Basilicata, terra di boschi e studi forestali
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Forest@ Rivista di Selvicoltura ed Ecologia Forestale Commenti e Prospettive doi: 10.3832/efor0062-017 vol. 17, pp. 1-16 Basilicata, terra di boschi e studi forestali Marco Borghetti, Basilicata, land of forests and forest studies Nicola Moretti Basilicata, a land of forests and home to a Forest Sciences university program. We talk about the launch, in the eighties, of the higher education program in Forest Sciences at the University of Basilicata, in Southern Italy. Basilicata is a land of beautiful forests that have undergone great manipulation over time. We shortly describe their history in the last two centuries, and talk about some scholars who studied these forests in the postwar period until the early eighties. Afterwards, we recall the early years of Forest Sciences courses at the University of Basilicata. In a separate box, we deal with the possibility to restore the mixed silver fir/beech forest in the mountains of Basilicata: we address the ways in which silver fir natural regeneration can be promoted, where this species is still present; and the reasons and know-how for reintro- ducing it, where silver fir is no longer present. Keywords: University, Potenza, Deforestation, Silver fir, Mixed forests, Resto- ration Le ragioni di un racconto che hanno collaborato nelle prime fasi dell’università – Nell’università di solito scriviamo per rendere noti i risul- anche per poco tempo, anche senza approdare in seguito tati delle nostre ricerche, più raramente dedichiamo del a ruoli accademici stabili – siano meritevoli di un ricordo. tempo a descrivere il nostro ambiente accademico e a ri- Proponiamo questo racconto come un piccolo omaggio: percorrerne la storia, piccola o grande che sia. Da quasi alla nostra università, alle persone che l’hanno fatta na- trent’anni siamo docenti di discipline forestali nell’Univer- scere, a quelle che vi hanno lavorato prima di noi e ora so- sità della Basilicata a Potenza: l’abbiamo conosciuta nelle no da un’altra parte, ai nostri studenti di ieri e di adesso, a sue prime fasi e ne abbiamo vissuto i cambiamenti. Non ci chi ci ha regalato il suo ricordo, ai boschi della Basilicata. è parsa quindi bizzarra l’idea di trasformare la memoria in Non ce ne vorranno gli attuali colleghi se non parliamo di uno scritto che, senza la pretesa di ricostruire un cammi- loro e della situazione odierna: per avere informazioni sul- no scientifico, rievocasse gli esordi dei corsi forestali in le cose di oggi basta un clic. Basilicata e il contesto culturale in cui si svilupparono, mettendo a fuoco persone e fatti che potessero suscitare Il fremito della terra qualche interesse anche oltre il ricordo personale. Quel fremito che scuote la terra il 23 novembre 1980 se- Consapevoli del rischio di questo esercizio – essere tac- gna emblematicamente la nascita dell’Università della Ba- ciati di localismo e/o di narrare storielle materiali di scarso silicata. L’epigrafe su marmo (Fig. 1) voluta dal Rettore interesse – abbiamo inserito il racconto in un contesto mi- Fonseca in occasione della visita del Presidente Pertini, nimo, scrivendo di qualche vicenda che ha riguardato in esposta all’ingresso dell’Aula Magna nella sede di via Na- passato i boschi lucani, di qualcuno che li ha studiati prima zario Sauro a Potenza, coniuga il dramma con le ragioni di noi, e anche di una tematica che riteniamo meritevole per un nuovo inizio e, idealmente, trasforma in stemma lo di attenzione: quella della ricostituzione del bosco misto stigma di quell’evento drammatico, che separò il prima con abete bianco nella foresta montana. dal dopo per la gente lucana. Poi, è vero, abbiamo scritto – con tono a tratti scanzona- Come spesso avviene in Italia, fu la situazione emergen- to – di persone e di cose che a molti diranno poco, di col- ziale – nei fatti la legge per la ricostruzione post-terremo- leghi che abbiamo incrociato quasi di sfuggita, e abbiamo to n. 219 del 14 maggio 1981 – a determinare l’avvio ufficia- perfino ricordato qualche aspetto minutamente organiz- le dell’ateneo nell’anno accademico 1982/83. Già nel de- zativo dei primi tempi. Pensiamo, d’altra parte, che l’avvio cennio precedente, tuttavia, durante gli anni ‘70, andava- della nostra università sia rappresentativo anche di altri no maturando i progetti di personalità politiche illumina- esordi accademici in Italia, paese originale per queste co- te, che posero le basi per la nascita dell’università. se, e forse qualche collega ritroverà analogie, al di là della Furono gli anni che videro alla guida dell’amministrazio- diversa geografia. Così come pensiamo che le persone ne regionale l’aviglianese Vincenzo Verrastro, la cui azione fu genuinamente orientata allo sviluppo della sua terra: Verrastro desiderava che la Basilicata non fosse più “terra Scuola SAFE, Università della Basilicata, viale dell’Ateneo di mezzo”, ma raccordo fra regioni contermini, e che la Lucano 10, 85100 Potenza (Italy) sua gente non fosse più emarginata, ma avesse garantita una prospettiva di sviluppo economico e integrazione cul- @ Marco Borghetti (marco.borghetti@unibas.it) turale. È in questo clima politico che si sviluppa il progetto dell’ateneo lucano, che vide il coinvolgimento di persona- Citazione: Borghetti M, Moretti N (2020). Basilicata, terra di lità come quella di Decio Scardaccione, padre della rifor- boschi e studi forestali. Forest@ 17: 1-16. – doi: ma agraria nel meridione, e il supporto di un leader politi- 10.3832/efor0062-017 [online 2020-01-08] co della statura di Emilio Colombo. Il corso di laurea in Scienze Forestali fu previsto fin © SISEF http://foresta.sisef.org/ 1 Forest@ (2020) 17: 1-16
Borghetti M & Moretti N - Forest@ 17: 1-16 boscata di circa un terzo, dai 236.322 Forest@ – Rivista di Selvicoltura ed Ecologia Forestale ha del 1850 ai 160.813 ha del 1950. Ma come andarono le cose? Fu così per tutti i boschi? La loro distruzione av- venne con regolarità nel corso del tem- po? È sempre ardito cercare una chiave di lettura semplice per vicende com- plesse che avvennero su periodi lunghi in variegate situazioni socio-politiche e ambientali, ma grosso modo possiamo raccontare le vicende così come segue. I boschi di collina e bassa montagna, vicini agli abitati o comunque facilmen- te accessibili, furono manipolati inten- samente, o completamente eliminati per dissodamento, per tutto l’ottocen- to e anche oltre. La causa fu, in massi- ma parte, il soddisfacimento dei biso- gni primari della popolazione: bisogno di legno come fonte di energia e come materiale da lavoro, necessità di spazi per le colture, l’allevamento e il pasco- lo. Quindi, esigenze diffuse sul territo- rio, legate a necessità fondamentali Fig. 1 - L’epigrafe posta all’ingresso dell’Aula Magna dell’Università della Basi- per la sopravvivenza delle comunità licata, in via Nazario Sauro a Potenza, che ricorda la proclamazione, da parte nel quadro di un’economia in buona del Rettore Fonseca, dell’inizio delle attività accademiche, al cospetto del parte ancora di sussistenza, sebbene la Presidente Pertini. Da notare la data con il