RASSEGNA STAMPA CGIL FVG - giovedì 21 marzo 2019

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RASSEGNA STAMPA CGIL FVG – giovedì 21 marzo 2019
(Gli articoli di questa rassegna, dedicata prevalentemente ad argomenti locali di carattere economico e sindacale, sono
scaricati dal sito internet dei quotidiani indicati. La Cgil Fvg declina ogni responsabilità per i loro contenuti)

ATTUALITÀ, REGIONE, ECONOMIA (pag. 2)
L’obiettivo della Regione: oltre 350 dipendenti destinati al lavoro da casa (M. Veneto, 3 art.)
Pezzetta (Cgil): gli industriali non dimentichino i disoccupati (M. Veneto)
Sicurezza sul lavoro, 40 firme al protocollo (Gazzettino)
Il personale costa un miliardo. Riccardi detta la linea sui tagli (Gazzettino e MV)
«Voglio una Friulia più smart e vicina a chi vuole innovare» (Piccolo)
Sempre più surgelati in tavola lievita il bilancio della Bofrost (M. Veneto)
CRONACHE LOCALI (pag. 8)
Il lavoro ci sarebbe, le materie prime no. «A rischio il futuro di 150 dipendenti» (Mv Pn)
Infortuni sul lavoro, provincia maglia nera: «Servono più controlli» (Gazzettino Pordenone)
Municipio di Caneva, i sindacati: chiarezza sul personale (MV Pordenone)
Dipendenti Net contro il porta a porta: costoso e pericoloso per gli operatori (MV Udine)
Tavagnacco, operazione recupero di dipendenti comunali (MV Udine)
Centrale alla Ermolli: procedure di esproprio per 1.400 terreni (MV Udine)
Il patrocinio dell’ateneo al Gay Pride dell’8 giugno. Ma il Senato si spacca (Piccolo Trieste)
Dal 1° settembre 108 pensionamenti e salgono a 200 i docenti precari (Piccolo Go-Mo)

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ATTUALITÀ, REGIONE, ECONOMIA

L’obiettivo della Regione: oltre 350 dipendenti destinati al lavoro da casa (M. Veneto)
Maura Delle Case - L’obiettivo è ambizioso. Arrivare entro fine legislatura a coinvolgere nello
smart working il 10% dei dipendenti regionali. Un primo passo in questo senso la Regione Fvg lo
ha già fatto avviando, lo scorso mese di ottobre, una fase di sperimentazione che ha coinvolto 29
persone e che sarà prorogata fino al prossimo mese di giugno.Lo ha annunciato l’assessore alla
Funzione Pubblica, Sebastiano Callari, aprendo all’auditorium della Regione l’evento informativo
“Progetto Vela - Smart working per la Pubblica amministrazione”. «I risultati raccolti finora - ha
detto Callari - restituiscono un quadro molto positivo per cui riteniamo di dover procedere nel
consolidamento del progetto, anzitutto prorogando la sperimentazione in essere di ulteriori tre mesi,
da marzo fino a giugno». Ad alzare la mano per partecipare all’iniziativa inizialmente sono state
102 persone. Tante le manifestazioni d’interesse pervenute alla Regione che ne ha accolte 29 (su 30
posizioni attivate) consentendo a 20 donne e 9 uomini di sperimentare il lavoro da casa.L’età dei
soggetti coinvolti varia da un minimo di 30 a un massimo di 65 anni e a dispetto di quanto ci si
potrebbe attendere all’aumentare dell’età aumenta anche il numero dei soggetti coinvolti. Appena 2
sono quelli di età compresa tra i 30 e i 40 anni, 13 quelli tra i 41 e i 50 anni, 14 quelli tra i 51 e i 65.
A monte c’è per tutti la necessità di conciliare maggiormente vita privata e lavoro dove per vita
privata s’intende in particolare la gestione di un familiare, di una situazione di salute, di un figlio. Il
telelavoro è la soluzione scelta dalla maggior parte dei soggetti coinvolti, 25 sui 29 hanno infatti
optato per il lavoro da casa, i restanti 4 invece si recano invece nei tele-centri di Trieste e Gorizia,
accorciando così la distanza del posto di lavoro dalla propria abitazione.Prorogata una prima volta
da gennaio a marzo, la sperimentazione come detto sarà estesa ulteriormente fino al mese di giugno
«quando - ha annunciato Callari - valuteremo i risultati e decideremo come proseguire. L’obiettivo
è arrivare, auspicabilmente entro la fine della legislatura, a consentire il lavoro da casa a 350
persone, circa il 10% dei 3 mila 500 dipendenti in forze alla Regione». Seppur parziali i risultati
della sperimentazione presentati ieri sono molto positivi. I questionari somministrati a lavoratori e
dirigenti in fase di avvio e ripetuti a distanza di tre mesi hanno evidenziato infatti un miglioramento
sia nella vita privata sia lavorativa delle persone coinvolte nello smart working, una maggiore
autonomia nella gestione del lavoro, un incremento della conoscenza e dell’utilizzo degli strumenti
di informazione e comunicazione tecnologica (Ict) e ancora una maggior motivazione e
collaborazione del dipendente.E i benefici dello smart working non si fermano qui. «Penso ai
sindaci e ai Comuni - ha aggiunto Callari -. Se riuscissimo a sviluppare forme di telelavoro anche
negli enti locali potremmo forse risolvere il problema della carenza di personale che oggi interessa
molti municipi: coinvolti da casa i dipendenti sarebbero maggiormente disposti a lavorare per i
Comuni più piccoli». Verrebbero infatti ad abbattersi le distanze e con quelle anche il carico
ambientale che ogni spostamento comporta. «Ogni giorno in Italia 18 milioni di persone si spostano
per andare al lavoro - ha evidenziato -: se per un giorno potessero lavorare da casa, ciò
comporterebbe un taglio del 20% delle emissioni, con un risparmio calcolato di 100 tonnellate di
combustibile. Un’ulteriore motivazione per proseguire su questa strada».
Ma Pezzetta frena sui test negli enti locali: «Serve ancora tempo»
Alla Limacorporate chance attiva da anni
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Pezzetta (Cgil): gli industriali non dimentichino i disoccupati (M. Veneto)
«Le imprese denunciano un problema reale, quello della carenza di lavoratori specializzati, ma ne
dimenticano un altro, quello del ricollocamento di migliaia di persone che hanno perso il posto di
lavoro a causa della crisi, o che rischiano di perderlo quando finirà la copertura degli
ammortizzatori sociali». È il segretario generale della Cgil Friuli Venezia Giulia Villiam Pezzetta a
intervenire nel dibattito aperto dagli industriali, nello specifico da Confindustria Udine e
Unindustria Pordenone, sulle dinamiche in atto nel mercato del lavoro, caratterizzato da una carenza
di determinate figure professionali, specializzate e non, che può essere colmata, secondo
Confindustria, solo “importando” manodopera oggi non presente sul territorio.«Se non affrontiamo
anche l’altra grande questione, quella del ricollocamento di chi il lavoro l’ha perso e continua a non
trovarlo - osserva Pezzetta - rischiamo che passi un messaggio sbagliato, e cioè che la
disoccupazione non è più un problema perché mancano i lavoratori, e non il lavoro. Se l’arrivo di
lavoratori da altre regioni o da altri Paesi è stato e resta fondamentale per lo sviluppo del nostro
manifatturiero, le imprese devono anche investire con maggiore convinzione sul sistema del
ricollocamento e della riqualificazione professionale. Su questo versante, finora, il bilancio è stato
deludente perfino quando si sono avviati protocolli specifici».Se da un lato il segretario della Cgil
Fvg Pezzetta concorda con gli industriali quando denunciano i possibili impatti negativi di un
modello di welfare padano sull’integrazione dei lavoratori stranieri o di altre regioni, o quando
rivendicano l’esigenza di un sistema formativo meno autoreferenziale e capace di rispondere alle
esigenze del tessuto economico regionale, dall’altro sollecita Confindustria e tutte le associazioni
imprenditoriali a politiche più coerenti nella gestione delle cosiddette risorse umane. «Gli ultimi
dati Istat sul mercato del lavoro regionale - ricorda Villiam Pezzetta - ci dicono che il 18% degli
occupati, e quindi quasi uno su cinque, ha un contratto a termine: parliamo di occupati complessivi,
non di nuove assunzioni. Sottolineando che nel 2008 questa percentuale era di poco superiore al
10%, chiedo alle imprese se non sia il caso di cambiare rotta rispetto a un modello fondato sulla
precarietà, sul ricorso ad appalti ed esternalizzazioni e sulla riduzione del costo del lavoro, che non
credo abbia contribuito all’appeal di quelle mansioni e quelle specializzazioni di cui Confindustria
oggi denuncia la carenza».

