Cala il sipario sull'XI edizione di Teatrando - Cronache ...
←
→
Trascrizione del contenuto della pagina
Se il tuo browser non visualizza correttamente la pagina, ti preghiamo di leggere il contenuto della pagina quaggiù
Cala il sipario sull’XI edizione di Teatrando di Rosa Pia Greco Si è abbassato domenica 1 agosto il sipario sull’edizione 2021, l’undicesima, della rassegna “Teatrando al Quadriportico”, organizzata dall’associazione Planum Montis e della compagnia teatrale ‘E Sceppacentrella, con il patrocinio del Comune di Salerno. Bilancio più che positivo, fa sapere il direttore artistico Giuseppe Giardullo, che al termine della rassegna, che ha preso il via lo scorso 12 luglio, offrendo 4 spettacoli a settimana, ha così commentato… “Siamo davvero molto soddisfatti. Il pubblico anche per questa edizione ha risposto benissimo. A causa delle restrizioni covid, potevamo ospitare solo 130 persone a spettacolo. Ebbene abbiamo chiuso contando oltre 1500 presenze in totale. Ogni sera sold out, e questo ovviamente ci ha riempito il cuore di gioia. Voglio ringraziare l’amministrazione comunale per averci dato anche quest’anno il suo appoggio e tutte le compagnie che hanno accettato il nostro invito, oltre ovviamente al pubblico che come sempre non ci lascia mai soli”. Dodici in tutto gli spettacoli che sono stati proposti al pubblico, di questi due quelli offerti dagli allievi della “On Teatro Formazione Creativa” di Salerno, poi ancora, sul palco si sono alternati la compagnia “I Matt…Attori” di Nola, la compagnia “Zerottantuno” di Napoli, la compagnia “La proposta” di Altavilla, la compagnia “Stabile di Bellizzi”, la compagnia “Quelli che… il Teatro” di Napoli, la compagnia “La Quercia” di Salerno, la compagnia “Samarcanda Teatro” di Battipaglia, la compagnia “I gabbiani” di Baronissi, la compagnia “Le voci di dentro” di Salerno e la compagnia “Arcoscenico” di Salerno. “Gli spettacoli che le compagnie hanno offerto al nostro pubblico – prosegue ancora Giardullo – sono stati molto divertenti e apprezzati da tutti. Gli applausi, che voglio
ricordare ancora una volta sono stati tutti ad ingresso gratuito, e i commenti positivi sono la nostra vera vittoria. Sono la spinta che volevamo e che ci porta oggi a dire che siamo pronti a lavorare per la prossima edizione, quella del 2022, sperando di poter ritornare alla piena capienza e ospitare il doppio del pubblico che abbiamo avuto in quest’edizione. Questo vorrebbe dire che l’emergenza sanitaria sarà passata e sarà solo un brutto, bruttissimo ricordo”. Gli incontri letterali di Amalfi d’Autore di Monica De Santis “Amalfi d’Autore. Incontri letterari”, la rassegna letteraria promossa dal Comune di Amalfi in collaborazione con la Delia Agenzia Letteraria, ha rialzato il suo sipario lo scorso 30 luglio con il primo dei cinque incontri previsti nel programma che ha lo scopo di animare l’estate amalfitana, diffondendo e promuovere il valore sociale della lettura. “Non è un caso che “Amalfi d’Autore rinasca in questo particolare momento storico, così come non è un caso che il Comune di Amalfi decida di ampliare il proprio cartellone di eventi con una rassegna letteraria – ha dichiarato il Sindaco di Amalfi, Daniele Milano, durante il primo appuntamento della rassegna – Se guardiamo alla storia del Grand Tour, Amalfi è stata, e ancora oggi continua ad essere tra le mete turistiche più ambite dagli intellettuali di tutto il mondo e non solo per le sue bellezze paesaggistiche. Ripartiamo dalla cultura perché riconosciamo in essa uno strumento di coesione sociale, fondamentale per il benessere della nostra comunità”. Il primo appuntamento, come detto si è svolto lo scorso 30 luglio, in
