CONFIMI Rassegna Stampa del 28/10/2014
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CONFIMI Rassegna Stampa del 28/10/2014 La proprietà intellettuale degli articoli è delle fonti (quotidiani o altro) specificate all'inizio degli stessi; ogni riproduzione totale o parziale del loro contenuto per fini che esulano da un utilizzo di Rassegna Stampa è compiuta sotto la responsabilità di chi la esegue; MIMESI s.r.l. declina ogni responsabilità derivante da un uso improprio dello strumento o comunque non conforme a quanto specificato nei contratti di adesione al servizio.
INDICE CONFIMI 28/10/2014 La Repubblica - Torino 6 Sardo guida le imprenditrici dell'Api 28/10/2014 Il Giornale di Vicenza 8 «Finalmente attivo il sito per le fatture elettroniche» 28/10/2014 Prima Pagina - Modena 9 «No a retromarce sulla Legge di stabilità» CONFIMI WEB 27/10/2014 impresamia.com 15:41 11 LEGGE STABILITA' - Confimi: bene impianto legge ma niente retromarce 27/10/2014 impresamia.com 10:46 12 PA - Fatturazione elettronica: Confimi impresa: bene il tool Unioncamere, ma l'obbligo di conservazione va eliminato per tutti 27/10/2014 www.vicenzapiu.com 18:58 13 Fatturazione elettronica PA e tool Unioncamere, Lorenzin: importante passo in avanti SCENARIO ECONOMIA 28/10/2014 Corriere della Sera - Nazionale 15 gufi o allocchi? c'è una terza via 28/10/2014 Corriere della Sera - Nazionale 16 Perché ancora non riusciamo ad avere credito 28/10/2014 Corriere della Sera - Nazionale 17 Le banche bocciate tirano giù la Borsa 28/10/2014 Corriere della Sera - Nazionale 18 «Municipalizzate? Prima le micro fusioni» 28/10/2014 Corriere della Sera - Nazionale 20 Il mito di Silicon Valley e l'avanzata delle start-up cinesi
28/10/2014 Il Sole 24 Ore 21 La foto che inganna 28/10/2014 Il Sole 24 Ore 23 Viola e Profumo al Mef sui Monti bond 28/10/2014 Il Sole 24 Ore 25 Quei passi falsi di Bce e Fed 28/10/2014 Il Sole 24 Ore 27 Penalizzato chi fa credito 28/10/2014 Il Sole 24 Ore 29 Quel confronto impari tra Nord e Sud Europa 28/10/2014 Il Sole 24 Ore 30 Europa «miope» su riforme italiane 28/10/2014 La Repubblica - Nazionale 32 Deficit ridotto con il fondo taglia-tasse 28/10/2014 La Repubblica - Nazionale 34 Atlantia scommette: il governo di Parigi farà retromarcia sull'ecotassa dei Tir In palio 900 milioni 28/10/2014 La Repubblica - Nazionale 35 Gruppo Cir, utile a 5,4 milioni lieve calo dei ricavi: -1,5% 28/10/2014 La Stampa - Nazionale 36 Si compra online ma sui siti stranieri 28/10/2014 La Stampa - Nazionale 38 Meridiana addio, mobilità confermata 28/10/2014 MF - Nazionale 39 Le italiane partivano a handicap 28/10/2014 MF - Nazionale 41 Nessuno è bocciato senza appello 28/10/2014 MF - Nazionale 43 Più che una Bad occorre un'Opportunity Bank se si vogliono salvare le pmi italiane 28/10/2014 MF - Nazionale 45 L'Eni rischia di diventare troppo piccola 28/10/2014 MF - Nazionale 46 LA PLASTICA DI BIO-ON DEBUTTANTE DI SUCCESSO TRA TANTE IPO MANCATE
SCENARIO PMI 28/10/2014 Il Sole 24 Ore 48 Varese lancia il rating di filiera 28/10/2014 Il Sole 24 Ore 50 «Tornare alla realtà per ritrovare la via della crescita» 28/10/2014 La Repubblica - Bologna 51 Regione, candidati a confronto Bonaccini attacca le partecipate Fabbri i rom, Gibertoni il sistema 28/10/2014 La Repubblica - Nazionale 53 Dalle raffinerie dell'Eni all'acciaieria di Terni 160 crisi e 28 mila esuberi 28/10/2014 Europa 54 Quello che abbiamo visto a Pechino
CONFIMI 3 articoli
28/10/2014 La Repubblica - Torino Pag. 13 (diffusione:556325, tiratura:710716) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato LA NOMINA Sardo guida le imprenditrici dell' Api CAMBIO della guarda al vertice dell'Apid, l'associazione che riunisce l'imprenditoria femminile dell'Api di Torino. La nuova presidente si chiama Brigitte Sardo, classe 1981, edè la titolare della Sargomma di Torino, azienda con 18 dipendenti specializzata in materiali in gommae plastica per usi industriali. Raccoglie il testimone da Giovanna Boschis Politano, che resterà nel consiglio direttivo dell'Apid dopo averla guidata per 16 anni consecutivi. «Assumere la presidenza in questo periodo significa prendere un impegno di grande responsabilità, ma io credo che oggi sia molto importante il ruolo di un'associazione come Apid», spiega la nuova "capitana" delle imprenditrici torinesi. Che per il suo mandato si pone obiettivi specifici: «Le nostre imprese - spiega Brigitte Sardo - non hanno bisogno di generici aiuti ma di essere messe in condizione di produrre alla pari delle altre. Credo che un'associazione come la nostra debba lavorare in questa direzione, oltre che fornire tutte le occasioni possibili per creare reti sempre più salde fra aziende e per aggiornare le conoscenze e le possibilità di cui le imprese possono approfittare per creare occupazione e benessere». Foto: AL TIMONE Brigitte Sardo neo presidente Apid CONFIMI - Rassegna Stampa 28/10/2014 6
28/10/2014 Il Giornale di Vicenza Pag. 10 (diffusione:41821, tiratura:51628) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato CONFIMI . Lorenzin «Finalmente attivo il sito per le fatture elettroniche» «È positiva l´attivazione del nuovo servizio di fatturazione elettronica (https://fattura-pa.infocamere.it) messo a disposizione gratuitamente dal sistema camerale, a favore delle piccole e medie imprese. Anche se in ritardo rispetto allo start del 6 giugno, che però ha riguardato solo i fornitori di alcune amministrazioni (Stato, Agenzie ed enti previdenziali), la nuova piattaforma permetterà di affrontare con maggiore serenità lo scoglio del 31 marzo 2015 quando l´obbligo sarà esteso a 360 gradi alle forniture verso qualsiasi pubblica amministrazione». Così il vicentino Flavio Lorenzin, vicepresidente nazionale di Confimi Impresa con delega alla semplificazione. «Positivo, in particolare che il nuovo servizio comprenda, sempre gratuitamente, anche la conservazione sostitutiva eliminando l´ingiustificata disparità rispetto alle Pmi fornitrici Mepa. È un importante passo in avanti, in linea con le osservazioni e le richieste formulate da Confimi impresa la scorsa estate. La soluzione riguarda, però, solo le Pmi che emetteranno poche fatture Pa (circa 20)». Va quindi eliminata "tout court" l´onere della conservazione sostitutiva. CONFIMI - Rassegna Stampa 28/10/2014 7
