’ultimo padrino» diverse azioni. Scoprirà però che è
solo una parte, e non la più rilevante, di quanto Avola può
svelare, andando incontro a quella che è probabilmente
l’inchiesta più importante della sua vita. Mercoledì 25
agosto, alle ore 21.00, in Largo Duca Piccolomini – Amalfi,
Gabriele Bojano, autore de “I favolosi 60” (Linea edizioni),
ricorderà gli anni del secolo scorso dominati da Mina e
osannati da Minà, in cui il boom economico fece tutti più
ricchi, leggeri e spensierati, ma anche beatamente
inconsapevoli di quello che sarebbe venuto dopo. La stagione
di una vita, quella appunto crepuscolare dei neosessantenni, i
cosiddetti baby boomer, troppo giovani per tirare i remi in
barca ma troppo vecchi per tirare la barca a remi. La rassegna
chiude sabato 4 settembre, alle ore 21.00, in Largo Duca
Piccolomini – Amalfi, con Roberto Napoletano autore di “Mario
Draghi. Il ritorno del Cavaliere bianco” (La nave di Teseo +)
che insieme a Salvo Javarone, presidente Confinternational,
risponderà alle domande che interessano tutti gli italiani:
chi è Mario Draghi? Perché il Cavaliere bianco, che ha salvato
l’euro e l’Italia dal suo Cigno nero del 2011, viene chiamato
esattamente dieci anni dopo dal capo dello stato, Sergio
Mattarella, a disincagliare il Titanic Italia? Roberto
Napoletano, che ha raccolto con Alessandro Merli l’unica
intervista rilasciata a un giornale italiano da Draghi in otto
anni di presidenza della BCE, ci restituisce la figura di un
premier che vuole essere trattato alla pari, che ascolta
tutti, ma che sa prendere le decisioni importanti al momento
giusto.
Brownlee & Spyres: l’eredità
americana di Don Enrico
di Olga Chieffi

Due tenori americani sono i protagonisti dell’atto finale
dell’omaggio ad Enrico Caruso, che andrà in scena stasera,
alle ore 20, sul Belvedere di Villa Rufolo. Lawrence Brownlee
e Michael Spyres, rappresentano il seme gettato da Don Enrico
oltreoceano. Due voci complementari che si sfideranno in un
duel tra amici veri, ricordandoci il Caruso americano e la sua
sfida con il cesenate Alessandro Bonci. I due spaccavano il
pubblico: il primo, “signor tenore”, simbolo dell’ assoluto
privilegio della linea vocale e del rispetto della grammatica
musicale, l’altro più incline all’estroversione passionale e
al segno del repertorio verista, soppianta il tenorismo
idealizzato ottocentesco, incarnato proprio da Bonci. I due
tenori cantavano al Met, mostrandosi al pubblico nemici ma,
mentre nel dopo-spettacolo scoppiavano dispute e risse, i due
amici-rivali si ritrovavano in qualche buon ristorante
italiano. Le due stelle dei palcoscenici internazionali, si
porranno non solo sulle tracce di Caruso e Bonci, ma saranno
interpreti di ruoli creati da Rossini per Andrea Nozzari e
Giovanni David, divi del Massimo partenopeo. Spyres si impone
per l’impressionante estensione vocale che gli permetterà di
affrontare senza esitazioni i “ruoli Nozzari”, Brownlee si
cimenterà con i personaggi di David, grazie alla luminosità e
la freschezza della voce, accompagnati dall’Orchestra
Filarmonica Salernitana del Verdi, diretta da Michael Balke,
direttore Principale del Teatro di St. Gallen. Si comincerà
col Rossini dell’ Otello. La Cavatina, in ritmo di Marcia, “Ah
sı̀, per voi già sento”, misurata nelle colorature vocali dal
c a r a t t e r e e r o i c o a n c o r p i ù c h e e r o t i c o , q u i n d i l a
virtuosistica aria di Rodrigo “Che ascolto?” Seguirà
l’ouverture dell’ “Elisabetta, Regina d’Inghilterra”, nota
come la sinfonia del Barbiere di Siviglia, in realtà dell’
Aureliano in Palmira, simbolo che la musica del pesarese si
adatta alle situazioni drammaturgiche più disparate. Poi, il
duetto dall’Elisabetta “Deh! scusa i trasporti”, con i suoi
incastri certosini, prima di passare a “Ricciardo e Zoraide”,
in cui le due voci si fonderanno in “Donala a questo core”,
dai toni eroici e dall’ampio respiro, prima di chiudere con
una pagina di raro ascolto, la Sinfonia del Conventello, uno
dei primi cimenti di un Rossini quattordicenne, già crocevia
di grandi cambiamenti. Passaggio al Donizetti di “Dom
Sébastien, roi de Portugal”, in cui il protagonista in “Seul
sur la terre”, passa dalla distaccata regalità, all’umanità
senza riserve dell’eroe romantico. Si continua con
“L’Africaine” di Giacomo Meyerbeer per la grand air di Vasco,
dall’impasto delicatissimo ed evocativo: una rapita melodia a
tradurre lo stupore di fronte alla bellezza del luogo, in
“Pays merveilleux…O paradis”. L’ouverture di un’opera buffa di
Ambroise Thomas, “Raymond”, dal finale brillante, farà da
preludio al Rossini delle Soirées musicales e della Danza, la
tarantella, intrecciata nel più infuocato dei moonlights
napoletani. Una Serenata scritta dal mandolinista Calogero
Adolfo Bracco per Don Enrico e, ancora il Rossini dell’ Otello
con “Ah! vieni, nel tuo sangue”, duetto in cui si ascenderà ad
un Re sopracuto, prima d’intonare il secondo inno d’Italia,
“’O sole mio”, talismano di Napoli nel mondo.

