Con le armi e con la penna - La poesia nella stampa clandestina della Resistenza - Festival dei Diritti Umani

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TERZA PARTE                                                                                      D I M A R TA B O N Z A N I N I

Con le armi
e con la penna
La poesia nella stampa clandestina
della Resistenza

   “Capire l’8 settembre non era facile”. Così Nuto Revelli, ne            Un punto di vista “dal basso”,
   La guerra dei poveri, sintetizza il clima di incertezza seguito
                                                                           dall’interno della storia
   all’annuncio dell’Armistizio. La sua è una vicenda esempla-
   re: reduce dalla campagna di Russia, identifica nella guerra            “Non ci è concessa la libertà di parola: ce la prendiamo”.
   la causa del crollo del consenso al regime fascista e della             Carlo e Nello Rosselli, nell’articolo introduttivo al primo nu-
   conseguente destituzione di Mussolini il 25 luglio 1943. Una            mero di «Non Mollare», stampato in clandestinità a Firen-
   caduta che fu preludio all’8 settembre, alla fondazione della           ze nel gennaio del 1925, chiariscono lo scopo della stampa
   repubblica di Salò, all’occupazione tedesca, ad una nuova,              clandestina: la conquista di un diritto, la libertà di parola,
   terribile guerra, una guerra di liberazione e, insieme, una             rivendicato a rischio della vita.
   guerra civile.
                                                                           Durante il ventennio fascista, per esprimere e far conoscere
   Lo stato neofascista intende creare un proprio esercito at-             le proprie idee, si muore: muore in esilio in Francia Piero
   traverso i bandi di arruolamento: “Escono i bandi – scrive              Gobetti, ideatore de «La Rivoluzione Liberale», muore Eu-
   Revelli – e i giovani si danno alla macchia”. Ma i renitenti            genio Curiel, giovane direttore dell’edizione milanese de
   comprendono presto che nascondersi non basta: hanno bi-                 «L’Unità», muore Leone Ginzburg, arrestato nella tipografia
   sogno di viveri e armi per difendersi, di un gruppo cui fare            romana mentre componeva il periodico del Partito d’Azione
   riferimento. “Perseguendo la renitenza, lo Stato neofascista            «L’Italia Libera» deceduto in seguito alle percosse nel car-
   ottiene così il brillante risultato di trasformarla in resisten-        cere di Regina Coeli. Liberali, comunisti, cattolici, non esiste
   za”1, sorta dunque come un moto spontaneo, generato dal                 idea o fede che non esiga di essere comunicata e condivi-
   rifiuto di una guerra percepita come ormai inutile e perdu-             sa: “mai ci sentimmo così liberi come quando ritrovammo
   ta, un istinto di sopravvivenza.                                        al fondo della nostra coscienza la capacità di ribellarci alla
                                                                           passiva accettazione” scrive Teresio Olivelli, fondatore de
   Se in città la resistenza è subito “politica”, per la presenza          «Il Ribelle».
   dei partiti che non hanno cessato durante la dittatura di
   mantenere vive le proprie idee e di diffonderle per mez-                Gli autori dei fogli “politici” compilati in città, spesso più
   zo della stampa clandestina, montagne, colline e cam-                   colti e consapevoli, ognuno radicato nelle proprie convin-
   pagne sono mondi contadini, provati da anni di guerra                   zioni ma attento alle necessità di mantenere unite le forze
   e miseria. I gruppi si organizzano in principio autonoma-               antifasciste, analizzano la situazione militare e il fronte in-
   mente, attorno a figure carismatiche, senza una guida po-               terno, propongono riflessioni sul futuro assetto istituzionale
   litica che sarebbe subentrata in un secondo momento per                 del paese.
   disciplinare, con fatica, un movimento spontaneo.2
                                                                           Se ogni partito possiede il proprio organo d’informazione,
   La sopravvivenza dei ribelli dipende dalla solidarietà delle            con il sorgere di fogli di brigata come «Il Combattente»,
   famiglie contadine che forniscono alimenti e un tetto, se-              organo ufficiale delle Brigate Garibaldi, si moltiplicano le
   gnalano l’avvicinarsi del nemico. Al centro della storia tor-           edizioni locali e i giornali a limitata diffusione. Proprio in
   nano ad essere monti, crinali e valichi, affiorati dal silenzio         questi fogli, fortemente legati al territorio, trova spazio l’e-
   dei secoli. Sarà questo mondo povero e dimenticato la culla             spressione delle persone comuni, in prosa e in versi: si tratta
   di una nuova libertà di espressione.                                    dunque di pagine utilissime per comprendere la mentalità
                                                                           e le aspettative dei “partigiani semplici” e per scoprire che,

                                                                      45
CON LE ARMI E CON LA PENNA

nell’abisso di uno dei momenti più tragici della storia dell’u-         percezione del territorio si manifesta nella creazione del-
manità, si è raggiunto il più alto grado di fiducia nel futuro e        le “zone operative”, spesso definite in base ad antichi limiti
nella possibilità di costruire una società più giusta.                  territoriali, come nel caso della sesta zona ligure, che com-
                                                                        prende uno spazio appenninico fra Lombardia, Emilia, Pie-
Si tratta, da parte per lo più di giovani di circa vent’anni, in        monte e Liguria.
maggioranza contadini e operai che avevano frequentato le
classi elementari durante il regime, di riappropriarsi della            Il tributo di riconoscenza che dalle pagine della stampa
“parola”.                                                               clandestina è offerto ai “paesi di montagna” è sovente unito
                                                                        ad una forte esigenza di rinnovamento sociale:
La parola che durante il ventennio era stata piegata alle
esigenze della propaganda, viene riscoperta, con grande                         “Esiste oggi un problema importante (…) quello
difficoltà, nel suo valore di strumento di comunicazione                        dei paesi di montagna. Il problema delle case
e di espressione libera. Emerge dal bisogno di raccontare                       saccheggiate e incendiate, delle bestie, del grano,
un’esperienza drammatica ma unica e irripetibile, di cui si è                   dei soldi rubati, degli uomini e delle donne
testimoni privilegiati, e di cementare lo spirito di apparte-                   uccisi dai nazifascisti. Il problema di Cichero, di
nenza ad un gruppo. Nasce tuttavia anche da una esigenza                        Barbagelata, di Allegrezze, di Varzi, di Zavattarello.
morale inedita, sebbene ancora confusa, dalla consape-                          Le popolazioni di montagna, tenute finora in uno
volezza di vivere la gestazione di un mondo nuovo. Come                         stato desolante (…) hanno dimostrato a contatto
esprimere tutto questo? Gli strumenti a disposizione dei                        coi partigiani di possedere qualità eccezionali
giovani che avevano lasciato la scuola molto tempo prima                        (…). Ora le distruzioni e i saccheggi hanno ridotto
sono modesti, sovente densi di retorica. Ciò nonostante an-                     gran parte dei montanari in condizioni tristissime:
che di questi ci si riappropria con difficoltà quando la scrit-                 abbandonarli al loro destino (…), vorrebbe dire
tura non è abituale.                                                            negare loro la possibilità (…) di aiutare in modo
                                                                                concreto il Paese che rinasce”.5
È dunque, quella della stampa clandestina, una parola fati-
cosa e tenace, soprattutto corale: nonostante i partigiani si           Talora, è proprio la tipica abitazione alpina a dare il nome
firmino, la prosa è riproduzione scritta del racconto orale.            ai fogli clandestini: Baita! Perché questo nome? titola l’ar-
Novelle, frammenti di diario, necrologi si presentano come              ticolo d’apertura del giornale dei garibaldini della brigata
un patrimonio condiviso, costruito insieme, esito di un                 Garibaldi Nedo a firma di Francesco Moranino “Gemisto”:
nuovo codice morale.3 È una parola non sempre “italiana”,               “La baita, caratteristica abitazione degli alpigiani delle no-
spesso dialettale, una parlata locale che ha poco di folklo-            stre valli, con il suo odore caprigno, con i suoi tetti di stop-
ristico: attesta un saldo legame con la comunità di prove-              pie, con i suoi muri dalle mille fessure dove il vento rigido
nienza, dalla quale i renitenti non si vogliono allontanare, a          si filtra ed entra in connubio con il basso fumo denso, fu il
rischio della vita. Rivendicano il legame con la propria terra,         primo rifugio delle schiere di giovani che salite le valli si
infatti scelgono le bande che operano il più vicino possibile           fusero in quei nuclei di Patrioti”. Dopo pochi mesi “Delle
al proprio paese.4 Ma il dialetto è anche affermazione di au-           baite son rimasti pochi muri maestri, poche travi bruciate
tonomia e dignità, di contro allo Stato fascista vissuto come           (…) sintesi amara di una politica infausta”.6 Luoghi per pochi
accentratore e impositivo. È dunque la geografia uno dei                mesi affiorati dal silenzio di secoli e allo stesso silenzio ri-
più importanti criteri ordinatori della stampa clandestina.             consegnati dopo la Liberazione.

