RASSEGNA STAMPA CGIL FVG - venerdì 17 aprile 2020

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RASSEGNA STAMPA CGIL FVG – venerdì 17 aprile 2020
(Gli articoli di questa rassegna, dedicata prevalentemente ad argomenti locali di carattere economico e sindacale, sono
scaricati dal sito internet dei quotidiani indicati. La Cgil Fvg declina ogni responsabilità per i loro contenuti)

ATTUALITÀ, REGIONE, ECONOMIA (pag. 2)
Contagiati in 14 fra dottori e infermieri. Medicina d'urgenza chiusa a Cattinara (Piccolo)
A giorni il via libera ai test sierologici. Ecco come funzionano (M. Veneto)
«In bilico 500 milioni a bilancio. Roma prepari presto la fase 2» (Piccolo)
Pd: narrazione da primato, i fatti concreti sono pochi (M. Veneto)
Electrolux, ok del prefetto alla ripartenza di Porcia con le misure di sicurezza (M. Veneto)
Fincantieri riapre, da lunedì in azienda i primi 700 ingressi. Via ai test sicurezza (Piccolo)
A marzo -46% di assunzioni. «Ora interventi urgenti» (M. Veneto)
Riaprire la filiera dell'edilizia. A Pasqua spedite 300 domande (M. Veneto)
I cantieri del post-Vaia possono ripartire: sbloccati 120 milioni (M. Veneto)
Udine e Pordenone divise. Vince Bonomi e fanno pace (M. Veneto)
Didattica a distanza: fuori l'11% di alunni. Dalla Regione bando da 1 milione di euro (Piccolo)
CRONACHE LOCALI (pag. 13)
Fontanini: «Vanno riaperti i negozi e i bar. E passeggiate ovunque con la mascherina» (Mv Udine)
Dodicesimo morto a Castions. I guariti superano quota cento (M. Veneto Pordenone)
Meno incidenti ma tante aperture porte. Vigili del fuoco sotto organico di 50 unità (Piccolo Go-Monf)
Tamponi ai residenti ma anche al personale di tutte le case di riposo a Ronchi (Piccolo Go-Monf)

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ATTUALITÀ, REGIONE, ECONOMIA

Contagiati in 14 fra dottori e infermieri. Medicina d'urgenza chiusa a Cattinara (Piccolo)
Diego D'Amelio - Il reparto di Medicina d'urgenza di Cattinara chiuso dopo che 14 tra medici e infermieri
sono risultati positivi al coronavirus. E intanto all'ospedale triestino terminano i lavori al tredicesimo piano,
che da lunedì potrà affiancarsi al sottostante, dopo che entrambi erano stati smantellati per cominciare il
mai avviato restauro del nosocomio. Ma la buona notizia è purtroppo oscurata dalla cattiva, cui si aggiunge
una nuova impennata della curva triestina, con ben 50 nuovi contagiati in una giornata. È all'ora di pranzo
di ieri che l'Azienda sanitaria comunica la decisione di chiudere la Medicina d'urgenza a causa dell'infezione
in atto tra i sanitari. Come spiega l'Asugi, «ai controlli di screening del personale, a partire da venerdì 10
aprile, sono emerse positività del tampone in 5 medici e 9 infermieri. Da un'analisi dei degenti, sottoposti in
urgenza a tampone diagnostico, sono state individuate le possibili fonti del contagio». La Medicina
d'urgenza sarà chiusa fino al 2 maggio e al suo posto verranno attivati «sei posti letto per pazienti semi
intensivi presso il Pronto soccorso». Ma i posti al completo sono 24 e ciò rischia di mandare sotto pressione
il reparto deputato a ospitare chi ha bisogno di ricovero dopo l'arrivo al Pronto soccorso, in attesa di essere
assegnato a un settore specifico dell'assistenza ospedaliera. L'Azienda spiega che i sanitari sarebbero venuti
a contatto con due pazienti, oggi ricoverati uno nell'area Covid del Maggiore e l'altro in Terapia intensiva,
dopo essere entrati in ospedale proprio attraverso la Medicina d'urgenza, che li aveva ricoverati «solo dopo
referto del tampone, negativo in entrambi i casi». Ma come sottolinea lo stesso comunicato, «i dati parlano
della sua affidabilità per il 70%» e quindi «non è escludibile che per entrambi i pazienti l'esito del tampone
fosse un falso negativo». Affermazioni che aprono gli occhi sull'affidabilità dei test, fondamentale sempre e
ancor di più con l'avvio della "fase 2". L'Azienda si scherma dietro il doppio falso negativo e assicura che da
fine febbraio il reparto adotta «un protocollo che regola l'accesso e che prevede un'area filtro dedicata
all'accoglimento e trattamento di pazienti critici in attesa di tampone. Definito l'esito del tampone il
paziente viene inviato rispettivamente all'area Covid se positivo o prosegue la degenza in Medicina
d'urgenza. Il personale usa in modo appropriato tutti i dpi». Altri tre pazienti sono risultati successivamente
positivi, sebbene asintomatici. Per l'analogo caso della Seconda medica di Pordenone (8 sanitari positivi),
l'Azienda sanitaria ammette invece errori organizzativi e annuncia una inchiesta interna. Il caso triestino
solleva un polverone politico-sindacale. Cgil, Cisl e Fials chiedono «un urgente approfondimento sull'uso
corretto dei dpi. Ci rammarichiamo che dopo oltre un mese dall'emergenza si verifichino ancora contagi di
tale entità, troppo elevati rispetto alla media regionale. Ci rincresce dover sollecitare, nuovamente, l'invio
dei dati del personale contagiato e in sorveglianza sanitaria». I rappresentanti dei lavoratori stimano che il
dato degli operatori positivi a Trieste superi il centinaio, con oltre venti ammalati di coronavirus soltanto
alla Geriatria del Maggiore, primo focolaio negli ospedali giuliani. E il trend potrebbe peggiorare nei
prossimi giorni, via via che evolverà la fase di incubazione tra medici e infermieri della Medicina d'urgenza.
Anche il centrosinistra in Consiglio comunale, chiede chiarezza con una nota congiunta di Pd, Iv e Open:
«Servono rassicurazioni sulla protezione degli operatori e della popolazione che si trova ad accedere alle
cure. La Medicina d'urgenza è chiusa, ma è uno dei punti di maggior fragilità e importanza per l'accesso alle
cure ospedaliere». La giornata di ieri registra intanto l'aumento a 2.616 casi, con un incremento di 72, ben
50 dei quali a Trieste, dove gli infettati sono ormai 1.011, contro gli 895 di Udine (+4), i 573 di Pordenone
(+16) e i 132 di Gorizia (+2). Per quanto riguarda i decessi, Trieste arriva a 109, seguita da Udine con 62,
Pordenone con 43 e Gorizia con 3: il Fvg segna 5 nuove morti per un totale di 217 persone scomparse. Se i
guariti ormai sono 1.069 (+131), le persone in terapia intensiva risultano 26 (+2) e 159 quelle sistemate in
altri reparti (-2), mentre si trovano in isolamento domiciliare 1.145 ammalati. Per un reparto che chiude un
altro aprirà lunedì. Si tratta del tredicesimo piano della Torre medica di Cattinara. La giunta assicura che vi
troveranno spazio «33 nuove postazioni di terapia intensiva e sub intensiva», ma si comincerà in realtà con
postazioni per infettivi e pazienti che necessitano di ventilazione polmonare non intensiva. Se attrezzato
come il dodicesimo piano, il nuovo reparto potrebbe costare oltre 5 milioni di euro: un esborso complessivo
da quasi 11 milioni, dovuto alla decisione di sventare completamente cinque livelli della Torre medica per
procedere ad una ristrutturazione, mai cominciata. Alla spesa hanno partecipato realtà come la Banca
d'Italia e Illycaffè, ma è previsto anche l'impiego di fondi statali oltre ovviamente a fondi regionali. Oggi le
terapie intensive Covid contano in Fvg un centinaio di posti letto e con il nuovo piano potrebbero arrivare a

