Nell'era digitale. Intervista a Daniele Gregori.
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Come cambia il ruolo del consulente nell'era digitale. Intervista a Daniele Gregori. #Innovazione, #digital transformation e nuove #tecnologie, cambiano giorno dopo giorno il volto della società e dell’economia. Si creano nuovi Business e nuove professioni per resistere a un mercato sempre più rapido e competitivo e le aziende non possono far altro che innovarsi ed affiancarsi di consulenti e professionisti smart, eclettici, sempre sul pezzo. Tra le pagine del libro CONSULENTI 4.0 di Daniele Gregori, focalizzato proprio sulle competenze per le sfide del futuro sono tanti gli interrogativi che avrei potuto a mia volta scrivere un libro di risposte. C O N S U L E N T I 4 . 0 T e l e C o nsul Editore 2019 – I social network per il libero professionista Novecento Editore 2018, a cura di Daniele Gregori Uno stimolo continuo tanto da chiedere all’autore di rispondere a qualche quesito ponendo all’attenzione un tema ancora nuovo e da esplorare. Il divario generazionale al tempo del digitale rende tutto più complesso poiché di mezzo ci si mette la tecnologia che non è detto per tutti possa essere di facile approccio. D. I nativi digitali sono pronti al mondo del lavoro 4.0?* R. La società, e con essa il mondo del lavoro, sta crescendo velocemente da molti anni. La trasformazione digitale ha introdotto elementi indispensabili ed imprescindibili in ogni ambito
lavorativo. Solitamente le persone nate prima degli anni 80 ritengono che i millennials (nati 1981- 1996) abbiano il vantaggio, rispetto a loro, di essere cresciuti con questi nuovi dispositivi digitali tra le mani. Ma in questo ragionamento noto un bias di fondo: il mondo del lavoro 4.0 , che stiamo vivendo richiede sicuramente competenze digitali, ma esse sono composte da due elementi inscindibili: ■ HARD SKILL DIGITALI: conoscenza tecnica e dimestichezza con device e software. ■ SOFT SKILL DIGITALI: essere digitali nella mentalità ossia, conoscere, scoprire, provare, usare e sfruttare la tecnologia trasmettendo il proprio “valore aggiunto”. Sintetizzata comunemente con l’espressione “mindset digitale”. Alla luce di questa nuova e più rotonda definizione delle competenze digitali ci rendiamo conto che la “confidenza” con lo strumento tecnologico è solo una parte dell’equazione. Pc, smartphone, social e app possono rivelarsi utili strumenti solo se utilizzati trasmettendo la propria competenza, preparazione ed esperienza. Cercando di entrare in empatia, seppur a distanza, con il nostro interlocutore. Nelle relazioni a distanza la nostra parte emotiva ha un ruolo chiave. Perché se gli incontri in presenza si ridurranno sempre di più, ciò che non potrà invece mai mancare saranno le “relazioni” tra le persone. Sono la professionalità e qualità della relazione a garantirci alte performance, introdurre la tecnologia nel proprio lavoro non basta. Detto ciò, è probabile che un ragazzo giovane abbia maggiore dimestichezza con gli strumenti digitali rispetto ad un over 45, ma non darei per scontato che sappia anche “trasmettere” la propria competenza e creare relazioni di valore attraverso l’utilizzo della mail o delle chat di messaggistica. D. Il loro modo di approcciare alla comunicazione, spesso fatta di messaggi di testo e
faccine per esprimere le emozioni, rischia di determinare un impoverimento emotivo? R. Coltivare l’empatia, anche attraverso il digitale, è un elemento chiave per avere buone performance nel lavoro, sforzandosi di capire emozioni e stati d’animo altrui. Questo significa che non possiamo comunicare con eccessiva sintesi e rapidità. Dobbiamo fermarci, prendere del tempo per leggere attentamente una mail del cliente\collega e ragionare sulla migliore risposta che siamo in grado di dare. Questo atteggiamento è importante anche per cercare di trasmettere il nostro messaggio senza creare fraintendimenti e incomprensioni, tipiche nelle comunicazioni a distanza composte da solo testo dove manca completamente il tono. Tutto ciò richiede grande cura e attenzione. Come, per esempio, rileggere il messaggio che abbiamo scritto, prima di premere “invia”. Di conseguenza le relazioni digitali sul posto di lavoro sono molto distanti da quelle che i ragazzi hanno tra di loro nella vita quotidiana. Al contrario, invece, una figura senior spesso sa perfettamente il modo più funzionale per approcciare con gli altri. Ma entrambi possono apprendere e migliorare la parte nella quale sono meno confidenti. Anche aiutandosi. La figura junior deve fare esperienza e capire le dinamiche del mondo del lavoro, il senior può raggiungere maggiore dimestichezza con i nuovi dispositivi attraverso la pratica e liberandosi del (eventuale) pregiudizio sullo strumento. Scopri il nuovo numero > #ripartItalia D. Qual è il consiglio da dare per approcciare nel migliore dei modi al mondo che si sta trasformando e sopravvivere nella sua complessità? R. Consigliare oggi non è semplice, perché non è semplice prevedere cosa accadrà in futuro. Siamo passati da un mondo nel quale una generazione viveva una rivoluzione sociale alla volta, a quello odierno nel quale ogni generazione è chiamata ad affrontarne tre. Ogni rivoluzione porta con sé indubbiamente anche delle opportunità, ma ci richiede l’enorme sforzo di cambiare ed evolverci più rapidamente che in passato. Nessuno, nel mondo del lavoro 4.0, può dire di aver raggiunto un livello di competenza tale da potersi permettere di fermaresi. Un consiglio quindi può essere quello di allenarsi al “cambiamento costante” grazie a quello che gli anglosassoni chiamano “learnability” che significa credere nel proprio miglioramento, accettando le sfide e l’incertezza del “nuovo” e poco conosciuto, vivendo l’apprendimento continuo come un’occasione per migliorare. Dobbiamo lavorare su noi stessi, capire come viviamo e che emozioni proviamo quando siamo chiamati ad apprendere qualcosa di nuovo e cambiare le nostre abitudini. Se riusciremo a vivere serenamente l’apprendimento continuo che ci richiederà il mondo del lavoro futuro, saremo imprenditori e manager “a prova di futuro”. Durante la nostra chiacchierata ragionando sull’importanza della comunicazione e relazione via chat che perde di “emozioni” ci siamo scambiati emoticon con faccine reali. Non più il classico smile e la faccina triste, ma foto da piccoli ridendo o piangendo… E’ stato un gioco, che ci ha talmente emozionato da farci pensare ad un nuovo modo di comunicare in chat emotivamente intelligente. Curiosi? Scaricate la app sticker Maker e divertitevi a creare le vostre Emoticon personalizzate per emozionare di più!