28/10/2014 Prima Pagina - Modena Pag. 23 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Il presidente di Confimi Impresa Paolo Agnelli promuove la manovra del Gover no INTERVENTO «No a retromarce sulla Legge di stabilità» «Ripensare l'annullamento del credito d'imposta sulla ricerca» eliminazione dell'Irap sul costo del personale va finalmente incontro ad una esigenza ed una richiesta che da tempo le industrie chiedevano per essere allineate al resto del mondo competitivo». Così il presidente di Confimi Impresa Paolo Agnelli promuove la Legge di stabilità del Governo e chiede non vengano fatte re t ro m a rc e. «Chi meglio dell'industria manifatturiera è consapevole delle difficoltà del momento - esordisce Agnelli - per questo apprezziamo gli sforzi e l'impianto della Legge di Stabilità. Per le imprese è importante avere però una strada tracciata, non sono più possibili retromarce soprattutto se parliamo di Irap: quello deciso deve restare. Anche l'annunciata possibilità di assumere a tempo indeterminato con sgravi contributivi al 100% per 3 anni è un segnale in controtendenza rispetto alle ultime politiche messe in atto: non sono ancora questi gli alibi per cui le aziende non assumono, ma rappresentano un primo segnale di vera considerazione per il mondo p ro d u t t ivo » . «Ci auguriamo invece da subito - prosegue Agnelli - che vi sia un ripensamento sull'annullamento del credito d'imp o s t a s u l l a r i c e r c a 2013-2014, una situazione che penalizza le aziende che hanno investito in questi anni e che offre un quadro disarmonico se si pensa a come nell'ultimo triennio si siano vanificati gli sforzi di queste imprese con continui ridimensionamenti o rimandi ed uno sforzo maggiore sulla riduzione dei costi energetici». «Infine - chiosa Agnelli - in attesa di maggiori dettagli sulla questione TFR ci auguriamo che lo Stato in qualche modo premi lo sforzo delle aziende visto che potrà incassare in media 15 anni prima delle scadenze previste con una fiscalità non ordinaria e che in generale non vi siano ulteriori aggravi ed incombenze burocratiche sulle i m p re s e » . Il presidente di Confimi Impresa Paolo Agnelli CONFIMI - Rassegna Stampa 28/10/2014 8
CONFIMI WEB 3 articoli
27/10/2014 impresamia.com Sito Web 15:41 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato LEGGE STABILITA' - Confimi: bene impianto legge ma niente retromarce pagerank: 3 "Chi meglio dell'industria manifatturiera è consapevole delle difficoltà del momento - afferma Paolo Agnelli, presidente di Confimi Impresa - per questo apprezziamo gli sforzi e l'impianto della Legge di Stabilità". "L'eliminazione dell'Irap sul costo del personale va finalmente incontro ad una esigenza ed una richiesta che da tempo le industrie chiedevano per essere allineate al resto del mondo competitivo - prosegue il Presidente di Confimi Impresa - Parliamo di misure che partiranno dal 2015. Per le imprese è importante avere però una strada tracciata, non sono più possibili retromarce soprattutto se parliamo di IRAP: quello deciso deve restare. Anche l'annunciata possibilità di assumere a tempo indeterminato con sgravi contributivi al 100% per 3 anni è un segnale in controtendenza rispetto alle ultime politiche messe in atto: non sono ancora questi gli alibi per cui le aziende non assumono, ma rappresentano un primo segnale di vera considerazione per il mondo produttivo". "Ci auguriamo invece da subito - prosegue Agnelli - che vi sia un ripensamento sull'annullamento del credito d'imposta sulla ricerca 2013-2014, una situazione che penalizza le aziende che hanno investito in questi anni e che offre un quadro disarmonico se si pensa a come nell'ultimo triennio si siano vanificati gli sforzi di queste imprese con continui ridimensionamenti o rimandi ed uno sforzo maggiore sulla riduzione dei costi energetici". "Infine - chiosa Agnelli - in attesa di maggiori dettagli sulla questione TFR ci auguriamo che lo Stato in qualche modo premi lo sforzo delle aziende visto che potrà incassare in media 15 anni prima delle scadenze previste con una fiscalità non ordinaria e che in generale non vi siano ulteriori aggravi ed incombenze burocratiche sulle imprese". CONFIMI WEB - Rassegna Stampa 28/10/2014 11
27/10/2014 impresamia.com Sito Web 10:46 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato PA - Fatturazione elettronica: Confimi impresa: bene il tool Unioncamere, ma l'obbligo di conservazione va eliminato per tutti pagerank: 3 "Positiva, - commenta Flavio Lorenzin, vicepresidente Confimi Impresa con delega alla Semplificazione e ai rapporti con la P.A., - l'attivazione del nuovo servizio di fatturazione elettronica (https://fattura- pa.infocamere.it) messo a disposizione gratuitamente dal sistema camerale, a favore delle piccole e medie imprese. Anche se in ritardo rispetto allo start del 6 giugno, che però ha riguardato solo i fornitori di alcune amministrazioni (Stato, Agenzie ed enti previdenziali), la nuova piattaforma permetterà di affrontare con maggiore serenità lo scoglio del 31 marzo 2015 quando l'obbligo sarà esteso a 360 gradi alle forniture verso qualsiasi pubblica amministrazione (comuni, province, regioni, asl, ecc)." Prosegue Lorenzin: "Positivo, in particolare, che il nuovo servizio comprenda, sempre gratuitamente, anche la conservazione sostitutiva eliminando l'ingiustificata disparità rispetto alle PMI fornitrici MEPA." "Si tratta di un importante passo in avanti, in linea con le osservazioni e le richieste formulate da Confimi impresa la scorsa estate; - conclude il Vice Presidente di Confimi Impresa - "La soluzione riguarda, però, solo le PMI che emetteranno poche fatture PA (circa 20), mentre non potrà essere utilizzata dai fornitori che superano i limiti dimensionali delle PMI. Per questo motivo, quindi, è importante, dal punto di vista normativo, eliminare "tout court" l'onere della conservazione sostitutiva in modo che il fornitore sia libero di valutare liberamente se attivare il (complesso) processo di conservazione sostitutiva oppure di stampare e conservare su carta la fattura elettronica. Il solo invio della fattura elettronica nel formato XLM (D.M. 55/2013) sarebbe, infatti, più che sufficiente a garantire gli obiettivi di efficientamento della PA, a prescindere dalla modalità di conservazione del fornitore. Dal punto di vista tecnico, infatti, non ci sono motivi per imporre l'obbligo della conservazione sostitutiva." CONFIMI WEB - Rassegna Stampa 28/10/2014 12
27/10/2014 www.vicenzapiu.com Sito Web 18:58 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Fatturazione elettronica PA e tool Unioncamere, Lorenzin: importante passo in avanti Confimi Impresa - "Positiva, - commenta Flavio Lorenzin, Vice Presidente Confimi Impresa con delega alla Semplificazione e ai rapporti con la P.A., - l'attivazione del nuovo servizio di fatturazione elettronica (https://fattura-pa.infocamere.it) messo a disposizione gratuitamente dal sistema camerale, a favore delle piccole e medie imprese. Anche se in ritardo rispetto allo start del 6 giugno, che però ha riguardato solo i fornitori di alcune amministrazioni (Stato, Agenzie ed enti previdenziali), la nuova piattaforma permetterà di affrontare con maggiore serenità lo scoglio del 31 marzo 2015 quando l'obbligo sarà esteso a 360 gradi alle forniture verso qualsiasi pubblica amministrazione (comuni, province, regioni, asl, ecc)." Prosegue Lorenzin: "Positivo, in particolare, che il nuovo servizio comprenda, sempre gratuitamente, anche la conservazione sostitutiva eliminando l'ingiustificata disparità rispetto alle PMI fornitrici MEPA." "Si tratta di un importante passo in avanti, in linea con le osservazioni e le richieste