ANIEM Rassegna Stampa del 05/12/2017

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Rassegna Stampa del 05/12/2017
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SCENARIO EDILIZIA
   05/12/2017 Il Sole 24 Ore                                                            5
   Tutte le startup candidate a futuri «game changer»

   05/12/2017 MF - Nazionale                                                            7
   Su Cascina Merlata 300 milioni

   05/12/2017 MF - Nazionale                                                            8
   Corsa a tre per i terreni delle Generali a Milano

   05/12/2017 ItaliaOggi                                                                9
   Edilizia, più soldi per le superiori nel 2018-20

   05/12/2017 Il Giornale - Nazionale                                                   10
   Il boom delle abitazioni demolite a colpi di tasse

   05/12/2017 QN - Il Resto del Carlino - Ferrara                                       12
   «Edilizia, la crisi peggiora anche perché qui lavorano imprese da altri territori»

SCENARIO ECONOMIA
   05/12/2017 Corriere della Sera - Nazionale                                           14
   L'Italia in ritardo? Non è stata colpa della crisi

   05/12/2017 Corriere della Sera - Nazionale                                           16
   Apple pagherà le tasse a Dublino: 13 miliardi di euro

   05/12/2017 Il Sole 24 Ore                                                            18
   A Prysmian il concorrente americano General Cable, operazione da 3 miliardi

   05/12/2017 Il Sole 24 Ore                                                            20
   Eurogruppo, Centeno presidente
05/12/2017 Il Sole 24 Ore                                                            22
  «Il default? Non esiste, abbiamo sempre pagato»

  05/12/2017 Il Sole 24 Ore                                                            24
  Cosa dirà la Trumponomics all'Europa

  05/12/2017 Il Sole 24 Ore                                                            26
  Cimbri (Unipol): «Un patto per il nuovo welfare»

  05/12/2017 La Stampa - Nazionale                                                     28
  Come rendere la spesa pubblica più trasparente

  05/12/2017 La Stampa - Nazionale                                                     30
  Marino: "Basta audizioni su Etruria Non è necessario sentire Ghizzoni"

SCENARIO PMI
  05/12/2017 Corriere della Sera - Nazionale                                           33
  Mercati e made in Italy, i 500 campioni della Brianza Bonomi: vince chi fa squadra

  05/12/2017 Il Sole 24 Ore                                                            34
  Robot e automazione, così la fabbrica diventa digi-lab in tempo reale

  05/12/2017 Il Sole 24 Ore                                                            36
  Monza e la spinta delle 800 imprese

  05/12/2017 Il Sole 24 Ore                                                            37
  Per il noleggio un 2017 da incorniciare

  05/12/2017 La Stampa - Torino                                                        40
  Politecnico e Gruppo Cr Asti convenzione a favore delle Pmi

  05/12/2017 MF - Nazionale                                                            41
  Belt and Road Initiative, alleanza tra media europei

  05/12/2017 Libero - Milano                                                           42
  Imprese da record ed esportazioni La Brianza traina la Lombardia
SCENARIO EDILIZIA

6 articoli
05/12/2017                                                                                           diffusione:97980
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 Startup con il Sole L'OSSERVATORIO NÒVA E FINANZA&MERCATI
 Tutte le startup candidate a futuri «game changer»
 Dal neurotech all'Ia chip: l'Europa vale 19 miliardi
 Luca Tremolada

 P«Molte delle innovazioni che hanno cambiato il nostro quotidiano all'inizio sembravano follie». L'inventore
 del primo internet browser Marc Andreessen lo ripete spesso, soprattutto oggi che di mestiere finanzia
 attraverso il suo fondo le startup più innovative del mondo. Fu lui a coniare la categoria "game changer"
 ovvero quelle aziende capaci di cambiare le regole del gioco di un'industria, di un settore, capaci insomma
 di creare una nuova economia. Come è stato iPhone per il mercato delle app, o Tesla per l'automotive. Cb
 Insight, uno degli osservatori più attenti al mercato delle startup innovative, ha appena pubblicato Game
 Changing Startups 2018, con una lista di trenta "giocatori" che promettono di diventare famose. I settori da
 cui provengono hanno confini ancora non definiti. Neurotechnology, Regenerative Medicine, Synthetic
 Animal Products, Synthetic Agriculture, AI Chips, Massive Simulations, Intelligent Public Safety,
 Autonomous Construction, Rocket Launchers ed Extreme Logistics. Dentro queste "scatole" ci sono nuove
 promesse innescate dalle più avanzate innovazioni ma anche la convergenza di tecnologie mature pronte a
 generare prodotti e servizi per il mercato. C'è anche un po' di marketing e qualche attesa di business fuori
 tempo massimo di scoperte datate. Come nel caso della medicina rigenerativa che ormai da alcuni anni
 vorrebbe passare alla produzione industriale attraverso le stampanti 3D di organi e tessuti biologici. O
 quell'insieme di tecnologie per monitorare le onde celebrali che potrebbero essere utilizzate per intervenire
 su alcune patologie neurologiche. Per capirci meglio: i dispositivi per leggere a basso prezzo alcune attività
 del cervello ci sono manca però ancora una validazione scientifica per le terapie. Neuropace, per esempio,
 ha realizzato un impianto chiamato Rns che rileva i pattern celebrali che anticipano i fenomeni epilettici. In
 dieci anni hanno raccolto la bellezza di 164 milioni di dollari. Ma resta ancora una promessa milionaria. Va
 detto che queste aziende sono "geneticamente" diverse dalle altre. Guardano a business che si poggiano
 su pochi numeri certi, su mercati che ancora non esistono e offrono soluzioni che spesso precorrono i
 tempi. Come nel caso di Menphis Meat. Sono tra i primi a sperimentare la carne sintetica attraverso la
 coltura di cellule staminali. L'adozione di questa tecnologia su larga scala avrebbe un impatto straordinario
 anche sulle emissioni di CO2, oltre a rappresentare una alternativa ai costosissimi produttori di carne
 animale. La produzione di cibo è in qualche modo al centro anche delle nuove tecniche di agricolutura
 sintentica. Indigo Agriculture sta sviluppando soluzioni di microoorganismi in grado di potenziare e
 proteggere le coltivazioni. Le ricadute si possono misurare dagli investimenti raccolti in soli tre anni: 319
 milioni di dollari. Potrebbero valere oro anche le startup che lavorano sui chip legati all'intelligenza
 artificiale. Se è vero che quella dell'Ia è la frontiera che l'anno scorso ha generato più entusiamo e raccolto
 più capitali da parte dei venture capital, i piccoli che studiano il machine learning e l'hardware delle reti
 neurali dovranno scontrarsi con la ricerca e sviluppo dei colossi dell'elettronica di consumo che non
 intendono dare spazio a nuovi giocatori. Su questa frontiera dell'automazione dei processi si aprono nuove
 praterie come quella dell'edilizia e delle costruzioni (macchine che compiono operazioni (ripetitive) in
 autonomia). Un esempio? Built Robotics utilizza alcune tecnologie della guida assistita per lavorare in
 cantiere. Viste dall'alto queste innovazioni sono evoluzioni dell'intelligenza artificiale, della medicina
 personalizzata e della corsa allo Spazio low cost e quindi di business che in parte abbiamo conosciuto
 quest'anno. Misurarli non è semplice. Sappiamo che il venture capital quest'anno ha investito nelle startup
 40 miliardi di dollari nel terzo trimestre. Oltre 100 miliardi da inizio anno. Sappiamo che l'Europa cresce più
 degli Stati Uniti e le startup euroopee quest'anno hanno raccolto la cifra record di 19 miliardi di euro. E che
 nel 2017 la protagonista è stata l'intelligenza artificiale, non solo a livello mediatico. Quello che non
 sappiamo o che i numeri non riescono a descrivere sono le vere innovazioni del 2018. Le innovazioni vere,
SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 05/12/2017                                                                     5
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 quelle che creano i mercati, non sono ma previste dai numeri. startup@ilsole24ore.com Fonte: CB Insights
 La dimensione della palla descrive la valutazione della startup al momento dell'exit. Le linee blu sono le Ipo.
 Le linee rosse sono le acquisizioni. In miliardi di dollari SET 2013 SET 2012 2014 2015 2016 2017 2011
 MAR 2009 ALIBABA GROUP DELIVERY HERO FACEBOOK JD.COM SMIC WEBVAN CERENT
 GOOGLE NEXON GENENTECH ZYNGA GROUPON TWITTER QUDIAN.COM MEITU STEMCENTRX
 ACERTAPHARMA ZALANDO ROCKETINTERNET CAR SNAPCHAT WHATSAPP 1999 2000 2004 0 1 2 3
 4 LENDING CLUB MOBILEYE KYNG D. E. Le exit degli ultimi 20 anni