Una geografia antica, una nuova                                         La stampa clandestina
percezione dello spazio                                                 della Resistenza
I renitenti devono innanzi tutto fuggire, diventare irre-                Manoscritti, dattiloscritti, ciclostilati, a stampa, i fogli clan-
peribili, organizzarsi in luoghi distanti dalle vie più bat-            destini hanno tiratura limitata, sebbene esistano eccezioni
tute. Così luoghi senza storia, o abbandonati dalla storia,             come «Il Partigiano Alpino»7 che diffonde circa ventimi-
diventano protagonisti durante i venti mesi di guerra                   la copie nel Canavese o «Baita» distribuito in quattromila
partigiana. Per questi giovani muta radicalmente la perce-              copie nel Biellese e in Valsesia. La maggior parte dei fogli
zione dello spazio: contadini che conducono abitualmente                clandestini ha origine nell’estate del 1944, durante la stagio-
un’esistenza sedentaria non possono più restare nelle loro              ne delle “zone libere”,8 ma non mancano quelli avviati nel
case. Aggregandosi ai gruppi partigiani, affrontano sposta-             corso del terribile secondo inverno di guerra per cementare
menti continui: la conoscenza del territorio è dunque indi-             lo spirito di corpo e tenere vive le ragioni della Resistenza
spensabile alla sopravvivenza.                                          in un contesto di rastrellamenti e nascondimenti in buche
                                                                        scavate nei boschi. La maggior parte di questi fogli “dispe-
I confini di province e regioni perdono importanza, riemer-             ratamente e coraggiosamente periodici”9
ge una geografia antica: crinali e valichi, anzi che elementi
di divisione, tornano ad essere spazi di unione. La nuova

                                                                   46
DI MARTA BONZANINI

“Esce quando può e come può”, come recita il sottotitolo                   di scuola riemergono attraverso riferimenti manzoniani (in
di «Baita». Diffusione e frequenza variano a seconda che                   particolare il 5 maggio e Marzo 1821), carducciani e pasco-
i giornali siano organi di divisione, di brigata o di distac-              liani, ma non manca l’eco della retorica dannunziana. Si
camento: se i primi si rivolgono non solo ai partigiani ma                 tratta di riferimenti letterari “imposti”, forme espressive che
anche ai civili con i crismi dell’“ufficialità”, i fogli di reparto        spesso mal si adattano a veicolare concetti radicalmente
raccolgono con più libertà brevi racconti, poesie improv-                  nuovi e diversi. Anche gli autori risorgimentali, primo fra
visate ma anche rilievi, proposte, critiche. Ne emerge una                 tutti Mazzini, vengono citati come padri della Resistenza.
collettività che racconta se stessa: “Intanto Bini a Bobbio
stampava il giornale «Il Partigiano» (…) Per fare arrivare al              Da queste mappe di vita nella lotta partigiana trarrà poi
comando i suggerimenti e le critiche di tutti i partigiani (…)             ispirazione parte della narrativa neorealista.15 È qui, forse,
si istituì il giornale murale. In ogni distaccamento era ap-               da ricercare la radice di “una letteratura che sia presenza
peso al muro un gran foglio bianco su cui ogni partigiano                  attiva nella storia”, “il nutrimento per una morale rigorosa”,
esprimeva le sue critiche e le sue proposte, e raccontava                  come auspicava Italo Calvino.16
episodi di guerra e di vita”.10
                                                                           Il linguaggio della poesia clandestina vive di decise con-
Nella stampa clandestina subentrano anche differenze                       trapposizioni: partigiano e fascista sono rappresentati come
dettate dall’appartenenza politica dei vari gruppi: sebbene                entità irriducibili, frutto di scelte individuali dalle quali non
venga continuamente lamentato il disinteresse dei giovani                  c’è ritorno. Ovviamente, la realtà è molto più sfumata: se
per la politica e molti testimoni ancor oggi non nascondano                molti giovani arruolati nelle file della RSI disertano per
il fastidio che provavano per l’“ora politica”,11 i fogli recano           unirsi ai partigiani, alcuni ribelli lasciano le bande per con-
tracce del legame con l’una o l’altra corrente del fronte an-              segnarsi in caserma.
tifascista. Comunque, questa parola tenace che non viene
meno neppure nell’ora dei rastrellamenti va giustificata:                  Le ragioni della contrapposizione non sono soltanto pra-
                                                                           tiche ma anche ideali, etiche: il campo semantico degli
        “Impugnar la penna quando si possiede uno sten,                    opposti fedeltà/tradimento, ricorrente in poesia, va meglio
        parlare un linguaggio fatto di parole quando il                    precisato perché è uno dei punti cardinali che dirigono la
        nemico (…) non sembra intendere che il rude                        scelta. Per i partigiani i fascisti tradiscono la libertà e si fan-
        linguaggio delle bocche da fuoco, potrà apparire a                 no schiavi dell’invasore tedesco; per i neofascisti, al contra-
        qualcuno un ritrarsi dall’azione, dalla lotta, mentre              rio, la ragione della militanza si trova spesso nel non voler
        è tempo di azione e di combattimento”12 “poiché                    venir meno all’alleanza con la Germania. Per i civili lo spar-
        non si combatte solo con armi bensì anche con la                   tiacque è piuttosto costituito da un altro tema fondamenta-
        penna”.13                                                          le, quello della violenza: se, salvo eccezioni pure purtroppo
                                                                           esistite, i partigiani vivono la violenza come una dura e pe-
Una scrittura dunque che svolge la funzione di educare alla                nosa necessità, i neofascisti ne fanno un uso più diffuso e
discussione e alla critica costruttiva, in sostanza alla demo-             disperato, fine a se stesso, ponendosi così in contrasto con
crazia. Si rivolge ed è composta da giovani formatisi nella                buona parte del mondo contadino che coglie l’insensatezza
scuola di regime, contadini per lo più: per loro “la propa-                della brutalità messa in atto durante rappresaglie e rastrel-
ganda è l’unica (…) cultura”.14 Non si cimentano in articoli               lamenti.
di impronta politica, privilegiano altre forme di comuni-
cazione, il racconto breve, il necrologio, la poesia. Con le               La contrapposizione fascista-partigiano in poesia è
forme espressive, variano i toni: quello epico ben si adatta               espressa inoltre in termini che rimandano al paesaggio:
alla narrazione di una battaglia e alla commemorazione dei                 il ribelle si colloca in posizione elevata, elegge la monta-
caduti, che tuttavia può anche assumere accento elegiaco,                  gna a propria dimora, le brigate nere occupano le valli, i
ricorrente quando il tema è il ricordo degli affetti abbando-              paesi di pianura, semplificando stanno dunque in “bas-
nati, casa e famiglia.                                                     so”. Rifugiarsi sulle alte colline significa ritrovare spazi di
                                                                           libertà: il paesaggio abita la scrittura, comprimario dell’a-
Non meno rilevante è l’ironia, la cui funzione è, oltre a ridi-            zione, luogo del “resistere, in una posizione puntiforme,
colizzare i compagni ma anche i nemici, esorcizzare la pau-                disseminata (…) il bosco è il luogo della resistenza, non della
ra e la solitudine. Si tratta comunque di voci che emergono                fuga, della stabilità e della consapevolezza (…) della veglia
dal magma di una cultura sostanzialmente orale che solo                    silenziosa e imprevedibile”.17
in virtù della partecipazione ad eventi eccezionali hanno
sentito il bisogno di lasciare una testimonianza di sé. Una                I luoghi di passaggio, la strada, il ponte, il fiume sono intesi
cultura popolare, dunque, che accoglie un contenuto pro-                   come spazi del pericolo, dell’esposizione al nemico; al con-
fondamente nuovo e lo incanala nelle uniche forme espres-                  trario la baita, il casone ma anche il bosco sono simboli del
sive che conosce: è dall’oralità che prende forma il racconto              riparo, della salvezza. La città, il paese rappresentano i luo-
partigiano, sempre breve e spesso didascalico.                             ghi in cui risiedono gli affetti, ma anche le basi degli avver-
                                                                           sari. Il ritorno a casa per rivedere brevemente i propri cari è
Le fonti della poesia clandestina sono infatti da una parte                infatti fatale a molti: spie e delatori non mancano nemmeno
scolastiche, dall’altra popolari, ad esempio gli stornelli e, in           nelle comunità più piccole. Il bosco mostra poi una simbo-
Friuli, le vilote. Le liriche mandate a memoria sui banchi                 logia ricchissima, dalle radici antiche: ai piedi degli alberi