Il piano scuola estate del
Confalonieri
di Olga Chieffi

E’ partito l’appuntamento “Musica Estiva” a Campagna con il
Liceo Musicale dell’IIS Confalonieri sotto la guida del
Dirigente Scolastico prof. Gianpiero Cerone e dei Maestri
Luciano Marchetta e Daniele Gibboni, per continuare ad onorare
un motto coniato in pandemia “Sempre connessi” che ora
possiamo finalmente trasformare in sempre aperti. Il piano
scuola estivo prevede che l’attenzione si concentri sui “Patti
educativi di comunità” quale modalità perché il territorio si
renda sostenitore, d’intesa e in collaborazione con la scuola,
della fruizione del capitale sociale espresso dal territorio
medesimo, ad esempio negli ambiti della musica d’insieme,
dell’arte e della creatività, dell’educazione alla
cittadinanza, della vita collettiva e dell’ambiente. Ed ecco
che la feracità di questa scuola, che veramente non si è mai
fermata, donandosi generosamente ad ogni richiesta e ad ogni
imput ricevuto dall’esterno, cercherà di allietare le prime
giornate agostane. Dopo i primi tre incontri basati
sull’organizzazione, la costituzione dei gruppi musicali e la
concertazione del repertorio, avvenuti in luglio, si passerà
da domani alla realizzazione degli eventi, rivivendo
finalmente il live. L’esperienza musicale permette agli
studenti di sviluppare la capacità di pensare musicalmente
durante l’ascolto o l’esecuzione musicale. Attraverso i suoni
di un brano musicale ascoltato o eseguito, si riesce a
richiamare nella mente la musica ascoltata poco o molto tempo
prima, predire, durante l’ascolto, i suoni che ancora devono
venire, cantare una musica nella testa, ‘ascoltarla’ nella
testa mentre si legge o si scrive uno spartito, improvvisare
con la voce o con uno strumento. Proprio come lo sviluppo del
linguaggio, l’intelligenza musicale può essere favorita
attraverso specifiche attività, che saranno svolte durante il
laboratorio. La musica, inoltre, è fondamentale per
contrastare ansie e paure e permette agli studenti di
allontanare i sentimenti negativi, contribuendo allo sviluppo
emotivo e alle competenze affettive. Il liceo Confalonieri è
forse una dei pochi istituti che non si è fermato in piena
estate. L’agosto musicale prevede ben cinque concerti, che si
svolgeranno dal due al 10 agosto, la Notte di San Lorenzo.
Circa una quarantina i ragazzi coinvolti in questi
appuntamenti. Domani alle ore 21, un apericena musicale in
collaborazione con l’Agriturismo Fattoria Naimoli, nelle
Spazio adiacente la chiesa di Santa Lucia in Varano. Il 4
agosto doppio appuntamento con il concerto per gli Anziani
presso l’Istituto “Lavinia Cervone”, alle ore 10, mentre alle
ore 19, la musica del Confalonieri sarà anche occasione per
visitare alle ore 19, al tramonto, il Santuario dedicato alla
Madonna di Avigliano. Il 5 agosto ore 21.00 l’incontro
musicale avverrà nel suggestivo Chiostro del Palazzo di Città,
con un programma che si ripeterà per tutti gli eventi, e vedrà
impegnati tutte le classi di strumento dalle chitarre, agli
archi, ai fiati sino all’organetto, tutti impegnati ad
eseguire una scaletta impegnativa e composita, che vedrà
impegnato il violinista Daniele Gibboni al pianoforte,
eccezionalmente, che vedrà spaziare gli strumentisti in erba
dal barocco, al classicismo, sino alla musica da film. Serata
speciale invece il 10 agosto, la “Notte di San Lorenzo”, che
vedrà i ragazzi protagonisti dell’ evento “Museo sotto le
stelle”, con un repertorio interamente tratto dall’Antologia
Musicale Concentrazionaria di Francesco Lotoro, ovvero di
opere musicali scritte in cattività civile e militare durante
la Seconda Guerra Mondiale.