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130, avvicinandosi ai 155 indicati dalla giunta Fedriga come obiettivo finale: al momento però i letti sono
occupati soltanto al 30% e la terapia intensiva del dodicesimo piano è vuota.
A Trieste ipotesi nave-ospedale per gli infetti delle case di riposo
testo non disponibile

A giorni il via libera ai test sierologici. Ecco come funzionano (M. Veneto)
Christian Seu - Per i test sierologici in Fvg bisogna attendere almeno qualche giorno ancora, in attesa che
dalla comunità scientifica arrivi il placet definitivo per la prova che, a partire da un micro-prelievo di sangue
permette di verificare se una persona ha già sviluppato gli anticorpi contro il coronavirus. Le aziende hanno
un obiettivo: far rientrare i dipendenti negli stabilimenti, con tutte le precauzioni del caso e dare finalmente
il via all'agognata Fase 2. E al di là dei dispositivi di protezione individuale, la sicurezza passa attraverso la
ragionevole certezza di non avere contagiati tra i lavoratori. Per questo c'è chi preme per velocizzare i test e
puntare, dunque, su quelli sierologici. Dalla Direzione centrale Salute della Regione è arrivato tuttavia un
altolà che non può essere ignorato: in attesa dell'imminente validazione («Questione di giorni, ormai»,
indica il direttore del Dipartimento di medicina di laboratorio dell'Azienda sanitaria universitaria del Friuli
centrale), i test sierologici vanno presi unicamente come esperimento. l'attesa per i test sierologiciBisogna
attendere dunque. La Regione ha confermato con una circolare firmata il giorno di Pasqua dal direttore
centrale della Salute, Gianna Zamaro, «che la positività dei test sierologici nei lavoratori a ora non ha alcuna
utilità per consentire loro l'ingresso o meno nel luogo di lavoro, in quanto non è segno di immunità
all'infezione ma eventualmente di contatto con il virus Sars CoV2, assunto anche questo da prendere con
cautela». I tamponi in ogni caso, restano lo strumento principe per individuare il potenziale infettante del
soggetto: «Test sierologico e tampone non sono alternativi - indica Curcio -. La prova sierologica indica che
c'è stato un contatto pregresso, ma non ci dice, al contrario del tampone, se quella persona è
potenzialmente infettante»...

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«In bilico 500 milioni a bilancio. Roma prepari presto la fase 2» (Piccolo)
Il coronavirus potrebbe sottrarre in un solo anno almeno mezzo miliardo di euro al bilancio della Regione,
che può contare normalmente su poco più di 4 miliardi di risorse "manovrabili". La valutazione è stata
fornita ieri dal presidente Massimiliano Fedriga, che in una diretta via social ha invitato il governo a
preparare la fase 2 nel campo economico, apprestando regole certe sulle modalità di ritorno al lavoro,
perché «bisogna riaprire presto o la gente morirà di fame e non per il virus». La giunta dà un primo segnale,
annunciando il possibile riavvio di 674 cantieri programmati per sistemare i danni prodotti dalla tempesta
Vaia. Davanti a una curva dei contagi che a livello regionale si è appiattita, pur con l'eccezione di Trieste, il
governatore del Friuli Venezia Giulia abbandona le prudenze delle scorse settimane e chiede a Roma di
lanciare la ripresa, che dovrà basarsi su distanziamento sociale, impiego di mascherine e indicazioni chiare
alle imprese. La Regione «non può invece decidere cosa riapre» a livello di attività produttive, dice Fedriga,
che chiede di riaprire «presto e in sicurezza: abbiamo avuto interlocuzioni col governo e non facciamo
polemiche strumentali ma tutte le Regioni aspettano. La task force del Fvg ha già fatto le linee guida da
condividere con le parti sociali, ma queste vanno declinate nei vari settori e tenendo anche presente che la
sicurezza non deve essere solo sul posto di lavoro ma anche durante gli spostamenti. Bisogna mettere
insieme esigenze economiche e rischio sanitario, perché la mia paura è che le imprese non riapriranno più
perché non ci saranno più. Ma serve una regia nazionale per ripartire in sicurezza». Ma di paura Fedriga ne
ha anche un'altra. E dopo aver rivendicato i quasi 40 milioni già stanziati dalla giunta e assicurato «nuove
misure economiche per la prossima settimana», il governatore calcola «un crollo delle entrate regionali per
500-600 milioni: venerdì chiederò al governo risposte». La giunta domanderà di rinegoziare i patti finanziari
con lo Stato, che prevedono che la Regione lasci a Roma 670 milioni all'anno per partecipare al risanamento
della finanza pubblica. Per Fedriga, «è giusto fare debito o l'Italia sparisce e dobbiamo dire allo Stato che
quei soldi il Fvg li terrà per mantenere aperti gli ospedali».Le entrate dipendono anche dalle tasse e la
ripresa produttiva serve pure a questo. Da qui l'annuncio del presidente sulla ripartenza che da oggi sarà
permessa per «674 cantieri avviati nel 2019 per il ripristino dei danni dell'uragano Vaia, che sbloccheranno
oltre 118 milioni di euro di investimenti sul territorio, oltre ai 35 già liquidati alle imprese. Grazie all'ottima
collaborazione con i prefetti, è stato possibile consentire la riapertura di tutti i cantieri e il riavvio delle
aziende che vi lavorano in sub appalto e dei fornitori». Le imprese coinvolte potranno chiedere alle
Prefetture di essere autorizzate alla ripresa delle attività, impegnandosi a riorganizzarsi per prevenire
contagi. Un modo di stimolare la domanda con risorse pubbliche, posto che gli interventi finanziati
coinvolgono duemila fra imprese e professionisti».Dal Pd non mancano critiche alle parole del presidente.
La deputata Debora Serracchiani parla di «cinismo» della Lega, che usa «le Regioni come teste d'ariete
contro il governo, mostrando la faccia della collaborazione e al contempo alzando sempre l'asticella». Il
consigliere regionale Franco Iacop chiede «proposte puntuali per la fase 2», a partire da «prevenzione
sanitaria nelle aziende e mobilità sicura per i lavoratori: Fedriga offra servizi di competenza della Regione,
riservi una quota programmata di tamponi per il controllo del rischio positivi nelle aziende, ridefinisca il
trasporto pubblico locale». D.D.A.