                                                                      47
CON LE ARMI E CON LA PENNA

sono scavate le buche nelle quali i partigiani trascorrono                    il lembo della coperta in cui sono ravvolti, perché
parte dell’inverno del 1944, nel paesaggio invernale scar-                    voglio dare loro l’ultimo saluto. Matteotti20 è il
nificato essi leggono l’estrema semplificazione della loro                    primo: (…) è stato colpito al cuore, ma anche morto,
esistenza in una stagione “bloccata”. Ma il bosco è anche la                  pare lo stesso che sorrida (…)Poi, Brighin21: lo
sede delle sepolture dei caduti, che invita al raccoglimento                  ricordo, con la giacca così lunga per lui così piccolo,
e alla preghiera, come nel sonetto Croce solitaria composto                   e che, impigliandosi nei rami, gli è costato la vita
nelle Langhe.                                                                 (…). Poi, Tom, Quirico, Vento, Nuvola, Generale.
                                                                              Generale, che voleva diventare un grande poeta,
In Valsesia la convergenza di vari fattori, come la confor-                   ed è morto con la sua illusione intatta. (…) Adesso
mazione delle valli, la complicità degli abitanti, la presen-                 la chiesa s’è fatta più buia: fuori, nella sera piena
za di uomini come Cino Moscatelli ed Eraldo Gastone,18                        di profumi, si alza la luna piena, sopra le grandi
rispettivamente commissario politico e comandante delle                       montagne”.
brigate garibaldine locali, contribuiscono all’organizzazio-
ne dei primi gruppi di renitenti. Nell’ottobre del 1944, con la        La poesia si compone di cinque strofe gravate da una pe-
costituzione del Comando unificato delle formazioni parti-             sante retorica e da un lessico guerresco e stereotipato, che
giane della Valsesia, dell’Ossola e del Biellese, è sentita più        talora cade in una (non voluta) ironia, come nel terzo verso:
acuta l’esigenza di disporre di un organo di informazione
ufficiale diffuso a largo raggio: nasce così, in una tipografia               “Lungo il destin della battaglia/sempr’intuona
di Valduggia, nei pressi di Varallo Sesia, «La Stella Alpina».                il verso la mitraglia;/frittata farem di gente
Quindicinale a stampa di grande formato, è un giornale di                     mercenaria,/lurida, sporca, bruta marmaglia.//
quattro pagine ben curato che continuerà le uscite, come                      Esultante in tutti i cori/verso il nemico con
settimanale, fino all’agosto del 1946. Tra le rare testimo-                   ardore,/intonando con le ore/il fiero canto del
nianze in versi che il giornale ospita, Nostra primavera, un                  mitragliatore.//Dolce Italia, amata, cara,/il fiero
sonetto del partigiano “Renzo”, riprende l’articolazione del                  partigian tutta fanfara/come correnti di gran
paesaggio tra valle e montagna, tra il biancore delle vette e i               scossa/getta il nemico nella fossa.//Come orribili sui
colori che iniziano ad animare torrenti e boschi:                             venti/dei partigiani forti vincenti,/esultante grido di
                                                                              gloria/dolce inno di vittoria.//E lottando con forza
       “In alto, su le vette biancheggianti/muta e deserta                    fiera/contro la camicia nera/il nemico gettando
       è la montagna ancora,/ma d’indistinto verde si                         oltre frontiera,/vittoriosa voce pura e fiera”.
       colora/lungo le prode dei torrenti erranti.//Su le
       ventose rupi, di stellanti/fiori il burron, ripido              Come in ogni foglio clandestino, una nota della redazione
       s’inflora/e tra gli abeti neri, nell’aurora/ripassa il          invita alla collaborazione, mostrando al contempo la diffi-
       vento stormeggiando, avanti!//Giù nella valle, che la           coltà dei partigiani a trovare il modo adatto per esprimere
       primavera/ha ridestato col venir d’aprile/dormono               le proprie idee: “Questo non è e NON DEVE ESSERE il Gior-
       i morti della nostra guerra…//Ma in alto, sopra delle           nale del Comando, questo è il nostro giornale, DOBBIAMO
       nostre file,/il sole splende e invita alla severa/ultima        FARLO NOI! E allora, perché non ci mettiamo tutti a scrivere
       lotta per la nostra terra”.19                                   qualche cosa? (…) Ma se non sappiamo che cosa scrivere!
                                                                       Non è vero: se molti di noi non siamo in grado di scrivere
La valle non è qui sede del nemico ma luogo di quiete in cui           trattati di politica, tutti però abbiamo avuto dei compagni,
riposano i caduti partigiani, al cui sonno eterno si contrap-          tutti qualche volta l’abbiamo passata bella o brutta. Tutti
pone il risveglio della natura.                                        possiamo raccontare una barzelletta, un pensiero, una os-
                                                                       servazione, una proposta, una riga, una parola”.
La commemorazione dei caduti si esprime sovente in
veri e propri racconti brevi, come nel caso di Ultimo                  Realizzazione pratica dell’invito è il bel racconto Il generale
saluto, composto dalla redazione di «Staffetta azzur-                  Frasca, quasi una “favola di bosco”, e insieme spaccato di
ra», giornale dei garibaldini della decima brigata Rocco,              vita in distaccamento: il Generale tanto atteso è la “foglia o
stanziata sulle alture del lago d’Orta, e dedicato ai caduti           frasca”, la primavera che faciliterà ai partigiani il nascondi-
della battaglia del 28 marzo. Nel terzo numero di «Staf-               mento nei boschi e l’organizzazione dell’ultima fase della
fetta azzurra», diffuso il primo aprile 1945, dattiloscritto di        guerra.
grande formato corredato da disegni eseguiti a mano, Ul-
timo saluto è il preludio alla pubblicazione delle quartine            La leggerezza ironica di questo racconto breve non è estra-
scritte da uno dei caduti:                                             nea all’altro grande foglio garibaldino biellese, «Baita»,22
                                                                       organo della cinquantesima brigata intitolata a Piero Pajetta
       “Nella chiesa del cimitero sono allineati i morti, su           “Nedo”, volontario nella guerra civile spagnola e fra i primi
       le lunghe panche oscure; fuori la sera di primavera             organizzatori della Resistenza nelle valli del Sesia, caduto
       traspare dal cielo luminoso in cui si dirizzano snelli          nel febbraio del 1944. Distribuito tra Valle Mosso, Roasio e
       i peschi e i mandorli in fiore. C’è gente che parla             Romagnano Sesia, vanta uscite eccezionalmente regolari
       sommessa, che domanda, e in tutti è il dolore muto              e di ampia diffusione: per il direttore Francesco Moranino,
       e forte, come un peso che fa male al cuore. É quasi             la scrittura è strumento di lotta, esattamente come le armi.
       buio, ed io li riconosco ad uno ad uno, sollevando              Garantendo sulle pagine di «Baita» uguale cittadinanza

