La Copertina d'Artista - Luglio 2018 - Luglio 2018,Fantacalcio - L'editoriale di Ivan ...

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La Copertina d'Artista - Luglio 2018
Due supereroi arcinoti: Superman e Batman, sembra stiano facendo gli uomini di una barriera,
durante un calcio di punizione al limite dell’area, durante una partita di calcio. Ma, a ben vedere,
non è chiaro se stiano dinanzi o dietro la rete. Le loro espressioni non ci aiutano a decifrare la scena,
hanno un’aria vagamente circospetta e Batman è pure un po’ imbronciato. Potrebbero benissimo
essere stati messi in castigo dall’allenatore dietro la rete, perché i loro superpoteri li rendono, come
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il doping, troppo superiori agli altri giocatori.

Non capiamo bene le intenzioni dell’artista di questo mese, che ci propone una copertina con una
splendida illustrazione realizzata con penna bic, matite acquerellabili e computer grafica, ma questo
non importa, perché l’arte, l’arte vera, quando è al meglio, come in questo caso, ci strappa
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comunque un’emozione. Infatti l’opera di Effe, al secolo Francesco Di Dio, ci fa sorridere per la
sua ironia, ci intenerisce per la sua malinconica poesia e ci stuzzica per l’originale messinscena.

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a di questo mese di luglio è Effe alias Francesco Di Dio.

Come spesso accade per l’arte contemporanea, è il titolo che ci viene in soccorso per chiarirci le
intenzioni dell’artista, infatti “Superheroes won’t play soccer”, “I supereroi non giocheranno a
calcio”, ci dice chiaramente che Batman e Superman, benché siano in posizione di difesa da calcio di
punizione, in realtà sono stati messi da parte, forse davvero in castigo, non davanti, ma dietro la
porta di calcio. Non possono giocare a calcio perché troppo forti, troppo veloci, troppo potenti per
consentire una gara equilibrata.

O forse, ma è solo un’ipotesi, in un mondo diventato spietato, con interessi ed affari milionari, dove
non esiste più la fedeltà alla maglia, né alla squadra, dove lo sport è diventato secondario ai soldi, i
supereroi non sono ben accetti, perché aspirando ed inspirando valori come il bene, la lealtà ed il
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coraggio, gli eroi sono presenze scomode e pericolose. Oppure, ed è la spiegazione più semplice ed
immediata, la fantasia, il favoloso, le favole e gli eroi non sono ammessi sul campo di calcio.

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lici o quasi”, 2017 – work in progress.

Quale che sia la spiegazione, fra quelle proposte o altre possibili, l’artista, i suoi eroi e noi siamo
dispiaciuti che i supereroi non giocheranno a calcio, perché qualunque situazione, scenario o gioco,
non può fare a meno della fantasia.

Classe 1997 Effe, ovvero Francesco Di Dio, consegue prima la maturità classica poi la laurea in
architettura e dopo un master a Milano in Event management. Nel 2007 dà alle stampe il suo primo
romanzo “Quel giorno per caso” e nel 2013 è fra gli ideatori e organizzatori del Castellaneta Film
Fest.

È proprio durante una delle edizioni del Castellaneta Film Fest, quando cura ed allestisce le varie
mostre collaterali di fumetto ed illustrazioni, che subisce l’incanto per il disegno che comincia a
praticare in prima persona. La sua cifra stilistica si ispira a grandi maestri come Hugo Pratt ed ai
contemporanei Somà, Ana Juan e soprattutto all’illustratore e regista romano Stefano Bessoni.
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Illustrati, edita Logos edizioni.

Diversi i progetti e work in progress a cui lavora, fra i quali “E vissero tutti felici o quasi”, una
riscrittura e rilettura delle fiabe dal punto di vista degli adulti, dove la fantasia si diluisce nel
disincanto, mostrandoci una fiaba dai risvolti darwiniani. Questo progetto, che esordisce nel
dicembre 2017, presso il Fondo Verri di Lecce, in occasione del festival “Lecce letteratura”, si
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arricchisce, in seguito, delle colonne sonore dell’arpa pitagorica del musicista Mino Notaristefano e
delle eteree cartapeste dello scultore Raffaele Di Gioia (autore della Copertina d’Artista del n° 21 del
gennaio 2016).

Nasce per gioco, dalla sua pagina Instagram, il progetto “Indiegeni”, ritratti di musica
indipendente, che guarda con ilarità e divertimento all’ormai acclamato indie italiano e il progetto
diventa una mostra nel Febbraio 2018, nella cavea del teatro Rossini di Gioia Del Colle, all’interno
del festival musicale “Indiesposizioni”.

