Consiglio Nazionale dei Geologi - 22 febbraio 2018 - Consiglio Nazionale dei ...

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Consiglio Nazionale dei Geologi

          22 febbraio 2018
Consiglio Nazionale dei Geologi - 22 febbraio 2018 - Consiglio Nazionale dei ...
Quotidiano   Data     22-02-2018
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22/2/2018                                     Osservatorio Ance: «Nel 2017 costruzioni ancora ferme, la ripresa è rinviata al 2018»

            22 Feb 2018

            Osservatorio Ance: «Nel 2017 costruzioni
            ancora ferme, la ripresa è rinviata al 2018»
            Alessandro Arona

            Un 2017 «deludente», con il settore costruzioni che ha visto sfumare le previsioni di crescita di
            un anno fa e ha registrato il decimo anno di calo consecutivo, seppure solo dello 0,1%; una
            frenata causata in gran parte dalla mancata trasformazione in cantieri dei maggior fondi per le
            infrastrutture stanziati nella legge di Bilancio (+23%).
            E le previsioni di ripresa del settore che slittano così di un anno, sul 2018, con stime di una
            crescita in valore reale del 2,4%, distribuita su tutti i comparti.

            È quanto emerso dall'Osservatorio congiunturale Ance sull'industria delle costruzioni,
            presentato il 21 febbraio presso la sede nazionale dell'Associazione nazionale costruttori edili.

            UN 2017 DELUDENTE
            Il 2017, dopo dieci anni di recessione continua, poteva essere l'anno della ripresa nel settore
            delle costruzioni, grazie agli stanziamenti statali per opere pubbliche aumentati lo scorso anno
            del 23%. Ma l'anno di crescita potenziale «è andato in fumo», ha sottolineato con rammarico
            l'Ance nell' Osservatorio.
            «A inizio anno avevamo calcolato un +0,8% - ha spiegato il presidente Gabriele Buia - ma i dati
            a consuntivo segnano -0,1%».
            «Il grande colpevole di questo cambio di segno - ha spiegato Flavio Monosilio, direttore Affari
            economici dell'Ance - è la frenata persistente dei lavori pubblici nel 2017: da una parte l'effetto
            Codice, che ha frenato i bandi nel 2016 e quindi i cantieri nel 2017; poi i Comuni che non sono
            riusciti a sfruttare l'addio al Patto di stabilità e ancora nel 2017 hanno ridotto la spesa per lavori
            pubblici di 800 milioni (-7,4%); infine la burocrazia che ha impedito agli stanziamenti del
            governo di diventare cantieri».

            LA DENUNCIA DI BUIA (PRESIDENTE ANCE)
            «In dieci anni - ha detto il presidente Ance, Gabriele Buia - abbiamo perso 100mila imprese e
            quasi 600mila posti di lavoro. Il nostro grande problema è che gli stanziamenti per lavori
            pubblici (rilevanti, diamo atto al governo uscente) non diventano investimenti, spesa effettiva,
            cantieri. Passano anni dagli stanziamenti ai cantieri, non si può andare avanti così». «Stiamo
            morendo di burocrazia - ha aggiunto - ma non vogliamo buttare il Codice appalti 2016 nel
            cestino. Chiediamo però al prossimo legislatore di sedersi a un tavolo insieme a noi per risolvere
            le molte problematiche ancora aperte nel Codice».
            «Il settore - ha spiegato Buia - è poi penalizzato da ritardi nei pagamenti che viaggiano ancora
            in media sui 100 giorni, a cui si aggiunge lo Split Payment che drena liquidità dalle imprese. E
            poi un sistema bancario che non ci è più amico come una volta». «Serve - ha poi sollecitato il
            presidente Ance passando alle proposte - una normativa che consenta finalmente di fare
            riqualificazione urbana, che consenta cioè la demolizione e ricostruzione».
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22/2/2018                                     Osservatorio Ance: «Nel 2017 costruzioni ancora ferme, la ripresa è rinviata al 2018»

            PREVISIONI 2018, FINE DELLA RECESSIONE
            Il 2018 può rappresentare l'anno di svolta per le costruzioni, con una crescita degli investimenti
            in valore reale del 2,4% dopo dieci anni di recessione, che hanno tolto al settore il 36,5% del suo
            valore (sempre depurato dall'inflazione). È quanto emerge dall'Osservatorio congiunturale Ance.
            La previsione sul 2018 (+2,4%) è superiore alle stime della stessa Ance fatte nell'Osservatorio del
            luglio scorso (+1,5%) e si fonda sui calcoli dell'effetto dei programmi infrastrutturali del governo
            (+2,5% la stima sugli investimenti effettiv in lavori pubblici nel 2018) e del potenziamento dei
            bonus fiscali sugli interventi privati anti-sismici e di riqualificazione energetica (+1,3% della
            manutenzione straordinaria), oltre alla ripresa - dopo un crollo in dieci anni del 64% - della
            nuova costruzione residenziale (+2,8%).

            L'Ance sottolinea tuttavia il ritardo della ripresa nelle costruzioni rispetto agli altri settori
            dell'economia italiana: mentre il Pil è in crescita dal 2015 (+0,8%), seguito dal +0,9% del 2016 e
            +1,5% del 2017 (l'Istat prevede per quest'anno + 1,4%), gli investimenti in costruzioni hanno
            continuato a perdere valore per dieci anni consecutivi, per un totale del -36% in valori reali.
            Secondo l'Ance, «in assenza del crollo osservato negli investimenti in costruzioni» anche negli
            ultimi anni, «l'economia italiana avrebbe potuto crescere, mediamente, di circa lo 0,5% in più
            ogni anno, riportandosi ai livelli pre-crisi, similmente a quanto accaduto nei principali Paesi
            europei». «È del tutto evidente - prosegue l'Ance - che la distanza dai ritmi di crescita europei
            potrebbe essere notevolmente ridotta aumentando il ruolo degli investimenti in costruzioni».

            Tornando ai dati, le previsioni Ance tengono conto dell'impatto sui livelli produttivi delle misure
            contenute nella Legge di Bilancio 2018, finalizzate al rilancio degli investimenti infrastrutturali e
            degli incentivi fiscali legati al sismabonus ed ecobonus destinati ad interi edifici, che possono
            dare un reale avvio a un diffuso piano di prevenzione del rischio sismico e di ammodernamento
            del patrimonio edilizio italiano. In questo scenario, nel dettaglio dei singoli comparti, l'Ufficio
            studi Ance prevede un ulteriore aumento dell'1,3% per gli interventi di manutenzione
            straordinaria sullo stock abitativo e un significativo incremento del 3,7% per gli investimenti in
            costruzioni non residenziali private. Anche per gli investimenti in nuove abitazioni la previsione
            è di un primo segno positivo, del +2,8% rispetto al 2017. Su tale risultato incidono gli andamenti
            positivi rilevati nei permessi di costruire dell'ultimo biennio.