Sicurezza sul lavoro, 40 firme al protocollo (Gazzettino)
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Il personale costa un miliardo. Riccardi detta la linea sui tagli (Gazzettino)
È aumentato il costo del personale del Servizio sanitario regionale passando da 983 milioni e 59
mila euro del 2015 ad un miliardo e 16 milioni nel 2018. L’incidenza di tale spesa sul valore della
produzione corrisponde al 36,42%, una delle più alte percentuali a livello nazionale. Sono solo
alcuni dei dati forniti ieri in Terza commissione del Consiglio regionale dall’assessore alla Salute
Riccardo Riccardi che più volte ha posto l’accento sull’intervento da 80 milioni di euro operato
dalla Giunta affinché anche le Aziende sanitarie (in particolare Trieste e Udine) che hanno chiuso in
passivo il bilancio possano riconoscere le premialità ai lavoratori meritevoli su un totale di 9mila
unità: «La negoziazione spetta al management da cui mi aspetto quel senso di responsabilità
necessario a governare le strutture con il fine di conseguire gli obiettivi programmatici», dal
momento che i manager delle aziende hanno a disposizione, per l’anno in corso, 2 miliardi e 350
milioni di euro ossia 105 milioni in più dell’ultima legge di stabilità della scorsa legislatura. Alle
preoccupazioni di Movimento 5 stelle e Pd riguardo al taglio del costo del personale sanitario nella
misura dell’1%, Riccardi ha chiarito: «Non è vero che deve esserci l’1% lineare per azienda, ma del
personale complessivamente; l’unico modo per ovviare a questo tetto, già ottemperato dal
centrosinistra nella passata legislatura, è quello di migliorare la produttività oltre che con una
modifica della legge a livello parlamentare».
I NUMERI Molti i numeri snocciolati dal vicegovernatore a partire dall’esaurimento delle
graduatorie degli infermieri con l’attribuzione di 654 unità in totale mentre sono 300 i nuovi
operatori socio-sanitari (Oss) da poter assegnare ed infine sono state ricevute 9.500 domande per il
nuovo concorso riservato agli infermieri a fronte di un fabbisono di 550 posti. E poi ancora, il 2018
ha chiuso rispetto al 2017 con 150 unità in più di infermieri, 64 nuovi Oss, 131 stabilizzazioni di
precari nelle Aziende tra comparto e dirigenza e altre 38 sono programmate quest’anno. Rispetto ai
pensionamenti, relativi a Quota 100, risultano segnalate 13 richieste all’Azienda di Udine, 16
all’Azienda 2, 4 all’Azienda 3, 5 all’Azienda 5, 2 al Cro di Aviano e 4 al Burlo di Trieste. Per
quanto riguarda il rapporto con i privati e l’eventualità di aumentare la platea degli accreditamenti,
Riccardi ha ribadito: «Sono un sostenitore del servizio pubblico, ma il ricorso dei pazienti alle
strutture accreditate del Servizio sanitario del Veneto rappresenta un problema serio che merita
attenzione». Complessivamente il personale sanitario è passato dalle 20.605 unità nel 2009 alle
20.300 nel 2018.
LE REAZIONI Il quadro fornito dall’assessore, tuttavia, non ha convinto Movimento 5 stelle e
Partito democratico. Secondo il grillino Andrea Ussai «prima di applicare un taglio lineare dell’1%
alla spesa del personale vanno comprese le reali esigenze all’interno di ogni singola azienda perché
ci sono strutture che presentano una cronica carenza di personale e sarebbe utile valutare il
fabbisogno delle diverse aziende sanitarie e gli eventuali sprechi». A fargli eco è il consigliere dem
Nicola Conficoni: «L’assessore ci dice che la questione del personale sanitario non ci deve
riguardare, che spetta ai manager e ai sindacalisti. In questo modo allontana la responsabilità e ci
impedisce di entrare nel merito». Dunque rincara: «Risposte evasive, resta da capire quali saranno i
riflessi del taglio dell’1%, ma l’assessore tace su quanti dipendenti in meno ci saranno in una
situazione così delicata di riorganizzazione e di forti pensionamenti». Infine una preoccupazione
sull’impianto della manovra: «Non troviamo giusto conclude il consigliere pordenonese che il taglio
venga applicato anche alle aziende che hanno chiuso il bilancio in attivo». (Elisabetta Batic)