Nell’aprile 2018 una delle sue illustrazioni, dal titolo “L’amico immaginario” è inserita nella
rivista Illustrati edita Logos edizioni. La rivista è distribuita nel corso del Bologna Children’s
Book Fair.

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a” , 2018, per l’iniziativa Open, progetto itinerante organizzato dall’Ordine degli Architetti.

Nel maggio 2018 il suo progetto “Pesci fuor d’acqua” diventa l’immagine della tappa
castellanetana dell’iniziativa “Open!”, un evento di risonanza nazionale, organizzato dall’Ordine
degli Architetti.

Nel giugno 2018 una sua illustrazione appare tra le selezionate del Cheap Festival, che anima con
i sui manifesti le pareti stradali del centro cittadino di Bologna.
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inata della prima edizione dell’evento Pummanostra – I giorni del pomodoro.

Nel luglio 2018 disegna l’immagine coordinata della prima edizione dell’evento Pummanostra – I
giorni del pomodoro. La sua “Lady Pummanostra” appare oltre che nella comunicazione
dell’evento, anche sulle etichette della conserva al pomodoro, prodotta nel corso della
manifestazione.

Per informazioni e per contattare l’artista Francesco Di Dio:
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arch.fran.didio@gmail.com

Ricordiamo ai nostri lettori ed agli artisti interessati che è possibile candidarsi
alla selezione della quarta edizione di questa interessante iniziativa scrivendo ed
inviando un portfolio alla nostra redazione: redazione@smarknews.it

Fantacalcio – L’editoriale di Ivan Zorico
Il calcio è una passione prima che essere uno sport.
Una passione che nasce da piccoli e non ti lascia più.
Nasce quando per la prima volta ti trovi davanti ad una
palla e senti l’irrefrenabile voglia di calciarla. Poi cresci e
scopri che esistono delle persone che indossano delle
maglie bellissime e corrono dietro un pallone, che
sono acclamati dalla folla in epici stadi, che “calciano come
te” e che, quando segnano, esultano proprio come te. E lì,
in quel momento, la passione diventa amore.

  Un giornalista chiese alla teologa tedesca Dorothee Solle: “Come spiegherebbe a un bambino che
  cosa è la felicità?”. “Non glielo spiegherei” rispose. “Gli darei un pallone per farlo giocare”.
  (Eduardo Galeano)

Poi non si sa bene come, di tutte quelle maglie bellissime e colorate te ne piace una ed una
sola. Forse ti sceglie lei, forse tuo fratello maggiore o tuo padre te la faranno amare o forse gli dei
del calcio lavoreranno per te, ma dal momento preciso in cui l’avrai scelta sarai per sempre legato ai
destini di quella squadra, di quei colori. Aldilà delle fortune alterne della tua squadra del cuore. Che
ti farà impazzire di gioia o di sconforto, tu l’amerai e seguirai sempre e comunque.

  Questo è il calcio: amore e passione. E chi non lo segue, non può capire. Il calcio è più che un
  semplice sport.

Quello che invece tutti possono capire è che dietro questa
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grande passione, si muovono interessi economici molto
grandi.
Il mondo è cambiato, non è più quello di una volta. E anche il calcio non fa differenza. Prima
esistevano i “Patron” – figure mitologiche parificabili agli antichi mecenati – che tutto o
quasi potevano e facevano, ora esistono società quotate in borsa, consigli d’amministrazione e
bilanci da far quadrare e controllati scrupolosamente dagli organi di controllo internazionali.

Le società sportive si sono trasformate in aziende che hanno interessi non solo all’interno del
proprio mercato – pardon, campionato di competenza – ma che cercano di esportare il proprio
brand anche in altri mercati per raggiungere quante più persone possibili, farle appassionare e
aumentare in questo modo i propri ricavi attraverso il merchandising e la vendita dei diritti
televisivi, su tutto.

A questo mondo è dedicato questo numero di Smart
Marketing. Il titolo è venuto da sé: “Fantacalcio”.
E non poteva essere altrimenti dato che siamo in piena sessione estiva di calciomercato. Un
calciomercato scoppiettante, soprattutto per la Serie A (e finalmente dopo tanti anni di Purgatorio),
che ha visto portare in Italia alla corte della Juventus il più grande giocatore in circolazione al
momento: Cristiano Ronaldo, alias CR7.

Uno di quei giocatori che, per tornare all’incipit iniziale, farà sognare tanti bambini e che
inevitabilmente avranno l’imprinting Juventus. D’altronde pur essendo milanista non ci posso fare
niente e non posso avanzare pretese né lamentarmi della situazione attuale: con i vari Montolivo e
Borini in rosa non posso mai pensare che dei bambini s’innamorino del Milan.