Cameristi della Cherubini tra
Mozart e Gershwin
di Olga Chieffi

Ultimo doppio appuntamento, oggi, con l’animazione musicale
dei giovanissimi strumentisti dell’orchestra Luigi Cherubini,
dei luoghi storici e caratteristici di Ravello. S’inizierà
alle ore 12,30, nella sala dei Cavalieri in Villa Rufolo, ove
si esibiranno Viola Brambilla al flauto e Leonardo Latona al
fagotto, per il Duetto n°3 di Ludwig van Beethoven, WoO 27 n.
3, che vive di una propria vita, immediata e comunicativa, per
quanto nell’ambito di una esperienza artistica giovanile. Ai
due si aggiungerà l’oboista Linda Sarcuni per l’esecuzione del
Trio op. 87, suddiviso nei quattro classici movimenti: il
primo in forma sonata, un Adagio, un Minuetto e un Finale dal
carattere energico. Sul piano del valore musicale è
caratterizzato dalla piacevole cantabilità della musica
mozartiana, ma in questo ambito Beethoven riuscì, comunque, a
dire la sua, facendo emergere il proprio inconfondibile stile
e proponendo in questa sua opera l’eleganza polifonica che
contraddistingue il suo approccio alla composizione. Al trio
si aggiungerà il clarinetto di Fabrizio Fadda e il corno di
Xavier Soriano Cambra, mentre il flauto sarà quello di Chiara
Picchi, per una rilettura particolare della Rhapsody in blue
di George Gershwin, con la sua particolare idea di suono, che
resta un parametro sollecitante parallelismi con la ricerca
linguistica del Novecento eurocolto, in cui tanto valore è
attribuito al colore, al timbro, per poi continuare con la
sinfonia de “La forza del Destino” e la sua ancia evocativa,
prima di chiudere con una suite dalla Carmen di Georges Bizet,
musica che contiene nelle sue viscere il segreto di una
fascinazione sghemba e di una carica eversiva dirompente.
Appuntamento, poi, alle ore 18,30, nella Chiesa di San
Giovanni del Toro, in cui verrà eseguito un programma tutto
mozartiano, a cominciare dal Quintetto per clarinetto e archi
K581, affidato a Fabrizio Fadda, clarinetto, Irene Barbieri e
Federica Castiglione, violini, Tommaso Morano, viola e Lucia
Sacerdoni, violoncello. Il clarinetto riveste un ruolo
squisitamente protagonistico, che ne mette in risalto le
notevoli possibilità timbriche e dinamiche, la morbidezza e la
plasticità nelle frasi legate, l’agilità e la spontaneità
negli incalzanti fraseggi e nei conseguenti passaggi
virtuosistici. Si tratta, come si può arguire da queste poche
note, di una composizione adatta a un gruppo di virtuosi, in
grado di restituire la ricchezza espressiva e le debite
sfumature stilistiche, che necessitano di un perfetto
equilibrio e di un notevolissimo affiatamento. A chiudere la
serata i divertimenti per archi K136 e K138, dove ai violini
si aggiungeranno Sergio Lambroni alla viola e Francesco
Sanarico al contrabbasso, per l’esecuzione di queste pagine
leggere, quasi disimpegnate, ma dalla fisionomia
polifonicamente raffinata.