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 IN ARRIVO DA B. IMI E UNICREDIT IL FINANZIAMENTO PER IL FALCON MALLS IN ZONA EXPO
 Su Cascina Merlata 300 milioni
 L'investimento del gruppo Fawaz per il centro commerciale è superiore a 1,2 mld. La riqualificazione
 dell'area da parte di Euromilano è uno dei principali progetti di sviluppo del prossimo anno a Milano
 Andrea Montanari

 Prende forma il progetto per la realizzazione del Falcon Malls nell'area di Cascina Merlata.A sostenere
 l'operazione che porterà alla realizzazione di un centro commerciale di 65 mila metri quadrati sono le due
 principali banche italiane, Unicredit e Banca Imi. In questi giorni, infatti, secondo quanto appreso in
 ambienti finanziari da MF-Milano Finanza, le istituzioni finanziarie daranno il via libera al finanziamento da
 300 milioni a favore del gruppo Fawaz Alhokair, uno dei principali operatori su scala internazionale nel
 settore degli shopping mall (ne possiede 20 di proprietà per una superficie totale di 1,5 milioni di mq). Il
 sostegno delle banche rientra nel più ampio impianto dell'operazione di sviluppo commerciale che ha un
 controvalore complessivo superiore a 1,2 miliardi e che sarà realizzato nei prossimi anni parallelamente al
 completamento del progetto urbanistico di Cascina Merlata portato avanti da Euromilano, la società
 partecipata al 43,43% da Intesa affiancata tra gli altri partner da UnipolSai (14,86%) e dalla quotata
 Brioschi (17,14%). Nello specifico il cantiere del Falcon Malls che sorgerà nell'area adiacente i terreni di
 Arexpo prevede la realizzazione di due strutture che complessivamente ospiteranno 192 esercizi
 commerciali (35 dei quali saranno ristoranti e bar). Un progetto che nei piani dello sviluppatore Fawaz
 Alhokair (l'attività di commercializzazione del mall è stata affidata a Jones Lang Lasalle), a regime,
 dovrebbe portare a Cascina Merlata 10 milioni di visitatori su base annua (il progetto Fico di Bologna,
 giusto per avere un metro di paragone, ne prevede 6 milioni all'anno). Tra l'altro proprio oggi Euromilano,
 promotore dell'intervento complessivo di riqualificazione dell'area di Cascina Merlata presenta la nascita
 dell'accordo quadro con tutti i partner dell'operazione di sviluppo residenziale, commerciale e terziaria per
 definire una governance (ruoli, responsabilità e budget) tra tutti gli stakeholder del nascente nuovo
 quartiere alle porte di Milano sul modello dei business improvement district statunitensi. Lo stesso gruppo
 Fawaz Alhokair avvierà i lavori per il Falcon Malls all'interno del percorso di riqualificazione dell'area ex
 Falck tra Milano e Sesto San Giovanni col progetto MilanoSesto. In questo caso il cantiere riguarda un
 centro commerciale da più di 131 mila metri quadrati in grado di ospitare 365 punti vendita nei quali sono
 attesi qualcosa come 13 milioni di visitatori su base annua. (riproduzione riservata)
 Foto: Il rendering dei Falcon Malls

SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 05/12/2017                                                                    7
05/12/2017                                                                                              diffusione:98970
Pag. 13                                                                                                  tiratura:162805

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 Corsa a tre per i terreni delle Generali a Milano
 Andrea Montanari

 Il mercato immobiliare di Milano, come certificato anche dall'inchiesta di Milano Finanza in edicola, è in
 forte ripresa. Uno degli ultimi deal in fase di definizione riguarda un'area di proprietà delle Generali in zona
 via Cenisio. La compagnia assicurativa ha avviato da qualche mese l'asta competitiva per l'acquisto del
 terreno e ora si è arrivati alle battute finali del contest. In particolare, secondo indiscrezioni di mercato, sono
 rimasti in corsi tre fondi specializzati: Cerberus (particolarmente attivo in Italia anche sul fronte dell'acquisto
 dei non performing loan), Oaktree e Alpine Funds. La sfida è arrivata alle battute finali ed è plausibile che la
 sfida si concluda entro fine anno. L'interesse dei soggetti esteri è legato in particolare alle potenzialità di
 sviluppo del cantiere in una zona semi-centrale della città, che vedrà la realizzazione di 200 appartamenti.
 Complessivamente l'intero progetto di riqualificazione urbanistica ha un valore di 100 milioni tra acquisto
 del terreno e sviluppo immobiliare. Questo deal in fase di definizione si inserisce in un contesto di mercato
 che vede coinvolti soggetti italiani ed esteri pronti a realizzare nuovi insediamenti residenziali in zone
 centrali del capoluogo lombardo. La francese Nexity (fatturato di oltre 3 miliardi) ha definito il cantiere Porta
 Volta nelle adiacenze del cimitero Monumentale. Varde, che ha rilevato anche la catena di hotel Boscolo,
 sta lavorando assieme a Beni Stabili Siiq al cantiere di via Montello, anch'esso in zona Porta Volta: un
 progetto da 36 milioni. Inoltre, sempre Cerberus ha avviato i lavori per un altro progetto immobiliare in via
 Carducci. Infine, l'italiana AbitareIn, quotata all'Aim, sta portando avanti il cantiere di riqualificazione di un
 insediamento nel quartiere Maggiolina. (riproduzione riservata)

SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 05/12/2017                                                                         8
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 IN ARRIVO INTERVENTI PER 1,3 MILIARDI DI EURO. INTESA MIUR-BEI-CASSA DEPOSITI E
 PRESTITI.
 Edilizia, più soldi per le superiori nel 2018-20
 EMANUELA MICUCCI

 Più soldi alle province per la manutenzione e messa in sicurezza delle scuole superiori. Obbligo di inserire
 o aggiornare gli interventi di edilizia scolastica nell'Anagrafe nazionale dedicata. Lo stabilisce lo schema di
 decreto con i criteri per la nuova programmazione nazionale triennale 2018-2020 per l'edilizia scolastica,
 approvato recentemente in Conferenza Unificata. Una programmazione triennale già finanziata con un
 impegno della Stato di 1,7 miliardi di euro stanziato dalla legge di Bilancio 2016, che al netto degli interessi
 del mutuo potrà finanziare opere per 1,3 miliardi come stabilito dal protocollo firmato tra Presidenza del
 Consiglio dei ministri, Miur, Bei e Cassa depositi e prestiti (Cdp) il 22 novembre, in occasione della Giornata
 nazionale per la sicurezza nelle scuole. La Bei stanzierà le risorse, che la Cdp utilizzerà per la concessione
 di finanziamenti alle regioni destinati alla realizzazione degli interventi attivati dagli enti locali secondo la
 graduatoria di priorità predisposta dalle regioni. «Sono stati concordati anche meccanismi per favorire
 l'assegnazione delle risorse con tempi sempre più celeri da parte del ministero», spiega il sottosegretario
 all'istruzione Vito de Filippo. Entro 120 giorni dalla pubblicazione del decreto in Gazzetta Ufficiale saranno
 trasmessi ai Miur i Piani regionali. Gli enti locali, quindi, devono tenersi pronti: i bandi regionali saranno
 pubblicati nei prossimi mesi. Mentre entro 60 giorni dalla trasmissione delle regioni, il Miur predisporrà la
 Programmazione nazionale 2018-2020. In base ai nuovi criteri, dunque, nel prossimo piano triennale per
 l'edilizia scolastica le risorse agli enti locali saranno assegnate non più sulla base del numero di scuole, ma
 su quello della popolazione scolastica. Così come richiesto sia dall'Anci sia dall'Upi. Con il vecchio criterio,
 infatti, le province erano penalizzate, perché hanno un minor numero di edifi ci (5.100), ma molti alunni, 2,5
 milioni pari al 30% del totale di tutte le scuole. Tanto che, spiega il presidente dell'Upi Achille Vatiati, negli
 ultimi tre anni alle scuole superiori è andato «non più del 14%» di tutti i fondi destinati alla messa in
 sicurezza delle scuole. Le regioni, invece, ribadiscono la proposta di poter chiedere un cofi nanziamento
 agli enti locali se si verifi chino le condizioni. La nuova programmazione triennale, inoltre, prevede che le
 regioni identifi chino gli enti benefi ciari degli interventi tenendo presente, tra l'altro, di livello di
 progettazione, completamento dei lavori già avviati, valutazione sostenibile del progetto e altri criteri defi niti
 a livello regionale. Questi ultimi dovranno dare priorità agli interventi di adeguamento sismico o di nuova
 costruzione per sostituzione degli edifi ci esistenti; agli interventi per ottenere il certifi cato di agibilità delle
 strutture; a quelli per l'adeguamento alla normativa antincendio previa verifi ca statica e dinamica dell'edifi
 cio; agli ampliamenti o alle nuove costruzioni.

SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 05/12/2017                                                                            9
05/12/2017                                                                                              diffusione:60402
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 IL PESO DEL FISCO L'INCHIESTA
 Il boom delle abitazioni demolite a colpi di tasse
 LE STORIE A Belluno il proprietario di tre negozi alla fine li ha regalati al Comune Dal 2012 più 70% di
 villini e capannoni accatastati come ruderi per sfuggire al carico fiscale insostenibile CONFEDILIZIA
 Spaziani Testa: sugli affitti commerciali il prelievo reale arrivato al 70%
 Antonio Signorini

 Roma Èarrivata persino una guida del Sole24ore : Come disfarsi degli immobili che creano problemi e
 risultano invendibili. Negozi, appartamenti, case di campagna si possono cedere ad eventuali altri
 proprietari (ad esempio agli eredi) oppure si possono regalare allo Stato, è il suggerimento del quotidiano
 economico. L'alternativa, ampiamente praticata, è ridurre il fabbricato a rudere e inquadrarlo nella categoria
 catastale F2. Che è diventata ambitissima: non ci si pagano tasse. Perché il problema è sempre quello,
 dopo la stangata fiscale iniziata nel 2012, gli immobili sono diventati un investimento a rischio. Se va bene
 hanno rendimenti netti bassissimi. Se va male, cioè se sono sfitti e non sono commerciabili, si trasformano
 un incubo, un peso insostenibile. Costano tanto perché il fisco non fa sconti. Sono rischiosi perché le case
 abbandonate espongono a imprevisti, come gli eventuali danni provocati da un pezzo di intonaco che cade.
 Fatto sta che la cura fiscale dei governi post 2011, quella che doveva tassare di più la rendita per alleviare
 la produzione, ha avuto come unico effetto quello di fare aumentare il numero di ruderi presenti nel territorio
 nazionale. Nel 2016 sono cresciuti del 3,4 per cento rispetto al 2015. Se il confronto è con il 2011, gli
 immobili rottamati sono aumentati del 70%. Sfiorano ormai il mezzo milione di unità, rispetto ai 280 mila
 pre-Monti. Ci sono storie incredibili: il proprietario di un capannone a Frosinone, che lo ha letteralmente
 smantellato e reso inutilizzabile per risparmiare qualcosa. Miracoli del fisco. Un altro prodigio a Belluno,
 dove il proprietario di tre negozi in centro ha deciso di regalarli al comune. Nessun privato li voleva e
 persino l'amministrazione cittadina ha tentennato. Gli affitti commerciali sono in crisi nera. Il prelievo fiscale
 reale, denuncia da tempo il presidente di Confedilizia Giorgio Spaziani Testa, supera il 70%, mettendo
 insieme Imu, Tasi e addizionali varie. I proprietari sono costretti a imporre prezzi proibitivi per gli esercenti e
 rimangono sfitti. Le saracinesche chiuse si moltiplicano, negozi sfitti anche nelle città del ricco Nord est. La
 soluzione individuata dalle istituzioni, in questo caso locali, non è un taglio alle imposte, magari uno sconto
 sull'occupazione di suolo pubblico, ma una multa salatissima per chi non cura la vetrina del locale sfitto. È
 recente il caso di Treviso, dove la giunta comunale ha deliberato una sanzione per proprietari di locali
 commerciali sfitti con le vetrine in stato di abbandono: 200 euro, che si aggiungono alle altre imposte.
 Perché il fisco sul mattone non si ferma quando l'immobile è sfitto. Come spesso succede in Italia, tasse
 che nascono con l'intento di redistribuire ricchezza finiscono per colpire chi ha meno. Tra le vittime
 dell'accanimento sulla seconda casa, vanno contati anche gli emigranti. Chi, cioè si è spostato dal paese
 alla città, dal Sud al Nord, mantenendo la casa di famiglia. È il caso di Giuseppe Franco, ex agente di
 polizia che dalla provincia di Salerno si è spostato a Cesena. «Ho ancora una casa nel Cilento, che non
 riesco nemmeno a svendere. Pago 700 euro di affitto a Cesena e un'Imu doppia». Un caso diffuso.
 Immobili invendibili in piccoli centri del Sud che si stanno spopolando, impossibili da vendere, vengono
 tassate come se fossero un lusso. Difficile chiedere a Giuseppe Franco o agli altri finiti nella trappola delle
 riforme fiscali sul mattone, di demolire la casa di famiglia. Lui ha deciso di tempestare i parlamentari di
 proteste contro la tassa contro gli emigranti. Fino ad oggi nessuno ha respinto. Per il partito delle tasse,
 anche gli emigranti sono rentier da colpire. 1.100% L'aumento del gettito delle tasse sulle seconde dal 2011
 a oggi: da 1 miliardo a 11 miliardi 500.000 Gli immobili rottamati a causa della cura fiscale dei governi post
 2011. Nell'era pre-Monti era 280mila
 La guida «Collabente» Uno dei sistemi più praticati per non pagare più l'Imu è farlo accatastare come
 «collabente» (categoria F2), cioè non utilizzabile. Dev'essere il contribuente a chiederlo all'Agenzia del
 territorio Allacci Si può far dichiarare non utilizzabile anche una porzione di immobile, se si può considerare
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 indipendente. Condizione di fondo è che non abbia più nessun allaccio delle utenze di luce acqua e gas
 Tetto L'abitazione collabente non deve avere il tetto. Nella domanda vanno inclusi i dati catastali, la
 descrizione dello stato dei luoghi, la relazione tecnica, le planimetrie e (consigliato) fotografie
 Comproprietari Una possibilità tipica, spesso in caso di eredità, è rinunciare, con un atto dal notaio, alla
 propria quota di una proprietà. In questo caso le quote degli altri comproprietari si espandono un
 automatico Rinuncia Si può rinunciare alla proprietà a favore di altri comproprietari, ma anche a favore dello
 Stato. Con la rinuncia «liberatoria» (art. 1104 del codice civile), decadono l'onere di pagare anche spese
 passate Spese In caso di immobili collabenti alcuni comuni chiedono comunque gli oneri sull'area
 edificabile. In caso di rinuncia si deve pagare l'imposta sulle donazioni. Se è verso lo Stato, l'aliquota è l'8%