  Ai miei tempi era diverso: c’erano i Weah, i Maldini, i Desailly, i Savićević… insomma mi fermo
  perché mi sto commovendo.

Fantacalcio, ho detto, è il titolo del numero di questo mese. Ma è anche uno dei giochi più
amati e praticati da quei tanti bambini/adulti che, crescendo, hanno visto pian piano sfumare il
sogno di diventare calciatori professionisti, ma che mantengono ben saldo nel cuore lo stesso ardore.
Tra questi ci sono anch’io ed una schiera di altri amici fuori di testa che ancora si ostinano, non più
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proprio giovanissimi, a dedicare tempo a questo pazzo gioco.

E ovviamente non saremo i soli: tra qualche giorno ci saranno migliaia di ragazzi (più o
meno diversamente giovani) seduti intorno ad un tavolo, o qualcuno collegato via Skype, che si
accenderanno per l’asta del fantacalcio. Studiare le possibili formazioni, cercare di individuare quel
giocatore che avrà il miglior rendimento stagionale, strappare l’attaccante con più gol nelle gambe,
per poi finire mestamente per comprare il solito scarto di turno (vedi Kalinic, esperienza diretta).

Ma come detto, il calcio è passione e non è solo uno sport. È voglia di stare insieme e sognare di
indossare quella bellissima maglia di cui ti sei innamorato bambino, o quantomeno dirigerli, anche
solo come Fantallenatori.

  Qui trovi tutti gli articoli dedicati al nuovo numero – Fantacalcio - e come sempre ti invito a farci
  sapere cosa ne pensi. Buona lettura.

                                                                                           Ivan Zorico

Fantacalcio – L’editoriale di Raffaello
Castellano
Con la vittoria della Francia sulla Croazia per 4 reti a 2,
domenica 15 luglio si è chiuso uno dei mondiali più
entusiasmanti di sempre, nonostante l’assenza della nostra
Italia. Un Mondiale dei record e delle sorprese, la prima più
significativa (oltre all’assenza della nostra nazionale) è quella
dei diritti televisivi per l’evento aggiudicati, a gennaio di
quest’anno, dal gruppo Mediaset per 75 milioni di euro,
sbaragliando la Rai del servizio pubblico.

Con ascolti record dagli 8 agli oltre 10 milioni di spettatori già durante gli ottavi di finale, ben oltre
le aspettative, l’operazione del gruppo del Biscione si è rivelata vincente, un vero schiaffo in faccia
alla Rai, grande sconfitta dell’estate pallonara, che a novembre dello scorso anno, attraverso le
parole del direttore generale, Mario Orfeo, aveva dichiarato: “L’eliminazione dell’Italia oltre ad
essere un dispiacere per noi tifosi cambia la scelta sui diritti. È una scelta commerciale, non di
servizio pubblico.”

Peccato che i 175 milioni di spettatori delle 48 partite della fase a gironi (20 milioni in più rispetto al
Mondiale 2014 del Brasile) e gli 11 milioni 668mila spettatori (66,56% di share) della finale su
Canale 5, fra Francia e Croazia, stiano lì a dimostrare la mancanza di visione e le scarse attitudini al
marketing di un’azienda, la Rai, che si ostina a competere in un mercato globale ed agguerrito, con
strumenti, tecniche e decisioni quantomeno infelici ed anacronistiche.

Non occorreva un genio per intuire che in una nazione affamata ed appassionata di calcio come la
nostra, nella quale si disputa uno dei campionati di calcio più belli, ricchi e seguiti del mondo, con
un’estate alle porte, il Campionato di Calcio di Russia 2018 doveva interessare milioni di tifosi. Ma
tant’è!

Al gioco del Calcio, ed allo sport più in generale, è dedicato questo numero di Smart Marketing
intitolato “Fantacalcio”, un gioco ma anche un business stratosferico, che vede i principali club
sportivi quotati in borsa e i singoli campioni con fatturati pari a piccoli stati. Uno su tutti, Cristiano
Ronaldo, CR7, che proprio durante le fasi finali del Mondiale 2018, ha calamitato l’attenzione dei
media per il passaggio alla Juventus, diventando il primo e più importante colpo del mercato estivo e
forse della storia. Con uno stipendio di 31.000.000 di euro a stagione, 59 euro al minuto, oltre tutte
le altre sponsorizzazioni, Cristiano Ronaldo è fra gli sportivi più pagati del mondo.

