Con le armi e con la penna - La poesia nella stampa clandestina della Resistenza - Festival dei Diritti Umani
←
→
Trascrizione del contenuto della pagina
Se il tuo browser non visualizza correttamente la pagina, ti preghiamo di leggere il contenuto della pagina quaggiù
TERZA PARTE D I M A R TA B O N Z A N I N I Con le armi e con la penna La poesia nella stampa clandestina della Resistenza “Capire l’8 settembre non era facile”. Così Nuto Revelli, ne Un punto di vista “dal basso”, La guerra dei poveri, sintetizza il clima di incertezza seguito dall’interno della storia all’annuncio dell’Armistizio. La sua è una vicenda esempla- re: reduce dalla campagna di Russia, identifica nella guerra “Non ci è concessa la libertà di parola: ce la prendiamo”. la causa del crollo del consenso al regime fascista e della Carlo e Nello Rosselli, nell’articolo introduttivo al primo nu- conseguente destituzione di Mussolini il 25 luglio 1943. Una mero di «Non Mollare», stampato in clandestinità a Firen- caduta che fu preludio all’8 settembre, alla fondazione della ze nel gennaio del 1925, chiariscono lo scopo della stampa repubblica di Salò, all’occupazione tedesca, ad una nuova, clandestina: la conquista di un diritto, la libertà di parola, terribile guerra, una guerra di liberazione e, insieme, una rivendicato a rischio della vita. guerra civile. Durante il ventennio fascista, per esprimere e far conoscere Lo stato neofascista intende creare un proprio esercito at- le proprie idee, si muore: muore in esilio in Francia Piero traverso i bandi di arruolamento: “Escono i bandi – scrive Gobetti, ideatore de «La Rivoluzione Liberale», muore Eu- Revelli – e i giovani si danno alla macchia”. Ma i renitenti genio Curiel, giovane direttore dell’edizione milanese de comprendono presto che nascondersi non basta: hanno bi- «L’Unità», muore Leone Ginzburg, arrestato nella tipografia sogno di viveri e armi per difendersi, di un gruppo cui fare romana mentre componeva il periodico del Partito d’Azione riferimento. “Perseguendo la renitenza, lo Stato neofascista «L’Italia Libera» deceduto in seguito alle percosse nel car- ottiene così il brillante risultato di trasformarla in resisten- cere di Regina Coeli. Liberali, comunisti, cattolici, non esiste za”1, sorta dunque come un moto spontaneo, generato dal idea o fede che non esiga di essere comunicata e condivi- rifiuto di una guerra percepita come ormai inutile e perdu- sa: “mai ci sentimmo così liberi come quando ritrovammo ta, un istinto di sopravvivenza. al fondo della nostra coscienza la capacità di ribellarci alla passiva accettazione” scrive Teresio Olivelli, fondatore de Se in città la resistenza è subito “politica”, per la presenza «Il Ribelle». dei partiti che non hanno cessato durante la dittatura di mantenere vive le proprie idee e di diffonderle per mez- Gli autori dei fogli “politici” compilati in città, spesso più zo della stampa clandestina, montagne, colline e cam- colti e consapevoli, ognuno radicato nelle proprie convin- pagne sono mondi contadini, provati da anni di guerra zioni ma attento alle necessità di mantenere unite le forze e miseria. I gruppi si organizzano in principio autonoma- antifasciste, analizzano la situazione militare e il fronte in- mente, attorno a figure carismatiche, senza una guida po- terno, propongono riflessioni sul futuro assetto istituzionale litica che sarebbe subentrata in un secondo momento per del paese. disciplinare, con fatica, un movimento spontaneo.2 Se ogni partito possiede il proprio organo d’informazione, La sopravvivenza dei ribelli dipende dalla solidarietà delle con il sorgere di fogli di brigata come «Il Combattente», famiglie contadine che forniscono alimenti e un tetto, se- organo ufficiale delle Brigate Garibaldi, si moltiplicano le gnalano l’avvicinarsi del nemico. Al centro della storia tor- edizioni locali e i giornali a limitata diffusione. Proprio in nano ad essere monti, crinali e valichi, affiorati dal silenzio questi fogli, fortemente legati al territorio, trova spazio l’e- dei secoli. Sarà questo mondo povero e dimenticato la culla spressione delle persone comuni, in prosa e in versi: si tratta di una nuova libertà di espressione. dunque di pagine utilissime per comprendere la mentalità e le aspettative dei “partigiani semplici” e per scoprire che, 45
CON LE ARMI E CON LA PENNA nell’abisso di uno dei momenti più tragici della storia dell’u- percezione del territorio si manifesta nella creazione del- manità, si è raggiunto il più alto grado di fiducia nel futuro e le “zone operative”, spesso definite in base ad antichi limiti nella possibilità di costruire una società più giusta. territoriali, come nel caso della sesta zona ligure, che com- prende uno spazio appenninico fra Lombardia, Emilia, Pie- Si tratta, da parte per lo più di giovani di circa vent’anni, in monte e Liguria. maggioranza contadini e operai che avevano frequentato le classi elementari durante il regime, di riappropriarsi della Il tributo di riconoscenza che dalle pagine della stampa “parola”. clandestina è offerto ai “paesi di montagna” è sovente unito ad una forte esigenza di rinnovamento sociale: La parola che durante il ventennio era stata piegata alle esigenze della propaganda, viene riscoperta, con grande “Esiste oggi un problema importante (…) quello difficoltà, nel suo valore di strumento di comunicazione dei paesi di montagna. Il problema delle case e di espressione libera. Emerge dal bisogno di raccontare saccheggiate e incendiate, delle bestie, del grano, un’esperienza drammatica ma unica e irripetibile, di cui si è dei soldi rubati, degli uomini e delle donne testimoni privilegiati, e di cementare lo spirito di apparte- uccisi dai nazifascisti. Il problema di Cichero, di nenza ad un gruppo. Nasce tuttavia anche da una esigenza Barbagelata, di Allegrezze, di Varzi, di Zavattarello. morale inedita, sebbene ancora confusa, dalla consape- Le popolazioni di montagna, tenute finora in uno volezza di vivere la gestazione di un mondo nuovo. Come stato desolante (…) hanno dimostrato a contatto esprimere tutto questo? Gli strumenti a disposizione dei coi partigiani di possedere qualità eccezionali giovani che avevano lasciato la scuola molto tempo prima (…). Ora le distruzioni e i saccheggi hanno ridotto sono modesti, sovente densi di retorica. Ciò nonostante an- gran parte dei montanari in condizioni tristissime: che di questi ci si riappropria con difficoltà quando la scrit- abbandonarli al loro destino (…), vorrebbe dire tura non è