ANIEM Rassegna Stampa del 05/02/2018 - Confimi Industria Sicilia

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ANIEM
   Rassegna Stampa del 05/02/2018

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INDICE

ANIEM
   05/02/2018 Corriere della Sera - Torino                                                6
   Ancora pochi bandi per le pmi edili in Piemonte

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  Il capitolo non contiene articoli

SCENARIO EDILIZIA
   05/02/2018 Corriere L'Economia                                                          9
   il mio motto è: mai domato (anche in carige)

   05/02/2018 Corriere L'Economia                                                         12
   L'edilizia rialza la testa

   05/02/2018 Il Sole 24 Ore                                                              13
   Convivenza necessaria all'inizio dei lavori

   05/02/2018 Il Sole 24 Ore                                                              14
   Bonus alberghi agli agriturismi

   05/02/2018 La Repubblica - Affari Finanza                                              16
   Fincantieri, decolla l'Airbus del mare il militare è adesso lo scoglio più difficile

   05/02/2018 Il Sole24Ore Edilizia e Territorio                                          18
   Napoli restaura la copertura del museo archeologico

SCENARIO ECONOMIA
   05/02/2018 Corriere L'Economia                                                         20
   L'aria viziata in Consob

   05/02/2018 Corriere L'Economia                                                         22
   Risparmiamo all'Europa test troppo stressanti

   05/02/2018 Corriere L'Economia                                                         23
   Grandi opere e difesa per assicurare La Ripresa
   05/02/2018 Corriere L'Economia                                                         25
   «make europe great again» altro che cambiarla
05/02/2018 Il Sole 24 Ore                                                        26
  I malanni dell'Irpef e le terapie elettorali

  05/02/2018 Il Sole 24 Ore                                                        28
  Tasse e contributi non pagati: uno sconto per mettersi in regola

  05/02/2018 Il Sole 24 Ore                                                        32
  Credito e imprese al Forex di Verona

  05/02/2018 Il Sole 24 Ore                                                        33
  «Tra commercio on e off-line serve parità di condizioni fiscali»

  05/02/2018 Il Sole 24 Ore                                                        34
  Cibo e moda danno la carica al franchising

  05/02/2018 La Repubblica - Affari Finanza                                        36
  Banche, il primo tempo dei veleni le ferite di Bankitalia, Consob e Pd*

  05/02/2018 La Stampa - Nazionale                                                 40
  "Francia e Germania sono pronte a riformare l'Ue con Italia e Spagna"

  05/02/2018 La Stampa - Nazionale                                                 42
  Il grande flop del bonus energia Le richieste si fermano al 35%

  05/02/2018 La Stampa - Nazionale                                                 43
  "Ora il mercato delle moto vale 5 miliardi in Italia"

  05/02/2018 Il Messaggero - Nazionale                                             45
  Se la ripresa rallenta, istruzioni per l'uso

  05/02/2018 Il Messaggero - Nazionale                                             47
  Il costo degli statali: 2.200 euro all'anno per ogni cittadino

SCENARIO PMI
  05/02/2018 Corriere L'Economia                                                   50
  Industria 4.0 La ricetta (giusta) per le pmi

  05/02/2018 La Repubblica - Affari Finanza                                        52
  L'anno record dei Pir: battute le stime del Mef

  05/02/2018 La Repubblica - Affari Finanza                                        54
  "Gli assi nella manica di DeA Capital il ricco business dei crediti aziendali"

  05/02/2018 La Repubblica - Affari Finanza                                        56
  La task force impartisce lezioni "Scegliere il welfare conviene"

  05/02/2018 ItaliaOggi Sette                                                      57
Autorappresentarsi non basta più

05/02/2018 ItaliaOggi Sette        59
Pmi, un pass per Piazza Affari
ANIEM

1 articoli
05/02/2018                                                                                          diffusione:231083
Pag. 5 Ed. Torino                                                                                      tiratura:321166

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  Ancora pochi bandi per le pmi edili in Piemonte
  Nel 2017 sono stati 586, contro i 1.180 della Lombardia. «Si riparte solo innovando»
  Andrea Rinaldi

  Diciotto piccole imprese costruttrici piemontesi sono riuscite a unirsi in un consorzio e potranno partecipare
  alle gare d'appalto della Torino-Lione. Un piccolo grande passo avanti per tentare di smuovere lo stallo in
  cui si trova il settore nella nostra regione, ma non basta. La nuova ferrovia europea può davvero significare
  la vita o la morte per molte aziende, ma non di sole maxiopere vive il comparto.
    «È vero, il futuro collegamento con la Francia e la Città della Salute a Torino rappresentano occasioni
  importanti, ma non sono così a portata di mano», ragiona Marco Razzetti, presidente Aniem Piemonte,
  l'associazione nazionale delle imprese edili e manifatturiere che qui raduna 120 associate. «La nostra
  regione è alla ricerca di un contesto economico che manca, il dato nazionale dice che l'edilizia è in ripresa,
  invece facciamo ancora molta fatica».
  Razzetti parla dati alla mano. La sua associazione ha appena compilato un dossier per tastare il polso del
  business dei suoi iscritti. Ed è emerso che tra i tanti problemi ce n'è uno di natura istituzionale, per così
  dire. Dall'indagine infatti emerge un netto divario rispetto alle altre regioni equiparabili in termini di
  opportunità generate dai bandi di gara nelle principali categorie di lavori: ammontano infatti a 586 le gare
  pubblicate per il settore edile in Piemonte nel 2017, a fronte dei 1.180 pubblicati in Lombardia. Dunque,
  rimarca Aniem, le piccole e medie imprese piemontesi hanno la metà delle opportunità delle loro colleghe
  lombarde. E non va meglio se si guarda alla vicina Emilia-Romagna, dove i bandi, seppur più diradati,
  hanno comunque superato quelli subalpini a quota 602.
  E anche i primi segnali del 2018 sembrano confermare la stessa tendenza: il Piemonte rimane ancora
  indietro con 67 bandi pubblici pubblicati, contro i 117 in Lombardia e gli 83 dell'Emilia-Romagna. «Aniem
  Piemonte sta promuovendo il concorso innovativo nel campo dell'housing sociale "Toc toc" - aggiunge
  Razzetti - convinti che dove c'è investimento e innovazione, ci sia crescita per le aziende, ma anche e
  soprattutto un ritorno per l'indotto del territorio e del sistema Paese, in un contagio virtuoso delle virtù
  imprenditoriali».
   © RIPRODUZIONE RISERVATA
  Chi è
  Marco Razzetti, presidente
  di Aniem Piemonte 120 Associati
  Sono le imprese iscritte ad Aniem Piemonte

ANIEM - Rassegna Stampa 05/02/2018                                                                                  6
SCENARIO EDILIZIA