Quindi parleremo, alla nostra maniera, di calcio, mercato, marketing, campioni, palle e palloni.
Perché, anche se non lo vogliamo, anche se cerchiamo di evitarlo, il marketing permea non solo le
nostre passioni, ma pure le nostre vite, nonostante quanto pensi o dica la dirigenza della Rai.

Quindi continuate a seguirci anche in vacanza, sotto l’ombrellone, noi ci saremo sempre.

Buona lettura e buone vacanze a tutti.

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L'affare Cristiano Ronaldo e Juventus: un
mix tra professionalità, comunicazione,
brand e marketing.
Il calciomercato regala sogni, speranze e momenti di “ebbrezza”.
Ogni estate milioni di tifosi aspettano di sentire/leggere/vedere l’ufficializzazione dell’acquisto del
calciatore più forte del momento per poter essere più competitivi, o meglio vincenti, nei diversi
campionati in cui la propria squadra gareggerà.

E non ci giriamo troppo intorno, quest’anno il vero colpo di mercato (anche se manca ancora
tanto alla chiusura delle sessione estiva del calcio mercato) l’ha portato a casa la Juventus
finalizzando l’acquisto di Cristiano Ronaldo – CR7 – per una cifra di 100 milioni di euro e
riconoscendo al giocatore portoghese un ingaggio netto di 30 milioni di euro per tre anni.

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naldo e Juventus: un mix tra professionalità, comunicazione, brand e marketing. Fonte: profilo
FB della Juventus

Numeri pazzeschi, ma non troppo. E per 3 buone ragioni:
1. Professionalità
2. Comunicazione e social
3. Brand e marketing

#1 Professionalità
Cristiano Ronaldo è senz’altro un (se non IL) giocatore dall’indubbia professionalità e meticolosità.
È l’emblema del calcio e del giocatore moderno. Un calcio prima fortemente atletico e poi
spettacolare. La cura del dettaglio, la capacità di rimanere concentrato, di focalizzarsi sugli obiettivi
e l’estrema competitività, fanno di CR7 davvero il giocatore più forte al mondo.

Sì, io sono quello che tra l’annoso dualismo tra Messi e Ronaldo sceglie sempre Ronaldo. Certo
Messi sarà più geniale, avrà sicuramente i piedi più buoni (come si diceva un tempo, Pizzul insegna)
ed avrà un controllo di palla invidiabile, ma Cristiano Ronaldo oltre a non essere proprio un
Birindelli qualsiasi (anzi) e proprio per le caratteristiche da professionista appena indicate, incarna
totalmente l’idea che se dai il massimo di te stesso, ogni giorno tutti i giorni, con abnegazione e
disciplina puoi ambire a diventare il numero uno nel tuo settore.
E questo, per me, è fonte di ispirazione.
#2 Comunicazione e social
Il calcio si fonda sulla passione dei propri tifosi. Ed proprio sulle passioni che ci animiamo, parliamo,
condividiamo e confrontiamo, più che su qualsiasi altra cosa. Non è quindi un caso che nel periodo
intercorso tra la data dell’annuncio dell’acquisto di Ronaldo e quella della sua presentazione allo
Juventus Stadium (rispettivamente il 10 e il 16 luglio) siano stati prodotti sul web oltre 2 milioni
di contenuti. Un gran bel colpo per la Juventus e per la diffusione del suo brand se pensiamo che
solo il 12,7% di questi contenuti sono stati prodotti in Italia e che il restante 87,3% sono stati
prodotto all’estero.

Oggi lo sappiamo che le conversazioni passano dal web, ma soprattutto sui social. E infatti il
96% delle interazioni e conversazioni su Cristiano Ronaldo sono passate proprio dai social network.

Solo sul profilo ufficiale della Juventus su Facebook, il post relativo all’annuncio
dell’ufficializzazione dell’acquisto di CR7 ha raggiunto numeri impressionanti:

■   135.956 like
■   7069 commenti
■   51.781 condivisioni

In generale “l’effetto Ronaldo” ha fatto molto bene alla Juventus in termini social. In
brevissimo tempo tutti i profili social ufficiali hanno subito un incremento significativo in termini di
follower: oltre 2 milioni. D’altronde c’era da aspettarselo: Cristiano Ronaldo vanta oltre 300.000.000
di follower tra Facebook, Instagram e Twitter. Chiamiamolo effetto traino.

#3 Brand e marketing
La Juventus è già da qualche tempo una società di calcio dal profilo internazionale. E non solo
perché negli ultimi anni ha conseguito risultati positivi in Europa (anche se non è riuscita ancora a
portare a Torino la Champions League), ma perché come le altre top squadre straniere (penso ad
esempio al Manchester United, al Real Madrid o al Barcellona) sta facendo del marketing e della
promozione del brand una leva importante di crescita e sviluppo.