abituale. negare loro la possibilità (…) di aiutare in modo concreto il Paese che rinasce”.5 È dunque, quella della stampa clandestina, una parola fati- cosa e tenace, soprattutto corale: nonostante i partigiani si Talora, è proprio la tipica abitazione alpina a dare il nome firmino, la prosa è riproduzione scritta del racconto orale. ai fogli clandestini: Baita! Perché questo nome? titola l’ar- Novelle, frammenti di diario, necrologi si presentano come ticolo d’apertura del giornale dei garibaldini della brigata un patrimonio condiviso, costruito insieme, esito di un Garibaldi Nedo a firma di Francesco Moranino “Gemisto”: nuovo codice morale.3 È una parola non sempre “italiana”, “La baita, caratteristica abitazione degli alpigiani delle no- spesso dialettale, una parlata locale che ha poco di folklo- stre valli, con il suo odore caprigno, con i suoi tetti di stop- ristico: attesta un saldo legame con la comunità di prove- pie, con i suoi muri dalle mille fessure dove il vento rigido nienza, dalla quale i renitenti non si vogliono allontanare, a si filtra ed entra in connubio con il basso fumo denso, fu il rischio della vita. Rivendicano il legame con la propria terra, primo rifugio delle schiere di giovani che salite le valli si infatti scelgono le bande che operano il più vicino possibile fusero in quei nuclei di Patrioti”. Dopo pochi mesi “Delle al proprio paese.4 Ma il dialetto è anche affermazione di au- baite son rimasti pochi muri maestri, poche travi bruciate tonomia e dignità, di contro allo Stato fascista vissuto come (…) sintesi amara di una politica infausta”.6 Luoghi per pochi accentratore e impositivo. È dunque la geografia uno dei mesi affiorati dal silenzio di secoli e allo stesso silenzio ri- più importanti criteri ordinatori della stampa clandestina. consegnati dopo la Liberazione. Una geografia antica, una nuova La stampa clandestina percezione dello spazio della Resistenza I renitenti devono innanzi tutto fuggire, diventare irre- Manoscritti, dattiloscritti, ciclostilati, a stampa, i fogli clan- peribili, organizzarsi in luoghi distanti dalle vie più bat- destini hanno tiratura limitata, sebbene esistano eccezioni tute. Così luoghi senza storia, o abbandonati dalla storia, come «Il Partigiano Alpino»7 che diffonde circa ventimi- diventano protagonisti durante i venti mesi di guerra la copie nel Canavese o «Baita» distribuito in quattromila partigiana. Per questi giovani muta radicalmente la perce- copie nel Biellese e in Valsesia. La maggior parte dei fogli zione dello spazio: contadini che conducono abitualmente clandestini ha origine nell’estate del 1944, durante la stagio- un’esistenza sedentaria non possono più restare nelle loro ne delle “zone libere”,8 ma non mancano quelli avviati nel case. Aggregandosi ai gruppi partigiani, affrontano sposta- corso del terribile secondo inverno di guerra per cementare menti continui: la conoscenza del territorio è dunque indi- lo spirito di corpo e tenere vive le ragioni della Resistenza spensabile alla sopravvivenza. in un contesto di rastrellamenti e nascondimenti in buche scavate nei boschi. La maggior parte di questi fogli “dispe- I confini di province e regioni perdono importanza, riemer- ratamente e coraggiosamente periodici”9 ge una geografia antica: crinali e valichi, anzi che elementi di divisione, tornano ad essere spazi di unione. La nuova 46
DI MARTA BONZANINI “Esce quando può e come può”, come recita il sottotitolo di scuola riemergono attraverso riferimenti manzoniani (in di «Baita». Diffusione e frequenza variano a seconda che particolare il 5 maggio e Marzo 1821), carducciani e pasco- i giornali siano organi di divisione, di brigata o di distac- liani, ma non manca l’eco della retorica dannunziana. Si camento: se i primi si rivolgono non solo ai partigiani ma tratta di riferimenti letterari “imposti”, forme espressive che anche ai civili con i crismi dell’“ufficialità”, i fogli di reparto spesso mal si adattano a veicolare concetti radicalmente raccolgono con più libertà brevi racconti, poesie improv- nuovi e diversi. Anche gli autori risorgimentali, primo fra visate ma anche rilievi, proposte, critiche. Ne emerge una tutti Mazzini, vengono citati come padri della Resistenza. collettività che racconta se stessa: “Intanto Bini a Bobbio stampava il giornale «Il Partigiano» (…) Per fare arrivare al Da queste mappe di vita nella lotta partigiana trarrà poi comando i suggerimenti e le critiche di tutti i partigiani (…) ispirazione parte della narrativa neorealista.15 È qui, forse, si istituì il giornale murale. In ogni distaccamento era ap- da ricercare la radice di “una letteratura che sia presenza peso al muro un gran foglio bianco su cui ogni partigiano attiva nella storia”, “il nutrimento per una morale rigorosa”, esprimeva le sue critiche e le sue proposte, e raccontava come auspicava Italo Calvino.16 episodi di guerra e di vita”.10 Il linguaggio della poesia clandestina vive di decise con- Nella stampa clandestina subentrano anche differenze trapposizioni: partigiano e fascista sono rappresentati come dettate dall’appartenenza politica dei vari gruppi: sebbene entità irriducibili, frutto di scelte individuali dalle quali non venga continuamente lamentato il disinteresse dei giovani c’è ritorno. Ovviamente, la realtà è molto più sfumata: se per la politica e molti testimoni ancor oggi non nascondano molti giovani arruolati nelle file della RSI disertano per il fastidio che provavano per l’“ora politica”,11 i fogli recano unirsi ai partigiani, alcuni ribelli lasciano le bande per con- tracce del legame con l’una o l’altra corrente del fronte an- segnarsi in caserma. tifascista. Comunque, questa parola tenace che non viene meno neppure nell’ora dei rastrellamenti va giustificata: Le ragioni della contrapposizione non sono soltanto pra- tiche ma anche ideali, etiche: il campo semantico degli “Impugnar la penna quando si possiede uno sten, opposti fedeltà/tradimento, ricorrente in poesia, va meglio parlare un linguaggio fatto di parole quando il precisato perché è uno dei punti cardinali che dirigono la nemico (…) non sembra intendere che il rude scelta. Per i partigiani i fascisti tradiscono la libertà e si fan- linguaggio delle bocche da fuoco, potrà apparire a no schiavi dell’invasore tedesco; per i neofascisti, al contra- qualcuno un ritrarsi dall’azione, dalla lotta, mentre rio, la ragione della militanza si trova spesso nel non voler è tempo di azione e di combattimento”12 “poiché venir meno all’alleanza con la