2017: un anno vissuto tra notizie reali e fake news

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2017: un anno vissuto tra notizie reali e fake news
2017: un anno vissuto tra notizie reali e
fake news
Quali sono state le fake news che più sono state lette, divise e condivise nel 2017 appena
passato. Noi della redazione abbiamo deciso di fare un riepilogo, passando dalle false storie sulla
salute alle previsioni apocalittiche, passando per gli animali fantastici e i fotomontaggi per ragionare
assieme e fare una carrellata in attesa di quelle del 2018.

I media e in particolare i social media sono ormai pieni di bufale e notizie false che possono essere
distorte o semplicemente inventate. Davvero si tratta di numeri enormi, ma in questo articolo
vogliamo portare qualche esempio di quelli più originali e significativi.

Partiamo dai regimi alimentari alternativi come la dieta senza muco o l’igienismo: nel parlare di
cibo si può trovare ogni idiozia da chi invita a digiunare quando si è ammalati fino all’eliminazione di
cibi cotti, lavorati o di origine animale. Molti invitano a mangiare solo frutta e verdura crude, sulla
base di falsi dati scientifici. Altre leggende metropolitane sul cibo sono le spinaci ricche di ferro –
vedi Braccio di Ferro – o il complotto dello zucchero di canna ma anche la dieta dei grani antichi e le
bibite senza zucchero che fanno perdere peso.

Non perdono importanza le notizie su presunte apocalissi in arrivo teorizzate da David Meade sulla
base di studi avanzati dei testi biblici: dalla previsione dello schianto tra Nibiru e la Terra previsto il
23 settembre 2017 e rivelatosi falso e rimandato di mese in mese. Quello che resta? Una foto sfocata
di Nobiru, anch’essa ovviamente falsa.

Arriviamo poi ai fotomontaggi e ai video montaggi che mostrano oggetti più svariati dal mantello
dell’invisibilità ai vulcani che eruttano fumo rosa, dalla danza funeraria dei tacchini alla neve
metallica creata con le scie chimiche. Non c’è anche in questo caso bisogno di ulteriori commenti.
Non mancano neanche animali leggendari dalla taglia enorme come il mostro marino indonesiano
che in realtà era un cetaceo fino agli avvistamenti di Bigfoot, per alcuni dato per morto nel 2017.

Ci sono poi una serie di bufale infinite nel campo della salute e della scienza, di cui la
dimostrazione della vita ultraterrena è stata la più condivisa nel 2017 ma anche i complotti su scie
chimiche e il fatto che la terra sia piatta sono state fake news apprezzate nell’anno passato. Non
dimentichiamo gli alberi che si incendiano da soli e la teoria dell’acqua magica ma anche il fatto che
a causare i terremoti sarebbero esplosioni dall’altra parte della Terra.

Infine ad ogni grande evento corrisponde un corredo di bufale sui media e sui social dalle hotel
Rigopiano al concerto di Vasco Rossi a Modena e tra le vittime delle fake news troviamo anche
Stephen Hawking, Laura Boldrini e molti altri.

Cosa ci riserverà il 2018 appena cominciato? Staremo a vedere, intanto concludiamo con l’invito a
stare ben attenti a cosa si condivide sui social perché la possibilità di evitare la diffusione delle fake
news dipende anche e soprattutto da noi.
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I miti del sesso
Esistono falsi in ogni ambito della nostra cultura, da quello scientifico a quello politico. Tuttavia, in
poche occasioni si parla di falsi appartenenti alla sfera sessuale. Questi falsi – o meglio, falsi miti –
possono avere un ruolo anche nello svilupparsi di vere e proprie nevrosi. Ne parlo con il dottor
Giuseppe Santonocito, psicoterapeuta.

De Vincentiis. Sembra che la sessualità sia carica di miti e superstizioni molto radicate. Vi sono
convinzioni profonde, davvero difficili da scardinare e l’aspetto più interessante, o paradossale se
vogliamo, è che anche se questi creano sofferenza la gente vi si attacca senza porsi nemmeno dubbi
sulla questione. E poco importa se tali errate convinzioni creano disagio. Si va alla ricerca di
soluzioni che esistono solo nell’immaginazione del cercatore.

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antonocito, psicologo e psicoterapeuta

Santonocito. Sì, è così. La sessualità una delle aree che più rende sensibili le persone, come livello
di aspettativa e come preoccupazione dell’immagine che agli altri diamo di noi. La sessualità, come
le relazioni importanti, è un’occasione per esprimere e far venire a galla i punti critici di ognuno di
noi, se ce ne sono.

De Vincentiis. Sotto certi aspetti, la sessualità è espressione di aspetti importanti della personalità.
Spesso nella nostra attività clinica osserviamo come l’ansia stia alla base di defaillance in ambito
sessuale il che, per molte persone, risulta intollerabile. Ovvio, non esiste una sequenza lineare
unidirezionale che va dai disturbi sessuali all’ansia o viceversa, ma una dinamica circolare che
rimbalza dagli uni all’altra, autoalimentandosi. E che può alla fine sfociare in depressione e rinuncia,
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per sfinimento e mancanza di soluzioni.
Tornando ai miti e alle superstizioni legate alla sessualità, spesso sono proprio queste ultime ad
alimentare ansia e depressione, per il semplice fatto che l’essere umano, convinto della loro
esistenza, si affanna nel trovare conferme senza ottenere risultati (perché sono miti).
È così cresce il senso di frustrazione per non essere capace di prestazioni immaginarie. Sono solito
dire che in ambito sessuale la nevrosi è rispecchiata dalla ricerca, puntualmente frustrata, di
aspettative irrealistiche e cose che non esistono.

Santonocito. Sì, esatto. Qualcuno ha detto che felicità significa basse aspettative. Umorismo a
parte, c’è del vero in questa affermazione, perché uno dei modi più ricorrenti in cui le persone si
procurano sofferenza è costruendosi da soli le trappole in cui poi cadere. E il più delle volte la
trappola consiste appunto in aspettative fuori dall’ordinario.
Per l’individuo mediamente ansioso è importantissimo ricevere conferme (cioè avere ragione), anche
quando quello in cui si crede va contro il proprio interesse. Purtroppo, però, quello in cui crediamo
molte volte non è realistico.

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. Infatti e la sessualità è quella dimensione in cui si creano le aspettative più alte, o meglio, si
pretendono prestazioni più elevate. Questa pretesa tuttavia va, il più delle volte, oltre i limiti della
fisiologia. Ed ecco che ci sono uomini che si affannano nella ricerca di un pene sempre pronto ad
ogni occasione, o donne a caccia di diversi tipi di orgasmo solo perché lo hanno letto su internet, ne
hanno sentito parlare in tv, hanno la classica amica che ne conferma l’esistenza con la sua
esperienza o solo perché “si è sempre saputo”, senza alcuna evidenza scientifica.

