IDEE PER LA MOBILITÀ DEL FUTURO - N 09 MAGGIO 2015 UNA NUOVA CULTURA DELLE INFRASTRUTTURE - Autostrade
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IDEE PER LA MOBILITÀ DEL FUTURO N° 09 - MAGGIO 2015 DIRETTORE RESPONSABILE Francesco Delzio DIRETTORE EDITORIALE Vittorio Bo COORDINAMENTO EDITORIALE Silvia Gambadoro Stefano Milano Leonie Smushkovich Isabella Spinella MANAGING EDITOR Cecilia Toso REDAZIONE Cristina Gallotti COLLABORATORI Elisa Barberis una rivista di Paola Pierotti Enrico Remmert Maria Chiara Voci via A. Bergamini 50 00159 Roma TRADUZIONI www.autostrade.it Laura Culver Joan Rundo edita da Codice Edizioni ART DIRECTION E PROGETTO GRAFICO Undesign via G. Pomba 17 10123 Torino RICERCA ICONOGRAFICA t +39 011 19700579 E PHOTOEDITING www.codiceedizioni.it agora@codiceedizioni.it White distribuzione IMMAGINE DI COPERTINA esclusiva per l’Italia Viadotto Fadalto A27 Archivio Autostrade Messaggerie Libri spa per l’Italia t 800 804 900
SOMMARIO 06 EDITORIALE 08 manifesto NOVE IDEE PER UNA NUOVA CULTURA DELLE INFRASTRUTTURE 18 INFRASTRUTTURE PER LA COMPETITIVITÀ di Lanfranco Senn 24 CAPITALE PRIVATO PER LE INFRASTRUTTURE: QUALI PROBLEMI E QUALI SOLUZIONI? di Stefano Gatti 30 IL CAPITALE PRIVATO. UNA RISORSA PER COSTRUIRE di Elisabetta Iossa e Michele Polo 36 intervista a Ermete Realacci UN NUOVO SCENARIO PER LE GRANDI OPERE di Maria Chiara Voci 42 intervista a Luciano Violante NORME PIÙ CHIARE PER GLI INVESTIMENTI PRIVATI di Stefano Milano 48 intervista a Leopoldo Freyrie RIGENERARE LE CITTÀ di Paola Pierotti 54 Gente di Autostrade MY WAY: TUTTO IL MONDO DI AUTOSTRADE IN TV di Davide Coero Borga 60 Sei in un Paese Meraviglioso SECCHIA EST: DALLE RIVE ALLA RUPE DEL PO di Elisa Barberis 66 focus LA VIA DEL LATTE a cura di Slow Food 68 Muoversi con le parole IL ROMANZO DELLA CITTÀ di Enrico Remmert 75 english version
AGORÀ N°9 «QUELLA DEL MANIFESTO DELLE INFRASTRUTTURE È UNA RIVOLUZIONE DELLE BUONE REGOLE DI GESTIONE DI UN RAPPORTO ECONOMICO TRA PUBBLICO E PRIVATO, CHE SIA CONSAPEVOLE DELLA FORTE ASIMMETRIA TRA LE DUE PARTI IN CAMPO E CHE PERMETTA LORO DI TROVARE L’EQUILIBRIO OTTIMALE» Giovanni Castellucci 04 05
CONTRIBUTORS GIOVANNI CASTELLUCCI - Dal 1988 al 1999 ha operato nell’ambito della Boston Consulting Group (BCG), fino al ruolo di Partner e responsabile dell’Italian Customer Service e Pharma Practices. Nel 2000 è stato nominato AD del Gruppo Barilla e nel 2001 direttore generale del Gruppo Autostrade. Dal 2005 è AD di Autostrade per l’Italia, mantenendo la responsabilità di direttore generale di Autostrade S.p.A. Dal 2006 è AD di Atlantia S.p.A. LEOPOLDO FREYRIE - Presidente del Consiglio nazionale degli architetti, nel 1993 ha fondato con Marco Pestalozza la Freyrie & Pestalozza Architetti Associati. Consigliere del CNAPPC dal 1997, nel 2000 è stato tra i fondatori del Forum europeo per le politiche architet- toniche e, nel 2001, rappresentante del Governo al Comitato consultivo per la formazione di architetto dell’UE. STEFANO GATTI - Professore associato di Economia degli intermediari finanziari. Docente ufficiale del programma TACIS Banking Management – CEE per la riqualificazione dei quadri dell’ex USSR. Visiting fellow all’International Finance Corporation, The World Bank Group, Washington DC, March 2000. ITP International Teachers Programme, Manchester Business School, 2003. Docente ufficiale MBA, SDA Bocconi, direttore del corso di laurea in Economia e finanza. ELISABETTA IOSSA - Professore ordinario in Economia politica all’Università di Roma Tor Vergata e Research Fellow del Center for Economic Policy Research di Londra e dello IEFE dell’Università Bocconi, collabora con il centro studi EIEF della Banca d’Italia. È stata consulente per Competition Commission, Financial Service Authority, Office of Fair Trading, International Fund for Agricoltural Development e World Bank. MICHELE POLO - Professore ordinario di Economia politica presso l’Università Bocconi dove si è laureato in Economia e commercio. Ha conseguito un Master of Science in Economics presso la London School of Economics. È membro del Dipartimento di economia, di cui è stato direttore nel biennio 2006-2008. Dal 2008 è Prorettore dell’Università Bocconi per l’organizzazione interna. ERMETE REALACCI - Presidente della Commissione Ambiente, Territorio e Lavori Pubblici della Camera e membro della direzione del PD, è presidente onorario di Legambiente e presidente di Symbola, fondazione per le qualità italiane. Ha pubblicato Green Italy – Perché ce la possiamo fare e Soft Economy, per dare voce e forza ai tanti talenti italiani. LANFRANCO SENN - Professore Ordinario di Economia regionale ed economia urbana presso l’Università Bocconi, è stato direttore del CERTeT (Centro di Economia Regionale, dei Tra- sporti e del Turismo). La sua attività di ricerca spazia dall’economia delle regioni alle problematiche dello sviluppo urbano, dai trasporti alle public utilities. LUCIANO VIOLANTE - È stato presidente della Commissione parlamentare antimafia dal 1992 al 1994 e della Camera dei deputati dal 1996 al 2001. Magistrato, è stato Giudice istruttore a Torino e per il Ministero della Giustizia si è occupato di lotta al terrorismo. Nel 1983 si è dimesso dalla magistratura, dedicandosi alla carriera universitaria e politica. È presi- dente di Italia Decide, che ha fondato nel 2009.
