RASSEGNA STAMPA CGIL FVG - venerdì 21 giugno 2019

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RASSEGNA STAMPA CGIL FVG – venerdì 21 giugno 2019

(Gli articoli di questa rassegna, dedicata prevalentemente ad argomenti locali di carattere economico e sindacale, sono
scaricati dal sito internet dei quotidiani indicati. La Cgil Fvg declina ogni responsabilità per i loro contenuti)

ATTUALITÀ, REGIONE, ECONOMIA (pag. 2)
Robot in linea all'Electrolux. Azienda e sindacati firmano l'intesa (M. Veneto)
Il punto nascita andrà a Latisana: maggioranza e 5S votano compatti (M. Veneto, 2 articoli)
Fedriga: lo striscione per Regeni non sarà mai più esposto (Gazzettino)
CRONACHE LOCALI (pag. 5)
Mercatone, "cassa" sbloccata. L'assegno sino al 31 dicembre (M. Veneto Pordenone)
Lef raddoppia a San Vito e investe 3,5 milioni di euro (M. Veneto Pordenone)
Polemica sulle quote rosa in giunta. Fontanini risolve il caso con 12 assessori (M. Veneto Udine)
Export, Udine traina la regione ma ora rallenta la sua crescita (Gazzettino Udine)
La Cgil denuncia le criticità degli autisti dei mezzi Acegas (Piccolo Trieste)
Esatto lascia Insiel e cerca un partner informatico (Piccolo Trieste)
Turni XL e paghe mini. Stato d'agitazione bis all'Istituto Rittmeyer (Piccolo Trieste)
Mondo dell'accoglienza in rivolta contro lo stop alla "casa" degli ultimi (Piccolo Trieste, 2 articoli)
Mercatone Uno, Cigs al 2020. E il Comune "congela" la Tari (Piccolo Gorizia-Monfalcone)

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ATTUALITÀ, REGIONE, ECONOMIA

Robot in linea all'Electrolux. Azienda e sindacati firmano l'intesa (M. Veneto)
Elena Del Giudice - Electrolux e sindacati trovano l'intesa sul megainvestimento previsto per lo stabilimento
di Susegana: 130 milioni di euro per la nuova fabbrica di frigoriferi altamente automatizzata. Nella notte tra
mercoledì e giovedì l'azienda da una parte e Fim, Fiom e Uilm dall'altra, hanno siglato l'ipotesi di accordo
che ora dovrà passare l'esame dei lavporatori dello stabilimento veneto.«Abbiamo raggiunto con Electrolux
un'ipotesi di accordo molto importante per la fabbrica di Susegana che definisce le condizioni utili a
sbloccare un investimento di 130 milioni di euro e che assicurerà dal 2021 la assegnazione della futura
gamma di frigoriferi - dichiara Gianluca Ficco, coordinatore nazionale della Uilm -. Nell'intesa si affrontano i
temi dell'organizzazione del lavoro, dei turni, della riqualificazione professionale e del ricambio
generazionale. Più in particolare, allorquando arriveranno le nuove produzioni, la turnistica si articolerà dal
lunedì al sabato pomeriggio, prevedendo una riduzione dell'orario di lavoro, con 36 ore settimanali lavorate
e retribuite 40».Con questa intesa, che come abbiamo detto nei prossimi giorni dovrà essere sottoposta al
vaglio dei lavoratori, «si gettano le premesse - conclude Ficco - per un futuro di sviluppo della fabbrica di
frigoriferi di Susegana, cosa di particolare importanza e per nulla scontata dopo anni trascorsi a difenderci
dalla crisi anche attraverso accordi sindacali difficili. Ora speriamo di riuscire a trarre fuori dalla crisi tutti gli
stabilimenti del gruppo, comprese le fabbriche di Porcia e di Solaro, e più in generale di dare un segnale
concreto che è possibile rilanciare il settore degli elettrodomestici fino a pochi anni fa dato addirittura per
spacciato da tanti commentatori ingiustamente rassegnati al declino industriale del nostro Paese».La Fiom
precisa che l'intesa riguarda la definizione di un piano industriale che prevede un nuovo assetto produttivo
- nuove linee e nuovi impianti tecnologici, nuove tecnologie produttive e digitali, una nuova organizzazione
del lavoro - garantito dagli investimenti sul processo e sul prodotto. L'ipotesi di accordo definisce un nuovo
regime di orario di lavoro e il riconoscimento di 54 complessive ore di Par (32 ore a titolo di ex festività a cui
si aggiungono ulteriori 22 ore di permessi), l'introduzione di una nuova cadenza di 94 pezzi/ora con un
regime di tre pause di 10 minuti nel turno e il mantenimento del servizio mensa prima dell'inizio o a fine del
turno di lavoro, un piano di riqualificazione professionale per i circa 120 operatori coinvolti nella gestione
degli impianti, la costituzione di un organismo paritetico, chiamato "Cantiere", con la partecipazione di
esperti per la gestione della nuova organizzazione del lavoro. «Con l'ipotesi di accordo è stato inoltre
definito un piano di incentivi sia per l'accompagnamento alla pensione che per la riqualificazione
professionale e il ricambio generazionale» sottolinea la Fiom in relazione agli esuberi che si andranno a
creare con la nuova fabbrica dal 2022, ovvero 60 dipendenti, «con l'obiettivo di favorire un rinnovamento
delle professionalità e delle competenze necessarie al nuovo assetto tecnologico». Le assemblee dei
lavoratori sono già state convocate per martedì 2 luglio e nel corso delle quali saranno illustrati i contenuti
dell'intesa per poi procedere al voto.