completamento dell’anno in forma richiesta di mettere a coltura le terre e additiva, canone classico ripreso in età rinascimentale. di aumentare la produzione cerealicola rispondesse anche alle esigenze ali- dall’istituzione dell’ateneo, a riconoscimento della voca- mentari di una popolazione in crescita, come succedeva zione forestale del territorio e dell’interesse a formare nella Napoli capitale della prima metà dell’ottocento delle professionalità in grado di affrontarne gli aspetti ge- (Rossi-Doria 1963). stionali. La validità della scelta di allora è pienamente con- Gli attori e le modalità di questi processi di manipolazio- fermata dalla situazione odierna, vista la grande impor- ne e distruzione cambiarono in funzione dei rivolgimenti tanza che le discipline forestali hanno assunto per la con- di regime, dei provvedimenti legislativi, del quadro della servazione e la gestione dell’ambiente, nel riconoscimen- proprietà, dei diritti d’uso da parte della comunità, ecc. to del cambiamento climatico e del ruolo di mitigazione Tutto cambiava nel tempo tranne il destino del bosco, che esercitato dai sistemi forestali. L’avvio dei corsi forestali si procedeva sempre in una direzione, quello della sua pro- inseriva, idealmente, anche nel solco tracciato da studiosi gressiva distruzione. E il tasso di manipolazione dei boschi che ai boschi lucani avevano dedicato il loro interesse e fu e disboscamento non fu minore nei decenni post-unitari facilitata da un significativo precedente accademico: su rispetto al periodo della restaurazione borbonica. entrambe le cose ci soffermiamo nel seguito. Ma facciamo un piccolo passo indietro, iniziamo dal pe- Ma diamo ordine al racconto. Sia pur per sommi capi, se- riodo della dominazione francese su Napoli (1806-1815). guiamo i boschi lucani nelle loro vicissitudini storiche a Fra le varie leggi d’ispirazione rivoluzionaria, che in diversi partire dall’ottocento e fino al dopoguerra, e cerchiamo casi rappresentarono occasioni di progresso economico e di capire perché sono, per diversi aspetti, significativi e sociale, nel 1806 fu emanato il provvedimento di eversio- hanno richiamato l’interesse di svariati studiosi. Ma non ne della feudalità con incameramento nel demanio pub- solo il loro: anche quello di agguerrite imprese di utilizza- blico dei fondi ecclesiastici ed ex-feudali. Per il bosco non zione boschiva. Pure questa è una vicenda che merita di fu un bene: queste terre passarono in parte ai Comuni e in essere rievocata. parte ai privati, con il risultato che spesso il bosco fu elimi- nato e i terreni dissodati e messi a coltura. Terra di boschi e disboscamenti Il periodo napoleonico non durò a lungo, nel 1816 fu re- È terra di bei boschi la Basilicata, meritevoli di cura e di staurata la monarchia borbonica e molti terreni vennero studio, nella consapevolezza che nel corso del tempo so- restituiti alla chiesa e ai vecchi proprietari. La feudalità no stati protagonisti di grandi trasformazioni, distruzioni non fu ripristinata, ma non venne riconosciuto il prece- e manipolazioni. dente diritto di pascolo, legnatico e semina, in pratica Alla fine degli scorsi anni cinquanta, un giovane assisten- venne interdetto l’uso del bosco in regime di campo aper- te alla cattedra di geografia dell’Università di Heidelberg, to come era diffusa tradizione un po’ in tutto il mezzo- Franz Tichy, conseguì l’abilitazione alla docenza presen- giorno. La riduzione degli usi civici non fu sostanzialmen- tando una dissertazione con titolo che in italiano faceva te bilanciata dall’assegnazione di terre: la conseguenza fu così: “Le foreste della Basilicata e la deforestazione nel XIX che continuò il massiccio attacco ai boschi che erano stati secolo. Processi, cause e conseguenze” (Tichy 1962). Fin dai oggetto di assegnazione, per soddisfare le necessità di primi anni del secolo era noto che la Basilicata rappresen- base, per le colture e l’allevamento (vedi Agnoletti 2018 tava uno dei casi più emblematici del disboscamento per un quadro di carattere generale). post-unitario nel mezzogiorno d’Italia (De Dominicis 1912). Tichy (1962) riporta che i dissodamenti approvati in Basi- La tesi di Tichy ne fornisce efficace documentazione e licata per la messa a coltura fra il 1831 e il 1861 ammonta- analisi ed è un peccato che del lavoro non sia stata fatta rono a circa 10.000 ha. Casi di attacco ai boschi in cui il ri- una traduzione in italiano. sultato fu la loro profonda alterazione o completa sostitu- Facendo riferimento al periodo 1850-1950, Tichy (tab. 4, zione con coltivi e pascoli sono descritti in documenti pag. 41) stima per la Basilicata una perdita di superficie d’archivio presentati da Nolè et al. (2003): nel territorio di 2 Forest@ (2020) 17: 1-16
Basilicata, terra di boschi e studi forestali Laurenzana, nel 1842, l’ex-feudatario chiese l’abbattimen- vasti disboscamenti, soprattutto nel meridione. De Domi- Forest@ – Rivista di Selvicoltura ed Ecologia Forestale to di migliaia di abeti di grosse dimensioni; nel 1858 il sin- nicis (1912) stima che a livello italiano la distruzione dei daco procedette a forti tagli per la necessità di materiale boschi fu del 45%, come effetto dello svincolo stabilito da costruzione dopo il disastroso terremoto del 15 dicem- dalla legge del 1877, e testualmente scrive “i boschi con il bre 1857. Quest’ultimo evento fu ben documentato da nuovo regno trapassavano ai privati e ai comuni che dei una spedizione della Royal Society guidata dal famoso si- privati dovevano essere peggiori amministratori per evita- smologo Robert Mallet. re il jugulamento dei loro bilanci”. Vanamente l’ex primo Breve digressione. Quando si parla di utilizzazioni dei bo- ministro Luigi Menabrea aveva raccomandato, soprattut- schi del meridione, si tira frequentemente in ballo la legge to per l’Italia meridionale, l’esclusione dei boschi dalla emanata dal governo di Francesco I il primo di agosto vendita demaniale. 1826 (Gualdi & Tartarino 2006). Fu una delle prime leggi Tichy (1962) riporta che oltre 15.000 ettari di bosco furo- forestali, ed ebbe aspetti contraddittori: da un lato mirava no disboscati in Basilicata nel periodo 1862-1880, in buona alla classificazione e al censimento dei boschi (anche a fini parte per la quotizzazione delle aree demaniali. Secondo i fiscali, tanto che molti comuni occultarono i propri posse- dati dell’Ispettorato forestale di allora, nel 1870 in Basili- dimenti boschivi per evitare l’imposta fondiaria); cata c’erano 196.890 ha di bosco (22.443 ha dello Stato, dall’altro, mentre proteggeva le proprietà reali e nobiliari 106.283 ha dei Comuni, 68.163 ha dei privati), nel 1909 i destinate alla caccia, proibiva in quelle comunali il taglio a boschi erano ridotti a 180.000 ha; complessivamente una scelta; in queste imponeva il taglio raso, con l’avvertenza riduzione di circa 56.000 ha rispetto al 1850 (De Dominicis di rilasciare 60 alberi da seme per ettaro come riserve, 1912, Tichy 1962). Sicuramente alla vendita della proprietà vietando il pascolo dopo il taglio per garantire la rinnova- demaniale si accompagnò una trasformazione della strut- zione. tura sociale, in particolare ebbe luogo una