Germania. Per i civili lo spar- non si combatte solo con armi bensì anche con la tiacque è piuttosto costituito da un altro tema fondamenta- penna”.13 le, quello della violenza: se, salvo eccezioni pure purtroppo esistite, i partigiani vivono la violenza come una dura e pe- Una scrittura dunque che svolge la funzione di educare alla nosa necessità, i neofascisti ne fanno un uso più diffuso e discussione e alla critica costruttiva, in sostanza alla demo- disperato, fine a se stesso, ponendosi così in contrasto con crazia. Si rivolge ed è composta da giovani formatisi nella buona parte del mondo contadino che coglie l’insensatezza scuola di regime, contadini per lo più: per loro “la propa- della brutalità messa in atto durante rappresaglie e rastrel- ganda è l’unica (…) cultura”.14 Non si cimentano in articoli lamenti. di impronta politica, privilegiano altre forme di comuni- cazione, il racconto breve, il necrologio, la poesia. Con le La contrapposizione fascista-partigiano in poesia è forme espressive, variano i toni: quello epico ben si adatta espressa inoltre in termini che rimandano al paesaggio: alla narrazione di una battaglia e alla commemorazione dei il ribelle si colloca in posizione elevata, elegge la monta- caduti, che tuttavia può anche assumere accento elegiaco, gna a propria dimora, le brigate nere occupano le valli, i ricorrente quando il tema è il ricordo degli affetti abbando- paesi di pianura, semplificando stanno dunque in “bas- nati, casa e famiglia. so”. Rifugiarsi sulle alte colline significa ritrovare spazi di libertà: il paesaggio abita la scrittura, comprimario dell’a- Non meno rilevante è l’ironia, la cui funzione è, oltre a ridi- zione, luogo del “resistere, in una posizione puntiforme, colizzare i compagni ma anche i nemici, esorcizzare la pau- disseminata (…) il bosco è il luogo della resistenza, non della ra e la solitudine. Si tratta comunque di voci che emergono fuga, della stabilità e della consapevolezza (…) della veglia dal magma di una cultura sostanzialmente orale che solo silenziosa e imprevedibile”.17 in virtù della partecipazione ad eventi eccezionali hanno sentito il bisogno di lasciare una testimonianza di sé. Una I luoghi di passaggio, la strada, il ponte, il fiume sono intesi cultura popolare, dunque, che accoglie un contenuto pro- come spazi del pericolo, dell’esposizione al nemico; al con- fondamente nuovo e lo incanala nelle uniche forme espres- trario la baita, il casone ma anche il bosco sono simboli del sive che conosce: è dall’oralità che prende forma il racconto riparo, della salvezza. La città, il paese rappresentano i luo- partigiano, sempre breve e spesso didascalico. ghi in cui risiedono gli affetti, ma anche le basi degli avver- sari. Il ritorno a casa per rivedere brevemente i propri cari è Le fonti della poesia clandestina sono infatti da una parte infatti fatale a molti: spie e delatori non mancano nemmeno scolastiche, dall’altra popolari, ad esempio gli stornelli e, in nelle comunità più piccole. Il bosco mostra poi una simbo- Friuli, le vilote. Le liriche mandate a memoria sui banchi logia ricchissima, dalle radici antiche: ai piedi degli alberi 47
CON LE ARMI E CON LA PENNA sono scavate le buche nelle quali i partigiani trascorrono il lembo della coperta in cui sono ravvolti, perché parte dell’inverno del 1944, nel paesaggio invernale scar- voglio dare loro l’ultimo saluto. Matteotti20 è il nificato essi leggono l’estrema semplificazione della loro primo: (…) è stato colpito al cuore, ma anche morto, esistenza in una stagione “bloccata”. Ma il bosco è anche la pare lo stesso che sorrida (…)Poi, Brighin21: lo sede delle sepolture dei caduti, che invita al raccoglimento ricordo, con la giacca così lunga per lui così piccolo, e alla preghiera, come nel sonetto Croce solitaria composto e che, impigliandosi nei rami, gli è costato la vita nelle Langhe. (…). Poi, Tom, Quirico, Vento, Nuvola, Generale. Generale, che voleva diventare un grande poeta, In Valsesia la convergenza di vari fattori, come la confor- ed è morto con la sua illusione intatta. (…) Adesso mazione delle valli, la complicità degli abitanti, la presen- la chiesa s’è fatta più buia: fuori, nella sera piena za di uomini come Cino Moscatelli ed Eraldo Gastone,18 di profumi, si alza la luna piena, sopra le grandi rispettivamente commissario politico e comandante delle montagne”. brigate garibaldine locali, contribuiscono all’organizzazio- ne dei primi gruppi di renitenti. Nell’ottobre del 1944, con la La poesia si compone di cinque strofe gravate da una pe- costituzione del Comando unificato delle formazioni parti- sante retorica e da un lessico guerresco e stereotipato, che giane della Valsesia, dell’Ossola e del Biellese, è sentita più talora cade in una (non voluta) ironia, come nel terzo verso: acuta l’esigenza di disporre di un organo di informazione ufficiale diffuso a largo raggio: nasce così, in una tipografia “Lungo il destin della battaglia/sempr’intuona di Valduggia, nei pressi di Varallo Sesia, «La Stella Alpina». il verso la mitraglia;/frittata farem di gente Quindicinale a stampa di grande formato, è un giornale di mercenaria,/lurida, sporca, bruta marmaglia.// quattro pagine ben curato che continuerà le uscite, come Esultante in tutti i cori/verso il nemico con settimanale, fino all’agosto del 1946. Tra le rare testimo- ardore,/intonando con le ore/il fiero canto del nianze in versi che il giornale ospita, Nostra primavera, un mitragliatore.//Dolce Italia, amata, cara,/il fiero sonetto del partigiano “Renzo”, riprende l’articolazione del partigian tutta fanfara/come correnti di gran paesaggio tra valle e montagna, tra il biancore delle vette e i scossa/getta il nemico nella fossa.//Come orribili sui colori che iniziano ad animare torrenti e boschi: venti/dei partigiani forti vincenti,/esultante grido di gloria/dolce inno di vittoria.//E lottando con forza “In alto, su le vette biancheggianti/muta e deserta fiera/contro la camicia nera/il nemico gettando è la montagna ancora,/ma d’indistinto verde si oltre frontiera,/vittoriosa voce pura e fiera”. colora/lungo le prode dei torrenti erranti.//Su le ventose rupi, di stellanti/fiori il burron, ripido Come in ogni foglio clandestino, una nota della redazione s’inflora/e tra gli abeti neri, nell’aurora/ripassa il invita alla collaborazione, mostrando al contempo la diffi- vento stormeggiando, avanti!