NOTIZIE DAL 23 FEBBRAIO AL 28 FEBBRAIO
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HDIG ONLUS HUMANITARIAN DEMINING ITALIAN GROUP Gruppo Italiano di Sminamento Umanitario C.F.97191910583 ANNO 2019 Notizie dal 23 febbraio al 28 febbraio notizie e informazioni SULL’africa e, in particoLare, sui paesi del corno d’africa, raccolte da agenzie, gruppi, istituzioni,CON pareri, considerazioni e pareri SOMMARIO Pag. 02 - 23 Feb. L’UE intensifica la partnership in Africa Pag. 02 - 23 Feb. Una ventina di svizzeri e binazionali nelle zone di conflitto Pag. 03 - 23 Feb. Ue-Lega Araba: vertice Sharm el Sheikh, focus su cooperazione economica e Medio Oriente Pag. 04 - 23 Feb. Uganda. Programma per salvare la vita dei piccoli affetti da retino blastoma Pag. 04 - 23 Feb. La guerra che portò il caos in Libia venne scatenata dai francesi con l’avallo degli americani. Pag. 05 - 24 Feb. Angola. Il ponte che collega i quartieri Bairro Popular / Palanca a Luanda è crollato Pag. 05 - 24 Feb. Angola. La Cina continua a estendere la sua presenza in Africa Pag. 06 - 24 Feb. L’Etiopia sarà il primo paese africano ad avere l’energia prodotta da centrali nucleari? Pag. 07 - 25 Feb. Somalia. Raid aereo americano al confine con l’Etiopia Pag. 07 - 25 Feb. Libia e Siria. Le forze della coalizione alla caccia di jihadisti anche con i droni Pag. 09 - 26 Feb. Somalia. Soldato condannato a morte per l’omicidio di un civile Pag. 09 - 26 Feb. Sfollati in Etiopia: la crisi dimenticata Pag. 10 - 27 Feb. Somalia: Fmi, economia crescerà del 3,5 per cento nel 2019 e 2020 Pag. 10 - 28 Feb. Violento attacco al nostro Centro MsF per il trattamento di Ebola Per segnalazioni ed informazioni: tel.+39.348.6924401; tel.+39.339.2940560 website: www.hdig.org ; e-mail: riccardo.galletti@hdig.org, mario.pellegrino@hdig.org; IBAN Banca Friuladria (ag.Thiene-VI): IT43 M 053 3660 7900 0004 6284703 1
HDIG ONLUS HUMANITARIAN DEMINING ITALIAN GROUP Gruppo Italiano di Sminamento Umanitario C.F.97191910583 23 Feb. L’UE intensifica la partnership in Africa Il 9 Febbraio il Commissario per la cooperazione e lo sviluppo internazionale, Neven Mimica, ha firmato ad Addis Abeba (Etiopia) un sostegno supplementare ai programmi di 5 organizzazioni regionali (COMESA, EAC, IGAD, IOC, SADC) che coprono ben 25 paesi africani: Angola, Botswana, Burundi, Comore, Gibuti, Repubblica Democratica del Congo, Eritrea, Etiopia, Kenya, Lesotho, Madagascar, Malawi, Mauritius, Mozambico, Namibia, Ruanda, Seychelles, Somalia, Sud Sudan, Sudan, Swaziland, Tanzania, Uganda, Zambia e Zimbabwe. Il sostegno del valore di 225 milioni di euro rafforzerà la creazione di posti di lavoro e la stabilità nei paesi dell’Africa orientale, meridionale e dell’Oceano indiano, contribuendo a mantenere gli impegni presi nel contesto dell’Alleanza Africa-Europa. Questo supplemento porta la dotazione finanziaria complessiva del Fondo europeo di sviluppo (FES) per questo programma indicativo regionale a 1,49 miliardi di Euro per il periodo 2014-2020 e si concentra su 3 aree prioritarie: integrazione economica regionale; pace, sicurezza e stabilità regionale e gestione regionale delle risorse naturali. Durante questa missione la Commissione europea, la Commissione dell’Unione africana e l’International Trade Center (ITC) hanno istituito l’Osservatorio commerciale dell’Unione africana, un pilastro fondamentale dell’Area africana continentale di libero scambio. L’8 febbraio il Commissario Mimica ha anche visitato la vicina Eritrea, dove ha incontrato il presidente Isaias Afwerki per discutere della situazione nella regione ed esplorare modi per l’UE e l’Eritrea di intensificare le relazioni politiche e il dialogo su questioni di interesse per entrambe le parti. È stato lanciato un progetto iniziale da 20 milioni di euro, finanziato attraverso il Fondo fiduciario dell’UE per l’Africa e l’Ufficio delle Nazioni Unite per i servizi ed i progetti (UNOPS), per ricostruire il collegamento stradale tra il confine etiopico e i porti eritrei stimolando così il commercio, consolidando la stabilità e producendo chiari benefici per i cittadini di entrambi i paesi. Nel luglio dello scorso anno, l’Eritrea e l’Etiopia hanno firmato uno storico accordo di pace che ha posto fine a 20 anni di conflitto. Il riavvicinamento ha già prodotto benefici per la popolazione eritrea : riapertura dei confini, ripresa della comunicazione, stabilità politica, sviluppo economico e riduzione del prezzo delle materie prime. Contribuirà inoltre, a più lunga scadenza, alla stabilità dell’intera regione. 23 Feb. Una ventina di svizzeri e binazionali nelle zone di conflitto Dal Servizio delle attività informative della Confederazione svizzera si apprende che una ventina di persone svizzere, fra loro anche donne e bambini, si trovano in zone di conflitto Una ventina di jihadisti svizzeri o binazionali, uomini, donne e bambini, si trovano attualmente nelle zone di conflitto in Iraq e Siria. Lo afferma il Servizio delle attività informative della Confederazione (SIC), che dal 2001 tiene la contabilità delle persone che hanno lasciato la Svizzera per unirsi alla Jihad nell'ambito di un programma di contrasto al terrorismo. In totale sono state conteggiate 78 partenze verso la Siria e l'Iraq, 15 verso la Somalia, l'Afghanistan e il Pakistan e una verso le Filippine. Delle persone partite 31 avevano la nazionalità svizzera, 18 delle quali con doppia cittadinanza. Gli altri casi riguardano cittadini di nazionalità straniera in possesso di un permesso di soggiorno o aventi un qualsiasi legame con la Svizzera. Per segnalazioni ed informazioni: tel.+39.348.6924401; tel.+39.339.2940560 website: www.hdig.org ; e-mail: riccardo.galletti@hdig.org, mario.pellegrino@hdig.org; IBAN Banca Friuladria (ag.Thiene-VI): IT43 M 053 3660 7900 0004 6284703 2