6 articoli
05/02/2018
Pag. 6 N.6 - 5 febbraio 2018

                                                                                                                           La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
  Il personaggio Vittorio Malacalza
  il mio motto è: mai domato (anche in carige)
  Tempismo e senso degli affari: le acciaierie passano alla Metinvest di Achmetov per 1,2 miliardi poco prima
  del crac Lehman Gli inizi con l'edilizia e i cantieri stradali negli anni Sessanta, poi l'industria con il primo
  impianto di valvole in collina, a San Desiderio Scelte ostinatamente low profile, zero luci della ribalta,
  vacanze a Bobbio. Poi, dopo l'acciaio (Duferco) e Pirelli, il credito Chi è il patriarca che fa ballare la banca
  dei liguri
  Giovanni Stringa

  U n patriarca, due figli e quattro nipoti. E un patrimonio passato in (neanche) quarant'anni da un piccolo
  stabilimento sulle alture di Genova a (oltre) un miliardo di euro. Fino all'investimento più eclatante, quello in
  Carige. In un Paese dove molti imprenditori hanno pochi soldi e tanta voglia di jet set, il profilo dei
  Malacalza è l'opposto: liquidità enorme e luci della ribalta a quota «zero virgola». Quella virgola è arrivata
  negli ultimi anni, con la salita al livello di primo socio nella banca ligure. E proprio qui - per la prima volta - la
  famiglia di Vittorio Malacalza (80 anni) e dei figli Davide (52) e Mattia (50) si è trovata davanti a un
  investimento pesantemente «in perdita»: un rosso potenziale - non realizzato, senza aver venduto e in
  base alle quotazioni attuali -, ma pur sempre un «segno meno» che supera ad oggi i 200 milioni di euro.
  Comunque i Malacalza vanno avanti. Intanto, con la partecipazione della holding di famiglia all'ultimo
  aumento di capitale - fortemente diluitivo - attraverso un'iniezione di 112,6 milioni, il prezzo medio di carico
  delle azioni Carige è sceso da 1,8 a 0,033 euro, mentre la quota nella banca è poi salita al 20,6%. Tanti
  piccoli azionisti, a Genova e non solo, hanno partecipato all'aumento puntando sul tradizionale fiuto dei
  Malacalza: il mercato determinerà, con il tempo, se hanno avuto ragione.
  Ma prima di arrivare alla banca ligure, ai confronti con i consigli di amministrazione e all'inevitabile ribalta
  della cronaca, la famiglia era già passata (e spesso rimasta) in diversi settori industriali, dall'edilizia
  all'acciaio, dagli pneumatici ai magneti per la fusione nucleare.
   Appennino o barca
  Correva l'anno 1960: Vittorio Malacalza, allora 23 anni, dopo la scomparsa del padre si trasferisce dalla sua
  Bobbio, in provincia di Piacenza, a Genova e inizia a lavorare nell'edilizia e nei cantieri stradali. Passano
  così 20 anni, in cui nascono i due figli e la famiglia - tutta di origine piacentine, anche la moglie Carmelina
  Bellocchio è di Bobbio - si stabilisce definitivamente nel capoluogo ligure. D'inverno, s'intende, perché per
  le (brevi) vacanze estive si torna a Bobbio. In passato come oggi. Insieme a qualche giorno sul
  «Maidomo», la barca di Vittorio. Il nome? A Genova dicono che si riferisca - nel senso di «mai domato» - a
  quando il capo famiglia, sui campi da tennis, non si arrendeva mai. E sempre a Genova, adesso, ci si
  domanda se la cosa valga anche per il capitolo Carige.
  Ma torniamo al Novecento e a quello che per i Malacalza è l'anno della svolta: il 1980. Negli Stati Uniti
  vince le elezioni - anzi trionfa - Ronald Reagan, promettendo più spazio alle nuove attività imprenditoriali. In
  generale in tutto l'Occidente - dopo le contestazioni degli anni Sessanta e Settanta - spira un vento più
  «business friendly», favorevole alle aziende e alla libera iniziativa. Anche a San Desiderio, sulle alture di
  Genova. Qui Vittorio da il via al suo primo piccolo stabilimento. Allora si producevano valvole
  oleopneumatiche, oggi un filo conduttivo per il Cern di Ginevra. Negli stessi anni l'imprenditore sbarca nel
  settore che frutterà alla famiglia 1,2 miliardi di euro: l'acciaio. Inizia infatti a occuparsi di trading siderurgico
  ed entra in Duferco. Fino al 1995, quando esce dalla società - di cui era azionista - e rileva e rilancia
  insieme ai figli le acciaierie Trametal e Spartan Uk, la prima a San Giorgio di Nogaro (Udine) e la seconda a
  Newcastle (nel Regno Unito). Poi ancora acquisizioni: nel 2001 è il turno della divisione Magneti di Ansaldo,
  azienda che cambia nome in Asg Superconductors e fornirà - per esempio - i magneti per il tunnel Lhc
  (l'acceleratore di particelle) del Cern.

SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 05/02/2018                                                                         9
05/02/2018
Pag. 6 N.6 - 5 febbraio 2018

