CONFIMI Rassegna Stampa del 16/12/2014

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CONFIMI
   Rassegna Stampa del 16/12/2014

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INDICE

CONFIMI

   16/12/2014 Il Centro - Nazionale                                     8
   «Così ho cambiato faccia all'impianto a pezzi»

   16/12/2014 Prima Pagina - Reggio Emilia                              10
   Brutta sconfitta delle Giullari del Castello contro Mirandola

CONFIMI WEB
  Il capitolo non contiene articoli

SCENARIO ECONOMIA
   16/12/2014 Corriere della Sera - Nazionale                           12
   Piccole imprese: più garanzie

   16/12/2014 Corriere della Sera - Nazionale                           14
   «Bene la flessibilità In Europa serve una vera politica economica»

   16/12/2014 Corriere della Sera - Nazionale                           15
   «Bce, acquisto di titoli su larga scala»

   16/12/2014 Il Sole 24 Ore                                            17
   La partita del Colle e i rischi Ue

   16/12/2014 Il Sole 24 Ore                                            19
   L'Europa buco nero tra Asia e Usa

   16/12/2014 Il Sole 24 Ore                                            21
   Piazza Affari: le banche si risolleveranno solo con il Qe

   16/12/2014 Il Sole 24 Ore                                            22
   Faro Consob sul titolo Mps Carige, oggi il Cda sul capital plan
16/12/2014 Il Sole 24 Ore                                                                24
  «Bce acquisti titoli se rischio deflazione»

  16/12/2014 Il Sole 24 Ore                                                                26
  La Cina apre ai prosciutti italiani

  16/12/2014 Il Sole 24 Ore                                                                28
  Se il made in Italy è ostaggio delle scartoffie

  16/12/2014 Il Sole 24 Ore                                                                29
  Malpensa respira: più passeggeri intercontinentali

  16/12/2014 Il Sole 24 Ore                                                                30
  Consumi prima che investimenti

  16/12/2014 La Repubblica - Nazionale                                                     32
  Crollano rublo e petrolio shock sulle Borse bruciati 200 miliardi

  16/12/2014 La Repubblica - Nazionale                                                     33
  Olimpiadi, la scommessa dell'Italia

  16/12/2014 La Repubblica - Nazionale                                                     35
  Un capitalismo ancora familiare Ma i fondi esteri nuovi mattatori delle assemblee

  16/12/2014 La Stampa - Nazionale                                                         36
  Se Juncker taglia la ricerca

  16/12/2014 MF - Nazionale                                                                37
  Con l'intesa Accor-Huazhu Parigi più vicina a Pechino

  16/12/2014 MF - Nazionale                                                                38
  Banca Carige va ko in borsa (-7%) nonostante l'ok al piano e l'interesse dei big per
  Cesare Ponti

  16/12/2014 MF - Nazionale                                                                40
  Visco replica a Weidmann: indispensabile il Qe di Draghi, sennò è deflazione

  16/12/2014 MF - Nazionale                                                                42
  Stabilità, spuntano 150 mln per il Tetra Finmeccanica

  16/12/2014 MF - Nazionale                                                                43
  Un cordone intorno a Malpensa

  16/12/2014 MF - Nazionale                                                                44
  La Bce sulle riforme chiede agli Stati decisione ed efficacia. Le dimostri essa stessa
  sul Qe

SCENARIO PMI
16/12/2014 Corriere della Sera - Nazionale                 47
Da Sesto a Pechino L'insulina italiana esportata in Cina

16/12/2014 Il Sole 24 Ore                                  48
Per Italia Independent e Marcolin joint all'estero

16/12/2014 Il Messaggero - Nazionale                       50
Hsbc scommette sull'Italia: «Un ponte verso il mondo»

15/12/2014 L Impresa                                       51
La tenuta delle Pmi
CONFIMI

articoli
16/12/2014                              Il Centro - Ed. nazionale                                         Pag. 17
                                          (diffusione:24265, tiratura:30718)

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«Così ho cambiato faccia all'impianto a pezzi» Di Renzo mette a confronto le immagini del 2009 con quelle di
oggi: dalla palude a casa dei campioni
«Così ho cambiato faccia all'impianto a pezzi»

«Così ho cambiato faccia all'impianto a pezzi»
 Di Renzo mette a confronto le immagini del 2009 con quelle di oggi: dalla palude a casa dei campioni
PESCARA «Due milioni di investimenti» per cambiare faccia alle Naiadi. Luciano Di Renzo parla con le
immagini di una struttura abbandonata, nel 2009, e trasformata dopo 5 anni. Nelle fotografie si vede il parco
ridotto a una distesa di fango, nel 2009, e adesso un'oasi verde frequentata dalle famiglie. Di Renzo
sottolinea i risultati: con la sua gestione hanno nuotato alle Naiadi campioni del calibro di Federica Pellegrini
e di Chad Le Clos, oro olimpico sui 200 farfalla a Londra 2012. E Di Renzo elenca i numeri della sua
gestione: 40 le associazioni che operano alle Naiadi, centoquarantasette coloro che lavorano, 30 mila iscritti
con 542 mila ingressi all'anno e ventimila pernottamenti generati negli alberghi della zona (con un indotto di
circa un milione di euro) grazie alle squadre nazionali e internazionali che si allenano nel centro sportivo. Per
il presidente della Fin Dario Frammolini l'eventuale chiusura delle Naiadi «rappresenterebbe una tragedia». Il
vice sindaco Enzo Del Vecchio ha assicurato l'interessamento del Comune sia con mezzi propri che verso la
Regione. Infine Ernesto Petricca di Confimi Abruzzo ha confermato come il discorso Naiadi sia tabù per la
Regione: «Anche io ho provato a chiedere ma ho trovato un muro. Questo silenzio è illogico». La società di Di
Renzo, Progetto sport impianti sportivi che gestisce Le Naiadi, paga un canone annuo di 1.500 euro dal 2008
alla Regione, in virtù di una convenzione decennale siglata con l'Azienda autonoma di cura, soggiorno e
turismo di Pescara (ente finito sotto la Regione Abruzzo). La stessa società Progetto Sport di Di Renzo
gestisce anche la piscina comunale di Francavilla. ©RIPRODUZIONE RISERVATA
16/12/2014                            Prima Pagina - Reggio                                                   Pag. 24

                                      emilia

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BASKET / SERIE C FEMMINILE 44-73 il finale
Brutta sconfitta delle Giullari del Castello contro Mirandola