I EDITORIALE Il titolo di questo numero di Agorà – Una nuova cultura delle infrastrutture – richie- de una spiegazione per evitare il rischio di sembrare vago o di prefigurare una sorta di “rivoluzione” basata sull’intro- duzione di principi innovativi. In realtà nelle pagine del Manifesto Infrastrutture, che abbiamo elaborato in partnership con l’Università Bocconi e da cui prendono avvio le riflessioni contenute nelle pagine seguenti, vi è una “rivoluzione del buon senso”. Una rivoluzione di cui non si sarebbe sentito il bisogno, se gli ultimi 15 anni non fossero stati caratterizzati da un’escalation di generalizzazioni ed ideologizzazioni sul settore delle infrastrutture con il prevalere di slogan vari, a partire dall’abuso del concetto di partenariato pubblico-privato. Come se fosse naturale condividere i rischi. Come se pubblico e privato fossero “sulla stessa barca”. Nulla di più fuorviante. Quella del Manifesto è una rivoluzione delle buone regole di gestione di un rapporto economico tra pubblico e priva- to. Che sia consapevole della forte asimmetria tra le due parti in campo (asimmetria informativa, di stabilità degli interlocutori nel tempo, di obiettivi) e che – al di fuori delle generalizzazioni e delle ideologizzazioni – permetta di trovare l’equilibrio ottimale tra le parti. Una sorta di “Sacro Graal” delle strategie infrastrutturali di un Paese e dei partenariati pubblico-privati. Per quanto riguarda le strategie infrastrutturali, la “rivoluzione del buon senso” consiste nel riportare le scelte a criteri e valori di praticità, misurabili direttamente. Investendo le poche risor- se disponibili laddove il fattore lavoro è concentrato (grandi ag- glomerati urbani) e al di fuori di velleità di riequilibrio modale e di riattivazione di chissà quali rilocalizzazioni produttive. Circa il rapporto tra pubblico e privato, la “rivoluzione del buon senso” consiste nel trasferimento del massimo dei rischi ope- rativi dallo Stato al privato, dando nel contempo al privato il massimo di garanzie sul rispetto del contratto. Solo così potranno emergere i bravi amministratori (quelli che meglio avranno saputo trasferire i rischi) e i bravi operatori (quelli più capaci di gestire i rischi). All’interno di una vera com- petizione per il mercato, che rappresenta l’unica garanzia di cor- retto ed efficiente funzionamento del rapporto pubblico-privato. Giovanni Castellucci
AGORÀ N°9 MANIFESTO NOVE IDEE PER UNA NUOVA CULTURA DELLE INFRASTRUTTUREa cura del Laboratorio Infrastrutture Università Bocconi – Autostrade per l‘Italia Illustrazioni - Undesign 08 09
MANIFESTO DALLA “CULTURA DEL FARE” ALLA 1 “CULTURA DEL FARE QUELLO CHE È UTILE” Negli ultimi anni le infrastrutture in Italia sono state il terreno di batta- glia di visioni aprioristiche, ideologi- che e fortemente polarizzate. Da una parte la “cultura del non fare”, ovvero l’ostilità aprioristica a nuove infrastrutture. Motivata da un mix di ragioni spesso convergenti: dalla “de- crescita felice” alla sfiducia nella ca- pacità di gestire grandi progetti, dal- la presunzione di corruzione alla tutela teorica dell’ambiente, fino alla preoc- cupazione sullo scarso controllo dell’o- perato dei privati. Sul fronte opposto si è sviluppato il “fronte del fare”, che considera “il fare” un valore di per sé positivo. Con valutazioni che vanno dall’effetto keynesiano sull’economia alla generica denuncia del deficit infrastrutturale del Paese, dalla necessità di migliorare la logistica delle merci alla preoccupa- zione per i posti di lavoro. Entrambe sono, in realtà, manifesta- zioni di un “pensiero estremo”. L’una trova giustificazione nell’esistenza dell’altra e trae linfa dall’estremismo dell’altra, e viceversa. Se applicate senza mediazioni, entrambe le filosofie porterebbero qualsiasi Stato al declino. Se ne potrà uscire solo attraverso una selettività molto maggiore delle opere effettivamente necessarie e con ritor- no economico. E attraverso una maggio- re condivisione dei processi decisionali con le comunità interessate. Perché le infrastrutture non sono, per definizione, né necessarie né sufficien- ti. Devono poter essere utili: alla mo- bilità di una comunità, alla competiti- vità dell’industria, allo sviluppo turi- stico di un territorio.
AGORÀ N°9 DAL GAP INFRASTRUTTURALE AL 2 GAP DI EFFICACIA Molte analisi vengono di volta in volta pubblicate per dimostrare il gap infra- strutturale del Paese, utilizzando pa- rametri come il numero di chilometri di autostrade per abitante o per chilometro quadrato. Come se fosse possibile con- frontare Paesi con forma allungata (con- dizioni più favorevoli) con Paesi “roton- di”, o come se la concentrazione indu- striale fosse una invariante. Altre ana- lisi tentano di dimostrare come l’Italia eccellesse 30 anni fa nella costruzione di infrastrutture e come successivamente si sia fermata. Nulla di più scorretto. Queste analisi sembrano ignorare che il processo di industrializzazione del no- stro Paese è ormai completato da anni e che oggi l’obiettivo è quello di soste- nere (per quanto possibile) un apparato industriale costruito nella maggior parte dei casi già attorno alle autostrade. Il che assicura, evidentemente, l’efficienza del servizio autostradale esistente. Il vero gap del Paese è, dunque, un gap di efficacia del sistema della mobili- tà. È sulle maglie mancanti, sui colli di bottiglia e sui “rami secchi” che si deve operare: ad esempio sviluppando il sistema delle metropolitane e del tra- sporto pubblico nelle città, o miglio- rando il collegamento tra autostrade e centri urbani. Il problema infatti è quello di soddisfare innanzitutto la domanda di mobilità indi- pendentemente dal modo di trasporto e dalla natura giuridica di chi gestisce le infra- strutture. 10 11
MANIFESTO DALLE “GRANDI DIRETTRICI” 3 AI “NODI” La necessità di costruire il consenso po- polare, e un campo per il compromesso, intorno alle grandi iniziative europee ha determinato l’enfasi su formule e mes- saggi scollegati dalla realtà. Parlare di “corridoio Lisbona-Kiev” appare infatti come un artificio: come se fossimo rima- sti ai tempi della Via della Seta o della Strada dei Re (da Sardi a Susa). Nessun camion o treno partirà infatti mai da Li- sbona per arrivare a Kiev! L’enfasi sulle grandi direttrici ha così fatto perdere di vista alla politica e all’opinione pubblica il gravissimo gap dei collegamenti tratta per tratta delle direttrici e soprattutto dell’accessibi- lità ai “nodi”, all’interno dei quali si sovrappongono e si intrecciano funzioni di lungo raggio con funzioni di servizio della mobilità di breve raggio. Interveni- re sui nodi è meno immaginifico, e proba- bilmente porta meno consenso, ma consente di avere ritorni per la collettività di un ordine di grandezza superiore.