            Una delle "locomotive" delle costruzioni per il 2018 sarà secondo l'Ance il comparto dei lavori
            pubblici, previsto in rialzo "reale" del 2,5%. Si tratta di una stima prudenziale - osserva l'Ance -
            basata su un possibile rialzo dei livelli produttivi nella seconda metà dell'anno, presupponendo
            che le misure di sostegno degli investimenti possano finalmente produrre i primi effetti. «È
            auspicabile - scrive inoltre l'Ance nell'Osservatorio - che gli Enti Locali abbiano finalmente
            assimilato le nuove regole di finanza pubblica (superamento del Patto di Stabilità Interno e
            conferma dei meccanismi di utilizzo degli spazi finanziari) e siano in grado, quindi, di
            riprendere una politica degli investimenti stabile e regolare. L'approvazione a fine 2017 del
            Contratto di Programma Anas 2016-2020, e la prosecuzione dell'iter approvativo del Contratto
            di Programma Rfi 2017-2021 potranno garantire l'avvio di importanti investimenti nei prossimi
            anni».

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22/2/2018                                     Edilizia libera, ecco la lista nazionale degli interventi che non richiedono Cila e Scia

            22 Feb 2018

            Edilizia libera, ecco la lista nazionale degli
            interventi che non richiedono Cila e Scia
            Massimo Frontera

            Opere di manutenzione o di rifinitura, sostituzione infissi, controsoffitti, installazioni
            servoscala. Un piccolo esempio delle varie opere di edilizia privata elencate "glossario" unico
            nazionale degli interventi di edilizia libera, cioè quelli che non sono così rilevanti da richiedere
            una Cil o una Cila e tanto meno una Scia o un permesso di costruire.
            Il glossario viene approvato con uno schema di decreto Mit-Semplificazione che oggi, salvo
            imprevisti, riceverà l'ok in conferenza unificata. Si tratta del decreto di attuazione del dlgs
            222/2016 sulle attività e i procedimenti edilizi (articolo 1, comma 2).

            L'elenco ha l'utilità di pratica di attestare e confermare nel dettaglio gli interventi per i quali si
            può procedere senza avviare procedure edilizie di alcun tipo. Cosa che dovrebbe contribuire a
            chiarire le idee a cittadini e tecnici, oltre che aiutare a dirimere discussioni condominiali. Il
            glossario non richiede un recepimento da parte delle regioni o dei Comuni, ma diventa
            operativo con la pubblicazione in «Gazzetta».
            L'elenco non è "esaustivo" ma resta aperto a eventuali future integrazioni. La tabella del
            glossario contiene la definizione dell'intervento e i riferimenti normativi.

            Nella conferenza unificata di oggi il dipartimento per la Semplificazione di Palazzo Chigi porta
            anche i tracciati in formato xml di tutti i moduli standard per l'edilizia finora approvati e
            adottati da Regioni e Comuni. Il formato xml consente al Comune di recepire più facilmente il
            modulo attraverso il formato digitale.
            Sempre in conferenza unificata il dipartimento per la Semplificazione porta quattro moduli
            standard per la segnalazione di quattro diverse attività economiche: commercio all'ingrosso,
            imprese di pulizia e derattizzazione, agenzie d'affari e facchinaggio.
            Diversamente dal "glossario", che richiede l'intesa in conferenza unificata, per questi due punti
            all'ordine del giorno è previsto solo l'accordo.

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22/2/2018                                 Gli ordini professionali possono disapplicare le indicazioni dell'Anac in materia di trasparenza

            22 Feb 2018

            Gli ordini professionali possono disapplicare
            le indicazioni dell'Anac in materia di
            trasparenza
            Giuseppe Latour

            Gli ordini professionali nazionali e locali possono scegliere di disapplicare le indicazioni Anac in
            materia di trasparenza. E, quindi, non pubblicare i dati su compensi e spese di viaggio dei loro
            organi di vertice, motivando però la loro decisione ed esponendosi al rischio di possibili
            sanzioni. È il senso della sentenza del Tar Lazio 1734 del 2018, nella quale i giudici
            amministrativi hanno analizzato il ricorso presentato dal presidente del Consiglio nazionale
            forense, Andrea Mascherin sull'estensione degli adempimenti che discendono dalle legge
            Severino (in particolare, dal Dlgs 33/2013). La questione riguarda la determinazione dell'Anac n.
            241 del 2017, che analizza gli obblighi in materia di trasparenza per chi ricopre incarichi
            pubblici. Quelle linee guida, secondo quanto spiegava l'Autorità, sono applicabili anche agli
            ordini professionali. Questo vuol dire che per incarichi di amministrazione, di direzione o di
            governo andranno pubblicati i compensi di qualsiasi tipo, percepiti a carico della finanza
            pubblica, le spese di viaggio e di missione.Contro questa interpretazione ha presentato ricorso il
            presidente del Cnf, chiedendo lo stralcio di quella porzione della linea guida dedicata proprio
            agli ordini.

            La sua posizione è, nella sostanza, che questi obblighi si applicano solo ai titolari di incarichi
            politici di Stato, Regioni ed enti locali. Anche perché gli ordini sono fuori dall'elenco Istat che
            definisce i confini della Pa. A questi argomenti ha risposto l'Anac, spiegando che le linee guida
            in questione hanno carattere non vincolante e che, quindi, sono prive di qualsiasi contenuto
            lesivo. Il ricorso, allora, non sarebbe ammissibile.Il Tar dà ragione all'Autorità, accogliendo
            l'eccezione di inammissibilità. Ma, di fatto, apre uno spazio alla possibilità di disapplicare gli
            obblighi di trasparenza. I giudici fanno, cioè, proprie le ragioni già espresse dal Consiglio di
            Stato, spiegando che «le linee guida in questione costituiscono un atto non regolamentare
            mediante il quale l'Anac chiarisce la portata applicativa» della norma. Se vogliono, quindi, gli
            ordini potranno «discostarsi dalle linee guida mediante atti che contengano un'adeguata e
            puntuale motivazione, anche a fini di trasparenza, idonea a dar conto delle ragioni della diversa
            scelta amministrativa». Dalle indicazioni dell'Anac, in questo caso, non discende allora un
            obbligo diretto. Anche se, in futuro, l'Autorità potrà scegliere di sanzionare gli ordini che non
            pubblicano i dati. E questi potranno rispondere con un nuovo ricorso.