Santonocito. L’evoluzione attribuisce valore supremo alla sessualità, per ovvie ragioni. Solo che
l’essere umano, a differenza degli altri animali, si fa prendere la mano, estremizza e confonde il
valore della sessualità con il proprio valore come individuo in relazione alla sessualità. Cade cioè
preda della fallacia: “Se non riesco a esprimere una sessualità strepitosa, vuol dire che valgo poco”.
Ciò non riguarda ovviamente le persone per le quali una vita sessuale assente, scarsa od
obiettivamente poco soddisfacente causi disagio. Ma in entrambi i casi esistono cure efficaci, sia
mediche che psicologiche.

De Vincentiis. Nell’essere umano però la sessualità condiziona anche le relazioni. E non solo la
propria sessualità, anche quella degli altri. Alludo alle scelte sessuali altrui e quando queste
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differiscono dalle nostre ci disturbano al punto tale da creare pregiudizi, da considerarle malate o,
addirittura, a negarne l’esistenza.

Ci sono posizioni ideologiche che negano la bisessualità considerandola una sorta di difesa grazie
alla quale è possibile non prendere una posizione netta per evitare giudizi altrui. C’è chi considera
l’omosessualità come una condizione in contrasto con l’evoluzione senza rendersi conto che, forse,
studi etologici hanno evidenziato che un ruolo evolutivo potrebbe esserci eccome. Ma il suo ruolo
naturale è difficile da far passare. Al contrario la nostra cultura, o meglio, l’immaginario erotico,
trasforma un’alterazione fisiologica in qualcosa non solo di naturale ma anche di desiderabile. Parlo
del cosiddetto squirting.

Santonocito. Certo, la definizione di cosa è normale è cosa è patologico si presta sempre a
interpretazioni. Specie in campo comportamentale. È pur vero che la forza della risonanza di cui
sono capaci i moderni media a volte fa sembrare come se le scelte (e gli obblighi) di ognuno debbano
essere imposte agli altri, quasi di prepotenza, ma la diversità in campo relazionale e sessuale è
sempre esistita. In fondo l’essere umano non è cambiato molto nel corso dei secoli. E una parte
importante dell’essere umani consiste in una certa dose di manicheismo, di visione in bianco e nero
del mondo, della difficoltà ad apprezzare le gradazioni intermedie. Ciò si deve al fatto che la
categorizzazione è una scorciatoia, un’euristica che le persone usano per semplificarsi la
comprensione del funzionamento delle cose. Per questo per un etero può essere difficile capire
l’omosessualità e per l’omosessuale può esserlo capire la bisessualità. Così come qualcuno può aver
difficoltà a rendersi conto che la vita sessuale della donna è più complessa e sfaccettata di quella
dell’uomo, e che non ha molto senso cercare di ridurre la seconda alla prima. Inventandosi magari
che, siccome l’uomo ha un’eiaculazione che funziona in un certo modo, anche nella donna debba
aver luogo un identico fenomeno. Come nel mito dello squirting.
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De Vincentiis.
Parlando           di
sessualità, sembra
che per alcuni la
scienza non debba
entrarci,
considerando
quest’ultima come
se non fosse in
grado              di
comprendere
determinati
meccanismi
dell’essere umano.
Alcuni paragonano
la      sessualità
all’amore (come se
questo fosse più
materia di poeti e
scrittori che degli
uomini di scienza) e
quindi          non
sondabile
metodicamente.
Alcuni invocano
l’individualità
dell’essere umano
mettendo paletti alla
comprensione
fisiologica delle
proprie reazioni.
L’ambito sessuale è
il terreno su cui si
gioca una sorta di
conflitto        tra
emozioni e scienza.
Un esempio è dato da reazioni particolarmente emotive di alcune donne quando si tenta di spiegar
loro che non esiste alcun doppio orgasmo, reagendo, quasi, come se fossero state derubate di
qualcosa. O peggio, come se l’investimento emotivo che hanno dovuto profondere nella ricerca
frustrante di questi orgasmi differenziati fosse stato troppo elevato per ammettere che sia stato
inutile. Accettare che una nevrosi personale sia causata dalla ricerca infruttuosa di una chimera
appare più frustrante e conflittuale della ricerca in sé. Dal mio punto di vista ritengo che una buona
conoscenza della fisiologia legata alla sessualità sia già, di per sé, terapeutico. In fin dei conti se
sappiamo che certe prestazioni appartengono a un mito possiamo, di sicuro, sentirci meno frustrati
ed evitare estenuanti tentativi di riprodurle nei nostri rapporti.
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Santonocito. La tua considerazione iniziale è assolutamente centrata e vale non per la sola
sessualità, ma possiamo estenderla a tutta la psicologia. Molte persone non sopportano l’idea di
essere “unici, proprio come tutti gli altri” e di conseguenza non possono ammettere che la loro
unicità presenti ampie sacche di comunanza con gli altri colleghi umani. Solo io devo sapere come
funziono, come sono fatto ecc. e dunque non può esistere una scienza psicologica.
La sensazione di essere derubati di qualcosa, della quale parli, si deve al fatto che in genere si è
molto attaccati a ciò che si crede. In psicologia sociale si parla di atteggiamento, ovvero di
convinzione emotivamente investita. Ricaviamo il senso di ciò che è reale (anche) da quanto
intensamente crediamo, pensiamo o sentiamo qualcosa. Se lo sento, vuol dire che è vero. E invece
magari si tratta di un mito, di una convinzione non dimostrata che abbiamo sentito ripetere tante
volte.
Sul ruolo della razionalità il mio punto di vista differisce però dal tuo, nel senso che la conoscenza
razionale dei fenomeni può si aiutare, ma… molte volte aiuta a convincersi ancora di più in ciò che si
crede!
Ricordo uno degli episodi conclusivi della formidabile serie tv I Soprano, dove Tony, il mafioso che
va in terapia perché inizia all’improvviso a soffrire di attacchi di panico, riesce a usare tutte le
razionalizzazioni dell’analista, che cerca di dimostrargli che forse il tipo di vita che conduce
potrebbe avere qualcosa a che fare con la sua ansia, per convincersi ancora di più che deve farsi
forza e andare avanti. Perché in fondo quella è la sua vita. Alla fine anche la terapeuta se ne rende
conto, con sommo dispiacere e rabbia: “Lei ha usato la terapia per diventare un criminale ancora più
efficiente, non per redimersi”.
Io credo che atteggiamenti e convinzioni improduttive vadano combattute facendo nuove esperienze
(nuovi comportamenti), sperimentando di conseguenza emozioni di diverso tipo e che le nuove e più
utili razionalizzazioni arrivino solo dopo. Dall’interno, come conseguenza e non come causa del
processo di cambiamento. Questo è ciò che ogni forma di terapia breve, come quella di cui mi
occupo io, fa. Ma una condizione assolutamente irrinunciabile è che la persona sia d’accordo. Perché
se uno ha deciso che la terra è piatta, non basterà tutta la logica del mondo per convincerlo del
contrario.