formulate da Confimi impresa la scorsa estate; - conclude il Vice Presidente di Confimi Impresa - "La soluzione riguarda, però, solo le PMI che emetteranno poche fatture PA (circa 20), mentre non potrà essere utilizzata dai fornitori che superano i limiti dimensionali delle PMI. Per questo motivo, quindi, è importante, dal punto di vista normativo, eliminare "tout court" l'onere della conservazione sostitutiva in modo che il fornitore sia libero di valutare liberamente se attivare il (complesso) processo di conservazione sostitutiva oppure di stampare e conservare su carta la fattura elettronica. Il solo invio della fattura elettronica nel formato XLM (D.M. 55/2013) sarebbe, infatti, più che sufficiente a garantire gli obiettivi di efficientamento della PA, a prescindere dalla modalità di conservazione del fornitore. Dal punto di vista tecnico, infatti, non ci sono motivi per imporre l'obbligo della conservazione sostitutiva." Leggi tutti gli articoli su: Confimi Impresa, Fatturazione elettronica, Flavio Lorenzin CONFIMI WEB - Rassegna Stampa 28/10/2014 13
SCENARIO ECONOMIA 21 articoli
28/10/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:619980, tiratura:779916) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Il giudizio sul sistema Paese gufi o allocchi? c'è una terza via Antonio Polito P er anni politici e banchieri ci hanno garantito che il nostro sistema bancario era il più solido di tutti. La smentita arrivata dall'esame della Bce si può dunque spiegare in due modi: o i problemi delle banche italiane sono stati sottovalutati qui, o sono stati sopravvalutati dall'Europa. Oppure tutte e due le cose insieme. Delle nostre colpe parlano i numeri: siamo la maglia nera, con due grandi istituti chiamati a rafforzare il loro capitale; un terzo dei miliardi che mancano sono addebitabili a noi; la più antica banca del mondo, Monte dei Paschi, è oggi la più debole d'Europa. Avessimo ricapitalizzato prima, invece di sbandierare ottimismo, forse avremmo anche avuto più credito disponibile in questi anni. E quando mai i governi italiani si sono occupati dei criteri di questi test di cui oggi ci lamentiamo? D'altra parte è fuor di dubbio che l'esaminatore è stato particolarmente severo con noi. E non può trattarsi di un pregiudizio etnico, visto che il presidente della Bce è un italiano, alla guida della Banca d'Italia fino al 2011. Ma ogni volta che finisce in un sistema di valutazione internazionale, l'Italia sconta la debolezza intrinseca della sua economia e del suo sistema Paese. Giudicare la solidità di banche in una nazione che ha perso un decimo del suo Pil in sette anni è infatti cosa ben diversa che giudicare le banche tedesche. Contro di noi gioca sempre un sospetto in più. Come diceva l'apertura del Financial Times di ieri: «L'Italia finisce sotto pressione dopo che nove banche falliscono gli stress test». Siamo sempre sotto pressione. È un po' quello che accade anche ai nostri conti pubblici. Renzi ha dovuto strappare quasi con la forza a Bruxelles uno sconticino dello 0,2% (la Commissione voleva lo 0,5%, ieri il governo ha accettato lo 0,3%). Ma la vicenda delle banche ci ricorda che non è solo l'energia e neanche la statura del leader a fare il peso specifico di un Paese; che si calcola con altri criteri, crescita economica, credibilità internazionale, proiezione estera, forza militare. Ogni debolezza amplifica le altre: l'economia reale condiziona i test sulle banche, questi provocano il crollo della Borsa di ieri, che a sua volta influenza l'economia reale. È una lezione da tener presente. Per uscire dalla nostra crisi non basterà gettare il cuore oltre l'ostacolo: bisognerà farci passare l'intero corpo di un'Italia oggi molto gracile. Questo richiede un sistema Paese forte e coeso, dove non brilli solo la stella di un capo, tanto più forte quanto più solitario. E una classe dirigente consapevole della perdurante gravità dei nostri problemi: una terza via tra i gufi e gli allocchi, per i quali va sempre tutto bene. © RIPRODUZIONE RISERVATA SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 28/10/2014 15
28/10/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:619980, tiratura:779916) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato le debolezze nascoste Perché ancora non riusciamo ad avere credito Salvatore Bragantini pagelle bancarie testé distribuite van commentate evitando sia il vittimismo, sia la supina accettazione; siamo a un passo storico per l'Europa. Sarebbe strano che, avendo noi perso l'11 per cento del Prodotto interno lordo dal 2008, le banche italiane fossero promosse con lode, ma la nostra fragilità politico-sociale attira i fulmini degli esaminatori. u n alunno svogliato ma ben instradato in famiglia se la cava meglio di un altro che nessuno segue. Banca Mps paga, incolpevole, l'essere agli inizi di una complessa ristrutturazione, ma le banche «peggiori» sono tutte nell'area euro, che vive una fase incerta e confusa. Le violente critiche tedesche all'azione della Bce tarpano la risposta dell'eurozona nel suo insieme alla crisi. Se si ha la febbre, è sciocco prendersela con il termometro. L'esame ha usato criteri razionali, evitando però di dare adito ad altre accuse sulla nazionalità del presidente Bce che, ex governatore di Bankitalia, sa pregi e difetti delle nostre banche. Chiediamoci allora se sia sano trattare chi fa credito all'economia con categorie valide per chi investe in titoli così complessi da essere invalutabili. Scrive Marco Onado ( Il Sole 24 Ore ) che grazie alla magia dei modelli interni Deutsche Bank passa avendo solo il 2,4% del totale attivo, contro il 6,2% di Intesa. I titoli complessi rendono più del credito, nel quale le nostre sono più impegnate; difatti il loro rendimento sul capitale è metà di quello dell'eurozona, pur insufficiente per gli investitori. Se però le banche non guadagnano abbastanza, non fanno credito: onde la necessità che sia il mercato a finanziare l'economia, supplendo alle carenze di quelle. Tanto più che ora le banche minori, non interessate dai test ma soggette agli stessi problemi delle grandi, capiranno l'antifona. Pesa la difficoltà di realizzare le garanzie in Italia, anche per cause trascurate, come i ricatti delle banche prive di garanzie a chi ne ha, o il peso della criminalità nel Sud. Ne soffre il giudizio sulla robustezza delle nostre banche: paghiamo l'essere Stato debole, con cittadini refrattari all'agire (e battersi assieme) come una comunità d'interessi. Un Paese serio, anziché piangere, deve prenderne nota, per cambiare. Salvatore Bragantini © RIPRODUZIONE RISERVATA SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 28/10/2014 16