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22/2/2018                            «Rispettare il contratto nazionale edilizia nei cantieri Anas». Intesa tra i sindacati edili e la società strade

            22 Feb 2018

            «Rispettare il contratto nazionale edilizia nei
            cantieri Anas». Intesa tra i sindacati edili e
            la società strade
            Alessandro Arona

            Più sicurezza sui cantieri, più prevenzione dalle infiltrazioni mafiose, più rispetto dei diritti dei
            lavoratori (a partire da quello di essere pagati). Con questi tre macro-obiettivi l'Anas e le
            organizzazioni sindacali dell'edilizia hanno siglato il 21 febbraio a Roma, nella sede della società
            strade, un protocollo di intesa che istituisce e regola un nuovo «sistema di relazioni» tra le parti,
            a livello nazionale, territoriale e sui singoli cantieri.
            La firma è stata apposta dall'amministratore delegato di Anas Gianni Vittorio Armani e i
            segretari generali di Feneal Uil Vito Panzarella, Filca Cisl Franco Turri e Fillea Cgil Alessandro
            Genovesi, alla presenza del Ministro delle Infrastrutture e Trasporti, Graziano Delrio. L'accordo
            riguarda tutti gli appalti con un importo superiore ai 50 milioni di euro.

            L'effettivo rispetto del contratto collettivo nazionale dell'edilizia nei lavori pubblici è
            l'elemento chiave del protocollo. «Il settore delle costruzioni sta diventando una specie di
            giungla», ha detto il segretario generale della Filca Cisl Franco Turri. Il nodo, spiegano i
            sindacati, è la "fuga dal contratto" dell'edilizia, l'utilizzo sempre più ampio di contratti con
            retribuzioni, regole e garanzie molto più bassi, come quello "multiservizi". «Questo accordo con
            l'Anas - spiega Vito Panzanella, segretario generale Feneal Uil - è importante per far sì che le
            imprese garantiscano i perimetri contrattuali». «Diamo atto all'Anas - aggiunge Alessandro
            Genovesi, segretario generale Fillea Cgil - di aver migliorato l'accordo che già facemmo nel
            2006. Hanno preso la parte migliore del Codice appalti 2016, si sono assunti responsabilità in
            più».

            Nel protocollo Anas e i sindacati dell'edilizia si impegnano a istituire un sistema di relazioni in
            materia di sicurezza, igiene e ambiente di lavoro nonché di coinvolgere le strutture sanitarie
            pubbliche perché definiscano un piano di presidi sanitari di intervento e pronto intervento per
            potenziare la tutela della sicurezza nei cantieri. In merito ai diritti dei lavoratori, Anas si
            impegna a inserire nei propri contratti la previsione dell'obbligo per le imprese aggiudicatarie di
            garantire i diritti dei propri lavoratori e dei lavoratori dipendenti da eventuali imprese
            subappaltatrici.
            Anas inserirà nell'apparato contrattuale con le imprese di costruzione specifiche clausole a
            tutela dei lavoratori (definite all'interno del protocollo), con particolare attenzione al tema del
            corretto rispetto dei perimetri contrattuali, favorendo infine il ricorso alle clausole sociali a
            tutela dell'occupazione.

            L'obiettivo è anche «assicurare la massima tempestività e celerità nell'esecuzione dei lavori», nel
            pieno rispetto delle norme sul lavoro e dei contratti collettivi di categoria. Nel protocollo si

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22/2/2018                            «Rispettare il contratto nazionale edilizia nei cantieri Anas». Intesa tra i sindacati edili e la società strade

            stabilisce fra l'altro che «in caso di ritardo nel pagamento delle retribuzioni relativo a personale
            dipendente dell'affidatario o del subaffidatario», previa diffida, «la stazione appaltante
            provvederà al pagamento anche in corso d'opera direttamente ai lavoratori le retribuzioni
            arretrate». Anche questa, come quasi tutte le disposizioni del protocollo di intesa, sono norme
            già previste dalla legge. L'obiettivo del protocollo è dunque sancirne l'importanza e varare un
            sistema di relazioni azienda-sindacati periodico e regolato in modo tale che il rispetto delle
            norme su lavoro, sicurezza, regolarità contributiva, prevenzione antimafia, siano realmente
            rispettate.

            «Il buon rapporto con i lavoratori, il rispetto del contratto nazionale dell'edilizia e delle regole
            sulla sicurezza, diventerà sempre di più uno degli elementi per valutare l'affidabilità e la serietà
            delle imprese di costruzione a cui affidiamo appalti». Lo ha detto l'ad dell'Anas Gianni Vittorio
            Armani prima della firma del protocollo con i sindacati dell'edilizia. «Nell'impossibilità attuale
            di chiedere garanzie reali alle imprese - ha aggiunto Armani - inseriremo nei contratti specifiche
            clausole che impegnino le imprese a rispettare i contratti e farli rispettare ai subappaltatori. La
            riduzione dello stipendio e delle regole non può essere un vantaggio competitivo per le
            imprese».

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22/2/2018                            Delrio: «Faremo il decreto sulla qualificazione delle stazioni appaltanti. Bene il sistema delle liste Rfi»

            22 Feb 2018

            Delrio: «Faremo il decreto sulla
            qualificazione delle stazioni appaltanti. Bene
            il sistema delle liste Rfi»
            A.A.

            «Il Dpcm per la qualificazione delle stazioni appaltanti, previsto dal Codice appalti, sarà
            approvato da questo governo entro poche settimane». Lo ha detto il Ministro delle Infrastrutture
            Graziano Delrio ieri (21 febbraio) all'Anas, in occasione della firma dell'intesa Anas-sindacati.
            «Stiamo lavorando all'intesa con le autonomia locali sul testo che abbiamo preparato, sono
            fiducioso che l'iter sarà completato. Le stazioni appaltanti si ridurranno da 36mila a novemila. I
            lavori pubblici ripartono se si riduce la burocrazia, è vero, ma anche se si riduce la corruzione, se
            si riduce la litigiosità con le imprese, se si rafforzano e si riducono le stazioni appaltanti».

            «Sono d'accordo con l'Ad dell'Anas Gianni Armani - ha aggiunto Delrio - sul fatto che le stazioni
            appaltanti principali, tra cui l'Anas debbano avere più autonomia, più potere nella scelta delle
            imprese appaltanti, per selezionare quelle più affidabili». «Il sistema di accreditamento di un
            pool di imprese - ha proseguito - quello che sta usando Rfi, mi pare che funzioni bene, come
            accade in molti paesi europei».
            Il tema dell'inaffidabilità delle imprese e del rallentamento nei cantieri per crisi aziendali era
            stato posto nei giorni scorsi da Armani in una intervista a «Edilizia e Territorio». Le imprese
            avevano però risposto (intervista a Buia) che i problemi nascono proprio dalle inadempienze
            della Pa nei pagamenti e nella soluzione dei contenziosi, e dal sistema dello Split payment che
            toglie liquidità alle imprese.

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22/2/2018                                Cresme, mille miliardi di euro il valore «potenziale» degli interventi antisismici sugli edifici

            22 Feb 2018

            Cresme, mille miliardi di euro il valore
            «potenziale» degli interventi antisismici
            sugli edifici
            A.A.