AGORÀ N°9 DALLA “LOGISTICA DELLE MERCI” ALLA 4 “LOGISTICA DELLE PERSONE E DELLE IDEE” È frequente leggere affermazioni da par- te di politici o “sviluppisti” circa la necessità di fare viaggiare le merci più veloci e la conseguente indifferibilità della costruzione di una nuova rete in- frastrutturale ancora più veloce. Come se la competitività, per un Paese in fase di deindustrializzazione come l’Italia, non si fondasse oggi sulla capacità di innovazione, sulla flessibilità e sulla produttività del lavoro e sull’aumento dell’occupazione, su un welfare attivo ed efficiente. Oggi in realtà sono molto più rilevanti la “logistica delle idee” (fibra ottica, banda larga) e la “logistica delle per- sone” (reti intra-urbane ed extra-urba- ne, metropolitane, asili nido), rispet- to a quella delle merci. Perché non si può ignorare che ormai una percentuale di PIL preponderante si produce in aree estremamente ristrette. Ed è lì che è necessario intervenire. Ma per “integra- re” (cosa che fa meno “punti” per la po- litica) ciò che già esiste, non solo per “costruire”. 12 13
MANIFESTO IL RUOLO DEI PRIVATI: DA “FORNITORI DI 5 CAPITALE” AD “ASSUNTORI DI RISCHI” Un argomento che è stato spesso utilizzato per superare (con scarso successo) diffi- denze e opposizioni al ruolo dei privati nel settore delle infrastrutture è quello di affermare la necessità, per vincoli di bilancio, del capitale privato. Ma invocare il motivo sbagliato può porta- re a una gestione sbagliata, ovvero inef- ficiente, del rapporto. È noto che i pri- vati hanno bisogno di un’aspettativa (non “garanzia”) di ritorno superiore al rendi- mento risk free (che è, per convenzione, quanto paga di interessi lo Stato sul suo debito a lungo termine). Tale premio si qualifica come equity risk premium, ovve- ro “premio per il rischio”. L’investitore privato quindi si aspetta di correre ri- schi e di essere remunerato per questi. E auspica di essere in grado di saperli ge- stire meglio dei concorrenti. Spetta allo Stato definire bene i ri- schi e decidere quali di essi trasferire al privato, assicurandosi che ciò av- venga in maniera soprattutto efficace e al minor costo possibile per lo Stato. Altrimenti il ruolo del privato rischia di costare molto di più di quanto porta alla collettività. E spetta al privato assumersi dei rischi: sapendo che se li gestirà bene potrà guadagnare, se li ge- stirà male potrà anche fallire.
AGORÀ N°9 DALLA NECESSITÀ DI “GARANTIRE IL 6 RITORNO ALL’INVESTITORE” ALLA NECESSITÀ DI GARANTIRE “ASSENZA DI SORPRESE” Spesso viene dichiarato, più o meno te- stualmente: ci sono abbondantissime ri- sorse private disponibili per investi- menti in infrastrutture, ma c’è neces- sità di garantire il ritorno sull’inve- stimento. Sono dichiarazioni apparente- mente innocue e scontate, che nascondo- no in realtà un trasferimento di rischi alla collettività e una remunerazione al privato per rischi che non vengono sempre corsi. Quali rischi è efficiente trasferire dallo Stato al privato e quali no? Dalle analisi dei modelli di successo emerge come sia corretto ed efficiente trasfe- rire i rischi operativi (che di norma vengono accettati e “prezzati” corret- tamente, soprattutto dagli operatori ef- ficienti). Mentre la disponibilità dei privati ad accettare un rischio rego- latorio o di instabilità contrattuale è molto bassa. E, nel caso in cui accades- se, il costo caricato sulle spalle della collettività sarebbe estremamente alto. Per l’investitore privato, in sostanza, vale una regola fondamentale: rischi sì, sorprese no. 14 15
MANIFESTO DALLA “STABILITÀ DELLE REGOLE” 7 ALLA “STABILITÀ DEI CONTRATTI” Apparentemente la stabilità delle re- gole è un’esigenza di tutti. Ma quale Stato si può permettere di avere re- gole di affidamento delle concessioni, di attribuzione e di ripartizione dei rischi immutabili nel tempo? Le situa- zioni cambiano. Le priorità anche. E le regolazioni dei rapporti concessori non hanno la natura di norma costituzionale. Ma fortunatamente ciò che rileva per un corretto rapporto tra pubblico e privato non è la “stabilità delle regole”. È il “rispetto dei contratti”. I Paesi che meglio hanno valorizzato le capacità del capitale privato nel setto- re delle infrastrutture (come ad esempio Cile e Australia) hanno più volte cambia- to il modo nel quale venivano impostate le regolazioni inserite nei contratti, perché non esiste un modello unico. Ma non hanno mai nemmeno ipotizzato di mo- dificare le previsioni e le clausole in- serite nei contratti. Per lo Stato, per il Governo, per il legislatore cambiare idea è legittimo. Ma solo per i nuovi contratti di con- cessione.
AGORÀ N°9 DALLA “REGOLAZIONE DEL MERCATO” 8 ALLA “COMPETIZIONE PER IL MERCATO” Che le concessioni di infrastrutture si- ano un monopolio è un fatto acquisi- to. La collettività deve preoccuparsi di estrarre tutto il valore economico del- le stesse, attraverso la disponibilità di un’infrastruttura con le tariffe più basse possibili per la durata più corta possibile. Ci sono due modi per ottenere questo risultato: prevedendo una “regolazione variabile e discrezionale” oppure, al contrario, puntando sulla massima com- petizione in fase di aggiudicazione del- la concessione. Con il secondo modello, vincono coloro i quali hanno più capaci- tà di assumere e gestire i rischi a costo contenuto. Perché il modo di regolare le concessioni seleziona anche i conces- sionari: i più introdotti e disponibili ad assumersi un “rischio politico” nel primo modello, i più capaci di gestire i rischi nel secondo. 16 17
MANIFESTO DA UN “CONTRATTO A 9 FORMAZIONE PROGRESSIVA” A UN “CONTRATTO CHIUSO” Un corretto ed efficace trasferimento dei rischi al privato richiede una chia- ra definizione degli impegni (soprat- tutto di costruzione e di investimen- to). Ma purtroppo, nella maggior parte dei casi, la gara o l’aggiudicazione avviene sulla base di un progetto pre- liminare che deve ancora superare tutti gli iter autorizzativi. In questo modo il concessionario si tro- va un “titolo amministrativo” per co- struire un oggetto che per larga parte è indefinito (rispetto agli investimenti necessari, alle tariffe applicabili e così via). Operare una corretta selezione della mi- gliore offerta, in tali casi, diventa illusorio. E aumenta il rischio che la collettività debba pagare per l’opera un prezzo più alto del necessario.