Brutta sconfitta casalinga per la formazione di Olivari che sfigura nella serata dedicata al sodalizio Tricolore-
Giullari. La gara infatti è stata disputata all'ITI di via Makallè a Reggio e con i colori bianco-rossi marchiati
Confimi della società reggiana. La squadra di casa non è di fatto mai entrata in campo, partendo male e
subendo un parziale di 3 a 20. Nel secondo quarto non parte la tipica reazione delle castellesi, che alzano
bandiera bianca dopo un altro parziale di 6 a 22. Troppi errori di concentrazione e palle perse per poter
contrastare la corrazzata Mirandolese, che non concede nulla e che dopo il primo break si rifugia nelle sue
zone e ripartenze, mostrando un gioco solido e 'm u s c o l a re '. La zona di casa per la prima volta fa acqua
da tutti i buchi e le percentuali al tiro sono disastrose. Nel secondo tempo si riaccende il consueto orgoglio di
Puianello, guidato da Codeluppi (MVP della partita), Costi e Dall'Asta. La batosta incassata fa ben sperare
per la gara di ritorno: la formazione Modenese è sicuramente ben attrezzata ma non irraggiungibile. Debutto
di Civettini, arrivata in settembre da Rovereto per motivi di studio e di rientro da un infortunio occorso nei
primi allenamenti. Finisce dunque con una sconfitta l'anno solare delle Giullari che avranno il turno di riposo
prima di Natale. Il calendario permetterà infatti a coach Olivari di programmare al meglio l'anno nuovo. La
classifica è comunque buona per una squadra completamente rimaneggiata, con 4 vittorie e 2 sconfitte
maturate contro le due formazioni che guidano la classifica. GIULLARI CASTELLO 44 MIRANDOLA 73
Parziali: 3-20, 6-22, 15-19, 20-12 Puianello: Garuti, Asti 1, Tartaglia 5, Pieracci 2, Miari, Dall'Asta 11, Civettini
4, Manelli 4, Codeluppi 8, Pierfederici ne, Costi 6, Galli 3. All. Olivari Agnini e Fantesini Mirandola: Bocchi 5,
Sega 5, Rinaldi, Guaitoli 11, Bellei, Cantore 11, Mai 1, Bergamini 8, Bocchi 12, Sgambati 4, Pincella 10,
Mariuzzo 7. All. Borghi e Grilli. Arbitro: Rovacchi PUIANELLO Chiara Codeluppi
SCENARIO ECONOMIA

22 articoli
16/12/2014                         Corriere della Sera - Ed. nazionale                                          Pag. 1
                                           (diffusione:619980, tiratura:779916)

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 LE MISURE DEL GOVERNO
 Piccole imprese: più garanzie
 Antonella Baccaro a pagina 3

 ROMA «Entro Natale la legge di Stabilità sarà chiusa». Per il sottosegretario all'Economia, Pier Paolo
 Baretta, il Senato dovrebbe licenziarla «entro giovedì o al massimo venerdì». Ma intanto ieri la sessione di
 Bilancio è slittata di tre ore per una riunione di maggioranza che ha portato all'accantonamento delle norme
 più dibattute.
 «Su regime dei minimi, Irap e Fondi pensioni il cantiere è ancora aperto» ha ammesso il relatore Giorgio
 Santini (Pd). Che ha addebitato il ritardo alla decisione di incontrare anche le opposizioni: «Vogliamo farla la
 legge di Stabilità...». Il riferimento è al rischio di ostruzionismo che ieri si è palesato nell'attivismo con cui il
 M5S ha preso a pretesto la lettera inviata dal commissario agli Affari economici, Pierre Moscovici, ai
 presidenti delle Camere, allegata al testo del parere della Commissione sulla manovra che, a marzo,
 «rischia» la bocciatura. Moscovici sollecita il Parlamento a «prendere le misure necessarie per assicurare che
 la manovra sia in linea» con il patto di Stabilità. Una procedura nuova, quella seguita da Moscovici, sulla
 quale il M5S chiede al governo un chiarimento in Aula, e che segnala il livello di allarme intorno ai conti
 pubblici.
 Del resto gli ultimi dati del Bollettino di Bankitalia attestano che il debito è aumentato in ottobre di 23,5
 miliardi, a quota 2.157,5 miliardi. Migliora invece il fabbisogno certificato dal Tesoro a quota 8,5 miliardi, con
 una riduzione rispetto ai 12,6 miliardi dell'ottobre 2013. Entrate: 33,7 miliardi. Spese: 42,3 miliardi, 3,3 miliardi
 per interessi. Male le entrate tributarie, secondo Bankitalia: il gettito fiscale a ottobre è pari a 28,5 miliardi, -
 2,7% su anno. Sostanzialmente invariate le entrate nei primi dieci mesi dell'anno. Un dato in linea con quello
 del Tesoro che, pur vedendo una ripresa tirata dall'Iva, sconta un rallentamento dell'Irpef (-0,8%).
 Intanto emergono particolari sugli 80 emendamenti presentati dal governo in commissione Bilancio. Ad
 esempio, si mette al sicuro l'entrata prevista con lo «split payment»: il meccanismo che affida alle pubbliche
 amministrazioni il pagamento dell'Iva dovuta sui loro acquisti di beni e servizi, scatterà senz'altro a gennaio,
 senza attendere l'autorizzazione Ue. Il governo corre ai ripari sul mancato incasso dell'Iva sui pagamenti dei
 debiti della P.a. per 6 miliardi, disposti dal decreto di aprile scorso: solo 240 milioni sui 650 previsti. Per
 evitare l'aumento delle accise (clausola di salvaguardia), il governo stanzia la somma mancante. Infine si
 riducono da 500 a 300 milioni i tagli alla Difesa. La commissione Bilancio in serata ha esteso il Fondo di
 garanzia per le Pmi previsto dal decreto Sviluppo alle imprese con non più di 499 dipendenti.
  Antonella Baccaro
  © RIPRODUZIONE RISERVATA
 L'iter
 Il Senato dovrebbe licenziare entro giovedì o venerdì
 la legge
 di Stabilità. Ancora aperto il cantiere sul regime dei minimi, fondi pensione e Irap
 Le misure
 Bonus 80 euro Per chi percepisce un reddito fino a 24 mila euro all'anno, è previsto anche il prossimo anno
 un bonus di 80 euro mensili. Sono esclusi invece i pensionati
 Tasse sui fondi pensione L'aggravio fiscale sui rendimenti dei fondi pensione passa con la legge di Stabilità
 dall'11 al 20%. Ma si è ipotizzato di ridurre l'aumento e scendere al 17%
 Edilizia sociale Tra le novità in cantiere sulla legge di Stabilità, un emendamento del governo prevede di
 finanziare con 130 milioni in 4 anni il Piano di edilizia sociale
 Regioni e patto di Stabilità Arriva un miliardo per l'allentamento del patto di Stabilità, che le Regioni potranno
 girare ai Comuni con i bilanci in ordine per le spese che riguardano investimenti

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 16/12/2014                                                                      12
16/12/2014                      Corriere della Sera - Ed. nazionale                                   Pag. 1
                                        (diffusione:619980, tiratura:779916)

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 Fondi alla scuola Escluse le spese di edilizia scolastica dal patto di Stabilità per città metropolitane e
 province; arrivano 130 milioni per le pulizie e 64 milioni per le supplenze brevi

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 16/12/2014                                                            13
16/12/2014                          Corriere della Sera - Ed. nazionale                                         Pag. 2
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 INTERVISTA Il sottosegretario Gozi
 «Bene la flessibilità In Europa serve una vera politica economica»
 M. Gal