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Il punto nascita andrà a Latisana: maggioranza e 5S votano compatti (M. Veneto)
Mattia Pertoldi - Partita (politica) chiusa. Il punto nascita di Palmanova, al netto di ricorsi, si sposterà a
Latisana. In cambio, il nosocomio palmarino otterrà una serie di maggiori funzioni mediche. Non attraverso
una semplice promessa, come previsto inizialmente, ma grazie a una vera norma di legge figlia di un sub-
emendamento che ha affiancato, ieri, il testo sul punto nascita e che pare aver sopito ogni mal di pancia in
maggioranza. Il centrodestra, dunque, ha scelto di tirare diritto approvando in Aula, con pure l'appoggio del
M5s, l'emendamento alla legge omnibus che capovolge la decisione sul punto nascita della Bassa preso da
Debora Serracchiani nel 2016.La trattativaIl trasferimento del punto nascita da Palmanova a Latisana, ieri,
non è stato, nei fatti, mai in discussione visti i numeri della maggioranza e la compattezza dimostrata dal
centrodestra dopo la lunga trattativa di martedì. Sul tavolo c'è stata, al massimo, la tempistica e i modi
attraverso i quali la giunta ha assicurato di voler potenziare Palmanova. Massimiliano Fedriga e Riccardo
Riccardi, in questi giorni, avevano promesso come all'atto della definizione della programmazione sanitaria,
prevista in autunno, il nosocomio palmarino sarebbe diventato Centro di riferimento per la chirurgia
protesica, mammaria e pure oculistica, oltre a riottenere la struttura di nefrologia e dialisi.Il tutto per
mezzo, però, soltanto di un ordine del giorno. Così, quando il sindaco di Palmanova Francesco Martines in
audizione ha chiesto che queste promesse diventassero legge immediatamente - al pari del cambio di
punto nascita - il capogruppo di Progetto Fvg Mauro Di Bert ha colto la palla al balzo spiegando di aver
depositato un testo di questo tipo. La giunta, quindi ha fatto propria l'idea dell'ex sindaco di Pavia di Udine
decidendo per il potenziamento "istantaneo" del nosocomio palmarino. Tensione in AulaLo scontro, dopo,
si è spostato in Aula. Pd, Cittadini e Patto hanno contestato la maggioranza sia dal punto di vista della
forma - attaccando la scelta di presentare un emendamento alla "omnibus" per modificare una parte di
riforma sanitaria - che della sostanza - contestando da un punto di vista tecnico e sanitario la scelta di
chiudere un reparto da quasi 800 parti all'anno -, chiedendo pure una verifica di legittimità degli
emendamenti presentati. Niente da fare, il centrodestra non ha aperto su nulla e si è arrivati al voto dei due
testi. Il primo, quello che sancisce il trasferimento del punto nascita, è passato con 29 voti a favore,
compresi i 4 dei consiglieri grillini, e 14 contrari. Il secondo, quello che potenzia Palmanova, con 24 sì e 18
no considerato come in questo senso il M5s si è espresso contrariamente.consensi e criticheArchiviata la
fase di voto, Riccardi si è goduto il momento e, anzi, ha voluto rivendicare il lavoro fatto. «In sei mesi
abbiamo ridisegnato i confini delle Aziende - ha detto -, determinato il rapporto tra ospedali hub e spoke,
creato un ente che controlla i costi, messo a bilancio, aumentandole, tutte le risorse a disposizione e
predisposto i bandi per i direttori generali. In più abbiamo dimostrato di non aver paura di decidere, a
differenza di chi c'era prima». E se i grillini Andrea Ussai e Cristian Sergo hanno accusato il Pd «di non aver
avuto il coraggio di scegliere in passato» motivando il voto a favore con il fatto che «questa decisione è
figlia di dati oggettivi che non possono essere legati soltanto al numero dei parti visto che la distanza di
Latisana dagli ospedali hub e i flussi turistici impongono di tenere lì punto nascita e pediatria», il Pd ha
attaccato a muso duro. «Soltanto la volontà politica di Fedriga chiude un punto nascita con ottime
performance - ha detto il segretario Cristiano Shaurli -. Le lettere portate dalla giunta a giustificazione della
chiusura di Palmanova non possiedono un dato tecnico e scientifico e, anzi, dicono esattamente il
contrario». Shaurli ha poi ricordato che «Fedriga ha sostenuto che è a rischio la sicurezza di mamme e
bambini e che questa scelta è stata presa in base al parere dei tecnici. Delle due, però, l'una: Fedriga
conosce cose che non ci dice oppure ne racconta di non vere. Perché i sindacati dei medici a nome di tutti i
dirigenti smentiscono e si dissociano da quanto riportato sul sito della giunta, anzi ripetono che il punto
nascita è sicuro, e che semmai problemi ci sono altrove».
Sfida tra le città della Bassa. Martines annuncia ricorsi
Francesco Martines, con una dozzina di sindaci del palmarino e una trentina di semplici cittadini da una
parte. Daniele Galizio e Luca Fanotto assieme alle rappresentanti del Comitato nascere a Latisana e a una
ventina di persone dall'altra...