                                                                  48
DI MARTA BONZANINI

ad ogni genere ed argomento, dall’articolo di attualità alla             del sonetto La cubja dij Divisiunari, la scelta del dialetto28
lettera aperta, alla lirica, all’annuncio ironico, la redazione          conferisce un tono confidenziale, quasi “familiare”:
favorisce un approccio critico ai temi proposti e rivela un
notevole sforzo di comprensione, specie dei problemi so-                         “A dis a nôj che sôma ’d picamôte/E peui a ’t pianta
ciali ai quali è dedicata particolare attenzione.                                certi trigômirô/A nôi, per fè n’esempi, a ’n dà le tute/
                                                                                 Mentre chiel va vestì ch’a smia ’n biru.//So sociô
L’ironia trova nei versi del partigiano “Atomo” un’espressio-                    ’nvece a djô cha a l’è ’n studiôs/L’à i liber gros e l’à
ne in quartine tutta dedicata ai compagni di brigata:                            la testa fina/A fa ’d discôrs, quaich volta, bin nuius/
                                                                                 Ma s’a j’è da sparè a j’è gnun prima//Col lì pì cit, ’t lo
        “Quando il sol da oriente spunta/Ed il sonno il                          sas, na fa ’d le bele/A va a cassa d’ camôs e a ciapa
        dormir allunga/In rassegna va il buontempone/                            niente/Ma ai tedesch, sta tranquil, a j dà ’d patele.//
        Prima ancor di far colazione//Pensa all’“omu pito”/                      Spero ch’a j sia libertà di stampa;/A bon cônt mi
        Sempre in moto, sempre ardito/Dalla testa ormai                          però disô pì niente/Se no ’sta volta ’n merito la
        pelata/Che comanda la Brigata//La sua voce già da                        tampa”.29
        lontano/Fa scattar il lustro Spartano/Mentre calcola
        con la mente/Il cavilloso suo intendente//Pensa                  L’uso del dialetto, non raro nei fogli azionisti del Cuneese,
        a Sindaco chino sui tasti/Che spesso rovinano i                  dimostra anche il profondo legame con le valli, una delle
        suoi pasti/Mentre calmo detta il capitano/Da buon                quali dà il nome a «La Grana». Portavoce della Brigata Valle
        alpin con la pinta in mano//Ai nostri muscoli pensa              Grana Paolo Braccini sempre dipendente dalla Prima Divi-
        il maggiore/Con la ginnastica aumenta il vigore/                 sione Giustizia e Libertà. Fortemente desiderata da Dante
        Mentre Rino lavora col cervello/Che vuol essere                  Livio Bianco che collabora con lo pseudonimo di “Pianta-
        il garibaldino modello//Sempre ridendo il buon                   grane”, la stampa del giornale avviene in “una piccola, ma
        Sbarazzino/Ficcanaso or è il suo destino/Per il                  ottima tipografia”30 in una valle “sino a qualche tempo pri-
        buon andamento della Brigata/Anche Carlo fa la                   ma, [non] molto conosciuta”. “È stato il partigianato a dare
        chiacchierata”.23                                                celebrità alla Valle Grana. Qui fu la base e il campo d’azione
                                                                         di quella Banda Italia Libera” dalla quale è sorta la brigata
Sebbene infatti i garibaldini auspichino di “trovare un poeta            Braccini. “Tra la Brigata e la valle si è creato un legame in-
che con l’anima e la virile forza del Carducci descriva ed               timo e profondo, indistruttibile”31 né vale la necessità mo-
immortali oltre alle gesta dei guerrieri del popolo, le soffe-           mentanea di spostarsi per affrontare l’inverno a rescindere
renze dei feriti”,24 i migliori risultati della poesia partigiana        tale rapporto.
sono quelli in cui l’afflato retorico o elegiaco lascia il posto
all’ironia e alla satira che, per la prima volta, possono esse-          Non a caso, infatti, l’articolo di Bianco compare sul primo
re esercitate anche nei confronti dei comandanti. I migliori             numero del giornale, nel dicembre del 1944, il tempo dei ra-
esempi sono di certo quelli editi sui fogli delle brigate Giu-           strellamenti e del terrore, accanto a L’offensiva dei padri, in
stizia e Libertà diffusi nelle valli del Cuneese.                        cui l’autore, che si firma “Il moralista”, ridicolizza i genitori
                                                                         che tentano di convincere i propri figli a lasciare, almeno
È l’alba dell’11 settembre 1943 quando una dozzina di uomi-              per l’inverno, le basi partigiane. Il motto della brigata, che
ni e un mulo si incamminano da Valdieri verso la cappella                compare a fianco del titolo, Desturtùite, “svegliati”, è ripreso
della Madonna del Colletto, sul crinali tra le valli Gesso e             in seconda pagina accanto alla poesia in quartine del par-
Stura: fra gli altri, Duccio Galimberti e Dante Livio Bianco.            tigiano “Javert” che tenta di sdrammatizzare un momento
Alcuni giorni dopo il primo nucleo della banda Italia Libe-              grave della vita della formazione come quello del processo
ra si trasferisce nella borgata di Paralup, tra le valli Stura           ai danni di chi ha compiuto un furto.
e Grana, per avviare quella “guerra civile, una guerra cioè
(…) per la civiltà”25 che sarà condotta nel Cuneese in pre-              L’amministrazione della giustizia partigiana è assai se-
minenza dalle forza di Giustizia e Libertà legate al Partito             vera nei confronti di coloro che si macchiano di furti e
d’Azione.                                                                violenza a danno della popolazione locale: inimicarsi
                                                                         i valligiani è infatti controproducente per le sorti dello
Nelle valli al confine con la Francia tutto “parlava di abban-           stesso movimento che può sopravvivere solo grazie alla
dono, di miseria. Le baite di Paralup erano più povere delle             collaborazione della gente contadina. In questo caso, la
isbe, quattro muri a secco, la porta così bassa che obbligava            sentenza, che segue i giorni cupi del rastrellamento, è par-
all’inchino, una crosta di ghiaccio per letto (…) meno fredde            ticolarmente clemente:
le baite di San Giacomo, Torre, Palanfrè. Ma sempre grotte.
Era questo l’ambiente dal quale avevano strappato i miei                         “In veste di chi giudica e concilia/Il grande capo
alpini di Russia”26 scrive Nuto Revelli che si è nel frattempo                   della Grana siede/ Trema il villano che con lesto
unito alla banda. I fogli azionisti come «Quelli della mon-                      piede/ Fregò al vicino un pollo e una coniglia.//
tagna» risentono della “profonda nota morale, di dura in-                        Grande egli è e bello ma al gentile aspetto/ Ha
transigenza, di rigore, di serietà (…) un’avversione marcata                     sostituito il Mas fregato a Gino/ (Il sudor di chi
per ogni retorica”27 di cui parla Dante Livio Bianco, eppure                     assiste pian pianino/Per l’emozion congela sul
non disdegnano la satira intelligente e divertita cui, nel caso                  colletto).// Giunt’è l’ora di dare la sentenza/ E
                                                                                 l’imputato trema verga a verga/ La pena capitale