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Azzerato il debito delle Aziende e sbloccati i premi al personale (M. Veneto)
Michela Zanutto - La giunta stanzia 80 milioni per rimettere in sesto i conti delle Aziende sanitarie
di Udine e Trieste (che avevano chiuso in rosso) e consentire - dopo lo stop dello scorso anno - i
premi ai lavoratori meritevoli. «Abbiamo fatto un assestamento di Bilancio per giungere al pareggio
in tutte le aziende, consentendo lo stanziamento dei fondi di premialità, che lo scorso anno erano
stati bloccati - ha detto il vice presidente con delega alla Sanità, Riccardo Riccardi intervenendo ieri
in III Commissione -. Inoltre, in legge si stabilità 2019 abbiamo messo 105 milioni in più rispetto al
2018». Sul taglio del personale, Riccardi ha precisato di «seguire la legge». E ha aggiunto: «Le
linee guida nazionali prevedono un taglio dei costi del personale del Servizio sanitario regionale
dell’1 per cento. Una condizione dettata da un provvedimento del governo precedente e già
ottemperata dalla Regione nella scorsa legislatura, ma che può essere modificata migliorando la
produttività, oltre che con una variazione della legge a livello parlamentare». L’andamento dei costi
del personale del Servizio sanitario regionale è balzato dai 983 milioni e 59 mila 525 euro del 2015
a un miliardo e 16 milioni 893 mila 329 euro del 2018. Per quanto riguarda l’incidenza del costo del
personale sul valore della produzione, il dato regionale corrisponde al 36,42 per cento (946 milioni
99 mila 390 euro su 2 miliardi 597 milioni 551 mila 283). Una delle percentuali più alte a livello
nazionale. Rispetto al taglio dei costi del personale, secondo Riccardi serve da parte dei manager
delle aziende, «un senso di responsabilità utile a governare le strutture con il fine di conseguire
obiettivi programmatici» e questo anche in forza dei 105 milioni in più che sono a disposizione
quest’anno. Per il 2019 ci sono infatti a disposizione 2 miliardi e 350 milioni euro. L’assessore poi
ha affrontato anche la spinosa questione del maggiore coinvolgimento del privato, con l’aumento
della platea degli accreditamenti. «Sono un sostenitore del servizio pubblico - ha premesso -, ma un
problema come quello dei tempi delle liste di attesa e del significativo ricorso da parte dei pazienti
alle strutture accreditate del servizio sanitario del Veneto, rappresenta un problema serio che merita
attenzione. Quello fra Regione e privati è un rapporto ragionevolmente estensibile nell’ottica di un
miglioramento delle prestazioni erogate ai cittadini». Il dibattito in Commissione, presieduta dal
leghista Ivo Moras, ha trovato il suo fulcro nel nodo personale. «Le linee di gestione approvate dalla
Giunta regionale prevedono un taglio lineare dei costi per il personale sanitario dell’1 per cento:
avete fatto una previsione di quanti dipendenti si dovrà fare a meno dopo questo taglio?», ha
domandato il consigliere Pd, Nicola Conficoni. Andrea Ussai (M5S) ha sottolineato l’importanza di
un incontro con le parti sindacali sulle spese del personale e di una verificare per capire «se i tagli
permetteranno di mantenere gli stessi numeri di interventi nelle sale operatorie e gli stessi turni di
lavoro». Da Mariagrazia Santoro (Pd) l’invito a valutare l’andamento della spesa per un periodo più
lungo dell’intervallo 2014-2018. La preoccupazione di Maddalena Spagnolo (Lega) è andata
all’Azienda 2, Bassa Friulana-Isontina: «Serve una comparazione dei costi registrati prima e dopo il
primo gennaio 2015, data di accorpamento delle due Aziende». Infine, Antonio Lippolis (Lega) ha
chiesto se sono stati confrontati i dati relativi anche ad altre regioni inerenti il rapporto servizi
offerti/numero di personale impiegato.