Ricorderete infatti come solo un anno e mezzo fa, la Juventus lanciò proprio una campagna di
rebranding “Black and White and more”.
Il motivo di questa azione era ed è molto semplice.

Il calcio è sicuramente una passione, ma se si vogliono ottenere dei risultati va inteso
anche come business. E se si parla di business, non si può non parlare di marketing e
comunicazione quali leve fondamentali per incrementare il fatturato di una azienda ed avere
risorse per fare grandi acquisti/investimenti, come nel caso di Cristiano Ronaldo.

     Il brand in questo senso è centrale per poter aggredire nuovi mercati (come ad esempio la Cina) e
     poter sfruttare la propria immagine anche in settori diversi da quello del calcio.

In questo senso l’acquisto di Ronaldo da parte della Juventus è vincente per due ragioni.
1. Incarna assolutamente i valori della Juventus – Black and White / Bianco e Nero –: la Juventus è
   estrema, o la ami o la odi. Non ci sono mezze misure. Come per il dualismo con Messi. Devi
   scegliere da che parte schierarti.
2. CR7 è un brand riconosciuto in tutto il mondo e di fatti Ronaldo è sponsor di diversi
   marchi che operano, tra l’altro, anche in differenti settori merceologici. Il brand Ronaldo aiuterà
   certamente la Juventus a svilupparsi e a penetrare in settori nei quali oggi non opera. Quel
   “…and more” indicato del rebranding, non è stato messo lì per caso. La strategia era già
   stata definita. E la stanno mettendo scrupolosamente in pratica.

Se il tuo Cliente è protagonista della
“storia” il gioco è fatto: lo sa bene il
settore del calcio.
Mettere l’acquirente nelle condizioni ideali per comprare ed invogliare a farlo utilizzando sistemi
psicologici più o meno sottili attraverso strategie disegnate a tavolino. E’ il mix necessario tra
marketing tradizionale e digitale, con soluzioni che toccano le giuste leve e vendono
emozioni e sensazioni e che mettono in moto evocazioni uniche; legate a quel particolare brand e
stuzzicandone il desiderio.

E’ un po’ ciò che accade quando si è davanti ad uno scaffale per acquistare un prodotto, ogni
qualvolta si fa una scelta spinti da una preferenza senza rendersi conto se davvero si tratta di una
nostra scelta e quanto è, invece, indotta dai vari messaggi di pubblicità che ci spingono all’acquisto.

E’ l’efficacia della comunicazione e di quanto questa entri nelle nostre teste a gamba tesa tanto da
farci ricordare un claim, uno slogan o banalmente un’emozione di uno spot.

  In realtà tutto è pubblicità, in ogni settore merceologico dove il fine ultimo è la vendita/acquisto di
  un prodotto!

Ci sono settori dove il gioco forte lo fanno le emozioni, altri un po’ meno, ma lì dove la storia può
essere raccontata a tal punto da permettere al cliente di diventare in qualche modo protagonista, è
sicuramente vincente.
Il calcio è uno di questi! E con l’avvento del digitale e dei social questa capacità di rendere i tifosi
protagonisti è un asso nella manica che entusiasma e fa leva sempre di più e in maniera efficace,
muovendone il Business.

I social network, infatti, non sono più solo veicoli per l’immagine della squadra o dei
giocatori, ma anche vere e proprie soluzioni di ingaggio e di promozione: ne sono un esempio
le campagne abbonamenti, il merchandising, gli sponsor, i calciatori che in qualità di influencer cura
la propria immagine in rete.
Allo stesso tempo anche il calciomercato è diventato un fenomeno sociale nella rete, dove
Facebook, Instagram, Twitter sono canali di comunicazione dove il tifoso segue, interagisce,
commenta, evidenzia, esprime la propria opinione, fornisce il proprio consenso ed esplicita i propri
dubbi e perplessità riguardo alle mosse che un club svolge durante tale periodo dell’anno,
banalmente si sfoga!

  Tutti hanno la possibilità di vivere le fasi di una negoziazione in prima persona e quasi in
  tempo reale e diventa, perciò, fondamentale per un club riuscire a gestire le informazioni e a
  veicolarle in maniera strategica sulle piattaforme digitali.