                                                                    49
CON LE ARMI E CON LA PENNA

        sembra certa/Ognuno grida in cuor: pietà!                                al bene della comunità. (…) Vi invitiamo quindi a
        clemenza!//Il giudice (ch’è al cuore e alla capanna/                     far sì che le nostre veloci staffette giungano a noi
        Seriamente disposto in questi giorni/Purché il                           curve sotto l’immane carico delle vostre lettere (…).
        rastrellatore non ritorni)/La sentenza fa leggere                        Pensate che l’inverno è vicino e che noi abbiamo
        da Sanna://Son condannate alla fucilazione/Lire                          tanto bisogno di carta per accendere il fuoco (anzi,
        duecento subito graziate/ Che vengono più tardi                          in ogni lettera metteteci anche qualche fiammifero
        destinate/ Ai poverelli della sua frazione.//Il cuor                     ché qui non si riesce a trovarne).”34
        d’ogni presente s’è riaperto/Pare più azzurro e
        più sereno il cielo/Sorride la natura e non lo cela/              Oltre a necrologi, la cronaca della liberazione di Alba, bol-
        Sorrider vedo pur Barba Berto”.32                                 lettini e rubriche come “Cura delle armi”, sono riportati
                                                                          brani umoristici Dal Giornale murale del Distaccamento
La scrittura colta dei redattori dei fogli delle formazioni               “Bonino”, alcuni assai spiritosi, come quello in cui vengono
Giustizia e Libertà rappresenta certamente un’eccezio-                    rimproverati “alcuni signori Garibaldini che per sopprime-
ne nel panorama della stampa partigiana, sebbene anche                    re la malinconia non potendo dare botte si attaccano alla
i giornali garibaldini vantino la collaborazione di figure                botte” e si ritrovano annebbiati nel momento del bisogno,
che ricopriranno un ruolo non secondario nel giornalismo                  o quello intitolato Il grido di Spartaco.35 Al contrario la po-
del dopoguerra: è il caso di Davide Lajolo, futuro direttore              esia, con le liriche di “Pablo” La Camicia Rossa e La Voce,
dell’edizione milanese de «L’Unità», comandante partigia-                 riprende in tono retorico il tema della continuità tra Risor-
no nel Monferrato.                                                        gimento e Resistenza.

La presenza azionista scema infatti man mano che dalle                    Di maggiore interesse sono invece le testimonianze in ver-
valli del Cuneese si raggiungono le Langhe, territorio quasi              si nella seconda uscita di «Stella Tricolore» dell’8 aprile,
elusivamente garibaldino. Nei mesi successivi all’Armistizio              introdotta in prima pagina dal sonetto Croce solitaria del
gruppi di soldati sbandati si raccolgono sulle colline attorno            partigiano “Jim”, già edito un mese prima sul giornale di
a figure carismatiche, dando origine ad una costellazione di              distaccamento «Il Compagno»:36 la poesia, che si apre su
nuclei senza una guida comune: anche qui, come in Oltrepò                 un sereno paesaggio boschivo, nella seconda strofa rivela la
pavese, il Partito Comunista stenta a comprendere la rile-                presenza di una croce inghirlandata alla quale risponde una
vanza dell’area, tardando ad inviare uomini adatti all’orga-              corona di stelle in cielo. Solo l’ultima terzina rivela, in una
nizzazione della guerriglia, e solo in un secondo momento                 chiusa sobriamente elegiaca, l’epitaffio per un partigiano
riesce ad arginare i fenomeni spontanei di ribellismo.                    caduto, la cui morte non induce all’odio e alla vendetta ma
                                                                          al raccoglimento e alla preghiera:
Accanto ai garibaldini continueranno del resto ad operare
formazioni autonome. Momento culminante della Resi-                              “Placido il raggio della luna nuova,/fra musiche
stenza nelle Langhe è la proclamazione della zona libera di                      di fronde e di ruscelli,/sparge la sera, e il grido si
Alba, sotto il controllo partigiano da agosto a ottobre 1944,                    rinnova/di quando in quando dei notturni uccelli.//
quando le formazioni devono cedere il passo alla riconqui-                       Nella pineta qui di sopra il monte/ritta una croce
sta neofascista. Nelle buche scavate nel terreno, nel buio                       sta sul mio cammino;/intessono ghirlande i fior di
dell’inverno, nascono i giornali clandestini «Stella trico-                      fonte/attorno al legno rustico di pino.//Sulle cime
lore» e «Voce nostra», parole ostinate che perseguono un                         dei pini agili e snelle,/ghirlanda immensa infiorare
unico scopo: impedire che la disperazione abbia il soprav-                       io vedo,/levando gli occhi al ciel, tutta di stelle.//
vento, mantenere vivo uno spirito comune quando anche                            Appresso a quella croce alfin venuto/mi fermo e
i collegamenti più semplici e diretti, nella neve, nel gelo e                    leggo l’umile epitaffio:/Prega, qui giace un ribelle
nella paura, paiono diventati impossibili.                                       caduto”.37