28/10/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 5 (diffusione:619980, tiratura:779916) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Le banche bocciate tirano giù la Borsa Mps perde il 21%, Carige cede il 17%. Piazza Affari chiude la giornata in ribasso del 2,4% Gli operatori scommettono sulle aggregazioni. Il caso Popolari. Lo spread risale a 168 punti Due settimane di stop La Consob ha vietato per due settimane le vendite allo scoperto su Mps e Carige S.Ta. ROMA È stata una giornata di tempesta, ieri, a Piazza Affari che ha chiuso con una perdita del 2,40%, a 19.028 punti. A trascinarla in basso il calo dei titoli bancari ed in particolare il crollo delle quotazioni di Mps e di Carige. Le due banche hanno pagato pesantemente la bocciatura subita agli esami condotti dalla Bce in vista dell'avvio della Vigilanza unica il prossimo 4 novembre. Mps, sospesa a più riprese dalle contrattazioni, è arrivata a perdere il 21,5%, mentre Carige è caduta del 17%. Le vendite, e i ribassi, però non hanno coinvolto solo gli istituti di Siena e Genova, ma hanno colpito un po' tutti i titoli bancari, anche quelli di banche come Ubi Banca (-5,15%), Intesa Sanpaolo (-3,14%) e Unicredit (-2,55%), uscite a testa alta, registrando importanti eccedenze di capitali, dai test di Francoforte. Evidentemente la reazione degli investitori ha registrato il fatto che l'Italia, anche per la comunicazione a gradi degli esiti del Comprehensive assestment che all'inizio indicava 9 banche - nella gran parte Popolari - del nostro Paese in difficoltà sulle 15 che si erano sottoposte alla verifica, ha dato l'impressione di non uscire bene dall'esame europeo. Nonostante le rassicurazioni date dalla Banca d'Italia sulla solidità del sistema e anche dai principali analisti che hanno sottolineato l'esito complessivamente positivo dei test, visto che tutte e 15 banche hanno superato lo scoglio della verifica degli attivi di bilancio, e - ma non più di 2 - sono state messe in difficoltà solo dalle prove di resistenza (stress test) rispetto ad uno scenario economico tanto disastroso quanto improbabile. In ogni caso ieri Piazza Affari è stata la peggiore in Europa - seguita da Madrid (-1,39%, Francoforte (- 0,95%), Parigi (-0,78%) e Londra (-0,40%) - e la Consob è intervenuta due volte, la prima, in mattinata per vietare le vendite allo scoperto per i titoli Mps e Carige così da frenarne il crollo e la seconda in serata per annunciare il prolungamento del divieto, reso più ampio, fino al 10 novembre, data entro la quale le due banche dovranno presentare il piano di rafforzamento del capitale da realizzare entro luglio. Il mood negativo sull'esito degli stress test si è propagato anche sul mercato secondario facendo risalire i tassi dei titoli di Stato italiano, in controtendenza con il trend della giornata, il rendimento del Btp decennale è salito al 2,55% e lo spread con il bund tedesco di pari durata è tornato ad ampliarsi a 168 punti base, distanziandosi in modo marcato dai Bonos spagnoli dai quali ora sono divisi da 42 punti base, per la prima volta dal febbraio 2012. Sul mercato però i principali analisti - anche a dispetto della stampa straniera che ieri da Ft a WSJ per non parlare dei quotidiani tedeschi ha puntato l'indice sulla debolezza del sistema bancario del nostro Paese - sono convinti che la tempesta non durerà molto. © RIPRODUZIONE RISERVATA Gli esami Gli stress test effettuati dalla Bce sono valutazioni sulla tenuta delle banche in caso di forte deterioramen-to del quadro economico nel bienni 2014-1016 Oltre a Mps e Carige, gli istituti italiani sotto esame erano Credito Valtellinese, Bper, Bpm, Pop Sondrio, Pop Vicenza; Banco Popolare, Credito emiliano, Iccrea holding, Intesa Sanpaolo, Mediobanca Unicredit, Ubi, Veneto banca La valutazione complessiva della Bce ha preso in considerazione anche la qualità degli attivi, la cosiddetta asset quality review Il percorso si conclude il 4 novembre con l'assunzione da parte della Bce del ruolo di Authority di vigilanza del sistema bancario Ue Foto: Andrea Enria presidente Eba, l'autorità Ue di supervisione bancaria SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 28/10/2014 17
28/10/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 33 (diffusione:619980, tiratura:779916) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato INTERVISTA «Municipalizzate? Prima le micro fusioni» Tommasi di Vignano (Hera): noi guardiamo ad Aimag di Modena. Poi le integrazioni dei big come Iren-A2A Francesca Basso MILANO Non è ancora tempo di maxi aggregazioni, la strada giusta è quella del passo dopo passo. Lo dice il presidente di Hera, Tomaso Tommasi di Vignano. Ma lo dicono anche gli analisti. Hera, la multiutility dell'Emilia Romagna, con ramificazioni in Veneto, Friuli Venezia Giulia e Marche, è considerata un modello di governance perché i Comuni azionisti seppero fare un passo indietro al tempo dell'aggregazione nata il primo novembre di dodici anni fa. Se nel loro complesso i soci pubblici del territorio di riferimento - 124 legati da un patto di sindacato, tra cui Bologna, Padova, Trieste, Udine, Modena, Imola e Ravenna - sono oltre 200, con una quota complessiva di circa il 57,3% del capitale sociale, singolarmente ciascuno non supera il 10%. L'ultimo «importante», il Comune di Bologna, è sceso di recente al 9,9%. E pensare che prima della quotazione, nel giugno del 2003, Bologna aveva il 37,6%. «All'epoca i sindaci ebbero un'intuizione corretta e visionaria. C'era bisogno di consolidare le diverse realtà e i Comuni capirono che per supportare lo sforzo infrastrutturale era necessario che le municipalizzate crescessero di dimensioni», ricorda il presidente, alla guida di Hera dal novembre 2002. «In questi anni la crescita del gruppo è stata per il 47% legata alle acquisizioni e per il 53% organica. Il margine operativo lordo è passato da un po' meno di 200 milioni a 810 a fine 2013». La maggior parte dei Comuni è restia a cedere le proprie quote, tanto che la legge di Stabilità prevede degli incentivi per favorire le aggregazioni tra multiutility. «Il tema è aperto. Nel nostro Paese, rispetto all'Europa occidentale, c'è un elevato numero di utility. Si tratta di una filiera che può diventare più importante quanto più grandi sono i gruppi. È necessario stimolare un percorso che vada verso un consolidamento ulteriore». Cosa cambia per voi con la legge di Stabilità? «Stiamo parlando in termini di giudizio più che di operatività. Il nostro piano industriale al 2018, definito prima della legge di Stabilità, prevede già ogni anno e mezzo un'operazione che ci faccia allargare il perimetro. E abbiamo già individuato due aziende target oltre ad Amga. Con la legge di Stabilità potrebbero maturare condizioni aggiuntive che potrebbero portare a un'accelerazione». Avete messo gli occhi su Aimag, la multiutility della provincia di Modena? «È oggetto del nostro interesse. È naturale visto che abbiamo già il 25% ma non abbiamo sottoscritto nulla». Iren e A2A hanno detto che affronteranno il dossier per un'eventuale fusione. La strada giusta è quella delle aggregazioni tra big? «Ci vorrà ancora qualche anno per le grandi multiutility, prima è necessario raggiungere un livello di consolidamento adeguato. Mi riferisco ad Hera ma anche alle altre. La prima fase da affrontare è quella di una crescita come abbiamo fatto finora, per piccole e medie aggregazioni. La priorità è che ognuno contribuisca al consolidamento della filiera nel Paese». Hera ha presentato un'offerta vincolante per il pacchetto clienti di E.on Italia. Se ve li aggiudicaste quale sarà l'impatto? «Hera ha 2 milioni di clienti elettricità e gas. Con gli 800 mila di E.on faremmo un salto rilevante». Com'è il rapporto tra il management e le centinaia di soci pubblici? «I ruoli sono stati chiari fin dall'inizio anche se c'era il rischio di una certa complessità, ma alla fine la numerosità degli azionisti ha aiutato a rispettarli». © RIPRODUZIONE RISERVATA Il gruppo La multiutility Hera è nata il primo novembre del 2002 e si è quotata nel giugno 2013 Se nel loro complesso i soci pubblici del territorio di riferimento - 124 legati da un patto di sindacato, tra cui Bologna, Padova, Trieste, SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 28/10/2014 18