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Pd: narrazione da primato, i fatti concreti sono pochi (M. Veneto)
Maura Delle Case - «Basta con la narrazione da primato». Cristiano Shaurli, segretario regionale del Partito
democratico, bacchetta la giunta Fedriga sulla gestione dell'emergenza coronavirus invocando atti concreti
per la ripresa e un buon uso dell'autonomia, fin qui - a dir suo - non pervenuta. Shaurli, meno parole e più
iniziativa... «Vedo molte dirette social, molte dichiarazioni di facciata e pochi fatti concreti. Regioni
ordinarie hanno fatto protocolli con lo Stato per gli stabilimenti balneari e le località turistiche, altre hanno
messo 10 milioni per tutelare i redditi del settore zootecnico e vivaistico. Sono solo degli esempi. Il
centrodestra qui oscilla dal lamento dell'abbandonato alla verbosità su "siamo i migliori del mondo". Ad
oggi, dopo primi e piccoli provvedimenti, non vedo scelte di priorità né atti concreti di questa giunta né
tantomeno l'uso dell'autonomia».
La Specialità poteva esser usata meglio?«La Specialità a oggi semplicemente non è esistita. A meno che non
pensiamo quest'ultima consista in ordinanze e decreti che ci vedono passare dallo sciare gratis in
compagnia ad essere i più restrittivi di tutti per poi accodarci a Salvini sull'apriamo tutto. Ho visto in questi
giorni impropri rimandi al '76. Allora le parole d'ordine erano serietà, equilibrio, collaborazione reale con
tutti, meno visibilità e più fatti».Come giudica la gestione Fvg dell'emergenza sanitaria?«Sulla sanità credo
ci si stia innamorando di una narrazione da "primato". Incomprensibile e persino somigliante a quei
governanti che all'inizio della crisi banalizzavano o criticavano il governo italiano. Loro si sono ricreduti, noi
dovremo renderci conto che siamo soltanto periferici rispetto ai grandi focolai del Nord-Italia: la Slovenia
ha il doppio degli abitanti e la metà dei nostri casi. E dovremmo invece affrontare le nostre criticità».Vale a
dire?«L'alta percentuale di operatori sanitari contagiati, il dramma delle case di riposo, il mancato
coordinamento fra aziende e con i Comuni, e una sovraesposizione dell'assessore competente che ha fatto
scomparire i dirigenti della sanità. Ringraziamo gli operatori della sanità pubblica e non solo a parole. Il
previsto raddoppio dei fondi ai privati venga usato per dare un premio economico a chi è stato veramente
sul fronte in queste settimane, come è stato fatto in Emilia Romagna».Fedriga chiederà a Roma lo stop al
versamento dei 670 milioni di euro con i quali la Regione contribuisce al risanamento della spesa
pubblica...«Altra richiesta bella da raccontare, ma dubito passerà, se saremo isolati, solo perché ci
chiamiamo Friuli Venezia Giulia».Il mondo delle imprese spinge per riaprire prima dell'inizio di maggio, lei
che ne pensa?«Il sistema delle imprese ha bisogno di ripartire quanto prima ma evitando ripartenze del
contagio e in sicurezza per i lavoratori. Sono convinto che le nostre imprese possono essere parte attiva ma
la politica, anche qua, deve con loro e con le categorie concordare un piano concreto: fatto di sicurezza,
mobilità, garanzia di dispositivi sanitari e anche analisi settoriali».Come procedere dunque con la Fase
2?«Le categorie non hanno solo chiesto di riaprire, si sono rese disponibili ad un patto virtuoso per la
sicurezza. La Regione coordini tutte le parti, metta a disposizione ciò che serve e controlli, come sta
facendo il Veneto. Questa situazione drammatica ha dimostrato un grande senso di responsabilità
individuale e collettiva della nostra gente. Partiamo da lì».Che fare per evitare che l'emergenza colpisca più
di quanto già non ha fatto famiglie e lavoratori?«Alcuni strumenti li ha messi in campo il governo, dalla
cassa integrazione in deroga per tutti e dalle garanzie alle imprese, altri ne arriveranno dall'Europa. Non
servono primazie, ma capacità di coordinare i propri strumenti e, se serve, integrarli».

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Electrolux, ok del prefetto alla ripartenza di Porcia con le misure di sicurezza (M. Veneto)
Il prefetto di Pordenone autorizza la riapertura di Porcia, sia pure condizionandola ad un accordo sulle
misure di sicurezza a protezione dei lavoratori su cui azienda e sindacati hanno iniziato il confronto già ieri
sera. La svolta è del tardo pomeriggio con la comunicazione, a firma del rappresentante territoriale del
Governo, che ha risposto positivamente all'istanza inviata martedì dal Gruppo, e sostenuta sempre ieri da
un appello del ceo della multinazionale svedese Jonas Samuelson, e dell'amministratore delegato di
Electrolux Italia Ernesto Ferrario. « In gioco - avevano detto - c'è il futuro delle attività di Electrolux in
Italia». Il Gruppo aveva presentato richiesta alle prefetture di Pordenone, Treviso e Forlì, competenti per i
territori di Porcia, Susegana e della stessa Forlì, sedi di 3 dei 5 stabilimenti che Electrolux ha in Italia (per le
fabbriche di Solaro, in provincia di Milano, e Cerreto d'Esi, provincia di Ancona, le richieste verranno
depositate più avanti, ndr) di poter riavviare la produzione perché parti essenziali della filiera
dell'elettrodomestico. Le ragioni le hanno poi riassunte ieri Samuelson e Ferrario, ricordando come
«l'evolversi della situazione epidemiologica, comprese le restrizioni sugli spostamenti e sulle attività di
business, sta impattando sui mercati in cui Electrolux ha una significativa presenza in termini di produzione
e fatturato. In Italia Electrolux ha cinque stabilimenti produttivi e 4.600 dipendenti, che rappresentano circa
un quarto del suo volume produttivo europeo - ricorda il Gruppo -. I siti produttivi di Electrolux in Italia
sono chiusi dal 23 marzo. I negozi italiani di rivendita di elettrodomestici stanno ora riaprendo ed Electrolux
ha bisogno in parallelo di ripartire con la produzione, anche se a un ritmo ridotto, per mantenere una
competitività a lungo termine di questi siti e proteggere gli investimenti fatti nel paese».«La società si
prepara alla riapertura ed è essenziale che noi nell'industria dell'elettrodomestico - con la più grande
attenzione verso la salute e la sicurezza dei nostri dipendenti - riprendiamo gradualmente la produzione. Si
tratta della sostenibilità delle nostre attività in Italia e di rispondere alle esigenze fondamentali dei
consumatori», aveva dichiarato Samuelson. «Gli elettrodomestici e il servizio di assistenza sono essenziali
per i consumatori che sono ora per la maggior parte a casa e stanno quindi utilizzando gli elettrodomestici
più che mai per conservare il cibo e cucinare, per lavare i propri capi e assicurare una qualità dell'aria
salutare nelle proprie case. Con la riapertura dei negozi di elettrodomestici e attraverso i canali online
abbiamo la possibilità di rispondere alla domanda del consumatore ma abbiamo altresì bisogno di
assicurare la fornitura di prodotti». La multinazionale ha rimarcato inoltre che fin dall'inizio dell'epidemia
Covid-19 ha intrapreso importanti misure per assicurare la salute e la sicurezza dei suoi dipendenti come la
misurazione della temperatura corporea all'entrata di ogni stabilimento e l'uso obbligatorio di mascherine
protettive. Ora il prefetto di Pordenone autorizza condizionando il riavvio all'adozione di misure di
sicurezza, e su questo azienda e sindacati hanno iniziato ieri a cercare l'intesa. La scelta del Gruppo di
chiedere ai prefetti di poter ripartire era stata accolta con modalità diverse dai sindacati. A Porcia la Fiom
Cgil e le Rsu Fiom avevano scritto al prefetto per esprimere il proprio parere negativo, mentre la Uilm ha
chiarito di non avere pregiudiziali se non la sottoscrizione del protocollo per il contrasto al coronavirus del
14 marzo e la definizione eventuale di ulteriori misure per garantire il lavoro in sicurezza». E.D.G.