//Giù nella valle, che la coltà dei partigiani a trovare il modo adatto per esprimere primavera/ha ridestato col venir d’aprile/dormono le proprie idee: “Questo non è e NON DEVE ESSERE il Gior- i morti della nostra guerra…//Ma in alto, sopra delle nale del Comando, questo è il nostro giornale, DOBBIAMO nostre file,/il sole splende e invita alla severa/ultima FARLO NOI! E allora, perché non ci mettiamo tutti a scrivere lotta per la nostra terra”.19 qualche cosa? (…) Ma se non sappiamo che cosa scrivere! Non è vero: se molti di noi non siamo in grado di scrivere La valle non è qui sede del nemico ma luogo di quiete in cui trattati di politica, tutti però abbiamo avuto dei compagni, riposano i caduti partigiani, al cui sonno eterno si contrap- tutti qualche volta l’abbiamo passata bella o brutta. Tutti pone il risveglio della natura. possiamo raccontare una barzelletta, un pensiero, una os- servazione, una proposta, una riga, una parola”. La commemorazione dei caduti si esprime sovente in veri e propri racconti brevi, come nel caso di Ultimo Realizzazione pratica dell’invito è il bel racconto Il generale saluto, composto dalla redazione di «Staffetta azzur- Frasca, quasi una “favola di bosco”, e insieme spaccato di ra», giornale dei garibaldini della decima brigata Rocco, vita in distaccamento: il Generale tanto atteso è la “foglia o stanziata sulle alture del lago d’Orta, e dedicato ai caduti frasca”, la primavera che faciliterà ai partigiani il nascondi- della battaglia del 28 marzo. Nel terzo numero di «Staf- mento nei boschi e l’organizzazione dell’ultima fase della fetta azzurra», diffuso il primo aprile 1945, dattiloscritto di guerra. grande formato corredato da disegni eseguiti a mano, Ul- timo saluto è il preludio alla pubblicazione delle quartine La leggerezza ironica di questo racconto breve non è estra- scritte da uno dei caduti: nea all’altro grande foglio garibaldino biellese, «Baita»,22 organo della cinquantesima brigata intitolata a Piero Pajetta “Nella chiesa del cimitero sono allineati i morti, su “Nedo”, volontario nella guerra civile spagnola e fra i primi le lunghe panche oscure; fuori la sera di primavera organizzatori della Resistenza nelle valli del Sesia, caduto traspare dal cielo luminoso in cui si dirizzano snelli nel febbraio del 1944. Distribuito tra Valle Mosso, Roasio e i peschi e i mandorli in fiore. C’è gente che parla Romagnano Sesia, vanta uscite eccezionalmente regolari sommessa, che domanda, e in tutti è il dolore muto e di ampia diffusione: per il direttore Francesco Moranino, e forte, come un peso che fa male al cuore. É quasi la scrittura è strumento di lotta, esattamente come le armi. buio, ed io li riconosco ad uno ad uno, sollevando Garantendo sulle pagine di «Baita» uguale cittadinanza 48
DI MARTA BONZANINI ad ogni genere ed argomento, dall’articolo di attualità alla del sonetto La cubja dij Divisiunari, la scelta del dialetto28 lettera aperta, alla lirica, all’annuncio ironico, la redazione conferisce un tono confidenziale, quasi “familiare”: favorisce un approccio critico ai temi proposti e rivela un notevole sforzo di comprensione, specie dei problemi so- “A dis a nôj che sôma ’d picamôte/E peui a ’t pianta ciali ai quali è dedicata particolare attenzione. certi trigômirô/A nôi, per fè n’esempi, a ’n dà le tute/ Mentre chiel va vestì ch’a smia ’n biru.//So sociô L’ironia trova nei versi del partigiano “Atomo” un’espressio- ’nvece a djô cha a l’è ’n studiôs/L’à i liber gros e l’à ne in quartine tutta dedicata ai compagni di brigata: la testa fina/A fa ’d discôrs, quaich volta, bin nuius/ Ma s’a j’è da sparè a j’è gnun prima//Col lì pì cit, ’t lo “Quando il sol da oriente spunta/Ed il sonno il sas, na fa ’d le bele/A va a cassa d’ camôs e a ciapa dormir allunga/In rassegna va il buontempone/ niente/Ma ai tedesch, sta tranquil, a j dà ’d patele.// Prima ancor di far colazione//Pensa all’“omu pito”/ Spero ch’a j sia libertà di stampa;/A bon cônt mi Sempre in moto, sempre ardito/Dalla testa ormai però disô pì niente/Se no ’sta volta ’n merito la pelata/Che comanda la Brigata//La sua voce già da tampa”.29 lontano/Fa scattar il lustro Spartano/Mentre calcola con la mente/Il cavilloso suo intendente//Pensa L’uso del dialetto, non raro nei fogli azionisti del Cuneese, a Sindaco chino sui tasti/Che spesso rovinano i dimostra anche il profondo legame con le valli, una delle suoi pasti/Mentre calmo detta il capitano/Da buon quali dà il nome a «La Grana». Portavoce della Brigata Valle alpin con la pinta in mano//Ai nostri muscoli pensa Grana Paolo Braccini sempre dipendente dalla Prima Divi- il maggiore/Con la ginnastica aumenta il vigore/ sione Giustizia e Libertà. Fortemente desiderata da Dante Mentre Rino lavora col cervello/Che vuol essere Livio Bianco che collabora con lo pseudonimo di “Pianta- il garibaldino modello//Sempre ridendo il buon grane”, la stampa del giornale avviene in “una piccola, ma Sbarazzino/Ficcanaso or è il suo destino/Per il ottima tipografia”30 in una valle “sino a qualche tempo pri- buon andamento della Brigata/Anche Carlo fa la ma, [non] molto conosciuta”. “È stato il partigianato a dare chiacchierata”.23 celebrità alla Valle Grana. Qui fu la base e il campo d’azione di quella Banda Italia Libera” dalla quale è sorta la brigata Sebbene infatti i garibaldini auspichino di “trovare un poeta Braccini. “Tra la Brigata e la valle si è creato un legame in- che con l’anima e la virile forza del Carducci descriva ed timo e profondo, indistruttibile”31 né vale la necessità mo- immortali oltre alle gesta dei guerrieri del popolo, le soffe- mentanea di spostarsi per affrontare l’inverno a rescindere renze dei feriti”,24 i migliori risultati della poesia partigiana tale rapporto. sono quelli in cui l’afflato retorico o elegiaco lascia il posto all’ironia e alla satira che, per la prima volta, possono esse- Non a caso, infatti, l’articolo di Bianco compare sul primo re esercitate anche nei confronti dei comandanti. I migliori numero del giornale, nel dicembre del 1944, il tempo dei ra- esempi sono di certo quelli editi sui fogli delle brigate Giu- strellamenti e del terrore, accanto a L’offensiva dei padri, in stizia e Libertà diffusi nelle valli del Cuneese. cui l’autore, che si firma “Il moralista”, ridicolizza i genitori che tentano di convincere i propri figli a lasciare, almeno È l’alba dell’11 settembre 1943 quando una dozzina di uomi- per l’inverno, le basi partigiane. Il motto della brigata, che ni e un mulo si incamminano da Valdieri verso la cappella compare a fianco del titolo, Desturtùite, “svegliati”, è ripreso della Madonna del Colletto, sul crinali tra