 BRUXELLES «Sino a qualche anno fa era tabù solo discutere di funzionamento delle istituzioni o di politiche
 degli investimenti e flessibilità. Oggi, anche grazie alla svolta politica sulla quale abbiamo tanto insistito, non è
 più così». Sandro Gozi ( foto ) ha la delega agli Affari europei e in questi giorni è nella capitale belga per un
 incontro con Donald Tusk per i lavori preparatori del Consiglio di giovedì. Si ritiene più che soddisfatto dalla
 caratura politica del piano che Juncker sta definendo: «Mi sembra un inizio molto buono, si annunciano
 incentivi per i Paesi che fanno riforme strutturali, un riesame delle parti del patto di Stabilità che sono da
 migliorare. Juncker si sta concentrando sulle reali priorità. Si deve arrivare a una vera unione economica e
 dei bilanci, e questo passa anche per una proposta da parte della Commissione su come migliorare le
 norme».
 Per ora siamo agli annunci, è già accaduto in passato.
 «Non con questa forza e con queste premesse. La Commissione si impegna sul tema della flessibilità a
 partire dal 2015. Lo fa recuperando un ruolo politico che negli ultimi anni ha drammaticamente perso. Quando
 dice che la sua squadra deve essere piccola con le cose piccole e grande con le cose grandi, Juncker sta
 impostando una primazia della politica sulla tecnica che noi sosteniamo da tempo. Siamo fiduciosi che a
 gennaio si facciano i primi passi sulla flessibilità».
 Il programma è anche una denuncia: così le istituzioni della Ue non funzionano. Cosa va cambiato?
 «Serve una vera politica economica non un'applicazione di regole parziali e in parte disomogenee. Ne siamo
 straconvinti. Durante il nostro semestre abbiamo posto il tema del funzionamento delle istituzioni, di una
 semplificazione ineludibile. Per esempio occorre semplificare in modo drastico le regole sugli appalti. Questa
 Ue troppo complessa per essere efficace. Occorre una netta discontinuità con gli ultimi dieci anni e questo
 richiede da parte di tutti i commissari un gioco di squadra, a cominciare dal Piano per gli investimenti, per il
 quale occorre che tutti gli strumenti del bilancio siano messi a disposizione».
  © RIPRODUZIONE RISERVATA

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 16/12/2014                                                                      14
16/12/2014                         Corriere della Sera - Ed. nazionale                                        Pag. 33
                                          (diffusione:619980, tiratura:779916)

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 «Bce, acquisto di titoli su larga scala»
 Visco: interventi se i prezzi scendono ancora. Milano giù del 2,81%. Rublo, rialzo record dei tassi L'unione
 politica «Bisogna rafforzare i presupposti istituzionali della moneta unica»
 Stefania Tamburello

 ROMA La dinamica dei prezzi al consumo «resta pericolosamente debole», rendendo più difficile la ripresa
 dell'economia e del credito, avverte il governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco per il quale «non siamo
 in deflazione ma i rischi non possono più essere ignorati». Questo vuole dire che se le nuove informazioni
 sull'inflazione confermeranno la persistenza o addirittura l'aggravarsi dei rischi per la stabilità dei prezzi
 nell'area euro «occorrerà avviare, con tempestività, ulteriori interventi di acquisti di titoli su larga scala».
 Visco parla alla Camera, in commissione Finanze, che lo vuole sentire sull'unione bancaria, e ai deputati
 conferma che la Bce esaminerà a breve, già nella prossima riunione del consiglio direttivo del 22 gennaio, la
 possibilità di avviare un programma di Quantitative easing (Qe) cioè anche di acquisto massiccio di titoli
 pubblici. Nel consiglio della Banca centrale europea «siamo in molti a sostenere che si debba andare nella
 direzione del contenimento di questi rischi», afferma. Quanto all'opposizione del capo della Bundesbank,
 Jens Weidmann, osserva che la sua resistenza si è attenuata. «Weidmann non dice più che il Qe nella zona
 euro sia vietato, bensì che non sia opportuno».
 Il governatore della Banca d'Italia nel suo intervento in Parlamento torna a tratteggiare un quadro severo del
 futuro dell'economia, pur indicando nel prossimo anno, anche grazie agli interventi di sostegno della Bce, la
 ripresa del credito a imprese e famiglie. Ma la politica monetaria da sola, aggiunge, non basta, bisogna
 rafforzare i presupposti istituzionali della moneta unica. All'unione bancaria dovrà seguire la creazione di un
 bilancio pubblico comune, dice, osservando che non tutti i rischi di rottura dell'euro sono scongiurati «per
 sempre».
 I pericoli sono molti e proprio ieri le Borse europee sono affondate, bruciando 200 miliardi, non solo sui timori
 di una crescita sempre più debole ma soprattutto sulle preoccupazioni per la crisi economica della Russia,
 aggravata dalla rapida discesa del prezzo del petrolio. Il rublo, che dall'inizio dell'anno ha perso il 50%, ieri ha
 toccato i nuovi minimi storici (per un euro occorrono 78 rubli, per un dollaro 60) e la Banca centrale russa, per
 tentare di arrestarne il crollo, ha di nuovo alzato il tasso di riferimento, stavolta di ben 6,5 punti: dal 10,5% al
 17%.
 Piazza Affari è stata la peggiore chiudendo a 18.078 punti (-2,81%). Titoli bancari in caduta, con Mps in calo
 dell'8,14% a 0,52 euro e Carige in discesa del 7,09% a 0,059 euro. Sulle due banche, respinte allo stress test
 della Bce , Visco però è rassicurante. «La Banca d'Italia seguirà l'attuazione dei piani di rafforzamento di
 Monte dei Paschi e di Carige, che sono stati approvati nei giorni scorsi dal Consiglio di vigilanza
 dell'Eurotower ed «opererà per un'efficace e tempestiva adozione delle misure previste».
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  Le operazioni in corso della Bce Dati in miliardi euro - al 12 dicembre Fonte: Bce d'Arco 105 212 0,78 24,7
 1.000 Finanziamenti a breve termine alle banche TLTRO (credito a lungo termine alle banche per imprese e
 famiglie) Acquisto di Abs (cartolarizzazioni di crediti garantiti) Acquisto di Covered Bond (obbligazioni
 garantite) Obiettivo di immissione di liquidità nel sistema
 Le Borse
 Le sanzioni occidentali per la crisi ucraina e il drastico crollo dei prezzi del petrolio hanno spinto al ribasso il
 rublo, che ha toccato
 i minimi storici (-50% da inizio anno), trascinando le Borse europee: Milano
 ha chiuso perdendo il 2,81%, Londra l'1,87%, Parigi il 2,52%, Francoforte il 2,72%, Madrid il 2,38%
 200 miliardi Quanto hanno bruciato ieri le piazze europee

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 50 per cento
 La perdita
 del rublo
 da inizio anno

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16/12/2014                                          Il Sole 24 Ore                                               Pag. 1
                                            (diffusione:334076, tiratura:405061)

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 La partita del Colle e i rischi Ue
 Economia & Società di Lina Palmerini