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Fedriga: lo striscione per Regeni non sarà mai più esposto (Gazzettino)
Anticipando «le polemiche che continueranno a susseguirsi ad ogni batter di ciglio, comunico che lo
striscione non verrà più esposto né a Trieste né in altre sedi di Regione». Così il governatore Massimiliano
Fedriga in una nota ha risposto alle proteste che si erano susseguite per la scelta di rimuovere lo striscione
dedicato a Giulio Regeni dal palazzo della Regione di piazza Unità d'Italia a Trieste per far spazio alla grafica
degli Under 21. «Malgrado non condivida la politica degli striscioni e dei braccialetti, non ho fatto
rimuovere lo striscione per più di un anno per non portare nell'agone politico la morte di un ragazzo.
Evidentemente questa sensibilità non appartiene a tutti e ad ogni occasione non si perde tempo per
alimentare polemiche», ha scritto Fedriga. Il presidente ha voluto ricordare «quando lo striscione è stato
rimosso per qualche giorno su richiesta di una produzione cinematografica; sempre in circostanze simili,
altre polemiche sono state fomentate perché la riaffissione è avvenuta con poche ore di ritardo rispetto alla
fine delle riprese stesse. Oggi arriva l'ennesima pretestuosa provocazione, in conseguenza della nostra
decisione di addobbare il palazzo per gli europei under 21 che si tengono nella nostra regione. Perfino la
Uefa mi ha dovuto scrivere impaurita da sterili tormentoni che non fanno altro che strumentalizzare il
dramma avvenuto. Evidentemente la mia attenzione per non urtare le sensibilità non ha pagato, e ci si
sente pertanto legittimati a imporre con atteggiamenti prevaricatori cosa deve o non deve fare la Regione.
Per questi motivi comunico che lo striscione non verrà più esposto né a Trieste né in altre sedi di Regione
Friuli Venezia Giulia».
La nota di Fedriga è arrivata dopo una giornata convulsa A sollevare la questione era stato per primo l'ex
sindaco di Udine Furio Honsell che si era detto «sconcertato» perché lo striscione sul Palazzo della Regione
in piazza Unità «di sostegno alla campagna per la richiesta di verità e giustizia per Giulio Regeni è stato
tolto» per «affiggere i manifesti per gli Europei Under 21 ». Honsell aveva rilevato che «sembra che ogni
pretesto sia buono per eliminare un messaggio forte di giustizia e vicinanza alla famiglia». Per parte loro,
Uefa e Figc in una nota avevano precisato «di essere estranee a tale decisione». Anche la deputata dem
Debora Serracchiani, che, da governatrice, aveva personalmente appeso quel messaggio, si era augurata
che Fedriga lo facesse riappendere e non seguisse «l'esempio del sindaco di Trieste». Dopo la nota serale di
Fedriga Serracchiani si è detta delusa «nei toni e nel merito. È vero che il caso di Giulio Regeni non
dovrebbe essere usato per schermaglie politiche, e la presenza dello striscione sul balcone della presidenza
della Regione aveva un significato istituzionale non di parte. Ora, con la sua stizzita risposta che fa seguito a
un silenzio incomprensibile, Fedriga induce a ritenere che la decisione di togliere lo striscione era già stata
presa». Secondo Ettore Rosato, vicepresidente della Camera, togliere quello striscione «è un inutile schiaffo
ai tanti che ancora non si arrendono alle finte verità». A Udine era nata una simile polemica quando lo
striscione era stato tolto dal municipio. Ma, nel capoluogo, l'amministrazione lo aveva ricollocato poco
dopo, spiegando che, durante l'applicazione dello striscione per gli Europei Under 21 la ditta incaricata,
accorgendosi che quello dedicato a Giulio era sbiadito, aveva pensato di sostituirlo con «un'iniziativa
autonoma non autorizzata». Il sindaco Pietro Fontanini aveva precisato che l'amministrazione non aveva
mai, in alcun modo, preso in considerazione l'ipotesi di rimuovere lo striscione dedicato a Regeni.

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CRONACHE LOCALI

Mercatone, "cassa" sbloccata. L'assegno sino al 31 dicembre (M. Veneto Pordenone)
Chiara Benotti - Cassa integrazione sino al 31 dicembre, tutela occupazionale per 28 lavoratori del
Mercatone Uno a Sacile (70 in Friuli e 1.800 in 55 punti vendita nazionali) e una nuova cessione. Stavolta
con un acquirente più affidabile di Shernon Holding, l'ultima proprietà fallita un mese fa e che ha lasciato
senza reddito e senza lavoro 28 dipendenti a Cornadella: è la soluzione per il Gruppo Mercatone al tavolo
del ministero dello sviluppo economico. «Massimo impegno e iniziative su più fronti - ha affermato il
deputato pordenonese del M5s Luca Sut -. L'impegno al Mise va avanti col vicepremier Luigi Di Maio,
stiamo dando il massimo». Gli accordi decisi al tavolo del ministero dello Sviluppo economico 48 ore fa
sono serviti per il rientro del gruppo nella procedura di amministrazione straordinaria. È stata sbloccata la
cassa integrazione straordinaria per i lavoratori sino al 31 dicembre, dopo il fallimento della Shernon. La
soluzione garantirà l'ammortizzatore sociale: un assegno calcolato sui salari part-time decisi dalla Shernon
nel 2018. Da 300 a 600 euro mensili, un paracadute per tante famiglie. La soluzione durerà sei mesi:
l'obiettivo è di trovare un acquirente per garantire un futuro di lavoro ai cassintegrati.
Al ministero il tavolo di crisi è presieduto dal vicecapo di gabinetto Giorgio Sorial e dal sottosegretario
Davide Crippa, affiancati dai neo commissari straordinari, dalle Regioni e sindacati. «La cassa integrazione
per 1.800 lavoratori è una buona notizia: rappresenta il frutto di un costante lavoro al Mise» ha
sottolineato Sut, evidenziando la fumata bianca dell'Inps per i tfr arretrati e per l'emendamento che
estende ai creditori l'accesso al Fondo Serenella. Sut lancia un appello ai Comuni friulani, per approvare
«azioni amministrative in grado di alleggerire il carico economico sulle spalle di questi lavoratori, senza
stipendio o cassa integrazione da due mesi: a oggi solo alcuni hanno colto questo segnale». I Comuni
solidali sono in procinto di presentare atti consiliari volti a sospendere il pagamento dell'imposta sui rifiuti,
delle rette scolastiche e delle fatture di servizi erogati da società a partecipazione comunale. «Stiamo
dando il massimo, anche in vista di una nuova cessione verso un acquirente più affidabile di quanto non
fosse Shernon» ha puntualizzato il parlamentare pordenonese. La cassaintegrazione straordinaria scatterà
a partire dal 24 maggio, quando il tribunale di Milano ha dichiarato il fallimento della Shernon Holding. I
sindacalisti della Filcams chiedono di più: salvaguardare la produzione e tutti i posti di lavoro.