Bibliografia:

I miti del sesso – Un viaggio nell’eros tra false credenze e scienza, Roma, CV1 Edizioni, 2018

David di Donatello 2018 - Le nominations
Se per la notte degli Oscar ormai è conto alla rovescia, anche gli Oscar italiani, ovvero i David di
Donatello, scaldano i motori. Sono stati annunciati infatti il 14 febbraio scorso le candidature per
quello che è definito il premio cinematografico nazionale più importante d’Italia e d’Europa. La
63esima edizione dei David di Donatello si terrà negli studi Rai di Cinecittà, essendo stato l’evento
riacquistato dalla Rai, dopo due anni di monopolio Sky. La cerimonia di premiazione, in grande stile e
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in diretta su Rai Uno, il 21 marzo prossimo, vedrà collegati oltre due miliardi di persone da tutto il
mondo, per celebrare quello che da sempre è il secondo cinema più importante del mondo e il più
importante d’Europa, ovvero il CINEMA ITALIANO.

Quella della “notte dei David” sarà come sempre una festa del cinema, che celebra non solo il
presente, ma anche il passato glorioso del nostro cinema e dell’Accademia dei David. A farla da
padrone nelle “cinquine” dei candidati ai vari premi è Ammore e malavita. Per la pellicola dei
Manetti Bros le candidature sono ben 15 comprese quella a miglior film, miglior regia, miglior attrice
non protagonista e miglior attore non protagonista, rispettivamente Claudia Gerini e Carlo Buccirosso.
Grandi consensi anche per Ferzan Ozpetek ed il suo Napoli velata con 11 nomination. Completano il
podio a quota 8 La tenerezza di Gianni Amelio e The Place di Paolo Genovese. Da notare anche
come nella 4 categorie attoriali, invece sia Come un gatto in tangenziale di Riccardo Milani a
collezionare ben 3 nominations su 4 massime (Antonio Albanese come “miglior attore protagonista”,
Paola Cortellesi come “miglior attrice protagonista”, Sonia Bergamasco come “miglior attrice non
protagonista”). Per il premio più ambito, quello di miglior film, concorrono: A Ciambra di Jonas
Carpignano, Ammore e malavita dei Manetti Bros, il film d’animazione Gatta Cenerentola di
Alessandro Rak, Ivan Cappiello, Marino Guarnieri e Dario Sansone, La tenerezza di Gianni Amelio e
Nico 1988 di Susanna Nicchiarelli. Similare a quella di miglior film, la categoria dedicata al miglior
regista: Jonas Carpignano (A Ciambra), Manetti Bros (Ammore e malavita), Gianni Amelio (La
tenerezza), Ferzan Ozpetek (Napoli Velata), Paolo Genovese (The Place).
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i e Antonio Albanese candidati nelle categorie per miglior attore e attrice protagonista
per Come un gatto in tangenziale.

Grandi nomi del cinema italiano anche nelle nomination a migliore attore ed attrice protagonista.
Nella prima categoria le nomination sono: Antonio Albanese per Come un gatto in tangenziale,
Nicola Nocella per Easy – Un viaggio facile facile, Renato Carpentieri per La tenerezza,
Alessandro Borghi per Napoli Velata, Valerio Mastrandrea per The Place. Nella seconda
invece: Paola Cortellesi per Come un gatto in tangenziale, Jasmine Trinca per Fortunata,
Valeria Golino per Il colore nascosto delle cose, Giovanna Mezzogiorno per Napoli Velata,
Isabella Ragonese per Sole cuore amore.

Rimanendo sulle categorie attoriali, di livello assoluto anche le cinquine dei migliori attori e attrici non
protagonisti. Per la categoria maschile nominations per Alessandro Borghi (Fortunata), Elio
Germano (La tenerezza), Peppe Barra (Napoli velata), Giuliano Montaldo (Tutto quello che
vuoi) e il già nominato Carlo Buccirosso (Ammore e malavita). La categoria femminile è popolata
dalle nominations di Claudia Gerini per Ammore e malavita; Sonia Bergamasco per Come un
gatto in tangenziale; Micaela Ramazzotti per La tenerezza; Anna Bonaiuto per Napoli velata;
Giulia Lazzarini per The place.

Già assegnato oggi invece il premio al miglior cortometraggio. La giuria ha scelto Bismillah di
Alessandro Grande, in una cinquina che conteneva anche Mezzanotte zero zero, del tarantino
Nicola Conversa, meglio conosciuto come membro dei Nirkiop.
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sul set del film “La ragazza nella nebbia”.

Nella categoria Miglior regista esordiente emerge la candidatura di Donato Carrisi e il suo La
ragazza nella nebbia, grosso successo al botteghino della seconda parte dell’anno 2017. Al suo
fianco Cosimo Gomez per Brutti e cattivi; Roberto De Paolis con Cuori puri; Andrea Magnani
con Easy- un viaggio facile facile; Andrea De Sica con I figli della notte.

Per quanto riguarda le categorie dedicate al cinema internazionale, l’equivalente italiano all’Oscar
come miglior film straniero, la cinquina di assoluto livello si compone delle seguenti pellicole:
Dunkirk di Christopher Nolan ; L’insulto di Ziad Doueiri; La La Land di Damien Chazelle;
Loveless di Andrey Zviagyntsev; Manchester by the sea di Kenneth Lonergan.
Importante anche il premio come miglior film dell’Unione Europea che vede in gara, tra gli altri, film
come 12 battiti al minuto di Robin Campillo e The square di Roben Ostlund.

 Top secret sui premi speciali assegnati ogni anno per particolari interpretazioni degne di nota, o
quelli alla carriera sui cui nomi c’è il massimo riserbo. La cerimonia di premiazione sarà presentata da
Carlo Conti, volto notissimo della Prima Rete Nazionale.

Appuntamento al 21 marzo allora, per quelli che sono e resteranno sempre gli “Oscar italiani”,
ovvero i “David di Donatello”, l’eccellenza del nostro cinema.

La Copertina d’Artista. Dicembre 2017
Un caldo, intenso, profondo abbraccio cinge un pianeta perso nello spazio siderale. Una dea dalla
chioma rossa e vaporosa come una nebulosa avvolge questo astro. Come Madre Natura, la dea pare
cullare questo mondo, la sua espressione è sognante, il suo gesto affettuoso, il suo amore sincero.
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Siamo tutti pronti a scommettere che questo pianeta sia la Terra, che appare marrone invece che
blu, per lo sfruttamento incosciente cui lo ha sottoposto l’uomo: l’abbraccio di Madre Natura, allora,
pare avere un valore lenitivo, curante, salvifico.
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llo della nostra Terra, e più precisamente Kepler 186f: si tratta di un pianeta extrasolare che orbita
intorno ad una stella nana rossa, distante circa 500 anni luce dalla Terra. Oltre ad essere il primo
pianeta extrasolare con un raggio simile a quello del nostro pianeta, esso rientra nella cosiddetta
zona abitabile, quindi potrebbe ospitare forme di vita complesse.

Quindi cosa ci sta dicendo l’artista?

Forse che c’è la possibilità di non essere soli nell’universo?

Che l’amore, come quello della dea che stringe a se Kepler 186f, è l’unica navicella che ci porterà,
d’un balzo, su questo pianeta, azzerando distanze incommensurabili?