Juan Diego Florez, una voce
col sole dentro
di Olga Chieffi

Parterre de roy, giovedì sera, sulla tribunetta del Ravello
Festival, per la prima delle due serate dell’Omaggio ad Enrico
Caruso nell’anno celebrativo del centenario della scomparsa.
Vincenzo De Luca, ha inteso godere delle bellezze naturali e
musicali di una serata davvero incantata, illuminata da una
mezzaluna rossa e alla fonda, a largo di Amalfi, il Christina
O, il famigerato yacht di Aristotele Onassis, che ha evocato
il fantasma di Maria Callas. Il governatore è stato accolto
dal neo-presidente della Fondazione Ravello Dino Falconio, in
smoking panna “fuori ordinanza”, e ancora, ospiti illustri per
Florez, quali l’on. Fulvio Martusciello e l’ex procuratore
nazionale antimafia e attuale eurodeputato, Franco Roberti.
Prima del concerto, nei giardini di Villa Rufolo, è stato lo
stesso Enrico Caruso a rivelarsi al pubblico, attraverso la
diffusione della sua voce, in ogni angolo del belvedere, un
ricordo della sua felice intuizione di affidarsi a quella
discriminante del secolo breve che fu il disco, l’incisione.
La sensazione che prova chiunque ascolti Juan Diego è quella
che la facilità e spontaneità con cui la voce gli sgorga, crei
una bellissima, luminosa aurea, che gli incastona il sole nel
suo naturale strumento. Spontaneità che provengono da una
tecnica prodigiosa, o quanto meno si alleano ad essa. Che poi
questa tecnica sia stata istintivamente acquisita, come certe
cose fanno credere, o attraverso l’insegnamento altrui, lo
studio, la riflessione personale, l’esercizio e la forza di
volontà, come altre inducono a pensare e come con più forte
probabilità dev’essere, è un diverso problema. Juan Diego
conserva ai nostri occhi quell’aspetto di beniamino degli dèi,
al quale tutto è per grazia innata concesso. Ars est celare
artem. Nel canto, ancor più che nella musica strumentale, il
giusto e naturale fraseggio musicale nasce soprattutto da
fattori fisici di respirazione e di emissione della voce; così
come la melodia vocale, in tutti i grandi compositori, si
genera intimamente, legata alla sistole e alla diastole, alla
tenuta di fiato, all’inspirazione e all’espirazione: ecco
perché le interpretazioni del nostro eroe finiscono per essere
spesso una lezione di gusto musicale: intendendosi con questo
la retta pronuncia della frase musicale. Anche qui, occorre
non farsi soverchiare, nel giudizio, dal particolare: è fin
troppo facile mettere in evidenza qualche “corona” e qualche
indugio di troppo che tendono a spezzare il nucleo della frase
musicale. Il programma canoro è principiato con la celebre
aria dell’ “Elisir d’amore” “Una furtiva lacrima”, introdotta
dall’ouverture del Don Pasquale. Questa l’aria del primo
Caruso del qui pro quo del Teatro San Carlo, restato nella
storia per colpa degli animali dalle lunghe orecchie,
immortalati da Camille Saint Saens nel “Carnaval des animaux”.
Si è continuato con il Lord Edgardo Ashton, delle “Tombe degli
Avi miei… Fra poco a me ricovero”, dall’ultimo atto della
Lucia di Lammermoor, l’Intermezzo dalla Carmen di Bizet, che
ha vissuto della bellezza intensa del suono e del velluto di
Bernard Labiausse, prima del ritorno in scena di Florez,
insieme al soprano Marina Monzò, per il Gounod di Romèo et
Juliette, in cui più nulla può trarre, dalle formule obbligate
del virtuosismo canoro che è portato qui alle sue estreme
conseguenze,     ma   appare   però   sempre    condizionato
all’architettura musicale che si determina in una costante
unitaria fra voce e discorso drammatico dell’orchestra,
finemente colto da Nikolas Nagele, alla testa dell’orchestra
del Teatro San Carlo. Quindi il momento napoletano, popolar
carusiano, ma giocato con grande equilibrio, senza eccessi,
“Core ‘ngrato”,”’O sole mio” e “Torna a Surriento”. Ancora un
intermezzo, stavolta quello di Cavalleria Rusticana di Pietro
Mascagni, che non è andato oltre la dignitosa esecuzione. Poi,
il Puccioni della Bohème del finale I quadro. Con la Monzò che
è riuscita ad apportare l’intensa, semplice ma tutt’altro che
semplicistica umanità ragione ideale di Mimì, che vuol essere
sottolineata da un canto vibrante, luminoso, di raggiante
purezza, e Juan Diego Florez che ha interpretato Rodolfo con
bella voce e gradevole il fraseggio in “Che gelida manina” e
“O soave fanciulla”. Generosissimo il bis che ha visto il
tenore imbracciare la chitarra e cantare “Parlami d’amore
Mariù”, “Basame Mucho” e “Paloma”. Ovazione e ancora
“Granada”, la zarzuela “Me llamabas Rafaelillo” e gran finale
con “Nessun dorma”. Applausi scroscianti per tutti, ricambiati
dall’entusiasmo e dalla assoluta modestia e umiltà che
appartiene solo ai grandissimi, tra cui non abbiamo remora di
annoverare Juan Diego Florez.