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   Il maxi assegno
  Intanto Trametal e Spartan salgono al 5% del mercato dell'acciaio al carbonio per lamiere da treno, finché
  nel 2008 arriva il «grande realizzo» dei Malacalza. In questo caso dei figli: le quote delle acciaierie erano di
  proprietà delle holding di Davide, che vive a Genova come il padre, e Mattia, da tempo in Svizzera. Le
  aziende sono vendute al colosso ucraino Metinvest del paperone Rinat Achmetov per una cifra - mai
  ufficialmente confermata - che supera 1,2 miliardi di euro. Sono i mesi prima del crac di Lehman Brothers e
  del crollo dei valori di moltissimi asset - dalle azioni agli immobili - in tutto il mondo: per i Malacalza è una
  cessione di gran tempismo. Ma non è un addio all'acciaio: parte una joint venture (con sede a Genova) con
  la cinese Baosteel - secondo gruppo siderurgico al mondo per volumi di produzione/fatturato - per la
  distribuzione in Italia.
   Industria e finanza
   Al miliardo abbondante si aggiunge la plusvalenza dell'avventura in Pirelli, iniziata nel 2010 quando la
  holding di famiglia investe in Gpi e Camfin diventando azionista lungo la catena di controllo del gruppo di
  pneumatici. La mossa, sfociata in una lunga contesa legale, rende comunque alla Malacalza Investimenti
  (Vittorio ha il 4%, Davide e Mattia il 48% ciascuno) 300 milioni di euro. Senza contare i 30 milioni di cedole.
  Poi è il turno di Carige, dove il noto tempismo di Vittorio e famiglia, questa volta, non arriva al tempo giusto.
  Malacalza Investimenti, infatti, entra nella banca genovese nel marzo del 2015, quando le quotazioni erano
  sì già scese molto ma avrebbero poi continuato a calare ancora, e tanto. Acquisti dopo acquisti, con tanto
  di accesi confronti con due amministratori delegati poi usciti, la Investimenti sale fino al 20,6%. E fino alla
  «normale dialettica tra azionisti e management» di questi giorni, come l'ha definita il ceo attuale, Paolo
  Fiorentino, dopo la lettera di critica sull'ultimo aumento di capitale inviata al board della banca da Malacalza
  Investimenti.
  Se nell'investimento Carige la perdita è potenziale, alla vicentina Omba in liquidazione è ormai un fatto.
  Come la procedura di licenziamento collettivo per tutti i 119 lavoratori della carpenteria meccanica pesante.
  Di proprietà dei Malacalza, Omba è stata messa in crisi da crediti inesigibili verso clienti per decine di
  milioni. Tutta un'altra storia è quella di Asg Superconductors, che nel nuovo stabilimento di La Spezia
  produce il magnete più grande e sofisticato del mondo per la macchina a fusione nucleare Iter.
   © RIPRODUZIONE RISERVATA
   1960 Il «trasloco» da Bobbio a Genova 1980 Il primo stabilimento 2008 L'assegno che supera il miliardo
  2010 L'avventura in Pirelli 2015 L'ingresso in banca 2017 Il passo nel nucleare pulito
  Foto:
  Vittorio Malacalza, nato a Bobbio in provincia di Piacenza nel 1937, dopo la scomparsa del padre si
  trasferisce a Genova e inizia a lavorare nell'edilizia e cantieri stradali
  Foto:
  Malacalza dà il via al suo primo piccolo stabilimento a San Desiderio sulle alture di Genova
  Foto:
  I figli Davide e Mattia vendono le acciaierie Trametal e Spartan al colosso ucraino Metinvest per una cifra -
  mai ufficialmente confermata - superiore a 1,2 miliardi di euro
  Foto:
  La holding dei Malacalza diventa azionista di Pirelli. Poi con la dismissione realizza 300 milioni
   di plusvalenza
  Foto:
  Malacalza Investimenti a marzo entra in Carige rilevando il 10,5% dalla Fondazione. Dopo altri acquisti, la
  quota nella banca ligure è oggi al 20,6%
  Foto:

SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 05/02/2018                                                                    10
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Pag. 6 N.6 - 5 febbraio 2018

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  La controllata Asg Superconductors termina nell'impianto
   di La Spezia il suo primo magnete per la fusione nucleare Iter
  Le tappe
  Era il marzo 2015 quando Malacalza Investimenti investendo 70 milioni di euro acquisì il 10,5% di Banca
  Carige diventando il primo azionista. Da allora la finanziaria di famiglia ha investito in Carige oltre 350
  milioni di euro, salendo al 20,6 per cento ma contabilizzando anche pesanti minusvalenze. Oggi infatti il
  titolo vale circa il 15 per cento in meno rispetto all'aumento di capitale di dicembre 2017.

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Pag. 45 N.6 - 5 febbraio 2018

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  L'edilizia rialza la testa

  Dati positivi dalle ultime rilevazioni Istat sul settore delle costruzioni. In particolare a novembre 2017 si è
  registrato un aumento della produzione edilizia, con un incremento dello 0,4% rispetto a ottobre e dello
  0,6% su novembre 2016. Nell'ultimo trimestre l'incremento è stato dello 0,4% rispetto al periodo
  precedente. In crescita anche i costi di produzione dei fabbricati: +0,7%

SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 05/02/2018                                                                  12
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  Ristrutturazioni
  Convivenza necessaria all'inizio dei lavori
  Luca De Stefani

  Lo status di convivenza del familiare con il «possessore o detentore dell'immobile» da ristrutturare «deve
  sussistere già al momento in cui si attiva la procedura ovvero alla data di inizio dei lavori». La conferma è
  arrivata dalle Entrate a Telefisco 2018, relativamente al caso dei lavori edili di recupero del patrimonio
  edilizio ed è estendibile anche alle detrazioni sul risparmio energetico (ecobonus). Se, quando si inizianoi
  lavori edili, il familiare non convive nell'abitazione da ristrutturare con il «possessore o detentore»
  (proprietario, nudo proprietario, inquilino, comodatario, socio di cooperative titolare di un diritto reale come
  l'uso, l'usufrutto, l'abitazione), l'unica possibilità che ha di pagare i lavori e ottenere la detrazioneè quella di
  possedere o detenere lui l'immobile «sulla base di un titolo idoneo» (ad esempio, diventando il comodatario,
  previa stipula del relativo contratto). Questa possibilità verrà utilizzata soprattutto per la detrazione Irpef del
  50% sulle ristrutturazioni, in quanto dal 2018, per tutti gli interventi sul risparmio energetico qualificato,
  anche su singole unità immobiliari, tutti i contribuenti (anche se non incapienti), possono cedere il
  corrispondente credito d'imposta, per intero e non in parte, ai fornitori e ad altri soggetti privati, ma non a
  istituti di credito e intermediari finanziari (articolo 14, comma 2•sexies, Dl 63/2014). È questo un aspetto che
  potrebbe fare la differenza tra detrazioni che, di fatto, prevedono la stessa percentuale di recupero fiscale.
  Dal 1° gennaio, infatti, l'ecobonus è ridotto al 50% per le finestre comprensive di infissi, per le schermature
  solari o gli impianti con generatori di calore alimentati da biomasse combustibili. Ma, naturalmente, il
  principio è applicabile anche agli interventi per i quali l'ecobonus è rimasto alla percentuale del 65% (come
  l'installazione dei pannelli solari)oè maggiorato al 70 o 75%, come per gli interventi di riqualificazione
  "rafforzata" di parti comuni degli edifici condominiali.

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  Agevolazioni. Anche per le strutture in campagna credito fiscale per ristrutturazioni, opere antisismiche e
  risparmio energetico
  Bonus alberghi agli agriturismi
  Stretta sullo sconto arredi: perde il 65% chi li rivende prima di otto periodi di imposta
  Michele Brusaterra