AGORÀ N°9 INFRASTRUTTURE PER LA COMPETITIVITÀ di Lanfranco Senn PER RINNOVARE LA PROPRIA ECONOMIA UN PAESE DEVE SAPERSI RENDERE ATTRATTIVO E COMPETITIVO: PRODURRE A COSTI CONTENUTI ED ESSERE EFFICIENTE. MA SENZA UN SISTEMA RETICOLARE DI INFRASTRUTTURE CHE RENDA I TERRITORI RAGGIUNGIBILI E METTA IN CONNESSIONE GLI UTENTI, ATTIRARE GLI INVESTIMENTI RESTA UN MIRAGGIO. fotografie J. Hicks / R. Tilley / S. de Wilde / @Topic Photo Agency / D. Henderson / 18 19
CRESCITA E SVILUPPO
R AGORÀ N°9 Ricominciare a crescere è la prospettiva unica e necessaria cui questo Paese deve mirare per affrontare i gravi problemi della disoccupazione (soprattutto giova- nile), alzare il livello di benessere e mi- gliorare la qualità della vita. Un Paese, infatti, non dà segnali di spe- ranza ai suoi cittadini, specialmente alle nuove generazioni, se non offre a tutti un’opportunità di lavoro, che si traduce in reddito e consumo. Chi può offrire queste opportunità sono innanzitutto le imprese e l’imprenditoria- lità diffusa anche a livello individuale. In un’economia sviluppata, che non vuole fare passi indietro a livello globale, occorre per- ciò rilanciare l’attrattività del Paese e dei suoi territori, per investire e produrre, e la com- petitività per fare meglio degli altri. Attrattività e competitività non sono la stessa cosa, anche se spesso si fa confu- sione tra i due concetti e i due obiettivi. Per un Paese, l’attrattività rappresenta un vantaggio “assoluto”, indipendente dai li- velli di sviluppo conseguiti da altri sistemi economici concorrenti, nazionali o regio- nali. Ma l’attrattività potrebbe non bastare, perché – nella “corsa globale” allo sviluppo – occorre anche conseguire maggiori van- taggi “relativi”, essere cioè più competiti- vi di altre economie: produrre a costi più bassi, essere più efficienti e quindi in gra- do di esportare i propri beni e servizi. Solo 20 21
CRESCITA E SVILUPPO tipiche delle aree urbane e metropolitane congestionate). Ma per rendere attrattivo un territorio dovranno anche essere di qua- lità progettuale elevata, sicure, e caratteriz- zate da una continua manutenzione. Infine, Le infrastrutture dovranno essere programmate e realizzate costituiscono un “in rete”, per rispondere ai bisogni sempre fattore fondamentale per garantire più capillari e differenziati della domanda attrattività e competitività a un di mobilità. Paese e ai suoi I requisiti di attrattività che le infrastrutture sistemi produttivi locali, svolgendo possono offrire ai diversi territori del Paese appieno il loro ruolo di “strumento” rappresentano anche le condizioni necessa- per lo sviluppo rie, seppur non sufficienti, per la competi- tività dei sistemi produttivi che vi sono in- sediati o che vorrebbero insediarvisi. Infra- strutture che garantiscano accessibilità, flui- dità di spostamenti, qualità, manutenzione e sicurezza consentono alle imprese di ridurre così si riesce a mettere in moto un proces- so cumulativo e vincente di crescita. Le infrastrutture costituiscono un fattore fondamentale per garantire attrattività e competitività a un Paese e ai suoi siste- mi produttivi locali, svolgendo appieno il ruolo di “strumento” per lo sviluppo (e non di fine ultimo). La capacità di un Paese di attrarre investi- menti – manifatturieri, terziari o primari – dipende innanzitutto dall’“accessibilità” dei suoi territori, che devono essere “raggiungi- bili” per le imprese che vi si vogliono loca- lizzare, per i turisti che desiderano visitarli e soggiornarvi, per i cittadini che vi vivono e lavorano. Le infrastrutture per l’accessibilità – per essere utili – devono essere pensate in base agli scopi che si vogliono conseguire nelle diverse aree, con le differenze del caso. In diverse situazioni dovranno creare “con- venienza” alla localizzazione degli impianti di produzione e distribuzione delle imprese (generando le cosiddette economie esterne oppure rimuovendo le diseconomie esterne,
AGORÀ N°9 i propri costi e le incentivano all’innovazio- ne, permettono ai lavoratori di aumentare la propria produttività e ai turisti una maggiore fruibilità e qualificazione dei servizi. La natura reticolare di infrastrutture ben programmate e realizzate consente, infine, alle varie categorie di “utenti” di integrare i loro bisogni di mobilità di breve e lunga di- stanza: la connessione di strade, autostrade e ferrovie con porti e aeroporti è la condizio- ne perché un’impresa possa spostare le sue merci nel contesto locale e poi esportarle in tutto il mondo, e un turista possa giungere da lontano e poi muoversi agilmente tra le diverse mete di viaggio. Il vero contributo delle infrastrutture alla competitività di un Paese è “indiretto” ma anche strutturale, perché esse consentono alle imprese e ai consumatori di assumere comportamenti virtuosi e disporre di condi- zioni adeguate per adottarli. Sono quindi in grado di generare quei wider economic effects che associano la competitività con l’efficien- za di un sistema Paese. In terzo luogo, poiché una rete infrastrut- Può essere utile richiamare alcuni “mecca- turale – come ogni altra rete – è fatta di nismi” con cui si genera questa catena cau- nodi e di tratte di collegamento, una rete sale virtuosa tra infrastrutture, opportunità efficiente che consenta accessibilità ai nodi e comportamenti delle imprese e competiti- (ad esempio, aree urbane e metropolitane, vità del sistema Paese. distretti o cluster produttivi…) favorisce Innanzitutto, un’adeguata rete infrastrut- l’agglomerazione localizzativa delle atti- turale consente alle imprese di aumenta- vità di produzione e lavoro, consente il re le opportunità di scelta dei mercati su In queste raggiungimento di economie di scala (di cui vendere (clienti) i propri prodotti o pagine: servizi impresa e di sistema), riduce i costi medi e infrastrutture acquisire i propri inputs (fornitori), non- nelle città del e favorisce gli spillovers di conoscenza, il mondo; Mosca, ché di selezionare i percorsi per muovere Milano, Liegi, Seul, labor market pooling e l’input sharing. persone e merci. Si riducono così i costi Shanghai. Ovviamente, come conseguenza di quan- di trasporto e logistica, sia in termini mo- to si è detto, l’impatto “strutturale” delle netari sia di tempo. In assenza di una rete infrastrutture sullo sviluppo territoriale infrastrutturale così concepita, le imprese e sulla competitività sarà difficilmente dovranno invece assumerla come vincolo omogeneo, perché dipenderà appunto alla propria operatività ottimale, facendo dalla capacità delle imprese e dei sistemi salire i livelli dei prezzi e quindi anche a produttivi “locali” di cogliere le opportu- discapito dei consumatori finali. nità di una migliore infrastrutturazione In secondo luogo, una buona rete di in- per diventare più competitivi ed efficienti frastrutture migliorerà la mobilità dei fat- (e questo deve mettere sull’avviso del ri- tori, specialmente del fattore lavoro, ma schio di diseconomie di congestione). anche del capitale, con un evidente effetto Ciò suggerisce che la programmazione del- sull’aumento della produttività. le infrastrutture sia “mirata” – e per questo 22 23
CRESCITA E SVILUPPO selettiva – a seconda della tipologia delle specializzazioni produttive (manifatturiere, agricole o terziarie); del posizionamento geografico delle aree (più o meno orientate ai flussi e ai mercati globali – i cosiddetti ga- teways del sistema – come porti e aeroporti, oppure orientate ai soli mercati domestici); Il vero contributo e, infine, alle strutture e alle caratteristiche delle infrastrutture degli insediamenti produttivi serviti: le alla competitività imprese a più bassa produttività cercano di un Paese è infatti sempre localizzazioni dove la com- “indiretto” ma anche petizione è più limitata, a differenza delle strutturale. Perché imprese tecnologicamente più avanzate e le infrastrutture produttive che cercano localizzazioni più consentono alle imprese esposte alla competizione globale. e ai consumatori di La conclusione di queste riflessioni sul ruolo assumere comportamenti che l’infrastrutturazione può svolgere sulla virtuosi e disporre di competitività del Paese – non consuete nella condizioni adeguate per cultura del Paese stesso – è che programma- adottarli re le infrastrutture e selezionare solo quelle necessarie non costituisce un processo de- cisionale indipendente dalla conoscenza e responsabilità di sviluppare le economie ter- ritoriali così ricche, ma anche così diversifi- cate, nel nostro Paese.