forte ascesa Sicuramente la legge conteneva aspetti nuovi per i tem- della borghesia terriera (Rossi-Doria 1963). pi, come il concetto, poi ripreso nella legislazione unitaria, A partire dal nuovo secolo, con la legge speciale per la che “il diritto di proprietà, cioè l’uso, che dei suoi beni un Basilicata n. 140 del 31 marzo 1904, furono messi maggiori privato può fare, è, per principio, di pubblica utilità, ossia vincoli ai boschi, stabilendo norme per la conservazione di ragion pubblica, intrinsecamente soggetto alla condi- dei boschi esistenti e per i rimboschimenti. La legge sul zione di esercitarsi senza nuocere ad altri”, e mirava a demanio forestale del 1910 e la successiva legislazione porre freno al dissodamento incontrollato dei versanti unitaria, su cui qui non ci diffondiamo, impressero una montani, attuato per estendere la coltivazione dei cereali, svolta alla politica forestale italiana sul piano della prote- che stava causando disastrose alluvioni. Nell’attuazione zione del bosco e della protezione idrogeologica attraver- pratica, negli effetti sui boschi, sul piano colturale, l’attua- so il rimboschimento. Tuttavia, in Basilicata come nel me- zione del taglio raso con riserve (il cosiddetto taglio “bor- ridione in genere, gli effetti di queste nuove politiche tar- bonico”) ebbe spesso effetti negativi. Nella legge le riser- darono a venire, più che altrove. Ci furono anzi nuove on- ve da lasciare al momento del taglio venivano definite date di disboscamento, alcune legate all’aumento della “piante per seme o di speranza”, nella realtà le piante rila- popolazione rurale nel primo dopoguerra, altre alle politi- sciate furono spesso scelte fra quelle meno adatte a far sì che autarchiche del periodo fascista, come la “battaglia che questa speranza potesse essere coltivata, e gli effetti del grano”, che portarono a un notevole ampliamento di questi tagli con il rilascio dei “peggiori” ancora si vedo- delle aree coltivate a cereali (solo dal 1927 al 1930, un in- no. Soprattutto negativi furono gli effetti per le faggete e cremento di 37.000 ha), spesso a scapito del bosco. Fra il i querceti mesofili dei versanti meridionali, che in seguito 1930 e il 1950, periodo di crescita demografica ed espan- a questo tipo di trattamento si fecero rarefatti o in alcuni sione agricola, in Basilicata scomparve fra il 15 e il 20 per- casi sparirono: in ambiente mediterraneo la drastica e re- cento del bosco rimanente (Giura Longo & Boenzi 1994, pentina interruzione della copertura apre infatti la strada McNeill 2003). a un forte peggioramento del bilancio idrico stazionale e Questa, molto in sintesi, la storia del bosco nelle aree a forti regressi di fertilità che possono portare a crisi irre- collinari e montane più facilmente servite, fino al dopo- versibili delle specie più esigenti (vedi Saracino 2012 per guerra. In queste zone il mantenimento di una economia una discussione sulle faggete campane e lucane). Le con- a decisa impronta agricola, il forte radicamento della tra- seguenze di questa modalità di trattamento si fecero sen- dizione pastorale e dell’allevamento, le necessità econo- tire anche nel periodo unitario; quando, a cavallo fra otto- miche dei Comuni, principali proprietari boschivi, ecc. fa- cento e novecento, iniziarono i massicci attacchi ai boschi ranno sì che in Basilicata la pressione sui boschi e l’am- meridionali più remoti, da parte di agguerrite imprese biente naturale rimanga elevata fino a tempi recenti e che esterne, e spesso si adottò il taglio “borbonico” in modo alcuni processi (come le ridiffusione del bosco sui terreni indiscriminato. abbandonati dall’agricoltura e dal pascolo) si siano verifi- Per i boschi della Basilicata, e del meridione in genere, la cati in misura minore rispetto ad altre zone interne del no- situazione non migliorò nel periodo post-unitario, dopo il stro paese. Per il persistere di questi aspetti della cultura 1861, anzi le cose peggiorarono. Fatto decisivo al riguardo tradizionale, in cui l’idea del regime di bosco aperto non è fu l’emanazione, durante il governo Depretis, della prima ancora del tutto svanita, qualsiasi proposta di gestione fo- legge forestale unitaria (la n. 3917 del 20 giugno 1877), restale e di tutela ambientale non può prescindere da pro- promossa da Salvatore Maiorana Calatabiano, al tempo cessi di concertazione con le comunità, necessari per evi- ministro per l’Agricoltura, l’Industria e il Commercio. Da ri- tare manifestazioni di riottosità e protesta come quelle cordare il fatto che la legge fu molto dibattuta: l’allora Di- che, occasionalmente, si sono verificate in passato (Fig. rettore del Regio Istituto Forestale di Vallombrosa, Alfon- 2). so di Bérenger, fu collocato anticipatamente a riposo per Abbastanza diversa fu la storia dei boschi delle zone più aver espresso la sua contrarietà. aspre della montagna, remote e di assai difficile accesso, In sintesi, il provvedimento imponeva il vincolo forestale dove molte foreste rimasero esenti, fino alla fine del- ma solo dal piano dei castagneti in su, liberalizzando l’uso l’ottocento, dalle pesanti distruzioni di cui abbiamo parla- del suolo e le attività economiche nelle altre zone. Qual- to prima. Si tratta di una situazione che riguarda molti bo- che anno prima, nel 1867, era stata emanata la legge di schi del meridione: un buon esempio è fornito da quelli confisca dei beni religiosi, che furono incamerati nel de- del massiccio del Pollino, fra Basilicata e Calabria. manio e poi in buona parte venduti ai Comuni e ai privati. Preziosa testimonianza della condizione dei boschi sul La concomitanza di questi provvedimenti aprì la strada a Pollino nell’ottocento sono le esplorazioni condotte nel Forest @ (2020) 17: 1-16 3
Borghetti M & Moretti N - Forest@ 17: 1-16 la produzione della calce (Magliocco Forest@ – Rivista di Selvicoltura ed Ecologia Forestale 1997, Tufaro 2015). Erano comunque boschi con elevata biomassa, plurispe- cifici, a struttura complessa, nell’insie- me poco manipolati. Agli inizi del nuovo secolo, l’aristocra- tico inglese Norman Douglas, che nel 1907 compie un lungo viaggio in Basili- cata e Calabria e visita le stesse foreste che i botanici napoletani avevano es- plorato e descritto 70 anni prima, pre- sagisce tuttavia che qualcosa sta cam- biando e avverte: “si affretti chi abbia voglia di godersi questi paesaggi selvo- si, prima che scompaiano dalla faccia della terra” (Douglas 1915). Cosa stava cambiando? Un po’ tutto. A cavallo fra XIX e XX secolo ci si trova nel pieno della seconda rivoluzione in- dustriale: nuove fonti di energia e inno- vazioni tecnologiche, grande aumento della produzione industriale, sviluppo dei sistemi di comunicazione e traspor- to, ecc. In Italia si sta procedendo alla Fig. 2 - Uno degli autori davanti al grande albero di pino loricato bruciato alla costruzione della rete ferroviaria, inizia Gran Porta del Pollino nell’ottobre del 1993. La foto è dell’estate 1995, quan- un periodo di grande richiesta di legna- do l’albero crollò. Si trattò di un episodio di vandalismo, da collegare ad at- me per traverse (Fig. 3). E alcune ag- teggiamenti di ribellione e protesta nei confronti