  Il bonus alberghi per il 2017 e il 2018 si apre agli agriturismi e per gli arredi rafforza il «vincolo di
  detenzione», cioè il periodo in cui è d'obbligo non rivenderli, che sale da due a otto periodi di imposta. Sono
  queste, in sintesi, le novità sul credito d'imposta per le strutture ricettive, originariamente previsto
  dall'articolo 10 del Dl 83/2014 e definito "bonus alberghi", e successivamente prorogato e potenziato dalla
  legge di bilancio per il 2017 (la 232 del 2016). Il perimetro Premettendo che per le spese sostenute nel
  2017 la determinazione e la richiesta del bonus, si ha, materialmente, quest'anno, visto che il credito
  d'imposta potrà essere richiesto solo nei giorni dal 26 al 27 febbraio (si veda altro articolo in pagina), da un
  punto di vista soggettivo, i beneficiari del credito sono tutte le strutture ricettive, esistenti alla data del 1°
  gennaio 2012. Si intendono tali le strutture alberghiere aperte al pubblico, a gestione unitaria, composte da
  non meno di sette camere per il pernottamento situate in uno o più edifici, con servizi centralizzati e che
  forniscono alloggio, eventuale vitto e servizi accessori. Stabilisce il decreto del ministero dei Beni culturali
  del 20 dicembre scorso, che ha dato attuazione alle disposizioni sul credito di imposta, che si considerano
  strutture alberghiere gli alberghi, i villaggi albergo, le residenze turistico•alberghiere, gli alberghi diffusi e
  quelle eventualmente individuate, come tali, da apposite leggi regio• nali. Rientrano nell'agevolazione anche
  le strutture che svolgono attività agrituristica. I lavori Il credito d'imposta riconosciuto è pari al 65%, fino ad
  un massimo di 200mila euro, delle spese sostenute sia nel 2017 che nel 2018. Da un punto di vista
  oggettivo le spese ammesse all'agevolazione riguardano, volendole sintetizzare per macro categorie: 1 gli
  interventi di manutenzione straordinaria, restauroe risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia,
  eliminazione delle barriere architettoniche; 1 i lavori di incremento della efficienza energetica, spese, queste
  ultime, che ricomprendono la riqualificazione energetica; 1 gli interventi sull'involucro edilizio e riguardanti,
  sostanzialmente, le strutture opache verticali ed orizzontali 1 gli interventi di sostituzione, integrale o
  parziale, di impianti di climatizzazione con impianti tassativamente indicati dal decreto del 20 dicembre
  2017, tra cui, ad esempio, quelli dotati di caldaiea condensazioneo pompe di calore ad alta efficienza 1 gli
  interventi relativi all'adozione di misure antisismiche, di cui all'articolo 16bis, comma 1, lettera i), del Dpr
  917/1986, con particolare riguardo all'adozione di opere per la messa in sicurezza statica, in particolare
  sulle parti strutturali. Gli arredi Sono agevolabili anche le spese sostenute per l'acquisto di mobili e
  componenti d'arredo, compresi, tra gli altri, gli arredi e le strumentazioni per la realizzazione di centri
  benessere, che siano destinate sempre alle strutture ricettive come sopra individuate, ma alla condizione
  che, come disposto dall'articolo 3 del decreto del Mibact, la struttura sia anche oggetto di interventi di
  incremento dell'efficienza energetica ovvero di interventi relativi all'adozione di misure antisismiche, come
  appena individuati. Qualora la spesa agevolata ricomprenda anche mobili e componenti d'arredo, la norma
  pone, al fine del godimento del credito d'imposta, un'ulteriore condizione che riguarda il periodo minimo di
  "detenzione" dei beni stessi. Viene stabilito, infatti, che essi non devono essere oggetto di cessione a terzi
  o destinati a finalità estranee all'esercizio d'impresa, «prima dell'ottavo periodo d'imposta successivo» a
  quello in cui sono acquistati. Mentre nella precedente edizione il vincolo era solo per due periodi di imposta.
  L'articolo 4 del decreto elenca, altresì, le singole spese considerate eleggibili ai fini dell'agevolazione
  stabilendo che esse concorrono al credito d'imposta nella misura del 100% fermo restando, comunque, il
  limite di credito d'imposta massimo di 200 mila euro. In altre parole, la spesa massima complessivamente
  agevolabile, per gli anni 2017 e 2018 e per tutti gli interventi previsti dalla norma, è di 307.692,30 euro .

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  febbraio Click day Per le domande già asseverate su lavori del 2017 Gli esempi L'AMPLIAMENTO L'F24
  L'IMPONIBILE I DOCUMENTI CASO Una società svolge l'attività alberghiera e vuole realizzare alcuni
  interventi che determineranno anche l'aumento della cubatura dell'hotel stesso. L'aumento di cubatura è di
  ostacolo alla richiesta del credito d'imposta? Il credito d'imposta per la riqualificazione di strutture ricettive,
  ammontante al 65% delle spese sostenute, può essere utilizzato solo in compensazione, ai sensi
  dell'articolo 17 del Dl gs 241/1997. L'F24 che contiene le compensazioni può essere presentato anche
  tramite home banking? Una società che esercita attività alberghiera ha ottenuto il credito di imposta per
  riqualificazioni realizzate nel 2017. Il credito d'imposta va assoggettatoa tassazione ai fini di Irese Irap? In
  caso positivo va indicato per competenza ovvero per cassa ossia nell'esercizio in cui si utilizza? Una
  società di gestione di un albergo diffuso dopo aver ristrutturato alcuni edifici intende accedere al bonus
  alberghi. Deve attendere di compilare la domanda ed inviarla attraversoi canali telematici nei giorni previsti
  (click day del 26 febbraio)o deve effettuare altri passaggi preliminari? SOLUZIONE Il decreto del Mibact del
  20 dicembre 2017 prevede per accedere al credito d'imposta che gli interventio gli acquisti posti in essere
  siano tra quelli eleggibili elencati dallo stesso decreto. L'ampliamento non risulta essere di ostacolo purché
  rientri nei limiti del piano casa (articolo 4, comma 5) La risposta è negativa. Come stabilito dall'articolo 5,
  comma 7, del decreto del Mibacti del 20 dicembre 2017, il modello F24 contenente la compensazione del
  "tax credit riqualificazione" può essere presentato solo a ttraverso i canali telematici dell'agenzia delle
  Entrate Il cosiddetto "tax credit riqualificazione" non concorre né alla formazione del reddito ai fini delle
  imposte sui redditi ( Irpef ed Ires ), né alla determinazione della base imponibile dell'imposta regionale sulle
  attività produttive ( Irap) Per accedere al credito d'imposta del 65%, la società deve anche predisporre una
  serie di documenti, elencati dal decreto del Mibact del 20 dicembre; tra questi, l' attestazione di effettivo
  sostenimento delle spese da parte dell'organo di controllo o di un professionista

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  IL CASO
  Fincantieri, decolla l'Airbus del mare il militare è adesso lo scoglio più
  difficile
  L'ASSETTO AZIONARIO RIGUARDO A STX È ORMAI A POSTO. ADESSO L'OBIETTIVO È LA FUSIONE
  TRA LA SOCIETÀ GUIDATA DA BONO E IL SUO OMOLOGO FRANCESE NAVAL GROUP. E QUINDI
  VA TROVATA UNA FORMULA PER INCROCIARE LE PARTECIPAZIONI INDUSTRIALI DEI GOVERNI DI
  ROMA E PARIGI
  Massimo Minella