HDIG ONLUS HUMANITARIAN DEMINING ITALIAN GROUP Gruppo Italiano di Sminamento Umanitario C.F.97191910583 Dai dati risultano una una ventina di minori, tra cui figurano sei figli con almeno un genitore svizzero. Il SIC ha registrato tra i simpatizzanti della causa jihadista 33 decessi, di cui 27 confermati, e 16 ritorni in Svizzera, di cui 13 confermati. Gli adulti che si sono recati in zone di conflitto sono tutti oggetto di procedimenti penali. 23 Feb. Ue-Lega Araba: vertice Sharm el Sheikh, focus su cooperazione economica e Medio Oriente Europei e arabi hanno una lunga e ricca storia di scambi culturali, economici, commerciali e politici. Questo, insieme alla vicinanza geografica e all’interdipendenza, ha contribuito a istituzionalizzare una forte relazione tra l’UE e la Lega degli Stati arabi (LAS). In questo quadro, l’obiettivo comune è sviluppare una cooperazione più stretta per realizzare le loro aspirazioni condivise per assicurare pace, sicurezza e prosperità in entrambe le regioni. I lavori inizieranno domenica 24 e lunedì 25 febbraio a Sharm El-Sheikh, in Egitto. Donald Tusk, sarà co- presidente dell’incontro insieme al capo dello Stato egiziano Abdel Fatah al Sisi. Tusk rappresenterà l’Ue insieme al presidente della Commissione europea, Jean Claude Juncker. Ai presidenti si uniranno l’Alta rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri e la politica di sicurezza/Vicepresidente della Commissione Federica Mogherini e il Commissario per la Politica europea di vicinato e i negoziati di allargamento Johannes Hahn. Il cancelliere tedesco Angela Merkel parteciperà al summit ha detto Steffen Seibert, aggiungendo che il vertice sarà il primo incontro ufficiale di tutti i leader dell’Unione europea e dell’SVL. A rappresentare l’Italia sarà il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. Il vertice offre ai leader l’opportunità di affrontare una vasta gamma di temi e sfide comuni, quali gli investimenti, i legami economici, i cambiamenti climatici, la sicurezza e gli sviluppi politici in atto. Europei e arabi hanno una lunga e ricca storia di scambi culturali, economici, commerciali e politici. Un passato comune, la vicinanza geografica e l’interdipendenza hanno contribuito a rafforzare la cooperazione tra l’UE e la Lega degli Stati arabi e la loro collaborazione favorirà ulteriormente un ordine mondiale multilaterale fondato su regole. Il vertice inizierà nella giornata di domenica 24 febbraio alle ore 17:00, con un discorso di benvenuto del presidente Al Sisi. Subito dopo, alle 17:30, è in programma una cerimonia ufficiale d’apertura, alla quale seguirà una sessione plenaria sul rafforzamento del partenariato euro-arabo e la cooperazione nel quadro delle sfide più importanti a livello globale. Seguiranno poi una foto di famiglia e una cena ufficiale, alla quale prenderanno parte i capi delle diverse delegazioni. L’evento riprenderà il giorno successivo, lunedì 25 febbraio, alle ore 10:30, con una riunione nel formato ristretto a cui prenderanno parte i leader dei paesi “impegnati ad affrontare insieme le sfide regionali”, alla quale seguirà la seconda parte della seduta plenaria che inizierà il giorno precedente. La sessione di chiusura è prevista per le ore 14:20, e terminerà con una conferenza stampa finale. L’organizzazione del vertice è stata decisa al termine di una riunione informale tra i capi di Stato e di governo dei paesi Ue, svoltasi a Salisburgo lo scorso 19-20 settembre. L’iniziativa era già stata introdotta dal Consiglio europeo il 18 ottobre 2018, che ha definito il summit un’opportunità per sottolineare la necessità di una maggiore cooperazione tra l’Ue e il mondo arabo. Ad oggi, i paesi aderenti alle due organizzazioni costituiscono il 12 per cento della popolazione mondiale, anche e soprattutto a fronte della forte crescita demografica che ha caratterizzato il Medio Oriente nell’ultimo periodo. L’evento potrebbe essere, quindi, un’occasione per rafforzare la cooperazione multilaterale nel quadro di una serie di questioni pressanti, come lo sviluppo socio- economico, il commercio, gli investimenti, la sicurezza energetica, il cambiamento climatico e i flussi migratori. I rapporti commerciali tra le due organizzazioni sono già ad un livello significativo. L’Unione europea è il primo partner commerciale e il primo investitore nei paesi aderenti alla Lega: il 23 per cento del totale delle importazioni di petrolio europee proviene dalle nazioni della Las, così come il 19 per cento di quelle relative al gas naturale. Ne consegue che il vertice costituirà anche un’importante occasione per discutere un ulteriore rafforzamento della cooperazione economica bilaterale, in particolare nei settori dell’energia, della scienza, della ricerca, della tecnologia, del turismo, della pesca e dell’agricoltura. Per segnalazioni ed informazioni: tel.+39.348.6924401; tel.+39.339.2940560 website: www.hdig.org ; e-mail: riccardo.galletti@hdig.org, mario.pellegrino@hdig.org; IBAN Banca Friuladria (ag.Thiene-VI): IT43 M 053 3660 7900 0004 6284703 3