La dispersione delle formazioni partigiane dopo la caduta                 Nel numero del 6 maggio 1945, appena dopo la Liberazione,
della zona libera rende infatti più agevole l’offensiva nazifa-           sono ripresi i temi trattati nei numeri precedenti, ma con
scista operata attraverso i rastrellamenti, gli incendi di paesi          una profondità ed una consapevolezza inedite, dalla prepa-
e casolari, le fucilazioni di ribelli e civili. In questo contesto        razione politica dei partigiani al nuovo ruolo assunto dalla
la Divisione Garibaldi Langhe il 29 ottobre stampa il primo               donna che, auspica la partigiana “Vera”, deve contribuire al
numero di «Stella Tricolore», che si rivolge a partigiani e               rinnovamento sociale e politico del paese. In questo con-
civili sottolineando i temi dell’identità garibaldina e dell’u-           testo alla poesia è riservato essenzialmente il compito di
nità delle forze antifasciste. Non stella rossa, chiarisce la             commemorare i caduti: A un fratello d’oltralpe caduto di
direzione nel primo numero, ma stella tricolore, “simbolo                 “Pablo” (composta in ricordo del partigiano francese Jim-
dell’unità nazionale” che “rappresenta le tradizioni garibal-             my) e Garibaldino morto di “Ulisse” riprendono, con accen-
dine del nostro Risorgimento”.33 L’invito ironico a collabo-              ti ora raccolti, ora energici, il tema della morte partigiana.
rare al giornale rivela una profonda lezione morale:                      Sentinella della sera di “Jim” è un tipico esempio di quelle
                                                                          molte liriche composte dopo la fine della guerra, in cui la
        “In regime democratico dire onestamente la                        tensione si stempera e prevale una malinconia crepuscola-
        propria opinione è un dovere, più che un diritto è                re, il richiamo degli affetti:
        un contributo importantissimo di ogni cittadino

                                                                     50
DI MARTA BONZANINI

        “Quando in ciel muore la sera/dalla brezza                                 ché/comparso il sole ricompare/il partigiano per la/
        vespertina/e dal cuor melanconia/come pianto                               disperazione del nemico./Non si muore ragazzi/è
        sale in gola/per le squille di campane/nella luce                          primavera./Muore il nemico/anche se ancora
        che si muore/tra gli abeti alti e scuri,/cosa pensi                        bivacca (…)”.44
        sentinella?//Sentinella partigiana/nel brusio
        di questa sera/senti come una preghiera/della                      Composte in tempo di tragedia, non c’è ironia nelle poe-
        mamma a te vicina”.38                                              sie di Lajolo ma compianto, incoraggiamento e orgoglio.
                                                                           Non a caso l’articolo nel numero di maggio, ancora a fir-
Lo stesso accento elegiaco, che scivola nel patetismo, si tro-             ma “Ulisse”, descrive gli Alleati mentre entrano in paesi
va nell’ultima poesia di “Pablo”, Il Paralitico,39 che rivede              e città già liberati: “Noi siamo vittoriosi, noi ci sentiamo
in un vecchio garibaldino il simbolo dell’Italia perduta dal               vincitori”.45
fascismo.
                                                                           Organo d’informazione delle divisioni garibaldine legate
Nello stesso numero si trova anche un bell’articolo del co-                al Partito Comunista, «Voce Nostra» evita alcuna forma di
mandante Giovanni Latilla “Nanni”, La nostra lotta nella                   propaganda, al contrario invita alla riflessione e all’appro-
nostra langa, che rievoca la storia del movimento partigia-                fondimento, così, con parole semplici e comprensibili, pre-
no locale e il suo farsi più forte nel momento più drammati-               para il futuro:
co, “mentre nelle sconfinate distese collinari tutte amman-
tate di bianco tutto tace, in piccole baite ed in stretti locali ci                “Oggi bisogna scegliere una via politica, è
si riunisce e si fa la scuola del carattere”.40                                    necessario seguire una idea, quella che è più
                                                                                   consona al nostro spirito e al nostro modo di
Anche Davide Lajolo identifica i tempi di quiete come ispi-                        sentire. Oggi (…) nessuno deve più essere costretto
ratori di un discorso, in questo caso poetico, che trova lar-                      a iscriversi ad un unico partito (…). I nostri
ga eco sulle pagine del settimanale «Voce Nostra», di cui è                        Comandanti (…) ci hanno aperto gli occhi sulla
direttore.41 Questi “canti a bocca chiusa”, come li definisce                      questione politica. Ci hanno fatto conoscere i vari
l’autore, nacquero con maggior urgenza proprio durante                             partiti, che cosa essi sono, che cosa vogliono e quali
l’inverno, “quando un durissimo rastrellamento ci costrinse                        mezzi intendono adoperare per raggiungere i loro
per qualche tempo ai buchi ed alle tane come i lupi”:                              fini”.46

        “Non più canzoni/non più marce forzate/non                         È un invito a prendersi cura della collettività attraverso
        più fucilate/ma l’attesa trepida,/tra le crepe della               l’adesione all’una o all’altra forza politica, superando l’en-
        terra./D’attorno la caccia/del nemico insiste negli                tusiasmo emotivo che aveva caratterizzato il consenso al
        spari/ed entra a brivido sotto la pelle./L’inverno                 regime fascista, e che era scemato nella disillusione e nel
        s’attrista/nel suo squallore/non ti promette pace/e                rancore.
        le speranze sono ferme/come sui fronti gli eserciti./
        Pochi compagni sparuti/poche parole di forza./                     Anche nelle Langhe ai giornali a stampa che raggiungono
        La violenza ci seppellirà/dunque senza rimedio?/                   un’ampia diffusione si affiancano i fogli di distaccamento,
        Siamo destinati a pendere sulle piazze?/Ribelli                    spesso dattiloscritti e illustrati con disegni, che nella loro
        all’ingiustizia/ci ribelliamo alla morte/(…)”.42                   grafica spoglia conservano tracce peculiari della vita par-
                                                                           tigiana. È il caso de «Il Compagno», giornale del distacca-
In questi canti, nati “non per far dell’arte”,43 nelle loro ca-            mento Giovanni della brigata Perotti, intitolata al Generale
denze ampie, incalzanti, i compagni si riconoscono e si ri-                fucilato a Torino il 5 aprile 1944, il cui direttore “Jim” colla-
specchiano. Ecco il ricordo dei martiri in Cimitero di Torino              bora anche a «Stella Tricolore». Compilato per una lettura
e la poesia dedicata al giovane Gino Marini, ma anche un                   interna al gruppo, è ricco di spunti ironici e prosa e poesia
nuovo inno alla primavera in val Tiglione, Non si muore:                   conoscono una felice libertà di espressione. La quotidianità
                                                                           partigiana è restituita intatta nella sua immediatezza e pe-
        “La notte/ha la soavità della pioggia/sulla                        culiarità: nel primo numero del primo febbraio 1945, dopo
        campagna/tenero pianto/sull’erbe/mentre dopo                       il necrologio dedicato al garibaldino “Giovanni” cui è intito-
        la battaglia/i partigiani/uno ad uno s’infilano/per i              lato il distaccamento, compaiono due testi leggeri e diver-
        sentieri scivolando/nel fango con rade bestemmie./                 tenti, il primo dei quali, Mezzi di locomozione partigiana,
        Bagnati fino alle ossa/i piedi guazzano/nell’acqua/                ridicolizza gli spostamenti dei garibaldini attraverso le col-
        rotti e pesti/(da stamane si combatte/e si marcia)/                line. “Una muta di garibaldini è partita da Mombarcaro trai-
        ma stupefatto e felice/m’arresto sul barranco/del                  nando velocemente verso il Nord un’agile slitta. Ricordava-
        Tiglione abbagliato/dal candore dei mirti/che sotto                no le mute di Jach London sulle piste dell’Alascha alla cerca
        la pioggia/fioriscono ed olezzano/per tutta la valle./             dell’oro. La medesima fretta, il medesimo stile, i medesimi
        (…)/E piove./Il Tiglione ha intonato/un murmure                    acrobatismi (…). Ma non cercavano l’oro e nemmeno le volpi
        alto:/“Val Tiglione sei la mia terra/col mio sangue ti             argentate, ma il paesino di Cravanzana dove era trasferito il
        difenderò”/ora la canzone morta/da stamane se la/                  Distaccamento Giovanni”.
        riporta l’acqua del fiume/alla deriva./Ma non è finita
        la guerra/né la tana ci accoglierà/per troppi giorni,