“Pochos”,                       un              calcio
all’omofobia
di Gemma Criscuoli

Nel capolavoro di Blake Edwards, “Victor Victoria”, il
protagonista chiede al suo braccio destro come abbia potuto
conciliare la sua omosessualità con l’immagine di duro offerta
nello sport e la risposta lascia pochi dubbi : “Se non vuoi
che gli uomini ti chiamino checca, tu ci diventi giocatore
brutale e figlio di puttana”. È contro questa mentalità che si
batte “Pochos”, lo spettacolo, scritto e diretto da Benedetto
Sicca, proposto con successo presso il Teatro Ghirelli.
L’allestimento prende le mosse da una storia vera: una squadra
di calciatori gay, chiamata appunto Pochos, scugnizzi in
spagnolo, in omaggio a Lavezzi, nasce da una chat di
appuntamenti e deve fare i conti con le proprie scelte a
seguito della notorietà raggiunta dopo una conferenza stampa.
Lontano dalle secche del dramma a tesi come dallo spettro del
patetico e della retorica, in un equilibrio pressoché perfetto
tra passione e intento programmatico, la messinscena si affida
a Francesco Arico’, Riccardo Ciccarelli, Emanuele D’Errico,
Dario Rea e Francesco Roccasecca, interpreti coinvolgenti e
padroni del ritmo narrativo. La commozione, il dolore,
l’ironia, la dimensione individuale e collettiva di quel
faticoso percorso che è la capacità di accettarsi non perdono
una loro umana credibilità neppure quando si affaccia la
tentazione del virtuosismo. La mascolinità a senso unico da
sempre legata al calcio è ribaltata, accogliendo l’essenza
dello sport: comprendere i propri limiti e le proprie
possibilità, muovendosi alla pari con i compagni, che
diventano di volta in volta guide, complici, occasioni per
guardarsi dentro senza remore. Di qui l’accompagnamento
musicale, l’attenta osservazione dagli spalti e l’impersonare
a turno le figure incontrate, ogni volta che un personaggio
narra il modo in cui si è rivelato a se stesso e agli altri.
Poiché infatti il conformismo costringe a vivere la
solitudine, l’emarginazione, l’esclusione di chi ha la sola
colpa di essere diverso, la squadra si muove su un piano
metateatrale, così che tutti e ognuno si misurino con la
necessità di difendere la propria libertà. L’elenco
martellante di episodi di omofobia, recitato mentre il gruppo
si accanisce su uno solo, ricorda come la persecuzione di chi
non è etero non sia né propaganda né esagerazione. Non manca
una visione satirica del problema : lo psicologo che ostenta
saggezza o la madre che si offre ai riflettori, accettando con
enfasi il figlio, che non aveva precedentemente accolto,
alludono infatti a quella cattiva coscienza che pretende di
liquidare la questione attraverso stereotipi che non giovano a
nessuno. Il mondo calcistico ha inoltre le sue responsabilità:
perché nessun giocatore della serie A fa coming out? Gli
attori, che coinvolgono sistematicamente gli spettatori,
propendono per “un’antologia sinaptica”, ovvero una serie di
scene che esulano dalla coerenza di una storia, ma accendono
stimoli in chi osserva. In una parola, la strategia
dell’algoritmo, che stavolta però è il corpo dell’interprete.
Invitare a dichiarare a un microfono la propria posizione
nella scheda di Kinsey sui comportamenti sessuali
(dichiarazione accolta da un tifo da stadio) e mostrare due
attori nudi mentre si fanno confidenze sotto la doccia non
sono scelte gratuite: i pregiudizi sono coriacei. Solo un