            In Italia gli edifici che ricadono nelle zone sismiche a rischio 1, 2 e 3 sono 11,1 milioni, di cui 9,3
            milioni di fabbricati residenziali (per 17 milioni di abitazioni). Negli edifici residenziali, nelle
            abitazioni occupate, vivono circa 20,4 milioni di famiglie, pari a una popolazione di 48 milioni di
            abitanti (l'80% degli italiani). Sulla base di questi dati (Istat e Protezione civile), il Cresme,
            insieme all'Isi (Ingegneria sismica italiana) ha stimato - sulla base dell'età degli edifici, lo stato
            medio di manitenzione, le tecniche e materiali impiegati per la costruzione, e dei costi medi di
            intervento (in relazione al livello di vulnerabilità) - che gli investimenti "potenzialmente
            attivabili" per la riduzione del rischio sismico degli edifici che insistono nelle zone 1, 2 e 3, oscilla
            fra 900 e 1.000 miliardi di euro.

            Parliamo di miliardi, non milioni, una cifra pari dunque a circa due terzi del Pil italiano. Tale per
            cui se tutti gli aventi diritto chiedessero il sismabonus, calcolando un'aliquota media del 65%
            (oscilla in realtà dal 50 all'85%), detraibile in 5 anni, questo comporterebe un costo per lo Stato
            di 130 miliardi di euro all'anno per cinque anni, l'8% di deficit/Pil in più all'anno.

            Cifre fantasmagoriche, che però danno l'idea del fabbisogno potenziale della messa in sicurezza
            anti-sismica in Italia. E anche del potenziale attrattivo dei super-bonus messi in campo dal 2017
            e ancora più da quest'anno, fino al 2021.

            Esistono però dei freni allo sviluppo dell'azione, uno di questi è il deficit di conoscenza circa
            "cosa" e "come" fare per migliorare la sicurezza sismica degli edifici. In questo contesto, Cresme
            e Isi hanno deciso di mettere a disposizione le proprie competenze, attraverso uno studio che
            permette di conoscere: il numero di persone e immobili in zone a rischio sismico nelle provincie
            italiane; le modalità per misurare la classe di rischio degli immobili; le modalità per beneficiare
            degli incentivi fiscali; le tecnologie oggi disponibili per ridurre il rischio in caso di terremoti; un
            abaco di prodotti disponibili.

            Il Rapporto «Incentivi e riduzione del rischio Sismico in Italia: cosa fare, come fare»,
            realizzato appunto da Cresme e Isi (in collaborazione, in materia finanziaria, di
            Harley&Dickinson), è stato presentato il 6 febbraio a Modena e ieri (21 febbraio) a Roma, presso
            l'Acquario Romano, e successivamente lo sarà a Macerata. Lo studio e i convegni di
            presentazione hanno l'obiettivo di fornire a progettisti, amministratori locali, proprietari,
            gestori immobiliari, amministratori condominiali e imprese delle costruzioni un quadro
            dettagliato sulla dimensione complessiva delle attività potenzialmente realizzabili e sul quanto e
            come fare per adeguare gli immobili al rischio sismico.

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22/2/2018                                Cresme, mille miliardi di euro il valore «potenziale» degli interventi antisismici sugli edifici

            FOCUS LAZIO
            L'Italia Centrale comprende molte zone ad elevata sismicità, in particolare lungo l'Appennino.
            Nel periodo più recente l'intera area è stata caratterizzata da eventi sismici tragici. Nel passato la
            stessa città di Roma ha subito terremoti di una certa intensità, frequentemente a causa della
            propagazione dall'Appennino Centrale e dalla falda del Fucino. Basti ricordare che nell'antichità,
            i sismi fra il VI e IX secolo prima, quello del 1349 poi, hanno caratterizzato le forme ancora
            attuali di alcuni monumenti, il più conosciuto di tutti è il Colosseo che subì il collasso delle
            arcate esterne del lato sud. Nel secolo scorso, inoltre, nel Lazio, hanno provocato sensibili danni
            gli eventi del 1915 di Avezzano e, successivamente, quelli dei Colli Albani (1927), di Norcia (1979),
            Val Comino (1984). Ma il Lazio è stato tragicamente colpito soprattutto dal recentissimo
            terremoto dell'agosto 2016 (nel Reatino), con le sue 298 vittime, 17.000 senzatetto e una stima
            dei danni pari a 23,5 miliardi.
            NelLazio, oltre 114mila abitanti vivono in zona ad elevata pericolosità sismica (zona 1); e oltre 1,8
            milioni in zona a media pericolosità (zona 2), 1 milione solo nella provincia di Roma.
            Se consideriamo le aree contemplate dagli incentivi fiscali per gli interventi di miglioramento
            antisismico, nel Lazio si contano 950mila edifici, di cui oltre 800mila ad uso abitativo con quasi
            2,8 milioni di alloggi. Nella sola provincia di Roma, gli edifici esistenti nelle zone 1, 2 e 3 sono
            complessivamente 464mila. I fabbricati residenziali sono 394mila con oltre 1,9milioni di
            abitazioni.

            E' evidente che solo una parte di questi edifici possono essere considerati ad elevata e media
            vulnerabilità, tuttavia si ricorda che i fabbricati residenziali realizzati prima degli anni '60, nel
            Lazio nelle zone 1,2 e 3, sono 261mila (il 33% del totale costruito) e sono quelli considerabili a
            maggior vulnerabilità, dovuta principalmente ai periodi storici che hanno caratterizzato questa
            edilizia (le due ricostruzioni post belliche e l'avvio della ‘frenetica' espansione edilizia). Essi sono
            prevalentemente (l'83%) in muratura portante (pietra o laterizio).
            Altri 300mila sono gli edifici realizzati fra il 1960 e l'80, in assenza quindi di norme sismiche o
            in presenza di norme sismiche assai deboli.

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22/2/2018                                                 La casa prefabbricata? Può essere pronta anche in poche ore

            22 Feb 2018

            La casa prefabbricata? Può essere pronta
            anche in poche ore
            Maria Chiara Voci