28/10/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 33 (diffusione:619980, tiratura:779916) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Udine, Modena, Imola e Ravenna - sono oltre 200, che detengono una quota complessiva di circa il 57,3% del capitale, singolarmente ciascuno non supera il 10% Il piano industriale al 2018 prevede investimenti per 2,1 miliardi Foto: La crescita del gruppo è stata del 47% per acquisizioni e per il 50% organica Foto: L'Ebitda è passato da un po' meno di 200 milioni a oltre 830 a fine 2013 Foto: La priorità è che ognuno contribuisca al consoli-damento della filiera nel Paese SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 28/10/2014 19
28/10/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 37 (diffusione:619980, tiratura:779916) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Sussurri & Grida Il mito di Silicon Valley e l'avanzata delle start-up cinesi smarteconomy.corriere.it (m.sid.) Oltre alle mezze stagioni non ci sono più nemmeno le certezze della Silicon Valley: se difatti si prendono in considerazione le start up degli ultimi dieci anni che hanno superato il miliardo di dollari di valore «solo» il 40% viene dall'area californiana. È questo il risultato di uno studio di Atomico, venture capital londinese famoso per essere stato fondato da un tal Niklas Zennström - uno dei due fondatori di Skype - ma anche per avere investito in Supercell, la società che ha sviluppato Clash of Clans, valutata 3 miliardi. Su 134 compagnie, 52 vengono dalla Silicon Valley, 27 da altre aree degli Stati Uniti, 26 dalla Cina (questa è una notizia finora sottovalutata) e 21 dall'Europa. Quella di Zennström è una battaglia personale. Qualche mese fa aveva ricordato sul Ft : «Dieci anni fa quando stavo sviluppando Skype dalla Svezia, un potenziale investitore mi disse che avrebbe messo dei soldi a condizione che mi spostassi nella Silicon Valley». Lui non cedette. E Skype funzionò lo stesso. Morale: non è obbligatorio essere nella Valle del Silicio. E ora c'è la prova statistica. © RIPRODUZIONE RISERVATA Ei Tower con Unicredit per le torri Wind ( d.pol. ) Entra in manovra anche Ei tower, partecipata al 40% da Mediaset, in vista della scadenza di lunedì 10 novembre, stabilita dalla russa Vimpelcom per il deposito delle offerte non vincolanti propedeutiche alla vendita delle torri di trasmissione della controllata Wind. Secondo fonti di mercato, la società gestita da Guido Barbieri ( foto ) sarebbe già affiancata da Unicredit che entrerà formalmente in partita sia come consulente sia come banca finanziatrice. L'asset è un bel boccone. La valutazione delle 6 mila torri Wind sarebbe attorno 500-600 milioni e l'impegno economico dipenderà dalla quota che Wind metterà in vendita. Intanto Ei towers approfitta delle opportunità sul mercato. In dirittura d'arrivo è infatti l'acquisto di 200 torri nel Centro Sud Italia con un investimento poco sotto i 20 milioni. L'operazione porterà così a 2.900 il numero di siti. © RIPRODUZIONE RISERVATA Luxottica e gli occhiali intelligenti, prima Google ora Garmin ( f.d.r. ) Da Google ai «goggle». L'accordo di collaborazione con Sergey Brin e Larry Page per lo sviluppo di una nuova serie di Google Glass ha aperto una strada che Luxottica ritiene ricca di possibilità. E che va oltre Internet e le mirabolanti possibilità degli occhiali intelligenti di Mountain View. Il marchio americano del gruppo di Leonardo Del Vecchio, Oakley, ha annunciato ieri la firma di un accordo con Garmin, tra i leader mondiali nei terminali per la navigazione satellitare, per lo sviluppo di tecnologia da applicare agli occhiali da sci (in inglese «goggle»). Oakley produce già una «maschera» intelligente, la Airwave, dotata di un microprisma che riflette sull'interno delle lenti meteo, velocità, distanza. Con Garmin studierà l'estensione delle funzionalità del software e l'integrazione negli occhiali da sci della Garmin Virb Elite, una microcamera studiata appositamente per le attività sportive. © RIPRODUZIONE RISERVATA SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 28/10/2014 20
28/10/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato AIUTI DI STATO La foto che inganna di Isabella Bufacchi di Isabella Bufacchi Le fotografie scattate alle banche tra il 31 dicembre 2013 e l'ottobre 2014 nell'Aqr-stress test di Bce e Banca d'Italia non catturano i 474 miliardi di aiuti ai sistemi bancari di Germania, Spagna, Olanda, Irlanda, Austria, Belgio, Portogallo e Francia e i 4 dell'Italia. Le fotografie non sempre rendono giustizia. A volte sono sfocate, a volte hanno più ombre che luci, altre volte possono nascondere la verità o esaltare i particolari meno importanti o creare un'illusione. Non è sempre così, possono essere dei veri e propri capolavori, ma la fotografia può ingannare. Ed è comunque limitata a un preciso istante. Gli AQR e gli stress test hanno fotografato le 130 banche europee in più occasioni. Per gli AQR, la prima foto di gruppo è stata scattata il 31 dicembre 2013: in quel caso 9 banche italiane su 15 presentavano «potenziali» carenze di capitale ma il ritratto non era completo. A seguire le banche sono state immortalate tra il gennaio e il settembre 2014 per rilevare gli aumenti di capitale fatti in corsa prima della pubblicazione dei risultati della "valutazione approfondita": in questa foto di gruppo nessuna delle 15 banche italiane risultava carente di capitale in base all'AQR. Sono state poi scattate altre fotografie che oltre a tenere conto delle ulteriori misure di rafforzamento patrimoniale straordinarie decise nel corso dell'anno 2014, hanno anche mostrato le banche sotto stress per un arco di tempo triennale, in due prove di resistenza lunghe dal 2014 al 2016 con un doppio scenario, di base e avverso: in questa immagine finale, Mps e Carige sono risultate le uniche due banche italiane carenti di capitale, per un importo complessivo elevato quando rapportato a quello delle altre banche europee sottocapitalizzate per affrontare le