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Fincantieri riapre, da lunedì in azienda i primi 700 ingressi. Via ai test sicurezza (Piccolo)
Giulio Garau - Fincantieri riapre i cancelli del cantiere di Monfalcone. Da lunedì una ripartenza che sarà
progressiva, ma già importante. Entreranno 6-700 persone e verranno messi alla prova tutti i dispositivi di
sicurezza che l'azienda ha studiato e messo a punto in queste settimane di chiusura. Ieri mattina in un
lungo meeting che stavolta si è tenuto dentro al cantiere di Panzano i vertici della Fincantieri e in
particolare il direttore del cantiere Roberto Olivari hanno illustrato nel dettaglio come procederà il riavvio.
Dall'altra parte del tavolo tutti i soggetti coinvolti in questa delicata operazione. Dal prefetto Massimo
Marchesiello ai sindacati, dal sindaco Anna Cisint ai responsabili dell'Azienda sanitaria. Si comincia la
prossima settimana, da lunedì con il 10% delle forze lavoro, circa 680 persone, tutti lavoratori diretti della
Fincantieri. La settimana del 27 aprile fino al 3 maggio si aumenteranno le presenze, si andrà al 15-17% in
più di personale. Una cosa graduale che dovrebbe continuare sino a fine maggio quando è previsto il
ritorno alla normalità. Ma bisognerà vedere come si evolverà la situazione dei contagi, se tutto andrà bene
o se arriveranno nuovi stop, e che tipo di decreti giungeranno dal governo centrale. Tutte questioni mese
sul tavolo ieri al vertice in cantiere dove è stato puntualizzato per l'ennesima volta il programma di
sicurezza messo a punto dalla Fincantieri che da quanto risulta ha ricevuto un via libera sia da parte della
Prefettura che soprattutto dall'Azienda sanitaria. Si va dagli ingressi frazionati, a seconda dei turni, dei
lavoratori che per entrare dovranno rispettare dei percorsi obbligati per evitare assembramenti. All'esterno
sono state realizzate pedane e barriere, ci sono anche delle transenne per regolare i flussi come nei varchi
degli aeroporti. Prima di entrare ci sarà il controllo della temperatura con il termo-scanner, chi ha
alterazione sarà rimandato a casa, la stessa Azienda sanitaria ha dato la disponibilità per installare una
speciale tenda all'esterno dove accogliere gli eventuali casi sospetti. All'interno del cantiere poi, come
ricordato più volte, tutta una serie di prescrizioni che vanno dalle misure di distanziamento (negli
spogliatoi, in mensa, nei bagni) sia nelle zone comuni che nelle varie officine e spazi del cantiere, fino ai
dispositivi sanitari (gel per la pulizia delle mani) alle sanificazioni degli ambienti che procederanno in
maniera serrata. Tutto questo con le lavorazioni che procederanno per turni per evitare assembramenti. In
molti, per quanto riguarda la parte amministrativa del cantiere (ma anche a Trieste in Marineria e in via
Genova) resteranno a casa a lavorare in modalità smart-working. Ieri tra l'altro è stato sottoscritto un
accordo tra Fincantieri e Fim, Fiom e Uilm nazionali che proroga il ricorso alla cassa integrazione, con la
causale "emergenza Covid-19" fino al 3 maggio. «Per la città è fondamentale che le precauzioni e le
prescrizioni all'interno della fabbrica siano al più alto livello possibile - ha ribadito il sindaco Cisint - per
evitare ogni rischio potenziale anche verso i familiari al rientro e che l'afflusso inevitabile di persone
all'esterno sia adeguatamente coordinato e disciplinato». Il sindaco comunque ha annunciato che la
prossima settimana ci sarà un nuovo incontro a cui parteciperà pure la Regione «perché restano nodi
importanti da risolvere, come quello dei trasporti e quello del deflusso dallo stabilimento nella città, che
non può trasformarsi in un'occasione di affollamento. Rimane anche il problema di quando l'azienda sarà a
pieno regime anche di persone provenienti da altre regioni. È un aspetto che mi rende perplessa e che
dovrà essere discusso».

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A marzo -46% di assunzioni. «Ora interventi urgenti» (M. Veneto)
Un tracollo senza precedenti. Nemmeno la crisi del 2008 era riuscita, in un solo mese, a dimezzare
l'occupazione. Il virus Sars-CoV-20, invece, sì. Il raffronto tra le assunzioni del mese di marzo 2020 e di
marzo 2019, vede i movimenti in entrata quasi dimezzati: -46%. «Settori strategici falcidiati, con cali del
44,6% per le costruzioni, 45,6% per manifattura e terziario e 42,5% per il commercio. Letteralmente
devastati alberghi e ristoranti (-56,6%). Crollo verticale per istruzione e formazione professionale (-80,9%).
Questa è la fotografia - spiega l'assessore regionale al Lavoro Alessia Rosolen - che ci consegna
l'Osservatorio regionale del mercato del lavoro. Sono numeri parziali, con rilevazioni che comprendono il
periodo tra il 23 febbraio e fine marzo. Con ogni probabilità, il quadro peggiorerà ancora, quando saranno
disponibili i numeri di aprile. Dopo l'emergenza sanitaria, si prospetta una nuova stagione molto critica e
delicata, sia per le ripercussioni sociali che per le implicazioni economiche».«Ogni settimana - prosegue
l'esponente dell'esecutivo regionale - lo scenario acuisce lo stato di crisi delle nostre attività produttive.
Come noto, la spina dorsale della nostra economia è costituita da piccole, piccolissime e medie imprese.
Leggo, con stupore e apprensione, che il Governo si confronta sulle vacanze estive, ipotizzando scenari
piuttosto bizzarri. Se non mettiamo in campo interventi urgenti e molto forti, rischiamo di condannare a
ferie molto lunghe, e non necessariamente gradevoli, moltissimi lavoratori». A esclusione del lavoro
domestico, che segna +18,9% nel valore delle assunzioni, le variazioni percentuali sono negative per tutte le
tipologie contrattuali. Soffre di più il lavoro a termine (-53%) e fortissimo è l'impatto del virus anche sulle
assunzioni dei parasubordinati (-70%). Guardando alle contrazioni tendenziali delle posizioni di lavoro
dipendente, è soprattutto il comparto dei servizi turistici e della ristorazione, in generale, a essere
particolarmente penalizzato. «Considerando gli interventi messi in atto dal Governo - ha aggiunto
l'assessore - quali sono le leve a nostra disposizione? Il primo passo, è fluidificare i processi di drenaggio
dalle risorse nazionali ai lavoratori dipendenti (ammortizzatori sociali ordinari e in deroga) e indipendenti
(bonus tra 600 e 1.300 euro mensili) della nostra regione. Una volta chiarite le misure e le risorse della
cosiddetta fase 2 nazionale, dovremo riconvertire e rifinanziare alcune misure. Si tratta di capire se e in che
termini i lavoratori stagionali saranno coperti da una qualche forma di ammortizzatore sociale ordinario o
in deroga . In secondo luogo - prosegue Rosolen - si potrebbe pensare di adattare le politiche di
incentivazione alle assunzioni, strumento rivolto alle imprese che hanno necessità di assumere in questo
momento o nelle prossime settimane. Andrebbe allargato l'intervento anche ai comparti più soggetti alla
stagionalità/ciclicità della produzione di beni e servizi, incentivando non solo le assunzioni a tempo
indeterminato, ma anche forme contrattuali temporanee, come ad esempio nel comparto turistico in
generale e nelle attività della filiera agroalimentare». «In terzo luogo - conclude l'assessore regionale
Alessia Rosolen - le politiche attive del lavoro possono, attraverso i servizi per il lavoro e la formazione
professionale, sostenere la domanda di lavoro intervenendo nei processi di un'eventuale riconversione
delle produzioni e della manodopera necessaria. Infine, e di concerto con gli interventi delle attività
produttive, i comparti manifatturieri o i poli di mercato particolarmente rilevanti, quale ad esempio la
cantieristica regionale con il suo forte indotto e quelli vocati all'export, dovrebbero essere coinvolti in un
piano di sostegno e rilancio graduale, in cui una parte interessante potrebbe essere svolta dai servizi
pubblici di intermediazione tra domanda e offerta di lavoro e la formazione professionale, con forte spinta
verso l'innovazione e la specializzazione specifica, assecondando le reali esigenze delle imprese».