            Nascono come sfide alla contemporaneità. Sono progettate a moduli. Si montano e si smontano.
            Addirittura si piegano e si portano via. Sono flessibili, antisismiche e si costruiscono, in certi
            casi, in poche ore. Sono capaci di adattarsi al contesto e autosufficienti (almeno per l’energia
            elettrica vivono staccate dalla rete). In certi casi, sono persino senza fondamenta. Al punto che
            c’è chi ha scelto di installarle al centro di una piazza affollata.
            Sono però veri e propri edifici. Case residenziali ma non solo. Prototipi innovativi che, nell’idea
            progettuale, hanno l’obiettivo di durare nel tempo, anche per sempre. Villette “da costruire in un
            giorno”, che rappresentano l’avanguardia di una nuova generazione di edilizia. Dove la
            prefabbricazione, l'autonomia, il riciclo e il risparmio di suolo sono i parametri del confronto.
            Le esperienze sono cresciute anche in Italia, ad opera di architetti e ingegneri che hanno colto
            una scommessa. Partiamo da una collaborazione Nord-Sud. Madi (Modulo Abitativo
            Dispiegabile) è una casa pieghevole made in Italy, sviluppata dall’architetto Renato Vidal con il
            sostegno dell’azienda abruzzese AreaLegno (che l’ha brevettata e messa in commercio). Si
            avvolge – letteralmente – su se stessa, quasi come una tenda da campeggio, ma una volta aperta
            è un’abitazione vera e propria, dotata di tutti i comfort e le tecnologie; è antisismica e certificata
            sotto l’aspetto del consumo di energia. Il materiale di base è il legno: il modulo si può costruire
            in appena sei ore con l’ausilio di tre persone e il costo parte da 28mila euro per la versione più
            piccola, di 27 metri quadrati. Ma è già progettata per metrature ben più ampie. Il vero vantaggio
            è che Madi può essere appoggiata (almeno per installazioni temporanee) anche senza
            fondamenta, può essere in alternativa ancorata a una struttura semi-permanente e può essere
            off-grid, completamente autosufficiente, grazie all’integrazione di pannelli solari, fotovoltaici,
            sistemi di acque grigie e illuminazione a Led. Il pensiero è diventato impresa.
            Autonoma, in legno e pensata anche per raggiungere metrature sopra i 130 metri quadrati è
            anche LeapHome, idea dell’azienda torinese Leapfactory, che ha fatto dell’esperienza in
            realizzazioni ad alta quota la base di partenza per sviluppare una villetta “libera dalla rete”. La
            costruzione è integrabile con ogni tecnologia. Leaphome fa parte di una serie di strutture
            progettate anche nella versione di allestimento temporaneo (LeapNest) o per un
            posizionamento in contesti difficili, come un rifugio alpino, dove le prestazioni richieste sono di
            altissimo livello (LeapHut).
            Diverso ancora il caso di Tikku: in occasione della Helsinki Design Week 2017, l’architetto Marco
            Casagrande ha progettato e installato nel centro della capitale finlandese un modulo abitativo
            che occupa il suolo di un posto auto. Un micro alloggio – di appena 2,5 metri per 5 – in legno e
            modulare: si costruisce in una notte e al suo interno funziona come un qualsiasi appartamento.
            Completo, in omaggio agli scandinavi, anche di sauna.

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22/2/2018                                                 La casa prefabbricata? Può essere pronta anche in poche ore

            Molte le esperienze 4.0 che si stanno sviluppando anche all’estero. In Francia, la startup che
            commercializza l’innovativo sistema di mattone di legno a incastro Brikawood ha ideato un
            formato (160 mm) che si può impiegare in autocostruzione. Il risultato è un edificio di piccola
            metratura, che si può realizzare anche senza permesso di costruire ed è completamente
            ecologico, visto che non richiede l'utilizzo di chiodi o colle: ciascun mattone si incastra come
            fosse un Lego.
            Ingegnerizzata e ipertecnologica è la casa progettata dallo studio inglese Ten Fold Engineering
            di Oxfordshire, prodotta già in diverse versioni. La struttura si trasporta a bordo di un camion e
            ha la forma iniziale di un container: una volta individuato il terreno cui è destinata, si dischiude
            (quasi come fosse un robot dei cartoni animati) e dà forma agli spazi. Camere da letto, cucine,
            verande, soggiorni: la composizione finale si ottiene anche in dieci minuti.
            Provocatoria, infine, l’iniziativa dell’azienda internazionale Apis Cor (con sede in Siberia, Russia
            e a San Francisco). Lo scorso anno l’impresa ha realizzato (e filmato) la prima casa costruita
            interamente in situ senza il bisogno dei materiali tradizionalmente usati in ambito edilizio.
            L’edificio, stampato in 3D, può prendere vita in appena un giorno. In cantiere, Apis Cor ha
            progetti innovativi: prossimo obiettivo è sbarcare su Marte.

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Codice dei contratti: 3 indizi fanno una prova?
22/02/2018