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Pag. 6 Ed. Ferrara                                                                                       tiratura:132442

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  «Edilizia, la crisi peggiora anche perché qui lavorano imprese da altri
  territori»
  "La Cassa edile: «In 10 anni persi 1.330 lavoratori»

  CHE il settore edile fosse in crisi, non è una novità, ma almeno in tema di appalti pubblici serve maggiore
  comprensione, partendo da una legge chiara. Se dal 2008 a oggi il settore delle costruzioni a livello
  nazionale ha perso il 45% in termini di imprese, lavoratori e fatturato, ancora più sentita è la questione nel
  Ferrarese, anche se in proporzione il dato è migliore, con una perdita contenuta al 28% nello stesso arco
  temporale (complici soprattutto i soldi derivati dai lavori post sisma). LE imprese locali continuano infatti a
  non andare bene. «Anzi vanno peggio rispetto alla media nazionale - aggiunge il presidente della Cassa
  Edile, Fabrizio Rubini - perché da noi, più che altrove, vengono sempre più a lavorare imprese da altri
  territori». Una pericolosa controtendenza, sottolinea Rubini, rispetto al passato, «quando invece eravamo
  esportatrice di imprenditorialità». Una perdita generalizzata. Denunciano poi i rappresentanti di Cassa
  Edile: «Nel nostro territorio il 39% sono lavoratori locali - aggiunge Fabrizio Rubini - ciò vuol dire che se
  nella media nazionale sono 6 su dieci i lavoratori in campo edile che lavorano nel proprio territorio, nel caso
  ferrarese la situazione è perfettamente ribaltata». La stessa Cassa dà il polso della situazione. «Se nel
  2007 da noi erano iscritte 848 aziende ferraresi e rappresentavano il 73% di quelle presenti, nel 2016 sono
  state 457, pari al 54% - commenta Massimo Sarti, direttore di Cassa Edile -. Lo stesso vale per
  l'occupazione: i lavoratori ferraresi sono passati egli ultimi 10 anni da 2847 a 1517». Su Ferrara stringe
  inoltre la morsa delle irregolarità, con una morosità, soprattutto da parte dei subappaltatori negli appalti
  pubblici. «Quest'anno - aggiunge il vicepresidente Carlo Rivetti - sono aumentate dal 2% al 5,6% le
  morosità nel versamento alla Cassa», segno di una difficoltà crescente su più fronti. E la legge? «Non
  aiuta» denuncia Fabrizio Rubini. «Quella sugli appalti pubblici è una legge ambiziosa che è nata per
  sovvertire le precedenti, ma di fatto è imperfetta, scritta in fretta. È gravemente nociva per le imprese
  oneste, mentre aiuta di gran lunga quelle che oneste non sono». Se non si può cambiare, utile è almeno
  conoscerla. Per questo Cassa Edile propone domani, a 18 mesi dall'entrata in vigore del nuovo codice, il
  convegno sugli Appalti lavori pubblici alla Camera di Commercio (dalle 9 alle 12.30, sala Conferenze, largo
  Castello 6) aperto al settore e alla cittadinanza. Più specifici (e solo per imprese, studi ed enti del settore)
  saranno invece i due laboratori formativi (per Rup e professionisti, per imprese) nel mese di gennaio (per
  informazioni: info@cassaedileferrara.it). Anja Rossi
  Foto: MASSIMO SARTI
  Foto: Se nel 2007 erano iscritte 848 aziende ferraresi e rappresentavano il 73% delle presenti, nel 2016
  sono state 457, pari al 54%

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SCENARIO ECONOMIA

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 L'analisi
 L'Italia in ritardo? Non è stata colpa della crisi
 Federico Fubini