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Riaprire la filiera dell'edilizia. A Pasqua spedite 300 domande (M. Veneto)
Elena Del Giudice - L'esempio da imitare c'è: Liguria e Alto Adige hanno deliberato in merito alla ripartenza
di diversi settori, tra cui l'edilizia. «Lo faccia anche il Friuli Venezia Giulia». La richiesta parte dai costruttori
di Ance, dal presidente regionale Roberto Contessi e condivisa dal presidente di Ance Pordenone-Trieste
Elvis Santin, e sostenuta da Alexandro Luci, capogruppo delle aziende dei materiali da costruzione di
Confindustria Udine. «Il Governo - spiega Contessi - si sta muovendo, sul tema delle riaperture, a macchia di
leopardo e, a volte, senza una logica. Nel settore edile, ad esempio, resta fermo tutto il comparto dei lavori
civili mentre chi realizza strade, autostrade, ponti, viadotti, condutture ecc. è operativo. Altra anomalia: i
produttori di calcestruzzo restano invece fermi. Per cui noi chiederemmo, e abbiamo già inviato una
richiesta in tal senso alla Regione, di fare come la Liguria e l'Alto Adige e darci la possibilità di poter aprire i
cantieri».
10 ANNI DI CRISI «Diversamente da altri settori, l'edilizia sta soffrendo perché arriva da 10 anni di crisi», e
questa nuova emergenza determinata dal virus ha colto le imprese nella fase della, seppur timida, ripresa.
«Non dimenticherei il fatto che la Regione Fvg vive dei contributi versati dalle imprese e dai cittadini -
rimarca Contessi -: più le aziende restano ferme, minori saranno le risorse, in termini di imposte e tasse,
che verranno versate. E sappiamo che minori risorse non potranno che trasformarsi in minori servizi ai
cittadini».
RIPRESA LENTA Avverte Contessi che la ripartenza sarà lenta. «Sperare che chi riapre oggi dopo uno o due
mesi di stop, sia in grado di realizzare lo stesso fatturato che avrebbe fatto senza la chiusura, è un'illusione.
Ma l'edilizia può aiutare - rimarca il presidente di Ance Fvg - perché rappresenta un volano che nessun altro
settore possiede». Per ogni milione investito in edilizia, se ne generano 3,5: «e quindi darebbe un
contributo essenziale alla ripartenza, aiutando le casse regionali».
SICUREZZA Naturalmente la sicurezza resta il cardine della ripartenza. «Siamo d'accordo con Fedriga -
ancora Contessi - quando dice che non potrà esserci mobilità interregionale, perché questo
rappresenterebbe un rischio». E inoltre «in queste settimane di stop - aggiunge Elvis Santin, Ance Pn-Ts - le
nostre imprese si sono attrezzate nel reperire tutti i dispositivi necessari, e hanno riorganizzato l'attività
affinché possa svolgersi in sicurezza».
FVG È MEGLIO Cita l'assessore Riccardi il presidente di Ance Fvg, quando dice « qualcuno si è dimenticato di
cosa questa regione ha saputo fare nel post terremoto. Oggi - prosegue Contessi - il problema è più grave
ed è globale, tutti i Paesi hanno necessità di investire risorse al proprio interno. Noi possiamo cercare di
fare squadra, di creare quel senso del territorio e di solidarietà non inferiori a quelle del post terremoto e
pari a quella dispiegata da medici e personale sanitario in questi mesi, per far comprendere a tutti che è il
momento di sostenere l'economia regionale, di acquistare prodotti e servizi del Friuli Venezia Giulia, per far
sì che si generi un flusso di imposte che vada ad implementare le casse regionali per trasformarsi in servizi e
welfare per i cittadini di questa regione. Creiamo insomma - conclude Contessi - una catena solidale
ripristinando la stessa compattezza che abbiamo già dimostrato nel '76 e che nessuno al mondo è stato in
grado di replicare».
MATERIALI Ai costruttori si sommano i materiali da costruzione a sollecitare la riapertura dei cantieri. «Non
essendo messo più nella condizione di rifornire la clientela, il nostro comparto - dichiara Alex Luci - sta
perdendo importanti quote di mercato, anche all'estero». La parola d'ordine è, dunque, riaprire, «anche
perché - rimarca il capogruppo - le aziende friulane del settore garantiscono, attraverso l'adozione di
protocolli rigidi, la massima sicurezza per i lavoratori».
RICOMINCIARE La voglia di ripartenza è forte e pervade tutti i settori. I dati relativi alla provincia di
Pordenone dimostrano, peraltro, che la maggior parte delle aziende del territorio lo ha già fatto. Prima del
più recente Dpcm, su 28 mila 83 tra sedi e unità locali d'impresa, erano autorizzate all'attività 16.547, salite
poi a 17.454. Da martedì 14 aprile alle 15 di ieri 16 aprile, sono arrivate altre mille comunicazioni di imprese
che ritengono di essere legittimate al riavvio perché parti di qualche filiera. Ma il dato forse più curioso è
che dopo il solo annuncio del nuovo Dpcm, nei giorni di Pasqua e Pasquetta, sono state inviate alla
prefettura di Pordenone ben 300 richieste, prima ancora, dunque, di aver letto il testo. E' la dimostrazione
di quanto pesante e insostenibile sia giunta la fase del lockdown.