Come sono lontani i tempi in cui Matteo Renzi e Graziano Delrio annunciavano nella
conferenza stampa successiva al Consiglio dei Ministri n. 112 del 15 aprile 2016, con
trionfalismo, l’approvazione del nuovo Codice dei contratti precisando che “Il Governo
recepisce quindi in un unico decreto, passando dagli oltre 2.000 articoli del vecchio codice
agli attuali poco superiori ai 200, le direttive appalti pubblici e concessioni e riordina la
disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture e
contratti di concessione, esercitando così la delega e recependo le direttive europee nei
tempi previsti al passo con gli altri paesi europei”!
Rivedendo e riascoltando, a distanza di quasi due anni, la conferenza stampa di Matteo
Renzi e di Graziano Delrio viene da sorridere!
Come, per altro, oggi fanno sorridere le slide che il Ministro Graziano Delrio proiettò per
la presentazione del Codice (vedi slide) ed anche il testo del comunicato stampa prodotto
alla fine del Consiglio dei Ministri (vedi comunicato).
Successivamente all'entrata in vigore del Codice dei contratti di cui al D.lgs. n. 50/2016, la
legislazione sui lavori pubblici è stata affidata in Italia ad un Codice che non è mai entrato
compiutamente in vigore e che è in attesa di quasi 50 provvedimenti che lo renderanno
attuativo (quando?) mentre oggi continuano a restare, ancora, in vigore quasi 150
articoli del Regolamento n. 207/2010 attuativo del previdente Codice dei contratti di cui al
d.lgs. n. 163/2006.
Ci conforta il fatto che il nostro parere negativo sul codice, da tanto tempo evidenziato,
coincide con quello di tanti e ricordiamo quanto espresso dall'Autorità Garante della
Concorrenza e del Mercato (AGCM) all'interno della Relazione sull'attività svolta nel
2016 presentata a Montecitorio (leggi notizia); l’AGCM afferma che il copioso rinvio ai
provvedimenti attuativi contenuti all'interno di numerosi articoli del D.Lgs. n.
50/2016 (Codice dei contratti pubblici), rischia di compromettere "uno degli obiettivi che lo
stesso Codice mirava a perseguire, vale a dire l’introduzione di una cornice regolatoria
chiara, sistematica ed unitaria. Il rinvio nel tempo dell’operatività delle norme, infatti,
indebolisce l’efficacia dell’intero Codice e genera, inoltre, incertezze interpretative sulla
sua applicazione"; d'altra parte le stesse perplessità erano state evidenziate anche
dal Consiglio di Stato nel parere n. 855 dell'1 aprile 2017.
Il nuovo Codice dei contratti avrebbe dovuto dare stabilità alla legislazione sui lavori
pubblici ma così non è stato ed oggi, mentre nasce una protesta trasversale con molteplici
richieste che vanno dalla cancellazione alla rivisitazione del codice, ci torna in mente la
frase di Agatha Christie: «Un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre
indizi fanno una prova».
Non sappiamo quale Governo ci sarà dopo il 4 marzo ma con tre indizi avremmo la prova
che il nuovo Governo non potrà non occuparsi della revisione del Codice dei contratti e
dei provvedimenti attuativi. Ebbene i tre indizi ci sono.
Inizieremo dall’ultimo dei tre che, in verità un non è un indizio ma una richiesta specifica
della Filiera delle costruzioni che oltre dall’ANCE è costituita, anche, da Legacoop
produzione e servizi, Anaepa Confartigianato edilizia, Cna Costruzioni, Fiae
Casartigiani, Claai, Aniem, Confapi Aniem, Oice e Consiglio nazionale degli
ingegneri (A proposito come mai della Filiera non fanno parte il Consiglio nazionale degli
architetti PPC, il Consiglio nazionale dei Geologi ed il Collegio dei Geometri e dei
Geometri laureati?). Nel documento presentato nel corso della manifestazione è affermato.
espressamente. che al fine di non tradire lo spirito della legge delega, viene fatta,
contestualmente, la proposta di ripensare il Codice al fine di impedire l’introduzione di
livelli regolatori superiori a quelli imposti dalle direttive Ue(divieto di Gold plating) e
di predisporre un articolato più semplice, suddiviso in lavori, servizi e forniture,
accompagnato da un unico regolamento attuativo, dotato di forza cogente, in cui far
confluire la normativa di dettaglio e le linee guida Anac.
Il secondo indizio è legato all’assoluto silenzio del Governo sul Codice dei contratti tanto
che il Ministero dei lavori pubblici ha tolto dalla propria home page il link che
rimandava alle scarne notizie relative al Codice stesso (vedi pagina) quasi prendendo le
distanze da un provvedimento che, invece, è stato portato avanti proprio dal Ministro delle
infrastrutture e dei trasporti Graziano Delrio che ha firmato il provvedimento ai tempi del
Governo Renzi.
Il terzo indizio è legato ad una intervista del Presidente dell’ANAC Raffaele
Cantonepubblicata sul Sole 24 ore del 4 gennaio in cui, tra l’altro, afferma che “Questo
non è il codice dell’Anac, le scelte le ha fatte la politica. Anche oggi, se si volesse decidere
di cambiare strada, sarebbe una scelta che spetta alla politica. ………... Detto questo,
ritengo che per un certo provincialismo italiano e per ragioni politiche, probabilmente
evitare procedure di infrazioni Ue su altri fronti, si sia deciso un recepimento frettoloso
delle direttive Ue” aggiungendo, anche, che “Se si fossero dati sei mesi di moratoria per
consentire alla Pa di conoscere e studiare le nuove regole, il risultato sarebbe stato
diverso. ……….. Non nego resistenze nella Pa, ma non si può chiedere di applicare una
norma che entra in vigore con zero strumenti attuativi approvati”.
Ma potrebbero essere individuati altri indizi che avvalorerebbero la prova che il nuovo
Governo non potrà non occuparsi della revisione del Codice dei contratti e dei
provvedimenti attuativi. Valga per tutti quello che si sta verificando adesso con il
Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e la Presidenza del Consiglio dei Ministri che
dopo essere stati quasi silenti per quasi due anni (con pochissimi provvedimenti adottati),
nel mese di gennaio 2018, a ridosso delle elezioni del 4 marzo, predispongono gli schemi di
una serie di provvedimenti che avrebbero avuto necessità di una condivisione da parte degli
operatori del settore. Mi riferisco, tra gli altri:

   •   allo schema di decreto sul dibattito pubblico che dopo l’ultimo parere del consiglio di
       Stato è in attesa del parere delle Commissioni parlamentari;
   •   allo schema di decreto relativo alla qualificazione delle stazioni appaltanti ed alle
       centrali di committenza inviato alla Conferenza unificata per l’intesa.

Relativamente a questo secondo decreto che doveva essere il fiore all'occhiello del nuovo
Codice dei contratti, a distanza di oltre 2 anni, non sembra che il provvedimento vedrà
presto la luce anche perché l’intesa in Conferenza unificata non sarà semplice per il fatto
stesso che Comuni e Regioni potrebbero non avere interesse a diminuire il numero delle
stazioni appaltanti e delle centrali di committenza ed in ogni caso, dopo tale parere, il
Decreto dovrà essere sottoposto al vaglio del Consiglio di Stato e dell’Anac.
Crediamo, quindi, che, a causa dei tanti indizi, esista la prova che il nuovo Governo che
nascerà dopo il 4 marzo non potrà non affrontare il problema del Codice dei contratti.
                                                                A cura di arch. Paolo Oreto
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Slide di presentazione del Codice
Comunicato stampa Consiglio dei Ministri del 15/04/2016
Parere Consiglio di stato n. 855 dell'1/4/2016
Relazione AGCM sull'attività svolta nel 2016

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Speciale Codice Appalti
Norme Tecniche Costruzioni 2018 (NTC): le
tipologie di intervento sulle strutture esistenti
22/02/2018

Come per la passata normativa, il tema degli interventi sulle strutture esistenti è
regolamentato al capitolo 8 delle nuove Norme Tecniche sulle Costruzioni (NTC) di cui
al decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti 17 gennaio 2018, le
cui novità più significative riguardano il paragrafo 8.4 relativo alla Classificazione degli
interventi.

La classificazione degli interventi sull'esistente ricalca quella delle precedenti norme
tecniche (D.M. 16/01/1996, punto C9, D.M. 14/09/2005, capitolo 9, D.M. 14/01/2008,
capitolo 8), con qualche piccolo ma significativo distinguo nelle definizioni che nel corso
degli anni sono state leggermente modificate.

Entrando nel dettaglio, gli interventi sugli edifici esistenti vengono classificati nelle
seguenti categorie:

   •   interventi di riparazione o locali: interventi che interessino singoli elementi
       strutturali e che, comunque, non riducano le condizioni di sicurezza preesistenti;
•   interventi di miglioramento: interventi atti ad aumentare la sicurezza strutturale
       preesistente, senza necessariamente raggiungere i livelli di sicurezza fissati dalla
       norma;
   •   interventi di adeguamento: interventi atti ad aumentare la sicurezza strutturale
       preesistente, conseguendo i livelli di sicurezza fissati dalla norma.

Riparazione o intervento "locale"
Gli interventi di questo tipo riguardano singole parti e/o elementi della struttura. Essi non
debbono cambiare significativamente il comportamento globale della costruzione e sono
volti a conseguire una o più delle seguenti finalità:

   •   ripristinare, rispetto alla configurazione precedente al danno, le caratteristiche iniziali
       di elementi o parti danneggiate;
   •   migliorare le caratteristiche di resistenza e/o di duttilità di elementi o parti, anche non
       danneggiati;
   •   impedire meccanismi di collasso locale;
   •   modificare un elemento o una porzione limitata della struttura.