del Parco Nazionale da poco guerrite imprese, dotate di adeguata istituito (Leone et al. 1993). Oggi tutto è cambiato, migliaia di visitatori, italia- organizzazione e in grado di dispiegare ni e stranieri, arrivano nel Parco del Pollino con beneficio e soddisfazione di la necessaria tecnologia (ferrovie por- quasi tutti (foto: Antonio Saracino). tatili Decauville, locomotive a vapore, teleferiche, ecc.), si accorgono che i re- 1826 dal botanico napoletano Michele Tenore (Petagna et moti boschi di montagna dell’Italia meridionale possono al. 1827), e le successive escursioni compiute verso la fine diventare una miniera d’oro. del secolo da altri naturalisti e viaggiatori (Bruno 1875, Sono sempre i boschi del Pollino a fornire un esempio di Campanile 1889, Terraciano 1890): concordi sono i reso- quanto stava accadendo, ed è poi realmente accaduto, conti, che riferiscono di foreste ancora fitte, selvagge, dif- anche in diverse altre zone del meridione. Nel 1910, la so- ficili da percorrere, con alberi colossali e con molte specie cietà italo-tedesca Rueping, già nota per aver brevettato (aceri, tigli, tassi, frassini, ecc.) rappresentate da individui un redditizio sistema di impregnazione del legname (Sara- di grandi dimensioni. cino 2012), fece dei contratti con i Comuni proprietari dei Non che si trattasse di foreste “vergini”, è bene inten- boschi e iniziò lo sfruttamento dei grandi patrimoni fore- dersi. Diverse faggete erano tenute a ceduo per la produ- stali della zona. La storia di quelle utilizzazioni, dell’orga- zione del carbone: aie carbonili sono riconoscibile ancora nizzazione dei cantieri, delle modalità di esbosco, del loro un po’ dappertutto e non è difficile imbattersi nei resti impatto sulle condizioni socio-economiche della gente del delle “carcare”, vecchi forni a legno in muratura usati per posto – che vide spesso nel cantiere forestale l’alternativa Fig. 3 - Deposito di traverse ferroviarie della ditta Palom- baro, per molti anni una delle maggiori ditte di utilizzazioni boschive in Italia. Siamo nel piazzale della stazione di Avellino a fine agosto del 1949, le grandi utilizzazioni nei boschi del meridione pro- cedono ancora speditamen- te. Più del 30% delle traverse ferroviarie venivano poi im- pregnate con il metodo Rue- ping che, alternando pressio- ne e vuoto, faceva sì che solo la parete del condotto xile- matico, ma non lo spazio in- terno, venisse impregnato con il creosoto, il cui uso era quindi economizzato (Saraci- no 2012 – foto: Archivio Ditta Palombaro). 4 Forest@ (2020) 17: 1-16
Basilicata, terra di boschi e studi forestali all’emigrazione – è stata descritta con Forest@ – Rivista di Selvicoltura ed Ecologia Forestale dovizia di particolari e documentazione fotografica (Magliocco 1997, Schettino 2011), e qui non ci torniamo su. Ci limi- tiamo a mettere in evidenza che questi aspetti vengono oggi opportunamen- te, e con efficacia, valorizzati nell’ambi- to di una fruizione turistica attenta alla storia e alle tradizioni colturali (Schetti- no et al. 2013). In molti casi queste estese utilizzazio- ni – alla Rueping succedettero poi altre imprese, come la ditta Palombaro – consistettero in forme di taglio a raso di tipo “borbonico”, ma con rilascio delle sole piante scadenti da un punto di vista tecnologico (Famiglietti 1975). Giusto un riferimento: secondo quanto riportato da Pierangeli et al. (2014) su un’area di circa 2.000 ettari di boschi del Pollino, dal 1904 al 1964 furono ta- gliate circa 115 mila piante di grandi o grandissime dimensioni (Fig. 4). Azzar- diamo una stima grossolana. Assumia- mo per questi grandi alberi d1.3 = 1 m e, sulla base della curva ipso-diametrica presentata da Scrinzi et al. (2017), h = 25 m; applicando l’equazione di cuba- tura del faggio (fusto e grossi rami) ri- portata da Tabacchi et al. (2011), con i dati di utilizzazione di cui sopra si arriva a stimare un prelievo di 9.3 m 3 ha-1 an- no-1, ampiamente superiore ai valori di incremento corrente riportati, per le faggete, dall’ultimo inventario foresta- le nazionale (INFC 2009); senza conta- re che sicuramente oltre a queste pian- te ne furono asportate di minori di- mensioni, che spesso il bosco era gra- vato da usi civici, ecc. (Famiglietti 1975). Dagli anni ‘70 in poi la gestione cambiò indirizzo, e prevalsero inter- venti più prudenti, e poi strategie di tu- tela, con l’istituzione del Parco Nazio- nale. Sicuramente, quindi, anche i boschi Fig. 4 - Utilizzazioni di grandi alberi nei boschi di montagna della Basilicata; più remoti subirono, a partire da inizio siamo nel bosco di Francavilla sul Sinni a fine settembre del 1939; l’albero visi- novecento, una drastica semplificazio- bile nel pannello superiore è probabilmente un faggio con legno a “cuore ba- ne in termini di composizione (rarefa- gnato” o durame rosso (Knoke 2003): non era un grosso difetto nel caso si zione dell’abete bianco, dell’olmo e del facessero traverse ferroviarie, l’impregnazione con il creosoto poteva però tiglio montano, dei grandi aceri, del essere più difficoltosa (A. Saracino, comunicazione personale – foto: Archivio frassino maggiore, del tasso, ecc.) e Ditta Palombaro). struttura, e una riduzione in termini di consistenza. Da riconoscere, peraltro, il buon grado di re- in atto nel corso del tempo per cercare di porre riparo alle silienza di queste foreste: pur alterate nelle loro caratteri- gravi situazioni di dissesto di molti versanti, in seguito ai stiche, dopo alcuni decenni da quei drastici interventi, nel- processi di disboscamento di cui abbiamo parlato prima, e la maggior parte dei casi si rivelano oggi in condizioni di anche di gravi eventi alluvionali. Ricordiamo solo, a tal svolgere in modo efficiente le multiple funzioni che si ri- proposito, le pregevoli opere di sistemazione e rimboschi- chiedono agli ecosistemi forestali, compresa quella pro- mento dirette da Salvatore Puglisi, a lungo docente del- duttiva (Borghetti & Ferrara 2015). l’Università di Bari, in varie località della Basilicata e in par- ticolare nella valle del Basento. Studiosi nei boschi della Basilicata Ci limitiamo qui a parlare di qualche studioso che si è oc- Il panorama che si presenta agli studiosi e ai tecnici fore- cupato in modo specifico di selvicoltura nei boschi della stali che si affacciano in Basilicata a partire dal dopoguer- Basilicata, in un certo modo anticipando, e in parte ac- ra è quindi quello di boschi certamente assai manipolati compagnando, quelle che saranno le attività di studio uni- ma che presentano anche aspetti peculiari, in cui si intrav- versitarie. vedono potenzialità di recupero della naturalità origina- Ha avuto queste caratteristiche l’azione di Lucio Susmel, ria. Oppure di situazioni che richiedono impegno per met- illustre ecologo e selvicoltore, fondatore della scuola fo- tere riparo a stati di dissesto. restale nell’Università di Padova. Fin dagli anni del dopo- In questo capitolo non ci occupiamo delle numerose guerra Susmel si prodigò per una selvicoltura ad approc- opere di rimboschimento e sistemazione idraulica messe cio naturalistico che mirasse al ripristino delle caratteristi- Forest @ (2020) 17: 1-16 5