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I cantieri del post-Vaia possono ripartire: sbloccati 120 milioni (M. Veneto)
Maura Delle Case - Una boccata d'ossigeno da 120 milioni è in arrivo per 2 mila tra imprese e professionisti,
tanti sono quelli impegnati nei 674 cantieri avviati nel 2019 a seguito della tempesta Vaia che oggi, dopo lo
stop imposto dall'emergenza coronavirus, oggi possono finalmente ripartire. Ad annunciarlo sono stati ieri
il governatore Massimiliano Fedriga e il vicegovernatore Riccardo Riccardi sottolineando come «in un
momento di grande difficoltà», che vede sommarsi all'emergenza sanitaria quella economica, «l'ottima
collaborazione interistituzionale (tra Regione e Prefetture, ndr) ci consente di mettere in campo risorse che
giocheranno un ruolo fondamentale per tante imprese». Da oggi potranno infatti riaprire tutti i cantieri
legati al ripristino dei danni causati a fine 2018 dalla tempesta, che si era abbattuta sulla montagna friulana
con raffiche di vento a 200 chilometri orari, «dando così una sferzata del valore di quasi 120 milioni al
sistema economico Fvg, un sistema - hanno aggiunto Fedriga e Riccardi - che ha assoluta necessità di
ripartire dopo il periodo di blocco imposto dalle misure di contenimento del coronavirus». Per il presidente
e il suo vice «si tratta di un sostegno concreto e importante per l'economia del Friuli Venezia Giulia», che
vale 118 milioni di euro di investimenti sul territorio, risorse queste che si vanno ad aggiungere ai 35 milioni
già liquidati alle imprese per un totale di 153 milioni. I lavori che riprenderanno oggi riguardano 18 soggetti
attuatori, tra cui Fvg Strade, consorzi di bonifica e società di gestione dei servizi pubblici, che devono
realizzare 273 interventi del valore di oltre 37.190.177,96 euro e 68 soggetti ausiliari, in prevalenza Comuni
e direzioni regionali, che stanno realizzando 401 interventi per 116.466.192, 85 euro. Operazioni che
complessivamente - ricordano Riccardi e Fedriga - coinvolgono circa 2 mila operatori economici tra imprese
e professionisti, i quali potranno immediatamente riprendere a lavorare». Previa richiesta alle Prefetture.
Se dotate dei codici Ateco indicati nell'allegato 3 al Dpcm del 10 aprile, le aziende operanti nei cantieri
collegati all'emergenza Vaia potranno chiedere direttamente all'ufficio territoriale del Governo l'estensione
dell'autorizzazione alla ripresa delle attività, mentre nel caso di quelle sprovviste di tali codici il via libera
dovrà essere chiesto ai prefetti dagli stessi soggetti attuatori e ausiliari. Sbloccati questi cantieri, Fedriga e
Riccardi guardano già ai prossimi. Nel 2020 ne sono previsti infatti ulteriori 207 per un totale di 101 milioni
di euro. «Vedranno il coinvolgimento di 7 soggetti attuatori, ai quali sono affidati 34 interventi, e 75
ausiliari con 173 interventi. Inoltre - concludono presidente e vicepresidente della Regione -, grazie ai 3
milioni di euro di contributi da parte di imprese e privati raccolti per le avversità atmosferiche di agosto
2017, sono stati aperti cantieri per più di 3 milioni di euro».

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Udine e Pordenone divise. Vince Bonomi e fanno pace (M. Veneto)
Maurizio Cescon - Il neo presidente designato di Confindustria Carlo Bonomi mette d'accordo le varie anime
del mondo imprenditoriale del Friuli Venezia Giulia. Da Bono a Mareschi Danieli ad Agrusti i vertici
plaudono all'elezione dell'imprenditore lombardo, la cui investitura ufficiale avverrà nell'assemblea
generale di maggio, che al ballottaggio (il voto è stato elettronico) ha sconfitto la sfidante Licia Mattioli con
un esito netto: 123 suffragi dei delegati contro 60. Nel Nordest, comunque, due le Confindustria che, alla
fine, hanno optato per Mattioli: Verona e Udine. Anche se Udine non ha comunque mai espresso, durante
la delicata fase della "campagna elettorale" un appoggio ufficiale a uno o all'altro candidato.E subito dopo
lo scrutinio dei voti dalla presidente udinese Anna Mareschi Danieli arriva un sostegno convinto al
successore di Vincenzo Boccia. «Mai come in questo momento mi sento di rivolgere un sincero in bocca in
lupo e un augurio di buon lavoro al nostro nuovo presidente Carlo Bonomi - scrive Mareschi Danieli in una
nota - . Nel congratularmi a nome di tutta Confindustria Udine per la sua designazione, non posso che
rimarcare come la sua nomina coincida con una delle fasi più critiche e complesse che l'economia italiana
deve affrontare dal secondo dopoguerra. Unità, coesione e compattezza - aggiunge - sono richieste alla
classe imprenditoriale per superare questa emergenza. A Carlo Bonomi il compito di farsi interprete delle
istanze di tutto il tessuto imprenditoriale italiano, che reclama a viva voce la riapertura di tutte quelle
fabbriche e realtà aziendali in grado di garantire la salvaguardia e la sicurezza dei loro dipendenti». La
presidente degli industriali friulani, sottolineando che «Confindustria, oggi più che mai ha bisogno di una
rappresentanza autorevole e forte, che si faccia valere tanto in ambito italiano quanto europeo», ha
assicurato a Bonomi «il leale e proattivo supporto a tutte le azioni che lui e la sua squadra avranno
intenzione di intraprendere nell'interesse del sistema delle imprese, alle prese con uno scenario di crisi e di
incertezza di cui non si vedono, purtroppo, spiragli di uscita nell'immediato». Messaggio di unità e di
sostegno all'operato di Bonomi condiviso anche da altri big dell'industria friulana, come il presidente di
Biofarma Germano Scarpa.Chi non ha mai fatto mistero di preferire Bonomi agli altri concorrenti, è stato fin
dal primo momento il leader di Confindustria Alto Adriatico Michelangelo Agrusti, che ora si gode il
successo...