avversità degli stress test. La foto conclusiva ha fatto un'istantanea al sistema bancario italiano tra i peggiori d'Europa. Peccato che in questo esercizio si siano perse altre fotografie, tra passato e futuro, tra il 2009 e il 2016, che avrebbero reso giustizia al sistema Italia. Per prima cosa, il confronto tra banche di Paesi diversi avrebbe potuto fotografare sullo sfondo anche il Pil e il rendimento dei titoli di Stato dei rispettivi Paesi al 31 dicembre 2013: questo avrebbe aiutato la lettura dello stress test con scenario avverso perchè in quella prova di resistenza l'Italia è entrata con un handicap rilevante rispetto, per esempio, alla Germania (che non è in recessione e i cui titoli di Stato hanno rendimenti ben più bassi). Altre fotografie che si sono perse sono quelle degli interventi pubblici a sostegno delle banche europee effettuati negli anni passati dai principali stati membri dell'eurozona (Italia esclusa) per 474 miliardi, che salgono a 610 se si aggiungono i 136 miliardi del Regno Unito e a valgono 478 se si aggiungono i 4 miliardi dell'Italia al 31 dicembre 2013 (1 ad oggi). Gli AQR e gli stress test hanno fotografato 2,9 miliardi di carenze potenziali di capitale per MPS e Carige «interamente riconducibili allo scenario avverso» e tenuto conto di 4 miliardi di intervento pubblico dello Stato italiano. La Germania è passata a pieni voti, ma al netto di 247 miliardi di interventi degli anni passati e che Eurostat ha classificato come aumento del debito pubblici ai fini dei calcoli di Maastricht: ricapitalizzazioni dirette e due bad banks, i "veicoli di salvataggio" EAA e FMS-WM. La fotografia di Mps e Carige crollate in Borsa ieri resterà stampata nella memoria di molti. Il fatto che le due banche debbano ricapitalizzarsi, a in fretta, è una cruda realtà. E' quello che è. Ma AQR e stress test nella valutazione approfondita della Bce e delle banche centrali nazionali e organi di vigilanza bancaria, che avevano l'obiettivo principale di rassicurare i mercati, garantire la solidità del sistema bancario europeo e la capacità di prevenire ed evitare rischi sistemici bancari futuri, assicurando l'apertura del canale del credito bancario all'economia, non hanno convinto con questo nuovo album della famiglia bancaria europea. SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 28/10/2014 21
28/10/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato @isa_bufacchi © RIPRODUZIONE RISERVATA Germania 247,465 Regno Unito 136,381 Spagna 56,008 Olanda 51,213 Irlanda 48,468 Austria 26,069 Belgio 18,867 Portogallo 17,622 Francia * 11,452 Italia 4,071 *Al dicembre2008 Fonte:Eurostat Foto: Gli interventi Impatto sul debito pubblico ai fini dei calcoli di Maastricht degli interventi pubblici per le banche. In mld di euro al 31/12/2013 SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 28/10/2014 22
28/10/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato PIANO PER SIENA Viola e Profumo al Mef sui Monti bond Marco Ferrando Marco Ferrando u pagina 4 Il giorno dopo la pagella della Bce e dell'Eba, il vertice del Monte dei Paschi si è presentato in Banca d'Italia e al Ministero dell'Economia. Per fare il punto sui risultati, ma soprattutto sul piano che ora la banca dovrà mettere a punto entro il 10 novembre per recuperare i 2,1 miliardi di capitale necessari a far fronte a un'eventuale situazione di stress. Poco prima che sulla vicenda si esprimesse anche il premier Matteo Renzi («Siamo pronti a fare di tutto per far si che il sistema economico funzioni ma sono convinto che Mps e Carige troveranno le risposte da dare»), secondo quanto risulta a Il Sole 24 Ore, ieri nel pomeriggio il presidente Alessandro Profumo e il ceo Fabrizio Viola, avrebbero incontrato i vertici della Vigilanza. Da Via Nazionale non sono arrivate conferme al riguardo, ma è probabile che all'incontro abbia preso parte anche il Governatore, Ignazio Visco. Al centro del confronto, si diceva, non solo i risultati del comprehensive assessment - su cui sarebbero stati commessi anche alcuni errori, con la Bce costretta a rimuoverli brevemente dal proprio sito dopo averli pubblicati, come riporta il Wall Street Journal - ma anche la strada da seguire nei prossimi mesi. La pessima giornata di ieri, che ha visto la banca perdere il 21,5% in Borsa e veder bruciato in un giorno un miliardo di capitale, ha dimostrato che non c'è tempo da perdere. Secondo quanto si apprende, la strategia che a Siena si starebbe mettendo a punto insieme ai due advisor, Ubs e Citigroup, sarebbe in due fasi: da un lato, le azioni sul breve periodo per portare a casa i 2,1 miliardi, dall'altro il monitoraggio del mercato europeo (e non solo) del credito per capire se ci sono le premesse per un'aggregazione. Il nodo Monti bond Al vertice in Via XX Settembre, invece, si sarebbe approfondito in particolare il tema dei Monti Bond. Come noto, il Monte dei Paschi oltre due anni fa ne ha incassati per circa 4 miliardi: a inizio luglio, forte dell'ultimo aumento, ne ha rimborsati per 3 miliardi, e oggi ne resta in pancia uno solo. L'ipotesi che venga rimborsato entro il 2016, cioè nel triennio preso in esame dagli stress test, ha contribuito per 760 milioni a creare lo shortfall di capitale stigmatizzato dalla Bce: al vertice di ieri, si sarebbero esaminate le possibilità alternative, cioè il mantenimento in essere del prestito obbligazionario oppure la conversione in azioni. Resterebbe ferma, comunque, la volontà di non ricorrere a ulteriori aiuti pubblici, come dichiarato ieri nell'intervista a Il Sole 24 Ore da Fabrizio Viola. Le altre contromisure Il nodo dei Monti bond non è da poco. Se sciolto a proprio favore, Rocca Salimbeni si troverà alle prese con un deficit patrimoniale ridotto a 1,35 miliardi. Più facile da colmare attraverso le contromisure cui stanno lavorando gli advisor della banca: la cessione di asset (a partire da Consum.it, per cui é in stato avanzato una trattativa che vede in campo Apollo e Deutsche Bank, e di non performing loans per 1,2 miliardi), il ricorso al mercato con un'emissione ibrida del tipo additional Tier 1 (anche se il contributo non potrà eccedere gli 830 milioni), la vendita di alcuni pacchetti di filiali. Sullo sfondo, l'ipotesi di un nuovo aumento di capitale; anche se si farà di tutto per evitarlo, visto che sarebbe il quarto dal 2008: secondo Mediobanca Securities, che ieri si è esercitata sul tema, la raccolta di risorse fresche dai soci può essere evitata. Se sul contenuto del piano resta l'incertezza, quel che è certo è che andrà approvato dal cda, in preallerta prima della prossima seduta già fissata a metà novembre per l'approvazione della trimestrale. L'aggregazione Mentre si lavora a puntellare i conti sul breve-medio periodo, gli advisor continueranno a sondare i grandi gruppi per un'eventuale aggregazione, ipotesi che ieri i vertici non hanno escluso. A meno di improbabili soluzioni "di sistema" (UniCredit si è chiamata fuori, con il ceo Federico Ghizzoni che ha ribadito «nessun interesse» anche solo per singoli asset del Monte), la pista italiana sembra assolutamente fuori portata; per SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 28/10/2014 23