*Intervista concessa da Daniele Gregori autore di CONSULENTI 4.0 TeleConsul Editore 2019 – I social network per il libero professionista Novecento Editore 2018 Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre. Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime novità dal mondo del marketing e della comunicazione. Stai tranquillo, anche noi odiamo lo spam! Da noi riceverai SOLO UNA EMAIL AL MESE, in concomitanza con l’uscita del nuovo numero del mensile. Nome Cognome Email * Consenso Consentici di usare i tuoi dati Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy Iscriviti alla newsletter Il Made In Italy riconosciuto in tutto il mondo, idolatrato e sognato. L’Italia è uno dei principali Paesi che a livello mondiale guida per quanto riguarda stile, mode e trend. Siamo ancora il primo Paese del settore lusso con 24 aziende, i cui 2/3 operano nei segmenti di abbigliamento e accessori*. Il made in Italy cresce grazie soprattutto al lusso. I marchi italiani come Gucci, Prada, Armani e Fendi si confermano in crescita nella consueta classifica BrandZ Top 30 Most Valuable Italian Brands 2019 stilata da WPP e Kantar, società di consulenza e marketing data, sui marchi italiani più forti. Dalla classifica emerge che è il lusso a trionfare con i brand del settore arrivati a crescere del 14% negli ultimi 12 mesi raggiungendo quota 96,9 miliardi di dollari. In testa troviamo Gucci tra i 30 maggiori marchi tricolore.** Scopri il nuovo numero: Moda in Italy Gucci è uno dei marchi di lusso più conosciuti e influenti del mondo, autentico punto di
riferimento internazionale nel settore della moda, la Maison è nota per le sue creazioni eclettiche e contemporanee espressione dell’eccellenza artigianale italiana, insuperabili in termini di qualità, cura dei dettagli e design innovativo, creazioni esportate in tutto il mondo. C’è chi desidera il lusso di avere un “Gucci” in ogni dove, una borsa o un foulard della nota casa di moda identificano spesso uno status, al quale si vuole appartenere. Entrare in un Gucci Store è l’emblema della classe, della ricchezza, della bellezza. C’è, però, un negozio di Gucci al mondo davvero particolare, la ricchezza, la classe, la bellezza non è nelle sue vetrine ma nelle sue persone. Non è il Gucci come noi “occidentali” lo conosciamo, non è il grande brand tricolore ma un qualcosa di speciale. Ci si accede con i piedi nella sabbia, la sua entrata è sul mare, non ha vetrine luccicanti ma vi è tanta bellezza. All’interno non puoi comprare costosissime borse, scarpe o sciarpe, ma puoi trovare gioielli di perline e quadri colorati, la sua porta è sempre aperta e il suo “padrone di casa” in un quasi perfetto italiano ti invita ad entrare, a curiosare, ad acquistare: “Vieni a visitare il mio negozio, vieni da Gucci, ho tante cose belle, da me puoi trovare di tutto. Sono il più Trendy della zona, come da Gucci non puoi comprare altrove”.
Una volta entrati nella sua capanna il mondo si ferma…si viene trasportati in un’altra dimensione fatta di semplicità e di lusso e lo sfarzo del cartello del “negozio” scompaiono … e scompare tutto il resto. Ci si ritrova ad un certo punto a guardare il mare che nelle sue mille tonalità riflette il cielo, la bassa marea mostra scenari unici, conchiglie, stelle marine, ricci di mare si mostrano all’occhio umano e non puoi che apprezzare la natura nella sua immensa bellezza e spettacolarità. Sei in un paradiso di un altro continente, sei in Africa, sei a Zanzibar e gli abitanti del posto parlano italiano e hanno boutique sulla spiaggia con brand italiani e allora capisci che il Made in Italy è un’idea che piace, è un’identità di un Paese che oltreoceano è amato, senza conoscerlo realmente, desiderato, idolatrato. La lunga lingua di sabbia bianca sembra un “corso” magico dove passeggiare, sono diversi i “negozi” che si alternano da Dolce e Gabbana, ai centri commerciali all’Esselunga, e l’invito è sempre quello di entrare, curiosare, portare a casa un ricordo di un’Isola di colori, sapori, profumi e persone che amano l’Italia e gli italiani. Mentre li ascolti parlare, mentre ti chiedono parole nuove da imparare perché amano la tua lingua il pensiero è uno e uno soltanto: sono più gli altri ad apprezzare la nostra terra che noi, è un dato di fatto e fa tristezza. * Fonte: Global powers of luxury goods, Deloitte ** Wall Street Italia
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■ Il successo dei remake: quando la nostalgia fa bene al marketing ■ Generazione nostalgia e le tecniche del Vintage Marketing E’ il marketing emozionale che punta direttamente alle emozioni del consumatore, attraverso non più la semplice comunicazione tradizionale, ma coinvolgendo il cliente direttamente nelle esperienze di consumo. E’ una tecnica di comunicazione che mira ad intercettare le corde dei sentimenti del pubblico associando il brand a sensazioni e ricordi piacevoli che rimarranno intensi e brillanti anche dopo una campagna di lancio. E’ quel processo che offre al cliente un’esperienza memorabile da sperimentare e da ricordare, che coinvolge e supera le sue aspettative e che anticipa e soddisfa i desideri inconsci, tocca le cinque leve irrazionali dell’acquisto, le cinque fasi della Customer Experience Management: 1. Sense Experience. Esperienze che coinvolgono la percezione sensoriale, ossia la vista, l’udito, il tatto, il gusto e l’olfatto del cliente. 2. Feel Experience. Esperienze che coinvolgono i sentimenti e le emozioni. Le campagne saranno quindi volte ad associare questi sentimenti ed emozioni a un prodotto. 3. Think Experience. Esperienze che coinvolgono il lato creativo e cognitivo producendo stimoli più longevi attraendo i clienti sfidandoli e inducendoli a trovare soluzioni a determinati problemi, interagendo con l’azienda e/o il prodotto, portandoli a trovare una soluzione o a partecipare ad un gaming. 4. Act Experience. Esperienze che coinvolgono il lato fisico. Si spingono i consumatori ad agire in modo diverso dai loro standard, a provare cose nuove per cambiare in meglio la loro vita tramite messaggi motivazionali, persuasivi e istintivi. 