 G iorni fa la Banca centrale europea ha pubblicato un lavoro che toglie la maschera a molte delle versioni
 che noi italiani raccontiamo a noi stessi a proposito della crisi. Da quello studio emerge come non siano
 state la Grande recessione o la tempesta sui titoli di Stato a determinare il ritardo del Paese sul resto
 d'Europa
 È stata, ancora di più, la quiete che è venuta prima. Dall'inizio dell'euro nel 1999 fino al momento di rottura
 sui mutui subprime, nel 2007, l'Italia è il Paese che perde più terreno nell'Unione Europea. In quegli otto
 anni il reddito per abitante scivola del 12% rispetto alle medie, un arretramento senza eguali. L'ulteriore
 ritardo accumulato in seguito, durante il decennio di crisi, è in confronto paradossalmente minore (meno
 11%) e meno pronunciato di quello che subiscono la Grecia, Cipro e la Spagna.
 Naturalmente questo studio non riflette la posizione ufficiale della Bce, solo quella dei suoi autori (Juan Luis
 Diaz del Hoyo, Ettore Dorrucci, Frigyes Ferdinand Heinz e Sona Muzikarova). Ma sul significato non
 possono esserci dubbi: l'Italia entra nella Grande recessione come un organismo indebolito entra in una
 bufera d'inverno. È per questo che dall'inizio dell'euro ha perso l'enormità di un quarto del reddito pro-capite
 - un record - rispetto alle medie europee. Non a caso fra le economie dell'Europa del Sud, in proporzione
 alla loro taglia, l'Italia è quella che registra meno afflussi di capitali prima della crisi e - tolta la Grecia -
 anche dopo. Non siamo stati colpiti da un complotto franco-tedesco o di chissà di chi altri. Semmai, da un
 nostro complotto ai nostri propri danni.
 Tutto questo conta non solo per l'analisi finanziaria di ciò che è accaduto, ma per quella culturale di ciò che
 ci sta accadendo. Come italiani e come europei. Le versioni che diffondiamo su noi stessi o quelle che gli
 altri raccontano su di noi creano le percezioni e gettano le basi di ciò che si deciderà. Nel suo recente libro
 «The Paradox of Risk» (edizioni Piie), Ángel Ubide di Goldman Sachs parla del «potere delle narrazioni» a
 cui le persone assegnano «proprietà causali»: si convincono che certi eventi accadano per colpa dei fatti
 ripetuti all'infinito.
 Il problema dell'Italia, ancora prima del debito, sono proprio le storie che vengono propalate sul ruolo del
 Paese in Europa. Oggi sono fuorvianti sia molte delle narrazioni di noi italiani che quelle degli altri, gli
 osservatori dalla Germania in primo luogo; lo sono perché in entrambi i casi riflettono un'agenda politica o
 un'impostazione di comodo.
 In Italia quasi tutti i partiti e buona parte della società si stanno affezionando a un racconto vittimistico della
 grande crisi: l'Italia è il danno collaterale di chiusure e errori maturati a Berlino, Bruxelles o Francoforte;
 oppure è il bersaglio di un'intesa franco-tedesca che mira a indebolire e conquistare il Paese. Un caso
 emblematico di questa visione è un libro in uscita di Roberto Napoletano. Le tesi di Napoletano, ex direttore
 del Sole 24 Ore (peraltro coinvolto nelle inchieste molto serie della Procura sulla gestione del gruppo),
 meritano attenzione perché si basano su testimonianze di molti protagonisti di questi anni. Ma non può
 essere colpa di Parigi o Berlino, Francoforte o Bruxelles, se l'Italia nei dodici anni fino al 2013 fa di gran
 lunga l'uso peggiore in Europa del capitale investito (ne parla lo studio della Bce). Il flusso dei soldi si
 incanala secondo spartizioni, amicizie e clientele; non in base al talento e alla qualità dei progetti d'impresa.
 Un Paese così diventa inevitabilmente terra di conquista dall'estero: finisce per volerlo diventare, pur di
 trovare azionisti decisi a costruire imprese davvero grandi e efficienti.
 Fuorviante è però anche la versione opposta, quella costruita in Germania, secondo cui il primo problema
 dell'Italia sono il debito e il deficit pubblico. Questa storia riflette l'ossessione tedesca di dover un giorno
 pagare per noi e si trova alla base della proposta di Berlino che, di fatto, l'Italia tagli il debito con un default

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 (possibilmente) pilotato. Neanche questa narrazione sta in piedi: prima di pagare gli interessi sul debito,
 l'Italia presenta i surplus di bilancio migliori degli ultimi sei anni fra i Paesi dell'euro e i secondi migliori dal
 Duemila o nell'ultimo quarto di secolo (dopo il Belgio). Il debito è salito in proporzione alla taglia
 dell'economia semplicemente perché l'economia è andata malissimo. Il rigore di bilancio o un default
 «ordinato» non cambieranno questa realtà.
 È incredibile che l'Italia non sia mai riuscita a spiegarsi e dire in modo convincente che questa lettura
 tedesca è sbagliata. L'Italia non ha mai ricordato a un tavolo europeo che il debito pubblico nascosto fuori
 dai bilanci (quello delle controllate dello Stato) in Germania è al 110% del Pil, il più alto d'Europa, mentre in
 Italia al 47%. Non ha mai risposto che le garanzie pubbliche in Germania coprono il 15% dell'economia, fra
 le più alte d'Europa, mentre in Italia il 2%. Soprattutto, l'Italia non ha mai chiesto che il sistema di governo
 dell'area euro guadagni sovranità a Bruxelles e si rafforzi molto là dove il nostro Paese più ne ha bisogno:
 in una spinta dell'area euro verso una modernizzazione delle strutture di fondo delle economie nazionali.
 Non in un rigore di bilancio ancora maggiore.
 Noi italiani preferiamo consolarci con un racconto complottardo e vittimista del nostro destino in Europa,
 senza molto altro da dire. Forse è per questo che generiamo negli altri la reazione normale in questi casi:
 cambiare canale.
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 accordo fiscale
 Apple pagherà le tasse a Dublino: 13 miliardi di euro
 Massimo Sideri