O, più semplicemente, che la scoperta di altri mondi ci invita ad avere speranza per il nostro mondo
ed il nostro futuro?

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a Piccione.

Non possiamo saperlo. Forse l’opera “Kepler 186f”, risponde a tutte e tre queste domande, forse ad
altre ancora, oppure, in realtà, non risponde a nulla e, come l’arte migliore, pone solo le giuste
domande per farci riflettere meglio e pensare più profondamente.

Fatto sta che solo due tipi di individui hanno la capacità di scoprire o creare mondi nuovi: i primi
sono gli scienziati, i secondi gli artisti e noi siamo, in un caso o nell’altro, affascinati, influenzati ed
avvinti dalle loro scoperte e creazioni.

Rosaria Piccione è la quintessenza dell’artista creatrice di mondi, la sua ricerca è sempre stata tesa
alla sperimentazione della luce giusta, del colore adatto, della composizione migliore, del materiale
più disparato. Profondamente innamorata della natura, la sua produzione è sempre stata un inno alla
vita. Il colore, la luce e l’emozione rappresentano i tre cardini principali della sua cifra stilistica.

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in provincia di Taranto, dove vive ed opera, Rosaria Piccione comincia a dipingere nel 2005, prima e
soprattutto per se stessa, dopo aver concluso l’esperienza di un’attività hobbystica. Da allora è un
susseguirsi di mostre, esposizioni e premi importanti che la porteranno in giro per tutta l’Italia, con
qualche capatina all’estero. Importanti critici e curatori la chiamano a far parte delle loro mostre,
come Paolo Levi e Massimo Pasqualone; inoltre fin dall’inizio affianca la sua attività d’artista a
quella di organizzatrice di eventi che svolge in lungo e largo per la Puglia.
Ultime mostre:
2017

“Natale in Arte”, Carosino, Taranto.

2016

“Notti Sacre”, Bari;

“Arte Impero” Ea Editore.

Simply the best – L’editoriale di Raffaello
Castellano

3,810,225,678 utenti di internet nel mondo.

123,213,060,517 e-mail inviate oggi.

2,877,577,716 ricerche effettuate su google oggi.

351,870,586 tweet inviati oggi.

3,222,479,240 video visualizzati su Youtube oggi.

36,689,182 foto caricate su Instagram oggi.

275,402 computer venduti oggi.

2,176,030 smartphone venduti oggi.

254,790 tablet venduti oggi.
Queste l’istantanea scattata oggi, 29 dicembre 2017, alle 12:25, dal sito Internet Live Stats, che
da anni si occupa di monitorare l’attività della rete delle reti in tempo reale.
Gli elementi che saltano immediatamente alla nostra attenzione sono i quasi 4 miliardi di utenti di
internet nel mondo, le quasi 3 miliardi di ricerche effettuate su Google, gli oltre 2 milioni di
smartphone venduti a fronte dei soli 275 mila computer acquistati, segno ancora più evidente di
come la navigazione in internet sia sempre più mobile.

Questa istantanea, o se preferite selfie, è la foto di gruppo della nostra società globale, liquida ed
iperconnessa che quotidianamente abitiamo.

Nessuno è escluso da questo selfie, nessuno, neanche il più rintanato asceta, il più solitario monaco
buddista, il più selvaggio eremita: anche loro fanno parte di questa foto di famiglia.

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anno, ad ogni Natale,ma anche ad ogni evento di livello nazionale (Mondiali di Calcio, Olimpiadi,
Super Bowl, etc.), che questo sarà l’anno, il Natale/evento più social di sempre!

Tutti i giorni spostiamo sempre più in alto l’asticella dei nostri primati virtuali e segniamo nuovi
record nel tabellone delle nostre vite di internauti.

Nessuna religione, nessuna ideologia, nessun partito politico, nessuna società segreta, ha fatto tanti
adepti quanti ne ha fatti, in poco meno di 30 anni, nostra signora “internet”; altro che religione, se
Marx fosse vivo oggi direbbe che “Internet è l’oppio dei popoli”!

Non me ne vogliate, lo so di essere il direttore responsabile di una rivista on-line, ma credo
francamente e fermamente che tutti noi stiamo esagerando. Le nostre vite virtuali stanno
soppiantando, o meglio assorbendo, le nostre vite reali: lavoriamo sul web, litighiamo sul web,
esprimiamo il nostro parere sul web, siamo perseguitati e perseguitiamo sul web, ci incontriamo sul
web, ci separiamo sul web, addirittura scopiamo e ci suicidiamo sul web. Tutto ciò che prima
richiedeva, oltre che l’intenzione, uno sforzo fisico, una volontà, il metterci la faccia e l’assumerci la
responsabilità, oggi lo facciamo con pochi click sul nostro smartphone, magari seduti sul divano.

La domanda è: “Quanto può durare tutto questo?”

La storia ci ha insegnato, almeno a chi ha voglia di imparare, che nulla dura per sempre. I cavalli
parevano insostituibili come mezzo di locomozione, poi nell’’800 arrivarono prima il treno e poi,
verso la fine, l’automobile. La stampa e la radio erano il non plus ultra dell’innovazione tecnologica,
eppure alla fine dell’’800 arrivò il cinema che divenne il vero “occhio e sguardo del ‘900”, come ha
ben detto Francesco Casetti. Il cinema e la televisione infine parevano davvero lo zenit della nostra
tecnologia, ma a metà del ‘900 arrivarono i primi computer ed il Mondo non fu più lo stesso.

La storia ci insegna che ogni nuova tecnologia, ogni nuovo progresso, distrugge quello precedente.

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e, e chi mai potrebbe, quale sarà la tecnologia che soppianterà l’“Homo interneticus”, come lo ha
saggiamente definito lo scrittore e critico dei mass media Lee Siegel, ma di sicuro so che accadrà, e
noi, che fino ad allora avremo riversato le nostre intere esistenze nei nostri profili social, nei nostri
cloud, nei nostri hard disk, semplicemente verremo formattati, cancellati, disconnessi.

Ma una speranza c’è ed è quella di non scordarci che internet, il web, i social, sono strumenti e non
fini, sono attrezzi e non simulacri, sono utensili e non dei.

Dappertutto si avverte un desiderio di concretezza, un bisogno impellente di disconnettersi dal
mondo virtuale, anche solo temporaneamente, per riconnettersi “davvero” ed autenticamente con gli
altri, il mondo, i nostri valori, le nostre emozioni.

Allora cosa rimane? Cosa dobbiamo salvare di un anno, il 2017, così strabordante di numeri?

Come d’abitudine il nostro numero di Dicembre è intitolato “Simply the Best”, ed al solito i nostri
collaboratori ci guideranno nella torre di Babele del web, parlandoci delle novità in campo di social
media (Zarzana), del meglio del cinema italiano 2017 (Palattella), delle migliori uscite editoriali
professionali (Guerrasio), della formazione d’eccellenza nelle professioni del web (Skarabot), del
valore economico del web (il direttore editoriale Zorico) e del nostro essere sempre più multitasking
e comunque appassionati e bisognosi di storie (Alvino).