le valli Gesso e in seconda pagina accanto alla poesia in quartine del par- Stura: fra gli altri, Duccio Galimberti e Dante Livio Bianco. tigiano “Javert” che tenta di sdrammatizzare un momento Alcuni giorni dopo il primo nucleo della banda Italia Libe- grave della vita della formazione come quello del processo ra si trasferisce nella borgata di Paralup, tra le valli Stura ai danni di chi ha compiuto un furto. e Grana, per avviare quella “guerra civile, una guerra cioè (…) per la civiltà”25 che sarà condotta nel Cuneese in pre- L’amministrazione della giustizia partigiana è assai se- minenza dalle forza di Giustizia e Libertà legate al Partito vera nei confronti di coloro che si macchiano di furti e d’Azione. violenza a danno della popolazione locale: inimicarsi i valligiani è infatti controproducente per le sorti dello Nelle valli al confine con la Francia tutto “parlava di abban- stesso movimento che può sopravvivere solo grazie alla dono, di miseria. Le baite di Paralup erano più povere delle collaborazione della gente contadina. In questo caso, la isbe, quattro muri a secco, la porta così bassa che obbligava sentenza, che segue i giorni cupi del rastrellamento, è par- all’inchino, una crosta di ghiaccio per letto (…) meno fredde ticolarmente clemente: le baite di San Giacomo, Torre, Palanfrè. Ma sempre grotte. Era questo l’ambiente dal quale avevano strappato i miei “In veste di chi giudica e concilia/Il grande capo alpini di Russia”26 scrive Nuto Revelli che si è nel frattempo della Grana siede/ Trema il villano che con lesto unito alla banda. I fogli azionisti come «Quelli della mon- piede/ Fregò al vicino un pollo e una coniglia.// tagna» risentono della “profonda nota morale, di dura in- Grande egli è e bello ma al gentile aspetto/ Ha transigenza, di rigore, di serietà (…) un’avversione marcata sostituito il Mas fregato a Gino/ (Il sudor di chi per ogni retorica”27 di cui parla Dante Livio Bianco, eppure assiste pian pianino/Per l’emozion congela sul non disdegnano la satira intelligente e divertita cui, nel caso colletto).// Giunt’è l’ora di dare la sentenza/ E l’imputato trema verga a verga/ La pena capitale 49
CON LE ARMI E CON LA PENNA sembra certa/Ognuno grida in cuor: pietà! al bene della comunità. (…) Vi invitiamo quindi a clemenza!//Il giudice (ch’è al cuore e alla capanna/ far sì che le nostre veloci staffette giungano a noi Seriamente disposto in questi giorni/Purché il curve sotto l’immane carico delle vostre lettere (…). rastrellatore non ritorni)/La sentenza fa leggere Pensate che l’inverno è vicino e che noi abbiamo da Sanna://Son condannate alla fucilazione/Lire tanto bisogno di carta per accendere il fuoco (anzi, duecento subito graziate/ Che vengono più tardi in ogni lettera metteteci anche qualche fiammifero destinate/ Ai poverelli della sua frazione.//Il cuor ché qui non si riesce a trovarne).”34 d’ogni presente s’è riaperto/Pare più azzurro e più sereno il cielo/Sorride la natura e non lo cela/ Oltre a necrologi, la cronaca della liberazione di Alba, bol- Sorrider vedo pur Barba Berto”.32 lettini e rubriche come “Cura delle armi”, sono riportati brani umoristici Dal Giornale murale del Distaccamento La scrittura colta dei redattori dei fogli delle formazioni “Bonino”, alcuni assai spiritosi, come quello in cui vengono Giustizia e Libertà rappresenta certamente un’eccezio- rimproverati “alcuni signori Garibaldini che per sopprime- ne nel panorama della stampa partigiana, sebbene anche re la malinconia non potendo dare botte si attaccano alla i giornali garibaldini vantino la collaborazione di figure botte” e si ritrovano annebbiati nel momento del bisogno, che ricopriranno un ruolo non secondario nel giornalismo o quello intitolato Il grido di Spartaco.35 Al contrario la po- del dopoguerra: è il caso di Davide Lajolo, futuro direttore esia, con le liriche di “Pablo” La Camicia Rossa e La Voce, dell’edizione milanese de «L’Unità», comandante partigia- riprende in tono retorico il tema della continuità tra Risor- no nel Monferrato. gimento e Resistenza. La presenza azionista scema infatti man mano che dalle Di maggiore interesse sono invece le testimonianze in ver- valli del Cuneese si raggiungono le Langhe, territorio quasi si nella seconda uscita di «Stella Tricolore» dell’8 aprile, elusivamente garibaldino. Nei mesi successivi all’Armistizio introdotta in prima pagina dal sonetto Croce solitaria del gruppi di soldati sbandati si raccolgono sulle colline attorno partigiano “Jim”, già edito un mese prima sul giornale di a figure carismatiche, dando origine ad una costellazione di distaccamento «Il Compagno»:36 la poesia, che si apre su nuclei senza una guida comune: anche qui, come in Oltrepò un sereno paesaggio boschivo, nella seconda strofa rivela la pavese, il Partito Comunista stenta a comprendere la rile- presenza di una croce inghirlandata alla quale risponde una vanza dell’area, tardando ad inviare uomini adatti all’orga- corona di stelle in cielo. Solo l’ultima terzina rivela, in una nizzazione della guerriglia, e solo in un secondo momento chiusa sobriamente elegiaca, l’epitaffio per un partigiano riesce ad arginare i fenomeni spontanei di ribellismo. caduto, la cui morte non induce all’odio e alla vendetta ma al raccoglimento e alla preghiera: Accanto ai garibaldini continueranno del resto ad operare formazioni autonome. Momento culminante della Resi- “Placido il raggio della luna nuova,/fra musiche stenza nelle Langhe è la proclamazione della zona libera di di fronde e di ruscelli,/sparge la sera, e il grido si Alba, sotto il controllo partigiano da agosto a ottobre 1944, rinnova/di quando in quando dei notturni uccelli.// quando le formazioni devono cedere il passo alla riconqui- Nella pineta qui di sopra il monte/ritta una croce sta neofascista. Nelle buche scavate nel terreno, nel buio sta sul mio cammino;/intessono ghirlande i fior di dell’inverno, nascono i giornali clandestini «Stella trico- fonte/attorno al legno rustico di pino.//Sulle cime lore» e «Voce nostra», parole ostinate che perseguono un dei pini agili e snelle,/ghirlanda immensa infiorare unico scopo: impedire che la disperazione abbia il soprav- io vedo,/levando gli occhi al ciel, tutta di stelle.