 Dopo quasi un anno e mezzo, Apple e l'Irlanda raggiungono un accordo e soddisfano la richiesta della
 Commissione europea. L'azienda di Tim Cook pagherà a Dublino i 13 miliardi di tasse inevase. I soldi
 verranno versati in un conto di garanzia in attesa della Corte di giustizia Ue.
  a pagina 6
  MILANO Poche parole, ma del peso di 13 miliardi, che per l'Irlanda rappresentano il 10 per cento del
 valore dell'intero export: «Abbiamo raggiunto un accordo con Apple in relazione ai principi e all'operatività
 del fondo escrow » ha detto ieri il ministro delle Finanze Paschal Donohoe, conquistando i riflettori prima di
 entrare in un incontro con il commissario europeo alla Concorrenza, Margrethe Vestager.
 «Ci aspettiamo che il denaro cominci a essere trasferito da Apple nel conto nel corso del primo trimestre
 del prossimo anno», ha concluso. Un conto, appunto, da 13 miliardi, quanto evaso dalla Apple secondo la
 Vestager nel corso degli anni del cosiddetto «double irish», il doppio irlandese, non un cocktail ma un
 sofisticato sistema di ingegneria fiscale per non pagare, nella sostanza, nemmeno il 12,5% dovuto a
 Dublino.
 Per la commissaria europea che ha fatto della lotta agli «Over the tax» la cifra del proprio mandato è una
 vittoria che ha forse un unico precedente: la battaglia vinta dall'allora commissario, sempre alla
 Concorrenza, Mario Monti contro la Microsoft (per abuso di posizione dominante delle «finestrelle»
 Windows con una multa di 497 milioni). Sia l'Irlanda che la Apple non avevano nascosto i propri malumori
 facendo ricorso contro la decisione di Bruxelles. La stessa società guidata da Tim Cook ha reagito con
 diplomazia cerchiobottista: «Abbiamo un team per lavorare in modo diligente e veloce con l'Irlanda sul
 processo richiesto dalla Commissione Ue. Restiamo fiduciosi che la Corte ribalterà la decisione della
 Commissione». Dunque: paghiamo, ma siamo innocenti.
 D'altra parte per quanto la cifra possa sembrare alta in realtà è facile immaginare che per Apple non sia
 questione di vile denaro: 13 miliardi è quanto la società guadagna solo con la vendita dei servizi online, tipo
 iTunes, e dei Mac. In un singolo trimestre. Poi ci sono gli iPhone e tutto il resto.
 Ma la reputazione e il fatto che sistemi fiscali simili siano stati usati anche fuori dall'Europa spingono la
 società a difendere a oltranza la tesi innocentista. Anche l'Irlanda era finita sotto infrazione per non essersi
 prontamente attivata per recuperare i 13 miliardi e ora la Ue ha fatto sapere che si comporterà con Dublino
 come con il figliol prodigo: ricevuti i 13 miliardi verranno chiusi tutti i dossier in sospeso. Ma il vero tema è
 come potrà reagire l'economia irlandese in futuro visto che il piccolo Stato europeo era riuscito, proprio
 grazie a questi accordi molto favorevoli, a diventare un sistema il cui Pil viene per il 70% dai servizi, con
 stipendi medi superiori ai 70 mila euro all'anno.
  Massimo Sideri
  © RIPRODUZIONE RISERVATA
  Le tasse degli Over the top Corriere della Sera Usa Non Usa TASSE SUGLI UTILI Google anno 2011
 anno 2012 anno 2013 49,9% 40,8% 26,4% 3,2% 5,3% 8,6% Apple anno 2011 anno 2012 anno 2013
 75,3% 70,2% 61,0% 2,5% 1,9% 3,7% Amazon anno 2011 anno 2012 anno 2013 39,5% 46,0% 1,6% 11,2%
 N/D N/D Facebook anno 2011 anno 2012 anno 2013 37,8% 40,1% 37,2% N/D N/D N/D TASSE SULLE
 VENDITE 13,3% 9,2% 5,7% 1,2% 1,6% 2,2% 20,0% 23,2% 19,1% 0,9% 0,7% 1,0% 1,0% 1,2% 0,0% 0,1%
 0,1% 0,5% 33,2% 16,5% 32,9% 0,5% 0,6% 1,5% Totale 21,0% 19,4% 15,7% 24,2% 25,2% 26,2% 31,2%
 78,7% 31,8% 41,0% 89,3% 45,5% 6,8% 5,2% 3,8% 7,7% 9,0% 7,7% 0,6% 0,7% 0,2% 18,7% 8,7% 15,9%
 Fonte: report della Commissione di esperti sulla tassazione dell'Economia digitale della Commissione
 europea

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 05/12/2017                                                                       16
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 La parola
 Double irish
 Il doppio irlandese è un sofisticato sistema di ingegneria fiscale che sfruttando le diverse norme di Irlanda e
 Stati Uniti ha permesso alle multinazionali di non pagare a Dublino, nella sostanza, nemmeno il 12,5% di
 tasse
 I casi con l'Ue L'intesa sulle tasse
 Cupertino-Dublino Il caso Apple risale all'agosto 2016 quando la commissaria alla Concorrenza Margrethe
 Vestager dichiarò illegale l'accordo fiscale tra Apple e Dublino, imponendo a Cupertino il pagamento di 13
 miliardi di euro. La somma sarà versata se la Corte europea confermerà la decisione dell'Ue 1 A Google
 una multa da 2,42 miliardi Anche il colosso di Mountain View è entrato nel mirino dell'antitrust Ue. La maxi-
 sanzione da 2,42 miliardi di euro è arrivata a settembre di quest'anno dopo 7 anni di indagine sull'attività di
 Big G. Condannata per avere approfittato della sua posizione dominante con l'obiettivo di favorire il proprio
 servizio di Google Shopping 2 Amazon: sanzione da 250 milioni Non è una cifra ultra-stellare come quella
 imposta ad Apple poco più di un anno fa (13 miliardi di euro) ma anche per Amazon è arrivata a ottobre una
 sanzione consistente: 250 milioni di euro per ripagare l'Unione Europea di tasse non versate per un periodo
 della durata di dieci anni 3 Web tax, in Italia
 al 6% dei ricavi In attesa di una normativa comune dell'Ue sulla tassazione dei giganti del web, l'Italia
 provvede in modo autonomo. La manovra finanziaria prevede l'adozione di un'imposta del 6% sui ricavi
 «per la cessione di servizi pienamente dematerializzati da parte di soggetti non residenti a residenti in
 Italia» 4

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 Cavi.
 A Prysmian il concorrente americano General Cable, operazione da 3
 miliardi
 Monica D'Ascenzo