  Genova Non siamo ancora all'Airbus dei mari, idea lanciata due anni fa dall'ad di Fincantieri Giuseppe
  Bono, ma cominciamo ad avvicinarci. L'idea di dar vita a un grande raggruppamento europeo della
  cantieristica navale è un mosaico ancora da realizzare, eppure i due primi tasselli stanno già andando a
  posto. E più delle previsioni di Bono, che sull'operazione è quanto mai pragmatico, qui c'è in campo la
  volontà comune di due Paesi, Italia e Francia, di unire i loro sforzi e correre insieme per conquistare le
  grandi commesse internazionali delle navi passeggeri e militari. Ora si procede con il riassetto del capitale
  di Stx France, ora in maggioranza a Fincantieri, ma poi si punterà a unire la stessa Fincantieri a Naval
  Group, il colosso pubblico della difesa navale francese, partendo da un incrocio azionario del 10% e poi
  unendo i due gruppi. E nel riassetto si terrà ovviamente conto del partner storico di Fincantieri nella
  sistemistica navale, Leonardo, che sarà al fianco di Fincantieri e Naval Group in tutte le gare internazionali
  lanciate dalle marine militari al pari di Thales, che di Naval Group è azionista. Dopo i mesi dello scontro sul
  destino dei cantieri Stx di Saint-Nazaire, nazionalizzati dalla Francia per sfilarli alla Fincantieri che li aveva
  regolarmente "conquistati" al termine di un bando di gara, nei mesi scorsi era scoppiata la pace, in un caldo
  pomeriggio di inizio autunno a Lione, durante il bilaterale Italia-Francia con il presidente Macron e il premier
  Gentiloni. Ma quella era la politica, fondamentale per tracciare la cornice dentro cui strutturare l'alleanza.
  Adesso si comincia a far parlare le aziende. Dopo il nuovo passaggio istituzionale a Roma e l'incontro con
  gli stakeholder a Parigi, dipendenti, sindacati e fornitori, fra cui Leonardo e Thales, adesso si comincia a
  fare chiarezza con le partecipazioni azionarie. Il primo atto è appunto il riassetto del capitale di Stx France,
  da cui tutto è partito. I coreani, ex proprietari del cantiere di Saint-Nazaire, hanno già proceduto alla
  cessione della loro partecipazione del 66,66% allo Stato francese, titolare del 33,34% di capitale, ma anche
  di quella "golden share" che garantiva la possibilità di acquistare la quota messa in vendita dai coreani in
  caso di offerta sgradita. Andò esattamente così per fermare la "scalata ostile" di Fincantieri, che aveva
  rilevato la quota di Stx dal tribunale di Seul, ma poi se l'era vista sfilare dalla nazionalizzazione francese. Il
  cento per cento francese è stato il nuovo punto di partenza. Fincantieri, con il firma di venerdì scorso, ha
  già rilevato a questo punto il 51% del capitale (50 più 1 in affitto per dodici anni), Naval Group avrà il 10, i
  dipendenti del cantiere di Saint-Nazaire il 2 e i fornitori dell'indotto della Loira il 3,66, lasciando così
  nuovamente lo Stato francese al 33,34, come all'inizio. «Non toccheremo il management di Saint Nazaire»
  ha spiegato l'ad di Fincantieri Giuseppe Bono lasciando intendere che, più delle poltrone, interessa il
  business. L'ingresso di Stx nell'alveo di Fincantieri apre infatti al gruppo italiano il mercato delle supernavi
  da crociera, quelle di oltre duecentomila tonnellate di stazza lorda costruite per Royal Caribbean e
  consolida ulteriormente la leadership mondiale del gruppo italiano. Cambierà ovviamente la governance
  degli Stx, che avrà un cda di otto membri, quattro espressi dall'Italia e quattro dalla Francia, con l'Italia che
  avrà presidente e amministratore delegato, con il primo titolare del "casting vote", il voto doppio funzionale
  a orientare la decisione in caso di parità. Per i nomi pare ancora presto, anche se sembra già essere
  emerso per la presidenza quello dell'ex ministro ed ex presidente di Cdp (azionista di Fincantieri con il
  72,5%, il resto è flottante in Borsa) Franco Bassanini, profondo conoscitore dell'economia francese. In
  parallelo si inizierà a lavorare anche per il riassetto del comparto militare con l'alleato Naval Group (35%
  Thales, 65% Stato francese). A metà febbraio ci sarà la seconda riunione del comitato ristretto di sei

SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 05/02/2018                                                                       16
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Pag. 21 N.5 - 5 febbraio 2018

                                                                                                                            La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
  membri, con i due ad di Fincantieri e Naval Group, i referenti delle marine militari e i rappresentanti degli
  azionisti (Cdp e Stato francese). Entro la metà di giugno il gruppo di lavoro presenterà una road map, un
  percorso che conduca all'integrazione delle due società. Si partirà da uno scambio azionario del 10% ma
  l'obiettivo resta la società unica. Non sarà semplice arrivare a una integrazione completa, anche perché su
  alcuni versanti non c'è simmetria, come nel caso dei sommergibili, con differenti tecnologie propulsive
  (l'Italia le celle a combustile su licenza della tedesca Thyssen, la Francia le celle ma soprattutto il nucleare).
  «È una partita davvero complessa e sul fatto di essere paritetici nel controllo azionario ci stiamo lavorando»
  ha chiarito il concetto Giuseppe Bono. Ma pensare in automatico che essendo l'Italia in maggioranza nel
  capitale del civile di Stx, allora spetti ai francesi il governo del militare potrebbe essere un errore. Certo, può
  finire in questo modo, se si guarda ai ricavi del militare. Fincantieri arriva a 1,1 miliardi (su 4,4 complessivi),
  Naval Group vale il triplo, 3,3. Ma l'operazione va vista più complessivamente, nel quadro dei nuovi rapporti
  industriali e commerciali che si stanno definendo fra i due Paesi e che riguardano altri segmenti del
  business, come lo spazio e la moda. Per cui, nel risiko degi accordi, la guida della cantieristica potrebbe
  essere tutta italiana. Resta da definire, in questo quadro, il ruolo di Leonardo, storico fornitore di Fincantieri
  in tutte le commesse affidate dalla Marina Militare Italiana per la parte sistemistica, anche in virtù
  dell'alleanza societaria di Orizzonte Sistemi Navali (51 Fincantieri, 49, Leonardo). Così è stato ad esempio
  per tutte le Fremm. Ma all'estero le marine degli altri Paesi potrebbero chiedere fornitori differenti. Un
  problema? «Prevediamo compensazioni per tutelare Leonardo» ebbe a dire un po' di tempo fa Bono. E da
  qui bisogna ripartire. S.DIMEO
  Foto: La fregata Bergamini: nave militare della classe Fremm è uno dei punti di forza dell'offerta comune
  che Fincantieri e Naval Group hanno presentato nei giorni scorsi in Canada, per la prima volta assieme sui
  mercati internazionali
  Foto: Giuseppe Bono (1) ad di Fincantieri. Hervé Guillou (2) presidente e ceo di Naval Group

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Pag. 7 N.5 - 10 febbraio 2018                                                                             tiratura:25000

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  Gara Invitalia da 2,7 milioni
  Napoli restaura la copertura del museo archeologico