Largo Duca Piccolomini. Ospite Marisa Laurito, autrice di “Una vita scapricciata” (Rizzoli) che ha ripercorso con l’ironia che la contraddistingue gli esordi, gli amori e le amicizie di una donna, un’artista poliedrica che vissuto molte vite. Nel corso della serata la Laurito ha anche ricordato e parlato dei compagni di quella geniale avventura corale che si sviluppò attorno a Renzo Arbore, un sodalizio importantissimo, come quello con il migliore amico Luciano De Crescenzo, con cui Marisa parla ancora oggi all’ombra del Vesuvio, il vulcano fumante che da millenni insegna ai napoletani a ridimensionare gli affanni, a godere attimo dopo attimo e a rinascere ridendo. La Laurito parla anche del suo rapporto con la città. Con quella Napoli, in cui tutto avviene in strada, dove ci si incontra, si grida, si ride, si mangia, si rappezzano i dolori. La rassegna prosegue mercoledì 11 agosto, alle ore 21.00, in Largo Duca Piccolomini – Amalfi, con Gennaro Arma, autore de “La lezione più importante” (Mondadori). Uomo di mare, erede di una tradizione marittima importante, Gennaro Arma ripercorrerà con Alfonso Sarno i momenti che lo hanno portato ad affrontare con rigore e umanità una «tempesta perfetta». Al comando della Diamond Princess – la nave da crociera rimasta nelle acque del Giappone per quasi un mese nel febbraio 2020, a causa del contagio da Covid-19 di oltre settecento persone fra ospiti e membri dell’equipaggio, Arma ha dimostrato raro coraggio, competenza e saggezza. D’altronde «il mare è imprevisto che incombe, è l’inatteso col quale devi convivere», e il comandante nella sua lunga carriera ha imparato che in mare «devi saperti organizzare in un istante e riorganizzarti un istante dopo perché è già tutto cambiato». Un ritorno in Città per il Comandante, insignito del titolo di “Magister di Civiltà Amalfitana” in occasione del Capodanno Bizantino 2020. Mercoledì 18 agosto, alle ore 21.00, in Largo Duca Piccolomini – Amalfi, Michele Santoro, autore di “Nient’altro che la verità” (Marsilio) si addentrerà in un racconto in grado di rivoluzionare trent’anni di storia del nostro paese, tra segreti e depistaggi, mafia e antimafia, politica e potere. Maurizio Avola non è famoso come Tommaso
Buscetta e non è un capo come Totò Riina. Ma non è un killer qualsiasi: è il killer perfetto, obbediente, preciso, silenzioso. Ad accendere l’interesse di Santoro è il fatto che Avola abbia conosciuto Matteo Messina Denaro e abbia compiuto con «l’ultimo padrino» diverse azioni. Scoprirà però che è solo una parte, e non la più rilevante, di quanto Avola può svelare, andando incontro a quella che è probabilmente l’inchiesta più importante della sua vita. Mercoledì 25 agosto, alle ore 21.00, in Largo Duca Piccolomini – Amalfi, Gabriele Bojano, autore de “I favolosi 60” (Linea edizioni), ricorderà gli anni del secolo scorso dominati da Mina e osannati da Minà, in cui il boom economico fece tutti più ricchi, leggeri e spensierati, ma anche beatamente inconsapevoli di quello che sarebbe venuto dopo. La stagione di una vita, quella appunto crepuscolare dei neosessantenni, i cosiddetti baby boomer, troppo giovani per tirare i remi in barca ma troppo vecchi per tirare la barca a remi. La rassegna chiude sabato 4 settembre, alle ore 21.00, in Largo Duca Piccolomini – Amalfi, con Roberto Napoletano autore di “Mario Draghi. Il ritorno del Cavaliere bianco” (La nave di Teseo +) che insieme a Salvo Javarone, presidente Confinternational, risponderà alle domande che interessano tutti gli italiani: chi è Mario Draghi? Perché il Cavaliere bianco, che ha salvato l’euro e l’Italia dal suo Cigno nero del 2011, viene chiamato esattamente dieci anni dopo dal capo dello stato, Sergio Mattarella, a disincagliare il Titanic Italia? Roberto Napoletano, che ha raccolto con Alessandro Merli l’unica intervista rilasciata a un giornale italiano da Draghi in otto anni di presidenza della BCE, ci restituisce la figura di un premier che vuole essere trattato alla pari, che ascolta tutti, ma che sa prendere le decisioni importanti al momento giusto.