5. Relate Experience. Esperienze dove si ha lo scopo di unire i singoli consumatori, cercando di creare una relazione, come un gruppo o una community Il Marketing emozionale, sui social network, funziona più che su altri media, realizzando un’esperienza memorabile che riesce ad arrivare direttamente al cuore dei propri fan creando un legame personale e intenso tra “portatori di valori” e cliente che diventa un potenziale brand ambassador. Like, commenti e condivisioni contribuiscono a creare engagement, creando tra utenti e brand un legame affettivo che dura nel tempo. Scopri il nuovo numero > Spazio: ultima frontiera In un mercato saturo, i desideri sono più importanti dei bisogni e quindi le emozioni diventano predominanti. Indurre il consumatore a desiderare un’esperienza soprattutto se per ricordare un momento, o per rivivere un anniversario, è una grande opportunità per indurre nuovamente all’acquisto di un prodotto o di un servizio che qualche anno fa era utile e che oggi potrebbe essere ancor più indispensabile. Per approfondire: ■ Il potere del marketing della nostalgia
Chiunque di noi oggi è vittima del marketing emozionale ma se ce ne accorgiamo avviene solo un attimo dopo esser caduti nella grande trama dei ricordi, quando ne siamo già profondamente affascinati e non riusciamo a farne a meno. Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre. Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime novità dal mondo del marketing e della comunicazione. Stai tranquillo, anche noi odiamo lo spam! Da noi riceverai SOLO UNA EMAIL AL MESE, in concomitanza con l’uscita del nuovo numero del mensile. Nome Cognome Email * Consenso Consentici di usare i tuoi dati Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy Iscriviti alla newsletter La comunicazione persuasiva, la forza oscura della vendita. Quanto di più scontato e meno conosciuto è questo fantastico mondo della comunicazione, alla base di ogni relazione umana, denominatore di ciascun rapporto, alleato di ogni business. Comunicare significa emettere, trasmettere, dare informazioni o idee, far conoscere qualcosa o qualcuno. Deriva dal latino “communis” cioè comune, che appartiene a molti, che è pubblico. E’ un fenomeno molto complesso considerando tutti i processi che riesce ad attivare da fattori emotivi, cognitivi, motivazionali e fisici. Un percorso continuamente in movimento paragonabile ad un caleidoscopio dove ogni colore unito a tutti gli altri crea forme mutevoli di forte attrazione. La più sottile e persuasiva arma comunicativa è senza dubbio la pubblicità sia essa televisiva, tramite billboard (cartellonistica), on-line, tradizionale o innovativa. Stesso obiettivo, stessa tecnica persuadere e portare a scegliere di andare verso la tua direzione.
La nostra mente lavora per nessi causali di associazione, ovvero, anche se esplicitamente in uno spot non si fa riferimento ad un prodotto, la mente crea comunque dei legami tra il prodotto e il contenuto dello spot e questo ci permette di ricordarlo. Si tratta di una persuasione indiretta, l’arma nascosta e vincente della comunicazione. Vi siete mai fermati ad analizzare alcuni spot che sono come tormentoni che vi tornano in mente o semplicemente si sono così tanto “inseriti” nel vostro pensiero tanto da diventare degli slogan che puntualmente canticchiate? E’ difficile rendersene conto, se le armi che vengono utilizzate sono sconosciute, ma indirettamente vi sono stati comunicati dei concetti che avete appreso inconsciamente, per farvi ascoltare, per farvi comprendere, per farvi scegliere… Scopri il numero: “Tutto è Comunicazione” Prima regola, ribadire il concetto, più e più volte fino a che non sarà chiaro. Più esempi, più forme di comunicazione vengono usate per ribadire la stessa informazione, più verrà compreso, più verrà ricordato. Per facilitarne la comprensione l’utilizzo di analogie e metafore è sempre vincente. Il segreto è trovare la motivazione intrinseca per la quale il tuo interlocutore dovrebbe ascoltarti, metterti nei suoi panni, trovando una valida ragione di interesse e creando una linea empatica con chi ti ascolta.
Comunicare concretezza e non “aria fritta” permetterà di essere seguiti e porterà l’interlocutore ad approfondire. Basandosi su dati e fatti si può rafforzare il senso del concreto e sarà possibile anche fornire una visione personale con personali considerazioni ritenuti un punto di vista sempre interessante. Lo storytelling è tutto, raccontare una storia per catturare l’attenzione del nostro interlocutore chiude il cerchio. Siamo abituati ad ascoltare le persone perché ognuna ha una storia da raccontarci, ed ascoltandola ci mettiamo spesso in sintonia, ci caliamo nel suo vissuto, viviamo la stessa esperienza. La storia è quel pizzico in più che occorre a far la differenza. La comunicazione persuasiva è solo uno dei tasselli necessari affinché, poi, si riesce a raggiungere l‘obiettivo, lo step successivo è riuscire a far compiere l’azione, quello che nel digital marketing chiamiamo comunemente call to action e che ci conferma di essere riusciti nell’intento. Ingaggiare l’interlocutore interessato alla nostra storia, vuol dire essere riusciti ad entrare in sintonia con lui, ci ha ascoltati, ha trovato interessante la nostra comunicazione fino a volerne sapere di più. E tu, mentre stai leggendo queste righe ti sei incuriosito? Vuoi saperne di più? Vuoi scoprire quali tecniche possono essere utili per trasformare una comunicazione informativa in comunicazione persuasiva e raggiungere il tanto ambito obiettivo? Se così è stato… allora anche la mia comunicazione è stata persuasiva Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre. Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime novità dal mondo del marketing e della comunicazione. Stai tranquillo, anche noi odiamo lo spam! Da noi riceverai SOLO UNA EMAIL AL MESE, in concomitanza con l’uscita del nuovo numero del mensile. Nome Cognome Email * Consenso Consentici di usare i tuoi dati Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy Iscriviti alla newsletter