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Didattica a distanza: fuori l'11% di alunni. Dalla Regione bando da 1 milione di euro (Piccolo)
Paola Bolis - Dei quasi 142 mila studenti iscritti alla scuola statale pubblica - istituto comprensivo o
superiore - della regione, sono 126.149, pari all'89,35%, quelli che sin dall'avvio della didattica a distanza
imposta dalla chiusura delle scuole erano pronti a seguire le lezioni online, con strumenti propri o forniti
dall'istituto. Detto in altre parole, sono stati 15.042 gli alunni rimasti esclusi: poco meno dell'11% del totale
complessivo. Con l'intervento dei fondi giunti dal ministero dell'Istruzione - quasi 1,3 milioni di euro per i
dispositivi informatici - il numero degli esclusi, secondo l'Ufficio scolastico regionale (Usr), è stimato in
riduzione a poco più di cinquemila. Ed è soprattutto per far fronte alle esigenze di questi ultimi che la
Regione sta per lanciare un bando del valore di un milione di euro, a valere sul Fondo sociale europeo, per
consentire alle scuole di implementare le dotazioni informatiche - dai notebook alle chiavette Wifi - da
mettere a disposizione degli studenti: un bando da avviare nel mese in corso, fa sapere l'assessore
regionale all'Istruzione Alessia Rosolen, così da far pervenire agli istituti altri materiali utili già entro maggio.
Nella consapevolezza che il fronte della didattica a distanza resterà aperto per i mesi a venire.È questo il
quadro che emerge dal monitoraggio effettuato a inizio aprile dalla Regione d'intesa con l'Usr per
individuare fabbisogni e criteri di riparto delle risorse regionali. Un quadro - commenta Rosolen -
«comunque confortante, perché significa che le scuole si sono mosse e che il personale docente e non
docente, con la regia dell'Usr, hanno garantito una risposta immediata alle necessità degli studenti»: parole
riferite anche alla quota - una media del 97,51% - dei docenti impegnati nella didattica a distanza. Tanto da
far ritenere all'assessore che «la Regione sarà ai vertici» quanto alle cifre, e che «in un frangente come
questo emerge in modo ancora più importante il ruolo che la Regione ha nella garanzia sul tema educativo
che lo Stato non sempre garantisce».Va detto che il monitoraggio - da cui peraltro si sono rilevati problemi
di connettività per circa il 3% di alunni - è stato poi implementato. Una delle percentuali più basse che si
leggono nel grafico qui sopra, ad esempio, riferita all'Istituto comprensivo Randaccio di Monfalcone, deriva
da un'indagine cui ha partecipato inizialmente solo la metà delle famiglie, esclusa la scuola dell'infanzia.
Tanto che un ulteriore screening a livello regionale verrà effettuato a breve.In ogni caso, dai dati è emerso
che in Fvg la percentuale di studenti dotati di strumenti è più alta alle superiori in media di quasi del 4%,
rispetto all'86,73% riscontrato fra quelli degli istituti comprensivi. E se inizialmente solo 2 scuole sulle 163
considerate a livello regionale hanno segnalato una copertura per la didattica a distanza sotto il 50%, 158
sono gli istituti dove si sale oltre il 60%, 140 con oltre il 75% e 109 oltre il 90%: sette in Fvg gli istituti già con
copertura totale. Con le risorse della Regione da aggiungere a quelle statali si arriva al totale di 2 milioni
267 mila euro con cui raggiungere una dotazione di dispositivi per il 100% di studenti per 101 scuole, e una
media del 95,53% degli alunni per 89 istituti comprensivi, da aggiungere ai 30 istituti che hanno raggiunto la
totalità senza ricorrere al finanziamento regionale. Un numero di computer usati verrà poi individuato da
Insiel per essere destinato alle scuole. Nel medio periodo intanto la Regione prevede di investire 4,7 milioni
di euro per assicurare la banda ultra larga al 100% delle scuole superiori, al 58% delle medie, al 48% delle
elementari e al 47% di quelle dell'infanzia.Nel bando in arrivo per le scuole, fa sapere Rosolen, l'obiettivo è
fare in modo di incidere maggiormente sulle scuole dove più alto è il numero di studenti non raggiunti dalla
didattica online. Mentre sui fondi ordinari - sottolinea l'assessore - non è stato apportato alcun taglio a
fronte di attività non svolte, permettendo agli istituti di utilizzare comunque le risorse. Su un altro fronte,
intanto, la Regione è al lavoro: individuare un bando a livello europeo per trovare risorse su cui incidere
contro disparità economiche e povertà educativa che la didattica a distanza rischia di ampliare.

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CRONACHE LOCALI

Fontanini: «Vanno riaperti i negozi e i bar. E passeggiate ovunque con la mascherina» (Mv Udine)
Cristian Rigo - Se è vero, come è vero, che in Friuli Venezia Giulia i numeri del contagio sono più contenuti
rispetto alle altre regioni del Nord Italia, allo stesso modo va riconosciuto che a Udine la situazione è meno
preoccupante di quanto non lo sia nelle altre città capoluogo.Ecco perché il sindaco Pietro Fontanini chiede
alla Regione che la cosiddetta fase 2 venga sperimentata a Udine, anticipando la riapertura non soltanto
delle realtà produttive, ma di tutte le attività economiche, compresi bar, ristoranti e negozi. A patto,
ovviamente, di poter garantire la sicurezza di lavoratori e clienti.Sindaco, possiamo dire che l'emergenza
coronavirus a Udine è sotto controllo?«Quello che possiamo dire è che i dati del contagio sono positivi,
soprattutto se confrontati con le altre città capoluogo. Da giorni ormai la curva è in flessione e questo può
sicuramente farci essere ottimisti».Al punto da anticipare le riaperture?«Il Governo ha fissato il termine
delle misure al prossimo 3 maggio e guardando alla situazione generale del Paese è giusto essere prudenti,
ma in Fvg i numeri sono diversi e il governatore Fedriga fa bene a chiedere che si tenga conto di questa
differenza. Allo stesso modo però bisogna riconoscere che a Udine la situazione è ancora più
incoraggiante».Quindi?«Quindi chiederò a Fedriga che sia Udine a sperimentare per prima la fase 2
riaprendo non soltanto le aziende, ma tutte le attività economiche e penso in particolare a bar, ristoranti e
negozi che sono in grande difficoltà economica».Ma non c'è il rischio di far ripartire il contagio?«Se si
seguono le regole, no. E in Friuli, a Udine in particolare, la gente, che voglio ringraziare, ha dimostrato di
sapere seguire le regole. Si tratta solo di organizzarsi».In che modo?«Munendosi di mascherine prima di
uscire di casa e indossando anche i guanti se necessario, ma soprattutto rispettando il distanziamento
sociale anche perché ci sono persone che pur avendo contratto il virus sono asintomatiche. Se tutti
rispettano le regole però, è possibile far ripartire l'economia. D'altronde se all'interno delle librerie si può
gestire la situazione penso sia possibile farlo anche nei negozi. Ci saranno le code all'esterno perché non ci
potranno essere affollamenti, come è accaduto nei supermercati, e bisognerà fare attenzione, ma ritengo
sia possibile e anche necessario perché molte attività non si possono permettere di restare ancora
chiuse».Per il momento oltre all'apertura delle librerie sono state concesse solo la passeggiata o la corsa
entro i 500 metri da casa..«Per Udine adesso mi sembra una limitazione eccessiva. Mi ricordo che, quando
ho emesso un'ordinanza che stabiliva di mantenere un metro di distanza all'interno dei locali prima delle
misure più drastiche decise dal Governo, sono stato criticato dai commercianti, ma ora la situazione è
diversa. Se una persona ha la mascherina e non si ferma a parlare rispettando la distanza di sicurezza
potrebbe andare anche a chilometri. L'importante è indossare gli strumenti di protezione individuali e
adottare le misure di contenimento sociali».A giudicare dal numero di persone che vengono multate ogni
giorno però non tutti lo fanno... «È vero e per quello è importante continuare con i controlli che devono
essere puntuali. Ma la maggior parte degli udinesi rispettano le regole. Non lo dico io, ma i dati».L'indice
che calcola il numero delle persone in quarantena sommate ai positivi al virus ogni mille abitanti è sceso
sotto l'1.«Ed è un ottimo risultato, ma non è l'unico indicatore da tenere in considerazione. Il numero dei
guariti, che sono 70 (come riportato nella tabella qui a fianco, ndr), ha superato i contagiati che sono 68 e le
persone in quarantena sono 27 con una riduzione di 13 unità rispetto a due giorni prima. A Trieste il quadro
è molto diverso, infatti l'indice è a 5,95 contro il 2,88 di Pordenone e l'1,73 di Gorizia».Le case di cura
spesso sono diventate sede di focolai..«Non a Udine, dove pure gli anziani ospitati nelle strutture sono più
di mille, ce ne sono 450 solo alla Quiete dove però sono state adottate molte precauzioni che
evidentemente hanno tenuto lontano il virus: sono state vietate le visite ai parenti, il personale viene
monitorato misurando la temperatura e viene eseguita la sanificazione degli ambienti. Nei primi tre mesi di
quest'anno ci sono stati 61 decessi esattamente quanti ce ne sono stati nei primi tre mesi dell'anno
scorso».