Dal canto suo, l’artista di questo mese, Rosaria Piccione, ci invita a varcare il tempo e lo spazio per
abbracciare il nostro pianeta gemello Kepler 186f, visto che la nostra Terra, a causa della nostra
bulimica voracità, forse non ci basta più.

Il mio augurio per questo anno che finisce, per questo scampolo di feste che rimangono e,
soprattutto, per l’anno nuovo, è di ricordare che internet è sì una chiave che ci apre le porte del
futuro, ma può essere anche una catena che ci imprigiona e condanna ad un destino immobile,
virtuale e sostanzialmente falso.

Perché, come canta il compositore e musicista Moby in uno dei suoi singoli più recenti: “Are You
Lost In The World Like Me?”, ovvero “Ti sei perso nel mondo come me?”: tutti noi possiamo
accedere a qualunque informazione, foto, notizia, video, ma ciò non toglie che ci siamo persi e
probabilmente vaghiamo senza una meta.

                                                                               Raffaello Castellano

Il meglio del cinema italiano nel 2017
Il 2017 per il cinema italiano è stato un anno fruttuoso, importante, che conferma la propensione
italiana a fare del Cinema un’arte. Con quasi 500 lavori ufficialmente registrati presso l’ANICA, il
nostro cinema si conferma come quantità di prodotti, il primo d’Europa e il secondo del mondo, in
ossequio alla sua gloriosa storia. E anche come qualità questo è stato un buon anno, ci confermano
questa sensazione i resoconti del festival di Venezia e dei film italiani presentati a Cannes. La figura
femminile italiana che spicca in quest’annata è quella di Jasmine Trinca, trionfatrice a Cannes per la
splendida e sofferta interpretazione del film di Sergio Castellitto, Fortunata. La giovane Jasmine
Trinca si issa così tra le attrici più promettenti del panorama cinematografico nazionale. Proprio dal
festival francese provengono quelli che probabilmente sono i tre migliori film italiani dell’annata:
Cuori puri, A ciambra, L’intrusa. Tre film di autori diversissimi tra loro, ma che si pongono di
fronte alle cose e alle persone, e ai loro rapporti con il contesto italiano, per provare a raccontarlo e
a volte a interpretarlo.

A ciambra di Jonas Carpignano è un film più di constatazione che di interpretazione. Racconta gli
“anni di apprendistato” di un adolescente rom, Pio, in un paese calabrese, un ragazzo che per
diventare adulto deve accettare le regole degli adulti che ha intorno: quelle della sua comunità rom
(rom e non sinti), marginale da tutti i punti di vista, anche per la legge; quelle della comunità degli
immigrati africani, che oggi sono marginali per definizione, ma si spera che le cose possano
cambiare; e infine quelle della ‘ndrangheta. Roberto De Paolis in Cuori puri mostra una periferia
romana dove le scelte sono ancora possibili, dove la prepotenza della società può essere combattuta
dall’amore tra i due protagonisti e, sullo sfondo, dal gruppo a cui la ragazza appartiene. Mentre in
L’intrusa, di Leonardo Di Costanzo, ci troviamo tra i cosiddetti “operatori sociali”, dentro
un’esperienza educativa nella periferia napoletana dove si impone il confronto tra i “buoni” che si
occupano del prossimo, tra cui i bambini – puri o recuperabili di per sé –, ma anche certi adulti che
partecipano di una cultura e di una pratica camorriste.
Direttamente da Venezia ereditiamo invece Il colore nascosto delle cose, di Silvio Soldini, con
Adriano Giannini ed una strepitosa Valeria Golino, che non ha vinto per la terza volta a Venezia solo
perché il film era presente alla kermesse fuori concorso. L’attrice rende in maniera impeccabile la
complessità di una diversa condizione esistenziale ed interpreta una donna forte, in gamba, tenace
che però deve fare i conti con la propria cecità. Fa da contraltare il personaggio interpretato da
Adriano Giannini, un creativo che lavora presso un’importante agenzia di pubblicità e che quindi
della vista ne fa praticamente il suo lavoro. Lui ci vede, fa un lavoro in cui l’elemento visivo o la sua
evocazione sono fondamentali, ma la sua vita sembra avere bisogno di una messa a fuoco sia nel
confronti di un passato familiare complesso sia nell’ambito delle relazioni uomo/donna. Il
personaggio interpretato dalla Golino, che non è nata priva della vista, non ha dimenticato i volti e i
colori che ha conosciuto nel passato così come non nega la propria disabilità ma non la affoga nel
auto compatimento ed è in grado di affrontare un rapporto con la maturità che ciò che ha vissuto le
ha consentito di sviluppare. I due finiranno per trovarsi, per innamorarsi l’uno dell’altro, rendendo al
meglio la sensibilità del regista nei confronti del tema.

Nella seconda parte dell’anno, quella commercialmente più rilevante val la pena nominare una serie
di film, che si caratterizzano per la capacità tutta italiana di creare pellicole dalla struttura corale
ben orchestrata. Così risultano particolarmente riusciti The place, di Paolo Genovese, con Valerio
Mastandrea, Marco Giallini e Rocco Papaleo; Caccia al tesoro, con Vincenzo Salemme; la saga di
Smetto quando voglio, di Sydney Sibilla che sfocia negli ultimi due strepitosi capitoli della serie,
Masterclass e Ad Honorem; La casa di famiglia, con Lino Guanciale e Stefano Fresi; Il premio,
con Gigi Proietti, Alessandro Gassman e Rocco Papaleo; Come un gatto in tangenziale con Paola
Cortellesi e Antonio Albanese; Chi m’ha visto? con la strana coppia composta da Beppe Fiorello e
Pierfrancesco Favino, tanto bizzarra da funzionare. Un film niente affatto banale che analizza con
tono ironico, i turbamenti provenienti dall’attenzione mediatica e degli effetti collaterali ad esso
collegati, come il fatto che la notorietà conta più del talento, in questa società anestetizzata da
programmi televisivi in cerca di un facile scoop.

A concludere l’anno cinematografico all’italiana va citata la classica sfida di Natale, orfana di
Leonardo Pieraccioni, che sarà nei cinema il prossimo anno, tutta incentrata sulla sfida tra i due ex
compagni cinematografici De Sica e Boldi. Il primo in sala con il sequel di Poveri ma ricchi dal
titolo Poveri ma ricchissimi; il secondo con lo squallido Natale da chef. Sfida stra-vinta dal
sempre bravo Christian De Sica, che nel periodo natalizio è come sempre campione di incassi, come
da trent’anni a questa parte. Infine chiudo l’articolo con quello che vuol’essere un omaggio a due
stelle di prima grandezza del cinema italiano, che quest’anno ci hanno lasciato, ovvero Paolo
Villaggio e Gastone Moschin. Due Maestri del cinema a cui il nostro Paese deve tantissimo e che
ci mancheranno senza dubbio.
La Copertina d’Artista. Novembre 2017
Uno strano ed alquanto disadorno arbusto fa da albero di Natale al numero di novembre del nostro
magazine.