HDIG ONLUS HUMANITARIAN DEMINING ITALIAN GROUP Gruppo Italiano di Sminamento Umanitario C.F.97191910583 L’immigrazione, il cambiamento climatico, i rapporti economici, la cooperazione e la situazione attuale in Medio Oriente, Siria, Yemen e Libia. Questi i temi su cui sarà incentrato, stando alle informazioni diffuse da una serie di fonti europee. La Lega araba include 22 stati membri dell'Africa e del Medio Oriente: Algeria, Bahrein, Comore, Gibuti, Egitto, Iraq, Giordania, Kuwait, Libano, Libia, Mauritania, Marocco, Oman, Territori occupati palestinesi, Qatar, Arabia Saudita, Somalia, Sudan, Siria, Tunisia, Emirati Arabi Uniti e Yemen. Non partecipa la Siria, la cui appartenenza alla Lega è in sospeso dal 2011. Dalla firma di un memorandum d'intesa nel 2015, l'Ue e la Las hanno mantenuto una relazione avanzata, con cui riunioni ministeriali biennali e incontri annuali tra il Comitato politico e di sicurezza dell'Ue e rappresentanti permanenti della Las. L'Ue e la Las hanno anche lanciato nel 2015 un dialogo strategico per lo sviluppo della cooperazione operativa euro-araba su questioni di sicurezza. 23 Feb. Uganda. Programma per salvare la vita dei piccoli affetti da retino blastoma Nel mondo, ogni anno, si registrano 9 mila nuovi casi di retinoblastoma, il tumore dell’occhio. Alta l’incidenza sui bambini in età pediatrica e, mentre nei Paesi ad alto reddito oltre il 90% dei bambini affetti da retinoblastoma sopravvive, nei Paesi del Sud del mondo il 70% muore perché non riceve una diagnosi precoce e cure tempestive. Si tratta di cifre impressionanti cui, per fare fronte a questa piaga, in Uganda, all’Ospedale Ruharo, la diocesi di Ankole insieme a CBM Italia Onlus, di Milano, la più grande organizzazione umanitaria internazionale impegnata nella prevenzione e cura della cecità e disabilità evitabile nei Paesi del Sud del mondo, ha lanciato un programma nazionale di prevenzione e cura del retinoblastoma. La diocesi di Ankole, fondata nel 1957 a Ruharo, a 3 km da Mbarara, promuove servizi sanitari, educativi e di assistenza sociale per gli abitanti di Mbarara, Ibanda, Isingiro e Ntungamo. In tale cornice si inserisce l’assistenza ai più piccoli, per salvare le loro vite. “In Uganda, il nostro obiettivo prioritario è ridurre la mortalità dei bambini colpiti da retinoblastoma salvando la loro vista e la loro vita. Non è facile, la tempestività in questi casi è fondamentale per evitare che la malattia si diffonda ulteriormente. Quando diagnosticato precocemente e trattato in modo efficace, il retinoblastoma infantile infatti è curabile”, dichiara Massimo Maggio, Direttore di CBM Italia Onlus. Il programma, avviato nel 2006 presso il Ruharo Eye Centre a Mbarara, nella parte sud occidentale dell’Uganda, favorisce l’accesso alle cure mediche ai bambini offrendo loro un trattamento completo: dall’identificazione al trattamento con chemioterapia o chirurgia; dalla riabilitazione con protesi oculari ai controlli di breve e lungo termine. Il 72% della popolazione ugandese vive nelle zone rurali più povere e isolate, dove non ci sono ospedali. Tantissimi bambini colpiti da retinoblastoma, a causa della povertà e dell’isolamento, non ricevono una diagnosi tempestiva e arrivano negli ospedali quando ormai è troppo tardi, quando il tumore è diventato incurabile. Su 270 bambini trattati, dal 2006 al 2013, i risultati evidenziano la riduzione della mortalità del 37% e un aumento della percentuale di bambini che hanno mantenuto la vista dopo la terapia dal 15 al 77 23 Feb. La guerra che portò il caos in Libia venne scatenata dai francesi con l’avallo degli americani. La guerra di Libia. Correva l’anno 2011, i dodici mesi che cambiarono il mondo ma sopratutto la storia d’Italia. Eravamo ormai abituati a ricordarlo come l’anno della caduta del governo Berlusconi IV e dell’arrivo dell’ultra- europeista Mario Monti a Palazzo Chigi dopo mesi di attacchi politici e finanziari (non senza speculazioni assai poco trasparenti). Tutti ricordiamo gli insopportabili risolini di Angela Merkel e Nicolas Sarkozy al Consiglio Europeo del 23 ottobre 2011. Ebbene, ora su quei giorni cruciali potremmo apprendere qualcos’altro. Se possibile, qualcosa di ancora più inquietante. Come ha rilevato Scenarieconomici, spulciando fra le mail dell’allora Segretario di Stato Usa Hillary Clinton si scopre che l’attacco internazionale che portò alla caduta del regime di Muhammar Gheddafi e all’uccisione del Colonnello venne lanciato solo ed esclusivamente per rispondere a precisi interessi geostrategici francesi, con Per segnalazioni ed informazioni: tel.+39.348.6924401; tel.+39.339.2940560 website: www.hdig.org ; e-mail: riccardo.galletti@hdig.org, mario.pellegrino@hdig.org; IBAN Banca Friuladria (ag.Thiene-VI): IT43 M 053 3660 7900 0004 6284703 4
HDIG ONLUS HUMANITARIAN DEMINING ITALIAN GROUP Gruppo Italiano di Sminamento Umanitario C.F.97191910583 l’avallo statunitense. A tutto detrimento degli interessi italiani. L’obiettivo era uno solo: affermare la potenza transalpina ed eliminare ogni influenza italiana nel Maghreb. Certo, sapevamo già che la guerra voluta da Sarkozy era un mezzo per estromettere il nostro Paese dal controllo del petrolio libico, ma vederlo scritto nero su bianco resta comunque impressionante. E allora vediamo cosa contengono, quelle mail famigerate. Il 2 aprile del 2011, l’allora candidata democratica alla Casa Bianca riceveva un messaggio dal suo consigliere per il Medio Oriente Sidney Bluementhal dai toni assai espliciti. Da quelle righe emerge infatti che il presidente francese dell’epoca, Sarkozy, ha finanziato e aiutato in ogni modo le fazioni anti gheddafiane con denaro, armi e addestratori, allo scopo di strappare più quote di produzione del petrolio in Libia e rafforzare la propria posizione tanto sul fronte politico esterno quanto su quello geostrategico globale. Di più. A