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«Voglio una Friulia più smart e vicina a chi vuole innovare» (Piccolo)
Una governance unica per gli interporti del Friuli Venezia Giulia e l’aiuto alle imprese basato
sull’erogazione di minibond e sulla garanzia della Regione sull’accesso al credito. La neopresidente
di Friulia Federica Seganti detta la linea dopo aver chiarito la mission della holding regionale
davanti alla Prima commissione. In che situazione trova il Fvg? Vedo un tessuto economico
risanato e in crescita. Il trend occupazionale migliora, anche se il rallentamento del mercato tedesco
si riflette sul nostro manifatturiero. Cosa deve fare la Regione per sostenere l’economia? Deve
creare un ecosistema che faccia crescere le imprese e che ne attragga di nuove. Serve facilità
burocratica e l’affinamento nell’utilizzo della leva del taglio dell’Irap. Friulia ha ancora ragione di
esistere? Le strutture come Friulia sono utili se sanno interpretare la realtà del momento e
ammodernarsi. Friulia è in grado di farlo. E cosa dovrà fare la nuova Friulia? La giunta ci ha fornito
alcune linee guida, chiedendo maggiore focus sulle piccole imprese e sulle realtà che rinnovano e
creano occupazione. Ma anche uno sguardo all’estero e la cura delle startup. Io penso a una Friulia
più dinamica e accessibile: smart e friendly. Per questo serve una comunicazione che accorci la
distanza con le imprese. Le prime novità arrivano sull’accesso al credito. Potenziamo i minibond
fino a un milione e lanceremo i microbond, per dare un sostegno finanziario alternativo al credito
bancario: un finanziamento iniziale restituibile in cinque anni, creando un surplus di cassa per le
aziende. E poi ci sarà il ruolo di garanzia della Regione, per facilitare l’accesso al credito e spuntare
tassi più bassi: su questo coinvolgeremo il sistema bancario locale. Cambierà la funzione di Finest?
E i malumori della Regione Veneto sulla gestione? Bisogna sostenere le aziende che esportano e
meno quelle che esternalizzano all’estero. Ridefiniremo la mission assieme al Veneto. Il
management è sufficiente per gli obiettivi di Friulia? Per quello che facciamo sì, ma se dovessimo
fare operazioni più massive servirà un rafforzamento. Al contrario ci sono molte figure apicali...Un
presidente che è anche ad e un cda con quattro membri. La struttura è adeguata anche per quanto
riguarda le direzioni. Si era parlato di Francesco Clarotti per il ruolo di ad...L’ad sono io e non ho
altre indicazioni da parte dell’azionista. Che fare sugli interporti partecipati da Friulia come Trieste
e Cervignano? L’indicazione della Regione è per una gestione unificata e coordinata. Serve
un’operazione il più possibile unitaria: un’unica interfaccia per gli operatori internazionali. Si può
usare una spa o qualcosa di diverso.Anche per Gorizia e Pordenone? Se si deciderà per questa
strada, si dovrà cominciare un dialogo. Cosa pensa della Via della seta? Non sono molto addentro
sulle specificità degli accordi. Lascio la strategia complessiva a chi di dovere. Autovie Venete:
quando arriverà l’atteso concambio azionario e il rinnovo della concessione? Dipende dai tavoli
romani. Passa dal ruolo politico a quello tecnico. Dove si sta meglio? Ora è il momento della vita da
tecnico. Oggi metto lo stesso entusiasmo in questo nuovo ruolo, come feci da assessore. Com’è
cambiata la Lega? Rispetto ai primi anni Novanta c’è una cultura amministrativa e tecnica più
diffusa. Oggi i detentori delle competenze costituiscono una classe dirigente di assoluto livello: un
risultato rispetto a cui in passato ho a volte dubitato. D.D.A.

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Sempre più surgelati in tavola lievita il bilancio della Bofrost (M. Veneto)
Bofrost Italia Spa, la più importante realtà italiana della vendita a domicilio di alimenti surgelati, ha
chiuso a fine febbraio il bilancio 2018-19 con 238 milioni di euro di fatturato e una crescita del
+0,2% rispetto all’esercizio precedente. L’azienda di San Vito al Tagliamento, che detiene una
quota di mercato del 10% (fonte GFK-Eurisko, rilevazione del mese di agosto 2018 sul totale Italia)
nel settore surgelati, ha comunicato questi risultati in occasione del meeting annuale che si è tenuto
alla fine dell’anno commerciale.«Bofrost è un’azienda in salute che ha visto il proprio fatturato
crescere di 77 milioni di euro negli ultimi dieci anni - ha commentato l’amministratore delegato
Gianluca Tesolin -. In questo momento ci troviamo a dover rispondere alle sfide della
trasformazione digitale, che non hanno portato alla “retail apocalypse” che si temeva qualche tempo
fa, ma hanno certamente cambiato volto al settore. Il consumatore oggi richiede una customer
experience di assoluta eccellenza, con prodotti e servizi incentrati sulle proprie esigenze. Il nostro
obiettivo è offrire una proposta personalizzata per oltre un milione di clienti Bofrost, e la nostra
strategia è puntare su tecnologia e innovazione ma sempre basati sul rapporto umano al fine esaltare
la relazione che si crea tra i clienti e i nostri venditori, una relazione diretta e fidelizzante che
rappresenta uno dei maggiori punti di forza di Bofrost». Negli ultimi mesi Bofrost ha dunque messo
in campo un progetto di maggiore comprensione dei clienti allo scopo, spiega Tesolin, «di proporre
il prodotto giusto, al cliente giusto, con la giusta modalità di comunicazione». Grande attenzione è
stata dedicata a migliorare gli strumenti con cui tutti i venditori Bofrost in tutta Italia interagiscono
con i clienti offrendo la comodità del servizio a domicilio: nel corso dell’anno in tutte le 52 filiali
Bofrost saranno operative le novità che renderanno più semplice la gestione degli ordini. Altro
progetto importante è b*Plus, l’app per i clienti che si è arricchita di nuove funzionalità. Bofrost
Italia rappresenta il 19% del fatturato del gruppo Bofrost International, presente in 12 paesi europei
con un fatturato annuo di 1,24 miliardi di euro. L’Italia è la seconda realtà più importante del
gruppo dopo la Germania, paese di origine di Bofrost.