// vento, mantenere vivo uno spirito comune quando anche Appresso a quella croce alfin venuto/mi fermo e i collegamenti più semplici e diretti, nella neve, nel gelo e leggo l’umile epitaffio:/Prega, qui giace un ribelle nella paura, paiono diventati impossibili. caduto”.37 La dispersione delle formazioni partigiane dopo la caduta Nel numero del 6 maggio 1945, appena dopo la Liberazione, della zona libera rende infatti più agevole l’offensiva nazifa- sono ripresi i temi trattati nei numeri precedenti, ma con scista operata attraverso i rastrellamenti, gli incendi di paesi una profondità ed una consapevolezza inedite, dalla prepa- e casolari, le fucilazioni di ribelli e civili. In questo contesto razione politica dei partigiani al nuovo ruolo assunto dalla la Divisione Garibaldi Langhe il 29 ottobre stampa il primo donna che, auspica la partigiana “Vera”, deve contribuire al numero di «Stella Tricolore», che si rivolge a partigiani e rinnovamento sociale e politico del paese. In questo con- civili sottolineando i temi dell’identità garibaldina e dell’u- testo alla poesia è riservato essenzialmente il compito di nità delle forze antifasciste. Non stella rossa, chiarisce la commemorare i caduti: A un fratello d’oltralpe caduto di direzione nel primo numero, ma stella tricolore, “simbolo “Pablo” (composta in ricordo del partigiano francese Jim- dell’unità nazionale” che “rappresenta le tradizioni garibal- my) e Garibaldino morto di “Ulisse” riprendono, con accen- dine del nostro Risorgimento”.33 L’invito ironico a collabo- ti ora raccolti, ora energici, il tema della morte partigiana. rare al giornale rivela una profonda lezione morale: Sentinella della sera di “Jim” è un tipico esempio di quelle molte liriche composte dopo la fine della guerra, in cui la “In regime democratico dire onestamente la tensione si stempera e prevale una malinconia crepuscola- propria opinione è un dovere, più che un diritto è re, il richiamo degli affetti: un contributo importantissimo di ogni cittadino 50
DI MARTA BONZANINI “Quando in ciel muore la sera/dalla brezza ché/comparso il sole ricompare/il partigiano per la/ vespertina/e dal cuor melanconia/come pianto disperazione del nemico./Non si muore ragazzi/è sale in gola/per le squille di campane/nella luce primavera./Muore il nemico/anche se ancora che si muore/tra gli abeti alti e scuri,/cosa pensi bivacca (…)”.44 sentinella?//Sentinella partigiana/nel brusio di questa sera/senti come una preghiera/della Composte in tempo di tragedia, non c’è ironia nelle poe- mamma a te vicina”.38 sie di Lajolo ma compianto, incoraggiamento e orgoglio. Non a caso l’articolo nel numero di maggio, ancora a fir- Lo stesso accento elegiaco, che scivola nel patetismo, si tro- ma “Ulisse”, descrive gli Alleati mentre entrano in paesi va nell’ultima poesia di “Pablo”, Il Paralitico,39 che rivede e città già liberati: “Noi siamo vittoriosi, noi ci sentiamo in un vecchio garibaldino il simbolo dell’Italia perduta dal vincitori”.45 fascismo. Organo d’informazione delle divisioni garibaldine legate Nello stesso numero si trova anche un bell’articolo del co- al Partito Comunista, «Voce Nostra» evita alcuna forma di mandante Giovanni Latilla “Nanni”, La nostra lotta nella propaganda, al contrario invita alla riflessione e all’appro- nostra langa, che rievoca la storia del movimento partigia- fondimento, così, con parole semplici e comprensibili, pre- no locale e il suo farsi più forte nel momento più drammati- para il futuro: co, “mentre nelle sconfinate distese collinari tutte amman- tate di bianco tutto tace, in piccole baite ed in stretti locali ci “Oggi bisogna scegliere una via politica, è si riunisce e si fa la scuola del carattere”.40 necessario seguire una idea, quella che è più consona al nostro spirito e al nostro modo di Anche Davide Lajolo identifica i tempi di quiete come ispi- sentire. Oggi (…) nessuno deve più essere costretto ratori di un discorso, in questo caso poetico, che trova lar- a iscriversi ad un unico partito (…). I nostri ga eco sulle pagine del settimanale «Voce Nostra», di cui è Comandanti (…) ci hanno aperto gli occhi sulla direttore.41 Questi “canti a bocca chiusa”, come li definisce questione politica. Ci hanno fatto conoscere i vari l’autore, nacquero con maggior urgenza proprio durante partiti, che cosa essi sono, che cosa vogliono e quali l’inverno, “quando un durissimo rastrellamento ci costrinse mezzi intendono adoperare per raggiungere i loro per qualche tempo ai buchi ed alle tane come i lupi”: fini”.46 “Non più canzoni/non più marce forzate/non È un invito a prendersi cura della collettività attraverso più fucilate/ma l’attesa trepida,/tra le crepe della l’adesione all’una o all’altra forza politica, superando l’en- terra./D’attorno la caccia/del nemico insiste negli tusiasmo emotivo che aveva caratterizzato il consenso al spari/ed entra a brivido sotto la pelle./L’inverno regime fascista, e che era scemato nella disillusione e nel s’attrista/nel suo squallore/non ti promette pace/e rancore. le speranze sono ferme/come sui fronti gli eserciti./ Pochi compagni sparuti/poche parole di forza./ Anche nelle Langhe ai giornali a stampa che raggiungono La violenza ci seppellirà/dunque senza rimedio?/ un’ampia diffusione si affiancano i fogli di distaccamento, Siamo destinati a pendere sulle piazze?/Ribelli spesso dattiloscritti e illustrati con disegni, che nella loro all’ingiustizia/ci ribelliamo alla morte/(…)”.42 grafica spoglia conservano tracce peculiari della vita par- tigiana. È il caso de «Il Compagno», giornale del distacca- In questi canti, nati “non per far dell’arte”,43 nelle loro ca- mento Giovanni della brigata Perotti, intitolata al Generale denze ampie, incalzanti, i compagni si riconoscono e si ri- fucilato a Torino il 5 aprile 1944, il cui direttore “Jim” colla- specchiano. Ecco il ricordo dei martiri in Cimitero di Torino bora anche a «Stella Tricolore». Compilato per una lettura e la poesia dedicata al giovane Gino Marini, ma anche un interna al gruppo, è ricco di spunti ironici e prosa e poesia nuovo inno alla primavera in val Tiglione, Non si muore: conoscono una felice libertà di espressione. La quotidianità partigiana è restituita intatta nella sua immediatezza e pe- “La notte/ha la soavità della pioggia/sulla culiarità: nel primo numero del primo febbraio 1945, dopo campagna/tenero pianto/sull’erbe/mentre dopo il necrologio dedicato al garibaldino “Giovanni” cui è intito- la battaglia/i partigiani/uno ad uno s’infilano/per i lato il distaccamento, compaiono due testi leggeri e diver- sentieri scivolando/nel fango con rade bestemmie./ tenti, il primo dei quali, Mezzi di locomozione partigiana, Bagnati fino alle ossa/i piedi guazzano/nell’acqua/ ridicolizza gli spostamenti dei garibaldini attraverso le col- rotti e pesti/(da stamane si combatte/e si marcia)/ line. “Una muta di garibaldini è partita da Mombarcaro trai- ma stupefatto e felice/m’arresto sul barranco/del nando velocemente verso il Nord un’agile slitta. Ricordava- Tiglione abbagliato/dal candore dei mirti/che sotto no le mute di Jach London sulle piste dell’Alascha alla cerca la pioggia/fioriscono ed olezzano/per tutta la valle./ dell’oro. La medesima fretta, il medesimo stile, i medesimi (…)/E piove./Il Tiglione ha intonato/un murmure acrobatismi (…). Ma non cercavano l’oro e nemmeno le volpi alto:/“Val Tiglione sei la mia terra/col mio sangue ti argentate, ma il paesino di Cravanzana dove era trasferito il difenderò”/ora la canzone morta/da stamane se la/ Distaccamento Giovanni”. riporta l’acqua del fiume/alla deriva./Ma non è finita la guerra/né la tana ci accoglierà/per troppi giorni, 51