E’ quanto in questi giorni abbiamo vissuto in diretta, in un channel mix di media, sull’acquisto da
parte della Juve di Cristiano Ronaldo, amato e criticato, divenuto un vero e proprio evento mediatico
che ha scatenato l’opinione pubblica degli esperti di calcio ma anche degli operai della FIAT, a voler
sottolineare come oggi, il confine tra reale e virtuale è talmente labile che se non governato a
dovere e con i giusti mezzi può diventare incontrollabile e rischioso, ma allo stesso tempo una
fonte di guadagno e di Business che non ha eguali.

Il Bari è fallito...ma potrebbe tornare!

La FC Bari 1908 è fallita e la squadra non è stata iscritta al
campionato di Serie B. Una ferita aperta per tutti i tifosi ed
un colpo economico per tutto l’indotto.
Sì, perché l’errore che si può commettere, ad una prima analisi superficiale della situazione, è non
considerare come il calcio si regga sulla passione dei tifosi e, di conseguenza, sulle loro
tasche. Dagli abbonamenti allo stadio a quelli di tv e piattaforme digitali che trasmettono le partite,
dai gadget al merchandising fino alle trasferte. Un pezzo dell’economia italiana beneficia
dell’impatto del calcio sull’economia. Dal ristoratore al commerciante, dall’albergatore al
pubblicitario.

Allora non sarà difficile immaginare che, come la mancata partecipazione della nazionale ai mondiali
di Russia più in grande, anche il fallimento della squadra della città, in questo caso il Bari, sia
un colpo terribile non solo per la passione dei tifosi. Quella non è legata alla categoria, i veri
tifosi seguono la squadra a prescindere dalle sue fortune sportive.

In questi giorni si sono avvicendate tante voci sul futuro della squadra, ma ancora non si
vede nulla di concreto. Il calcio è un mezzo eccezionale anche per la notorietà e non sono mancati i
casi di “Salvatori della Patria”, prontamente presentatisi in conferenze stampa e destinatari di
paginate sui giornali, ma poi finiti chissà dove.

Inutile aggiungere la portata mediatica, in particolare sui
social, di una squadra che rappresenta un’area
metropolitana di 1,2 milioni di persone.
Implementando il lavoro svolto si potrebbero ottenere maggiori risultati che vadano a contribuire, in
concreto, alla sostenibilità economica della gestione del club.
L’immagine del “Patron” è un vecchio ricordo, oggi le società si reggono su se stesse, alcun
persino quotate in Borsa. Allora, tutte le componenti possono e devono partecipare al loro sostegno.

In particolare, vorrei soffermarmi su una possibilità che Facebook sta introducendo
gradualmente: i gruppi a pagamento.
Proprio così, Facebook sta dando la possibilità, per ora molto limitata e collegata solo a tre settori
tra i quali non c’è lo sport, di avviare gruppi nei quali per accedere l’utente dovrà abbonarsi. Questa
opportunità potrebbe rivelarsi clamorosa per molte società, soprattutto delle categorie inferiori,
perché di fatto toglierebbe i confini alla passione dei tifosi.

Una società di Serie D, come rischia di essere il Bari, ma con
un enorme bacino di utenza potrebbe organizzare il suo
canale tematico direttamente online.
Raccoglierebbe iscritti da tutto il mondo senza la minima difficoltà. Questo garantirebbe entrate
certe e durature anche a quelle piazze che non possono accedere facilmente al grande pubblico, ma
che sappiano fare del senso di appartenenza ad una comunità il proprio valore aggiunto.
Ecco perché anche una squadra caduta in disgrazia potrebbe trovare giovamento o addirittura
accelerare la risalita grazie a strumento come i gruppi Facebook a pagamento.

Il mondo del calcio e le squadre (brand)
che ne fanno parte: i numeri del settore.

  Il calcio, questa grande passione che unisce milioni di persone e tifosi più o meno appassionati,
  è una delle più grandi macchine da soldi che si possano conoscere.

Il calcio proprio perché legato a doppio filo alla passione – che si sa, muove tutto – è uno di quei
settori che può vantare numeri davvero importanti ed un seguito pressoché
inesauribile. L’Europa in questo senso la fa un po’ da padrona, potendo contare su campionati
storici e sempre più competitivi. Certo c’è l’emergente Cina che con investimenti ultra-milionari
cerca di attirare grandi giocatori e con essi il grande pubblico, o l’America latina dove vi è un tifo
viscerale.
Ma è il calcio europeo con la sua storia e le sue squadre a fare la differenza. Non è un caso
infatti che quando si disputa la “Coppa del Mondo per Club” – che per i nostalgici come me si
chiamerà sempre e solo “Coppa Intercontinentale” –, a spuntarla sono quasi sempre proprio le
squadre europee.