teatro che sia spazio libero può sgretolarli, aiutando a
comprendere che esisteranno sempre più persone che categorie.

Il Positano Teatro Festival
ricorda Gerardo D’Andrea
di Monica De Santis

Presentata ieri mattina a Napoli l’edizione 2021 del Positano
Teatro Festival Premio Annibale Ruccello, ideato dal compianto
Gerardo D’Andrea, diciotto anni fa, e che è riuscito a stilare
il programma anche di questa edizione. Come per lo scorso
anno, anche per questa edizioni, a causa delle disposizioni
anticovid vi sarà un ridimensionamento del programma, che si
svolgerà in quattro serate che avranno luogo tutte
nell’“Anfiteatro Piazza dei Racconti” i cui ampi spazi
consentiranno di mantenere un regolare distanziamento sociale.
Come da tradizione anche per questa edizione lo scopo sarà
quello di offrire al pubblico occasioni di “ridere, riflettere
e commuoversi”. Primo appuntamento in cartellone per sabato 7
agosto alle ore 20,45, con una serata dedicata alla cantante
Milva con lo spettacolo “La Rossa” che vede protagoniste
Antonella Morea, e Martina Carpi, con testi scritti da
Gianmarco Cesario. Lo spettacolo sarà accompagnato, in
quest’occasione, dall’ensemble musicale composta da Vittorio
Cataldi (piano, fisarmonica e violino), da Luigi Fiscale
(contrabbasso), da Franco Ponzo (chitarra) e Gianluca Mirra
(batteria). Subito dopo sarà il momento del Premio Annibale
Ruccello 2020 alla carriera a Milva che sarà consegnato alla
figlia Martina Corgnati. Il Festival sarà anticipato
dall’esibizione musicale del duo “acCosta acCosta” con Michele
Colonna e Nino Apreda che insieme ad un gruppo di giovani in
abiti folcloristici, partendo da Via Pasitea, alle 19,30,
coinvolgerà cittadini e turisti dando il benvenuto al pubblico
del Positano Teatro Festival. Secondo appuntamento domenica 8
agosto, alle 20,45, con Enzo Moscato, con lo spettacolo
“Luparella” ovvero Foto di Bordello con Nanà, testo e
interpretazione dello stesso Moscato. Uno spettacolo che è
entrato di diritto nella storia del teatro contemporaneo. Lo
spettacolo è presentato dalla Compagnia Teatrale Enzo Moscato,
le musiche Donamos, i costumi Tata Barbalato, l’organizzazione
Claudio Affinito. Terzo appuntamento lunedì 9 agosto, alle
20.00, il palcoscenico del festival ospiterà lo spettacolo
“L’ufficio delle parole smarrite” che segna il gradito ritorno
della compagnia Il Teatro nel Baule, formazione leader per il
teatro dell’infanzia, ancora una volta protagonista
dell’appuntamento tanto atteso dai bambini, ma non solo, tanto
che il direttore artistico era solito aggiungere che fosse
«vietato l’ingresso ai maggiori se non accompagnati». Ultimo
appuntamento martedì 10 Agosto, alle 20,45, spettacolo di
teatro musicale “Nino” (dedicato all’amico magico Nino Rota)
con Lalla Esposito accompagnata al pianoforte da Antonio
Ottaviano. Nino Rota, uno dei più grandi compositori del
novecento, “l’amico magico”, come amava definirlo Fellini. Al
termine dello spettacolo, nella serata condotta da Martina
Carpi, sarà consegnato dal sindaco Giuseppe Guida il Premio
Pistrice – Città di Positano” ad Alessandro D’Alatri, regista
teatrale e cinematografico, reduce dall’enorme successo di
ascolti, di critica e di pubblico della serie televisiva “Il
Commissario Ricciardi” (Rai1), che ha vinto il prime time di
serata. L’autrice del Premio è l’artista Marina Contento.