 Il debito pubblico risale, segnalava ieri Bankitalia, e di «rischio» Italia parlava la lettera che Pierre Moscovici
 ha spedito al Parlamento. Questo è il reale campo di battaglia per il Quirinale e un tilt politico consoliderebbe
 lo scenario di un commissariamento europeo.
 Continua pagina 23
 Renzi: l'Italia si candiderà per le Olimpiadi 2024
 «Saremo al fianco del Coni per la candidatura dell'Italia alle Olimpiadi del 2024». Lo ha annunciato il premier
 Renzi. pagina 24
 POLITICA 2.0
 Continua da pagina 1
 L'incontro a Palazzo Chigi tra Matteo Renzi e Romano Prodi per il momento va letto in chiave tattica. Il
 premier sa che non può snobbare uno dei candidati più forti per il Colle, con un peso nella storia del centro-
 sinistra, con un seguito in una parte del Pd e dei 5 Stelle e, dunque, deve aprire un canale di dialogo con lui.
 Probabilmente hanno anche ragionato di numeri in Parlamento o di scenari alternativi al Quirinale ma il
 passaggio è stato più obbligato per Renzi che conclusivo per Prodi. Ed è una risposta anche a Berlusconi e a
 un patto del Nazareno inclusivo del nome per il Quirinale: con il colloquio di ieri Renzi rivendica a sè e al
 partito di maggioranza la responsabilità della scelta sul capo dello Stato. E detta le condizioni a Forza Italia.
 Ma questa è la prima scena di una lunga serie che andrà avanti fino ai primi giorni di febbraio quando si
 comincerà operativamente a votare.
 Un mese per la politica è un tempo lungo e di incontri come quello di ieri ce ne saranno altri. Un modo per il
 premier di sondare l'effetto di alcuni nomi tra politici e media, di studiare i posizionamenti delle correnti, di
 dimostrare apertura sulle candidature e non uno schema chiuso che va solo verso un presidente renziano.
 Oggi Giorgio Napolitano farà l'ultimo saluto alle alte cariche dello Stato, le dimissioni sono attese verso la
 metà di gennaio e dopo 15 giorni cominceranno le votazioni più temute da Renzi. E rischiose per l'assetto
 finanziario italiano.
 Sì perché se la politica è mutevole, il quadro economico è stabilmente negativo. E in questo contesto - che
 realisticamente non cambierà a gennaio - si combatterà la battaglia per il Colle. Il dato di ieri di Bankitalia
 segnalava un altro aumento del debito: in ottobre di 23,5 miliardi in più che portano il volume a 2.157,5
 miliardi. E sempre ieri, secondo la procedura europea, il commissario Ue Moscovici ha mandato una lettera al
 presidente della Camera in cui parla di «rischio dell'Italia di non rispettare il patto di stabilità». Niente di nuovo
 ma è come un "memo": ci ricorda che i conti con l'Europa non sono chiusi.
 Questa è l'arena vera per l'Italia e un eventuale cortocircuito politico-istituzionale sull'elezione del capo dello
 Stato rafforzerebbe uno scenario di commissariamento dell'Europa. Non riuscire a eleggere un presidente
 della Repubblica o la crisi del Governo per effetto della stessa elezione, manderebbe in tilt anche la finanza
 pubblica. Un effetto domino che ambienti finanziari considerano inevitabile soprattutto a fronte di un debito
 sempre più alto e sempre meno sostenibile.
 E non è un caso che Palazzo Chigi abbia fatto sapere che molta parte del colloquio tra Renzi e Prodi sia stato
 dedicato all'Europa e all'economia. L'elezione del capo dello Stato cadrà in un momento delicatissimo per
 l'euro. Saranno le settimane della decisione della Bce di Draghi sul Qe, si avvicineranno le elezioni in Spagna
 mentre sulla Grecia la prospettiva delle elezioni anticipate si aprirà solo alla fine del mese, se non riusciranno
 a eleggere il capo dello Stato alla terza votazione. Guarda caso un'altra volta i fatti ci accostano ad Atene.
 Scadenze politiche identiche - il presidente della Repubblica - e stessi scenari possibili, come il voto
 anticipato. Il punto è che l'Italia ha un rischio potenziale sulla tenuta dell'euro molto più alto della Grecia e il
 commissariamento sarà l'unica via d'uscita per tenerlo in piedi .

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 2.175,5 miliardi
 Il debito pubblico
 Il volume complessivo del debito pubblico italiano che in ottobre è aumentato di 23,5 miliardi

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 L'Europa buco nero tra Asia e Usa
 Carlo De Benedetti

 È difficile considerare quella di Shinzo Abe una vittoria piena. L'alta astensione è il segno di un Paese che
 resta in grande difficoltà. Ma in quelle urne c'è comunque il riconoscimento per chi ha provato con una
 politica economico-monetaria aggressiva a portare il Giappone oltre la trappola mortale della recessione.
 Continua pagina 20
 L'ANALISI
 Continua da pagina 1
 Non si può dire lo stesso per l'Europa. È davvero preoccupante l'immobilismo di questa area del mondo di
 fronte a una situazione mondiale che si sta sempre più consolidando in suo sfavore. Buco nero della crescita
 ed epicentro deflazionistico mondiale, l'Europa è come rassegnata nella sua posizione di subalternità rispetto
 all'asse Stati Uniti-Cina che ha preso il controllo sugli assetti geopolitici globali. Non c'è competizione, in
 questa fase, tra le due grandi potenze. Arriverà il tempo del conflitto, ma per il momento gli interessi
 economici e politici sono complementari più che divergenti. Pechino, concentrata sulla priorità di gestire
 internamente la fase più difficile del suo sviluppo, non è ancora pronta a ingaggiare una competizione diretta
 con gli Stati Uniti. Questi ultimi, invece, non vedono ancora nei cinesi concorrenti diretti sulla loro economia
 del software. È stato addirittura avviato un programma comune, con uno scambio tra funzionari e alti generali,
 per testare le rispettive reazioni in caso di crisi politiche gravi. Xi Jinping è considerato, al di là dell'Atlantico,
 un grandissimo leader, forse il più lungimirante oggi sullo scenario mondiale. Il nemico comune è la Russia.
 Anche la politica di bassi prezzi del petrolio, attuata dall'Arabia Saudita, è finalizzata a mettere in difficoltà più
 la Russia che gli Stati Uniti. La sofferenza di Putin, al G20, è stata sotto gli occhi di tutti: e non sono certo le
 sanzioni europee la causa di quell'isolamento. Mai, dalla fine della guerra fredda, il mondo aveva visto
 un'egemonia più chiara. Mai l'economia americana è stata più solida. Quella dell'energia è una vera e propria
 rivoluzione per gli Stati Uniti: dall'essere il più grande importatore energetico sono diventati un Paese
 esportatore grazie allo shale oil e allo shale gas. Negli ultimi tre mesi il prezzo della benzina alla pompa è
 calato fino a determinare un risparmio di dieci dollari a settimana per ogni americano. E sono soldi che
 vengono subito spesi in altri consumi, altro che i nostri 80 euro che non hanno prodotto alcun effetto per una
 totale mancanza di fiducia. Le banche americane oggi hanno ritrovato solidità, il deficit è tornato su livelli
 normali, dopo essere stato spinto fino all'8%, la crescita c'è, l'andamento dei prezzi è sotto controllo. Anche il
 rafforzamento del dollaro sull'euro non è vissuto come un problema. Il campo di competizione per l'industria
 americana è ormai totalmente spostato sul software, non sui macchinari, non sull'hardware. Per Google o per
 Facebook il livello del dollaro non è un problema. Non sono in competizione con nessuno, vendono servizi in
 tutto il mondo, non sono più esportatori tradizionali. Apple come Amazon sono banche più che industrie. E i
 laboratori americani già lavorano a pieno ritmo sull'economia del futuro: quella delle biotecnologie, i pezzi di
 ricambio per l'uomo. Dall'altra parte del Pacifico la Cina ha il solo problema di rallentare gli investimenti per
 rendere più equilibrato il proprio sviluppo. Cresce comunque oltre il 6 per cento e ha un'inflazione sotto il 2
 per cento, caso più unico che raro. Jinping ha dichiarato guerra alla corruzione e l'ha vinta in breve tempo: i
 casinò di Macao hanno perso il 40 per cento del loro giro d'affari. Su ricerca e innovazione l'Europa è già
 stata distaccata. In questo quadro è davvero imbarazzante la mancanza di visione dei leader europei. L'unico
 che ha una percezione globale di quello che sta accadendo è Mario Draghi. Ma anche lui è stato costretto a
 una lentezza d'azione estenuante. Non abbiamo per nulla combattuto la guerra delle monete, che ha
 schiacciato le nostre produzioni con i livelli assurdamente alti dell'euro. Solo quando il Giappone, con una
 svalutazione del 30 per cento, ha cominciato a fare concorrenza alle produzioni tedesche, è stato possibile
 agevolare un calo della moneta unica verso valori più realistici. Ma intanto la storia dell'euro potrebbe essere
 ormai a un crocevia decisivo. Da una parte il quantitative easing, che i mercati danno per scontato e che, per