Come detto il settore del calcio, e nello specifico quello
europeo, vale tantissimo. Sì, ma quanto nello specifico?
Secondo quanto riporta Annual Review of Football Finance 2018 di Deloitte il mercato relativo al
mondo del calcio europeo vale oltre 25 miliardi di euro. Tra l’altro questo è un numero in
aumento, +13% rispetto all’anno passato. Una crescita a doppia cifra, come dicono quelli bravi.

Questi numeri sono supportati essenzialmente dai ricavi registrati dai 5 maggiori campionati
europei, ossia Premier League, Liga spagnola, Bundesliga, Serie A e Ligue 1: quasi 15 miliardi nella
stagione 2016/2017 realizzati dalle Big Five. Ovviamente i ricavi televisivi sono quelli che più
trainano il settore.

La Serie A, dopo anni non ai massimi livelli, ritorna alla
ribalta.
Per la prima volta la Serie A supera i 2 miliardi di euro complessivi, grazie anche all’importante
apporto dato dall’Inter che cresce del +8%. Inoltre le squadre italiane beneficeranno anche delle
nuove norme per determinare chi si qualificherà alle competizioni UEFA. In sostanza potendo
contare su quattro squadre classificate nella fase a gironi della Champions League per il 2018/19 si
potranno chiudere migliori accordi televisivi, con un probabile aumento dei ricavi. Proprio
relativamente agli accordi internazionali sui diritti televisivi per la Serie A, sempre l’Annual Review
of Football Finance 2018 di Deloitte stima una crescita dell’80% (340 milioni di Euro all’anno)
rispetto all’accordo esistente.

E i singoli Brand quanto valgono? Quali sono le top squadre
di calcio europee per ricchezza?
Secondo uno studio prodotto da Brand Finance la squadra più ricca è il Manchester United FC.
Il valore del suo brand super l’1,6 miliardi di euro. Ben distanziate sono le due squadre
spagnole più in vista – Real Madrid e Barcellona– il cui brand vale rispettivamente 1,337 e 1,285
miliardi di euro. Fuori dal podio, al 4° posto, il Bayer Monaco con i suoi circa 1,2 miliardi di euro.

E le italiane?
Purtroppo non rientriamo neanche nella Top10.
La 1^ delle italiane è la Juventus che si posiziona all’11° posto di questa speciale classifica. La
segue l’Inter al 13° posto e il Milan al 19simo.

È evidente quindi che sempre più la competizione passerà prima su un piano finanziario e poi
sui campi da gioco. Le squadre internazionali hanno capito già da tempo che il calcio è fortemente
legato al business e che come tale deve essere approcciato. Stadi di proprietà, merchandising,
marketing, investimenti e diffusione del brand, sono i capisaldi per quelle società sportive
che intendono gestire le squadre come delle aziende.

La direzione è tracciata e non si torna indietro. D’altronde esistono società quotate in borsa,
abbiamo preso confidenza con termini tipo “fair play finanziario”, le società falliscono (vedi il Bari)
e/o comunque devono dimostrare di avere bilanci in regola (vedi il Milan).
In questo senso la Juventus si sta muovendo molto bene, dentro e fuori dal campo. A mio
modo di vedere, unica in Italia. E i risultati di una pianificazione manageriale si vedono tutti. Non
si può infatti pensare che sia un caso che in otto anni si passi dall’avere in rosa gente come Grygera
(con tutto il rispetto possibile) ad un fenomeno assoluto come Cristiano Ronaldo.

Chissà quando anche le altre squadre italiane ne trarranno seriamente esempio.

Esperienza di consumo e passioni come il
calcio: un binomio per conquistare i
consumatori.
In un mondo pieno di commodity, in cui è possibile trovare un bene simile (o similare) prodotto da
più aziende ed in cui il commercio elettronico sta letteralmente spazzando via l’acquisto in store, le
due leve su cui gli operatori di marketing premono sono: le esperienze di consumo e le
passioni (non per forza separatamente, anzi).
Dell’esperienza di consumo abbiamo parlato in un precedente articolo dove abbiamo provato a
declinare le peculiarità dell’acquisto in store e di come esso, se magistralmente misurato e gestito,
difficilmente verrà surclassato dall’ecommerce. Vi abbiamo parlato dell’esperienza di consumo di
come essa non potrà mai essere replicata da nessun operatore del commercio elettronico.

     La secondo leva è la passione. Per seguire le proprie passioni i consumatori sono disposti a tutto.
     E qual è la passione principale degli italiani? Neanche a dirlo: il calcio.