motivare definitivamente la decisione dell’Eliseo di entrare nel conflitto sarebbe stato il progetto del raìs di soppiantare il franco francese africano con una nuova divisa pan-africana, nell’ottica di un’ascesa della Libia come potenza regionale in grado di raccogliere intorno a sè un’alleanza regionale di Stati. Sostituendo così proprio la Francia, a suon di oro e di argento (Gheddafi ne avrebbe conservate poco meno di trecento tonnellate). Le conseguenze dell’intervento sono storia nota, con la Libia precipitata in un’atroce guerra civile, l’Isis che spadroneggia sulle coste meridionali del Mediterraneo e un’ondata di migranti senza precedenti che si riversa sulle nostre coste. All’epoca l’Italia, all’oscuro di tutto, prese addirittura parte alla guerra contro Gheddafi, sia pure a malincuore. Ora però è chiaro che quella manovra, insieme all’attacco speculativo portatoci dalla Germania, aveva un solo obiettivo: l’Italia. Che ancora oggi ne sconta le terribili conseguenze. 24 Feb. Angola. Il ponte che collega i quartieri Bairro Popular/Palanca a Luanda è crollato Con oltre sei milioni di abitanti, la provincia di Luanda comprende il comune di Luanda, Cazenga, Cacuaco, Viana, Belas, Icolo e Bengo e Quiçama. A seguito delle forti piogge avvenute in questo periodo è crollato il ponte che collega i quartieri Bairro Popular / Bairro Palanca in Luanda. Inoltre è crollato un ponte temporaneo a causa dell'inondazione che ha anche distrutto centinaia di case. Si sono verificati due morti nel quartiere di Rasta, nel comune di Kilamba Kiaxi, e altri due a Boavista, nel distretto di Ingabota di Luanda, tutti rimasti otto le macerie delle abitazioni crollate. Parlando alla stampa, il direttore dell'ufficio governativo di Luanda del servizio tecnico e infrastrutturale (GPL), Osvaldo do Amaral, ha affermato che il lavoro sul canale di drenaggio, che collega il ponte crollato, è rimasto paralizzato. Il funzionario ha anche detto che dall'inizio di febbraio, la pioggia ha distrutto 711 case, oltre a scuole e centri sanitari, ma non ci sono state altre vittime. 24 Feb. Angola. La Cina continua a estendere la sua presenza in Africa La Cina continua a estendere la sua presenza in Africa. Una presenza che spesso e volentieri è in grado di portare investimenti, sviluppo e stabilità. Chi pensa che la presenza di Pechino si limiti all'Africa orientale si sbaglia. Uno dei paesi con il quale Pechino ha il rapporto più stretto è infatti l'Angola, sulla costa Sud Occidentale del continente. Per segnalazioni ed informazioni: tel.+39.348.6924401; tel.+39.339.2940560 website: www.hdig.org ; e-mail: riccardo.galletti@hdig.org, mario.pellegrino@hdig.org; IBAN Banca Friuladria (ag.Thiene-VI): IT43 M 053 3660 7900 0004 6284703 5
HDIG ONLUS HUMANITARIAN DEMINING ITALIAN GROUP Gruppo Italiano di Sminamento Umanitario C.F.97191910583 Per il 2018 la Cina si conferma infatti il più grande investitore in Angola, stando ai dati della Investment and Export Promotion Agency (AIPEX) of Angola. L'agenzia ha approvato 71 progetti per un valore di circa 502 milioni di dollari tra il marzo e il dicembre dell'anno appena trascorso. E le prospettive sono di ulteriore crescita, con il numero di progetti che dovrebbe aumentare ancora di più. "Sfortunatamente, le province costiere hanno infrastrutture di qualità molto maggiore rispetto al resto del paese", dichiara a CCTV+ Licini Contreiras, presidente dell'Aipex. "Parlo di energia, idroelettrica, strade, infrastrutture e ospitalità. Dobbiamo provare a migliorare la situazione anche nelle altre province". In questo senso possono essere d'aiuto gli investimenti cinesi che potrebbero concentrarsi anche sulle energie rinnovabili, settore sul quale ci sarà un forum imprenditoriale nella prima metà del 2019. 24 Feb. L’Etiopia sarà il primo paese africano ad avere l’energia prodotta da centrali nucleari? La Russia e la Cina propongono e sostengono il nucleare come una soluzione per l'energia pulita per favorire lo sviluppo dei paesi del continente Africano. Impaziente di incrementare le forniture di elettricità per abitazioni e aziende, l'Etiopia e altre nazioni africane stanno preparandosi, aprendo la strada alle centrali nucleari. Per ora, il Sudafrica è l'unico paese del continente che gestisce una centrale nucleare. Ma negli ultimi anni, almeno altri sette stati dell'Africa sub-sahariana hanno firmato accordi per schierare l'energia nucleare con il sostegno della Russia, secondo gli annunci pubblici della World Nuclear Association (WNA), un ente industriale. Il memorandum d'intesa dell'Etiopia sulla cooperazione nucleare con la Russia spiana la strada per la costruzione di una centrale nucleare e di un reattore di ricerca a lungo termine, ha affermato Frehiwot Woldehanna, ministro dello stato dell'Etiopia per il settore energetico. Il paese dell'Africa orientale si sta elettrificando rapidamente per soddisfare la crescente domanda di energia ed ha come obiettivo di diventare il più grande esportatore di energia del continente, attenendosi alle promesse di mantenere una bassa emittenza di gas serra pericolosi per il pianeta. Nell'ambito di un piano di sviluppo 2015-2020, Addis Ababa intende aumentare la produzione di energia a oltre 17.000 megawatt (MW) dalla capacità attuale di poco più di 4.200 MW, principalmente sfruttando fonti idriche, eoliche e geotermiche. Il suo progetto più ambizioso è la diga Grand Renaissance in costruzione sul fiume Nilo che, se completata entro i prossimi quattro anni, produrrà 6.000 MW a pieno regime, secondo l'etiope Electric Power, l'azienda