Brownlee & Spyres: l’eredità americana di Don Enrico di Olga Chieffi Due tenori americani sono i protagonisti dell’atto finale dell’omaggio ad Enrico Caruso, che andrà in scena stasera, alle ore 20, sul Belvedere di Villa Rufolo. Lawrence Brownlee e Michael Spyres, rappresentano il seme gettato da Don Enrico oltreoceano. Due voci complementari che si sfideranno in un duel tra amici veri, ricordandoci il Caruso americano e la sua sfida con il cesenate Alessandro Bonci. I due spaccavano il pubblico: il primo, “signor tenore”, simbolo dell’ assoluto privilegio della linea vocale e del rispetto della grammatica musicale, l’altro più incline all’estroversione passionale e al segno del repertorio verista, soppianta il tenorismo idealizzato ottocentesco, incarnato proprio da Bonci. I due tenori cantavano al Met, mostrandosi al pubblico nemici ma, mentre nel dopo-spettacolo scoppiavano dispute e risse, i due amici-rivali si ritrovavano in qualche buon ristorante italiano. Le due stelle dei palcoscenici internazionali, si porranno non solo sulle tracce di Caruso e Bonci, ma saranno interpreti di ruoli creati da Rossini per Andrea Nozzari e Giovanni David, divi del Massimo partenopeo. Spyres si impone per l’impressionante estensione vocale che gli permetterà di affrontare senza esitazioni i “ruoli Nozzari”, Brownlee si cimenterà con i personaggi di David, grazie alla luminosità e la freschezza della voce, accompagnati dall’Orchestra Filarmonica Salernitana del Verdi, diretta da Michael Balke, direttore Principale del Teatro di St. Gallen. Si comincerà col Rossini dell’ Otello. La Cavatina, in ritmo di Marcia, “Ah sı̀, per voi già sento”, misurata nelle colorature vocali dal c a r a t t e r e e r o i c o a n c o r p i ù c h e e r o t i c o , q u i n d i l a virtuosistica aria di Rodrigo “Che ascolto?” Seguirà l’ouverture dell’ “Elisabetta, Regina d’Inghilterra”, nota
come la sinfonia del Barbiere di Siviglia, in realtà dell’ Aureliano in Palmira, simbolo che la musica del pesarese si adatta alle situazioni drammaturgiche più disparate. Poi, il duetto dall’Elisabetta “Deh! scusa i trasporti”, con i suoi incastri certosini, prima di passare a “Ricciardo e Zoraide”, in cui le due voci si fonderanno in “Donala a questo core”, dai toni eroici e dall’ampio respiro, prima di chiudere con una pagina di raro ascolto, la Sinfonia del Conventello, uno dei primi cimenti di un Rossini quattordicenne, già crocevia di grandi cambiamenti. Passaggio al Donizetti di “Dom Sébastien, roi de Portugal”, in cui il protagonista in “Seul sur la terre”, passa dalla distaccata regalità, all’umanità senza riserve dell’eroe romantico. Si continua con “L’Africaine” di Giacomo Meyerbeer per la grand air di Vasco, dall’impasto delicatissimo ed evocativo: una rapita melodia a tradurre lo stupore di fronte alla bellezza del luogo, in “Pays merveilleux…O paradis”. L’ouverture di un’opera buffa di Ambroise Thomas, “Raymond”, dal finale brillante, farà da preludio al Rossini delle Soirées musicales e della Danza, la tarantella, intrecciata nel più infuocato dei moonlights napoletani. Una Serenata scritta dal mandolinista Calogero Adolfo Bracco per Don Enrico e, ancora il Rossini dell’ Otello con “Ah! vieni, nel tuo sangue”, duetto in cui si ascenderà ad un Re sopracuto, prima d’intonare il secondo inno d’Italia, “’O sole mio”, talismano di Napoli nel mondo. Il piano scuola estate del Confalonieri di Olga Chieffi E’ partito l’appuntamento “Musica Estiva” a Campagna con il
Liceo Musicale dell’IIS Confalonieri sotto la guida del Dirigente Scolastico prof. Gianpiero Cerone e dei Maestri Luciano Marchetta e Daniele Gibboni, per continuare ad onorare un motto coniato in pandemia “Sempre connessi” che ora possiamo finalmente trasformare in sempre aperti. Il piano scuola estivo prevede che l’attenzione si concentri sui “Patti educativi di comunità” quale modalità perché il territorio si renda sostenitore, d’intesa e in collaborazione con la scuola, della fruizione del capitale sociale espresso dal territorio medesimo, ad esempio negli ambiti della musica d’insieme, dell’arte e della creatività, dell’educazione alla cittadinanza, della vita collettiva e dell’ambiente. Ed ecco che la feracità di questa scuola, che veramente non si è mai fermata, donandosi generosamente ad ogni richiesta e ad ogni imput ricevuto dall’esterno, cercherà di allietare le prime giornate agostane. Dopo i primi tre incontri basati sull’organizzazione, la costituzione dei gruppi musicali e la concertazione del repertorio, avvenuti in luglio, si passerà da domani alla realizzazione degli eventi, rivivendo finalmente il live. L’esperienza musicale permette agli studenti di sviluppare la capacità di pensare musicalmente durante l’ascolto o l’esecuzione musicale. Attraverso i suoni di un brano musicale ascoltato o eseguito, si riesce a richiamare nella mente la musica ascoltata poco o molto tempo prima, predire, durante l’ascolto, i suoni che ancora devono venire, cantare una musica nella testa, ‘ascoltarla’ nella testa mentre si legge o si scrive uno spartito, improvvisare con la voce o con uno strumento. Proprio come lo sviluppo del linguaggio, l’intelligenza musicale può essere favorita attraverso specifiche attività, che saranno svolte durante il laboratorio. La musica, inoltre, è fondamentale per contrastare ansie e paure e permette agli studenti di allontanare i sentimenti negativi, contribuendo allo sviluppo emotivo e alle competenze affettive. Il liceo Confalonieri è forse una dei pochi istituti che non si è fermato in piena estate. L’agosto musicale prevede ben cinque concerti, che si svolgeranno dal due al 10 agosto, la Notte di San Lorenzo.