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CRONACHE LOCALI

Il lavoro ci sarebbe, le materie prime no. «A rischio il futuro di 150 dipendenti» (Mv Pn)
Giulia Sacchi - “Sassoli, se il fatturato vuoi fare, il materiale devi comperare e le macchine
riparare”. “Gli accordi firmati vanno rispettati”. E ancora: “Sassoli, questa era un’azienda, ora è un
deposito di rottami”.Sono solamente alcuni dei messaggi lanciati dai 116 addetti della Lavinox di
Villotta di Chions alla proprietà, ossia al Gruppo Sassoli, nel corso dello sciopero di ieri, indetto per
manifestare la propria preoccupazione dinanzi a una situazione caotica e nella quale non si
intravedono prospettive per il futuro. Messaggi messi nero su bianco su alcuni cartelli che sono stati
appesi fuori dello stabilimento.In altri si legge: “Le persone rimaste sono arrabbiate, le persone
andate via di più” . Quindi un pizzico di ironia: “È giunta l’ora di toglierci i Sassoli.... ni dalle
scarpe”.«A preoccuparci in questi giorni è la mancanza di materiale per gestire la produzione: il
poco lavoro che abbiamo non si riesce a realizzare perché non abbiamo a disposizione materie
prime e materiale ausiliario - ha ribadito la Rsu di Fiom Cgil, Angelo Marian -. Usufruiamo della
cassa perché l’azienda non compra l’indispensabile: è assurdo. Ecco perché abbiamo deciso di
incrociare le braccia. Il quadro attuale è preoccupante e il futuro di più. Noi, assieme alle istituzioni,
sinora abbiamo sempre dimostrato impegno: non sappiamo invece neanche quali siano le intenzioni
della proprietà, che continua a non presentarsi ai tavoli di confronto».Il sindacalista di Fim Cisl
Gianni Piccinin, che segue le sorti dell’altra azienda del Gruppo Sassoli, ossia la Sarinox di Aviano,
e che ieri ha preso parte allo sciopero ha messo in evidenza la necessità che i Sassoli chiariscano le
proprie intenzioni: «Se non ci sono progetti che guardano al futuro - ha detto -, potrebbe essere
anche contemplata la possibilità di un passo indietro per fare scendere in campo altri imprenditori
disposti o ad aiutare la proprietà o proprio a rilevare l’attività, in modo tale da salvare un’unità
produttiva importante per il territorio e l’occupazione». «La situazione in Lavinox è insostenibile -
ha sottolineato -. Oltre al lavoro, ora mancano anche i materiali base per svolgere l’attività
produttiva. Se non cambia immediatamente il quadro, anche quel poco di lavoro che c’è rischia di
andare perso».Quindi un messaggio diretto all’azienda. «Cara Lavinox, con le tue scelte scellerate
stai pregiudicando la prospettiva lavorativa di 150 persone (ai 116 addetti di Lavinox si aggiungono
quelli di Sarinox) - ha detto Piccinin -. Decidi quello che vuoi fare per il bene dei tuoi dipendenti.
Se si ritiene che sia venuto il momento di farsi da parte, basta dirlo: da parte nostra c’è massima
disponibilità al dialogo e a trovare soluzioni adeguate». Intanto ieri si è tenuto un incontro con il
Centro per l’impiego della Regione per l’attivazione di percorsi di formazione per i lavoratori, che
dovrebbero essere attivati a stretto giro. Quanto alla Sarinox di Aviano, sito che chiuderà i battenti,
si procede con la cassa.

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Infortuni sul lavoro, provincia maglia nera: «Servono più controlli» (Gazzettino Pordenone)
I dati sono preoccupanti, al punto che si è resa necessaria una audizione in Commissione regionale.
Gli infortuni sul lavoro in regione e in particolare nel Friuli Occidentale sono in netto aumento. «Da
tempo seguiamo la problematica degli infortuni e dei decessi sul luogo di lavoro - spiega il
consigliere regionale dei 5Stelle Cristian Sergo I dati ci evidenziano una situazione grave cui è
doveroso porre rimedio quanto prima per un’auspicata inversione di tendenza. Ci siamo interrogati
più volte su quali strumenti si debbano mettere in atto anche dal punto di vista legislativo. Tenuto
conto che la competenza primaria in materia è dello Stato, abbiamo sempre ritenuto che una legge
regionale possa rappresentare più un mero esercizio di propaganda che non un valido strumento per
i soggetti che si occupano di prevenzione e vigilanza sui luoghi di lavoro».
POCHI CONTROLLI Sergo evidenzia i dati che riguardano l’attività di vigilanza congiunta tra gli
enti di controllo. «Sono numeri abbastanza eloquenti se pensiamo che nel 2017 sono state effettuate
circa 140 visite di cui 110 riguardano il settore dell’edilizia. Apprezziamo l’iniziativa degli
assessori Rosolen e Riccardi di firmare un protocollo con le parti sociali e i soggetti coinvolti nella
prevenzione al fine di promuovere la cultura della sicurezza e della legalità nei luoghi di lavoro -
aggiunge il consigliere Le nostre preoccupazioni sollevate nel corso dell’audizione, sono legate al
fatto che, oltre al cosiddetto Comitato di pilotaggio istituito dal protocollo, che dovrebbe facilitare
le relazioni e la collaborazione permanente tra le parti in un’ottica di rete e individuare possibili
progetti di intervento, esiste già il Comitato regionale di coordinamento. Lo stesso avrebbe dovuto
riunirsi quattro volte l’anno e invece dal 2015 a oggi si è riunito soltanto in quattro occasioni. I
nostri lavoratori, più che di comitati, hanno bisogno di corsi di formazione più frequenti, di controlli
sulle condizioni in cui si trovano a operare e quindi di maggiori risorse e personale dedicato a
questo scopo.
L’ULTIMO CASO Quanto accaduto lunedì scorso a Budoia, dove un ragazzo di 25 anni è rimasto
vittima di un incidente sul lavoro, ci porta a riflettere - va avanti Mauro Capozzella - Purtroppo la
nostra Regione nel 2018 è stata maglia nera per quanto concerne la sicurezza sul posto di lavoro: il
numero degli infortuni è aumentato del 3,92% (la media nazionale è stata dello 0,92%). Dai dati
Inail risulta che a Udine va il triste primato di ben 17 vittime, sette in più del 2017. Sei le morti in
provincia di Pordenone, quattro in quella di Gorizia, due a Trieste. Numeri ancora più gravi
riguardano gli infortuni con 17.246 feriti nel 2018 rispetto ai 16.600 dell’anno precedente. Tutto ciò
non può che destare grande preoccupazione. È auspicabile quindi che, al di là del dovuto cordoglio,
si intervenga con decisione su un tema gravissimo, per garantire a tutti i nostri lavoratori di poter
adempiere al proprio dovere con la consapevolezza che noi ci occuperemo di assicurare loro il
diritto inalienabile della salute. - conclude Capozzella - Il paradosso a cui assistiamo è lo
stanziamento di più di 4 milioni per la pubblica sicurezza, fatta di telecamere, spray urticanti e
bastoni estensibili, piuttosto che incrementare le risorse dedicate alla sicurezza sul lavoro».