  Opere di ristrutturazione delle coperture per il museo archeologico nazionale di Napoli. Invitalia ha
  pubblicato il bando da 2.784.552 euro per le opere di riqualificazione e valorizzazione funzionale delle
  coperture e degli ambienti sottotetto del Mann. I principali interventi previsti sono: bonifica degli elementi in
  cemento amianto presenti nelle gronde e pluviali del cortile occidentale e dei camini del cortile orientale;
  smontaggio del manto di copertura in coppi e tegole e contestuale rimozione degli infissi e lucernai
  esistenti; rimozione delle guaine bituminose presenti sulle falde inclinate e sulle coperture piane del cortile
  orientale e di parte del cortile occidentale; realizzazione del solaio di copertura a chiusura del lucernario
  rimosso nei corpi di fabbrica sul cortile occidentale nei settori 1OC e 2OC; consolidamento delle strutture
  all'intradosso dei solai di copertura nei corpi di fabbrica sul cortile orientale; revisione ed integrazione delle
  strutture di sostegno per la posa dei nuovi lucernari realizzati con profili in alluminio e sistema di apertura
  elettrificato. Prevista inoltre la posa in opera della nuova membrana impermeabilizzante bitume polimero
  4+4 mm posta sulle coperture piane, finitura con tinteggiatura simile all'esistente; posa in opera di
  membrana al vapore e coibentazione sulle coperture inclinate con l'installazione di un pannello di pannello
  sandwich in schiuma di polyiso spessore 8 cm idoneo alla posa della membrana impermeabilizzante;
  realizzazione di doppio strato di guaina impermeabilizzante posta sopra l'isolante, con ultimo strato protetto
  con scaglie in ardesia; rimontaggio ed integrazione del matto in coppi e tegole esistente; verifica e
  integrazione del sistema di raccolta delle acque meteoriche dalle coperture; restauro e integrazione delle
  cornici di gronda sui prospetti esterni ai fabbricati, escluse le gronde sui cortili interni; sostituzione
  dell'impermeabilizzazione dei canali di gronda ed inserimento di rivestimento in rame; realizzazione delle
  linee vita sulle coperture a falde e delle ringhiere per la messa in sicurezza delle coperture piane. Il cantiere
  avrà una durata di 540 giorni. I sopralluoghi potranno essere effettuati dal 19 al 23 febbraio. Le offerte
  dovranno pervenire entro il 6 marzo.
  Foto: Il Mann di Napoli

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SCENARIO ECONOMIA

15 articoli
05/02/2018
Pag. 1,2,3 N.6 - 5 febbraio 2018

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  L'aria viziata in Consob
  Il compito di Nava? più tutele, meno burocrazia 2
  Ferruccio de Bortoli

  «A differenza dei beni e dei servizi, tutti gli strumenti finanziari sono, in ultima analisi, delle promesse. Per
  questa ragione la fiducia è il fondamento stesso di ogni sistema finanziario. Non vi sono clausole
  contrattuali, per quanto minuziose, né vincoli regolamentari, per quanto severi, che possano sostituire la
  fiducia tra operatori e soprattutto tra questi e i risparmiatori». Sono parole di Tommaso Padoa-Schioppa
  estratte dalla relazione per l'anno 1997 della Consob di cui l'economista, scomparso nel 2010, fu presidente
  prima di approdare alla Banca centrale europea e poi al ministero dell'Economia con l'ultimo governo Prodi.
  Ecco il punto: la fiducia è l'ingrediente insostituibile che muove il mercato dei prodotti finanziari e regola la
  gestione dei risparmi. È come l'aria: se è fresca gli affari si moltiplicano; se è viziata prevalgono
  atteggiamenti disinvolti o sospettosi; se manca sono i più deboli a soffrirne. Quello che si chiede a un
  organo di vigilanza, sia esso la Consob o la Banca d'Italia, è soprattutto questo: far sì che l'aria sia pulita e
  tutti i soggetti coinvolti, in primis i risparmiatori, possano respirare a pieni polmoni, certi che la correttezza
  premi. «Le sanzioni sono molto severe sugli intermediari, non c'è dubbio - dice Andrea Perrone, ordinario di
  diritto commerciale alla Cattolica - ma quando sono applicate i buoi sono scappati, i danni già prodotti, la
  fiducia minata. Bisogna agire sui comportamenti degli operatori, sulla cultura del mercato e bloccare gli
  strumenti pericolosi prima che arrivino alla clientela, non dopo». Perrone riassume così uno dei compiti che
  attendono la Consob nella gestione di Mario Nava, anche tenendo conto dei poteri sulla product
  governance conferiti alla Commissione dalla Mifid 2 appena entrata in vigore.
  Nava ha una preparazione e una conoscenza delle istituzioni europee paragonabili a quelle di Padoa-
  Schioppa. Il suo ultimo incarico è stata la direzione generale mercato interno e servizi della Commissione
  europea. È estraneo alla schiuma impalpabile di relazioni che avvolge i centri di potere e di controllo del
  nostro Paese e spesso ne deforma il profilo. Ha già esposto al Parlamento le linee di fondo della sua
  presidenza. La Consob non è un notaio, né un prospettificio incline al formalismo giuridico di cui è
  impregnata la nostra amministrazione. Un buon vestito, il semplice rispetto delle procedure, non possono
  essere lo scudo di pratiche infide, di comportamenti inappropriati. Non bastano il rispetto delle regole e
  nemmeno la trasparenza a lungo scambiata come un antibiotico infallibile, universale. «L'esperienza
  dell'autorità inglese - spiega Luca Enriques, docente di corporate law a Oxford ed ex commissario Consob -
  insegna che obblighi di trasparenza e sanzioni, pur indispensabili, sono insufficienti. Occorre incidere sulla
  qualità e sulla chiarezza del rapporto fra emittenti e risparmiatori. Le informazioni chiave devono essere più
  leggibili, semplificate, sottolineate». Enriques sottolinea uno dei paradossi delle regole sull'informazione al
  pubblico. Si può essere trasparenti e oscuri al tempo stesso, soprattutto quando si inonda la clientela di
  carta e di modulistica varia. L'informazione più importante per l'utente c'è, ma bisogna anche aiutarlo a
  trovarla e a considerarla. Non si può lasciare il cliente meno preparato o smaliziato in balia di prospetti
  enciclopedici. «Specialmente in Italia - continua Enriques - dove il ruolo delle banche è preponderante, il
  vincolo degli istituti con i propri clienti ha tratti fideistici e l'educazione finanziaria modesta». In una fase di
  mercato esuberante come quella attuale, è la sintesi dell'analisi di Enriques, effetti bolla o mele marce sono
  meno visibili. E la vigilanza sui processi di vendita, a maggior ragione, è indispensabile che sia accurata e
  non venga scambiata come un intralcio alle quotazioni e alla ripresa dell'economia.
   La Commissione per le società e la Borsa, istituita in Italia nel 1974, è rimasta a lungo una direzione del
  Tesoro. Si è poi affrancata negli anni da una originaria concezione burocratica. Un'autorità di controllo non
  può essere per sua natura una costola, per quanto prestigiosa, di un'attività amministrativa. Questo vizio
  d'origine ha pesato a lungo sulla sua operatività insieme alla congenita ingerenza del mondo politico. Difetti
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  che Guido Rossi, presidente Consob fino all'82, denunciò alla sua maniera. Il giurista e avvocato,
  scomparso lo scorso anno, se ne andò sbattendo la porta e venne sostituito dal ragioniere generale dello
  Stato Vincenzo Milazzo. Non va dimenticato che a capo della Consob, in una delle sue stagioni più difficili,
  vi fu anche l'andreottiano Bruno Pazzi, che la presiedette dal '90 al '92, finendo poi coinvolto in Mani Pulite.
  Il ruolo
   Il ruolo di Nava sarà prezioso in una fase di ridefinizione dei poteri dell'authority europea (Esma con sede a
  Parigi) e del decollo della capital market union oltre che nel rapporto con altri organi di controllo. «Non
  sfugge, guardando a quello che è successo di recente nel settore bancario - dice Marina Brogi, ordinario
  alla Sapienza di economia dei mercati finanziari - come la tutela della stabilità degli intermediari non vada
  sempre di pari passo con la trasparenza e il rispetto dei risparmiatori. La vigilanza bancaria ha giustamente
  chiesto rafforzamenti patrimoniali che sono stati realizzati in taluni casi in maniera disinvolta, con scarso
  rispetto della trasparenza finendo per collocare prodotti rischiosi nelle mani più deboli e sbagliate». Brogi
  sottolinea dunque la necessità di un maggiore coordinamento tra vigilanze. Uno dei messaggi emersi dai
  lavori della commissione parlamentare d'inchiesta nella quale è apparso evidente lo scarso coordinamento
  tra Consob, Banca d'Italia e Ivass (assicurazioni). Il presidente della Consob, se vorrà incidere di più sulla
  modesta cultura finanziaria italiana è augurabile che parli anche al di fuori dello specifico recinto delle sue
  competenze. Dica senza indugi quello che pensa, non si trinceri dietro i regolamenti. «Non c'è apparato
  regolamentare ispettivo - sono ancora parole di Padoa-Schioppa - che possa rimpiazzare il controllo sociale
  dei comportamenti: così com'è non c'è medicina che sia efficace in assenza di anticorpi».
   © RIPRODUZIONE RISERVATA
   di Ferruccio de Bortoli
  Che cosa fa
  La Commissione nazionale per le società e la Borsa (nota con l'acronimo Consob) venne istituita con la
  legge 7 giugno 1974, n. 216, è un'autorità amministrativa indipendente, dotata di personalità giuridica e
  piena autonomia la cui attività è rivolta alla tutela degli investitori, all'efficienza, alla trasparenza e allo
  sviluppo del mercato mobiliare italiano. Mario Nava, presidente designato, succede a Giuseppe Vegas, ed
  entrerà nel pieno delle sue funzioni entro qualche mese
  Foto:
  Mario Nava guiderà la Consob: il suo ultimo incarico è stata la direzione generale mercato interno e servizi
  della Commissione europea