Borghetti M & Moretti N - Forest@ 17: 1-16 che biologiche e funzionali degli ecosistemi forestali, for- con cerro e faggio, predispose il piano economico dando Forest@ – Rivista di Selvicoltura ed Ecologia Forestale temente alterati da secoli di forte sfruttamento; e non indicazioni colturali mirate a ricreare le condizioni favore- tardò ad estendere il suo interesse scientifico e professio- voli alla rinnovazione naturale e a ripristinare la struttura nale dai boschi alpini a quelli dell’Appennino meridionale disetanea, attraverso l’applicazione di tagli saltuari a (Susmel 1957). gruppi, tagli a buche, tagli di sgombero di piante mature Uno dei lavori più noti di Susmel è quello condotto sulle sovrastanti zone di rinnovazione affermata, ecc. (Susmel faggete di Corleto Monforte, sui monti Alburni in provin- 1959b); successivamente estese le sue proposte alle fag- cia di Salerno (Susmel 1959a). La pubblicazione è stata gete della fascia montana (Susmel 2001). molto citata e dibattuta. Malgrado le ampie discussioni, In pensione fin dalla metà degli anni ‘80, Lucio Susmel non tutti sanno che in questo lavoro Susmel fa ampio rife- incrocia ancora la Basilicata nell’ottobre del 2003, forse rimento alla faggeta di Muro Lucano in Basilicata, da lui per l’ultima volta. Il fatto merita di essere ricordato. assunta come interessante esempio di bosco naturalifor- L’occasione la offre il IV congresso della Società Italiana di me a struttura pluristratificata; in particolare, Susmel ha Selvicoltura ed Ecologia forestale (SISEF) organizzato a utilizzato la curva di ripartizione degli alberi per classi dia- Rifreddo (Potenza), cui il prof. Susmel viene invitato co- metriche (figura 43 in Susmel 1959a), ricavata nel bosco di me destinatario di un premio per la sua lunga e prestigio- Muro Lucano, per corroborare la sua proposta di riordina- sa carriera scientifica. Val la pena di rievocare l’episodio: mento strutturale su basi bio-ecologiche. Altri tempi, dirà in seduta plenaria, aula gremita, il Presidente del Consi- il lettore, quando si utilizzavano modelli strutturali per fa- glio Regionale ha l’incarico di consegnare il premio, Su- re proposte colturali. Adesso gli schematismi hanno perso smel siede attento in prima fila. Il Presidente, forse ingan- d’interesse nella nostra selvicoltura, ma al di là di questo nato dalla data di nascita riportata sul rituale foglietto aspetto, l’idea di Susmel di favorire nella faggeta una promemoria, inizia un’orazione ispirata che prende una struttura diversificata attraverso trattamenti di rinnova- piega scivolosa: viene presto a suonare come laudatio in zione su piccole superfici, prendendo le distanze dagli memoriam (mancava solo Chariots of Fire come sottofon- schemi classici del trattamento a tagli successivi, ebbe ca- do) e tutti si rendono conto che il premiando è stato fret- rattere di novità per la selvicoltura italiana. Pur senza tolosamente collocato nel mondo dei più. Momento assai esplicito riferimento al lavoro di Susmel a Corleto Monfor- imbarazzante, ma è il vecchio professore che risolve da te, recenti lavori sulle faggete meridionale (Ciancio et al. par suo: si alza, dà piena dimostrazione di vitalità e, con 2008) concordano, di fatto, sugli obbiettivi della disomo- fare disinvolto, ritira il premio. Chapeau! Prof. Susmel: geneità e della diversificazione strutturale e mettono in questa volta, per davvero, alla memoria. luce come questi possano essere raggiunti attraverso la A Susmel e alle sue idee va ricondotto il lavoro scientifi- creazione di ripetute e modeste discontinuità di copertu- co e operativo del suo allievo Andrea Famiglietti, docente ra. Interessante anche la nota sul valore della produzione e tecnico che in Basilicata svolse un’intensa attività (Fig. legnosa nella faggeta pluristratificata di Muro Lucano, ba- 5). Rimandando allo scritto di Pierangeli (2005) per una sata su apprezzamenti fatti dalla ditta Feltrinelli: scrive te- sua presentazione a tutto campo, qui ricordiamo che Fa- stualmente Susmel “il legname qui prodotto è superiore miglietti fu convinto propugnatore dell’impostazione col- per qualità e forma a quello delle faggete viciniori e com- turale del suo Maestro e che applicò tali idee nella predi- prende altresì una frazione più elevata di assortimenti da sposizione dei piani di assestamento di numerose proprie- trancia”. tà comunali in Basilicata, promuovendosi certamente be- Altra idea che Susmel perseguì tenacemente in Basilica- ne sul piano professionale. Come Susmel, fu un sostenito- ta fu quella della ricostituzione del bosco misto con abete re della ricostituzione del bosco misto con abete bianco, bianco. A Laurenzana, dove l’abete bianco si consorzia nell’ambito della faggeta montana, e si impegnò anche in concreti interventi di reintroduzione, per certi aspetti un po’ garibaldini (Fa- miglietti et al. 2001); non si può tutta- via disconoscere l’elemento innovativo e di attualità di questa proposta, che condividiamo e cui dedichiamo un ap- profondimento (Box 1). Tutto sommato, il contributo più ori- ginale e duraturo di Famiglietti ci pare quello scaturito dalla sua lunga colla- borazione con un valente botanico svizzero: Emil Schmidt, cui si deve il concetto di cingolo vegetazionale (Schmidt 1936). Tramite Susmel, cono- sce Famiglietti e insieme a lui, negli an- ni ‘60 compie un’approfondita valuta- zione delle fitocenosi lucane, definen- done caratteristiche e distribuzioni; il lavoro che ne è scaturito (Famiglietti & Schmid 1969) continua ad essere un ri- ferimento sul piano scientifico e opera- tivo. Famiglietti era estroverso e di trasci- nante simpatia. Emil Schmidt non era da meno, stando ai racconti dei vecchi Fig. 5 - Giugno 1994, sopra Terranova di Pollino, durante un’esercitazione di- forestali che lo hanno incontrato. I ba- dattica. Il prof. Andrea Famiglietti con alcuni docenti di Potenza. Da sinistra gni nei torrenti di montagna, e i ban- nell’ordine: Domenico (Mimmo) Pierangeli, Nicola Moretti, Andrea Famigliet- chetti nelle dimore lucane, allietarono ti, Marco Borghetti, Agostino Ferrara, Stefano Quartulli (foto: Antonio Saraci- spesso le escursioni e le serate dei due no). colleghi e amici. 6 Forest@ (2020) 17: 1-16