Promenade tra archi e fiati.
Gli interventi musicali dei
gruppi          cameristici
dell’Orchestra Cherubini
di Olga Chieffi

La musica da camera è sicuramente una delle espressioni più
nobili e profonde della cultura occidentale. Seppure l’Italia,
storicamente legata al melodramma, sia sempre stata un po’
indifferente a questo sublime genere musicale, non c’è momento
più adatto per rilanciarla. Nella giornata di oggi, il Ravello
Festival dipanerà tra i luoghi più incantevoli del paese
splendide trame sonore affidate ai giovani strumentisti
dell’Orchestra Luigi Cherubini, intercettando ed affascinando
attraverso il connubio del bello da sentire con il bello da
vedere, riprendendo a dialogare senza sovrapporci cercando
nelle voci degli altri la riflessione, l’elaborazione e
l’arricchimento del proprio pensiero. Quest’oggi il duo di
celli composto da Alessandro Brutti e Valentina Cangero ci
accoglieranno in Santa Maria a Gradillo alle ore 12,30, con un
programma che spazierà dal duo di . J. Haydn, Duo Hob. X:11 in
Re maggiore, J. J. F. Dotzauer, Duo op. 15 n. 1 in do
maggiore, Allegro, Andante, Andantino con Variazioni su “Là ci
darem la mano” dal Don Giovanni di Mozart, A. J. Franchomme,
Notturno per 2 violoncelli op.15 n.1 in do minore, M. Berteau,
Capriccio in sol maggiore per violoncello e basso continuo, J.
B. Barrière, Sonata X in sol maggiore per due violoncelli,
mentre nel pomeriggio, ci si potrà ritrovare nei Giardini del
Monsignore, alle ore 18,30, dove incontreremo un’ ensemble di
fiati e percussioni, composto da Pietro Sciutto e Matteo
Novello, alla tromba, Gianpaolo Del Grosso, Federico Fantozzi,
Giovanni Mainenti, Xavier Soriano Cambra al corno, Andrea
Andreoli, Antonio Sabetta, Cosimo Iacoviello al trombone,
Alessandro Rocco Iezzi alla tuba e Federico Moscano alle
percussioni. Programma eterogeneo per musica di ampio respiro
che passerà dal Gabrieli all’immortale Stardust di Carmichael,
dagli sfarzi barocchi dell’ Händel, di The arrival of the
Queen of Sheba da “Solomon” HWV67, alla sinfonia del Nabucco,
al Dukas della Fanfare pour “La Péri”, sino N. Rota-N.
Piovani, Cinema all’italiana, in attesa, naturalmente della
performance dedicata a Dante Alighieri, che si svolgerà sul
Belvedere di Villa Rufolo con Elena Bucci e Chiara Muti
“Lumina in tenebris”.