                                                                      51
CON LE ARMI E CON LA PENNA

In un contesto agreste e spartano non mancano inconve-                   stalle e delle osterie. Tutti non hanno ancora compreso che
nienti, prima di tutti i pidocchi, cui è intitolata la prosa di          tale atteggiamento significa per noi complicità. Tutti debbo-
“Jim”, Ore 9 lezione di igiene. Pidocchi e partigiani:                   no aiutare la giustizia partigiana senza alcun timore.”.51 In
                                                                         tono più spensierato la poesia racconta:
        “Questa volta, miei ignorantissimi allievi, vi
        parlerò del pidocchio in funzione del partigiano e                      “Dunque, in quello di Feisole/una banda di ladroni/
        del partigiano in funzione del pidocchio (…) Non                        asportò, guarda che tomi,/qualche sacco di
        conosciamo ancora il sistema politico adottato dal                      nocciole./(…)/Si partì la squadra mobile/come cani
        governo delle colonie ma si sospetta sia una forma                      da tartufi;/Lio, Fritz e Invulnerabile/che di furti
        di anarchia epicurea (…) Tutte le colonie che vivono                    erano stufi.//Su nel luogo di rapina/con il fiuto e
        sullo stesso individuo sono legate da rapporti                          con le lenti/lor trovar (…)//Che i ladroni un poco
        amichevoli (…) Però, i poveri pidocchi, anche loro                      ghiotti,/nel cammino le nocciole/le schiacciavan fra
        come noi subiscono dei rastrellamenti (…) ma il                         le mole/buttar via i gusci rotti.//Dietro i gusci se ne
        tenace pidocchio resiste, come i bravi partigiani, ad                   andar/quegli scaltri poliziotti/ e alla fine lor trovar/
        ogni rastrellamento”.47                                                 il rifugio dei fagotti.//Catturar quattro ladroni/
                                                                                tutti armati anche di sten,/li legar come convien/li
Anche in questo giornale non sfugge alla regola qualche co-                     portar nelle prigioni”.52
mandante preso di mira dai suoi garibaldini:
                                                                         Eppure questa facile vena di racconto, quando si trova ad
        “Non è ver che i partigiani/tutti quanti sian                    esprimere il dolore per una morte in battaglia, non trova
        straccioni./Ce n’è uno un po’ attempato/nel vestir               altro registro che quello di una pesante retorica guerresca:
        molto curato./Elegante anzichennò,/gran arcano                   è il caso del necrologio per il Comandante Rossi,53 in cui i
        voi pensate,/lui possiede profumato/un bel pezzo di              “Garibaldin delle feraci valli” alzano le armi in saluto del
        sapone/(…)/È un signore assai distinto/dall’accento              “novello eroe nel dover caduto” che addita ai compagni il
        piemontese,/un pochino brizzolato/e l’aspetto assai              cammino. Nei fogli diffusi nelle Langhe e in Monferrato,
        paterno./E non dorme nelle stalle/e neppur dentro                dunque, la poesia risponde ad esigenze diverse: nei gior-
        i fienili;/lui disdegna anche la paglia/e le coperte             nali di distaccamento come «Il Compagno», con alcune
        militari;/e concilia i suoi bei sonni/in un comodo               eccezioni, è spazio dell’ironia o, più raramente, di un’ele-
        lettino/nel tepor d’una stanzetta./Quel che fa poi               gia pacata, mentre negli organi di informazione ufficiale di
        strabiliare,/miei signor non vi stupite,/ha di seta le           brigata o di divisione alle composizioni in versi è affidato il
        lenzuola/bianca di paracadute”.48                                compito di commemorare i caduti, spronando alla prose-
                                                                         cuzione della lotta, oppure di ribadire il legame tra Risor-
I lanci alleati, sempre attesi come testimoniano le due po-              gimento e Resistenza sotto forma di simboli come la stella
esie Preghiera del Garibaldino49 e È caduta la pioggia,50                tricolore e la camicia rossa.
riforniscono infatti i combattenti di viveri, armi e munizio-
ni, mentre la tela dei paracadute viene impiegata per con-               Esempio di portavoce ufficiale delle formazioni garibal-
fezionare indumenti.                                                     dine capace di adattarsi alla situazione locale e di creare
                                                                         un forte legame con la popolazione civile e i partigiani
Uno dei temi ricorrenti nella stampa clandestina è quello                semplici è «Il Partigiano. Volontario della libertà», stam-
della giustizia partigiana: disciplina e rispetto sono condi-            pato a Bobbio, dove l’Oltrepò Pavese si perde nell’Appen-
zioni essenziali per non inimicarsi la popolazione locale.               nino emiliano al confine con la Liguria. Redattore dell’or-
Anche sulle pagine de «Il Compagno» è descritto in una                   gano di informazione della terza Divisione garibaldina
severa prosa l’arresto di alcuni ladri di nocciole, ripreso poi          Cichero, comandata da Aldo Gastaldi “Bisagno”, è Giovanni
in una serie di quartine destinate a sdrammatizzare i furti              Serbandini, che nel dopoguerra ricoprirà l’incarico di diret-
e ad esaltare l’abilità degli investigatori: “È stata arrestata,         tore dell’edizione genovese de «L’Unità». “Sciu pei munti e
[in] quel di Gorzegno, una banda armata di vili grassatori.              zu in-tê valli/in mezu a e rucche in-tê buscagge”,54 citate
Un furto di Nocciuole condotto puerilmente ha fatto sì che               nell’inno della divisione, definiscono alla perfezione il pae-
alcuni zelanti garibaldini scoprissero la banda e i suoi pre-            saggio dell’Appennino ligure: “boschi, monti, valli, da poter
cedenti malefatti. Già da parecchio tempo si verificavano,               camminare per molte ore senza incontrare nessuno; la mi-
specie nel territorio di Feisoglio, furti e vili ricatti da parte        glior cosa per un gruppo sparuto di ribelli”.55 Il partigiano,
di elementi che si spacciavano per garibaldini inviati dal               nelle quartine della canzone, vive nella tana “cume in lù”,
nostro comando di Brigata. Ciò aveva servito egregiamen-                 come un lupo, e lotta contro i “traditui”, i traditori, termine
te alla bassa propaganda dei nostri nemici per gettare un                con il quale si concludono tre strofe su quattro.
colore fosco e disonesto sulle nostre formazioni garibaldi-
ne”. Ciò che più interessa è come “Jim” stigmatizzi non solo             La canzone di Giambattista Canepa “Marzo”, composta in
l’operato dei ladri, ma anche quello dei contadini che non               dialetto ligure nell’inverno precedente, è incorniciata in po-
osavano ribellarsi al sopruso: “Lo svolgersi di questa attività          sizione rilevante sulla prima pagina del numero d’esordio
delittuosa era in certo senso secondata dalle vittime stesse             del giornale, stampato il primo agosto 1944 nella tipografia
che abituate alla mentalità del vecchio regime non ardivano              Repetti di Bobbio dove nasce anche il foglio dei partigiani
denunciare accontentandosi di mormorare agli angoli delle                dell’Oltrepò pavese, «Il Garibaldino». Nell’alta val Trebbia