Circa una quarantina i ragazzi coinvolti in questi appuntamenti. Domani alle ore 21, un apericena musicale in collaborazione con l’Agriturismo Fattoria Naimoli, nelle Spazio adiacente la chiesa di Santa Lucia in Varano. Il 4 agosto doppio appuntamento con il concerto per gli Anziani presso l’Istituto “Lavinia Cervone”, alle ore 10, mentre alle ore 19, la musica del Confalonieri sarà anche occasione per visitare alle ore 19, al tramonto, il Santuario dedicato alla Madonna di Avigliano. Il 5 agosto ore 21.00 l’incontro musicale avverrà nel suggestivo Chiostro del Palazzo di Città, con un programma che si ripeterà per tutti gli eventi, e vedrà impegnati tutte le classi di strumento dalle chitarre, agli archi, ai fiati sino all’organetto, tutti impegnati ad eseguire una scaletta impegnativa e composita, che vedrà impegnato il violinista Daniele Gibboni al pianoforte, eccezionalmente, che vedrà spaziare gli strumentisti in erba dal barocco, al classicismo, sino alla musica da film. Serata speciale invece il 10 agosto, la “Notte di San Lorenzo”, che vedrà i ragazzi protagonisti dell’ evento “Museo sotto le stelle”, con un repertorio interamente tratto dall’Antologia Musicale Concentrazionaria di Francesco Lotoro, ovvero di opere musicali scritte in cattività civile e militare durante la Seconda Guerra Mondiale. Cameristi della Cherubini tra Mozart e Gershwin di Olga Chieffi Ultimo doppio appuntamento, oggi, con l’animazione musicale dei giovanissimi strumentisti dell’orchestra Luigi Cherubini, dei luoghi storici e caratteristici di Ravello. S’inizierà
alle ore 12,30, nella sala dei Cavalieri in Villa Rufolo, ove si esibiranno Viola Brambilla al flauto e Leonardo Latona al fagotto, per il Duetto n°3 di Ludwig van Beethoven, WoO 27 n. 3, che vive di una propria vita, immediata e comunicativa, per quanto nell’ambito di una esperienza artistica giovanile. Ai due si aggiungerà l’oboista Linda Sarcuni per l’esecuzione del Trio op. 87, suddiviso nei quattro classici movimenti: il primo in forma sonata, un Adagio, un Minuetto e un Finale dal carattere energico. Sul piano del valore musicale è caratterizzato dalla piacevole cantabilità della musica mozartiana, ma in questo ambito Beethoven riuscì, comunque, a dire la sua, facendo emergere il proprio inconfondibile stile e proponendo in questa sua opera l’eleganza polifonica che contraddistingue il suo approccio alla composizione. Al trio si aggiungerà il clarinetto di Fabrizio Fadda e il corno di Xavier Soriano Cambra, mentre il flauto sarà quello di Chiara Picchi, per una rilettura particolare della Rhapsody in blue di George Gershwin, con la sua particolare idea di suono, che resta un parametro sollecitante parallelismi con la ricerca linguistica del Novecento eurocolto, in cui tanto valore è attribuito al colore, al timbro, per poi continuare con la sinfonia de “La forza del Destino” e la sua ancia evocativa, prima di chiudere con una suite dalla Carmen di Georges Bizet, musica che contiene nelle sue viscere il segreto di una fascinazione sghemba e di una carica eversiva dirompente. Appuntamento, poi, alle ore 18,30, nella Chiesa di San Giovanni del Toro, in cui verrà eseguito un programma tutto mozartiano, a cominciare dal Quintetto per clarinetto e archi K581, affidato a Fabrizio Fadda, clarinetto, Irene Barbieri e Federica Castiglione, violini, Tommaso Morano, viola e Lucia Sacerdoni, violoncello. Il clarinetto riveste un ruolo squisitamente protagonistico, che ne mette in risalto le notevoli possibilità timbriche e dinamiche, la morbidezza e la plasticità nelle frasi legate, l’agilità e la spontaneità negli incalzanti fraseggi e nei conseguenti passaggi virtuosistici. Si tratta, come si può arguire da queste poche note, di una composizione adatta a un gruppo di virtuosi, in