SMART CITIES, città digitali sempre più connesse un perfetto connubio tra innovazione e sviluppo sostenibile. La crescita esponenziale del digitale e le nuove tecnologie emergenti stanno trasformando il mondo delle imprese e i modi di vivere di tutti organizzando differentemente la società nel suo complesso, sia da un punto di vista economico che ambientale. Educazione, inclusione, responsabilità e impatto della tecnologia su ambiente e qualità della vita, sono i temi chiave del connubio tra digitale e sviluppo sostenibile. Le caratteristiche della società si stanno adattando al cambiamento come ancor di più si stanno adattando le città e le loro caratteristiche incrementando la qualità di vita, migliorando le connessioni, realizzando sempre più l’idea di “cittadini digitali”. È il caso delle Smart Cities, quelle città che ricorrono a una o più innovazioni tecnologiche, con un approccio orientato al miglioramento delle condizioni di vivibilità, salvaguardia della sostenibilità dell’ambiente naturale e attivo coinvolgimento dei cittadini. Le intelligent city o digital city possono sembrare futuristiche esageratamente innovative ma vi sono posti nel mondo dove sono già realtà. È il caso di Singapore il quarto centro finanziario al mondo, una smart city che offre soluzioni personalizzate. La fibra connette velocemente l’isola da ogni dove e la digitalizzazione della città, con la diffusione di sensori interconnessi, Internet of Things e droni per la consegna della posta oltre a sistemi di controllo intelligenti del traffico urbano e degli spostamenti; si avvia a diventare un esempio di città intelligente. Con il suo programma “Smart Nation” lanciato nel 2014, una piattaforma raccoglie ed elabora Big Data, sarà infatti possibile elaborare informazioni relativi ai flussi dei pedoni, delle auto in strada, ai livelli di inquinamento, alle condizioni climatiche della città per migliorare la qualità della vita o almeno questo è l’obiettivo ufficiale. Sono, poi, diversi gli interrogativi da porsi in merito alla gestione dei dati e al controllo che si può avere ottenendoli. Per approfondire ■ Leggi il numero dedicato all’ambiente e allo sviluppo sostenibile: “Eco-Sistema” Singapore è solo un esempio, ma sino ad oggi, sono stati portati a termine svariati progetti con l’obiettivo di applicare nelle città dei sensori di piccole dimensioni e a consumo ridotto con i quali realizzare una mobilità e sicurezza intelligente del futuro sull’ambiente, sul territorio, sulla sanità e su tutti i servizi sociali. Ne è un esempio pratico lo Smart Parking che prevede il posizionamento di
alcuni sensore sotto gli stalli dei parcheggi per capire tramite un’applicazione sul proprio smartphone se vi sono parcheggi liberi in zona. Sicuramente l’Internet delle cose (IOT) apporterà i grandi cambiamenti in tema di sostenibilità della città: basti pensare alla gestione della mobilità, al monitoraggio dell’inquinamento atmosferico, iniziative relative allo spreco di acqua, eccessivo riscaldamento e in tutti i campi che fanno parte della nostra quotidianità. La domanda da porsi è siamo pronti a capirne il valore? Siamo pronti al “tracciamento” dichiarato? Di sicuro ci sono diversi lati positivi, uno tra tutti la grande necessità di ricerca e sviluppo delle nuove competenze fondamentali per approcciare le tecnologie. A partire dalle nuove professioni legate ai Big Data sfruttando “modelli algoritmi di machine learning avanzati” cercando di interpretare questi dati, che altrimenti, letti singolarmente, potrebbero non fornire alcun significato. Data Scientist, Big Data Specialist, Cognitive & Analytics Specialist e Cognitive & Analytics Leader saranno il lavoro del prossimo futuro. Non si potrà fare a meno di figure che “dialogheranno” con il cloud, il grande cervello delle “città connesse”. Saranno allora necessarie specialità di Cloud Computing Strategist, del Cloud Architect o Cloud Solution Architect, del Cloud Operations Engineer e del Cloud Security Architect. Non mancherà poi tutto un mondo di comunicazione digitale dove i social la faranno da padrone e le varie professionalità a loro correlate (Social Media Manager, Reputation Manager). Come ogni cambiamento chi prima lo comprende, si adatta e lo “cavalca” riuscirà a ritagliarsi il suo angolo di sopravvivenza proprio come Darwin raccontava nella sua teoria della specie dove a sopravvivere non sarà il più forte o il più intelligente ma il più reattivo al cambiamento. Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime novità dal mondo del marketing e della comunicazione. Stai tranquillo, anche noi odiamo lo spam! Da noi riceverai SOLO UNA EMAIL AL MESE, in concomitanza con l’uscita del nuovo numero del mensile. Nome Cognome Email * Consenso Consentici di usare i tuoi dati Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy Iscriviti alla newsletter
50 anni fa ci fu lo sbarco lunare, oggi sarebbe un evento cross-mediale. “That’s one small step for a man, but one giant leap for mankind!” Era il 1969 e per seguire lo sbarco c’erano esclusivamente un televisore e un sistema audio e anche ben diversi da quelli super-tecnologici di oggi. Quando Armstrong pronunciò la famosa frase (che in inglese è «That’s one small step for a man, but one giant leap for mankind»), la trasmissione era disturbata e non si sentì distintamente la “a” (“un” in italiano) prima di “man” (uomo). Il significato sarebbe stato dunque: «Un piccolo passo per l’uomo, ma un balzo gigantesco per l’umanità». Ai giornalisti sembrava che la frase suonasse meglio se ci fosse stata la “a”, diventando così: «Un piccolo passo per un uomo, ma un balzo gigantesco per l’umanità» (radiomontecarlo.net) Quella trasmissione disturbata che si sentiva a tratti tenne con il fiato sospeso il mondo per 5 giorni di trasmissioni radiofoniche e televisive. La discesa di Armstrong e Aldrin sulla Luna trasmessa in diretta televisiva fu un evento mediatico di enorme portata, con seicento milioni di televisori intenti a seguire quelle immagini, in un tempo in cui la TV era ancora diffusa quasi soltanto nei paesi sviluppati, essenzialmente Nord America ed Europa. La diretta tv (condotta per l’Italia da Tito Stagno e Ruggero Orlando) fu il culmine di un forte interesse giornalistico che accompagnò la preparazione dell’impresa dal discorso programmatico del presidente Kennedy fino allo sbarco (attraverso le cronache dei programmi Mercury e Gemini). Un evento così imponente oggi, 50 anni dopo, sarebbe stato raccontato sicuramente in maniera diversa, cross mediale ed accessibile