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Lef raddoppia a San Vito e investe 3,5 milioni di euro (M. Veneto Pordenone)
Donatella Schettini - Sarà posata lunedì, alle 18.15, la prima pietra per l'ampliamento di Lean Experience
Factory 4.0 (Lef 4.0) nella zona industriale del Ponte Rosso, fabbrica modello digitale e centro d'eccellenza
dedicato alla formazione, per la diffusione dei principi di lean management. Il lean management si pone
come obiettivo il miglioramento continuo nella gestione aziendale, aumentando la competitività, attraverso
la gestione dei processi aziendali e la riduzione degli sprechi.Lef 4.0 è nata nel 2011 dalla collaborazione tra
Unindustria Pordenone, la società internazionale di consulenza manageriale McKinsey & Company e altri
partner del territorio. Il progetto di ampliamento, consentirà di raddoppiare la superficie del centro
portandola a 2 mila metri quadrati: comprenderà due linee di produzione, un'area dedicata all'innovazione
e un incubatore per le start up. Investimento da 3 milioni 500 mila euro, contributo regionale e di Ponte
Rosso. Grazie all'ampliamento, l'apprendimento esperienzale offerto dal centro includerà tutte le funzioni
di un'azienda vera e propria, dalla produzione sino ai servizi post-vendita. Anche il prodotto finale della Lef
4.0, che crea a scopo didattico compressori per frigoriferi, evolverà da analogico a digitale.L'esperienza
formativa della Lef 4.0 mostra come un'azienda tradizionale può trasformarsi in azienda digitale e come la
trasformazione digitale non solo migliora l'efficienza dell'organizzazione, ma è anche in grado di cambiare i
modelli di business, orientandoli verso l'offerta di un servizio e non più di un singolo prodotto.«Lef 4.0
rappresenta il nostro modo di interpretare il ruolo dell'associazione - afferma il presidente di Unindustra
Pordenone, Michelangelo Agrusti - . Non si tratta solo di una rappresentanza di interessi, ma anche di una
concreta realizzazione di progetti e investimenti per le imprese, per accompagnarle e sostenerle nella
difficile sfida della competitività globale». Sottolinea Paolo Candotti, direttore generale di Unindustria Pn:
«Ci siamo posti l'obiettivo di accompagnare le imprese nel complesso percorso della trasformazione
digitale, offrendo loro un luogo ideale e unico nel suo genere in cui costruire le competenze delle risorse
umane e sperimentare in anticipo le soluzioni tecnologiche più innovative». Alberto Bettoli, senior partner
di McKinsey & Company e vicepresidente di Lef 4.0, evidenzia che «l'ampliamento va incontro all'esigenza
di fornire competenze e strumenti concreti alle aziende per integrare e applicare al meglio le nuove
tecnologie digitali e realizzare una trasformazione di successo».

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Polemica sulle quote rosa in giunta. Fontanini risolve il caso con 12 assessori (M. Veneto Udine)
Cristian Rigo - «Non esiste alcun emendamento Fontanini prima di tutto perché io non ho mai chiesto
niente a nessuno e poi perché a Udine c'è la possibilità di fare dodici assessori nominando un uomo e una
donna». Il sindaco Pietro Fontanini replica così alle accuse ricevute dopo la protesta organizzata dalle
donne del Pd di fronte al Comune. Un'iniziativa nata per difendere le quote rosa dal blitz con il quale si
voleva modificare la legge regionale che avrebbe costretto il sindaco di Udine a scegliere una donna nel
caso di allargamento della giunta a undici assessori. Una norma «ad personam» che secondo le esponenti
dem (ma non solo loro considerato che alla manifestazione erano presenti anche molti uomini e diverse
donne che non fanno riferimento al centrosinistra) andrebbe contro la parità di genere.Tutte critiche che
Fontanini respinge al mittente e bolla come prive di fondamento: «Sono delle fake news, a Udine non c'è,
né ci sarà, alcun problema di genere. L'undicesimo assessore è un'opportunità e nel caso in cui dovessimo
decidere di sfruttarla sarà una donna perché così prevedono le norme. E io - ripeto - non ho mai chiesto a
nessuno di modificarle. Parlare di emendamento Fontanini quindi mi sembra veramente assurdo. Anche
perché in realtà la possibilità di avere 11 assessori più il sindaco per i capoluoghi di Provincia era già
prevista, adesso con le novità introdotte dall'assessore Pierpaolo Roberti si potrà passare da 11 a dodici
mantenendo però invariato il costo».In caso di dodicesimo assessore quindi, gli altri 11 si vedranno ridurre
lo stipendio per fare posto all'ultimo arrivato. Il passaggio da dieci a undici invece prevede un incremento
dei costi a carico dei cittadini.«Anche per quello stiamo ancora riflettendo - precisa il sindaco -, ma se
guardiamo solo i costi dovremo tenere conto che nella passata amministrazione le dimissioni degli assessori
avevano portato all'ingresso di dieci consiglieri facendo lievitare i gettoni del consiglio comunale».
Fontanini insomma non ci sta a essere preso di mira per l'allargamento della giunta voluto dai partiti e dalle
liste della sua maggioranza e tanto meno a passare per un sindaco "anti quote rosa". A rivendicare la
paternità dell'emendamento ieri sera è stato il consigliere Michele Zanolla che in un post su Faceboook ha
scritto: «Mettiamo bene in chiaro le cose... l'emendamento non è una idea del sindaco... ma di Progetto Fvg
Udine». Che chiede da tempo l'ingresso in giunta del consigliere delegato al Commercio, Antonio Falcone.
L'assessore esterna Silvana Olivotto, la cui nomina era stata criticata da parte della presidentessa del
comitato 50 e 50, Ester Soramel, ha invece precisato di essere sposata da 37 anni sempre con la stessa
persona e di non essere la compagna di nessuno. Come dire che la scelta del sindaco quindi è stata basata
unicamente su una valutazione di competenze e meriti.