grado di restituire la ricchezza espressiva e le debite sfumature stilistiche, che necessitano di un perfetto equilibrio e di un notevolissimo affiatamento. A chiudere la serata i divertimenti per archi K136 e K138, dove ai violini si aggiungeranno Sergio Lambroni alla viola e Francesco Sanarico al contrabbasso, per l’esecuzione di queste pagine leggere, quasi disimpegnate, ma dalla fisionomia polifonicamente raffinata. Juan Diego Florez, una voce col sole dentro di Olga Chieffi Parterre de roy, giovedì sera, sulla tribunetta del Ravello Festival, per la prima delle due serate dell’Omaggio ad Enrico Caruso nell’anno celebrativo del centenario della scomparsa. Vincenzo De Luca, ha inteso godere delle bellezze naturali e musicali di una serata davvero incantata, illuminata da una mezzaluna rossa e alla fonda, a largo di Amalfi, il Christina O, il famigerato yacht di Aristotele Onassis, che ha evocato il fantasma di Maria Callas. Il governatore è stato accolto dal neo-presidente della Fondazione Ravello Dino Falconio, in smoking panna “fuori ordinanza”, e ancora, ospiti illustri per Florez, quali l’on. Fulvio Martusciello e l’ex procuratore nazionale antimafia e attuale eurodeputato, Franco Roberti. Prima del concerto, nei giardini di Villa Rufolo, è stato lo stesso Enrico Caruso a rivelarsi al pubblico, attraverso la diffusione della sua voce, in ogni angolo del belvedere, un ricordo della sua felice intuizione di affidarsi a quella discriminante del secolo breve che fu il disco, l’incisione. La sensazione che prova chiunque ascolti Juan Diego è quella
che la facilità e spontaneità con cui la voce gli sgorga, crei una bellissima, luminosa aurea, che gli incastona il sole nel suo naturale strumento. Spontaneità che provengono da una tecnica prodigiosa, o quanto meno si alleano ad essa. Che poi questa tecnica sia stata istintivamente acquisita, come certe cose fanno credere, o attraverso l’insegnamento altrui, lo studio, la riflessione personale, l’esercizio e la forza di volontà, come altre inducono a pensare e come con più forte probabilità dev’essere, è un diverso problema. Juan Diego conserva ai nostri occhi quell’aspetto di beniamino degli dèi, al quale tutto è per grazia innata concesso. Ars est celare artem. Nel canto, ancor più che nella musica strumentale, il giusto e naturale fraseggio musicale nasce soprattutto da fattori fisici di respirazione e di emissione della voce; così come la melodia vocale, in tutti i grandi compositori, si genera intimamente, legata alla sistole e alla diastole, alla tenuta di fiato, all’inspirazione e all’espirazione: ecco perché le interpretazioni del nostro eroe finiscono per essere spesso una lezione di gusto musicale: intendendosi con questo la retta pronuncia della frase musicale. Anche qui, occorre non farsi soverchiare, nel giudizio, dal particolare: è fin troppo facile mettere in evidenza qualche “corona” e qualche indugio di troppo che tendono a spezzare il nucleo della frase musicale. Il programma canoro è principiato con la celebre aria dell’ “Elisir d’amore” “Una furtiva lacrima”, introdotta dall’ouverture del Don Pasquale. Questa l’aria del primo Caruso del qui pro quo del Teatro San Carlo, restato nella storia per colpa degli animali dalle lunghe orecchie, immortalati da Camille Saint Saens nel “Carnaval des animaux”. Si è continuato con il Lord Edgardo Ashton, delle “Tombe degli Avi miei… Fra poco a me ricovero”, dall’ultimo atto della Lucia di Lammermoor, l’Intermezzo dalla Carmen di Bizet, che ha vissuto della bellezza intensa del suono e del velluto di Bernard Labiausse, prima del ritorno in scena di Florez, insieme al soprano Marina Monzò, per il Gounod di Romèo et Juliette, in cui più nulla può trarre, dalle formule obbligate del virtuosismo canoro che è portato qui alle sue estreme
conseguenze, ma appare però sempre condizionato all’architettura musicale che si determina in una costante unitaria fra voce e discorso drammatico dell’orchestra, finemente colto da Nikolas Nagele, alla testa dell’orchestra del Teatro San Carlo. Quindi il momento napoletano, popolar carusiano, ma giocato con grande equilibrio, senza eccessi, “Core ‘ngrato”,”’O sole mio” e “Torna a Surriento”. Ancora un intermezzo, stavolta quello di Cavalleria Rusticana di Pietro Mascagni, che non è andato oltre la dignitosa esecuzione. Poi, il Puccioni della Bohème del finale I quadro. Con la Monzò che è riuscita ad apportare l’intensa, semplice ma tutt’altro che semplicistica umanità ragione ideale di Mimì, che vuol essere sottolineata da un canto vibrante, luminoso, di raggiante purezza, e Juan Diego Florez che ha interpretato Rodolfo con bella voce e gradevole il fraseggio