Spoglio, secco, dimesso, pare una caricatura, o meglio una critica, al Natale, alla sua frenesia, alla
sua smania consumistica, alla sua strabordante opulenza.

Nessuna luce illumina quest’albero, nessuna decorazione ingentilisce i suoi rami, nessun dono è
posto alla base del suo vaso.
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ici elementi decorativi sono tre omini di terracotta, senza volto o personalità apparente, il cui unico
indizio sulle loro emozioni pare essere la postura, fissa, immobile e rassegnata.
Uno dei tre omini è seduto a cavalcioni sul vaso stesso alla base dell’albero, gli altri due sono seduti
su due altalene che ondeggiano lentamente fra i rami.

Una visione cupa, triste e rassegnata quella che ci viene proposta per il “Natale che verrà”
dall’artista di questo mese, al secolo Grazia Savoia (classe 1989), di Toritto in provincia di Bari, che
con il suo “Germoglio” sconquassa e ridimensiona l’aura quasi magica che avvolge questa festa.
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Un intervento artistico dal quale pare bandita ogni speranza, ogni possibilità, ogni qualsivoglia
progresso; la scultura polimaterica della Savoia pare incarnare una vera e propria “natura morta”
nel senso più letterale del termine.

Ma siamo proprio sicuri che sia così?

Di sicuro l’opera della Savoia è una critica, anche feroce, al nostro mondo e modo di intendere il
Natale, una festa spogliata del suo significato religioso, depauperata dei suoi valori sociali, derubata
dei suoi ideali familiari, ma noi spettatori, noi fruitori ultimi, noi destinatari finali di questa visione,
non scorgiamo solo questo, noi vediamo altro!

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Cominciamo dal germoglio. L’albero, benché rinsecchito, si è fatto strada attraverso il più sterile ed
artificiale dei terreni, il cemento, e, come notiamo dal vaso, fessurato e bucato in più punti, ha
dovuto faticare e lottare per ogni centimetro che le sue radici conquistavano.

Secondo: anche se i tre omini sono posti in posizioni stanche e sconsolate, viene da chiedersi perché
l’artista abbia optato per le altalene. Infatti poteva porre i suoi pupazzi direttamente sui rami, o,
inseguendo una critica ancora più radicale, impiccarli ad essi, invece ha scelto le altalene, che non
possono non ricordare a noi spettatori i giochi della nostra infanzia e tutta l’aura di nostalgia che
adorna quel periodo incantato delle nostre vite.

Inoltre, benché l’intervento dell’artista nelle sue stesse parole voglia rappresentare “un arbusto
spoglio, privo di ogni riferimento iconologico, nasce da un pezzo di cemento grigio e freddo. Persone
isolate al posto di ornamenti fanno parte di un tronco costruito di illusioni, in quel movimento
oscillante che chiamiamo vita”, noi scorgiamo nella sua composizione un alone di nostalgia,
percepiamo e respiriamo un’aria di poesia, tanto da arrivare a pensare che, ad un certo punto,
l’opera sia sfuggita al controllo razionale dell’artista e che il suo inconscio più sanguigno e
battagliero abbia prevalso, infondendo nella stessa più emozioni, più desiderio, più fiducia.
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D’altronde, se è vero ciò che diceva Dostoevskij (anche lui, non certo un esempio di ottimismo) e
cioè che “La bellezza salverà il mondo”, anche la nostra Grazia Savoia, in quanto artista, non può
sottrarsi a questo destino, quello di essere un araldo della fantasia, un messaggero di bellezza, un
ambasciatore di speranza.

Dopo la maturità artistica, conseguita nel 2008 presso il Liceo Artistico “Giuseppe De Nittis” di
Bari, frequenta l’Accademia di Belle Arti della stessa città dove è allieva di Hwal Kyung Kim e Mauro
Antonio Mezzina e consegue la laurea di 1° livello in scultura nel 2012 e quella di 2° livello, sempre
in scultura, nel 2015. La sua ricerca è sempre stata orientata alla scoperta dei significati profondi e
spirituali dell’essere umano che l’artista rappresenta attraverso opere scultoree sospese fra poesia e
disincanto.

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Diverse sue sculture sono presenti in collezioni pubbliche e private. Da ultimo il suo impegno nella
didattica dell’arte; dal 2016 infatti è docente di Tecniche plastiche, scultoree e scenoplastiche presso
il Liceo Artistico Statale “Policarpo Petrocchi” di Pistoia, dove attualmente vive ed opera.

Ultime mostre:

2017

“Sovereto in Luce ‘17”, Terlizzi (BA);

“Olio è Arte”, Palo del Colle (BA);

“Olio d’Artista”, Castello Svevo, Mesagne, Lecce.

2014

“La bottega dei talenti”, Toritto (BA);

“La scultura è donna”, Bari.

“Chi m’ha visto”- Il film
Primo film rilevante della nuova stagione cinematografica italiana “Chi m’ha visto”, l’opera prima
di Alessandro Pondi racconta di come, al giorno d’oggi, la notorietà conti più del talento, in
questa società anestetizzata da programmi televisivi in cerca di un facile scoop.

Il film ha tre grandi protagonisti e su di loro si poggia, per ovviare ad alcune lacune in fase di
sceneggiatura, che però vengono ben camuffate da Beppe Fiorello, Pierfrancesco Favino e dal
paesaggio mozzafiato della Murgia tarantina della cittadina di Ginosa. A fare faville è però
l’inedito duo composto da Fiorello e Favino, il primo lavora in levare, nei panni di Martino,
malinconico musicista dal talento sopraffino che vorrebbe emergere e si inventa la sua scomparsa
per salire alla ribalta, aiutato dall’amico Peppino, che a differenza sua è portatore sano di tutti gli
istinti primordiali dell’uomo: cibo, sesso, danaro. Peppino è uno strepitoso Favino, vera anima
comica del film, uno showman che mette su una macchietta che diventa presto un carattere, di
quelli delle nostre commedie degli anni d’oro.

Sue le scene più esilaranti, le battute più guascone, la goliardia. Favino fa quasi l’effetto di un
Sordi, di un Gassman, di un Peppino De Filippo, quando è lui in scena la pellicola si illumina di
luce propria. La pellicola vive su un umorismo venato di malinconia, degno delle migliori commedie
all’italiana degli anni passati, e tratta in maniera adeguata, ma leggera, due temi forti della nostra
società contemporanea.

Il primo, il flagello degli artisti di ogni tipo, che se suoni, canti, dipingi o altro, non stai davvero
lavorando ma giocando. Non importa se sei ricco, rispettato, conosciuto o famoso, il lavoro è sudore,
per cui stai solo perdendo tempo. L’altro è l’influenza dei media sulla gente, soprattutto la TV
spazzatura con i suoi reality, i talk show sensazionalisti, i programmi studiati per generare ansie ed
emozioni pilotate.

  Facendo questo però, la sceneggiatura lascia fuori completamente i social, che nel film non
  vengono mai nominati, ma che invece nella realtà, plasmano l’opinione pubblica, quanto e forse
  anche di più dei media.