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Export, Udine traina la regione ma ora rallenta la sua crescita (Gazzettino Udine)
Udine continua ad essere la locomotiva del Friuli Venezia Giulia sul fronte delle esportazioni. Cresce ancora
la provincia, ma con il freno tirato rispetto allo stesso periodo del 2018: se allora, nel primo trimestre,
l'export udinese era aumentato del 10,3 per cento, quest'anno l'incremento, che pur c'è stato, è sceso al
+7,6%. In calo anche le importazioni: un dato che, in una provincia caratterizzata da aziende di
trasformazione, non è una buona notizia, perché, per gli addetti ai lavori, significa che si importa meno
perché si produce meno. Comunque, Udine continua a difendersi bene rispetto al resto della regione. La
provincia friulana - secondo le elaborazioni dell'Ufficio Studi di Confindustria Udine su dati Istat - rafforza la
propria leadership regionale nell'export, sia in termini assoluti, sia in percentuale. E, pur in un contesto
congiunturale difficile, contrassegnato da un rallentamento generale del manifatturiero, si differenzia in
positivo rispetto alle performance colte nel contesto nazionale e territoriale. «L'export udinese conferma
Anna Mareschi Danieli, presidente di Confindustria Udine - nel primo trimestre 2019, rispetto allo stesso
periodo dello scorso anno, è cresciuto del +7,6%, oltre il triplo della media italiana (+2%) e del Nord Est
(+2,4%), passando da 1.397 a 1.503 milioni di euro». Seppur in crescita in controtendenza rispetto al resto
della regione, che ha registrato una frenata del 3,2% (soprattutto per la cantieristica, tolta la quale si
registra +4,3%) anche Udine rallenta la corsa: «Nel primo trimestre 2018, rispetto allo stesso periodo del
2017, l'export udinese era infatti aumentato del +10,3%». Comunque, «la quota dell'export udinese su
quella regionale ad oggi si attesta al 41,5%, ed è superiore a quella delle altre province (Pordenone 27,8%,
Trieste 24%, Gorizia 6,7%), oltre a crescere rispetto al 2018 (quando pesava per il 37,3%). A testimonianza
del fatto, appunto, che la nostra provincia rappresenta il motore delle esportazioni del Friuli Venezia
Giulia».
I segnali non positivi provenienti dall'indice della produzione industriale della provincia di Udine, che ha
registrato nei primi tre mesi del 2019 un calo rispetto allo stesso periodo dello scorso anno del -0,9% hanno
invece determinato una diminuzione delle importazioni del -6,7%, da 942 a 879 milioni di euro (metallurgia
-16,6%, prodotti chimici +4,4%, macchinari +8,5%, smaltimento rifiuti e recupero di materiali -19,9%). La
bilancia commerciale del territorio provinciale si mantiene sempre positiva, pari a 624 milioni di euro. Ed è
in crescita del +37,2% rispetto allo scorso anno. «Il calo dell'import commenta la presidente di
Confindustria Udine rappresenta un ulteriore segnale di difficoltà per un tessuto produttivo, il nostro,
costituito prevalentemente da processi industriali di trasformazione. Se rallentano le importazioni, dunque,
significa che diminuiscono i beni lavorati dalle nostre imprese». L'incremento delle vendite all'estero,
nonostante il calo dei prodotti della metallurgia (-2,4%, da 420 a 410 milioni di euro), dei prodotti in
metallo (-2,6%, da 143 a 140 milioni di euro) e mobili (-2,2%, da 115 a 112 milioni di euro), è dipeso dai
risultati positivi dei macchinari (+32,1%, da 254 a 336 milioni di euro) e dei prodotti alimentari (+17,1%, da
56 a 66 milioni di euro). La Germania si conferma primo paese di destinazione dell'export con una quota
pari al 17% del totale (in calo rispetto al 2018, 18,1%), registra una crescita del +1,1%, da 253 a 256 milioni
di euro. La novità è l'ingresso degli Usa al secondo posto fra le destinazioni (+40,7%, da 93 a 131 milioni di
euro) «che per la prima volta - evidenzia la presidente - scalzano dalla seconda piazza l'Austria (-12,6%)».