Municipio di Caneva, i sindacati: chiarezza sul personale (MV Pordenone)
Nervi tesi sull’occupazione in municipio a Caneva. I sindacati confederali Cgil, Cisl, Uil reclamano
un tavolo di confronto, sollecitando «trasparenza e chiarezza sulle scelte».Il pressing politico
rilancia l’opposizione del consigliere Pierantonio Rigo con la civica Insieme per Caneva, che ha
inoltrato alla Corte dei conti e in Prefettura a Pordenone il rilievo sugli atti pubblici firmati da un’ex
funzionaria in pensione, ma volontaria in municipio. Il primo cittadino Andrea Gava ha rassicurato
sulla regolarità degli atti. «Urge un chiarimento - affermano i sindacati - . Il Comune ha adottato
negli anni distinte delibere per definire strumenti e linee di indirizzo sull’occupazione e la
stabilizzazione del personale a tempo determinato; quello che risulta ancora da stabilizzare».Il
problema sollevato è tecnico. «Risulta avviata la procedura per il reclutamento del personale -
affermano i sindacalisti della funzione pubblica di Cgil Cisl Uil -. La perplessità sul ricorso a questa
procedura è alimentata anche dai requisiti richiesti dal bando di selezione: restringono il campo
degli aspiranti in modo inusuale». Sottolineano: «Chiediamo di conoscere in dettaglio le valutazioni
che sotto il profilo tecnico-giuridico hanno portato a scegliere questi strumenti. In futuro va aperto
subito il tavolo di confronto». C.B.
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Dipendenti Net contro il porta a porta: costoso e pericoloso per gli operatori (MV Udine)
Giulia Zanello - Una lettera indirizzata ai gruppi politici per invitarli a ripensare alla decisione di
avviare il porta a porta per la raccolta dei rifiuti in città. A firmarla i dipendenti della Net che,
attraverso il sindacato Fiadel (Federazione italiana autonoma dipendenti enti locali)-Csa, il
coordinamento sindacale autonomo regioni e autonomie locali del Nordest si oppongono alla
modalità di gestione dei rifiuti che la giunta guidata dal sindaco Pietro Fontanini vuole promuovere
già da quest’anno. L’aumento dei costi e dei disagi per l’utenza, l’eventuale ricorso a personale
esterno per implementare la forza lavoro, avvalendosi di cooperative, e anche il rischio di contrarre
malattie per i dipendenti a contatto con i rifiuti. Sono queste, in sintesi, le principali criticità che
hanno evidenziato i lavoratori, attraverso una comunicazione scritta e inviata a tutti i politici di
palazzo D’Aronco, a firma del segretario nazionale Fiadel Maurizio Contavalli e quello regionale
Franco Gei. E l’iniziativa sindacale ha fatto sobbalzare alcuni rappresentanti politici, soprattutto
nelle file del Pd, dove due assessori della giunta Honsell, Alessandro Venanzi e Cinzia Del Torre,
hanno preso le difese del sindacato. «In tutte le aziende in cui si svolge il servizio di raccolta
differenziata spinta si stanno riscontrando ormai da anni malattie professionali importanti che
mettono a rischio la salute dei lavoratori con alti costi anche sul piano sociale» hanno segnalato
nella lettera i dipendenti. Inoltre - hanno precisato - il servizio del porta a porta sicuramente farà
lievitare i costi, producendo insoddisfazioni per l’utenza che dovrà affrontare un aumento della
tassa sui rifiuti, ricevendo nel contempo un servizio che, per la morfologia del territorio della città
di Udine, ci pare poco adatto». Una situazione di insoddisfazione che si tradurrà poi sugli operatori
ecologici, temono gli stessi rappresentanti sindacali. «Immaginiamo che l’utenza scaricherà le
proteste a chi sta in prima linea, dunque agli operatori ecologici, che non hanno alcuna
responsabilità su tale scelta e anzi - hanno aggiunto - saranno i primi a pagarne le conseguenze».
Tra gli altri punti criticati, anche il fatto di essere venuti a conoscenza della decisione della giunta di
Pietro Fontanini in merito alle nuove modalità di raccolta solo dalla stampa locale, senza «nessuno
straccio di progetto nonché un piano industriale che traguardi il futuro della Net e dei suoi
dipendenti, anche per il già alto numero di lavoratori che sono in appalto per conto della stessa».
Per queste ragioni, anche considerando «l’abuso del servizio in appalto con contratti al ribasso», i
sindacati in questione hanno invitato le forze politiche ad aprire una discussione sul tema il prima
possibile.