in “Che gelida manina” e “O soave fanciulla”. Generosissimo il bis che ha visto il tenore imbracciare la chitarra e cantare “Parlami d’amore Mariù”, “Basame Mucho” e “Paloma”. Ovazione e ancora “Granada”, la zarzuela “Me llamabas Rafaelillo” e gran finale con “Nessun dorma”. Applausi scroscianti per tutti, ricambiati dall’entusiasmo e dalla assoluta modestia e umiltà che appartiene solo ai grandissimi, tra cui non abbiamo remora di annoverare Juan Diego Florez. “Pochos”, un calcio all’omofobia di Gemma Criscuoli Nel capolavoro di Blake Edwards, “Victor Victoria”, il protagonista chiede al suo braccio destro come abbia potuto conciliare la sua omosessualità con l’immagine di duro offerta
nello sport e la risposta lascia pochi dubbi : “Se non vuoi che gli uomini ti chiamino checca, tu ci diventi giocatore brutale e figlio di puttana”. È contro questa mentalità che si batte “Pochos”, lo spettacolo, scritto e diretto da Benedetto Sicca, proposto con successo presso il Teatro Ghirelli. L’allestimento prende le mosse da una storia vera: una squadra di calciatori gay, chiamata appunto Pochos, scugnizzi in spagnolo, in omaggio a Lavezzi, nasce da una chat di appuntamenti e deve fare i conti con le proprie scelte a seguito della notorietà raggiunta dopo una conferenza stampa. Lontano dalle secche del dramma a tesi come dallo spettro del patetico e della retorica, in un equilibrio pressoché perfetto tra passione e intento programmatico, la messinscena si affida a Francesco Arico’, Riccardo Ciccarelli, Emanuele D’Errico, Dario Rea e Francesco Roccasecca, interpreti coinvolgenti e padroni del ritmo narrativo. La commozione, il dolore, l’ironia, la dimensione individuale e collettiva di quel faticoso percorso che è la capacità di accettarsi non perdono una loro umana credibilità neppure quando si affaccia la tentazione del virtuosismo. La mascolinità a senso unico da sempre legata al calcio è ribaltata, accogliendo l’essenza dello sport: comprendere i propri limiti e le proprie possibilità, muovendosi alla pari con i compagni, che diventano di volta in volta guide, complici, occasioni per guardarsi dentro senza remore. Di qui l’accompagnamento musicale, l’attenta osservazione dagli spalti e l’impersonare a turno le figure incontrate, ogni volta che un personaggio narra il modo in cui si è rivelato a se stesso e agli altri. Poiché infatti il conformismo costringe a vivere la solitudine, l’emarginazione, l’esclusione di chi ha la sola colpa di essere diverso, la squadra si muove su un piano metateatrale, così che tutti e ognuno si misurino con la necessità di difendere la propria libertà. L’elenco martellante di episodi di omofobia, recitato mentre il gruppo si accanisce su uno solo, ricorda come la persecuzione di chi non è etero non sia né propaganda né esagerazione. Non manca una visione satirica del problema : lo psicologo che ostenta
saggezza o la madre che si offre ai riflettori, accettando con enfasi il figlio, che non aveva precedentemente accolto, alludono infatti a quella cattiva coscienza che pretende di liquidare la questione attraverso stereotipi che non giovano a nessuno. Il mondo calcistico ha inoltre le sue responsabilità: perché nessun giocatore della serie A fa coming out? Gli attori, che coinvolgono sistematicamente gli spettatori, propendono per “un’antologia sinaptica”, ovvero una serie di scene che esulano dalla coerenza di una storia, ma accendono stimoli in chi osserva. In una parola, la strategia dell’algoritmo, che stavolta però è il corpo dell’interprete. Invitare a dichiarare a un microfono la propria posizione nella scheda di Kinsey sui comportamenti sessuali (dichiarazione accolta da un tifo da stadio) e mostrare due attori nudi mentre si fanno confidenze sotto la doccia non sono scelte gratuite: i pregiudizi sono coriacei. Solo un teatro che sia spazio libero può sgretolarli, aiutando a comprendere che esisteranno sempre più persone che categorie. Il Positano Teatro Festival ricorda Gerardo D’Andrea di Monica De Santis Presentata ieri mattina a Napoli l’edizione 2021 del Positano Teatro Festival Premio Annibale Ruccello, ideato dal compianto Gerardo D’Andrea, diciotto anni fa, e che è riuscito a stilare il programma anche di questa edizione. Come per lo scorso anno, anche per questa edizioni, a causa delle disposizioni anticovid vi sarà un ridimensionamento del programma, che si svolgerà in quattro serate che avranno luogo tutte nell’“Anfiteatro Piazza dei Racconti” i cui ampi spazi