28/10/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato questo, tra le porte a cui torneranno a bussare Ubs e Citi ci saranno quelle dei grandi trionfatori del comprehensive assessment. Dal Santander, protagonista nei panni del venditore dell'ultimo grande deal del Monte, Antonveneta, fino alle francesi, con particolare riferimento al Crédit Agricole e Bnp-Paribas. Ipotesi, per ora: in particolare questi ultimi, contattati dal Sole, hanno fatto notare «che quando lo stesso rumor ritorna ogni tre mesi vuol dire che non è vero». Come a suggerire che per il momento non c'è nulla. @marcoferrando77 © RIPRODUZIONE RISERVATA La chiusura di ieri di indici e titoli bancari LE BANCHE EUROPEE -2,49% SPAGNA Banco Santander -1,25% FRANCIA Bnp Paribas -1,99% REGNO UNITO Barclays -1,45% GERMANIA Deutsche Bank -3,14% ITALIA Intesa Sanpaolo -21,50% Mps -17,19% Carige -2,55% Unicredit Parigi -0,78% Cac40 Madrid -1,39% Ibex 35 Milano -2,40% Ftse Mib Francoforte -0,95% Obiettivi. Dati in miliardi di euro IL PIANO INDUSTRIALE Dati in % I GRANDI SOCI E I NUMERI IL CROLLO DEL TITOLO L'ANDAMENTO ORA PER ORA DI IERI Valore 2012 Obiettivo 2017 -4 -2 0 2 4 6 +1,0% Totale ricavi 5,2 5,0 Crescita media annua ponderata -4 -2 0 2 4 6 -5,0% Costi operativi 3,3 2,6 -4 -2 0 2 4 6 -18,0% Rettifiche nette su crediti -1,0 -2,7 -4 -2 0 2 4 6 N.S. Utile netto 0,9 -3,2 0 50 100 150 200 250 -4,0% Totale attivo 218,9 180,7 0 50 100 150 200 250 -1,0% Raccolta diretta 133,4 125,7 0 2 4 6 8 10 +1,1P.P. Dati in % I GRANDI SOCI E I NUMERI IL CROLLO DEL TITOLO L'ANDAMENTO ORA PER ORA DI IERI Valore 2012 Obiettivo 2017 -4 -2 0 2 4 6 +1,0% Totale ricavi 5,2 5,0 Crescita media annua ponderata -4 -2 0 2 4 6 -5,0% Costi operativi 3,3 2,6 -4 -2 0 2 4 6 -18,0% Rettifiche nette su crediti -1,0 -2,7 -4 -2 0 2 4 6 N.S. Utile netto 0,9 -3,2 0 50 100 150 200 250 -4,0% Totale attivo 218,9 180,7 0 50 100 150 200 250 -1,0% Raccolta diretta 133,4 125,7 0 2 4 6 8 10 +1,1P.P. Core Tier 1 Common equity ratio 10,0% 8,9% York Capital 5,02 Ubs 2,87 Axa 2,05 Fintech (Messico) 4,50 Btg Pactual (Brasile) 2,00 Fondazione Mps La Fondazione comunica la cessione del 6,5% a Btg Pactual e Fintech 31 Marzo Marcello Clarich viene eletto nuovo presidente della Fondazione 11 Agosto Fintech e Btg entrano in Cda 9 Ottobre Si chiude con successo l'aumento della banca 27 Giugno Titolo sotto pressione in vista dei risultati Bce 20 Ottobre Pubblicazione risultati comprehensive assessment 2 Settembre La Fondazione comunica la cessione del 6,5% a Btg Pactual e Fintech 31 Marzo Marcello Clarich viene eletto nuovo presidente della Fondazione 11 Agosto Fintech e Btg entrano in Cda 9 Ottobre Si chiude con successo l'aumento della banca 27 Giugno Titolo sotto pressione in vista dei risultati Bce 20 Ottobre Pubblicazione risultati comprehensive assessment 26 Ottobre 0 0,5 1,0 1,5 2,0 2,5 0,775 0,80 0,825 0,85 0,875 Chiusura di venerdì 1,00 0,785 Chiusura di ieri Antonella Mansi viene eletta presidente della Fondazione Mps LA PAROLA CHIAVE Monti bond Sono strumenti subordinati convertibili in azioni Mps, che sono stati emessi dall'istituto senese e sottoscritti dal Tesoro. Servirono per rafforzare il patrimonio della banca con intervento pubblico. I Monti bond sono titoli ibridi perché mettono insieme caratteristiche obbligazionarie e azionarie. Foto: La fotografia SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 28/10/2014 24
28/10/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato BANCHE CENTRALI Quei passi falsi di Bce e Fed di Donato Masciandaro di Donato Masciandaro In un momento di forte incertezza le banche centrali dovrebbero evitare di aumentare la confusione, che accentua la volatilità dei mercati. Invece la Bce, con gli annunci sugli stress test, e la Fed, con le parole in libertà sulla politica monetaria, hanno compiuto grossi passi falsi. Concentriamoci sull'Europa. Ieri i mercati finanziari sono stati investiti dall'onda d'urto provocata dall'annuncio della Bce con i risultati della valutazione sulla qualità dei bilanci delle maggiori banche europee. Il problema è che difficilmente si sarebbe potuta immaginare una politica di annuncio più inefficace. In primo luogo esiste una oggettiva difficoltà a definire l'oggetto della misurazione in un momento in cui nasce un sistema europeo di vigilanza unico in cui però i soggetti rilevanti sono almeno tre: la Bce, l'autorità bancaria europea (Eba) e le autorità bancarie nazionali, banche centrali e non - ove quest'ultima entità a sua volta rappresenta un insieme eterogeneo di attori istituzionali. Per cui le banche europee rilevanti sono 120 se si considerano quelle che verranno direttamente sorvegliate dalla Bce a partire dal 4 novembre, diventano 130 se invece si contano quelle che la Bce ha sottoposto alla valutazione dei bilanci, passano a 123 se invece il campione è quello utilizzato dall'Eba, in cui vi sono banche di Paesi membri e non membri dell'Unione. Solo 92 istituti appartengono a tutti e tre gli insiemi. Questo fatto è oggettivamente un motore di confusione, che non dipende però dalle autorità di vigilanza. Ma la confusione aumenta nel momento in cui la Bce decide di comunicare per ogni banca nello stesso giorno tre risultati diversi: una valutazione di bilancio, il risultato di una simulazione di base (stress test di base) e il risultato di una simulazione estrema (stress test avverso). Era necessario? In primo luogo, mentre l'effetto di una politica di annuncio sulla valutazione dei bilanci bancari è sicuramente positivo in termini di maggiore trasparenza nei confronti dei mercati, lo stesso non si può dire degli stress test. Due sono almeno le ragioni. Da un lato gli stress test non sono delle previsioni; per cui essi rischiano di nascere morti, nel momento in cui i dati effettivi o quelli più probabili già smentiscono le assunzioni su cui gli stress test si basano. È quello che ieri è accaduto su alcune assunzioni base degli stress test Bce legate alla dinamica della crescita, dei prezzi e dei tassi. Dall'altro lato - e di conseguenza - le assunzioni sono assolutamente soggettive e quindi fisiologicamente opinabili, soprattutto se il campione di analisi è eterogeneo, come è il caso di banche che appartengono a classi dimensionali e a regioni economiche diverse. Anche questo ieri è accaduto, se pensiamo alle critiche e perplessità che le simulazioni hanno sollevato in termini di disparità nel grado di severità delle stesse. Dunque gli stress test hanno tutte le caratteristiche per aumentare - non per ridurre - la volatilità delle informazioni. Un effetto che andrebbe evitato, soprattutto nella fase storica - unica e delicata - di avvio di una nuova architettura di vigilanza, in più nel bel mezzo di una fase congiunturale di estrema fragilità. Ma assumiamo pure di essere convinti