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Tavagnacco, operazione recupero di dipendenti comunali (MV Udine)
Margherita Terasso - Un municipio che negli anni ha perso più di qualche “pezzo”, tra dipendenti in
fuga e pensionamenti. Senza contare il passaggio all’Unione territoriale intercomunale, che ha
spostato i lavoratori in altra sede. Una situazione difficile, alla quale l’amministrazione comunale ha
fatto fronte pubblicando sette avvisi di mobilità per la copertura di due posti di istruttore contabile,
due di istruttore tecnico, due di istruttore amministrativo e un posto di operaio specializzato.Oltre a
questo, per altri due dipendenti da inserire nel settore affari generali e ragioneria, il Comune sta
valutando la graduatoria.«La nostra situazione di difficoltà è quella di tutte le amministrazioni
comunali - commenta il sindaco Gianluca Maiarelli -. E il problema è che ci troviamo di fronte a un
sistema bloccato: i Comuni si “rubano” dipendenti tra di loro e la Ragione continua ad attirare
personale: per noi è difficile impedire a chi fa richiesta di andarsene».Solo poche settimane fa sono
stati due i dipendenti a chiedere il trasferimento agli uffici regionali. «Ma non ci è stato possibile
concedere il nullaosta - aggiunge Maiarelli -. Finchè la macchina amministrativa non troverà nuove
forze, non possiamo lasciare andare via nessuno».Nel maggio 2014 l’amministrazione comunale
poteva contare su 83 dipendenti in servizio. Nel 2016, prima del trasferimento di alcune funzioni
alle Uti, sono diventati 81. «Con il primo gennaio 2017, 15 persone sono state trasferite all’Uti e ne
sono rimaste 66 in Comune - osserva ancora il sindaco -. Da allora e fino al 18 marzo di quest’anno,
tra cessazione dell’attività lavorativa e mobilità, 12 dipendenti se ne sono andati».Nello stesso
periodo a Tavagnacco sono arrivati in 7, tra assunzioni e altre mobilità, «portando il numero di
lavoratori totale a 61».Inevitabili le conseguenze di questa “erosione”: dalla difficile gestione
ordinaria dei servizi alla riduzione degli orari di apertura al pubblico, fino ai problemi nella
realizzazione degli interventi, per esempio della squadra di operai.«Con questi avvisi, che speriamo
vadano a buon fine, riporteremo a 70 i nostri dipendenti - conclude il primo cittadino di Tavagnacco
-, in attesa di “riavere” presto anche il personale che era passato in Uti e arrivare quindi a una
squadra di 85 persone».Due in più rispetto a cinque anni fa.

Centrale alla Ermolli: procedure di esproprio per 1.400 terreni (MV Udine)
Giancarlo Martina - Prende il largo il progetto per la realizzazione della centralina idroelettrica al
servizio della Cartiera Ermolli di Moggio. Con l’avviso pubblico di avvio del procedimento a fini
espropriativi, emanato dalla Regione, i proprietari delle particelle di terreno interessate dall’opera
sono stati avvisati dell’avvio del procedimento diretto all’emanazione del provvedimento
conclusivo per l’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio e dell’approvazione del progetto
definitivo dell’opera ai fini della dichiarazione di pubblica utilità e autorizzazione alla costruzione,
nonché all’esercizio, dell’impianto. Una procedura, quella del vincolo preordinato di esproprio,
necessaria in quanto il proponente è un soggetto privato, la Ermolli.I proprietari di quasi 1.400
particelle potranno formulare le proprie osservazioni entro 30 giorni dalla data dell’avviso,
pubblicato ieri, poi affinché l’iter proceda sarà l’azienda a doversi confrontare con loro. «L’opera -
racconta Gilio Munaro, direttore generale della cartiera - dovrebbe sorgere lungo il torrente Aupa,
su un tratto di circa 4-5 chilometri. Qui potremmo realizzare un impianto idroelettrico al servizio
dell’attività produttiva, accreditato di una potenza di 1.000 Kilowatt all’ora». C’è un però. L’avvio
del progetto è partito anni fa, corredato dalle relative domande, «e ora dobbiamo valutare - prosegue
Munaro - il rapporto tra costi e benefici. In ogni caso, se la centralina si farà io mi auguro che vada
oltre al “semplice” utilizzo per la nostra cartiera, ma possiamo pensare a un uso più allargato, anche
per il territorio comunale, a vantaggio insomma della comunità». Qualora fosse realizzato,
l’impianto idroelettrico sarebbe il quarto al servizio della Ermolli, che comunque usa anche altre
fonti energetiche, per esempio il metano: le tre centraline attuali ricavano energia elettrica dal fiume
Fella e dal Rio Alba. L’azienda è specializzata da settant’anni nella produzione di carta alimentare,
realizzata sempre, come ha specificato Muraro, prestando attenzione alla sostenibilità e alla eco
compatibilità del prodotto. Un’attività che dà lavoro a 200 famiglie sul territorio, legate non soltanto
al Comune di Moggio Udinese ma anche, per esempio, a Resia e Chiusaforte, senza dimenticare la
Carnia.