AGORÀ N°9 fotografie S. Proehl / G. Hammerstein / C. Davidson / C. Bassetti / S. Doran 24 25
FINANZIAMENTO CAPITALE PRIVATO PER LE INFRASTRUTTURE: quali problemi e quali soluzioni? di Stefano Gatti IL RAPPORTO TRA PUBBLICO E PRIVATO DEVE BASARSI SU UNA CHIARA IDENTIFICAZIONE DEI RISCHI SOTTESI ALL’INFRASTRUTTURA. E SUL PRINCIPIO CHE OGNUNA DELLE DUE PARTI DEVE PRENDERSI LA RESPONSABILITÀ DEI RISCHI CHE È MEGLIO IN GRADO DI MISURARE, GESTIRE ED EVENTUALMENTE COPRIRE.
AGORÀ N°9 Il pieno utilizzo del potenziale di finanziamento del settore privato può emergere solo a fronte di un atteggiamento proattivo da parte del settore pubblico 26 27
N FINANZIAMENTO pubblici in questa tipologia di interventi diviene essenziale. Se è vero che le infrastrutture dovreb- bero essere il campo elettivo di investi- mento da parte del soggetto pubblico, che dovrebbe quindi assumersi anche l’onere del finanziamento delle opere stesse, alcune caratteristiche distintive delle infrastrutture le rendono una al- ternative asset class appetibile rispetto a investimenti più tradizionali in azioni o bond: settori regolamentati, alte barriere all’ingresso, strutture di mercato di mo- nopolio o quasi monopolio, bassa elasti- cità della domanda sono tutti fattori che Nel corso del 2014 ho avuto il piacere di Non è possibile contribuiscono a una ridotta volatilità pensare di investire lavorare sul tema del finanziamento pri- capitali quando le dei flussi di cassa prodotti dall’investi- regole del gioco vato delle infrastrutture con il team di cambiano dopo che i mento su un arco temporale medio-lun- capitali stessi sono ricercatori da me coordinato nell’ambi- stati spesi go. Si tratta di un profilo gradito a long to del “Laboratorio per le infrastruttu- term investors come i fondi pensione o re”, promosso da Autostrade per l’Italia le compagnie di assicurazione vita che presso l’Università Bocconi di Milano. I hanno, infatti, iniziato a convogliare su risultati del nostro lavoro di ricerca han- questa classe di attività maggiori risorse no portato alla produzione del manife- finanziarie rispetto a quanto accadeva sto Nove idee per una nuova cultura delle solo a metà degli anni Duemila, tanto infrastrutture di cui sono firmatario in- da portare alcuni analisti a parlare di un sieme a Giovanni Castellucci, Lanfranco fenomeno di disintermediazione del più Senn e Michele Polo. tradizionale circuito creditizio fondato I punti di contatto tra il nostro lavoro sui prestiti sindacati organizzati nella di ricerca e il manifesto sono numero- forma del project financing. si. Tuttavia, sono tre quelli al cuore dei Il crescente trend di disintermediazione temi da noi trattati. Mi riferisco in parti- che si sta imponendo a livello interna- colare ai seguenti: 1. il ruolo dei privati, zionale indica un chiaro interesse degli che da “fornitori di capitali” diventano investitori istituzionali privati verso le “assuntori di rischi”; 2. il passaggio dalla infrastrutture. Tuttavia, il pieno utilizzo necessità di “garantire il ritorno all’inve- del potenziale di finanziamento del set- stitore” a quella di garantire “assenza di tore privato può emergere solo a fronte sorprese”; 3. il passaggio da un “contrat- di un atteggiamento proattivo da parte to a formazione progressiva” a un “con- di quello pubblico e un orientamento tratto chiuso”. imprenditoriale che eviti di conside- Per quanto concerne il punto 1, è suf- rare il capitale privato come una facile ficiente ricordare alcuni dati: il fabbi- scorciatoia per superare il problema di sogno di infrastrutture stimato dall’U- bilanci pubblici non sufficientemente nione europea entro il 2020 equivale a capienti. circa 2000 miliardi di euro. Tenuto con- Tale atteggiamento può fondarsi sia sul- to dei rigidi vincoli di bilancio dei Paesi la creazione di una classe di amministra- membri, la ricerca di capitale privato per tori pubblici tecnicamente preparati ad sopperire alla riduzione di investimenti affrontare la negoziazione con il settore
AGORÀ N°9 privato sulla base di profili rischio/ren- stione imprenditoriale dell’opera. Buoni dimento accettabili dal privato stesso, sponsor industriali dovrebbero essere sia sulla messa a disposizione di forme nella migliore condizione di assicurare di back up finanziario in grado di mi- una costruzione e una gestione efficace gliorare lo stesso profilo nel caso in cui ed efficiente dell’opera. Il settore pubbli- l’opera infrastrutturale non sia di per sé co dovrebbe invece divenire il gestore in grado di essere appetibile per investi- dei rischi non controllabili dal privato: tori privati. Queste due condizioni sono amministrativo, regolatorio, di cambio alla base dei punti 2 e 3 prima indicati. della regolamentazione, dell’emersione Quanto al problema di assicurare un di fenomeni di illegalità. adeguato profilo rischio/rendimento, Numerosi investitori istituzionali la- va chiarito che il rapporto tra pubbli- mentano, nel caso specifico del nostro co e privato deve basarsi su una chiara Paese, l’assoluta imprevedibilità della identificazione dei rischi sottesi all’in- cornice normativa, regolatoria e istitu- frastruttura e sul principio che ciascuno zionale che non si concilia affatto con i deve prendersi la responsabilità di una tempi lunghi che tipicamente gli investi- porzione dei rischi: quella che la parte in menti in infrastrutture richiedono. Non gioco è meglio in grado di misurare, ge- è possibile pensare di investire capitali stire ed eventualmente coprire. Ne con- quando le regole del gioco cambiano segue che il privato dovrebbe essere re- dopo che i capitali stessi sono stati spesi. sponsabile dei rischi derivanti dalla ge- Il tema della “certezza del diritto” è spes- so un fenomeno frainteso che porta a scelte di politiche di finanza pubblica apparentemente illogiche. Si pensi alle diverse forme di credit en- hancement elaborate dalla Commissio- ne europea, dapprima attraverso il 2020 project bond initiative e più recentemente attraverso la proposta del Presidente Jun- cker dell’EFSI (European Fund for Stra- tegic Investment). Tali interventi vanno chiaramente nella direzione di migliorare o il rendimento o il rischio dell’operazio- ne a favore dei finanziatori privati. In realtà, meccanismi di garanzia di tal genere distorcono uno dei principi base delle public private partnerships: se il privato vede ridotto il rischio dell’in- vestimento non si può essere certi che i rischi siano gestiti nel modo più efficace ed efficiente possibile. Nell’ambito del nostro progetto di ricer- ca abbiamo dimostrato attraverso l’uso di una simulazione ad agenti multipli, che un’amministrazione pubblica poco esperta di temi di public private partner- ships e l’uso rilevante di meccanismi di credit enhancement (o, se si preferisce, 28 29