consentiranno di mantenere un regolare distanziamento sociale. Come da tradizione anche per questa edizione lo scopo sarà quello di offrire al pubblico occasioni di “ridere, riflettere e commuoversi”. Primo appuntamento in cartellone per sabato 7 agosto alle ore 20,45, con una serata dedicata alla cantante Milva con lo spettacolo “La Rossa” che vede protagoniste Antonella Morea, e Martina Carpi, con testi scritti da Gianmarco Cesario. Lo spettacolo sarà accompagnato, in quest’occasione, dall’ensemble musicale composta da Vittorio Cataldi (piano, fisarmonica e violino), da Luigi Fiscale (contrabbasso), da Franco Ponzo (chitarra) e Gianluca Mirra (batteria). Subito dopo sarà il momento del Premio Annibale Ruccello 2020 alla carriera a Milva che sarà consegnato alla figlia Martina Corgnati. Il Festival sarà anticipato dall’esibizione musicale del duo “acCosta acCosta” con Michele Colonna e Nino Apreda che insieme ad un gruppo di giovani in abiti folcloristici, partendo da Via Pasitea, alle 19,30, coinvolgerà cittadini e turisti dando il benvenuto al pubblico del Positano Teatro Festival. Secondo appuntamento domenica 8 agosto, alle 20,45, con Enzo Moscato, con lo spettacolo “Luparella” ovvero Foto di Bordello con Nanà, testo e interpretazione dello stesso Moscato. Uno spettacolo che è entrato di diritto nella storia del teatro contemporaneo. Lo spettacolo è presentato dalla Compagnia Teatrale Enzo Moscato, le musiche Donamos, i costumi Tata Barbalato, l’organizzazione Claudio Affinito. Terzo appuntamento lunedì 9 agosto, alle 20.00, il palcoscenico del festival ospiterà lo spettacolo “L’ufficio delle parole smarrite” che segna il gradito ritorno della compagnia Il Teatro nel Baule, formazione leader per il teatro dell’infanzia, ancora una volta protagonista dell’appuntamento tanto atteso dai bambini, ma non solo, tanto che il direttore artistico era solito aggiungere che fosse «vietato l’ingresso ai maggiori se non accompagnati». Ultimo appuntamento martedì 10 Agosto, alle 20,45, spettacolo di teatro musicale “Nino” (dedicato all’amico magico Nino Rota) con Lalla Esposito accompagnata al pianoforte da Antonio Ottaviano. Nino Rota, uno dei più grandi compositori del
novecento, “l’amico magico”, come amava definirlo Fellini. Al termine dello spettacolo, nella serata condotta da Martina Carpi, sarà consegnato dal sindaco Giuseppe Guida il Premio Pistrice – Città di Positano” ad Alessandro D’Alatri, regista teatrale e cinematografico, reduce dall’enorme successo di ascolti, di critica e di pubblico della serie televisiva “Il Commissario Ricciardi” (Rai1), che ha vinto il prime time di serata. L’autrice del Premio è l’artista Marina Contento. Promenade tra archi e fiati. Gli interventi musicali dei gruppi cameristici dell’Orchestra Cherubini di Olga Chieffi La musica da camera è sicuramente una delle espressioni più nobili e profonde della cultura occidentale. Seppure l’Italia, storicamente legata al melodramma, sia sempre stata un po’ indifferente a questo sublime genere musicale, non c’è momento più adatto per rilanciarla. Nella giornata di oggi, il Ravello Festival dipanerà tra i luoghi più incantevoli del paese splendide trame sonore affidate ai giovani strumentisti dell’Orchestra Luigi Cherubini, intercettando ed affascinando attraverso il connubio del bello da sentire con il bello da vedere, riprendendo a dialogare senza sovrapporci cercando nelle voci degli altri la riflessione, l’elaborazione e l’arricchimento del proprio pensiero. Quest’oggi il duo di celli composto da Alessandro Brutti e Valentina Cangero ci accoglieranno in Santa Maria a Gradillo alle ore 12,30, con un