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 questa ragione, non può più essere rinviato. Dall'altra le elezioni greche, con la possibile vittoria di Tsipras.
 Draghi, per quanto gli compete, farà bene a sparare il più forte possibile con il suo bazooka monetario, ma il
 cannone della politica imbracciato dalla sinistra greca potrebbe davvero segnare la fine dell'esperienza
 dell'euro, mostrando ai mercati che una via d'uscita dalla moneta unica c'è e che l'euro non è acquisito una
 volta per tutte. Succede anche questo quando non hai la forza morale e politica per contrastare il declino. Ed
 è quel lo che è avvenuto all'Europa. La colpa di un eventuale crollo dell'eurosistema se la prenderanno i
 greci, e forse gli italiani, ma è alla Germania che è mancata la leadership necessaria a farsi carico del destino
 dell'Europa. Forse Berlino può ancora cambiare la storia, forse può garantire quel sostegno a Draghi che è
 necessario, forse può capire quello che i giapponesi hanno capito - anche loro in ritardo - alcuni anni fa, ma di
 certo non bisognava arrivare fin qua. Con un'Europa marginale, costretta a guardare da lontano i leader del
 mondo. I prossimi mesi saranno decisivi.
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 Piazza Affari: le banche si risolleveranno solo con il Qe

 L'ANALISI
 Era inevitabile che il contraccolpo più grave lo subisse, tra gli altri, Piazza Affari. Metà del listino milanese è
 composto di fatto da titoli bancari ed energetici. E sono proprio i due settori nell'occhio del ciclone dei recenti
 violenti ribassi di Borsa. I primi, gli istituti di credito, sono quelli che più beneficeranno del tanto sospirato QE
 in salsa europea. Ma la strada da qui a fine gennaio, quando la Bce dovrebbe lanciare il maxi-acquisto di
 bond sovrani è assai travagliata per la forte opposizione tedesca e olandese. Ecco perché è plausibile
 attendersi settimane di forte volatilità sui titoli bancari. Anche l'ennesima crisi greca si pone come altro
 elemento di grave incertezza che si riverbera soprattutto sui listini dell'Europa del Sud. Il forte calo del greggio
 non può che impattare in negativo su Eni che anche ieri ha lasciato sul campo oltre il 3%. I fattori di crisi che
 si sono cumulati e la profonda incertezza sul primo colpo di bazooka di Mario Draghi hanno pesantemente
 influito su Piazza Affari che con le ultime settimane di ribassi ha visto scendere in negativo le performance da
 inizio del 2014. Il Ftse/Mib che a inizio dicembre era ancora positivo, oggi è in perdita per il 4,6%. Ed è in
 buona compagnia, dato che il Cac40 francese è in rosso per il 6% e anche il principe dei listini europei, il Dax
 tedesco, ha innestato la retromarcia con un calo durante quest'anno del 2,3%. Non è un caso che il listino
 svizzero, che non ha legami con l'euro, mantenga una performance positiva del 6%. Del resto lo stesso
 Governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco, ha ammonito ieri che il rischio della rottura dell'euro non è
 scongiurato per sempre. Lo sanno anche gli operatori che hanno sì puntato le carte nell'ultimo triennio sui
 listini periferici, comprando banche greche, spagnole, italiane. Ma sanno anche che l'equilibrio è sempre
 precario. Appena si addensano nubi, che siano la nuova crisi greca, il parziale insuccesso del Tltro, il
 finanziamento Bce da destinare alle imprese. O peggio ancora la profonda divaricazione dentro la Bce sul Qe
 europeo, ecco scattare le vendite, sulle banche in particolare. Banche che, in genere, hanno dato
 soddisfazioni dal 2012 agli investitori con Intesa e Bpm salite in un anno di oltre il 40% e Ubi del 20%. Chi è
 entrato sulle banche quando il Ftse/Mib veleggiava ai minimi sui 12mila punti, oggi potrebbe realizzare in
 parte qualche presa di beneficio. Pronto a risalirci se a gennaio verrà dato avvio al QE. Chi è entrato negli
 ultimi mesi, meglio che mantenga i nervi saldi e non venda in perdita. Sempre che il bazooka di Draghi si
 metta davvero a sparare.
 © RIPRODUZIONE RISERVATA Fabio
 Pavesi

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 Banche. In Borsa Siena cade dell'8% per alcune vendite e tocca i minimi storici
 Faro Consob sul titolo Mps Carige, oggi il Cda sul capital plan
 Luca Davi Raoul de Forcade