a tutti: avremmo avuto, forse, una maratona Mentana o un Porta a Porta senza fine in TV, uno speciale di SKY eventi, una serie a puntate su Netflix, i maggiori telegiornali ne avrebbero fatto uno speciale e di sicuro ci sarebbe stata l’opportunità di seguire il tutto in diretta facebook sulla fan page dell’evento ed un account twitter dedicato che avrebbe raccontato l’esperienza minuto per minuto regalando a noi tutti una diretta streaming spettacolare, senza omettere nessuna parola, vivendo con Armstrong l’altro lato della luna…quella raccontata al mondo anche in digitale! L’esperienza multi-mediale sarebbe cominciata in anticipo rispetto alla data fatidica del 16 luglio alle ore 13:32 UTC, quando l’Apollo 11 fu lanciato verso la luna. La pagina Facebook avrebbe raccontato l’attesa attraverso videointerviste, immagini e dirette, raccogliendo l’ansia degli astronauti, le perplessità dei civili, la soddisfazione dei politici, la gioia dell’umanità che da lì a poco avrebbe fatto una nuova scoperta e firmato una nuova pagina di storia. La diretta sui social sarebbe stata seguita da milioni di utenti, commentandola e condividendo momenti di comune follia e, quando Armstrong sarebbe diventato il primo uomo a mettere piede sul
suolo lunare, sei ore più tardi dell’allunaggio – il 21 luglio alle ore 02:56 UTC – un applauso virtuale sarebbe stato simultaneo sui diversi media: la tv, la radio, i giornali, i magazine on-line, i social avrebbero raccontato tutti all’unisono “un piccolo passo per un uomo, ma un grande balzo per l’umanità”, i selfie di Armostrong e Aldrin avrebbero fatto sapere al mondo di avercela fatta. Avremmo in qualche modo un po’tutti fatto con loro la passeggiata lunare di circa due ore e un quarto al di fuori della navicella commentando in diretta i 21,5 kg di materiale lunare raccolto che avrebbero poi riportato a Terra. Leggi anche: ■ Social Events (un numero verticale sugli nell’era dei social) Non sarebbe stato solo un ruolo da passivo spettatore ma attivamente ci saremmo sentiti parte di quel viaggio perché la grande onda mediatica pre e durante l’evento ci avrebbe fatto vivere un’attesa talmente intensa da viverla con loro. Flash di agenzie di stampa e tweet dall’account ufficiale si sarebbe susseguiti e con loro messaggi diversi di congratulazioni dei Presidenti da ogni dove, mentre la pagina di Instagram si sarebbe arricchita di foto spettacolari scattate dalla navicella e in ogni dove nel mondo merchandising “Lunare” avrebbe spopolato e il gaming contest virtuale su “Qual è stato il tuo primo passo? Prova a raccontarcelo!” sarebbe diventato virale. La missione terminò il 24 luglio, con l’ammaraggio nell’Oceano Pacifico e con essa si sarebbe spenta tutta l’attenzione mediatica multicanale sull’evento già pronta a raccontare un evento successivo… il 15 agosto ci sarebbe stato lo storico concerto di Woodstock un fenomeno sociale e di costume che ha segnato una generazione, social e new media ne sarebbero andati pazzi! Quale sarebbe stato l’# più seguito? Non è dato sapersi ma possiamo immaginarlo facendo un “balzo” indietro e pensando a come la comunicazione sia cambiata in questi anni; alla fine si tratta solo di mezzo secolo ma anni di fondamentale importanza che hanno radicalmente modificato il nostro modo di interagire, fruire di contenuti, comunicare. Con lo sbarco sulla Luna l’uomo usciva per la prima volta dal proprio pianeta. Un evento epocale. Il viaggio della popolazione su Marte sarebbe di nuovo una prima assoluta, carica di significati simbolici e culturali probabilmente con un impatto mediatico ed emotivo che non eguaglierà quello dello sbarco lunare ma certamente potrà essere raccontato e seguito in un modo nuovo e totalmente diverso e direttamente da chi lo sta vivendo. Non ci resta che aspettare. Keep calm & look forward to going to Mars #marsexperience
Design thinking: da un’idea possono prendere forma servizi e soluzioni. Design significa progetto. Progettare significa gettare avanti, dal latino. Pianificare, pensare oltre è vivere il presente ma ancor di più immaginare il futuro e gettarne le basi. Si tratta di tecnica mista ad arte, ad invenzione, a produzione che ruota tutto intorno all’idea, dal progetto alla produzione, alla sua evoluzione, promozione, distribuzione e vendita. Qualcosa di design vuol dire anche di pregio, unico, diverso, da comprendere e da apprezzare semplice e complesso allo stesso tempo, come lo è qualsiasi evoluzione, qualsiasi innovazione. Non è solo intuito ma studio continuo, ricerca infinita del particolare quando le “idee passano direttamente alla testa al braccio” e prendono forma. Se dovessi associare l’idea del design alla comunicazione, all’innovazione è il “design thinking” a venirmi in mente, un modello progettuale utilizzato per risolvere problemi complessi impiegando una visione e una gestione creativa con un approccio capace di far contribuire alle soluzioni finali, di lavorarci in team. Una grande opportunità per avvicinarsi al cliente dove con lui, attraverso tecniche di empatia si sperimenta il Customer Journey co-creando iniziative e soluzioni innovative. Leggi anche: ■ Italian Design (un numero interamente dedicato al mondo design e all’arredo) Tecniche di brain storming e mappe mentali diventano strumenti utili per favorire la creatività e generare le idee sperimentandole rapidamente attraverso prototipi e realizzandone tangibili opportunità. Si tratta di fasi di lavoro scandite che si susseguono abilmente: ■ La prima fase consiste nell’identificazione del problema e quindi dell’obiettivo. ■ La seconda nell’identificazione del contesto, definendo dati e attori chiave. ■ La terza nell’analisi e ricerca delle opportunità. ■ La quarta nell’ideazione, prototipazione, test e validazione. ■ La quinta nella realizzazione del prodotto/servizio. Si parte con il momento più estroso e creativo di “ispirazione” dove poter trovare utili soluzioni che nel percorso potranno essere enfatizzate, definite, prototipate, testate, realizzate e quelle che sembravano essere spennellate variopinte su di una tavolozza di colori ecco che prendono forma su quadri incorniciati dove, ogni colore occupa il giusto posto e diventa necessario affinché il dipinto sia comprensibile.