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  L'analisi
  Risparmiamo all'Europa test troppo stressanti
  Francesco Daveri

  L'economia europea va a gonfie vele. Nell'ultimo trimestre 2017 (il diciannovesimo consecutivo), il Pil
  dell'area euro è salito del 2,7% sullo stesso trimestre 2016: meglio degli Usa. L'aumento di 7,5 milioni di
  occupati dai minimi del 2013 ha azzerato la perdita di posti di lavoro nella crisi. E anche il costo del credito
  alle Pmi - quelle che fanno fatica a farsi prestare dalle banche - è sceso di oltre due punti percentuali. Va
  meglio anche l'economia italiana la cui crescita - per quanto più lenta - ha sfiorato il 2%. In questo quadro
  eccezionalmente favorevole arriva il nuovo giro di stress test della European Banking Authority (Eba).
  L'obiettivo è quello di valutare cosa accadrebbe ai bilanci bancari in presenza di vari scenari tra cui uno
  eccezionalmente sfavorevole. Per l'Italia si valutano le conseguenze di una caduta del Pil del 2,7%, con un
  calo del mercato immobiliare superiore al 10% e tonfi ripetuti di Borsa (meno 30% l'anno fino al 2020).
  Qualcuno si chiede perché l'Eba voglia rovinare la festa. In effetti, un perché c'è. La storia insegna che
  l'eccessivo ottimismo dei mercati ha posto le basi per grandi e destabilizzanti crolli di Borsa. Spetta alle
  autorità di vigilanza far suonare per tempo i campanelli d'allarme. Ma di fronte all'uso degli stress test è
  giusto farsi qualche domanda. Lo scenario negativo disegnato dall'Eba per l'Italia è già avvenuto negli ultimi
  dieci anni. Ma quando nel 2009 il Pil crollò del 5%, le banche centrali stavano ancora affinando le armi non
  convenzionali con cui sono poi intervenute. Ora questi strumenti ci sono e hanno dimostrato la loro
  efficacia. E' anche con la fine del Qe non finirà l'impegno di Francoforte a preservare l'euro. Il rischio è che
  stress test troppo severi obblighino le banche dei Paesi in difficoltà a ricapitalizzazioni preventive che
  ridurrebbero ulteriormente i loro già magri margini di profitto e i volumi di credito, finendo per contribuire a
  creare lo scenario sfavorevole che oggi è solo un'ipotesi. Meglio non esporre l'economia europea e italiana
  a test troppo stressanti.
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  L'angolo delle idee I commenti
  Grandi opere e difesa per assicurare La Ripresa
  Le armi della Federal Reserve sono ridotte al minimo (e lo saranno ancora per molto): spetta dunque alla
  politica mantenere il sostegno all'economia frenando la corsa del debito. Al riparo da possibili frenate
  generali e dalle tensioni commerciali e internazionali Il basso livello dei tassi limita la capacità della Fed di
  contrastare la prossima recessione
  Martin Feldstein*