Il progetto e la valutazione della sicurezza potranno essere riferiti alle sole parti e/o elementi
interessati, documentando le carenze strutturali riscontrate e dimostrando che, rispetto alla
configurazione precedente al danno, al degrado o alla variante, non vengano prodotte
sostanziali modifiche al comportamento delle altre parti e della struttura nel suo insieme e
che gli interventi non comportino una riduzione dei livelli di sicurezza preesistenti.

La relazione relativa alla valutazione della sicurezza che, in questi casi, potrà essere limitata
alle sole parti interessate dall’intervento e a quelle con esse interagenti, dovrà documentare
le carenze strutturali riscontrate, risolte e/o persistenti, ed indicare le eventuali conseguenti
limitazioni all’uso della costruzione. Nel caso di interventi di rafforzamento locale, volti a
migliorare le caratteristiche meccaniche di elementi strutturali o a limitare la possibilità di
meccanismi di collasso locale, è necessario valutare l’incremento del livello di sicurezza
locale.

Interventi di miglioramento
Le nuove NTC 2018 prevedono che il livello di sicurezza della costruzione sia quantificato
attraverso il coefficiente zE che rappresenta il rapporto tra lʹazione sismica massima
sopportabile dalla struttura e l’azione sismica massima che si utilizzerebbe nel progetto di
una nuova costruzione. Lʹentità delle altre azioni contemporaneamente presenti è
generalmente la stessa assunta per le nuove costruzioni.
Vengono introdotti dei limiti sul coefficiente zE che le strutture devono rispettare a seguito
dell’intervento di miglioramento sismico. Le verifiche variano in funzione del tipo di
costruzione (classe).

La valutazione della sicurezza e il progetto di intervento dovranno essere estesi a tutte le
parti della struttura potenzialmente interessate da modifiche di comportamento, nonché alla
struttura nel suo insieme.

In linea generale, per la combinazione sismica delle azioni, il valore di zE può essere minore
dell’unità, mentre:

   •   a meno di specifiche situazioni relative ai beni culturali, per le costruzioni di classe
       III ad uso scolastico e di classe IV il valore di zE, a seguito degli interventi di
       miglioramento, deve essere comunque non minore di 0,6;
   •   per le rimanenti costruzioni di classe III e per quelle di classe II il valore di zE,
       sempre a seguito degli interventi di miglioramento, deve essere incrementato di un
       valore comunque non minore di 0,1;
   •   nel caso di interventi che prevedano l’impiego di sistemi di isolamento, per la
       verifica del sistema di isolamento, si deve avere almeno zE =1,0.

Interventi di adeguamento
L’intervento di adeguamento della costruzione è obbligatorio quando si intenda:
a) sopraelevare la costruzione;
b) ampliare la costruzione mediante opere ad essa strutturalmente connesse e tali da
alterarne significativamente la risposta;
c) apportare variazioni di destinazione d’uso che comportino incrementi dei carichi globali
verticali in fondazione superiori al 10%, valutati secondo la combinazione caratteristica di
cui alla equazione 2.5.2 del § 2.5.3, includendo i soli carichi gravitazionali. Resta comunque
fermo l’obbligo di procedere alla verifica locale delle singole parti e/o elementi della
struttura, anche se interessano porzioni limitate della costruzione;
d) effettuare interventi strutturali volti a trasformare la costruzione mediante un insieme
sistematico di opere che portino ad un sistema strutturale diverso dal precedente; nel caso
degli edifici, effettuare interventi strutturali che trasformano il sistema strutturale mediante
l’impiego di nuovi elementi verticali portanti su cui grava almeno il 50% dei carichi
gravitazionali complessivi riferiti ai singoli piani;
e) apportare modifiche di classe d’uso che conducano a costruzioni di classe III ad uso
scolastico o di classe IV.
In ogni caso, il progetto dovrà essere riferito all’intera costruzione e dovrà riportare le
verifiche dell’intera struttura post-intervento. Nel caso di adeguamento sismico il
coefficiente ζE, dipende dalla tipologia di intervento:

   •   per gli interventi di cui alle lettere a), b) e d), per la verifica della struttura, si deve
       avere ζE ≥ 1,0;
   •   per gli interventi di cui alle lettere c) ed e) si può assumere ζE ≥ 0,80.

Resta comunque fermo l’obbligo di procedere alla verifica locale delle singole parti e/o
elementi della struttura, anche se interessano porzioni limitate della costruzione. Una
variazione dell’altezza dell’edificio dovuta alla realizzazione di cordoli sommitali o a
variazioni della copertura che non comportino incrementi di superficie abitabile, non è
considerato ampliamento, ai sensi della condizione a). In tal caso non è necessario
procedere all’adeguamento, salvo che non ricorrano una o più delle condizioni di cui agli
altri precedenti punti.

Certi di far cosa gradita, in allegato il raffronto puntuale del capitolo 8 delle NTC
relativo alle costruzioni esistenti, nelle versione 2008-2018.
                                                      A cura di Redazione LavoriPubblici.it

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NTC 2018
Raffronto Cap. 8 - NTC 2008-2018
Norme Tecniche Costruzioni 2018 (NTC),
Architetti: 'Persa l’occasione per introdurre il
fascicolo del fabbricato'
22/02/2018

"Complessivamente positive anche se non mancano le criticità”. Questo il commento del
Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori (CNAPPC)
alla pubblicazione in Gazzetta del decreto del Ministero delle infrastrutture e dei
trasporti 17 gennaio 2018 recante “Aggiornamento delle Norme tecniche per le
costruzioni”.

"Le nuove norme tecniche - afferma Rino La Mendola, Vicepresidente del Consiglio
Nazionale e Componente del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici - riservano
particolare attenzione agli interventi sugli edifici esistenti. La vecchia normativa negli
interventi di miglioramento sismico, ad esempio, non imponeva il raggiungimento di
standard particolari: bastava dimostrare che, con l’intervento, si migliorava la risposta
strutturale della costruzione nei confronti di un sisma, anche in misura modesta. Con le
nuove norme tecniche, invece, gli interventi di miglioramento sismico dovranno garantire
una prestazione che oscilla, a seconda della destinazione d’uso, dal 60% al 100% delle
prestazioni strutturali attese per le nuove costruzioni”.

"Per i beni culturali, in determinati casi - continua il Vicepresidente La Mendola - tali
coefficienti potranno essere derogati, nella consapevolezza che in una basilica non possono
essere raggiunte le performance strutturali previste per una costruzione in muratura, a
comportamento scatolare, regolare in pianta ed in altezza”.

Punti di forza e di debolezza

"Molta attenzione - rileva il CNAPPC - viene riservata all’affidabilità dei materiali ed alla
manutenzione programmata della struttura durante la sua vita presunta. Tuttavia, a fronte
di una grande attenzione per la manutenzione delle strutture di nuova costruzione e degli
edifici dove sono previsti interventi di adeguamento o miglioramento sismico, non viene
previsto nessuno strumento per il monitoraggio e la verifica costante delle condizioni di
stabilità del patrimonio edilizio esistente”.