CON LE ARMI E CON LA PENNA In un contesto agreste e spartano non mancano inconve- stalle e delle osterie. Tutti non hanno ancora compreso che nienti, prima di tutti i pidocchi, cui è intitolata la prosa di tale atteggiamento significa per noi complicità. Tutti debbo- “Jim”, Ore 9 lezione di igiene. Pidocchi e partigiani: no aiutare la giustizia partigiana senza alcun timore.”.51 In tono più spensierato la poesia racconta: “Questa volta, miei ignorantissimi allievi, vi parlerò del pidocchio in funzione del partigiano e “Dunque, in quello di Feisole/una banda di ladroni/ del partigiano in funzione del pidocchio (…) Non asportò, guarda che tomi,/qualche sacco di conosciamo ancora il sistema politico adottato dal nocciole./(…)/Si partì la squadra mobile/come cani governo delle colonie ma si sospetta sia una forma da tartufi;/Lio, Fritz e Invulnerabile/che di furti di anarchia epicurea (…) Tutte le colonie che vivono erano stufi.//Su nel luogo di rapina/con il fiuto e sullo stesso individuo sono legate da rapporti con le lenti/lor trovar (…)//Che i ladroni un poco amichevoli (…) Però, i poveri pidocchi, anche loro ghiotti,/nel cammino le nocciole/le schiacciavan fra come noi subiscono dei rastrellamenti (…) ma il le mole/buttar via i gusci rotti.//Dietro i gusci se ne tenace pidocchio resiste, come i bravi partigiani, ad andar/quegli scaltri poliziotti/ e alla fine lor trovar/ ogni rastrellamento”.47 il rifugio dei fagotti.//Catturar quattro ladroni/ tutti armati anche di sten,/li legar come convien/li Anche in questo giornale non sfugge alla regola qualche co- portar nelle prigioni”.52 mandante preso di mira dai suoi garibaldini: Eppure questa facile vena di racconto, quando si trova ad “Non è ver che i partigiani/tutti quanti sian esprimere il dolore per una morte in battaglia, non trova straccioni./Ce n’è uno un po’ attempato/nel vestir altro registro che quello di una pesante retorica guerresca: molto curato./Elegante anzichennò,/gran arcano è il caso del necrologio per il Comandante Rossi,53 in cui i voi pensate,/lui possiede profumato/un bel pezzo di “Garibaldin delle feraci valli” alzano le armi in saluto del sapone/(…)/È un signore assai distinto/dall’accento “novello eroe nel dover caduto” che addita ai compagni il piemontese,/un pochino brizzolato/e l’aspetto assai cammino. Nei fogli diffusi nelle Langhe e in Monferrato, paterno./E non dorme nelle stalle/e neppur dentro dunque, la poesia risponde ad esigenze diverse: nei gior- i fienili;/lui disdegna anche la paglia/e le coperte nali di distaccamento come «Il Compagno», con alcune militari;/e concilia i suoi bei sonni/in un comodo eccezioni, è spazio dell’ironia o, più raramente, di un’ele- lettino/nel tepor d’una stanzetta./Quel che fa poi gia pacata, mentre negli organi di informazione ufficiale di strabiliare,/miei signor non vi stupite,/ha di seta le brigata o di divisione alle composizioni in versi è affidato il lenzuola/bianca di paracadute”.48 compito di commemorare i caduti, spronando alla prose- cuzione della lotta, oppure di ribadire il legame tra Risor- I lanci alleati, sempre attesi come testimoniano le due po- gimento e Resistenza sotto forma di simboli come la stella esie Preghiera del Garibaldino49 e È caduta la pioggia,50 tricolore e la camicia rossa. riforniscono infatti i combattenti di viveri, armi e munizio- ni, mentre la tela dei paracadute viene impiegata per con- Esempio di portavoce ufficiale delle formazioni garibal- fezionare indumenti. dine capace di adattarsi alla situazione locale e di creare un forte legame con la popolazione civile e i partigiani Uno dei temi ricorrenti nella stampa clandestina è quello semplici è «Il Partigiano. Volontario della libertà», stam- della giustizia partigiana: disciplina e rispetto sono condi- pato a Bobbio, dove l’Oltrepò Pavese si perde nell’Appen- zioni essenziali per non inimicarsi la popolazione locale. nino emiliano al confine con la Liguria. Redattore dell’or- Anche sulle pagine de «Il Compagno» è descritto in una gano di informazione della terza Divisione garibaldina severa prosa l’arresto di alcuni ladri di nocciole, ripreso poi Cichero, comandata da Aldo Gastaldi “Bisagno”, è Giovanni in una serie di quartine destinate a sdrammatizzare i furti Serbandini, che nel dopoguerra ricoprirà l’incarico di diret- e ad esaltare l’abilità degli investigatori: “È stata arrestata, tore dell’edizione genovese de «L’Unità». “Sciu pei munti e [in] quel di Gorzegno, una banda armata di vili grassatori. zu in-tê valli/in mezu a e rucche in-tê buscagge”,54 citate Un furto di Nocciuole condotto puerilmente ha fatto sì che nell’inno della divisione, definiscono alla perfezione il pae- alcuni zelanti garibaldini scoprissero la banda e i suoi pre- saggio dell’Appennino ligure: “boschi, monti, valli, da poter cedenti malefatti. Già da parecchio tempo si verificavano, camminare per molte ore senza incontrare nessuno; la mi- specie nel territorio di Feisoglio, furti e vili ricatti da parte glior cosa per un gruppo sparuto di ribelli”.55 Il partigiano, di elementi che si spacciavano per garibaldini inviati dal nelle quartine della canzone, vive nella tana “cume in lù”, nostro comando di Brigata. Ciò aveva servito egregiamen- come un lupo, e lotta contro i “traditui”, i traditori, termine te alla bassa propaganda dei nostri nemici per gettare un con il quale si concludono tre strofe su quattro. colore fosco e disonesto sulle nostre formazioni garibaldi- ne”. Ciò che più interessa è come “Jim” stigmatizzi non solo La canzone di Giambattista Canepa “Marzo”, composta in l’operato dei ladri, ma anche quello dei contadini che non dialetto ligure nell’inverno precedente, è incorniciata in po- osavano ribellarsi al sopruso: “Lo svolgersi di questa attività sizione rilevante sulla prima pagina del numero d’esordio delittuosa era in certo senso secondata dalle vittime stesse del giornale, stampato il primo agosto 1944 nella tipografia che abituate alla mentalità del vecchio regime non ardivano Repetti di Bobbio dove nasce anche il foglio dei partigiani denunciare accontentandosi di mormorare agli angoli delle dell’Oltrepò pavese, «Il Garibaldino». Nell’alta val Trebbia 52