  L' economia degli Stati Uniti sta accelerando e la crescita del Pil al di sopra del trend sembra destinata a
  continuare nel 2018 e nel 2019. Anche se l'espansione è al suo nono anno, non vi è alcun segnale di un
  calo imminente. Il maggior rischio per l'espansione è la fragilità del settore finanziario. Un decennio di tassi
  di interesse eccessivamente bassi ha spinto i prezzi delle attività a livelli estremi. Il rendimento reale bond
  decennali è vicino allo zero. Il rapporto prezzo-utili dell'indice S&P 500 è più alto del 70% rispetto alla media
  storica. Se questi e altri prezzi delle attività tornassero ai loro benchmark storici, gli investitori subirebbero
  perdite superiori a 10 mila miliardi di dollari, con la conseguente diminuzione della spesa per i consumi e
  degli investimenti delle imprese. L'attività economica potrebbe anche rallentare a causa delle tensioni
  internazionali in Corea, delle accresciute dispute commerciali o degli eventi politici interni negli Usa.
   Le flessioni sono una caratteristica normale dell'economia statunitense, che ha registrato nove recessioni
  negli ultimi 50 anni. Ciò che rende la situazione attuale insolita e più preoccupante del passato è il basso
  livello dei tassi a breve termine, che limita la capacità della Fed di contrastare la prossima recessione.
  La Fed tradizionalmente reagisce a un rallentamento riducendo drasticamente il tasso dei fondi federali a
  breve termine. Nell'ultima recessione, la banca centrale ha abbassato il tasso di riferimento da oltre il 5%
  del luglio 2007 allo 0,16% del dicembre 2008, un taglio di oltre cinque punti percentuali. Oggi la Fed, con il
  riferimento all'1,4%, ha poche possibilità di attuare una significativa riduzione dei tassi. Le ultime previsioni
  del Federal Open Market Committee sul tasso dei fondi federali a fine 2019 si attestano ancora a un
  bassissimo 2,9%.
  Per stimolare la domanda nell'ultima recessione, la Fed ha anche praticato quella che viene chiamata
  «politica monetaria non convenzionale», promettendo di mantenere bassi i tassi a breve per un lungo
  periodo e acquistando obbligazioni a lungo termine per il proprio portafoglio. La strategia mirava a stimolare
  la domanda di azioni e immobili, aumentando in tal modo ricchezza e spesa. Non è chiaro se questa
  strategia fornirebbe lo stimolo auspicato fino a quando i tassi rimarranno bassi. La responsabilità di
  stimolare l'economia nella prossima recessione ricadrà quindi sulla politica fiscale: cambiamenti nelle tasse
  e nella spesa pubblica.
  Un nuovo taglio temporaneo delle imposte sul reddito delle persone fisiche non funzionerebbe. L'esperienza
  mostra che fornirebbe uno stimolo molto limitato, poiché la maggior parte dei contribuenti utilizzerebbe il
  reddito netto extra per pagare il debito o aumentare i risparmi, piuttosto che per spendere di più. Ma la
  riforma fiscale offre l'opportunità di effettuare un taglio permanente delle imposte preservando i tagli in
  scadenza nel 2025. I repubblicani che hanno progettato e votato la legge del 2017 prevedevano di
  estendere tali tagli oltre il 2025, nella legislazione successiva. Una crisi economica nei prossimi anni
  sarebbe un buon momento per metterli in atto e renderli permanenti.
    L'altro modo per invertire una crisi sarebbe quello di aumentare la spesa pubblica. Vi è ora un ampio
  sostegno bipartisan per l'aumento della spesa su infrastrutture di ogni tipo, proprio come nel 2007.
  Sebbene l'amministrazione Obama abbia parlato di progetti immediatamente attuabili quando promuoveva
  la sua politica di stimolo presunto, la realtà era che molto poco veniva speso per le infrastrutture, a causa
  dei lunghi ritardi nell'attuazione. Il Congresso e la Casa Bianca dovrebbero iniziare ora a sviluppare un
  inventario di progetti infrastrutturali che potrebbero essere implementati quando l'economia rallenta.

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   Un'altra forma di stimolo consisterebbe in maggiori spese per la difesa. A causa della regola del
  «sequestro» nel Budget Control Act del 2011, il livello delle spese per la difesa è destinato a diminuire dal
  4,3% del Pil nel 2012 a solo il 2,8% nel 2023, la quota più bassa dalla Seconda Guerra Mondiale. Gli
  esperti concordano che questo livello è troppo basso per le esigenze di difesa dell'America. Un aumento
  degli esborsi al 4% o più del Pil rappresenterebbe una fonte significativa della domanda complessiva e un
  contributo cruciale alla sicurezza nazionale. L'elevato livello del debito - oggi si attesta al 77% del Pil ma
  viaggia verso il 97% alla fine del decennio - creerebbe una forte resistenza a tagli fiscali o un aumento delle
  spese. Ma una significativa recessione con una portata limitata per l'azione Fed lascerebbe al Congresso
  poca scelta. La necessità di un futuro stimolo fiscale chiarisce che gli Stati Uniti devono iniziare ora a
  sviluppare una strategia per rallentare la crescita del debito.
   Questo è l'unico modo per creare uno spazio sufficiente per la politica fiscale espansiva di cui l'economia
  alla fine avrà bisogno .
  *Professore di economia all'Università di Harvard e Presidente Emerito del National Bureau of Economic
  Research
   © Project Syndicate - www.project-syndicate.org
   © RIPRODUZIONE RISERVATA

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  IL PUNTO
  «make europe great again» altro che cambiarla
  Daniele Manca

  É un'Europa diversa quella che ci apprestiamo a vivere nei prossimi mesi. Diversa da quella raccontata in
  campagna elettorale dai nostri partiti che, sostanzialmente, si riduce a qualcosa che deve cambiare per
  essere più funzionale al nostro Paese. Si segue una logica di ben poco respiro. Anche se la globalizzazione
  mostra un rallentamento, questo non significa che la competitività dei sistemi Paesi non si misuri su una
  logica mondiale. E per Paesi s'intende e si deve ragionare in termini di aree: Europa vs Cina vs America.
  Scambiare il protezionismo di Donald Trump come una chiusura dell'America al mondo è un pericoloso
  errore. Si pensi allo scivolare del dollaro di questi ultimi mesi. Quali che ne siano i motivi, di sicuro pongono
  al sistema industriale dell'area euro un forte problema di competitività. E che dire della recente riforma delle
  tasse varata dalla Casa Bianca? Al di là del modo di comunicare del presidente Trump che può apparire
  irrituale, pensare che dietro non ci sia una logica o che si tratti della mossa del presidente e non
  dell'amministrazione Usa, è da ingenui. Quella riforma delle tasse attirerà aziende e capitali negli Stati Uniti.
  L'Europa reagirà probabilmente in ordine sparso visto che già sopporta una concorrenza fiscale al proprio
  interno, come ha scritto il 30 gennaio Federico Fubini sul «Corriere». Per questo è triste sentire spesso in
  campagna elettorale che l'Ue va cambiata e solo in rarissimi casi che va anche rafforzata e che ci si
  dovrebbe impegnare per una maggiore integrazione. E pensare che questa Unione europea ha messo a
  segno nel 2017 la maggiore crescita da dieci anni a questa parte: un bel 2,5% che mette il Vecchio
  Continente davanti al 2,3% degli Stati Uniti. Chissà quali benefici potremmo trarre se prevalessero
  sentimenti di comunità e unità invece che quelli che puntano a esacerbare le divisioni.
  @daniele_manca
   © RIPRODUZIONE RISERVATA

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