 IL FRONTE TOSCANO
 Gallia (Bnl Bnp Paribas): noi non interessati a Siena
 Senza conferme i rumors
 di un possibile avvicinamento di investitori cinesi
 IL FRONTE LIGURE
 Al board odierno della banca genovese i prossimi passi
 L'ipotesi di acquisto di una quota della Fondazione
 da parte del fondo Apollo
 L'ok preliminare della Bce ai piani di risanamento non basta: Monte dei Paschi di Siena e Carige cadono in
 Borsa e trascinano al ribasso, insieme al resto del comparto bancario, tutta Piazza Affari, scesa del 2,81%. I
 movimenti sulla banca senese - che ha ceduto l'8,14% a 0,52 euro, il valore più basso nella storia del titolo -
 hanno fatto scattare il monitoraggio della Consob, che sta verificando eventuali anomalie. Sulla scia di Mps,
 anche Carige è affondata del 7% a 0,059 euro. La seduta è stata critica per tutte le banche del listino di
 Piazza Affari con Intesa Sanpaolo che ha perso il 4,33% e Unicredit il 4,7 per cento.
 Il caso Monte Paschi
 E pensare che, fino alla tarda mattinata, il titolo Mps tentava la strada del recupero, dopo le vendite della
 scorsa settimana. Gli acquisti erano da attribuire, secondo molte letture, al primo via libera al piano di
 rafforzamento patrimoniale arrivato venerdì pomeriggio dalla Bce, che faceva seguito alla bocciatura agli
 stress test di ottobre. Tuttavia, nel primo pomeriggio di ieri il clima è improvvisamente cambiato e si è
 assistito a un violento cambio di direzione. A determinarlo è stata una manciata di ordini massicci, il primo dei
 quali registrato attorno alle 14.20, che hanno generato un effetto domino. In una delle principali sale operative
 milanesi si evidenzia come gli alleggerimenti siano specifici ed effettuati da pochi investitori con vendite
 mirate. Rimane il fatto che, di fronte ai movimenti anomali, la Consob ha ritenuto di procedere con alcune
 verifiche preliminari sul mercato.
 Senza conferme sono invece rimaste le indiscrezioni, rilanciate dall'agenzia Reuters, di un possibile
 interessamento alla banca senese da parte di investitori cinesi. L'agenzia stampa riportava il pensiero di
 alcuni banchieri basati a Hong Kong secondo cui il gruppo italiano potrebbe attrarre capitali orientali. Pechino,
 infatti, starebbe spingendo affinchè i gruppi finanziari locali diversifichino il proprio business al di fuori dei
 mercati emergenti, e le banche europee in difficoltà potrebbero essere le prede preferite. Per ora, tuttavia, si
 registra una sola acquisizione da parte di un gruppo cinese (Haigong Securities) che la scorsa settimana ha
 rilevato l'investment bank Banco Espirito Santo de Investimento da Novo Banco, la banca scissa da Banco
 Espirito Santo con il salvataggio lo scorso agosto, per 379 milioni di euro. Di fondi asiatici attivi su Mps in
 verità si era parlato già a novembre, quando il fondo di Hong Kong Nit Holdings aveva annunciato una
 fantomatica offerta da 10 miliardi per il gruppo italiano, di fatto però mai realizzata, tanto da aver fatto scattare
 un'indagine della Consob. Tuttavia, non è escluso che nell'ambito della ricerca dei soggetti interessati a
 partecipare all'aumento di capitale da 2,5 miliardi - che Mps dovrebbe varare nei primi mesi del 2015,
 probabilmente in aprile - qualche soggetto cinese possa essere coinvolto, sebbene per quote ritenute
 residuali. Dei prossimi passi relativi al capital plan - che dovrà essere comunque ratificato dal board dei
 governatori della Bce in gennaio - si parlerà nel corso di un Cda convocato per giovedì o venerdì a Siena.
 A ribadire il disinteresse per Mps è invece il gruppo Bnl Paribas, che diversi rumors di mercato danno invece
 come uno dei possibili acquirenti, insieme a Ubi in Italia. La conferma è arrivata dallo stesso a.d di Bnl
 Paribas, Fabio Gallia, secondo cui il gruppo intende crescere da solo senza acquisire nuove filiali.

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 Carige in movimento
 Anche sul fronte di Banca Carige come detto la giornata di Borsa è stata tutt'altro che positiva. Un segnale
 non certo entusiasmante dopo la notizia positiva di venerdì scorso, quando la Bce ha dato il primo placet al
 capital plan. A Carige è stato conteggiato uno shortfall da 814 milioni che l'istituto genovese intende
 fronteggiare con un aumento di capitale compreso tra 500 e 650 milioni, che si giova anche della vendita del
 comparto assicurativo ad Apollo Management. Proprio il fondo statunitense, inoltre, secondo rumors di
 stampa, sarebbe in contatto con Fondazione Carige (che controlla il 19% della banca) per l'eventuale
 acquisto di una quota della partecipazione dell'ente; quota che potrebbe raggiungere il 10%. Intanto, sono
 alla finestra altri possibili investitori interessati ad acquistare quote di Carige. Tra questi Andrea Bonomi, con
 la sua Investindustrial e la famiglia ligure Malacalza.
 Oggi, comunque, il cda della banca guidata da Piero Luigi Montani si riunirà. Dovrebbero essere trattati temi
 squisitamente tecnici ma è difficile pensare che il board di Carige non si soffermi anche sulle questioni
 relative al giudizio della Bce. L'istituto di vigilanza europeo, comunque, darà solo a metà gennaio un giudizio
 definitivo sui capital plan delle banche sotto verifica. I vertici di Carige, peraltro, appaiono relativamente
 tranquilli. Ritengono, infatti, che la loro proposta di un aumento di capitale fino a 650 milioni sia congrua, visto
 anche che lo shortfall di 814 milioni si è già ridotto intorno ai 700, con la cessione delle Carige Assicurazioni e
 Carige Vita Nuova ad Apollo. Un'operazione da 310 milioni il cui impatto sul patrimonio della banca ammonta
 a circa 100 milioni.
 Se Bce darà a gennaio il suo placet, ci vorranno 45 giorni per convocare l'assemblea degli azionisti e portare
 al voto la ricapitalizzazione. La delibera potrebbe arrivare, quindi, per la prima decade di marzo e l'aumento
 prenderebbe, così, avvio a maggio del 2015.
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 La lunga crisi IL GOVERNATORE DELLA BANCA D'ITALIA
 «Bce acquisti titoli se rischio deflazione»
 Visco: Bankitalia ha contestato l'approccio degli stress test ma ora avanti sui piani Mps e Carige
 Rossella Bocciarelli