Menzioni speciali per le riuscite caratterizzazioni delle due presenze femminili del film: la
prostituta dal cuore d’oro (Mariela Garriga) che nasconde anche cultura e saggezza e che fa
innamorare il musicista-poeta impersonato da Fiorello; e la sempre eclettica Sabrina Impacciatore
negli esilaranti panni della conduttrice di “Scomparsi”, che altro non sarebbe che il celebre
programma di Rai Tre, chiamato in un altro modo.

A completare il film, decine di gustosi camei di celebri cantanti italiani in ansia per le sorti del loro
musicista Martino/Fiorello, da Jovanotti a Max Pezzali, passando per Giuliano Sangiorgi,
Fedez, Elisa, Giorgia, Gigi D’Alessio, Gianni Morandi. “Chi m’ha visto” è un film che rimarrà, per
tanti motivi: per la qualità sopraffina dei due protagonisti, per la suggestione di paesaggi mozzafiato,
che in un film non guastano mai e per la capacità di raccontare la nostra società, i nostri difetti e le
nostre “involuzioni”, cosi come facevano i maestri della commedia all’italiana 50 anni fa.

     Perché il cinema italiano si fa grande, solo quando racconta l’Italia e gli italiani e questo è nel
          nostro DNA, ed è una qualità e una prerogativa che ci porteremo sempre appresso.

Social media e turismo: come è cambiato il
settore con l’avvento degli smartphone
Vi trovate davanti al faro di Punta Palascia, alla ruota panoramica di Vienna, al muro di John Lennon
a Praga e tirate fuori lo smartphone. Perché il turismo oggi è fatto di scatti, tag e condivisioni e
anche la promozione delle località turistiche non può più rinunciare a una adeguata presenza su
social media, app e siti di prenotazioni online come Booking.com o TripAdvisor, ma anche
Trivago, Momondo ecc.

E la fruizione della cultura e del monumento storico si divide in due: ci sono turisti che li ammirano
lasciando il cellulare in tasca e altri che invece sono presi dalla smania di scattare seguendo il motto
“pics or it didn’t happen.”

Ma i social media hanno cambiato anche molteplici aspetti della vita quotidiana, a partire dalla
ricerca del viaggio: fai ricerche sul web o sui social? Se la risposta è si, questo articolo è adatto a
te, ma anche se hai risposto no potresti essere interessato a quanto ti dirò in un’ottica futura.

          Social media e turismo: alcuni dati
Cambia la ricerca di informazioni sul web e ben l’89% dei Millennial prenota le vacanze sulla base
dei suggerimenti pubblicati dai coetanei su Instagram e Tripadvisor: trovare le recensioni di un
albergo non è mai stato più facile. Non è tutto.

Il 97% della generazione Y condivide le foto delle vacanze online creando una community da cui
trarre ispirazione e anche i tour operator e gli hotel hanno ormai capito l’importanza degli user
generation content, più autentici e originali delle immagini da catalogo.

Infine recensioni e reclami arrivano oggi difficilmente per posta o email, ma per il 50% degli utenti
è normale ricevere una risposta da chi contatta il brand su Twitter con una percentuale che sale al
75% quando si tratta di reclami. Esempi di best practice nel settore vengono dall’assistenza clienti
delle compagnie aeree come American Airlines che rispondono in modo davvero tempestivo.

Anche le agenzie di viaggi hanno digitalizzato i servizi per restare al passo con i tempi in quanto
ben il 55% di prenotazione di voli, il 73% di pacchetti vacanze e il 77% delle crociere sono fatte in
agenzia. Infine grazie agli hashtag, tag e check-in su Facebook oggi le strutture turistiche possono
interagire con gli ospiti sui social, traendo spunti da commenti e feedback

    2017: come si fa marketing del turismo oggi tra
      Facebook City Guides e Google Local Guide
Anche il social più noto al mondo ha capito l’importanza del Marketing del turismo lanciando
Facebook City Guides, per ora disponibile solo per utenti iOS. Si tratta di una funzione che
raggruppa in un’unica pagina immagini, eventi, punti di interesse storico, bar e ristoranti da visitare.

Informazioni su località ed eventi sono poi collegate a una lista di amici per cui potremmo avere
suggerimenti personalizzati e consigli da chi ha già frequentato un locale.

Parlando invece di Google Local Guide, la parola passa agli utenti che completano le informazioni
sui luoghi visitati accumulando punti e conquistando nuovi livelli di autorità e vantaggi. Ecco dunque
che si crea una community internazionale di esploratori che condividono foto, rispondono a domande
locali, aggiungono luoghi, scrivono recensioni su Google Maps.

Pensa che ci sono milioni di persone che si affidano a contributi come i tuoi per decidere dove
andare e cosa fare e sarà sempre più spesso così. Quindi non ci resta che augurarti buon viaggio,
qualsiasi sia la meta dei tuoi sogni!
Web marketing turistico: in estate sui
social siamo tutti influencer
  “Non si sta bene che altrove”, almeno così dicono.

E ad osservare le nostre bacheche Facebook, le immagini su Instagram, le storie sui vari
social network, sembrerebbe sia proprio così. Sarà perchè è estate, o perchè le immagini di
luoghi lontani, incontaminati, suggestivi, a volte super affollati o solitari, ci attirano,
accendono il nostro interesse e fanno viaggiare la nostra mente. Le foto di viaggio sui
social media ci fanno sognare di essere in quei luoghi, e spesso ci spingono a decidere di
raggiungerli, di sceglierli per le prossime vacanze o il prossimo weekend fuori porta.

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grazie una foto su Instagram o un post di uno dei nostri contatti su Facebook? Si inizia
così: un like, un click sul link della geolocalizzazione…e scopriamo che quel luogo
stupendo, che magari non abbiamo mai sentito nominare, è a pochi km da casa o dalla
meta in cui andremo in vacanza; o ancora che esiste un volo diretto, magari low cost,
dall’aeroporto più vicino a noi che porta facilmente a quella meta. Da questo punto alla
decisione di raggiungere davvero la meta, gli step sono davvero pochi; soprattutto perchè
si tratta di un’informazione che proviene dalla cerchia dei peers, ovvero da gente come noi.

     La logica è per lo più la seguente: se vedo su Facebook che un mio amico è lì… vuol dire
                                      che è una cosa fattibile.

Anche io, come lui, potrei essere lì in questo momento. Il mio desiderio non parte dalle immagini di
una rivista patinata o di un catalogo di un’agenzia di viaggi (che propone mete irraggiungibili o non
alla mia portata) ma, ad esempio, da una foto su Instagram, modificata con i migliori filtri ed
accompagnata da una frase ad effetto. Identificazione, emulazione, desiderio di scoprire luoghi
nuovi e, perchè no, di condividere foto dello stesso tipo. E’ un mix di tutto questo, ma un mix che
funziona, come un buon cocktail, e il mondo del turismo lo ha ormai capito da un bel po’.