di proprietà statale. Ma è forte la preoccupazione sull'abbondanza di acqua per la principale fonte di elettricità del paese, poiché la siccità diventa sempre più frequente. Con i fiumi che a volte si stanno prosciugando, "non si può fare completamente affidamento sull'energia idroelettrica. I piani per una centrale nucleare in Etiopia rimangono nella "fase di pre-fattibilità", ma il paese è seriamente intenzionato a costruirne una. Con i 48 paesi dell'Africa subsahariana che generano la stessa quantità di energia della Spagna, nonostante una popolazione 18 volte più grande, l'opzione di portare l'elettricità alla popolazione su scala più ampia usando l'energia nucleare sta guadagnando slancio. Sei su dieci africani sub-sahariani non hanno ancora accesso all'elettricità, secondo i dati della Banca Mondiale. Come l'Etiopia, gli stati nucleari emergenti Sudan, Kenya, Uganda, Nigeria, Ruanda, Zambia e Ghana hanno firmato accordi con la società nucleare statale russa, ROSATOM - la maggior parte dal 2016. Il loro contenuto spazia dalla costruzione di reattori nucleari all'assistenza con studi di fattibilità e formazione del personale. Per segnalazioni ed informazioni: tel.+39.348.6924401; tel.+39.339.2940560 website: www.hdig.org ; e-mail: riccardo.galletti@hdig.org, mario.pellegrino@hdig.org; IBAN Banca Friuladria (ag.Thiene-VI): IT43 M 053 3660 7900 0004 6284703 6
HDIG ONLUS HUMANITARIAN DEMINING ITALIAN GROUP Gruppo Italiano di Sminamento Umanitario C.F.97191910583 Le soluzioni di ROSATOM per la gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi variano da paese a paese, ma vengono normalmente elaborate nelle fasi successive di un programma nucleare di nuova costruzione "nel più rigoroso rispetto del diritto internazionale", ha detto una portavoce alla Thomson Reuters Foundation. Anche le aziende nucleari statali cinesi hanno assunto un ruolo guida nella regione, concludendo accordi con Kenya, Sudan e Uganda, come mostrano dati WNA. L'Etiopia si è impegnata a rispettare l'accordo di Parigi sui cambiamenti climatici per ridurre le sue già magre emissioni di due terzi rispetto alle proiezioni business-to-usual, entro il 2030. L'accordo di Parigi, concordato nel 2015 da circa 195 nazioni, cerca di ridurre l'economia globale dai combustibili fossili nella seconda metà di questo secolo, limitando l'aumento delle temperature medie a "ben al di sotto" di 2 gradi Celsius (3,6 Fahrenheit) sopra tempi industriali. Il potenziamento dell'energia nucleare potrebbe essere un'opzione neutrale dal punto di vista del carbonio, ma presenta dilemmi come l'alto costo della costruzione di un impianto e la creazione di infrastrutture di supporto, compresa la gestione sicura del combustibile nucleare. Tuttavia, ottenere l'accesso a grandi quantità di elettricità a basso costo da impianti nucleari attivi 24 ore su 24, 7 giorni su 7, potrebbe aumentare la produzione domestica e lo sviluppo. La problematica essenziale che investe la sicurezza viene espressa da alcuni osservatori politici che esprimono preoccupazione per la prospettiva di reattori nucleari sostenuti dalla Russia in alcuni paesi per la presenza di gruppi ribelli e istituzioni governative deboli. Nella trattazione della ,materia un diplomatico occidentale con sede in Africa, che ha chiesto di rimanere anonimo, dubita infatti delle rassicurazioni della Russia che raccoglierà i rifiuti nucleari dai progetti che ha aiutato a stabilire. In questo contesto i rifiuti radioattivi non smaltiti correttamente possono essere utilizzati per la realizzazione di bombe sporche. Le cosiddette bombe sporche possono combinare esplosivi convenzionali come la dinamite con materiali radioattivi come le scorie nucleari. Il Trattato sulla non proliferazione delle armi nucleari impone misure di salvaguardia per garantire il materiale nucleare. E 40 nazioni hanno aderito al Trattato di Pelindaba che crea una zona senza armi nucleari in Africa. La strada quindi ora è avviata ma si presuppone sia una strada lunga. Potrebbero volerci 20 anni perché l'Etiopia costruisca una centrale nucleare, stima Hong-Jun Ahn, un ingegnere elettrico coreano che consiglia il governo etiopico sui suoi piani nucleari. 25 Feb. Somalia. Raid aereo americano al confine con l’Etiopia Il comando militare Usa in Africa (Africom) ha ucciso, mediante l’impiego di droni, 35 militanti di al Qaeda affiliati ad al-Shabaab in un raid in Somalia, in una area non precisata vicino al confine etiope. Africom comunica che i militanti sono stati uccisi mentre si spostavano da una postazioni ad un’altra in una zona rurale e che "raid di precisione eliminano potenziali minacce per i nostri partner in Somalia”. Non ci sono comunicazioni per eventuali danni collaterali né se l’azione è stata compiuta in appoggio a truppe di terra. 25 Feb. Libia e Siria. Le forze della coalizione alla caccia di jihadisti anche con i droni Il quotidiano cattolico Avvenire dimentica per un giorno l’assalto contro il ministro Salvini, definito quasi come un demonio, stile Famiglia Cristiana, sol perché cerca di frenare il business dell’immigrazione, e si dedica ad argomenti inconsueti per il mondo cattolico, quali la caccia ai jihadisti che le forze della coalizione stanno realizzando da tempo. Ecco l’analisi del quotidiano, che riportiamo per il suo indubbio interesse per l’opinione pubblica. Sono operazioni semi-segrete, ordite dalle forze speciali e dai droni. Puntano alla cattura e all’eliminazione dei vertici jihadisti. Raid mirati che stanno accompagnando ovunque le varie fasi della guerra contro il terrorismo. In Afghanistan, in Iraq, in Somalia, in Yemen, in Siria, in Iraq, in Libia e in Mali c’è una sorta di caccia all’uomo, fatta di un intreccio di intercettazioni, lavoro certosino di intelligence e vigilanza permanente dello Per segnalazioni ed informazioni: tel.+39.348.6924401; tel.+39.339.2940560 website: www.hdig.org ; e-mail: riccardo.galletti@hdig.org, mario.pellegrino@hdig.org; IBAN Banca Friuladria (ag.Thiene-VI): IT43 M 053 3660 7900 0004 6284703 7