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La Cgil denuncia le criticità degli autisti dei mezzi Acegas (Piccolo Trieste)
Non solo i dipendenti dell'Istituto per ciechi Rittmeyer. A denunciare difficili condizioni di lavoro sono anche
gli autisti addetti alla guida dei mezzi mono operatore di AcegasApsAmga impegnati nella pulizia di alcune
vie della città, come fa sapere in una nota la Cgil Funzione pubblica. «Esprimiamo forte preoccupazione per
le condizioni in cui sono da tempo costretti ad operare gli autisti - si legge nel testo - . In particolare il
riferimento è alle vie Donadoni e Di Vittorio, nelle quali il transito di mezzi a tre o quattro assi per la
raccolta dei rifiuti comporta gravi difficoltà a causa delle auto in sosta su entrambi i lati della strada
costringendo gli autisti a manovre a rischio e passibili di violazione del codice della strada per evitare gli
ostacoli. Chiediamo all'azienda di intervenire sul piano organizzativo e al Comune di disporre con misure
adeguate a consentire agli operatori di svolgere correttamente il proprio lavoro».«Ad Acegas Aps inoltre -
incalza ancora il sindacato - chiediamo quali misure abbia adottato o intenda adottare in ordine
all'implementazione della raccolta differenziata dei rifiuti che vede la nostra città agli ultimi posti in
Regione, contestualmente alla presentazione di un piano industriale che consenta di individuare il
fabbisogno di personale effettivamente necessario a garantire uno standard adeguato di sviluppo dei
servizi. Un tanto anche alla luce del recente trasferimento di ramo d'azienda, che ha visto transitare proprio
personale addetto alle officine in Uniflotte srl liberando risorse finanziarie che possono tradursi in
investimenti in politiche assunzionali quantomeno per la copertura dei servizi durante la stagione estiva.
Non è condivisibile - conclude la nota della Cgil Funzione pubblica - la scelta di aumentare i carichi di lavoro
e ridurre la frequenza dei prelievi per la differenziata servono investimenti e una progettualità adeguata».

Esatto lascia Insiel e cerca un partner informatico (Piccolo Trieste)
Massimo Greco - Ciao Insiel. Imu, Tari, Tasi del contribuente triestino cambiano partner. Dopo lunghi anni
di collaborazione, durante i quali veniva utilizzato il programma Ascot per gestire il sistema tributario
comunale, Esatto ha deciso di salutare l'azienda informatica "in house" della Regione Fvg. L'esattore del
Municipio ha già salpato, avendo bandito la gara per l'appalto «di un'architettura informatica integrata
interattiva per la gestione diretta delle entrate tributarie ed extratributarie» in sua concessione. Ultimo
termine per presentare le offerte lunedì 8 luglio alle ore 12. Il valore economico della competizione, che
segue euro-procedure essendo sopra soglia, ammonta a 450 mila euro per un periodo di sei anni. Le
aziende interessate a partecipare debbono aver conseguito un fatturato annuo di 150 mila euro per
ciascuno degli ultimi tre esercizi.Il presidente di Esatto, Andrea Polacco, ritiene che l'aggiudicazione avverrà
tra la fine di agosto e metà settembre, in modo tale che in autunno il sistema possa essere installato e
rodato, così che la stagione tributaria 2020 vada a svolgersi all'insegna del nuovo appaltatore.In verità la
delibera, con cui Esatto aveva optato per girare pagina nella gestione informatica, era stata presa già lo
scorso anno ma, approssimandosi la fase operativa delle bollette, il cda ha preferito varare la gara una volta
completate le pratiche relative al 2019. Il cambio di "architettura informatica" coinvolgerà anche l'azionista
unico Comune, i cui uffici finanziari-tributari, diretti da Vincenzo Di Maggio, lavorano a stretto contatto con
la controllata esattrice e abbisognano di un unico software. Tra l'altro il Municipio sembra orientato ad
affidare a Esatto l'intera attività di accertamento, per cui è probabile che la controllata dovrà reclutare 7-8
nuove figure...

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Turni XL e paghe mini. Stato d'agitazione bis all'Istituto Rittmeyer (Piccolo Trieste)
Ugo Salvini- Riparte la protesta sindacale al Rittmeyer. Dopo qualche mese di silenzio, i rappresentanti di
Cgil, Cisl, Uil e dell'Alpis (Associazione lavoratori pubblico impiego servizi Fvg), al termine di un incontro con
l'Istituto regionale per i ciechi di Barcola, hanno annunciato l'imminente ritorno dello stato d'agitazione
che, non si esclude, questa volta potrebbe sfociare anche in sciopero.Alla base della mobilitazione - che
porterà a breve alla convocazione di un'assemblea con il personale - le mancate risposte arrivate dai vertici
dell'istituto su temi di grande importanza per i lavoratori. «A mesi di distanza dal tentativo di conciliazione
fatto in Prefettura - commentano i sindacalisti - la maggior parte delle questioni sono rimaste aperte. Ci
riferiamo a questioni come gli impegnativi turni di lavoro, il mancato pagamento delle festività
infrasettimanali, il non adeguamento degli incentivi alla produzione fermi dal 2016, le tempistiche e le
modalità di comunicazione tra lavoratori e direzione e in generale un'organizzazione del lavoro non
ottimale. Tutte le nostre richieste su questi temi - hanno sottolineato - sono rimaste inevase. Aggiungiamo
l'esclusione dalla stabilizzazione, ancora senza una data certa, di due persone, una delle quali con gravi
problemi di salute, ma dichiarata idonea con prescrizioni e rivedibile dopo alcuni mesi. Su questo specifico
caso - hanno rilevato - abbiamo intentato una causa di lavoro».Fra le rivendicazioni, anche un problema
tecnico: «Nonostante avessimo riconfermato l'incarico della rappresentante dei lavoratori per la sicurezza,
non appena scaduto il mandato, l'Istituto avrebbe congelato l'incarico, in attesa di un parere dell'Agenzia
per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni». Immediata la replica dell'Istituto,
attraverso le parole di Elena Weber, direttore generale: «In Prefettura - sostiene - erano state in realtà
risolte quasi tutte le questioni. E l'ultimo incontro con i sindacati - a cui ha partecipato, sebbene non fosse
tenuto a farlo, anche il presidente Hubert Perfler, proprio per dimostrare disponibilità al dialogo, è stato
bruscamente interrotto per l'abbandono del tavolo da parte dei sindacalisti, dichiaratisi insoddisfatti. Ed è
anche accaduto che, in questi primi mesi del 2019, ho più volte scritto alle organizzazioni sindacali che oggi
ci criticano, ma senza ottenere risposta. Quanto alle due mancate assunzioni, ricordo che le stabilizzazioni,
nell'ultimo periodo, sono state ben 13. La disciplina che regola i rapporti sindacali è cambiata - conclude il
direttore generale del Rittmeyer -, ma constatiamo che Cgil, Cisl, Uil e Alpis insistono su binari oramai
superati».