 pagina 31 Prysmian segna un altro punto nella partita per il consolidamento dell'industria dei cavi a livello
 globale. E questa volta il colpo è negli Stati Uniti: il gruppo, guidato dal ceo Valerio Battista, ha annunciato
 l'acquisizione del 100% di General Cable Corporation. Il primo player internazionale acquista il quarto
 dell'industria per dar vita a un gruppo da 11,1 miliardi di euro di fatturatoe 930 milioni circa di margine
 operativo lordo (Ebitda), secondoi risultati ai dodici mesi chiusi al 30 settembre 2017. La Borsa, però, non
 ha premiato il deal e ha penalizzato il gruppo italiano con una flessione del 4,07%a 27,34 euro per azione,
 mentre General Cable, a Wall Street, ha segnato un balzo di oltre il 35%. A pesare sull'andamento delle
 azioni Prysmian sarebbe il prezzo pagato: 30 dollari ad azione in cash, che valorizza la società nel
 complesso tre miliardi di dollari, inclusa la posizione finanziaria netta e altre passività della società. Di fatto
 un premio dell'81% rispetto al prezzo di General Cable il 14 luglio 2017, ultimo giorno di negoziazione
 prima dell'annuncio da parte della società dell'avvio di un processo di valorizzazione. Analistie broker, però,
 osservano come le potenziali sinergie stimate siano significantie più alte di quanto il mercato si aspettasse.
 A seguito della combinazione, ha sottolineato il management di Prysmian ieri, il nuovo gruppo sarà in grado
 di generare circa 150 milioni di euro di sinergie di costo, a regime e al lordo degli effetti fiscali, entro cinque
 anni. A incide- re positivamente sarà il miglioramento della strategia di approvvigionamento,
 l'efficientamento dei costi generali e l'ottimizzazione della struttura produttiva. Allo stesso tempoi costi
 straordinari di integrazione sono stimati a 220 milioni. E sul mercato c'è fiducia sul processo di integrazione
 delle due realtà, «considerato il track record di Prysmian in fatto di M&A, come dimostra l'acquisizione di
 Draka» nel 2011, sottolinea Morgan Stanley. Le stime di Prysmian, assistita nell'operazione da Mediobanca
 e Goldman Sachs, indicano che per gli azionisti della società, poi, la transazione possa tradursi in un
 incremento per il 10-12% dell'utile per azione già entro il primo anno (escludendo sinergiee relativi costi di
 implementazione).A riguardo Credit Suisse osserva che «con le sinergie il nuovo gruppo potrà generare un
 utile per azione di 2,64 euro nel 2020» (1,09 euro nel 2016, ndr), che moltiplicato per 14 volte (il multiplo
 medio degli ultimi 5 anni di Prysmian) equivale a un valore di 37 euro fra 3 anni. Il deal non dovrebbe avere
 intoppi regolatori, secondo il management di Prysmian, grazie alla complemen- tarietà geografica dei due
 gruppi: «La quota di mercato» di General Cable «sul mercato europeo è molto limitata e non vediamo alcun
 rischio potenziale» ha spiegato Battista rispondendo agli analisti in conference call, aggiungendo poi: «Il
 Nord America rappresenta il 59% delle vendite di General Cable mentre solo il 15% di quelle di Prysmian».
 Il gruppo combinato, che mette insieme Prysmian (prima al mondo nel settore dei cavi per fatturato)e
 General Cable (quarta), sarà presente in più di 50 Paesi con circa 31mila dipendenti. Dopo l'integrazione, il
 gruppo italiano vedrà scendere dal 67% al 54% il peso dell'Emea sul suo fatturato complessivo e salire dal
 15% al 28% quello del Nord America e dal 6 al 9% quello dell'America Latina, grazie alla maggiore
 esposizione di General Cable su questi mercati. La crescita di Prysmian potrebbe non fermarsi, comunque:
 con questa operazione il gruppo stima di ottenere una «forte generazione di cash flow che consentirà alla
 società di avere una struttura di capitale flessibile per continuare a cercare future opportunità di crescita per
 linee esterne». Il gruppo sta, inoltre, considerando un aumento di capitale finoa 500 milioni da lanciare in
 seguito all'acquisizione di General Cable, che permetterà al gruppo di mantenere una flessibilità finanziaria
 e valutare «opportunità aggiuntive di crescita esterna» ha sottolineato il cfo di Prysmian, Francesco
 Facchini. La storia sembra, quindi, non fermarsi qui.
 EMEA

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 I numeri di Prysmian
 6,0
 3,1
 0,9
 1,0
 6
 5 LA GEOGRAFIA DEL NUOVO GRUPPO Dati in miliardi di euro Prysmian CRESCITA PER
 ACQUISIZIONI Fatturato in miliardi di euro e ebit adjusted in %
 12 4 2005 Luglio 2005 Nascita di Prysmian (ex Pirelli cavi) 8 General Cable Prysmian & GC Ebit Adjusted
 % 3,7 5,0 4,6 7,6 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 III 2017 0 Fonte:
 Prysmian 7 Maggio 2007 Quotazione 9 5,1 2008 9 5,1 NORD AMERICA Marzo 2010 Prysmian è una
 Public Company 9 Fatturato 3,7 LATAM 7 2011 6 Febbraio 2011 Acquisizione di Draka 7,7 7 7 7,0 2014
 2016 Acquisizione di GCDT Oman Cables Shen Huan Cable 5 6,8 6 7,4 7 APAC 2017 2017 Acquisizione di
 General Cable 7,6 11,1
 Foto: (nella foto, una fase della lavorazione dei cavi)

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 NOMINE A BRUXELLES
 Eurogruppo, Centeno presidente
 Beda Romano

 Il ministro delle finanze del Portogallo Mario Centeno, (nella foto) che fa parte del governo socialista
 guidato da Antonio Costa, è stato eletto ieri presidente dell'Eurogruppo. Il mandato durerà due anni e
 mezzo e potrà essere rinnovato. pagina 8 BRUXELLES. Dal nostro corrispondente Il ministro delle Finanze
 portoghese Mario Centeno è stato eletto ieri qui a Bruxelles nuovo presidente dell'Eurogruppo, il consiglio
 dei ministri finanziari della zona euro. L'economista prende il posto dell'olandese Jeroen Dijsselbloem, il cui
 mandato scade il 13 gennaio. Poco noto al grande pubblico, ex banchiere centrale, Centeno sarà chiamato
 a gestire l'Eurogruppo in un momento particolare, mentre i Paesi membri vogliono rafforzare l'integrazione
 dell'unione monetaria. Sono stati necessari due turni per l'elezione del nuovo presidente. Al primo turno il
 ministro Centeno non è riuscito ad ottenere i 10 voti su 19 richiesti dalle norme europee. Candidati alla
 successione di Disselbloem erano oltre a Centeno, anche il socialista slovacco Peter Kazimir, il liberale
 lussemburghese Pierre Gramegna e la conservatrice lettone Dana Reizniece-Ozola. Il nuovo presidente
 dell'Eurogruppo rimarrà in carica per due anni e mezzo. Mario Centeno, 50 anni, è ministro delle Finanze
 del suo Paese dal 2015. Ha contribuito in questi anni a raddrizzare le sorti del Portogallo, che è stato
 costretto a ricevere l'aiuto finaniziario dei suoi partner. In precedenza l'uomo è stato un economista della
 banca centrale portoghese. Il prossimo presidente dell'Eurogruppo ha detto di voler «promuovere la
 crescita inclusiva e la prosperità» per «mettere effettivamente fine a un periodo che è stato molto duro per
 l'Europa». «Il nuovo presidente è molto diverso dal suo predecessore», spiega un alto responsabile
 europeo. «Mentre Jeroen Dijsselbloem è stato per 15 anni un membro del Parlamento olandese, ed è un
 fine politico, il ministro Centeno è un ex banchiere centrale ed economista, formato a Harvard. È
 certamente più professorale, a differenza del suo predecessore che in questi anni ha cercato il
 compromesso anche facendo molti sforzi per avere rapporti personali con tutti». L'arrivo alla guida
 dell'Eurogruppo dell'esponente di un governo di centro-sinistra e del Sud Europa influenzerà l'elezione di un
 nuovo presidente del comitato tecnico che prepara le riunioni dello stesso Eurogruppo. L'attuale presidente
 del gruppo di lavoro che raccoglie i direttori dei tesori nazionali della zona euro è un austriaco, Thomas
 Wieser, il cui mandato scade a fine gennaio. È presumibile che il Nord vorrà imporre un proprio
 rappresentante: in ballo un finlandese e un olandese. «Mario Centeno sarà il presidente di tutti i ministri
 delle fi- nanze della zona euro», ha detto il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan. Parlando ieri mattina,
 prima quindi dell'elezione di Centeno, il commissario agli Affari monetari Pierre Moscovici ha spiegato che
 dal suo punto di vista il nuovo presidente dovrebbe avere tre priorità: utilizzare la ripresa per rafforzare la
 zona euro; concludere il programma di aggiustamento della Grecia; migliorare l'assetto democratico
 dell'Eurogruppo. Proprio domani, la Commissione europea dovrebbe presentare a Bruxelles proposte per
 rafforzare la zona euro. In particolare, l'esecutivo comunitario proporrà di creare una linea di bilancio della
 zona euro, da includere nel bilancio comunitario; di trasformare il Meccanismo europeo di Stabilità in un
 Fondo monetario europeo; di trasporre il Patto di Bilancio (il cosiddetto fiscal compact) nella legislazione
 secondaria dell'Unione europea. A questo proposito, l'attuale presidente dell'Eurogruppo Dijsselbloem ieri
 sera ha spiegato in una conferenza stampa che a seguito della presentazione di domani i governi
 dovrebbero in un vertice in giugno approvare un piano d'azione che confermi tra le altre cose il
 completamento dell'unione bancaria. In questo senso, l'uomo politico si è detto favorevole a una tabella di
 marcia dettagliata che renda operative la riduzione e la condivisione dei rischi bancari nei singoli Paesi.
 UN TECNICO SOCIALISTA
 Chi è Mario Centeno, il professore prestato alla politica Mario Centeno, il nuovo presidente
 dell'Eurogruppo, finoa due anni fa era un economista teorico, uno studioso indipendentee stimato che non