HDIG ONLUS HUMANITARIAN DEMINING ITALIAN GROUP Gruppo Italiano di Sminamento Umanitario C.F.97191910583 spazio aereo. Soprattutto ora che la fine della guerra in Siria si avvicina, i jihadisti sono circoscritti in una ridotta area a ridosso dell’Eufrate ed è stato dato il «rompete le righe» ai combattenti. Fino all’obiettivo finale, che dovrebbe mirare a disarticolare i gruppi terroristici, eliminando i cervelli della rete. L’ultimo colpo è stato assestato dalla task force Sabre in Mali, da una squadra dei 500 uomini delle forze speciali francesi basati in Burkina Faso. Il numero due dell’Alleanza per la vittoria dell’islam e dei musulmani, Yahia Abou Hamman, è stato ucciso nel primo pomeriggio del 21 febbraio, a nord di Timbuctu, in una zona monitorata da tempo da almeno un drone, decollato da Niamey, in Niger. E una rete di avamposti e basi occidentali il desertico Sahel, la nuova frontiera del jihadismo più vicina all’Europa, puntellata soprattutto dai francesi e dagli americani. Hamman è il quarto comandante a essere ucciso nel giro di un anno. Faceva parte del cerchio più ristretto del capo dei capi, Iyad Ag Ghaly, il terrorista più ricercato della regione. Si spera ora di arrivare ai contatti di quest’ultimo e di prenderlo, costi quel che costi. Come si sta cercando di fare con al- Baghdadi, in Siria, e con i foreign fighters (i combattenti stranieri) occidentali che nessuno desidera rimpatriare. Le forze speciali americane, britanniche e francesi avrebbero ordine di «non fare prigionieri». Forse anche quelle danesi. Dal 2014, Abu Bakr al- Baghadi è stato dato per morto una mezza dozzina di volte. E invece potrebbe aver seguito le orme di Benladen, modificando di 360′ i suoi stili di vita. L’anno scorso era stato intercettato dalla Nsa americana a Deir ez-Zor. Facendo man bassa delle confessioni di Abu Zaid al-Iraqi, catturato in un’operazione sinergica fra operazioni al limite della legalità, di regolamenti di conti da far west, come avviene in tutte le guerre asimmetriche, contro miliziani, tecno-guerriglie e jihadisti privi di copertura aerea. I droni armati fanno il lavoro sporco, insieme alle forze speciali, infiltrate con elicotteri. Si uccide, purtroppo. A volte si mietono vittime innocenti, si sequestrano armi, telefoni portatili e computer ricchi di informazioni per l’intelligence. Gli israeliani sono maestri nel campo. Studiano meticolosamente l’obiettivo e ne affidano le sorti ai droni o molto più spesso al Kidon, il ramo più segreto del Mossad. Addestrati nel deserto del Neghev, i commando si muovono generalmente in cellule formate da tre uomini e una donna, trappola ideale per liquidare bersagli maschili. Molte azioni avvengono in Medioriente, ma anche l’Africa è assurta a teatro operativo. Non meno clandestini sono i programmi americani di uccisioni mirate in Afghanistan, Yemen e Somalia, con centinaia di raid e blitz delle forze speciali dal decennio scorso ad oggi. Il 20 febbraio, i droni a stelle e strisce hanno chiuso definitivamente anche il dossier di Fabien Clain e del fratello Jean-Michel, eliminati nell’area di Baghuz, l’ultimo fortino del Daesh in Siria. Fabien era il jihadista francese che aveva prestato la voce alla rivendicazione dei sanguinosi attacchi a Parigi nel 2015. Interessanti anche i numeri riportati: la legione straniera affluita nel Califfato conta su 40mila circa combattenti stranieri che hanno raggiunto il Daesh, dal giugno 2014 alla fine del 2017, con 110 nazionalità rappresentate in Siria e Iraq: 5.600 sarebbero i combattenti rientrati nei Paesi di origine. 138 i foreign fighter italiani partiti per il Siraq o la Libia: 47 i morti in combattimento, 28 i probabili rimpatriati. Sono numeri inquietanti, e speriamo che intelligence, polizia e magistratura continuino nella loro opera di prevenzione. Per segnalazioni ed informazioni: tel.+39.348.6924401; tel.+39.339.2940560 website: www.hdig.org ; e-mail: riccardo.galletti@hdig.org, mario.pellegrino@hdig.org; IBAN Banca Friuladria (ag.Thiene-VI): IT43 M 053 3660 7900 0004 6284703 8
HDIG ONLUS HUMANITARIAN DEMINING ITALIAN GROUP Gruppo Italiano di Sminamento Umanitario C.F.97191910583 26 Feb. Somalia. Soldato condannato a morte per l’omicidio di un civile Un tribunale militare di Mogadiscio ha condannato a morte un soldato governativo per aver ucciso un civile nel distretto di Mahad nella regione del Medio Shabelle, nel sud della Somalia, ha riferito radioshabelle.com il 25 febbraio 2019. Abdulkadir Mohamud Ali è stato giudicato colpevole dalla corte per l'omicidio del civile Abdirahman Adow Mohamud avvenuto lo scorso novembre. La vittima, che era un autista noto nella zona, fu colpita da vicino con arma da fuoco dal soldato ad un posto di blocco a Mahaday, nella regione del Medio Shabelle. L'ex soldato può presentare appello, hanno detto i giudici della corte militare. 