FINANZIAMENTO di strumenti per la riduzione del rischio di perdita per gli investitori privati) ha come effetto quello di attrarre i peg- giori soggetti privati nella costruzione, gestione e finanziamento dell’opera. Si tratta quindi di situazioni nelle quali la volontà, assolutamente legittima, di attrarre maggiore capitale privato, ha come effetto negativo l’emersione di se- lezione avversa (prima della concessio- ne) e di azzardo morale (in seguito). Solo contratti chiusi, ben scritti e ben chiari sulla definizione degli impegni reciproci, affiancati a un quadro rego- latorio non modificabile a “giochi fatti” sono la migliore garanzia per un pieno dispiegamento delle forze del capita- le privato nel settore infrastrutturale, e questo indipendentemente da qualsiasi garanzia di rendimento minimo propo- nibile alle controparti private. Solo contratti chiusi, ben scritti e chiari, affiancati a un quadro regolatorio non modificabile sono la migliore garanzia per un pieno dispiegamento delle forze del capitale privato
AGORÀ N°9 IL CAPITALE PRIVATO Una risorsa per costruire di Elisabetta Iossa e Michele Polo QUANDO IL PRIVATO INTERVIENE COME INVESTITORE NELLA COSTRUZIONE DI OPERE PUBBLICHE ACQUISISCE UN RUOLO CRUCIALE, MOLTO SPESSO CONSIDERATO SOLO PER IL SUO ASPETTO MONETARIO E QUINDI POCO COMPRESO. OCCORRE PER QUESTO RACCONTARNE I VANTAGGI E I RISCHI. E COSA DOVREBBE CAMBIARE. fotografie C. Cazalis / F. De Luca / D. Sailors 30 31
CAPITALE PRIVATO
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Q CAPITALE PRIVATO Investendo capitale proprio, il concessionario privato acquisisce incentivi alla corretta realizzazione del progetto, allineando i suoi interessi a quelli di ente pubblico e utenti Quando si insegnano i temi legati alle con- to che copra anche il rischio d’impresa. cessioni di servizi pubblici, accade talvol- Il ricorso al capitale privato è allora giu- ta che gli studenti, inizialmente, dimen- stificabile non in quanto tale, ma perché tichino di essere economisti e si lascino diventa lo strumento attraverso cui si può convincere da quanto scritto da qualche ottenere un’allocazione efficiente dei rischi. giornalista frettoloso o da qualche sito di Investendo capitale proprio e diventando parte, promotore di progetti piuttosto che responsabile della costruzione e gestione del benessere sociale. E spesso capita che, dell’infrastruttura, il concessionario pri- chiamati a qualche riflessione iniziale, fac- vato acquisisce incentivi alla corretta re- ciano affermazioni affrettate su qualche alizzazione del progetto, allineando i suoi noto progetto infrastrutturale, e che una interessi a quelli dell’ente pubblico conces- qualche ideologia politica si insinui subdo- sionario e degli utenti. lamente nel loro ragionamento logico. Chi pensa che sia necessario ricorrere al Allora noi insegnanti e ricercatori ci ap- capitale privato per superare i vincoli di puntiamo queste osservazioni di inizio bilancio pubblico tende poi tipicamente corso, nella speranza che, dopo deci- a compiere un secondo, consequenziale, ne di ore di lezione e di ragionamento errore, cioè quello di pensare che sia ne- puro, si possa ritornare con gli studenti cessario garantire il ritorno all’investitore, su quelle affermazioni iniziali e consta- attraverso condizioni contrattuali favore- tare che il tempo trascorso insieme non voli. Questo tipo di approccio mina alla è passato invano. base la ragione stessa per cui si ricorre Il primo errore riscontrato di frequente è al capitale privato. Garantire un ritorno quello di pensare che il ruolo dei privati all’imprenditore significa isolarlo dai ri- nel settore delle infrastrutture nasca dalla schi di costruzione e gestione dell’infra- necessità di trovare finanziamenti privati struttura, che servono invece a fornire a copertura dei costi del progetto che, per incentivi alla performance. Inoltre, senza vincoli di bilancio, il pubblico potrebbe il trasferimento di questi rischi al conces- avere difficoltà a coprire. Il capitale privato, sionario, viene a mancare l’incentivo per infatti, è tipicamente più costoso di quello quest’ultimo a selezionare i progetti su pubblico perché richiede un rendimen- cui investire basandosi su un piano eco-
AGORÀ N°9 nomico finanziario realistico e preciso. tariffari quando il livello di traffico è basso Nel lavoro Contract and Procurement De- (di modo da compensare il concessionario sign for PPPs in Highways: the Road Ahead, per il mancato guadagno), peggiorando del centro di ricerca IEFE della Bocconi, si ulteriormente le condizioni di domanda e è esaminata la prassi internazionale nelle comportando una distorsione inaccettabi- concessioni autostradali, alla luce della te- le, economicamente e socialmente. oria economica degli incentivi, del procu- Occorre riflettere anche sulla fase di asse- rement e della regolamentazione e si è sot- gnazione della concessione. Una gara ben tolineato come in assenza di una corretta disegnata che si accompagni a una corretta allocazione dei rischi, il ricorso al capitale allocazione dei rischi permette di selezio- privato comporti necessariamente un au- nare le imprese che sono più in grado di mento dei costi di costruzione e gestione costruire e gestire infrastrutture di qualità In queste pagine: dell’infrastruttura. Si è evidenziato, inoltre, tunnel e gallerie a costi contenuti. Inappropriate garanzie in costruzione a quanto sia opportuno trasferire al conces- Città del Messico e all’investimento o allocazioni dei rischi sionario anche parte del rischio di traffico, New York e i lavori alterano la fase di selezione, portando a sulla Variante proponendo tuttavia che sia inferiore nel di Valico e sul scegliere non il migliore offerente ma l’im- Viadotto Aglio. primo periodo del contratto, soprattutto presa maggiormente in grado di prevedere per i progetti greenfield (quindi riferiti a come approfittare delle garanzie e ottenere opere ancora da costruire, ndr) dove ini- convenienti varianti in corso d’opera. Con- zialmente sono disponibili poche informa- tratti tipo, con clausole standardizzate, li- zioni sul traffico. beramente disponibili al pubblico sono un Il terzo errore che spesso si compie è quel- passaggio necessario e dovuto per un sano lo di pensare che lo Stato, in quanto ente sviluppo del mercato. regolatore, possa intervenire a modificare “There is a long road ahead”, ma il cammi- le regole di mercato ogni qual volta le con- no è indicato negli studi economici basati dizioni economiche lo