Basilicata, terra di boschi e studi forestali La sezione Potenza-Basilicata dell’Istituto di scopio Old Delft per fotointerpretazione. Gran parte Forest@ – Rivista di Selvicoltura ed Ecologia Forestale Selvicoltura di Bari dell’attività della Sezione si svolse presso la foresta dema- “Caro Marco, purtroppo il terremoto del 23 novembre niale di Lagopesole e presso il vivaio forestale La Cerasa. 1980 ha distrutto la documentazione del lavoro compiuto Nella foresta fu impiantata una delle prime stazioni di rile- a Lagopesole con la collaborazione del dott. Margiotta. vamento ecologico in foresta per rilievi sul ciclo idrologi- Quando sono andato a Potenza, il giorno dopo, e ho visto co, misure di tipo micrometeorologico con analisi del bi- la sede dell’Ispettorato praticamente priva di scale, mi è lancio energetico e rapporto di Bowen, misure di produt- venuto un colpo. Per fortuna le persone si erano salvate e tività, ecc. La Sezione di selvicoltura fu molto attiva anche un forestale, coperto di polvere dalla testa ai piedi, mi è sul versante della formazione e dell’educazione forestale venuto incontro, dicendo: «Professore stia tranquillo, le in quanto sede, tutti gli anni, delle esercitazioni estive per riviste ed i libri del suo Istituto li abbiamo trasportati in gli studenti, provenienti da tutta l’Italia meridionale, del garage»”. Corso di Scienze Forestali dell’Università di Bari. La sede Così, con amichevole cortesia, ci scrive Ervedo Giordano, delle esercitazioni era costituita dall’Istituto Tecnico Agra- per decenni grande protagonista delle scienze forestali rio di Lagopesole e da qui venivano visitati e studiati i più italiane. Quando, nel 1975, assunse la direzione dell’Istitu- interessanti comprensori forestali della regione: oltre a to di Selvicoltura dell’Università di Bari, il prof. Giordano Lagopesole e al Vulture, le foreste in Val d’Agri, il Parco stabilì presto un contatto, per le esercitazioni degli stu- del Pollino, la foresta di Policoro, quella di Gallipoli Cogna- denti, con il dott. Domenico Margiotta, allora Capo del- to e i rimboschimenti della Val Basento. In quegli anni era l’Ispettorato Regionale della Basilicata: questi con grande ancora funzionante il bacino idrologico sperimentale rea- disponibilità si fece carico di ospitarli presso il vivaio di La- lizzato dal prof. Salvatore Puglisi nelle vicinanze di Poten- gopesole, vicino a Potenza. Ricorda ancora Giordano: “A za. Alla fine degli anni ‘70 presso il vivaio La Cerasa fu an- Lagopesole, presso il vivaio dell’Azienda di Stato per le che realizzato un moderno edificio per ospitare la Sezione Foreste Demaniali, si utilizzava la struttura, stanze e cuci- e le sue diverse attività sperimentali e di formazione. Pur- na, dell’Istituto Tecnico Agrario. I docenti delle varie disci- troppo, appena completato l’edificio subì i danni del ter- pline dormivano in albergo a Potenza, mentre gli ispettori remoto, fu poi ristrutturato secondo le norme anti-sismi- forestali e in particolare il dott. Voinar, funzionario di ele- che ma non ci fu il tempo di metterlo in attività poiché la vata preparazione scientifica, successivamente trasferito Sezione completò il suo ciclo operativo con l’avvio della a Milano, curavano le escursioni in diverse località... Oltre nuova Università di Basilicata. Le ricerche e le osservazio- all’uso del vivaio, il dott. Margiotta era riuscito a fare com- ni condotte presso la Sezione di selvicoltura di Potenza pletare un fabbricato di due piani, finanziato dalla Cassa sono state oggetto di una decina di pubblicazioni scientifi- per il Mezzogiorno e da anni abbandonato, comprenden- che”. te aule, laboratori, biblioteca, stanze per gli studenti e i Questo va sicuramente aggiunto al racconto di Giuseppe docenti, mensa, magazzini ecc. Non solo, ma in attesa di Scarascia: gli studi di ecofisiologia forestale iniziati nella disporre della biblioteca, aveva provveduto agli abbona- cerreta e nella stazione sperimentale di Lagopesole (Fig. menti alle principali riviste forestali, che avevano trovato 6) hanno rappresentato l’avvio di studi, poi grandemente sede temporanea presso l’Ispettorato a Potenza, a dispo- sviluppati da Scarascia e collaboratori presso l’Università sizione di docenti e studenti. Il dott. Margiotta era un uo- della Tuscia, che hanno portato il gruppo a un ruolo di pri- mo di grande generosità, parlava poco ma realizzava mol- mo piano nel panorama della ricerca internazionale sulle to e io lo ricordo con grande ammirazione. Quando dopo foreste. il terremoto ci siamo abbracciati e io gli ho riferito: «A La- Un’altra personalità accademica era allora attiva nell’Isti- gopesole è crollato tutto» mi ha risposto: «Scusami, non tuto di Selvicoltura di Bari: quella del prof. Raffaello Gian- posso fermarmi, perché la gente non sa come proteggersi nini, selvicoltore e genetista, in seguito fondatore e a lun- dal freddo, ma non ti preoccupare, ricominceremo di nuo- go direttore dell’Istituto per il Miglioramento genetico vo»”. delle piante forestali del CNR, nel quale uno degli scriventi Questo rapporto con la Basilicata, nato per le necessità lo ha avuto come Maestro. Ci pare quindi opportuno ter- legate alle esercitazioni, si concretizzò poi nella costitu- minare il racconto anche con il suo ricordo, che integra zione della Sezione Potenza-Basilicata dell’Istituto di Sel- quelli precedenti. vicoltura di Bari che operò, dal 1978 al 1982, anche con Così scrive il prof. Giannini: “Sono entrato nella Famiglia l’auspicio di sviluppare in seguito una sede universitaria della Facoltà di Agraria dell’Università di Bari il primo no- lucana. Le personalità che operarono in questa direzione vembre del 1975 come professore straordinario di Selvi- furono i già ricordati Senatore Scardaccione e Presidente coltura speciale ricoprendo subito, per prassi, la carica di Verrastro, insieme all’allora Assessore regionale all’agri- Segretario del Consiglio di Facoltà. Fu un impatto molto coltura, Romualdo Coviello. Sul versante barese la propo- forte. Nuova sede di lavoro, nuovi colleghi, nuove funzio- sta fu sostenuta dal Preside di Agraria, prof. Gian Tomma- ni. Lo superai in breve grazie all’aiuto degli amici forestali so Scarascia Mugnozza e dal prof. Giordano. La sede della Ervedo Giordano, Salvatore Puglisi, Vittorio Gualdi, Camil- sezione era presso l’Ispettorato Regionale delle Foreste lo Castellani, Enzo Avanzo, Pasquale D’Errico, già docenti (allora in via del Popolo a Potenza). Il personale era costi- della Facoltà, ma soprattutto alla sapiente e preziosa gui- tuito dai professori e ricercatori dell’Istituto di Selvicoltu- da dell’allora Preside, Prof. Gian Tommaso Scarascia Mu- ra di Bari e dall’Ispettore forestale dott. Giuseppe Cavalie- gnozza, con il quale ho avuto la fortuna di instaurare un re, che assunse la responsabilità operativa. bellissimo rapporto di fiducia, stima ed amicizia. L’essere Ricorda il prof. Giuseppe Scarascia Mugnozza, allora gio- Segretario del Consiglio di Facoltà comportava un onere vane ricercatore a Bari, oggi Direttore del Dipartimento non indifferente (i verbali delle sedute si scrivevano su fo- per la Innovazione nei Sistemi Biologici, Agroalimentari e gli protocollo!), ma nello stesso tempo mi consentiva di Forestali dell’Università della Tuscia a Viterbo: “La Sezio- conoscere le strategie di sviluppo e i nuovi programmi ne operò per circa 4-5 anni, un periodo abbastanza breve della Facoltà. Così appresi presto dell’iniziativa che coin- ma intenso e in situazioni che poi divennero molto com- volgeva la Facoltà di Agraria e la Regione Basilicata nell’is- plicate con il terremoto del 1980. Le attività di ricerca ri- tituzione di una Sezione dell’Istituto di Selvicoltura presso guardarono le analisi di immagini da aereo e da satellite, quella Regione. Con entusiasmo presi parte all’avvio della in particolare per la verifica dell’accuratezza della prima nuova iniziativa, dedicandomi in modo particolare alla ste- Carta di Uso del Suolo della Basilicata redatta da ITALECO. sura di alcuni programmi di ricerca incentrati su aspetti A tale scopo fu comprato e utilizzato un bellissimo stereo- della gestione colturale dei boschi del piano montano pre- Forest @ (2020) 17: 1-16 7