 I TEST BANCARI
 Il Governatore ha ricordato le critiche messe a verbale in seno alla Bce per «l'approccio asimmetrico alle
 discrezionalità nazionali»
 Roma
 La Bce dovrà agire «tempestivamente» per comprare titoli sul secondario se l'inflazione continuerà ad essere
 così bassa. Il governatore della Banca d'Italia Ignazio Visco ha battuto a lungo sulla necessità che la politica
 monetaria europea non ponga indugi sul fronte del Quantitative easing durante un'audizione presso la
 commissione Finanze della Camera. «Non siamo in una situazione di deflazione, ma i rischi non possono più
 essere ignorati», ha dichiarato, aggiungendo che «se le nuove informazioni sull'inflazione confermeranno la
 persistenza o addirittura l'aggravarsi dei rischi per la stabilità dei prezzi nell'area dell'euro occorrerà avviare,
 con tempestività, ulteriori interventi di acquisti di titoli su larga scala, al fine di riportare le dimensioni del
 bilancio dell'Eurosistema sui livelli desiderati». Visco ha poi affermato che nei prossimi mesi la riduzione dei
 prezzi peggiorerà, con la caduta dei prezzi del petrolio: se questi prezzi sono troppo bassi nel mondo, ha
 spiegato, per alcuni paesi si può porre un problema di deflazione con debiti. A chi chiede se intenda rilasciare
 un'intervista a un giornale tedesco per chiarire il proprio punto di vista, dopo che il presidente della
 Bundesbank Jens Weidmann ha ribadito il suo no al Qe a un giornale italiano, Visco replica: «La risposta è sì.
 L'intervista di Weidmann è molto importante: lui dice che acquistare titoli sovrani è un rischio per la Bce ed
 evidenzia il fatto che parte dei rischi possano essere accollati al contribuente di un altro paese ma non dice
 che non si deve fare, mentre fino all'altro ieri era vietato». Tuttavia, aggiunge - «c'è un elemento che
 Weidmann non approfondisce: la correlazione tra il rischio macroeconomico legato al fallimento dell'euro e
 l'aumento dello spread. Abbassando i rischi macro economici complessivi, anche quel rischio sulla sua banca
 centrale si riduce. E bisogna convincerlo di questo». Il governatore ha poi affermato come sia «essenziale»
 che i fondi Tltro della Bce siano usati dalle banche per dare prestiti a famiglie e imprese. Il ricorso alle prime
 due Tltro per l'area euro è stato pari a 212 miliardi e per per le banche italiane «è stato di 57 miliardi, contro
 un potenziale massimo di circa 75. Gli intermediari hanno reso esplicita l'intenzione di destinare i
 finanziamenti a basso costo ottenuti con le Tltro al sostegno dell'erogazione di fondi a imprese e famiglie. È
 essenziale che ciò avvenga». In assenza di stimoli, infatti, la ripresa dei prestiti bancari sarà necessariamente
 graduale: «Stimiamo che quelli alle società non finanziarie riprenderanno a crescere non prima della metà del
 2015, mentre i prestiti alle famiglie potrebbero tornare ad aumentare già nei primi mesi dell'anno». Ci sono
 problemi di domanda. E c'è anche un problema di sofferenze che perdura: «È vero che negli ultimi tempi il
 flusso di nuove sofferenze è sceso, ma si è determinato uno stock che costituisce un problema». Visco ha
 dato conto anche dei risultati di Aqr e dello stress test. Quest'ultimo «è stato esercizio severo ma utile» ha
 detto il banchiere centrale, che ha rivelato che Bankitalia ha contestato formalmente sia nel consiglio di
 vigilanza che nel consiglio direttivo della Bce «l'approccio asimmetrico alle discrezionalità nazionali» adottato
 in occasione dello stress test, che ha fatto sì che le aziende di credito italiane risentissero fortemente della
 parziale rimozione del filtro prudenziale sulle variazioni di valore dei titoli sovrani mentre non è stata effettuata
 nessuna armonizzazione di altre discrezionalità, come la possibilità di graduare la deduzione degli
 avviamenti. Visco ha spiegato anche che Bankitalia «seguirà l'attuazione dei piani di rafforzamento di Mps e
 Carige e «opererà per un'efficace e tempestiva adozione delle misure previste». Il governatore ha quindi
 ricordato che dagli stress test è emerso che le esigenze dei due istituti ammontano a 2,9 miliardi (lo 0,2% del
 Pil). Le difficoltà di queste due banche «derivano in ampia misura da episodi di mala gestio che la Banca
 d'Italia ha contribuito a far emergere, in stretto accordo con l'autorità giudiziaria». Nella crisi di Mps «la Banca

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 d'Italia ha fatto il massimo ma non è stato facile» anche perché alcune norme previste in Europa come ad
 esempio il potere di removal sui vertici, da noi non sono ancora state approvate».
 © RIPRODUZIONE RISERVATA LA PAROLA CHIAVE Quantitative easing Con il termine inglese
 quantitative easing (letteralmente "alleggerimento quantitativo" o "facilitazione quantitativa") si intende quella
 politica monetaria non convenzionale con cui una banca centrale mira a rilanciare l'economia. Con il Qe la
 banca centrale acquista sul mercato titoli di vario tipo (generalmente titoli di Stato, ma non solo) stampando
 moneta. Questa politica da un lato ha l'effetto di tenere bassi i tassi d'interesse, dall'altro lato inietta sul
 mercato una grande massa di liquidità a basso costo. 0 -1 -2 -3 -4 -5 -6 9 10 11 12 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10
 Settore privato Famiglie Società non finanziarie 2013 2014 L'andamento dei prestiti Variazione percentuale
 sui 12 mesi

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 Alimentare. L'ente certificatore Aqsiq ha dato il via libera alle esportazioni verso il Paese asiatico di cinque
 aziende di salumi
 La Cina apre ai prosciutti italiani
 Ammesse le produzioni suine sottoposte a cottura e quelle stagionate 313 giorni
 Rita Fatiguso

 LO SCENARIO
 Benefici diretti per Parma
 e San Daniele, mortadella
 cotto e porchetta
 La prossima sfida sull'ok
 alle carni fresche di maiale
 PECHINO
 Regalo di Natale dei cinesi al made in Italy alimentare. Cinque prosciuttifici sono stati finalmente autorizzati
 ad esportare i loro prodotti in Cina, la lista è stata varata a ridosso del weekend e appena pubblicata sul sito
 dell'ente certificatore Aqsiq
 (http://jckspaqj.aqsiq.gov.cn/xz/spxz/201303/P0201412105895
 40708026.doc).
  Brianza Salumi, Salumi Visetti, Leoncini, Agricola Tre Valli e Felsineo sono i marchi apripista di altre realtà
 italiane che, se lo chiederanno, potranno ricevere gli ispettori cinesi nei loro stabilimenti e, in caso positivo,
 ottenere l'autorizzazione all'export. Cade così, almeno in parte, una barriera che finora aveva impedito ai
 nostri prodotti di qualità di arrivare sulla tavola dei cinesi, la ricerca sugli scaffali dei grandi magazzini cinesi
 anche aperti ai prodotti importati poteva rivelarsi un'attività altamente frustrante.
 Una fetta di cotto o un etto di mortadella? Un miraggio, un sogno proibito. E non certo perché ai cinesi non
 piacciano questi prodotti, anzi. Il loro gusto si sta sempre più orientando ad apprezzare i prodotti occidentali,
 inclusi i salumi di produzione italiana. La trattativa con Aqsiq relativa ai bandi sulla carne è stata ed è ancora
 estenuante. Per la carne bovina la documentazione tecnica è stata presentata, ma la rimozione del bando
 richiede uno stretto coordinamento con il ministero dell'agricoltura cinese.
 Per la carne suina invece il percorso è stato a tappe, si è puntato ad allargare la tipologia di prodotti da
 immettere sul mercato cinese (prosciutto maturato a 313 giorni e carne suina trattata termicamente). Adesso
 questa prima apertura del mercato cinese vale per un pugno di stabilimenti autorizzati all' esportazione di
 prodotti a base di carne suina trattata termicamente (prosciutto, mortadella, porchetta) e stagionata a 313
 giorni (è il caso di prosciutto crudo di Parma e San Daniele).
 Il prossimo grande obiettivo è quello di aprire alle carni suine fresche, per farlo l'idea e' di utilizzare il concetto
 di macroregione, ad esempio quella del Nord Italia, già accettata da altri Paesi. Il meccanismo renderebbe più
 facile la certificazione per l'intera area omogenea di produzione. I cinesi hanno chiesto una particolare
 certificazione rilasciata da un ente veterinario sovranazionale, a riprova della loro attitudine a utilizzare le
 analisi come una sorta di filtro all'ingresso di certi prodotti. Alcune malattie sarebbero ancora presenti in certe
 aree dell'Italai e la Cina vuole essere assolutamente sicura che la carne importata sia di qualità ineccepibile.
 Ma si cerca anche di aumentare il numero dei macelli italiani autorizzati a lavorare con i prosciuttifici che
 esportano gia' in Cina, per far inserire un consistente numero di stabilimenti per la lavorazione della carne
 suina nelle liste degli stabilimenti autorizzati all' esportazione. Arrivare a una totale apertura in tempi brevi non
 sarà facile, le autorità italiane presenti e attive qui a Pechino hanno sfoderato finora tutte le armi possibili per
 convincere i cinesi ad aprire le frontiere e a rendere meno asfissianti i controlli. Cercando anche di districarsi
 tra i troppi enti, spesso in concorrenza tra di loro, che devono rilasciare le autorizzazioni alimentari e per la
 sicurezza dei prodotti. Fatto sta che alla prima edizione di World of Food organizzata dalla Fiera di Colonia
 con le autorità cinesi della Camera di commercio qualche settimana fa al padiglione italiano a degustare i