dell'utilità degli stress test, perché comunque annunciarli in contemporanea alle valutazioni di bilancio? Tre pagelle aumentano l'informazione o la confusione? Ma non basta. Le pagelle della Bce erano datate, fermandosi alla fine dello scorso anno. Intanto le banche europee non sono state con le mani in mano, in termini di rafforzamento patrimoniale. Del rafforzamento patrimoniale si è tenuto doverosamente conto nelle valutazioni formulate dalla Bce. Questo significa però che le pagelle da tre diventano sei. La confusione aumenta; l'effetto è divenuto vieppiù evidente con le comunicazioni e/o le osservazioni offerte dai vigilanti nazionali. Nel caso dell'Italia vi è stato un circostanziato documento della Banca d'Italia, che ha aiutato a comprendere che - a seconda della pagella considerata - le banche cosiddette bocciate erano 9, oppure 8, oppure 4, oppure due, oppure zero. Per amor di completezza, la cifra meno aleatoria è zero, in quanto e quella che corrisponde alla valutazione di bilancio con dati aggiornati. Ma questa giostra di cifre aumenta l'informazione o la confusione? SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 28/10/2014 25
28/10/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Per ora propenderemmo per la seconda ipotesi, almeno alla luce di due prime, elementari osservazioni. La prima evidenza è legata a quel che è avvenuto durante la conferenza stampa a Francoforte. Di fronte a una precisa domanda di una giornalista che chiedeva ragione delle discrasie nella comunicazione tra Francoforte e Roma, i responsabili della Bce hanno prima eluso la domanda, e poi offerto - con malcelata insofferenza - una non risposta. La seconda evidenza si trae dal modo in cui i media hanno trattato la notizia. Limitandosi alla carta stampata, sui quotidiani le banche italiane bocciate erano due o nove, a seconda del grado di comprensione e/o dell'intonazione che si voleva dare all'informazione sullo stato di salute del sistema bancario italiano. Sulla stampa internazionale l'informazione è stata invece un coro solo: le banche italiane bocciate sono nove, a dimostrazione della cattiva salute del sistema bancario italiano, della sua vigilanza, nonché del suo sistema-Paese, per non parlare dello stato precario dell'euro. Domanda finale: a chi giova una cattiva politica di annuncio sullo stato di salute delle banche italiane ed europee? Certo non è nell'interesse di un avvio sano e credibile della nuova vigilanza europea. © RIPRODUZIONE RISERVATA SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 28/10/2014 26
28/10/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato PARADOSSI DEI TEST Penalizzato chi fa credito di Morya Longo e Fabio Pavesi di Morya Longo e Fabio Pavesi Gli stress test della Bce raggiungono un risultato quasi paradossale: se da un lato sono stati eseguiti per rafforzare le banche in modo da permettere loro di tornare a erogare credito, dall'altro penalizzano proprio quelle che più si sforzano di sostenere le imprese. Morya Longo e Fabio Pavesi Iparametri su cui sono stati tarati gli stress test, a giudicare dai risultati, sembrano battere più duro sull'economia reale che sulla finanza. Se l'Italia esce sconfitta rispetto ad altri Paesi, è anche (non solo, ovvio) per questo: le nostre banche hanno la "colpa" di essere troppo esposte su un'economia reale che si deteriora. Se Paesi come la Germania escono vittoriosi, invece, è per il motivo opposto: l'economia è ben più forte di quella italiana - il che costituisce un indubbio vantaggio -, ma soprattutto le grandi banche tedesche sono poco esposte sull'economia reale e molto più sui mercati finanziari. I risultati comunicati dalla Bce domenica, infatti, sono in parte influenzati dalla scelta e dal peso dei parametri. Quando la Bce e l'Eba hanno immaginato lo scenario avverso su cui testare la sopportazione dei bilanci bancari, hanno ipotizzato un marcato calo del Pil (-6,1% per l'Italia nel triennio 2014-2016, -7,6% per la Germania e -6% per la Francia), un aumento della disoccupazione, un drastico calo dei prezzi degli immobili, una riduzione dell'inflazione. Questo ha avuto un impatto negativo, negli stress test, sul portafoglio crediti delle banche. Gli "esami sotto sforzo" hanno certamente tenuto in conto anche parametri finanziari, ma su questo fronte lo "stress" è stato minore: anche nello scenario avverso, infatti, le banche europee sul fronte della finanza avrebbero addirittura ben 6 miliardi di ricavi. Questo, inevitabilmente, ha condizionato i risultati finali. Perché le banche di certi paesi sono più sbilanciate sull'economia reale e quelle di altri Stati più sui mercati. Secondo i dati di R&S Mediobanca, relativi ai bilanci 2013, le banche italiane, spagnole e dei Paesi bassi sono le più impegnate a sostenere l'economia reale: i crediti verso la clientela sono pari al 56,3% del totale attivo per le principali banche italiane, al 58,4% per le spagnole e al 58,2% per le olandesi. Per intenderci: per ogni 100 euro impiegato dalle italiane, nonostante il credit crunch degli ultimi anni, 56 sono stati utilizzati per erogare credito a famiglie e imprese. Ovvio che se si ipotizza una nuova pesante recessione, dopo quella già vissuta, queste sono le banche che soffrono di più: sicuramente più delle tedesche (che hanno crediti alla clientela pari al 30,5% dell'attivo), delle francesi (36,1%) o delle inglesi (44,4%). Peccato che le banche tedesche e francesi siano piene zeppe di derivati: le big in Germania ne hanno per il 26,7% del totale attivo e quelle francesi per il 15,5%, mentre le italiane si fermano al 6,6%. Peccato che la maggior parte di questi derivati (l'89,9% in Germania) sia utilizzata per fare "trading" e non per fini di copertura dei rischi. Peccato, inoltre, che le banche tedesche e francesi siano ancora piene di titoli "tossici", quelli impossibili da valutare perché non hanno alcun valore di mercato: ammontano al 48% del patrimonio netto tangibile in Germania e al 27% in Francia, contro il 16,7% in Italia. Tutta questa finanza nei bilanci cambia in maniera sensibile il totale degli «attivi ponderati per i rischi» (Rwa), cioè il parametro chiave su cui si calcola il fabbisogno di capitale: le banche tedesche riescono a ridurli artificialmente più delle italiane perché la finanza pesa meno dell'economia reale nei bilanci (non solo negli stress test). Dunque riescono ad avere un livello di solidità patrimoniale più elevato. E la differenza si vede bene guardando le singole banche. Le tedesche (Landesbank comprese) hanno tutte superato gli esami. Anche la traballante Commerzbank, la seconda banca tedesca che per stare in piedi ha dovuto chiedere pesantemente aiuto allo Stato tedesco e ha fatto un aumento di capitale a maggio. I crediti sono meno della metà dell'attivo di bilancio. Il resto è trading finanziario. È poco più piccola come totale di SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 28/10/2014 27
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