Borghetti M & Moretti N - Forest@ 17: 1-16 Forest@ – Rivista di Selvicoltura ed Ecologia Forestale Fig. 6 - La stazione speri- mentale di Lagopesole, presso il vivaio La Cera- sa, utilizzata per studi di ecofisiologia forestale dai ricercatori della se- zione Potenza-Basilicata dell’Istituto di Selvicoltu- ra di Bari; nel riquadro in basso a destra la sequo- ia, com’è oggi, piantata nei primi anni ‘80 da Giu- seppe Scarascia in pros- simità della stazione sperimentale (foto degli autori). senti in Lucania, nonché sulla produzione vivaistica e sulla avranno grande seguito e porteranno l’Istituto del CNR selezione razziale. In particolare mi piace sottolineare le da lui fondato (ora confluito nell’Istituto di Bioscienze e indagini sulla verifica, attraverso aree di saggio perma- Biorisorse, diretto da un altro genetista forestale di valo- nenti, degli effetti di diversi tipi di trattamento sull’inse- re, Giovanni Giuseppe Vendramin) a un ruolo di alto pre- diamento della rinnovazione naturale nelle faggete, consi- stigio internazionale. derando i tagli successivi (taglio di sementazione, nei bo- Possiamo senz’altro dire che la Sezione di Selvicoltura schi di Brienza), i tagli a raso su piccole superfici (nei bo- Potenza-Basilicata, in cui lavorarono fianco a fianco perso- schi di Viggiano), i tagli a scelta (per singoli alberi e/o a nalità scientifiche di primo livello, fu un precedente signi- gruppi, nei boschi di Muro Lucano). L’interesse era anche ficativo per la nascita dei corsi di Scienze Forestali presso quello di definire alcuni parametri che fossero di utilità l’ateneo lucano. E che da Lagopesole, terra di Federico II, per l’individuazione di un corretto equilibrio tra attività presero avvio importanti storie scientifiche. pastorale, ampiamente diffusa, e potenzialità produttiva del soprassuolo bosco. Particolare impegno fu poi dedica- I primi anni dei corsi forestali a Potenza to agli aspetti descrittivi della dinamica dei boschi misti Adesso facciamo un po’ di cronaca locale, lo avevamo Fagus-Abies del Monte Pollino e della foresta di Bosco Ma- annunciato. Quando, nel giugno del 1986, il primo docen- gnano. Il disastroso terremoto del 1980 è stato evento te di ruolo, Orazio la Marca, di scuola fiorentina, mise pie- decisivo sulla continuità di quasi tutte le attività didatti- de a Potenza, nella sede di via Nazario Sauro trovò una che e scientifiche che facevano riferimento alla Sezione stanza con la targhetta “Istituto di Selvicoltura”, e poco dell’Istituto di selvicoltura. Molti dati erano conservati ne- più. gli uffici distrutti dal sisma. La produzione del materiale di Ma lasciamo alle sue parole la rievocazione di quel perio- propagazione (semenzali e trapianti) per l’impianto delle do: “Ho partecipato a un concorso per prof. ordinario parcelle comparative sulle provenienze (ontano napoleta- bandito nell’agosto 1984. Ricordo che ero in vacanza e no, faggio, abete bianco), in fase di coltivazione presso il soltanto per caso ne lessi su un quotidiano. Quando ho vivaio La Cerasa di Lagopesole, fu sospesa e quindi abban- consultato la Gazzetta Ufficiale (all’epoca i concorsi erano donata. Così è accaduto per alcune parcelle di abete bian- banditi dal Ministero) ho visto che c’erano 11 posti a con- co e ontano realizzate con materiale prodotto in Toscana. corso nel settore dell’Assestamento, della Selvicoltura e La catastrofe non ha però limitato il mio interesse per i della Tecnologia del legno e Utilizzazioni forestali. La com- boschi della Basilicata, grazie ai rapporti di sincera amici- missione dichiarò idonei soltanto 9 candidati, due posti zia con le persone coinvolte nel progetto. Ho continuato non furono coperti. Ho preso servizio come professore a frequentarla: alcuni risultati preliminari sul trattamento straordinario a Potenza il 6 giugno 1986, mi accompagnò delle faggete e dei boschi misti abete-faggio del Pollino l’allora dott. Nicola Moretti. Il primo impatto fu abbastan- sono apparsi su tesi e lavori a stampa. Una nuova parcella za traumatico: ero l’unico docente strutturato dell’allora comparativa di provenienze di faggio, inserita in un pro- Istituto di Selvicoltura cui afferivano le aree dell’Assesta- getto europeo, è oggi presente nel territorio comunale di mento, della Tecnologia del legno e delle Utilizzazioni fo- Pignola e può rappresentare materiale di studio di grande restali. Tutti gli altri Istituti della Facoltà avevano locali, at- interesse se correlata allo studio degli effetti dei cambia- trezzature e personale. L’Istituto di Selvicoltura aveva menti climatici. Ho percorso a lungo i boschi della Valle una stanza, una scrivania, un armadio e due sedie. I do- del Sinni e le pendici del Pollino perché per interpretare il centi che avevano tenuto gli insegnamenti erano tutti a linguaggio della foresta è indispensabile farne parte. Re- contratto e provenivano per lo più dall’Amministrazione sta profondo il senso di tristezza per la drammatica inter- forestale e dall’Università di Bari. Ricordo che l’allora dot- ruzione di una così efficace iniziativa che possedeva tra toressa Tartarino, ritengo inquadrata come ricercatrice a l’altro un alto contenuto formativo. Credo che questo fat- Bari, aveva tenuto per contratto l’insegnamento di Den- to sia stato riconosciuto e che abbia contribuito alla rea- drometria. Nonostante io avessi vinto la Cattedra di Den- lizzazione di un Corso di Laurea in Scienze Forestali pres- drometria, ritenni opportuno che completasse il corso so l’Università della Basilicata”. con qualche esercitazione che facemmo nella Foresta di Anche in questo caso, una doverosa aggiunta: le ricer- Fossacupa, vicino a Potenza. Per prima cosa l’Istituto di che di genetica forestale promosse dal prof. Giannini Selvicoltura prese a noleggio una macchina da scrivere! I 8 Forest@ (2020) 17: 1-16
Basilicata, terra di boschi e studi forestali personal computer già esistevano, ma non c’erano le risor- di assestamento del corso di laurea se ne potesse fare a Forest@ – Rivista di Selvicoltura ed Ecologia Forestale se per l’acquisto. Quando arrivò da pagare una fattura per meno. Ricordo un’assemblea degli studenti piuttosto agi- l’acquisto di una cella climatica sui fondi dell’Istituto si ca- tata nel corso della quale fu ribadita l’obbligatorietà delle pì che i fondi assegnati venivano spesi per acquisti da par- esercitazioni pratiche, per la stessa validità dei corsi. La te di altri Istituti. Naturalmente le somme furono restitui- Regione se ne fece carico e, quando il funzionario che te. A novembre del 1986 proposi al Consiglio di Facoltà di partecipò alle prime esercitazioni nelle foreste di Camal- conferire gli incarichi di insegnamento per lo più a giovani doli e di Vallombrosa si rese conto della loro utilità, fece laureati che si erano distinti per qualche ricerca o per una relazione decisamente positiva. Per gli anni successivi esperienze nella professione forestale. Non fui esente da non ci furono problemi per finanziare le esercitazioni. Do- pesanti critiche da parte dei colleghi che parteggiavano po poco tempo dalla mia presa