Lumina   in   Tenebris:                                  l’
“Infinito eccesso”
di Olga Chieffi

“Lumina in tenebris” è poesia sulla poesia prima e dopo Dante.
Chiara Muti ed Elena Bucci si pongono alla ricerca dei suoi
ritmi nascosti, delle linee chiare, dell’armoniosa struttura
che va dallo sprofondo dell’Inferno alla vertigine
dell’Empireo, e incontrano ciechi enigmi e le ombre, da cui si
lasciano inseguire su di un palcoscenico avaro di luce. Un
confronto aspro tra i morti e loro vive, la richiesta testarda
di risposte attraverso i versi di Dante, nella musica estrema
di un razionale labirinto, ispirate e ispiranti. L’umano come
insieme di homo faber e di spirito entrambi costruttivi sta
abbandonando l’umano stesso: è il tempo della fine quello che
stiamo vivendo. Il compito che si sono assegnate le artiste è
cercare voci del passato, che le “inizino” e noi con loro, al
divino. Attraverso la voce Dante, e anche attraverso la
reciproca contaminazione vocale e di pensiero, la Bucci e la
Muti evocano due figure della modernità che si congiungono
idealmente alla schiera delle donne celebrate da Dante. Chiara
ed Elena elaborano una drammaturgia propria, curandone sia
l’interpretazione che la regia, si lasciano guidare unicamente
dalla sostanza della poesia, “come luce e suono impalpabile
che viaggia veloce, seguendo vie imprevedibili, passa
attraverso il tempo e la storia”. Per questa nuova, luminosa
tessera nel mosaico di omaggi che il Ravello Festival sta
tributando nell’anno celebrativo di Stravinskij, Piazzolla,
Caruso, ecco Dante, in scena stasera, sul Belvedere di Villa
Rufolo, alle ore 21, in occasione del VII centenario dalla
morte, attraverso la cui figura si andrà ad indagare la forza
stessa della poesia in toto, che resiste tenace a ogni
censura, esilio, dittatura, cecità, rimbalzando tra voci
diverse, maestre le une alle altre. Così, dalla Bibbia si
passa al viaggio di Enea immaginato dal poeta Virgilio, ma
anche a Boezio al quale, durante la cui prigionia, la
filosofia fu di conforto. Il viaggio racconta la perdita del
Paradiso secondo Milton, raggiunge il lager dove Primo Levi si
aggrappò alla memoria del viaggio dell’Ulisse dantesco per
fuggire, almeno con la mente, dalla terribile realtà. Si cita
la “divina mimesis” di Pasolini a confronto con paure e dubbi
del primo canto della Commedia, e poi le domande di Pascal, i
versi d’amore di Byron, le visioni ultraterrene di Balzac, la
perdita di Euridice narrata da Rilke, fino alle apparizioni
dello spirito femminile che crea e rigenera, incarnato da
Beatrice. Tutti questi poeti vengono assunti a testimoni di un
tempo pieno, poiché, come ricorda Meister Eckart, il tempo è
pieno quando viene alla sua fine. Tale pienezza dei tempi
permette di stabilire il punto in comune tra questi autori: è
l’ “infinito eccesso” del verbo (Par.XIX), da intendere non
solo come eccesso della parola creante, ma anche come una
sorta di appello imperioso da parte di una zona più smisurata
dello spirito a tentare un’esperienza limite quale il dantesco
“transumanar”. Ne consegue per il linguaggio dell’uomo, una
parola che diventa contenitore di suono, contenitore di una
luce che la invade e la pervade, rovesciandola in parola
veggente, in “ombra di luce”.
Puoi anche leggere