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Il patrocinio dell’ateneo al Gay Pride dell’8 giugno. Ma il Senato si spacca (Piccolo Trieste)
Andrea Pierini - Il Senato accademico ha deciso di concedere il patrocinio dell’Università di Trieste
al “Pride Fvg” che si terrà in città l’otto giugno. Una decisione non presa all’unanimità, ma arrivata
alla fine di una seduta particolarmente sofferta, come testimonia il risultato finale della votazione:
11 pareri a favore, cinque contro e tre astensioni. «Io ho votato a favore del patrocinio - spiega
Maurizio Fermeglia - al termine di una discussione lunga e articolata. Siamo comunque sereni della
nostra scelta anche perché una iniziativa simile era stata adottata due anni fa per il Pride di Udine e
non c’erano state polemiche. La scelta di concedere il patrocinio è stata presa sulla base
dell’articolo 3 della Costituzione e degli articoli 1 e 2 dello statuto dell’ateneo». Nome che fanno
riferimento all’uguaglianza e alla rimozione di ostacoli di ordine economico e sociale, e
all’impegno a favore di una formazione che sia anche critica e punti a promuovere lo sviluppo
culturale e civile. Ad essere determinanti sono stati i voti dei rappresentanti degli studenti.
Emanuele Cristelli, rappresentante nel Senato della lista Studenti in movimento, esprime
soddisfazione «perché alla base della decisione c’è l’intento di dimostrare che l’Università non è
solo una torre d’avorio dove si fa formazione, ma un luogo dove si combatte contro ogni
discriminazione. Lo scopo del patrocinio è anche quello di elevare le manifestazioni dalle
polemiche politiche». Antonella Nicosia, presidente del comitato che organizza il Pride Fvg scopre
della scelta dell’ateneo al telefono: «È una buona notizia e avevamo lavorato in tal senso. Si è
formato un cartello “politico” attorno all’evento, ma noi siamo un’associazione di volontariato e
non siamo legati a nessun partito. Se poi non si capisce che i diritti umani riguardano tutti, e se
quindi sono alcune forze politiche decidono di partecipare e accettare, questo, non dipende da noi.
Le forze di destra peraltro - continua - farebbero bene ad avvicinarsi a queste realtà, per evitare di
perdere una grossa fetta di elettorato. In merito al Pride Fvg, probabilmente, hanno ancora una
visione arcaica, che risale a quando su questi temi esisteva uno sbilanciamento a sinistra. Da quando
sono presidente io questo non avviene più vist perché non mi schiero con nessuno, se non dalla
parte di chi ci aiuta». Soddisfatto anche Davide Zotti, già presidente Arcigay Trieste: «Il patrocinio
dell’ateneo è molto importante perché è un messaggio di forte sostegno alle lotte e ai temi che
affronterà il Pride. Peraltro con tre docenti universitari, due di Trieste e uno di Udine, collaboriamo
già per l’organizzazione di una tavola rotonda sul tema dell’intersezionalità (quando una persona è
vittima di una sommatoria di discriminazioni, ndr)». Ancora più entusiasta per il voto espresso a
piazzale Europa è Antonio Parisi di “Jotassassina”. «Questo patrocinio conferma quello che
abbiamo sempre detto: i giovani sono sempre stati una categoria di per sè libera e non “giudicante”.
Sono certo che parteciperanno al Pride centinaia di universitari. L’ateneo è il luogo in cui nasce il
seme dell’inclusività. È vero che c’è un manifesto politico, ma non è partitico. Le istanze Lgbtqi
sono sempre state trasversali e questi valori rappresentano tutti, non solo la comunità arcobaleno».

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Dal 1° settembre 108 pensionamenti e sale a 200 il numero dei docenti precari
(Piccolo Go-Mo)
Francesco Fain - Saranno 108 i dipendenti del mondo della scuola (docenti e personale Ata) che
andranno in pensione dal primo settembre prossimo in tutto l’Isontino. Metà sfrutteranno le
possibilità fornite dall’ormai arcinota “quota 100”. «Un numero consistente e preoccupante»,
commenta Ugo Previti, segretario regionale della Uilscuola che illustra gli esiti della sua ricerca
corredata da tutti gli istituti scolastici che saranno interessati ai cambiamenti. Preoccupante perché
«assolutamente non incoraggiante» è ciò che avviene sul lato opposto, quello del reclutamento dei
nuovi docenti. Si può, infatti, facilmente prevedere che anche il prossimo anno (anche
indipendentemente dal numero di cessazioni) le scuole avranno enormi difficoltà a rimpiazzare chi
esce e a dare stabilità alle cattedre negli anni passati occupate da supplenti.continuitàdidattica«Ad
essere penalizzata è, così, la continuità didattica. Ci sono studenti che, a Gorizia, hanno visto
cambiare tutti i docenti da un anno all’altro. Nemmeno il tempo di familiarizzare con un professore
che, poi, viene sostituito da un altro. Sembra di essere in una catena di montaggio ma tutto ciò va ai
discapito dei ragazzi», ammonisce Previti. Che mette sul piatto anche un altro dato: i 200 insegnanti
precari. «È urgente - sottolinea - assumere decisioni operative adeguate alla realtà del fenomeno che
deve trovare soluzioni pronte e immediate, in quanto il presupposto per discutere di nuovi
reclutamenti nella scuola è il superamento del preesistente precariato».Poi, come se non bastasse,
sui maestri elementari in possesso di diploma magistrale antecedente al 2001/2002 pende una spada
di Damocle pesantissima: verranno, infatti, licenziati a giugno per la sentenza del Consiglio di Stato
che ha ritenuto abilitante il diploma magistrale solamente per la partecipazione a un concorso. Un
paletto che pone fine al lavoro pure per chi è entrato in ruolo da anni nelle scuole dell’infanzia e
nelle primarie.AllarmematematicaEntrando ancor più nel dettaglio, gli insegnanti di matematica
sono diventati autentiche mosche bianche. Sono pochi, troppo pochi. «Occorre - aggiunge la
Uilscuola - che vadano introdotte nuove figure laddove queste mancano. Ad esempio, c’è una forte
e conclamata carenza di docenti di matematica e materie tecniche. Fornire numeri locali in questo
momento è impossibile ma posso dire che, in tutta Italia, ne servirebbero 4mila in più». Il problema
è anche di vocazione. In pochi vogliono intraprendere questa carriera. «E bisognerebbe incentivare i
giovani a studiare matematica e scienze: in questa maniera troverebbero un’occupazione sicura
nelle scuole isontine», suggerisce il sindacalista.Sono pochi anche i docenti di sostegno. E Previti
racconta quello che è un piccolo/grande corto circuito. «Per sostenere il corso di specializzazione
per il sostegno, bisogna avere 24 crediti formativi universitari (Cfu) e questi hanno un costo
importante. Insomma, un precario per prendersi l’abilitazione deve spendere un sacco di soldi.
Conosco persone che hanno dovuto chiedere un prestito pur di inseguire questa possibilità. Ma
capite bene che non è giusto».PersonaleAtaUn’altra emergenza riguarda il personale Ata, costretto a
carichi di lavoro crescenti e sempre più gravosi, con organici inadeguati e ricorso abnorme, anche in
questo settore, a contratti a termine.Un problema che va di pari passo con quello relativo al numero
di docenti. E, allora, il sindacalista torna a ripetere un concetto che gli è caro e che più volte ha
espresso negli ultimi tempi: se la scuola oggi funziona, lo si deve alla buona volontà dei singoli, dai
docenti al personale Ata, passando per chi lavora all’ex Provveditorato. «Se non ci fossero questa
serietà e questa abnegazione, l’istituzione non starebbe in piedi».

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