di servizio fu espletato un per mantenere lo status quo ante. Ricordo che per quel- concorso da ricercatore di cui risultò vincitore il dott. Do- l’anno e per gli anni successivi (all’epoca non erano anco- menico Pierangeli. Dopo estenuanti insistenze per ottene- ra attivi tutti gli anni del Corso di laurea) proposi al Consi- re un amministrativo, fu assegnato all’Istituto di selvicol- glio di Facoltà di conferire incarichi di insegnamento a tura il geom. Domenico Mastromatteo, rivelatosi ottimo Agostino Ferrara, Piermaria Corona, Giovanni Sanesi, Fe- collaboratore amministrativo e factotum per l’Istituto di derico Maetzke, Rocco Manzari, Vittorio Leone, Remo selvicoltura, il quale vinse poi un concorso per tecnico ed Bertani, Michele Lopinto, Marco Borghetti, Lucio Borto- entrò a far parte dell’organico dell’Istituto. Durante la mia lotti, Stefano Quartulli, unico fra questi che fosse docente permanenza a Potenza fu espletato un concorso per pro- strutturato presso l’Università di Bari [N.d.A.: verso il fessore associato. Tra i vincitori ci fu il prof. Vittorio Leone prof. Quartulli uno degli autori ha nutrito sentimenti di che prese servizio a Potenza nel 1987” [N.d.A.: del Prof. amicizia e affetto: ricorda con rimpianto le fruttuose col- Leone, illustre socio-ecologo degli incendi boschivi e selvi- laborazioni, le giornate passate insieme, in bosco, in labo- coltore, tuttora in piena attività, entrambi gli autori ricor- ratorio, a zonzo qua e là]. In un secondo momento venne dano la profondità di pensiero e la competenza scientifi- conferito un incarico di insegnamento al prof. Andrea Fa- ca. Fra i tanti ricordi: gli occhi che si illuminavano quando miglietti, ordinario presso l’Università di Padova. Il dott. si aveva notizia di qualche consistente incendio di boschi: Moretti fece parte del personale che lavorava in Istituto e «presto, andiamo, si possono raccogliere dati interessan- venne retribuito per lo più con i proventi di consulenze e tissimi»; lo spiccato senso dell’orientamento, che gli pro- di prestazioni in conto terzi e con contratti su fondi di ri- vocò qualche difficoltà a reperire la strada e tornare al cerca. Subito dopo la laurea venne a Potenza anche il pulmann, al termine di una esercitazione didattica al Bo- dott. Antonio Saracino che si stabilì a Potenza e diede un sco Magnano, lungo il sentiero del Torrente Peschiera, at- sostanzioso contributo alla crescita dell’Istituto. Un altro trezzato per non-vedenti e iper-segnalato]. collaboratore fu Michele Pisante quando ancora era stu- Aggiungiamo solo poche cose al racconto di la Marca. La dente iscritto al Corso di laurea in Scienze forestali. Tutti facoltà di Agraria si era effettivamente avviata a partire venivano retribuiti con notule su fondi di ricerca e su fon- dall’anno accademico 1983/84, grazie a un comitato ordi- di derivanti da prestazioni in conto terzi. Dopo aver co- natore formato dai proff. Orlando Montemurro, Carmine perto gli insegnamenti, in qualità di Direttore dell’Istituto Noviello e Gian Tommaso Scarascia Mugnozza; dopo il (ma ero anche assistente, contabile e bidello), grazie a biennio di corsi di base, nell’anno accademico 1985/86 una dotazione straordinaria di cui avevano goduto anche c’era la necessità di iniziare gli insegnamenti specificata- gli altri Istituti, mi sono dedicato all’acquisto di attrezzatu- mente forestali, ma a Potenza non c’era ancora nessuno re e ho rivendicato con forza l’assegnazione di personale di ruolo. docente, ricercatore e tecnico. Non essendo possibile Ci fu quindi il bisogno di ricorrere a docenti a contratto avere assegnati locali da sottrarre ad altri Istituti, fu sacri- che, provenendo da altre sedi, dall’ambiente ministeriale ficata un’aula che, suddivisa con pareti attrezzate, costituì o da quello professionale, approdarono a Potenza e offri- la base dell’allora Istituto di selvicoltura. Un’ulteriore ac- rono agli studenti il sapere che possedevano. Pare giusto quisizione fu il laboratorio di tecnologia del legno, con an- ricordare almeno i primi, furono: Patrizia Tartarino per nesse attrezzature, erroneamente assegnato all’Istituto l’insegnamento di Dendrometria, Donato Forenza per di costruzioni. Nel frattempo ero stato nominato Presi- quello di Protezione dagli Incendi Boschivi, Michele Lopin- dente del Corso di Laurea in Scienze Forestali. Tra le dota- to per quello di Selvicoltura generale, Rocco Manzari per zioni didattiche fu progettato un arboreto su di un terre- quello di Legislazione forestale e Alfredo Curto per quello no concesso dalla Regione Basilicata nel demanio regio- di Tecnologia del Legno ed Utilizzazioni Forestali. Certa- nale di Gallipoli Cognato. In quello stesso periodo fu re- mente aiutò alla generale soddisfazione il fatto che questi datto un regolamento per la realizzazione di un centro di- contratti di insegnamento fossero ben pagati. Questo dattico nei pressi di Lagopesole. Qui esisteva una struttu- non è stato detto: se poche erano le attrezzature iniziali, ra antisismica che nei progetti dell’epoca avrebbe dovuto la dotazione finanziaria messa a disposizione dei nascenti ospitare un centro del CNR richiesto dai colleghi dell’uni- istituti non era per niente male, soprattutto se confronta- versità di Bari. Si trattava di una struttura inutilizzata, che ta con quella di oggi. aveva perfettamente resistito al terremoto. Fu redatto un Negli anni successivi la platea dei docenti si allargò ad al- progetto per impiantare parcelle sperimentali sul modello tri nomi, quelli che la Marca elenca, giustamente fiero di esistente a Vallombrosa e di quanto avevo visto a Nancy aver adottato una scelta di coraggiosa apertura dell’am- in Francia. Il Consiglio di Facoltà non approvò questa ini- biente accademico. Diversi di questi erano allora giovani ziativa, ne fui personalmente amareggiato. Capii che nu- ricercatori, attivi e bene inseriti nell’ambiente scientifico merosi colleghi erano gelosi dell’efficienza di questo gio- nazionale, che portarono in Basilicata il loro entusiasmo e vane istituto, dell’entusiasmo e dell’impegno che i giovani il loro, si dice così, know-how. Quando, all’ora del caffè, ci docenti manifestavano nel loro lavoro, nell’apprezzamen- capita di parlare con chi a quel tempo fu studente – e che to da parte degli studenti che sempre più facevano riferi- ora è diventato collega – affiora memoria della piacevole mento all’Istituto di selvicoltura. Già dal mio primo anno vivacità intellettuale di quel periodo: siamo consapevoli di insegnamento a Potenza ottenni che le esercitazioni di- che il nostro ricordo ha il pregio/difetto di diventare iper- dattiche, in conformità con l’ordinamento didattico del trofico e auto-benevolente, ma un fondo di verità c’è. nostro corso di laurea, avessero luogo per poter conside- Uno di questi docenti di allora è ancora con noi, e con rare conclusi gli insegnamenti. Fu una battaglia piuttosto noi ha diviso ogni giorno, serate comprese, di questi quasi dura in quanto si voleva accreditare la tesi che nella fase trent’anni: “Due ricordi, su tutti, di quei primissimi anni: la Forest @ (2020) 17: 1-16 9
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