rendano auspica- sul ragionamento puro e i dati empirici. bile o che le preferenze della popolazione Quando si insegnano i temi legati alle con- cambino. Se, infatti, non va garantito un cessioni di servizi pubblici, accade spesso ritorno all’investimento privato, va tuttavia che gli studenti a fine corso esprimano garantito il rispetto dell’accordo stipulato, anche un certo entusiasmo nel convergere dato che è su questo che il privato basa le verso le stesse posizioni. sue previsioni di spesa, guadagno e investi- mento. Il rispetto del contratto è una con- dizione imprescindibile per un efficiente sviluppo del mercato. Le concessioni autostradali che si sono susseguite negli anni in Italia presentano approcci diversi su aspetti fondamentali e al momento esistono circa sei formule diverse di regolamentazione tariffaria. Per Una gara ben disegnata quelle che verranno, bisognerebbe ragio- permette di selezionare nare sull’opportunità di introdurre tariffe le imprese che sono più differenziate in funzione della data di ac- in grado di costruire e quisto, della frequenza di utilizzo o dell’o- gestire infrastrutture rario, e rivedere la regolazione tariffaria, di qualità a costi di modo da evitare che il rischio di traffico contenuti venga trasferito agli utenti. Oggi, le conces- sioni “a riequilibrio” prevedono aumenti 34 35
CAPITALE PRIVATO
AGORÀ N°9 UN NUOVO SCENARIO PER LE GRANDI OPERE intervista a ERMETE REALACCI di Maria Chiara Voci LA LEGGE OBIETTIVO SI È RIVELATA UN FALLIMENTO, SIA SOTTO L’ASPETTO QUALITATIVO SIA QUANTITATIVO. PAROLA DI ERMETE REALACCI, SECONDO CUI IL “MANIFESTO INFRASTRUTTURE” PUÒ ESSERE LA BASE DI UNA NUOVA ALLEANZA CHE GUARDA AL FUTURO. 36 37
SCENARIO ITALIANO fotografie R. Bryant / G. Mendel / L. Halbauer / M. Caibarien / M. Bird / P. Raftery
D AGORÀ N°9 Dieci anni fa, c’era chi progettava la realiz- zazione di una nuova centrale a carbone a Porto Tolle, chi – dati alla mano – scom- metteva sulla necessità di opere faraoniche per far fronte alla crescita del traffico merci e chi, a Milano, predicava – totalmente ina- scoltato – forme di mobilità urbana alter- nativa. Oggi Enel sta per chiudere – senza licenziamenti – 23 impianti vecchi, ineffi- cienti e inquinanti, il Governo sta ripen- sando le priorità infrastrutturali del Paese, mentre nel capoluogo lombardo sono già in 120.000 a usare il car sharing, fenome- no di massa che sta coinvolgendo a poco a poco tutte le aree metropolitane d’Italia e che viene erogato da società del calibro di Eni o Mercedes. «Il mondo sta cambian- do, a una velocità che non era prevedibile ed è un mutamento di carattere culturale, perché ad esempio fra i giovani avere l’auto non è più uno status», riflette Ermete Rea- lacci, presidente (oggi onorario) di Legam- biente, presidente di Symbola, la Fondazio- ne per le qualità italiane, e attuale presiden- Siamo cresciuti te della Commissione Ambiente Territorio enormemente negli e Lavori Pubblici della Camera. «Il nuovo ultimi decenni, ora scenario che abbiamo di fronte – prosegue non c’è più spazio. – ci costringe, anche nello sviluppo delle Dobbiamo “costruire infrastrutture, a rivedere regole e priorità. sul costruito”, Un percorso che dobbiamo però compiere riqualificare partendo da un’attenta osservazione degli l’edilizia esistente effettivi interessi del Paese. Per puntare su ciò che è veramente utile alla collettività». 38 39
SCENARIO ITALIANO del provvedimento, che utilizza meccani- smi che generano opacità. I General Con- tractor si sono rivelati scatole nere per una gestione poco trasparente delle commesse. Le concessioni affidate sulla base di proget- Patti e tempi ti preliminari, gestiti completamente dal chiari, garantiti soggetto che si aggiudicava l’opera, hanno da regole certe: un assunto che deve creato le condizioni per ribassi d’asta im- valere sia per le stazioni appaltanti probabili, recuperati in corso d’opera con sia per chi realizza le opere opache varianti. Con il risultato che spes- so è stato dato più lavoro agli avvocati che a ingegneri e architetti. Il mancato rigore nella distinzione fra progettista, società ap- paltante e ditta esecutrice dei lavori, com- ponente essenziale quando si costruisce un’opera pubblica, ha portato a una grave perdita di qualità e al dilagare di un mal- Partiamo dallo strumento principe costume diffuso, che va al di là dei grandi sul fronte della programmazione delle scandali di cui leggiamo sui giornali. grandi opere negli ultimi 15 anni in Ita- lia, cioè la legge Obiettivo. Era pensata In Italia c’è un problema di scarsa pre- per facilitare e velocizzare la realizza- parazione delle amministrazioni pub- zione delle infrastrutture. È stato così? bliche nel redigere adeguate analisi Purtroppo no. La legge Obiettivo si è ri- costi-benefici per le opere in partenza? velata un fallimento, sia sotto l’aspetto Sicuramente. Ed è grave, perché fare una qualitativo sia quantitativo. L’ultimo rap- corretta analisi costi-benefici è sempre porto annuale del Cresme e del Servizio più importante in una fase in cui il mon- studi della Camera sull’attuazione della do sta cambiando ad altissima velocità; norma, realizzato come ogni anno per occorre saper immaginare, prevedere e la Commissione di cui sono presiden- capire gli scenari futuri. te, rivela come su un programma di 285 miliardi di opere, quelle ultimate valga- L’uso della finanza di progetto per dre- no 23,8 miliardi di euro, pari ad appena nare risorse private ha funzionato? l’8,4%. Per questo credo che la decisione No. La questione del project financing è del nuovo ministro Delrio di presentare – diventata una sostanziale truffa ai citta- come allegato infrastrutture al Def – solo dini e allo Stato, oltre che un imbroglio ai 25 opere, con un forte spostamento verso danni del mercato. Sono state aggiudica- il trasporto su ferro e le metropolitane, te opere con la promessa di autofinanzia- rappresenti una scelta giusta e per certi mento, che nella realtà non si reggevano aspetti rivoluzionaria. in piedi da sole. Alla fine il Governo è stato chiamato a pagare. Un caso fra tut- Quali sono stati, a suo giudizio, i prin- ti, quello della BreBeMi, infrastruttura cipali limiti della legge Obiettivo? che ha dimostrato di non autosostener- È mancato innanzitutto un ragionamento si. Stessa storia per la Quadrilatero, che vero sulle priorità del Paese. La legge si è ha svenato la regione Marche. Non credo ridotta a un mare magnum di oltre 400 che la musica cambierebbe se fossero af- opere inserite nell’allegato infrastrutture. fidate in project la Roma-Latina, la Tirre- Molti sono stati anche i limiti strutturali nica, la Orte-Mestre.