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 aveva avuto alcuna espe- rienza politica. Poi, nel 2015, la svolta: scrive il programma socialistae dopo le
 elezioni diventa ministro delle Finanze in un governo di coalizione che dice basta all'austeritye rilancia
 l'economia portoghese. Cinquant'anni, carattere mite ma deciso. Sul sito del Sole24Ore il suo profilo
 completo. www.ilsole24ore.com
 Foto: AP Presidente. Mario Centeno, portoghese, succederà a Jeroen Dijsselbloem

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 Manuel Quevedo Ministro del Petrolio venezuelano INTERVISTA
 «Il default? Non esiste, abbiamo sempre pagato»
 Secondo il generale anche a capo di Pdvsa c'è un complotto per bloccare i rimborsi
 Sissi Bellomo

 VIENNA. Dal nostro inviato Il default del Venezuela? Non esiste per Manuel Quevedo, il nuovo uomo forte
 del petrolio, appena insediato alla guida del ministero del Petrolioe della compagnia statale Pdvsa:
 «Abbiamo sempre pagato e continueremo a farlo», assicura il generale, avvicinato dal Sole 24 Ore alla
 prima uscita internazionale, a pochi giorni dalla nomina da parte del presidente Nicolas Maduro. Fino
 all'ultimo minuto non era chiaro se Quevedo avrebbe partecipato al vertice Opec di venerdì scorso a
 Vienna. E quando è arrivato al quartier generale dell'Organizzazione, direttamente dall'aeroporto, è stata
 una sorpresa: niente divisa militare, ma un elegante completo blu di taglio sartoriale, camicia celeste e
 cravatta rosso-arancio. Quevedo non si è risparmiato i prevedibili slogan politici, denunciando
 «manipolazioni»e «cospirazioni» (ovviamente con regia statunitense) all'origine della gravissima crisi del
 Venezuela. Ma le sue accuse appaiono comunque circostanziatee confermano le informazioni raccolte dal
 Sole 24 Ore presso fonti di Euroclear, la camera di compensazione europea, secondo cui Caracas avrebbe
 in effetti pagato tutte le cedole (comprese quelle per cuiè andata in default), ma i fondi non sarebbero stati
 trasferiti agli obbligazionisti perché «invischiati in un meccanismo finanziario farraginoso». «Ogni volta che
 c'e stata una scadenza abbiamo reso subito disponibile il denaro- assicura Quevedo -. Ma tutte le volte che
 si avvicina la data, allora comincia la cospirazione per far si che i pagamenti siano ritardati, comincia tutto
 un maneggio per far vedere che noi non stiamo pagando puntualmente». «Noi abbiamo disponibilità di
 risorse, flussi di cassa sufficienti e produzione per pagare», insiste il generale, riferendosi alla compagnia
 Pdvsa, che- pur tra mille difficoltà-è ancora operativa. «Quando avviamo il trasferimento del denaro però la
 banca, per ordine degli Stati Uniti, inizia una operazione di blocco. Dicono che non l'hanno ricevuto,
 informanoi creditori che il Venezuela andrà in default e così inizia un'ondata di rumor sulla nostra patria».
 Quevedo accusa anche le agenzie di rating internazionali, come Standard& Poors'e Fitch, che dopo il
 mancato pagamento di circa 400 milioni di dollari hanno dichiarato il «default selettivo» sul debito sovrano e
 su quello di Pdvsa. «Il rischioè manipolato per ragioni politichee non valuta la salute finanziaria di Pdvsa-
 protesta il generale -. Pdvsa funziona, ha di che pagare e lo facciamo, non abbiamo mai saltato una volta,
 ma se il rischio è manipolato, è chiaro che subiamo una diminuzione del rating». Quevedo non nega i
 problemi di Pdvsa, la cui produzione di greggioa causa della crisiè crollata ai minimi da trent'anni sotto 2
 milioni di barili al giorno. «Abbiamo la capacità di produrre anche un milione di barili al giorno in più -
 assicura- maa patto che la nostra industria sia moderna ed efficiente. È per questo che abbiamo deciso di
 ristrutturare Pdvsa: per renderla efficiente». Proprio durante il vertice Opec è arrivata la notizia dell'arresto
 dei due funzionari che un tempo rico- privano gli incarichi assegnati a Quevedo: Eulogio Del Pino, che era
 ministro del Petrolio,e Nelson Martinez, che guidava Pdvsa. Entrambi avevano goduto di grande fiducia,
 prima da parte di Hugo Càvez, morto nel 2013, poi da parte di Maduro. Ma anche loro sono finiti in
 disgrazia, coinvolti nell'inchiesta anti-corruzione che ha già portato in carcere almeno altri 60 dirigenti della
 compagnia petrolifera: secondo gli oppositori del regime, si tratta di una purga politica, che tra l'altro
 avrebbe colpito anche un altro potentissimo ex ministro del Petrolio, Rafael Ramirez, che fonti Reuters
 sostengono sia stato rimosso dall'incarico di ambasciatore Onu. «C'era un piano orchestrato», spiega
 Quevedo, intervistato prima che fosse reso noto l'arresto di Del Pino e Martinez. «Volevano che si ripetesse
 quello che era già successo in Venezuela nel 200203, un golpe contro il presidente Chavez. Stavolta c'era
 un piano per far declinare la produzione, ma sono stati scoperti». Del Pinoè accusato di malversazioni
 relativea Petrozamora, jointventure tra Pdvsae Gazprombank, che secondo gli inquirenti avrebbero causato
 la perdita di 15 milioni di barili di greggioe danni patrimoniali per mezzo miliardo di dollari. Anche l'Eniè

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