                                                                    52
DI MARTA BONZANINI

liberata da Torriglia ai colli piacentini, Serbandini impagi-           stiame”, scrive Serbandini sul terzo numero.60 Il quarto sta
na un periodico curato e moderno, chiaramente struttura-                per essere stampato quando i tedeschi irrompono in paese.
to con le rubriche Avanti per la lotta finale ad illustrazione          La Sezione stampa riesce a fuggire sui monti con le bozze
della situazione sui fronti di guerra, Pericolo! Zona infestata         del giornale, che resterà in una sola copia corretta durante
dai ribelli con le notizie dai distaccamenti, e Dai paesi libe-         il rastrellamento, prima che la tipografia venga trasferita a
rati con cronache della zona libera. In ogni uscita, necrologi          Bettola per tornare a Bobbio a novembre.61
in ricordo di compagni caduti, come Severino nel primo nu-
mero, ritratti di staffette e compagni come “Denis” e “Moro”,           Il paese appenninico e il suo santo diventano immagine
bozzetti di Nicola Deonato “Pollaiolo” e Vittorio Magnani               stessa della Resistenza: il libro che San Colombano tiene
“Marcello”, inviati nei distaccamenti a ritrarre schizzi di vita        nelle mani recita “Si tollis libertatem, tollis dignitatem”,
partigiana.                                                             un’affermazione di dignità e libertà che Serbandini rico-
                                                                        nosce propria del movimento di Liberazione, come la di-
È questo legame profondo con le valli e i paesi montani a               sciplina e l’“ordinata comunità di vita” dei monaci “nella
ispirare non solo l’articolo Paesi di montagna ma la lirica             libertà dello spirito e delle azioni”.62
che Serbandini darà alle stampe nella sua raccolta Poesie
partigiane:                                                             La comunità partigiana si affaccia dalla pagine di questo
                                                                        giornale, diretto con forte personalità da Serbandini eppure
       “Non vi avremmo mai conosciuti/paesi nostri di                   corale, si stringe attorno al compagno che torna in distac-
       montagna./Al diradarsi della nebbia/dopo il lungo                camento grazie ad uno scambio di prigionieri63 e ai dieci
       cammino/scoperti, le vecchie case a gruppi/ l’una                fucilati, abbandonati per tre giorni sulla via.64 È una comu-
       all’altra addossate./O quando ormai credevamo/                   nità che non si esprime in poesie ma in canti che riecheg-
       di aver perduto la strada nel buio,/per l’abbaiare               giano dalle pagine di diversi numeri: “l’ora più bella della
       di un cane/ritrovati, dove una luce di acetilene/                giornata” è quella che segue la riunione serale, il tempo del
       accompagnava il secchio d’acqua/dalla fontana.//                 canto, quando “a tratti dal buio e dal fumo” emergono visi
       Né ci sarebbe divenuta familiare/ la stufa in mezzo              illuminati dal fuoco di giovani “liberi, eguali, coscienti mo-
       alla stanza,/sedendo sulle panche a scaldarci/                   ralmente e politicamente”. L’individualità arretra nei caso-
       mentre cuoce la minestra di patate/o il pastone da               ni, dove “seduti in due tre file attorno al fuoco, presso le
       portare alla mucca,/ che è uno dei cento mestieri/               armi, sotto le calze che asciugano” si sente vivo un senso di
       dall’alba, oltre ad andare per legna/e per erba che              unione, che prescinde dalle scelte politiche e dalle origini
       non basta mai.//La miseria/non fu essa a contare/                sociali.65
       davanti ai soldati sfuggiti/ai tedeschi, di vesti
       borghesi/bisognosi e di cibo./Non fu a contare/                  Solo dopo la fine della guerra, nel numero del 7 luglio 1945,
       antica come l’abbandono,/quando chiedemmo la                     compare La lettera del partigiano di Gino De Sanctis “Par-
       cascina/per la prima banda di partigiani./Ché anzi,              tisan”:66
       cocendo a turno/il pane per noi, o dandosi la voce/
       per segnalare il pericolo,/lasciaron cadere durati                      “Se mai la notte ti svegli/schianto di fucilate/alla
       litigi”.56                                                              mamma non dire/«Cos’è?» ma sta’ zitta, fai finta/
                                                                               di continuare a dormire./Anch’essa non sa, non
Il mondo contadino collabora con i partigiani nei quali rive-                  distingue/al suono quei colpi lontani:/è la voce
de i figli caduti e dispersi sui fronti di guerra, dando loro “i               del nemico/o voce dei partigiani?/All’alba, il sole
casoni, il pane (…), la farina” e con loro opponendosi “al re-                 risorto/brilla negli sbarrati/occhi di un morto.//Tuo
clutamento dei giovani, alle requisizioni del bestiame e del                   padre aveva sognato/d’essere partigiano./È invece
latte”. “L’Italia risorgeva sui monti”,57 sui monti dove brucia                un uomo che aspetta/e tende l’orecchio, lontano,/
Cichero “nido dei ribelli” che “lassù, aggrappati ai dirupi del                all’eco delle montagne./Ruscella giù per le crode/
Ramaceto, l’inverno scorso [avevano] resistito alla fame, al                   dagli alti presepi la neve/e nel silenzio s’ode/il grido
freddo, alle intemperie.”58 Identica è la sorte della Cacciana,                ben noto: in vedetta/sono i fratelli; e fiero/vola di
nel Novarese, un paese di qualche centinaio di abitanti dal                    vetta in vetta/il grido dello sparviero.//E ti dirò: le
quale partirono tutti i giovani per unirsi a Moscatelli: i tede-               marce/e i fuochi del bivacco/gli scontri e il peso/del
schi “entrarono nelle case (…) poi passarono i lanciafiamme.                   fucile e del sacco./E l’animo proteso/alle brevi note
Ma nelle case non c’era più nessuno, ormai. I contadini sta-                   interrotte,/linea punto linea punto,/la radio, tremulo
vano salendo su per la montagna in una lunga fila, cammi-                      uccello/dal verde occhio, la notte./Altri uccelli
nando dietro le bestie: e ogni tanto si voltavano indietro a                   notturni/raccolgono l’ali/i morbidi paracadute./
guardare il loro paese che bruciava. Adesso alla Cacciana                      Volantini, giornali/carta che scotta le dita./Notte,
son rimasti solo i muri anneriti dal fumo, i contadini si sono                 gradita/compagna dei nostri/dispiega la tenda delle
fatti un villaggio di capanne”.59                                              stelle”.

Ora la val Trebbia è libera ma i valligiani sanno che, seppure          È un regno di solitudine, quello descritto da De Sanctis,
per breve tempo, i nazifascisti potrebbero riconquistarla, e            dove i compagni appaiono solo come “fratelli” in vedetta:
allora sarà il tempo dei rastrellamenti e delle rappresaglie:           la “carta che scotta le dita”, la stampa clandestina, è diffusa
per questo “provvedono a mettere al sicuro i beni ed il be-             nell’oscurità della notte.

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