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Dodicesimo morto a Castions. I guariti superano quota cento (M. Veneto Pordenone)
Donatella Schettini - Sono oltre 100 i guariti da coronavirus in provincia di Pordenone, anche se la giornata
di ieri ha fatto registrare due decessi, quelli di un ospite della casa di riposo di Castions di Zoppola e di una
religiosa originaria di Tamai di Brugnera che viveva fuori provincia. È ancora isolata la seconda medica:
manca l'esito di tre tamponi di operatori sanitari, atteso per oggi. Sulla base del risultato l'Azienda sanitaria
deciderà che cosa fare.VittimeIn mattinata all'ospedale di Pordenone è deceduto un uomo che era ospite
della casa di riposo di Castions di Zoppola: è Giuseppe Riccardo Rorai, 79 anni, di Fiume Veneto. Sale così a
12 il numero delle vittime del Covid-19 alla casa di riposo della fondazione Micoli Toscano. A Bologna,
sempre a causa del coronavirus, è mancata una religiosa, Ester Mazzon, suor Alfonsa, originaria di Tamai di
Brugnera. Aveva 81 anni (il servizio in altra pagina).GuarigioniIn provincia di Pordenone cresce il numero
dei guariti da Covid-19 che, secondo gli ultimi dati forniti alla Prefettura, sono 107 (mercoledì erano 96). Un
segno positivo nel quotidiano bollettino del virus. I contagiati in provincia di Pordenone sono
complessivamente 423 (con un incremento di 4 persone rispetto a mercoledì), di cui 54 ricoverati in
ospedale (45 a Pordenone, 5 a Udine, 2 a Trieste e 2 a Gorizia), tre in struttura Covid e 366 in isolamento
domiciliare. Le persone in sorveglianza, per essere state a contatto con un contagiato, sono
392.TestRimane sempre isolata la seconda medica dell'ospedale Santa Maria degli Angeli di Pordenone
dopo la scoperta di cinque pazienti risultati contagiati dal coronavirus tra il 10 e il 13 aprile. Sei operatori
sanitari erano stati trovati positivi nelle settimane precedenti. Martedì sono stati effettuati i tamponi sui 45
pazienti, che hanno messo in evidenza altre tre positività (trasferiti al reparto Covid), e su 25 operatori
sanitari, risultati tutti negativi. Mancavano ancora all'appello tre operatori che si sono sottoposti al test
nella mattinata di ieri. L'esito è atteso per oggi. In via precauzionale il reparto rimane isolato e i sanitari
utilizzano i dispositivi di protezione per i casi di Covid. La Asfo (Azienda sanitaria Friuli occidentale) deciderà
oggi, in base ai risultati dei tamponi come e quando - se dopo una sanificazione -
riaprire.IndagineProseguono anche le verifiche interne per far luce su quanto accaduto lo scorso fine
settimana, sul perché non abbia funzionato il filtro previsto dalle procedure per evitare che pazienti
sospetti siano ricoverati nei reparti. Due i casi di positività scoperti dopo il ricovero in reparto di pazienti
che arrivavano dalla casa di riposo di Castions, colpita pesantemente dal virus. Nei giorni successivi altri tre
pazienti sono risultati positivi sempre nello stesso reparto. Casi non collegati tra di loro secondo l'Azienda,
che però ha avviato una indagine interna con l'audizione di tutto il personale coinvolto.
Sale a 37 il numero degli anziani positivi nella casa di riposo
testo non disponibile

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Meno incidenti ma tante aperture porte. Vigili del fuoco sotto organico di 50 unità (Piccolo Go-Monf)
Stefano Bizzi - Meno interventi per incidenti stradali, ma più interventi per aperture porte e persone
bloccate negli ascensori. Così è cambiato il lavoro dei vigili del fuoco ai tempi del coronavirus. Non si limita
però a questo l'attività del Comando provinciale di Gorizia che sta già guardando al dopo emergenza. Se da
un lato preoccupa la situazione dell'organico, dall'altro il comandante Alessandro Granata deve già iniziare
a pensare al presidio estivo di Grado e alla campagna anti-incendi boschivi, due attività che nei prossimi
mesi richiederanno uno sforzo extra per i vigili del fuoco.Attività quotidianaCon una popolazione costretta a
rimanere chiusa in casa e con un'età media piuttosto alta, nell'Isontino le chiamate legate alle aperture
porta e gli ascensori bloccati si sono moltiplicate. Di contro, le richieste di intervento per incidenti stradali si
sono ridotte drasticamente. Con l'arrivo del caldo è facile prevedere che emergeranno nuove criticità legate
alla presenza di insetti, ma è possibile anche che con il prolungamento dell'isolamento possano aumentare
anche le liti in famiglia, situazioni delicate che, in casi estremi, richiedono il supporto anche dei vigili del
fuoco. Rivoluzione dei turni Le misure di prevenzione del contagio hanno intanto portato a una
riorganizzazione anche all'interno delle caserme. Dove è stato possibile (negli uffici) si è fatto ricorso allo
smart working. Tutte le comunicazioni ormai viaggiano via pec o via mail e a nessun estraneo è consentito
di varcare la porta carraia, se non su appuntamento. Gli operativi ora lavorano su quattro turni da 24 ore
anziché sulle 12 standard. «È un po' più pesante, ma si riesce a gestire», spiega il comandante provinciale
che però, come tutti, deve fare i conti con la spada di Damocle del coronavirus. «Dover mettere in
quarantena un turno sarebbe un problema. Fino adesso siamo riusciti ad evitarlo perché fin da subito
abbiamo avviato misure emergenziali. Il rischio zero non esiste, ma si può ridurre il pericolo fino al 90%».
Prima di entrare in servizio, al personale viene misurata la febbre e nel corso dei controlli è capitato che
due persone febbricitanti fossero mandate a casa e messe poi in quarantena precauzionale. Ovviamente
questo costringe i colleghi a sforzi ulteriori. Tra funzionari, amministrati ed effettivi il comando è sotto
organico di 50 unità. Problemi ci sono anche a livello apicale dove oltre al comandante è rimasto un solo
funzionario. «Se non ci mandano qualcuno avremo delle difficoltà anche per le commissioni di pubblico
spettacolo perché la priorità è il soccorso», sottolinea Granata.Incendi boschivi e GradoNonostante le
difficoltà di organico, l'estate si avvicina e il Comando provinciale deve cominciare a fare i conti anche con
la campagna anticendio boschivo della Regione (che assorbirà una squadra) e con il distaccamento
stagionale di Grado. Entrambe le attività sono già finanziate, ma per la seconda si attende la firma della
convenzione. «Anche se al momento nessuno può sapere se ci sarà una stagione estiva o meno, noi ci
stiamo preparando e stiamo chiedendo al personale la disponibilità agli straordinari per il presidio di Grado.
Probabilmente ci sarà un ritorno al turismo interno, tipo quello degli anni Sessanta, e a Grado ci sono molte
seconde case. Non è da escludere che poi arrivino anche gli austriaci. Significa che, quando si riaprirà, come
vigili del fuoco ci aspettiamo che ci sarà un sovraffollamento».

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