DI MARTA BONZANINI liberata da Torriglia ai colli piacentini, Serbandini impagi- stiame”, scrive Serbandini sul terzo numero.60 Il quarto sta na un periodico curato e moderno, chiaramente struttura- per essere stampato quando i tedeschi irrompono in paese. to con le rubriche Avanti per la lotta finale ad illustrazione La Sezione stampa riesce a fuggire sui monti con le bozze della situazione sui fronti di guerra, Pericolo! Zona infestata del giornale, che resterà in una sola copia corretta durante dai ribelli con le notizie dai distaccamenti, e Dai paesi libe- il rastrellamento, prima che la tipografia venga trasferita a rati con cronache della zona libera. In ogni uscita, necrologi Bettola per tornare a Bobbio a novembre.61 in ricordo di compagni caduti, come Severino nel primo nu- mero, ritratti di staffette e compagni come “Denis” e “Moro”, Il paese appenninico e il suo santo diventano immagine bozzetti di Nicola Deonato “Pollaiolo” e Vittorio Magnani stessa della Resistenza: il libro che San Colombano tiene “Marcello”, inviati nei distaccamenti a ritrarre schizzi di vita nelle mani recita “Si tollis libertatem, tollis dignitatem”, partigiana. un’affermazione di dignità e libertà che Serbandini rico- nosce propria del movimento di Liberazione, come la di- È questo legame profondo con le valli e i paesi montani a sciplina e l’“ordinata comunità di vita” dei monaci “nella ispirare non solo l’articolo Paesi di montagna ma la lirica libertà dello spirito e delle azioni”.62 che Serbandini darà alle stampe nella sua raccolta Poesie partigiane: La comunità partigiana si affaccia dalla pagine di questo giornale, diretto con forte personalità da Serbandini eppure “Non vi avremmo mai conosciuti/paesi nostri di corale, si stringe attorno al compagno che torna in distac- montagna./Al diradarsi della nebbia/dopo il lungo camento grazie ad uno scambio di prigionieri63 e ai dieci cammino/scoperti, le vecchie case a gruppi/ l’una fucilati, abbandonati per tre giorni sulla via.64 È una comu- all’altra addossate./O quando ormai credevamo/ nità che non si esprime in poesie ma in canti che riecheg- di aver perduto la strada nel buio,/per l’abbaiare giano dalle pagine di diversi numeri: “l’ora più bella della di un cane/ritrovati, dove una luce di acetilene/ giornata” è quella che segue la riunione serale, il tempo del accompagnava il secchio d’acqua/dalla fontana.// canto, quando “a tratti dal buio e dal fumo” emergono visi Né ci sarebbe divenuta familiare/ la stufa in mezzo illuminati dal fuoco di giovani “liberi, eguali, coscienti mo- alla stanza,/sedendo sulle panche a scaldarci/ ralmente e politicamente”. L’individualità arretra nei caso- mentre cuoce la minestra di patate/o il pastone da ni, dove “seduti in due tre file attorno al fuoco, presso le portare alla mucca,/ che è uno dei cento mestieri/ armi, sotto le calze che asciugano” si sente vivo un senso di dall’alba, oltre ad andare per legna/e per erba che unione, che prescinde dalle scelte politiche e dalle origini non basta mai.//La miseria/non fu essa a contare/ sociali.65 davanti ai soldati sfuggiti/ai tedeschi, di vesti borghesi/bisognosi e di cibo./Non fu a contare/ Solo dopo la fine della guerra, nel numero del 7 luglio 1945, antica come l’abbandono,/quando chiedemmo la compare La lettera del partigiano di Gino De Sanctis “Par- cascina/per la prima banda di partigiani./Ché anzi, tisan”:66 cocendo a turno/il pane per noi, o dandosi la voce/ per segnalare il pericolo,/lasciaron cadere durati “Se mai la notte ti svegli/schianto di fucilate/alla litigi”.56 mamma non dire/«Cos’è?» ma sta’ zitta, fai finta/ di continuare a dormire./Anch’essa non sa, non Il mondo contadino collabora con i partigiani nei quali rive- distingue/al suono quei colpi lontani:/è la voce de i figli caduti e dispersi sui fronti di guerra, dando loro “i del nemico/o voce dei partigiani?/All’alba, il sole casoni, il pane (…), la farina” e con loro opponendosi “al re- risorto/brilla negli sbarrati/occhi di un morto.//Tuo clutamento dei giovani, alle requisizioni del bestiame e del padre aveva sognato/d’essere partigiano./È invece latte”. “L’Italia risorgeva sui monti”,57 sui monti dove brucia un uomo che aspetta/e tende l’orecchio, lontano,/ Cichero “nido dei ribelli” che “lassù, aggrappati ai dirupi del all’eco delle montagne./Ruscella giù per le crode/ Ramaceto, l’inverno scorso [avevano] resistito alla fame, al dagli alti presepi la neve/e nel silenzio s’ode/il grido freddo, alle intemperie.”58 Identica è la sorte della Cacciana, ben noto: in vedetta/sono i fratelli; e fiero/vola di nel Novarese, un paese di qualche centinaio di abitanti dal vetta in vetta/il grido dello sparviero.//E ti dirò: le quale partirono tutti i giovani per unirsi a Moscatelli: i tede- marce/e i fuochi del bivacco/gli scontri e il peso/del schi “entrarono nelle case (…) poi passarono i lanciafiamme. fucile e del sacco./E l’animo proteso/alle brevi note Ma nelle case non c’era più nessuno, ormai. I contadini sta- interrotte,/linea punto linea punto,/la radio, tremulo vano salendo su per la montagna in una lunga fila, cammi- uccello/dal verde occhio, la notte./Altri uccelli nando dietro le bestie: e ogni tanto si voltavano indietro a notturni/raccolgono l’ali/i morbidi paracadute./ guardare il loro paese che bruciava. Adesso alla Cacciana Volantini, giornali/carta che scotta le dita./Notte, son rimasti solo i muri anneriti dal fumo, i contadini si sono gradita/compagna dei nostri/dispiega la tenda delle fatti un villaggio di capanne”.59 stelle”. Ora la val Trebbia è libera ma i valligiani sanno che, seppure È un regno di solitudine, quello descritto da De Sanctis, per breve tempo, i nazifascisti potrebbero riconquistarla, e dove i compagni appaiono solo come “fratelli” in vedetta: allora sarà il tempo dei rastrellamenti e delle rappresaglie: la “carta che scotta le dita”, la stampa clandestina, è diffusa per questo “provvedono a mettere al sicuro i beni ed il be- nell’oscurità della notte. 53
Puoi anche leggere