programma che spazierà dal duo di . J. Haydn, Duo Hob. X:11 in Re maggiore, J. J. F. Dotzauer, Duo op. 15 n. 1 in do maggiore, Allegro, Andante, Andantino con Variazioni su “Là ci darem la mano” dal Don Giovanni di Mozart, A. J. Franchomme, Notturno per 2 violoncelli op.15 n.1 in do minore, M. Berteau, Capriccio in sol maggiore per violoncello e basso continuo, J. B. Barrière, Sonata X in sol maggiore per due violoncelli, mentre nel pomeriggio, ci si potrà ritrovare nei Giardini del Monsignore, alle ore 18,30, dove incontreremo un’ ensemble di fiati e percussioni, composto da Pietro Sciutto e Matteo Novello, alla tromba, Gianpaolo Del Grosso, Federico Fantozzi, Giovanni Mainenti, Xavier Soriano Cambra al corno, Andrea Andreoli, Antonio Sabetta, Cosimo Iacoviello al trombone, Alessandro Rocco Iezzi alla tuba e Federico Moscano alle percussioni. Programma eterogeneo per musica di ampio respiro che passerà dal Gabrieli all’immortale Stardust di Carmichael, dagli sfarzi barocchi dell’ Händel, di The arrival of the Queen of Sheba da “Solomon” HWV67, alla sinfonia del Nabucco, al Dukas della Fanfare pour “La Péri”, sino N. Rota-N. Piovani, Cinema all’italiana, in attesa, naturalmente della performance dedicata a Dante Alighieri, che si svolgerà sul Belvedere di Villa Rufolo con Elena Bucci e Chiara Muti “Lumina in tenebris”. Lumina in Tenebris: l’ “Infinito eccesso” di Olga Chieffi “Lumina in tenebris” è poesia sulla poesia prima e dopo Dante. Chiara Muti ed Elena Bucci si pongono alla ricerca dei suoi ritmi nascosti, delle linee chiare, dell’armoniosa struttura
che va dallo sprofondo dell’Inferno alla vertigine dell’Empireo, e incontrano ciechi enigmi e le ombre, da cui si lasciano inseguire su di un palcoscenico avaro di luce. Un confronto aspro tra i morti e loro vive, la richiesta testarda di risposte attraverso i versi di Dante, nella musica estrema di un razionale labirinto, ispirate e ispiranti. L’umano come insieme di homo faber e di spirito entrambi costruttivi sta abbandonando l’umano stesso: è il tempo della fine quello che stiamo vivendo. Il compito che si sono assegnate le artiste è cercare voci del passato, che le “inizino” e noi con loro, al divino. Attraverso la voce Dante, e anche attraverso la reciproca contaminazione vocale e di pensiero, la Bucci e la Muti evocano due figure della modernità che si congiungono idealmente alla schiera delle donne celebrate da Dante. Chiara ed Elena elaborano una drammaturgia propria, curandone sia l’interpretazione che la regia, si lasciano guidare unicamente dalla sostanza della poesia, “come luce e suono impalpabile che viaggia veloce, seguendo vie imprevedibili, passa attraverso il tempo e la storia”. Per questa nuova, luminosa tessera nel mosaico di omaggi che il Ravello Festival sta tributando nell’anno celebrativo di Stravinskij, Piazzolla, Caruso, ecco Dante, in scena stasera, sul Belvedere di Villa Rufolo, alle ore 21, in occasione del VII centenario dalla morte, attraverso la cui figura si andrà ad indagare la forza stessa della poesia in toto, che resiste tenace a ogni censura, esilio, dittatura, cecità, rimbalzando tra voci diverse, maestre le une alle altre. Così, dalla Bibbia si passa al viaggio di Enea immaginato dal poeta Virgilio, ma anche a Boezio al quale, durante la cui prigionia, la filosofia fu di conforto. Il viaggio racconta la perdita del Paradiso secondo Milton, raggiunge il lager dove Primo Levi si aggrappò alla memoria del viaggio dell’Ulisse dantesco per fuggire, almeno con la mente, dalla terribile realtà. Si cita la “divina mimesis” di Pasolini a confronto con paure e dubbi del primo canto della Commedia, e poi le domande di Pascal, i versi d’amore di Byron, le visioni ultraterrene di Balzac, la perdita di Euridice narrata da Rilke, fino alle apparizioni
dello spirito femminile che crea e rigenera, incarnato da Beatrice. Tutti questi poeti vengono assunti a testimoni di un tempo pieno, poiché, come ricorda Meister Eckart, il tempo è pieno quando viene alla sua fine. Tale pienezza dei tempi permette di stabilire il punto in comune tra questi autori: è l’ “infinito eccesso” del verbo (Par.XIX), da intendere non solo come eccesso della parola creante, ma anche come una sorta di appello imperioso da parte di una zona più smisurata dello spirito a tentare un’esperienza limite quale il dantesco “transumanar”. Ne consegue per il linguaggio dell’uomo, una parola che diventa contenitore di suono, contenitore di una luce che la invade e la pervade, rovesciandola in parola veggente, in “ombra di luce”.
Puoi anche leggere