“Ciò costituisce - sottolinea il Consiglio Nazionale degli Architetti - una delle criticità più
importanti della normativa vigente, soprattutto alla luce dei disastri causati negli ultimi
anni dagli eventi sismici che hanno colpito l’Emilia Romagna ed il Centro Italia. La
revisione delle norme avrebbe potuto costituire, infatti, una buona occasione per
introdurre, anche con il supporto di un separato provvedimento normativo, quel “fascicolo
del fabbricato” che promuoviamo da tanto tempo, quale strumento di monitoraggio delle
condizioni di stabilità degli edifici esistenti. Una sorta di libretto sulla salute delle strutture
e sullo stato di conservazione dei materiali, che un professionista incaricato dovrebbe
aggiornare con una cadenza prestabilita, al fine di scongiurare quei collassi strutturali
improvvisi che si succedono con una frequenza sempre più allarmante, non solo a seguito di
un sisma, ma anche per semplice fatiscenza strutturale”.

“Nell’ambito delle nostre iniziative, finalizzate alla rigenerazione sostenibile delle nostre
città - conclude il CNAPPC - continueremo a pressare le istituzioni, affinché la
manutenzione programmata delle strutture venga estesa a tutto il patrimonio edilizio
esistente, gran parte del quale è stato peraltro costruito prima della classificazione sismica
del territorio su cui ricade ed è pertanto privo dei requisiti strutturali per resistere ad un
terremoto”.

                                                        A cura di Redazione LavoriPubblici.it

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Adeguamento strutturale e antisismico: oltre 1
miliardo di euro per gli edifici scolastici
22/02/2018

Assegnati agli enti locali oltre 1 miliardo di euro per l'attuazione di interventi di
adeguamento strutturale e antisismico degli edifici scolastici statali e a interventi di messa in
sicurezza resisi necessari a seguito delle indagini diagnostiche.
Lo ha previsto il Decreto Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca 21
dicembre 2017, n. 1007 recante "Individuazione degli enti beneficiari delle risorse relative
al fondo di cui all'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, per
interventi di messa in sicurezza e di adeguamento sismico degli edifici scolastici"
pubblicato sul Supplemento Ordinario n. 9 alla Gazzetta Ufficiale n. 42 del 20 febbraio
2018.
Ricordiamo che con la Legge n. 232/2016 (c.d. Legge di Bilancio per il 2017) era stato
istituito un fondo con una dotazione di 1.900 milioni di euro per l'anno 2017, di 3.150
milioni di euro per l'anno 2018, di 3.500 milioni di euro per l'anno 2019 e di 3.000 milioni
di euro per ciascuno degli anni dal 2020 al 2032, per assicurare il finanziamento degli
investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese, nei settori di spesa relativi a:
a) trasporti, viabilità, mobilità sostenibile, sicurezza stradale, riqualificazione e accessibilità
delle stazioni ferroviarie;
b) infrastrutture, anche relative alla rete idrica e alle opere di collettamento, fognatura e
depurazione;
c) ricerca;
d) difesa del suolo, dissesto idrogeologico, risanamento ambientale e bonifiche;
e) edilizia pubblica, compresa quella scolastica;
f) attività industriali ad alta tecnologia e sostegno alle esportazioni;
g) informatizzazione dell'amministrazione giudiziaria;
h) prevenzione del rischio sismico;
i) investimenti per la riqualificazione urbana e per la sicurezza delle periferie delle città
metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia;
l) eliminazione delle barriere architettoniche.
Entrando nel dettaglio, saranno 1.739 gli interventi che beneficeranno dello stanziamento di
1.058.255.963,00 di euro per l'adeguamento alla normativa antisismica delle scuole.
L'elenco degli Enti beneficiari delle risorse è contenuto nell'allegato A al decreto n.
1007/2017. Tali enti sono autorizzati ad approvare le progettazioni esecutive degli interventi
e ad effettuare l'aggiudicazione degli stessi almeno in via provvisoria entro e non oltre il 20
agosto 2019.

Modalità di rendicontazione
Le erogazioni delle risorse sono disposte direttamente dalla Direzione generale per gli
interventi in materia di edilizia scolastica, per la gestione dei fondi strutturali per l'istruzione
e per l'innovazione digitale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca in
favore degli enti locali beneficiari nel seguente modo:
a) fino al 20% del finanziamento, a richiesta dell'ente locale beneficiario, entro sei mesi
dall'avvenuta registrazione del presente decreto da parte degli organi di controllo;
b) la restante somma dovuta sulla base degli stati di avanzamento lavori o delle spese
maturate dall'ente, debitamente certificati dal Responsabile unico del procedimento, fino al
raggiungimento del 90% della spesa complessiva al netto del ribasso di gara. Il residuo 10%
è liquidato a seguito dell'avvenuto collaudo e/o del certificato di regolare esecuzione.
Le economie di gara non sono nella disponibilità dell'ente locale e sono destinate allo
scorrimento delle graduatorie.
                                                         A cura di Redazione LavoriPubblici.it
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Decreto MIUR
Edilizia libera: Elenco degli interventi che non
richiedono Permesso di costruire, Cila o Scia
22/02/2018

Meglio tardi che mai. In dirittura d’arrivo, con un ritardo di oltre un anno, il decreto del
Ministero delle infrastrutture e dei trasporti sul glossario unico per l’edilizia libera, che
contiene l'elenco delle principali opere edilizie, con l'individuazione della categoria di
intervento a cui le stesse appartengono e che avrebbe dovuto essere emanato così come
disposto all’articolo 1, comma 2 del d.lgs. 25/11/2016, n. 222entro 60 giorni dalla data di
entrata in vigore del decreto stesso (11/12/2016) e, quindi, entro il 9/2/2017.
L’intesa sul decreto in argomento è posta al quinto punto dell’ordine del giorno dalla
Conferenza unificata di oggi dove, tra l’altro ai primi due punti sono previsti, anche, due
accordi e precisamente quello sui tracciati in formato xml di tutti i moduli standard per
l'edilizia finora approvati e adottati da Regioni e Comuni che consente ai Comuni di
recepire più facilmente il modulo attraverso il formato digitale e quello su quattro moduli
standard per la segnalazione di quattro diverse attività economiche:commercio
all'ingrosso, imprese di pulizia e derattizzazione, agenzie d'affari efacchinaggio.
Relativamente al decreto di cui all’articolo 1, comma 2 precedentemente citato, allo stesso è
allegato il Glossario edilizia libera che contiene una tabella in cui sono individuate le
principali opere che possono essere eseguite senza alcun titolo abilitativo, nel rispetto
delle prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali e di tutte le normative di settore
aventi incidenza sulla disciplina dell’attività edilizia (in particolare, delle norme
antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico-sanitarie, di quelle relative all’efficienza
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