E’ un po’ il traino della trasformazione digitale e dei processi di innovazione che le aziende stanno cominciando ad applicare utilizzando un cambio di prospettiva che se correttamente utilizzato può far nascere frutti da semi difficili e realizzare la Customer Experience, quella vera, soprattutto se a guidare il processo è lo stesso Customer. Parola d’ordine sperimentazione e non frenare quella folle ispirazione che può portare a fare grandi cose! Digital Transformation una moda o esiste per davvero? Quanto spesso negli ultimi tempi ci imbattiamo in concetti nuovi ma talmente sentiti che ci sembrano già vecchi? E’ il caso di parole come rivoluzione digitale e digital transformation talmente entrate nell’uso comune che forse non ci si è mai realmente fermati a capire che cosa vogliono davvero dire. Per rivoluzione digitale si intende l’espansione che prodotti e servizi digitali hanno visto negli ultimi anni in diversi settori con impatto sociale, economico, politico. Per stare ai tempi di questa “rivoluzione” ecco che le aziende si devono attrezzare innovando le organizzazioni e cogliendo l’ampia opportunità che il digitale fornisce loro. La tecnologia è un valido mezzo che ci proietta verso l’innovazione ma da sola non basta, anzi non è sufficiente. Per approfondire: ■ Rivoluzione digitale: le opportunità sono a portata di click! ■ I vantaggi della digitalizzazione e il voucher per le aziende offerto dal MISE E’ opportuno creare una visione verso l’innovazione dove la cultura digitale sia alla base della formazione delle persone e il #digitalmindset una strategia. Va creato quel qualcosa chiamato anche #digitaldistruption quel cambiamento mentale che si mette in discussione ricercando elementi innovativi, momenti ispirazionali, supporti tecnologici che guidano un radicale e definitivo cambiamento anche rispetto al modello di business fino a quel momento attuato. E’ una trasformazione che cambia radicalmente il modo di lavorare e le modalità con le quali l’azienda si relaziona con i propri stakeholders, un’immagine diversa, un modo di comunicare diverso, un modo di vendere altrettanto diverso. La grande sfida non è creare una cultura del digitale e farne parte integralmente ma, evitare che sia semplicemente una moda, un trend. Questo accade quando non si sa realmente dove si vuole andare,
quella visione che ci si auspica non è realmente nitida e quell’integrazione che ci si aspetta tra tecnologia e mentalità, in realtà, è solo presente sulla carta. La difficoltà sta anche nel fatto che non esistono le regole da seguire alla lettera ed ogni azienda è a sé e reagisce a modo suo a questo cambiamento. La chiave giusta sta nell’identificare la strada che è maggiormente percorribile e che più facilmente porta ai grandi risultati. Perché di grandi risultati si tratta e parlano chiaramente i dati che prevedono un forte incremento delle spese in ambito digital su tutti i settori dall’healthcare ai beni di lusso, nessuno escluso. D’altronde come si può chiudere gli occhi quando intono a noi l’Internet of Things rende ogni oggetto connesso, i Big Data ci forniscono informazioni su qualsiasi cosa e l’Intelligenza Artificiale è il futuro presente? L’importante è sapere come muovere le carte e farsi guidare da chi sa come stare al tavolo da gioco. Tre i grandi pilastri sui quali focalizzarsi: 1. Trasformazione della Customer Experience 2. Trasformazione dei processi operativi 3. Trasformazione dei modelli di business Prestando, però, grande attenzione a elementi che possono sembrare scontati ma che senza i quali non sarà possibile fare la differenza. Grande attenzione, infatti, va sulle persone che dovranno riuscir a lavorare in un ambiente sempre più collaborativo e coinvolgente dove la comunicazione è l’aspetto più importante, quello che permetterà di rendere le diverse fasi del progetto di trasformazione digitale più semplice. Ci vuole competenza e conoscenza in un piano strategico integrato dove la tecnologia è un puro strumento che deve lasciare convivere con tanti processi obsoleti, “analogici” ancora un po’ retrò ma che fisiologicamente non possono essere dall’oggi al domani cancellati. Scopri il nuovo numero dedicato al mondo del lavoro: ■ Work in progress
La grande sfida è, infatti, proprio questa il nuovo potrà sorpassare il vecchio solo quando quest’ultimo avrà effettivamente dato il proprio massimo, se ancora una piccola parte di esso può essere utile a preparare al cambiamento allora vuol dire che ancora non si è pronti a passare il testimone. Mi chiedo non è come la vita? Siamo forse anche noi delle macchine che lavoriamo fino a quando non abbiamo più nulla da dare per passare il testimone? Si è così, ma questa è la versione pessimistica dell’esistenza, quella tradizionale, quella obsoleta, quella “analogica” La versione innovativa e digitale ci direbbe, invece, che il giovane si appresta a camminare in quella strada realizzata dal vecchio con tanti sacrifici che a missione compiuta “regala” il suo sapere a disposizione del nuovo che sarà anche esso vecchio tra un po’… e il ciclo si ripete! Generazione nostalgia e le tecniche del Vintage Marketing “Amato in passato” o più comunemente “Vintage”, quel recuperare simboli di una epoca creando uno stile contemporaneo che volge lo sguardo a ieri. Dal fascino magico che ci ammalia per la sua capacità di tornare sempre e nuovamente di moda, forse perché, in realtà, non passa mai. Indossare capi andati venti anni prima, saperli mescolare tra di loro, arredare una casa con pezzi di anni passati creando uno stile che mescola passato e presente, è solo di moda o c’è qualcosa di più? A scatenare questa irrefrenabile voglia di passato è la nostalgia, un’emozione potente a tal punto da creare una leva emotiva sugli acquirenti talmente forte che i brand più acuti la stanno utilizzando nelle vendite: è la nuova frontiera del Vintage Marketing anche se fa strano parlare di nuovo, quando ci si rivolge nuovamente al passato. L’effetto nostalgia viene riconosciuto quale una grande opportunità che sta cogliendo tutti i settori merceologici rievocando vecchi spot e riproponendoli in chiave moderna con un forte richiamo sia di chi quegli anni li ricorda, ma soprattutto di chi non avendoli mai vissuti, li sogna. D’ALTRONDE SI STAVA MEGLIO QUANDO SI STAVA PEGGIO, NON SI DICE COSÌ? I bei tempi andati sembra siano sempre meglio del presente ed ecco che nel mondo ipertecnologico dove PC e smartphone sono sempre connessi, rispunta la cara vecchia macchina da scrivere anche se in realtà di vecchio ha solo la scocca, ma modernissima nella tecnologia.