26 Feb. Sfollati in Etiopia: la crisi dimenticata DIMENSIONI• DI TESTO AaAa Con tre milioni di sfollati al suo interno, l'Etiopia sta attraversando una delle crisi umanitarie più gravi e ignorate al mondo. Otto milioni di persone hanno urgente bisogno di assistenza alimentare. Altri 8 milioni hanno necessità di supporto per i bisogni più basilari. La nostra Monica Pinna, per il programma AID ZONE di Euronews, ha voluto approfondire il ruolo dell’Europa in un Paese sospeso tra profonde riforme democratiche e violenti scontri interetnici. Le riforme democratiche adottate dal nuovo Primo Ministro d’Etiopia Abiy Ahmed hanno dato una scossa alla politica e all’economia del Paese. Tra gli effetti anche un aumeto delle violenze interentiche. Dati: A oggi sono circa 3 milioni gli sfollati all’interno del Paese. Due terzi di loro sono fuggiti dai conflitti, il resto da siccità e inondazioni. Mentre otto milioni di etiopi hanno urgente bisogno di assistenza alimentare, altri otto milioni sono considerati in stato di vulnerabilità cronica. Il nuovo Primo Ministro d’Etiopia Abiy Ahmed ha scosso l'Etiopia facendo grossi passi avanti per promuovere i diritti umani. Questo giovane leader punta all'unità di un Paese oggi frammentato. Se riuscirà nei suoi intenti l'ondata di democrazia potrà influire sull'intera regione, non soltanto sull' Etiopia. Il campo di Qoloji Qoloji è il campo di sfollati più grand dello Stato Somalo dell’Etiopia, nell’Est del Paese. Qui vivino circa 80.000 persone, principalmente di etnia somala, provenienti dalla vicina regione dell’Oromia. Ci sono nuovi arrivi praticamente ogni giorno, ma molti si sono installati qui più di un anno fa. Per segnalazioni ed informazioni: tel.+39.348.6924401; tel.+39.339.2940560 website: www.hdig.org ; e-mail: riccardo.galletti@hdig.org, mario.pellegrino@hdig.org; IBAN Banca Friuladria (ag.Thiene-VI): IT43 M 053 3660 7900 0004 6284703 9
HDIG ONLUS HUMANITARIAN DEMINING ITALIAN GROUP Gruppo Italiano di Sminamento Umanitario C.F.97191910583 Tra le grandi urgenze da affrontare nel campo, spiccano la mancanza di acqua unita alla difficoltà nell'igiene personale. L’agenzia delle Nazioni Unite IOM, supportata dal Soccorso Umanitario della Commissione Europea, ha costruito latrine e docce e sta lavorando sulla sensibilizzazione all’igiene. "Abbiamo formato 16 operatori per l’igiene. Li abbiamo selezionati tra gli stessi evacuati. Ogni promotore ha l’incarico di formare 30 donne. Insegnano loro la prevenzione e una volta terminata la sessione, eseguono controlli porta a porta, lo riferisce Halimo Hassen, dell'’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni. “Ho imparato a lavarmi le mani correttamente, specialmente prima di cucinare. A lavare i piatti a mangiare mentre il cibo è ancora caldo e a coprire gli avanzi”, dice ancora Ubah Ali Esse. Si tratta di regole di base che possono però salvare vite. Ogni settimana gli operatori della IOM vanno porta a porta per verificare gli effetti pratici dei loro insegnamenti. Ubah ci ha mostrato il modo in cui ha iniziato a separare l’acqua potabile da quella non potabile nelle due taniche che le sono state fornite. 27 Feb. Somalia: Fmi, economia crescerà del 3,5 per cento nel 2019 e 2020 L'economia della Somalia crescerà del 3,5 per cento quest'anno e il prossimo, in progressione rispetto alla stima fatta lo scorso anno (3,1 per cento). Lo dice il Fondo monetario internazionale (Fmi) in una nota diffusa oggi sulle conclusioni della missione di revisione conclusa di recente nel paese, in cui si sottolinea che l'economia somala "si sta riprendendo", ma che sono "necessari ulteriori sforzi per assicurare la resilienza economica e ridurre la povertà" nel paese. Nel documento, i tecnici del Fondo "si congratulano con le autorità per l'attuazione delle riforme chiave e per le prestazioni soddisfacenti nell'ambito del programma", incoraggiandole a sostenere questo slancio concreto, "che contribuirà a spianare la strada verso l'eventuale liquidazione degli arretrati e la riduzione del debito" nell'ambito dell'iniziativa a sostegno dei Paesi poveri fortemente indebitati (Heavily Indebted Poor Countries, Hipc). L'organismo osserva che dal 2017 l'economia somala è cresciuta, l'inflazione rallentata e che il deficit commerciale si è ristretto. Si prevede un tasso di inflazione pari al 3 per cento quest'anno e del 2,8 per cento il prossimo, in discesa rispetto al 3,5 per cento prospettato lo scorso anno. Allo stesso modo, il deficit delle partite correnti potrebbe ridursi al 5,3 per cento del Prodotto interno lordo (Pil) quest'anno, rispetto al 5,6 per cento stimato lo scorso anno. Secondo i dati registrati fino a novembre, infine, le entrate nazionali hanno raggiunto un totale di 161 milioni di dollari, il 31 per cento in più rispetto allo stesso periodo del 2017. A fine settembre l'Unione europea ha approvato un pacchetto di 100 milioni di euro a sostegno del bilancio statale della Somalia, il primo di questo tipo mai approvato in favore del paese del Corno d’Africa. Il finanziamento, si legge nella nota diffusa da Bruxelles, sarà erogato fino al 2021 e contribuirà al processo di “capacity building” della Somalia, oltre che ad aumentare il ruolo delle autorità locali nella fornitura di servizi di base. La Banca mondiale aveva annunciato poco prima lo stanziamento di una linea di credito di 80 milioni di dollari in favore della Somalia per finanziare la riforma delle finanze pubbliche. Secondo quanto si apprende da una nota dell’istituto, 60 milioni di dollari saranno destinati al progetto di finanziamento dei costi delle riforme e gli altri 20 milioni al progetto di rafforzamento delle capacità di gestione delle entrate e delle finanze pubbliche. Si tratta della prima linea di credito stanziata dalla Banca mondiale in favore della Somalia dall’inizio della guerra civile, nel 1991. “Il finanziamento rappresenta una pietra miliare nello sviluppo e nella ricostruzione della Somalia”, si legge nella nota, secondo cui la Banca mondiale collaborerà con il governo di Mogadiscio anche per migliorare servizi quali l'istruzione, l'assistenza sanitaria e l'accesso all'acqua pulita, all'energia e al credito. Grazie anche al finanziamento, l’istituto prevede che l'economia della Somalia crescerà in media tra il 3,5 e il 4,5 per cento annuo nel periodo 2019-2022. 