AGORÀ N°9 per le stazioni appaltanti sia per chi re- alizza le opere. Anche le concessionarie, come lo Stato, devono garantire gli in- vestimenti e rispettare gli impegni presi. Lei è autore di un disegno di legge che punta alla riqualificazione del costrui- to. Qual è il meccanismo d’innovazione che sta alla base del testo? La prima chiave del provvedimento è l’a- ver individuato il problema. Siamo cre- sciuti enormemente negli ultimi decenni, ora non c’è più spazio. Dobbiamo “costru- ire sul costruito”, riqualificare l’edilizia esistente. Del resto si tratta di un volano economico formidabile. Basti pensare al successo dell’ecobonus in edilizia, per cui mi sono speso a lungo. Secondo i dati del Cresme e del Servizio studi della Camera, il credito di imposta per ristrutturazioni ed efficienza energetica da solo ha pro- dotto, in un settore in crisi, 28 miliardi di investimenti privati l’anno nell’ultimo Come valuta il Manifesto per una Nuo- biennio, attivando 340.000 posti di lavoro va Cultura delle Infrastrutture elabora- nel 2013 e quasi 425.000 nel 2014. to da Università Bocconi e Autostrade per l’Italia? Quali idee del manifesto Sul fronte delle infrastrutture, però, ritiene più interessanti e necessarie da cosa significa “costruire sul costruito”? mettere in atto? Una recente indagine dell’Ispra e Ho trovato il manifesto molto importante dell’Ordine degli architetti rivela come e in linea con tante riflessioni fatte, non la parte più importante del consumo solo da me, in questi anni. Il dato più in- di suolo sia legata, oggi, proprio alla teressante, per quanto mi riguarda, è nei realizzazione di nuove infrastrutture. soggetti proponenti: una grande azienda Un rischio concreto, di fronte al qua- del settore delle infrastrutture e dei tra- le occorre con urgenza cambiare rotta sporti e un’importante università. Può verso un nuovo modo di pensare e se- essere la base di una nuova riflessione, di lezionare le infrastrutture. Prendiamo una nuova alleanza che guarda al futuro. per esempio il caso dell’alta velocità Milano-Venezia, realizzata solo in par- Il rischio regolatorio, e in particolare il te e in affiancamento alla linea storica rischio che non vengano rispettati in- nelle tratte Milano-Treviglio e Padova- tegralmente i contratti, è uno dei prin- Venezia Mestre. Per il completamento cipali freni agli investimenti a livello dell’arteria, in particolare per la tratta mondiale. Come si può agire per evita- Brescia-Verona, ci sono due ipotesi. La re il problema in Italia? prima, per molto tempo la più accredi- La via d’uscita sono trasparenza e chia- tata, prevede un tracciato più lungo, più rezza. Patti e tempi chiari, garantiti da re- costoso, che non serve il nodo di Bre- gole certe: un assunto che deve valere sia scia né l’importante distretto turistico 40 41
SCENARIO ITALIANO del Garda e che per giunta compromet- terebbe 245 ettari di vigne nella zona di produzione del Lugana, uno dei nostri vini più conosciuti. La seconda, presa in considerazione solo di recente e che ritengo preferibile, prevede il quadru- plicamento dei binari in affiancamento alla linea esistente e un tracciato più utile ai territori interessati, proprio a partire da Brescia e dal comprensorio turistico del Garda. Viene il legittimo sospetto che, se fino a pochi mesi fa la scelta ricadeva sull’ipotesi più costosa e meno utile al Paese, le motivazioni non fossero dettate dagli interessi generali. Se facessimo il caso della Torino-Lione? Sull’alta velocità Torino-Lione siamo ormai molto avanti. Se dovessimo oggi partire da zero, forse faremmo altre scel- te. Sarà fondamentale il ruolo che gio- cheranno le comunità e i piccoli comu- Una corretta analisi ni. Il territorio e il paesaggio sono uno costi-benefici è dei fattori competitivi dell’Italia e sono sempre più importante legati alla qualità dei nostri prodotti. L’I- in una fase in cui il talia è forte quando fa l’Italia e quando mondo sta cambiando ad riconosce come propria missione quel- altissima velocità la di «produrre all’ombra dei campanili cose che piacciono al mondo», per dirla con Cipolla. Sulla Torino-Lione il grande peccato originale è stato proprio il mancato coinvolgimento dei cittadini nella fase di ideazione dell’opera. Ritiene che il modello del débat public francese, per garantire più voce alla popolazione in fase di avvio di una grande opera pub- blica, possa contribuire ad accelerarne la realizzazione e a garantire una mi- gliore qualità? Credo sia essenziale. Non a caso, questa richiesta è contenuta nella proposta di legge n. 916, di cui sono primo firmatario e che ho presentato a inizio Legislatura. Sarà un impegno della mia Commissione inserire questa partita nella delega al Go- verno per la riscrittura del codice appalti.
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