Le Reflex cedono il post alle vecchie polaroid che, però, hanno un meccanismo tutto nuovo e tecnologico e dell’antica macchina non ne ha nemmeno la forma ma ne ricorda perfettamente la funzionalità, dello stesso avviso sono i giradischi tecnologici per ascoltare musica in vinile. Tornano in voga esempi di oggetti vintage e nuove creazioni ispirate ad epoche passate, visibili in tutti i settori: dal design alla moda, dall’elettronica agli accessori, dall’home decor alla tecnologia fino alla televisione (Programmi come Indietro Tutta e Portobello sono nuovamente tornati alla ribalta). Scopri il numero dedicato al marketing della nostalgia: ■ Back to the Future Il fascino retrò del passato ritorna, come a voler fermare il tempo, riviverlo, scattarlo in una vecchia ed ingiallita polaroid che emana ricordi sbiaditi, sarà forse per l’irrefrenabile voglia di prendere un po’ di fiato in una società che avanza continuamente ed instancabilmente alla velocità della luce… e forse fare un passo indietro sarebbe come per un attimo… trattenere il fiato!
Il 2018 è l’anno delle bufale e del Fact checking! Le bufale, quelle notizie false che di bocca in bocca si amplificano fino a diventare reali, sono sempre esistite ma, al tempo del web e dei social network il fenomeno diventa sempre più virale, tanto da diventare incontrollato. Nessuna tematica resta illesa dalle fake news che riescono capillarmente a raggiungere tutte le tipologie di notizie. Il 2018 ha visto un tam tam di informazioni inesatte, soprattutto, in materia di digital news e innovazione creando confusione ed alimentando disinformazione in un mondo ancora tanto nebuloso, dove c’è molto da far chiarezza essendo proprietà di informazione nelle mani di pochi, motivo per cui è ancor più semplice creare tutto intorno alla notizia, una bolla di sapone di disinformazione dove la grande difficoltà sta nel riuscire a smascherare le falsità. Per approfondire: ■ Propaganda, fake news e manipolazione. Un viaggio tra realtà e finzione ■ Nel web non ci sono solo fake news: il caso di Roberto Burioni e Breaking Italy ■ Fake news: navighiamo in una mare di bufale, come fare per riconoscere la disinformazione SMS, e-mail, WhatsApp oltre che banner pubblicitari che ci invogliano a cliccare e a cadere nella trappola proprio perché non si è preparati, come è successo ai tanti che hanno ricevuto l’sms con il “pacco in attesa” di Amazon che si è presto palesata essere una truffa. Prima l’avviso per un problema di spedizione, ma in realtà solo un inganno per raccogliere in modo fraudolento i dati degli utenti. Catene di Sant’Antonio e fantomatiche richieste di rinnovo a pagamento del servizio WhatsApp che arrivano via sms, come fossero messaggi al cliente. Anche qui si tratta di truffa. Come smascherare il finto hacker che chiede un riscatto in bitcoin per non diffondere i tuoi video intimi? Diversi i post da copiare-incollare sui social network per informare tutti di cose che puntualmente non sono neanche vere. La new entry si riferisce al nuovo algoritmo introdotto da Facebook, cioè quello che riporta al centro le interazioni tra amici e conoscenti più stretti a discapito dei contenuti delle Pagine. Anche questa una bufala! Come tante le frottole sulla blockchain (leggi la nostra intervista a Gian Luca Comandini per capire finalmente cos’è la blockchain) e le false storie sul Black Friday. Sopravvivere alla disinformazione si può ma bisogna conoscere il problema ed avere gli strumenti giusti. Si stanno sempre più diffondendo, soprattutto per gli addetti ai lavori tools utili a per fare FACT CHEKING (verifica dei fatti) tanto da creare, oltreoceano ed oltremanica una vera professione
quella del fact chekers, colui il quale smonta la notizia verificandone tutte le informazioni e pubblicando, poi, gli articoli in rete solo dopo essere certi che non nascondino insidie e falsità ed evitare di pubblicare informazioni errate. Per intercettare le bufale e sopravvivere in un mondo maggiormente ipertecnologico e globalizzato, sempre più si dovrà ricorrere ad “intelligenze” nuove. Sono “5 le chiavi del futuro” secondo lo psicologo americano Howard Gardner, docente
di cognitivismo e pedagogia alla facoltà di scienze dell’educazione all’Università di Harvard.
Intelligenza disciplinare, sintetica, creativa, rispettosa ed etica saranno fondamentali per dominare i rapporti tra lavoro e automazione, etica e intelligenza artificiale; informazione, propaganda e fake news. L’intelligenza disciplinare servirà per evitare di soccombere in un mondo dove i mestieri meno qualificati saranno appannaggio di intelligenze artificiali e robot. Saper cercare e valutare le fonti, nell’era dei motori di ricerca, sarà più importante che imparare nozioni a memoria. L’intelligenza sintetica ci aiuterà a sopravvivere in un mondo caratterizzato dall’overload imparando a comprendere e a sintetizzare. Non solo raccogliere le informazioni da fonti diverse, ma anche combinarle in modo che abbiano senso per sé e per gli altri. Una capacità di sintesi che è sempre stata necessaria, soprattutto per il mestiere di giornalista ma che oggi diventa una questione di sopravvivenza. L’intelligenza creativa aiuterà a proporre nuove idee, inventare nuovi modi di pensare perché ci sarà sempre più bisogno di innovazione, semplice per chi possiede la capacità di pensiero laterale, meno semplice per chi dovrà svilupparla. Una necessità per chi vuole vivere in un mondo dove computer e robot saranno sempre più sofisticati. L’intelligenza rispettosa registra e accoglie con favore le diversità che esistono tra i singoli individui e tra le comunità umane, si sforza di capire i diversi e operare efficacemente con loro per vivere sempre meglio in un mondo in cui tutti sono interconnessi e l’intolleranza e l’assenza di rispetto soluzioni non sono più concepibili. Infine, l’intelligenza etica che ha cuore il proprio bene ma anche quello della collettività, lavorando lavorare per un fine che trascende l’interesse egoistico in una piena collaborazione. Bufale o realtà? Per scoprirlo non resta che cominciare a conoscerle! A Natale regalati una startup e vivi il tuo Digital Xmas multicanale! Non è più in volo, grazie alla polvere magica, che il caro vecchio Santa Claus consegna doni dai comignoli in una sola notte, ma la slitta con le renne viaggia on-line con una scelta multicanale di luoghi dove far recapitare la “letterina” ed esaudire i tanti desideri. Sono infatti i siti di e-commerce il canale preferenziale per l’acquisto, che alla velocità della luce in una maratona per lo shopping pre-natalizio rendono le compere meno stressanti più comode e, in molti casi, più economiche.