28 Feb. Violento attacco al nostro Centro MsF per il trattamento di Ebola Il 24 febbraio, alle dieci di sera, aggressori non identificati hanno attaccato il Centro trattamento Ebola di MSF a Katwa. Dopo aver lanciato delle pietre contro la struttura, hanno appiccato il fuoco in diverse aree, distruggendo reparti e attrezzatture. Secondo i racconti dei testimoni, il fratello di un paziente è deceduto mentre tentava di fuggire, ma le esatte circostanze della sua morte sono ancora da chiarire. Per segnalazioni ed informazioni: tel.+39.348.6924401; tel.+39.339.2940560 website: www.hdig.org ; e-mail: riccardo.galletti@hdig.org, mario.pellegrino@hdig.org; IBAN Banca Friuladria (ag.Thiene-VI): IT43 M 053 3660 7900 0004 6284703 10
HDIG ONLUS HUMANITARIAN DEMINING ITALIAN GROUP Gruppo Italiano di Sminamento Umanitario C.F.97191910583 L’attacco è stato traumatico per i pazienti, per i loro parenti e per lo staff presente nel centro in quel momento. Siamo riusciti a trasferire in Centri di trattamento vicini tutti i nostri pazienti, quattro casi confermati e sei sospetti, ma questo attacco ha dato un duro colpo alla nostra capacità di rispondere all’epidemia nel suo attuale epicentro. Sebbene le ragioni dell’attacco non siano chiare e tale violenza sia inaccettabile, è evidente che gli attori impegnati nella risposta contro l’Ebola, MSF compresa, non sono riusciti a ottenere la fiducia di una porzione significativa della popolazione ha detto. Tutte le realtà coinvolte in questa risposta devono cambiare approccio e confrontarsi seriamente con le proteste e le paure delle comunità locali. Dopo il violento attacco Centro di trattamento Ebola nel Nord Kivu, in Repubblica Democratica del Congo (RDC) in cui la struttura è stata data alle fiamme e parzialmente distrutta, abbiamo deciso di sospendere le attività nel nostro centro, inaugurato solo un mese fa. La sospensione delle attività limiterà gravemente la possibilità di accedere a cure mediche essenziali. Dopo più di sei mesi dall’insorgere dell’Ebola nel Nord Kivu e nella provincia di Ituri, l’epidemia non è ancora sotto controllo, con oltre 870 casi confermati e più di 540 decessi. Dopo i primi risultati nel fermare il contagio negli epicentri iniziali, a Mangina, Beni e in alcuni centri più piccoli come Tchomia, Mutwanga e Masereka, l’epidemia si è diffusa da 4 a 19 distretti sanitari. Le persone continuano a morire nelle comunità, vengono contagiate nei centri sanitari, e la maggior parte dei nuovi casi di Ebola non può essere ricondotta a casi già conosciuti. Le precedenti epidemie di Ebola hanno dimostrato che è indispensabile ottenere l’accettazione della comunità locale. Senza questa fiducia, i malati e i morti restano invisibili e gli operatori sanitari rischiano di subire minacce o aggressioni. La risposta all’epidemia rischia di fallire senza il coinvolgimento delle comunità locali. Le attività di MSF per rispondere all’epidemia di Ebola continuano a Butembo, Bunia, Bwena Sura, Kayna e Biena. La risposta alle emergenze è una delle attività principali per MSF in Repubblica Democratica del Congo. Butembo e Katwa sono attualmente gli epicentri dell’epidemia di Ebola dichiarata il 1° agosto 2018 in RDC, la Per segnalazioni ed informazioni: tel.+39.348.6924401; tel.+39.339.2940560 website: www.hdig.org ; e-mail: riccardo.galletti@hdig.org, mario.pellegrino@hdig.org; IBAN Banca Friuladria (ag.Thiene-VI): IT43 M 053 3660 7900 0004 6284703 11
HDIG ONLUS HUMANITARIAN DEMINING ITALIAN GROUP Gruppo Italiano di Sminamento Umanitario C.F.97191910583 seconda peggiore epidemia nella storia della malattia. Il Centro di trattamento MSF a Butembo può accogliere 96 pazienti mentre quello di Katwa contava 62 posti letto. Dall’inizio delle attività, MSF ha assistito più di 2.100 pazienti in questi due centri, con 250 casi confermati di Ebola e 110 pazienti guariti. MSF gestisce anche Centri di transito a Beni e Bwana Sura (distretto sanitario di Komanda) e un centro di isolamento a Bunia. MSF ha anche supportato la vaccinazione degli operatori in prima linea, e conduce attività di prevenzione e controllo dell’infezione, oltre che di sensibilizzazione tra gli operatori sanitari e le comunità colpite. Dopo più di sei mesi dall’insorgere dell’Ebola nel Nord Kivu e nella provincia di Ituri, l’epidemia non è ancora sotto controllo, con oltre 870 casi confermati e più di 540 decessi. Dopo i primi risultati nel fermare il contagio negli epicentri iniziali, a Mangina, Beni e in alcuni centri più piccoli come Tchomia, Mutwanga e Masereka, l’epidemia si è diffusa da 4 a 19 distretti sanitari. Le persone continuano a morire nelle comunità, vengono contagiate nei centri sanitari, e la maggior parte dei nuovi casi di Ebola non può essere ricondotta a casi già conosciuti. Per segnalazioni ed informazioni: tel.+39.348.6924401; tel.+39.339.2940560 website: www.hdig.org ; e-mail: riccardo.galletti@hdig.org, mario.pellegrino@hdig.org; IBAN Banca Friuladria (ag.Thiene-VI): IT43 M 053 3660 7900 0004 6284703 12
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