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Ecco come si è evoluta la promozione dei luoghi turistici negli ultimi anni, con la presenza
sempre più massiccia del web e della condivisione di immagini e sensazioni. Ecco perchè
assistiamo sempre più spesso a scelte promozionali e di marketing che abbandonano i
classici mezzi di comunicazione come gli spot Tv o le campagne stampa e affidano la
comunicazione e il racconto – inteso come storytelling- di paesi, regioni, città, resort, a
blogger e influencer in voga. Ecco ancora perchè, ad esempio, c’è chi può vantare una
professione che dieci anni fa non esisteva: il travel blogger.
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Ma la promozione dei luoghi turistici non è affidata solo a chi ha un blog specializzato in
viaggi e turismo: le mamme blogger vengono spesso coinvolte per la promozione di mete
baby friendly e gli influencer di vario genere sono perfetti per veicolare informazioni su
mete scelte in base al target ideale. Semplice, no?

    L’obiettivo è in ogni caso lo stesso: creare un desiderio, ovvero la base del marketing, niente di
                                            più, niente di meno.

I blogger, anche quelli più famosi, a differenza dei testimonial pubblicitari di una volta,
vengono percepiti quasi come peers, sono in grado di raccontare una vacanza o un luogo
turistico in modo molto vivido, lo rendono accessibile, ci fanno vivere il viaggio a distanza.
Con abilità e con l’utilizzo di tutti gli strumenti disponibili su ogni piattaforma: dirette,
storie, mini video… ci fanno innamorare pian piano di un certo itinerario.

Save the Children Italia ricerca un Digital
Media Content Assistant
Ti piacerebbe lavorare nell’ambito della comunicazione e dei digital e social media per una
organizzazione umanitaria? Allora questo annuncio potrebbe fare al caso tuo: Save the Children
Italia ricerca un Digital Media Content Assistant!

Descrizione dell’attività:

Supportare l’aggiornamento, l’editing e la diffusione dei contenuti online per garantire che i siti web
siano coerenti e allineati tempestivamente con le attività dell’Organizzazione.

In particolare:

■   Verificare costantemente l’aggiornamento dei contenuti online per garantire in tempo reale la
    coerenza con le attività di comunicazione esterna (es. lanci stampa, uscite media, emergenze,
    ecc…) e l’allineamento tra i canali offline e online.
■   Supportare l’aggiornamento, l’editing e la produzione dei contenuti online sugli spazi web, e in
    particolar modo il sito istituzionale, al fine di garantire la consistenza e ampliare la diffusione e
    l’efficacia delle comunicazioni
■   Monitorare gli earned media online al fine di proporre e supportare la definizione di azioni di
    comunicazione specifiche con lo scopo di contribuire a curare e migliorare la reputazione
    dell’Organizzazione.

Responsabilità

■   Aggiornamento, rielaborazione e pubblicazione dei contenuti online sui siti web
    dell’Organizzazione e sulle piattaforme di content esterne, relativi a campagne, programmi, attività
    di raccolta fondi e progetti speciali.
■   Coordinamento in tempo reale con lo staff social e l’area Comunicazione per l’aggiornamento
    costante dei siti web in base alle attività di comunicazione esterna, come lanci stampa, uscite e
    visibilità sui media, emergenze e posizionamenti dell’Organizzazione su fatti di cronaca.
■   Coordinamento con i responsabili dei programmi e dei progetti al fine di recuperare contenuti
    aggiornati per la pubblicazione sui siti web dell’Organizzazione.
■   Supporto alla pianificazione editoriale e alla produzione di contenuti per campagne o progetti
    speciali.
■   Monitoraggio quotidiano delle performance dei contenuti pubblicati, tramite i sistemi di web
    analytics e l’integrazione costante con le attività sui social media.
■   Monitoraggio della rassegna stampa dell’Organizzazione e delle notizie di attualità legate
    all’infanzia in maniera da supportare la definizione e l’implementazione di piani editoriali flessibili
    ed efficaci.
■   Monitoraggio degli spazi web non gestiti dll’Organizzazione (earned media) al fine di individuare
    opportunità di intervento, valutando azioni di comunicazione specifiche.
■   Supporto operativo alla gestione del workflow di pubblicazione dei contenuti online, tramite la
    relazione con staff di altri dipartimenti che fornisce o produce direttamente contenuti che possono
    essere diffusi online.
■   Supportare lo staff delle altre aree e contribuire alla loro formazione al fine di diffondere
    all’interno dell’Organizzazione skill e capacità per produrre ed editare in autonomia contenuti
    adatti ai canali digitali.
■   Supporto alle attività di digital pr tramite la mappatura strutturata degli attuali e potenziali
    influencer in rete e delle loro azioni in favore dell’Organizzazione.

     Save the Children è l’organizzazione internazionale indipendente dedicata dal 1919 a salvare i
bambini e a promuovere i loro diritti. Nata nel 1919, opera in più 119 paesi del mondo con
     programmi di salute, risposta alle emergenze, educazione e protezione dei bambini dagli abusi e
     dallo sfruttamento.

Requisiti richiesti:

■   Ottime capacità di rielaborare contenuti eterogenei e provenienti da fonti diverse allo scopo di
    adattarli e renderli efficaci per diversi target di comunicazione.
■   Ottime capacità di scrittura e conoscenza approfondita degli aspetti relativi alla web usability e
    alla tecniche di web writing.
■   Buona conoscenza ed esperienza nell’utilizzo dei principali CMS (es. Drupal, WordPress) e dei
    processi workflow per la pubblicazione dei contenuti online.
■   Buona conoscenza del SEO per un posizionamento efficace dei contenuti sui motori di ricerca.
■   Buona conoscenza dei principali tag e della semantica HTML, capacità di editare e “pulire” testi a
    partire dal codice sorgente.
■   Solide competenze nell’utilizzo di piattaforme di web analytics (es. Google Analytics, Facebook
    Analytics) e nell’analisi dei comportamenti web tramite i principali KPI.
■   Conoscenza approfondita dei principali social media e delle funzionalità per la pubblilcazione e
    l’analisi disponibili sulle diverse piattaforme tecnologiche (es. Facebook, Twitter, Instagram,
    YouTube).
■   Conoscenza delle principali piattaforme, tecnologie e formati per la distribuzione di contenuti
    testuali e multimediali in rete (es. Medium, Exposure, Storify, Slideshare, ecc..).
■   Capacità di editing base di immagini, pdf, file audio o video, utilizzando i principali strumenti e
    software a pagamento (es. Photoshop) o disponibili gratuitamente in rete.
■   Conoscenza delle clausole relative alle licenze Creative Commons.
■   Comprensione ed interesse per il mondo della comunicazione digitale e i suoi trend.
■   Ottima conoscenza scritta e parlata della lingua inglese.
■   Capacità di lavorare individuando le priorità, nel rispetto delle scadenze e mantenendo attenzione
    alla qualità.
■   Eccellenti capacità di relazionarsi con le persone e lavorare con spirito di collaborazione in contesti
    complessi e strutturati.
■   Autonomia, flessibilità e capacità di problem solving.
■   Condivisione della missione e dei principi di Save the Children.

Per candidarti e visionare la fonte dell’annuncio per Save the Children Italia ricerca un Digital
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