La ricerca del negozio fisico resterà predominante, ma la spesa online sarà in crescita anche quest’anno. Un “Digital Xmas” anche nella scelta dei regali, orientati sull’I-tech e sull’innovazione. A Natale regalati una start up per un dono originale dal sapore nuovo. Diverse le proposte in commercio per tutti i gusti e gli interessi. Regalati un albero con Treedom da piantare in una zona del mondo dove è utile farlo e seguilo on-line. Lo vedrai crescere e fiorire aiutando la riforestazione e dando un supporto alle popolazioni locali. Adotta una vite a distanza con Be Farmer, prenditene cura, seguine la crescita e produci il tuo vino con tanto di etichetta personalizzata. Regala un cesto di Natale innovativo grazie a l’Alveare dice Si! La start up che unisce tecnologia ed ecosostenibilità per scegliere la gift card per acquistare prodotti dei contadini locali. Se poi amici e parenti sono lontani regala una colletta digitale con BustaDiNatale.it la startup Milanese che attraverso una piattaforma permette ad amici e parenti di contribuire ad una busta on-line. Se poi hai l’idea del secolo e la start up la vuoi creare te, tanti i titoli di libri ed eBook sul tema dell’innovazione che possono essere una ispirazione e uno strumento da farti regalare sotto l’albero:
■ Codice Montemagno. Diventa imprenditore di te stesso grazie al digital – di Marco Montemagno ■ Da zero a uno. I segreti delle startup, ovvero come si costruisce il futuro – di Peter Thiel ■ Il lavoro? Me lo invento: Idee, strade, info pratiche per mettersi in proprio con successo – di Lucia Ingrosso e Silvia Messa ■ Startup zero.0. Imparare dai fallimenti per creare successi. Dalla Silicon Valley all’Italia – di Federico Pistono ■ Sei un genio! La rivoluzione digitale degli artigeni, artigiani e lavoratori dalle idee geniali – di Giampaolo Colletti A Natale oggi puoi… Scegliere come vuoi! Anche il Pharma utilizzerà i social per promuovere i farmaci di automedicazione Il fascino dei social network, amati e cannibalizzati allo stesso tempo, colpisce anche e soprattutto le aziende che ne hanno scoperto il valore e l’opportunità di Business, come nuova soluzione per raggiungere il vasto pubblico. In ritardo rispetto agli altri mercati, anche il Pharma si sta aprendo sempre di più alla comunicazione digitale attraverso i social, affrontando un importante percorso di trasformazione ed una grande novità per il settore. Ovviamente dipende dalle aziende, ce ne sono diverse che già da qualche anno hanno cominciato a sperimentare soluzioni e possibilità, ma pian piano sono tutte pronte a comprendere maggiormente questo mondo tanto da avvalersi di professionisti del settore e figure professionali dedicate, da inserire all’interno dell’organico. Dal momento che i Social Network sono diversi, va riconosciuto a ciascun canale il reale utilizzo onde evitare di commettere il grave errore di utilizzare il social network sbagliato per l’azione sbagliata, che non solo non permetterebbe di utilizzare il valore del servizio ma se ne perderebbe anche in efficacia. Nel Pharma il canale social maggiormente utilizzato è Twitter dal momento che le sue caratteristiche consentono alle aziende una maggiore gestione a livello di governance interna e policy di moderazione. E’ il canale preferenziale per intrattenere relazioni con i giornalisti e non impone un piano editoriale articolato e composto da contenuti originali, un utile strumento per dare visibilità alle news, e non dover per forza interagire con gli utenti, andando incontro anche a possibili
problemi di compliance. La funzione che se ne fa è prevalentemente corporate (innovazione e social responsability) attivando campagne di informazione verso il paziente in occasione delle giornate mondiali contro una delle malattie per la quale l’azienda ha un prodotto terapeutico in portfolio, rilanciando i propri comunicati stampa e riprendendo news di settore utili ai propri obiettivi di business. Il motivo per il quale i social sono utilizzati per lo più per attività informative è semplice, limitarne i rischi. Per divulgare messaggi pubblicitari in ambito sanitario ed aumentare la notorietà del brand i social, infatti, devono essere utilizzati rispettando regole ben precise dal momento che c’è il rischio che le informazioni veicolate attraverso i social network possano essere alterate e in mercato regolamentato come quello del Pharma bisogna prestare maggiormente attenzione. Regole ministeriali per la promozione degli OTC, in base alla piattaforma social aggiornate al 6 febbraio 2017, parlano chiaro: “L’utilizzo di Facebook è consentito per la diffusione di messaggi pubblicitari esclusivamente a condizione che l’Azienda farmaceutica disabiliti la funzionalità “commenta” e le reazioni (quali like, emoticon…). Poiché la funzione di condivisione non può essere disabilitata, il messaggio dovrà contenere un desclaimer con una dicitura precisa in cui l’azienda si dissocia dai commenti degli utenti. Va inoltre pubblicata solo la pubblicità istituzionale e le pagine aziendali presenti su facebook non possono pubblicare post relativi a prodotti. L’utilizzo di Youtube è consentito per la diffusione di messaggi pubblicitari su OTC a condizione che abbiano avuto autorizzazione da parte del Ministero della Salute e siano disabilitate alcune opzioni (quali “consenti commenti”, “gli utenti vedono i voti di questo video”, “consenti incorporamento”). L’utilizzo di Instagram è limitato, è infatti consentito l’uso della sola sezione “Storie” dove gli utenti non hanno la possibilità di commentare o condividere”. I social network, incastrati in queste regole che ne snaturano la realtà “sociale” e di interazione ovviamente vedono limitate le opportunità di utilizzo anche se, piccoli passi avanti si stanno già compiendo con la nuova implementazione delle Linee Guida aggiornate dal Ministero della Salute in materia di pubblicità per le aziende farmaceutiche, il “via libera” alle pubblicità (previa autorizzazione) sulle piattaforme online per prodotti Otc e dispositivi di libera vendita. Si abbattono, così, le prime barriere dell’online in materia di farmaci da banco. Ad annunciare la novità è stato lo stesso Facebook Italia, attraverso una campagna
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