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 salumi made in Italy c'era la fila più lunga. Il mercato adesso potrà davvero iniziare a soddisfare la domanda
 di prodotti importati dall'Italia.
 © RIPRODUZIONE RISERVATA Fonte: ASSICA 2013 2014 Hong Kong 2013 2014 Brasile 2013 2014
 Canada 2013 2014 Fed. Russa 2013 2014 Libano 2013 2014 Giappone 2013 2014 Svizzera 2013 2014 Usa
 0 400 800 1.200 1.600 2013 2014 2013 2014 2013 2014 2013 2014 2013 2014 2013 2014 2013 2014 2013
 2014 0 2.000 4.000 6.000 8.000 EXPORT SALUMI VERSO I PRINCIPALI PAESI UE EXPORT SALUMI
 EXTRA UE Dati I trimestre 2014 in tonnellate Dati I trimestre 2014 in tonnellate 6.448 Totale 27.200 Totale Le
 esportazioni di salumi

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 Se il made in Italy è ostaggio delle scartoffie

 L'ANALISI
 Q
 ualcuno ci spieghi, per favore, come mai i preziosi giacimenti alimentari del made in Italy possano essere
 messi sotto assedio da potenziali compratori cinesi senza riuscire, al tempo stesso, a varcare la soglia
 doganale della Grande Muraglia.
 Appetibili per la grande distribuzione locale ma con i container bloccati da procedure sfibranti. Corteggiati e
 abbandonati al proprio destino crudele.
 In questa apparente schizofrenia è racchiusa la grandezza, ma anche l'infinita debolezza, del sistema Italia
 che non riesce a difendere mai abbastanza il proprio valore.
 Per un olio extravergine Filippo Berio che passa di mano dopo mesi di sfibranti negoziati e finisce diritto nel
 portafoglio del gigante dell'alimentare Bright Food c'è il prosciutto cotto che riesce, a stento, a superare la
 barriera delle carte bollate, ci sono le mozzarelle ferme nei container oltre ogni logica di sana conservazione
 e persino la farina, l'ultima in ordine di tempo, respinta brutalmente al mittente.
 L'Italia è fatta così, senza vie di mezzo. Quanto vale un comma in fatto di potenzialità commerciali? Per il
 made in Italy il valore è inestimabile. Ma in un mondo fatto di realtà medio-piccole che, da sole, non
 riuscirebbero a cavarsela c'è un sistema frazionato che non vuole fare massa critica, lasciando così cadere
 l'unica opportunità che ha di tener testa a un gigante del cibo quale è la Cina affamata di prodotti di qualità.
 Invece di questi tempi, al netto delle sirene degli acquirenti stranieri che adocchiano nuove prede, senza
 l'export alimentare di qualità l'Italia difficilmente riuscirebbe a sopravvivere.
 © RIPRODUZIONE RISERVATA Rita
 Fatiguso

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 Aeroporti. La Sea: +12,4% nei primi 11 mesi del 2014
 Malpensa respira: più passeggeri intercontinentali
 Marco Morino

 IL TAVOLO IN REGIONE
 Lupi: «Scalo strategico
 per il Nord-Ovest, avrà tutto l'appoggio del governo»
 Da valutare i contraccolpi del decreto Linate
 MILANO
 C'è un dato, illustrato ieri dal presidente della Sea Pietro Modiano, nell'ambito del tavolo sugli aeroporti
 milanesi ospitato dalla Regione Lombardia e coordinato dal ministro Maurizio Lupi, che accende una
 fiammella di speranza per Malpensa. È il ritorno dei passeggeri di qualità, cioè i passeggeri dei voli
 intercontinentali: +12,4% nei primi 11 mesi del 2014 e la stima di un'ulteriore crescita del 5-6% nel 2015, per
 un totale di +20% in due anni. Modiano dice di aver avuto «per la prima volta la sensazione che Malpensa
 non sia isolata. È un aeroporto - riconosce - che ha subito una serie di vicissitudini». Ma per crescere
 Malpensa ha bisogno di ulteriori sostegni, a partire dai collegamenti. Al momento bisogna fare i conti con i
 contraccolpi del decreto Linate, che autorizza nuovi voli dal city airoport milanese verso le città europee non
 capitali. I numeri saranno studiati «scientificamente» quando saranno «un po' più solidi», osserva Modiano:
 «Vedremo a regime cosa succede - aggiunge il presidente della Sea, la società che gestisce Linate e
 Malpensa - ma è chiaro che quello che ci preoccupa è la linea di passeggeri portati da Malpensa a Linate.
 Cercheremo di contrastare il calo di voli a Malpensa, ma ci aspettiamo qualche mese di segno negativo».
 Il ministro Lupi rassicura istituzioni e operatori. «Malpensa - afferma il ministro - è un aeroporto strategico per
 il Nord-Ovest. Bisogna lavorare affinché sia un grande aeroporto intercontinentale. Il governo ha dato tutta la
 sua disponibilità». La prossima riunione del tavolo Linate/Malpensa si terrà il 19 gennaio e poi ad aprile si farà
 il punto sugli effetti del decreto. Lupi ricorda che dal primo gennaio 2015 partirà l'accordo Alitalia-Etihad e dal
 primo maggio scatterà l'Expo. «Sono due attività importanti per Malpensa» sottolinea Lupi. A proposito di
 collegamenti con Malpensa, spunta l'ipotesi di fare della stazione di Milano Porta Garibaldi, con un treno oggi
 15 minuti, l'hub del trasporto ferroviario verso lo scalo nella brughiera. Ma la Regione vuole vederci chiaro.
 «C'è la proposta - spiega il governatore lombardo, Roberto Maroni - di spostare alcuni collegamenti ferroviari
 per Malpensa che oggi sono nella stazione di Cadorna anche nella stazione di Garibaldi, il che
 comporterebbe modifiche ad alcuni assetti per quanto riguarda i treni per i pendolari. Per questo abbiamo
 detto che, pur apprezzando questi progetti, non vogliamo che si penalizzi la rete ferroviaria e, in particolare, i
 pendolari che utilizzano quei treni che oggi vanno a Cadorna e verrebbero deviati a Garibaldi. Per questo -
 aggiunge Maroni - abbiamo deciso di approfondire la questione da un punto di vista tecnico e il 19 gennaio,
 quando il tavolo tornerà a riunirsi, avremo tutte le valutazioni e capiremo se si può fare o meno».
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