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Mondo dell'accoglienza in rivolta contro lo stop alla "casa" degli ultimi (Piccolo Trieste)
Lilli Goriup - «Provo un grande dolore. I bisognosi che frequentano il Centro diurno sono fratelli, italiani o
stranieri che siano». Suor Gaetana, una delle storiche anime della Comunità di San Martino al Campo, fatica
a trattenere l'emozione nel commentare la notizia dello stop all'attività della struttura di via Udine, che il
Comune di Trieste intende trasformare in un non meglio precisato «punto giovani»,ricollocando gli attuali
ospiti, secondo modalità ancora da definire. «Dispiace - prosegue al telefono la religiosa, con voce quasi
commossa - perché dopo aver tanto fatto sembra quasi di tornare indietro. Non mi sento di dire altro». Se
da San Martino al Campo non arrivano ulteriori commenti, diverse altre voci si sollevano invece per
criticare lo stop al Centro diurno e solidarizzare con l'associazione di volontariato. Il vicario del vescovo
Ettore Malnati prende posizione in prima persona: «Per realizzare una cosa non è necessario eliminarne
un'altra. A don Mario Vatta (fondatore di San Martino al Campo e attualmente suo presidente onorario,
ndr) esprimo tutta la mia solidarietà. Quella del centro diurno è un'iniziativa importate, da tenere aperta,
perché va verso gli ultimi. Merita un'attenzione continuativa - prosegue don Malnati -. Se poi esistono altre
istanze, nei confronti dei giovani, allora si trovi un'ulteriore soluzione per quelle. Ma sopprimere una realtà
dedicata agli ultimi non mi pare un messaggio positivo». L'assessore alle Politiche sociali Carlo Grilli ha però
assicurato che per gli ultimi troverà una nuova struttura: che ne pensa il vicario episcopale? «Appunto:
perché la nuova struttura non la fanno per i giovani e mantengono il servizio assicurato dal centro
diurno?». «L'apertura del centro diurno è stata una giusta intuizione da parte di San Martino al Campo -
commenta Paolo Parisini, presidente regionale della Comunità "cugina" di Sant'Egidio -. Certo, la geografia
di chi lo frequenta è cambiata, ma non la natura del luogo: è un riferimento per chi non ha dove andare.
Tanti ragazzi, ad esempio dal Pakistan o dall'Afghanistan, là trovano un tetto e un piatto caldo, prima di
entrare nella rete d'accoglienza. Chi vive per strada non ha un patentino. Quella dei clochard è da sempre
una realtà cosmopolita. Allora i bosniaci sì e gli afghani no? Come si fanno i distinguo?». Prosegue Parisini:
«L'assessore Grilli è sempre stato sensibile in questo senso: spero che non si tratti di una soluzione
definitiva. Spero che sarà ricalibrato il tiro. Se quel centro dovesse chiudere, sarebbe una perdita enorme».
Daniela Schifani-Corfini Luchetta, presidente della Fondazione Luchetta Ota D'Angelo Hrovatin, si augura
«vivamente che, come assicurato da Grilli, si stiano cercando soluzioni alternative per le persone che
resteranno senza accoglienza. La solidarietà verso i più deboli sembra passata di moda: se stavolta non si
tratta di questo, mi chiedo allora quale sia la logica. Si gettano le poche cose di un senza tetto nella
spazzatura (il riferimento è al gesto trasmesso in diretta Facebook dal vicesindaco leghista Paolo Polidori
qualche mese fa, ndr) perché non è decoroso vederle. Poi si chiude un centro che interviene proprio su tali
problemi. Forse, prima di smantellare una realtà che funziona, bisognerebbe chiarire quali soluzioni
alternative abbiano in mente questi politici». A proposito dei politici, chi si fa sentire è Sabrina Morena,
consigliera comunale di Open Fvg: «Chiudere quel centro è un progetto assurdo e vergognoso, teso a
colpire vilmente le persone deboli, italiane o straniere. Evidentemente il governo della città è ormai in
mano alla Lega, il cui scopo principale è quello di togliere a mano a mano sempre più diritti alle persone,
dimenticando invece di amministrare degnamente la città, tuttora priva di un progetto per il futuro». Dura
anche la posizione di Fabiana Martini, capogruppo Pd in Municipio. «La chiusura del Centro diurno non
potrà che impoverire la Città: rappresentava un pit-stop di umanità per tante persone, italiane e straniere.
E di umanità non ce n'è mai troppa, non è mai inutile, mai fuori luogo, mai non dovuta. Spero che
l'assessore Grilli vorrà individuare un percorso che tenga conto di tutte le esigenze e dei tempi delle
persone, e faccia fruttare il capitale accumulato in questi dieci anni».
«Quello è un argine alla disperazione e non un disturbo da eliminare»
L'analisi dello scrittore Pino Roveredo: «Dove finiranno le 20,30, 40 urgenze?» (testo non disponibile)

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Mercatone Uno, Cigs al 2020. E il Comune "congela" la Tari (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
Tiziana Carpinelli - È come se, dopo un mese di apnea, i ventisei dipendenti del Mercatone Uno di via
Colombo avessero ricevuto la prima, vera boccata d'ossigeno. Per loro, a stragrande maggioranza donne e
non di rado monoreddito e con figlio minore a carico, la notizia dell'arrivo della cassa integrazione
straordinaria, distribuita a livello nazionale su 1.800 lavoratori, rappresenta un primo punto positivo. Anche
perché il Ministero dello Sviluppo economico, dopo il pressing di Comune e Regione, ha assicurato
l'impegno a far partire le carte da indirizzare all'Inps per avviare le pratiche il più velocemente possibile
(possono passare anche tre mesi, ma qui pare si impiegherà la metà del tempo). Secondo il verbale che è
stato firmato dalle parti al tavolo del Mise, la Cigs partirà dal 24 maggio - giorno in cui il Tribunale di Milano
ha dichiarato il fallimento della Shernon - e durerà fino al 31 dicembre 2019. Qui, subito, un primo motivo
di preoccupazione: e dopo? Consapevole della spada di Damocle sulla testa dei dipendenti ieri mattina il
sindaco Anna Cisint ha chiamato a rapporto la delegazione del Mercatone Uno e ha spiegato a una platea al
99% composta da donne (unica eccezione un magazziniere) di aver ricevuto ampia «rassicurazione dal
sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon» che il paletto di fine anno è stato posto solo per il fatto che «si
confida nella riapertura con un nuovo marchio» a reggere le sorti degli store sparpagliati in Italia, due dei
quali in Regione, appunto a Monfalcone e Sacile, una cinquantina di lavoratori in tutto. Quello di Reana è
infatti chiuso da un pezzo ormai. «Dovesse poi configurarsi lo scenario peggiore - sempre Cisint -, cioè
l'assenza di interlocutori per l'acquisizione, allora la Cigs verrà prorogata al 2020. Su questo ho ricevuto
ampie garanzie da Durigon». Non perseguibile, invece, la strada di calibrare la Cigs sul regime lavorativo
ante accordo del settembre 2018, quando «per sopperire all'esubero di 300 persone, cioè al rischio
licenziamento, si sottoscrisse un patto con i sindacati molto duro»: purtroppo indietro non si torna «perché
altrimenti si configurerebbe un danno erariale», stando alla prima cittadina. Come poi confermato da
diverse lavoratrici si è trattato di un'intesa pesantissima: da un giorno all'altro chi lavorava full time (38-40
ore settimanali) si è trovato part-time (20-24 ore), con una diminuzione netta di 300 euro sullo stipendio.
Un sacrificio, a detta sempre dei dipendenti, ineludibile perché sostanzialmente sotto ricatto
occupazionale. A spanne, dunque, tranne qualche eccezione, le lavoratrici percepiranno tra i 400 e i 700
euro di Cigs al mese. «Uno col reddito di cittadinanza percepirà più di noi»: è la riflessione, amara, di una
dipendente. Da sottolineare che queste persone, oltretutto, non si vedono erogare lo stipendio dal mese di
aprile, quando peraltro ne hanno ricevuto solo due terzi: dieci giorni, infatti, non sono stati corrisposti. E
spesso si trovano sulle spalle un mutuo per l'acquisto della casa o i pagamenti rateali delle finanziarie per
auto o elettrodomestici. Di qui l'immediata esigenza, su intercessione dell'ente con le banche, di congelare i
debiti almeno fino alla corresponsione della prima Cigs, che arriverà con tutti gli arretrati in teoria «tra un
mese e mezzo», secondo quanto auspicato da Cisint, che attraverso i suoi sovrastanti referenti ha
sollecitato in tal senso Mise e Inps. Sempre il sindaco intende poi, per i lavoratori del Mercatone Uno
residenti a Monfalcone, «congelare la Tari e l'Imu su seconde case in attesa dell'arrivo della cassa
integrazione».
Le famiglie in difficoltà si appellano alle banche. «Sospendete i mutui»
«Banche e finanziarie congelino le rate in attesa del primo versamento della cassa integrazione
straordinaria». È una richiesta pressante e ripetuta, quella formalizzata ieri all'incontro di una quindicina di
lavoratori del Mercatone Uno nella sala consiliare del Comune di Monfalcone. Le famiglie devono prima
sopravvivere, continuare a dare da mangiare ai figli, perché da aprile non vendono un quattrino dal datore
di lavoro. E lo stipendio di quella mensilità, per giunta, è arrivato decurtato di dieci giorni. «Come abbiamo
fatto ad andare avanti in queste settimane? Grazie ai miei genitori, che per fortuna ci hanno supportato»,
ammette una lavoratrice. Una dei 1800 lavoratori che un venerdì notte, dopo la regolare chiusura del
magazzino, ha scoperto via WhatsApp o Facebook di non doversi più presentare lì perché per il Mercatone
Uno era arrivato il game over...

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