Ed ecco il motivo per cui, già da diversi anni e soprattutto all’estero, le società sportive hanno deciso
di investire in stadi di proprietà. Hanno banalmente unito l’esperienza di consumo (certo non
di un bene ma di uno spettacolo) con la passione. Non è un caso infatti se moltissime squadre
per contribuire alla propria solidità economico-finanziaria hanno deciso di investire (e non poco)
nella costruzione di stadi di proprietà.

Chiamarli stadi, però, appare decisamente riduttivo. Il calcio, pardon la passione, chiaramente è
al centro di tutto. Tutto intorno a una costellazione di attività – commerciali – che portano introiti,
e non pochi alla società di calcio. Centri commerciali, bar e ristoranti, insomma una macchina
costruita a regola d’arte che sfrutta la passione per generare ricchezza.

     Non è un caso, infatti, se gli stati stranieri vengono riconosciuti, numeri alla mano, come i più
     belli e soprattutto i più redditizi.

Secondo lo studio pubblicato dalla KPMG, The big five stadia landscape 2016/2017, nella
stagione calcistica 2017/2018 la Premier League e la Bundesliga sono stati i campionati con il
maggior numero di stadi di proprietà: rispettivamente 16 su 20 in Inghilterra e 10 su 18 in
Germania.

E l’Italia? Come sempre molto indietro.
Andiamo a vedere nel dettaglio quali sono gli stadi di proprietà nel nostro paese:

■   Juventus stadium (solo da poco ha preso il nome di Allianz stadium) che secondo dei recenti dati ha
    portato, in soli sette anni, un fatturato di circa 600 milioni
■   Lo stadio dell Udinese calcio (Dacia Arena) riaperto dopo varie ristrutturazioni, a carico della
    famiglia Pozzo – patron dell udinese – nel 2016
■   Lo stadio del Sassuolo (Mapei Stadium) costato circa 11 milioni di euro
■   Il Benito Stirpe di Frosinone. Lo stadio è stato ideato per essere operativo tutta la settimana, non
    solo in occasione delle partite di calcio.
■   Atleti azzurri d’Italia di Bergamo. Ristrutturato nel 2015 a spese dell’Atalanta, è stato acquistato
    dalla stessa società nerazzurra per 8,6 milioni nel maggio del 2017

Insomma, come il calcio ci insegna, la passione unita a buone strategie di marketing genera
reddito anche in periodi di crisi.
Social, rapporto tra Brand e sport: il caso
Roma e Ikea!
Nei giorni passati, la Roma ha presentato con un tweet il nuovo acquisto Olsen – giocatore svedese -,
e per farlo ha giocato con il noto stile grafico che Ikea (svedese anch’essa) usa per rappresentare le
istruzioni del montaggio dei mobili.

Un’idea “semplice” e simpatica.

  New delivery for #ASRoma pic.twitter.com/gW6rwnYtxf

  — AS Roma English (@ASRomaEN) 24 luglio 2018

Subito dopo, però, il “colpo di scena”: la risposta social di
Ikea.
Prendendo spunto dal mancato acquisto di Malcom da parte della Roma per colpa del Barcellona
(che si è inserita al fotofinish nella trattativa), Ikea ha preso in giro la società giallorossa (per
l’acquisto sfumato) con un tweet ironico e, cosa importante, non provocatorio.

La cosa interessante, al netto delle vignette e del botta e risposta vivace, è sicuramente il
tenore delle conversazioni che si sono generate sotto ai rispettivi tweet: positive ed empatiche.
Sia per la Roma che per Ikea. Infatti analizzando il sentiment si percepisce bene il grado di
vicinanza, e oserei dire per certi versi anche di affetto, che i follower hanno espresso per questi due
marchi.

E questi elementi hanno un valore enorme in termini di costruzione di fiducia e relazione
per un Brand. A questo servono i social.

I ritorni economici, poi, arriveranno di conseguenza e nel tempo.

Il cinema italiano e il calcio
Il calcio è notoriamente lo sport più popolare nel nostro Paese, quello per cui si litiga, si gioisce, si
piange, quello per cui un intero popolo ritorna ad essere finalmente unito sotto un’unica bandiera,
magari per un Europeo o un Mondiale di calcio. Scandali, complotti, trionfi, moviole, var, marketing,
cocenti sconfitte…insomma il calcio rimane un turbinìo di emozioni, e unisce proprio perché la
passione per essa, coinvolge senza distinzioni di sorta tutte le classi sociali, dagli intellettuali ai
proletari. E l’altra cosa che unisce più di tutti, che fa sognare, che fa riflettere è il Cinema. Nella
storia del glorioso cinema italiano, numerosi sono stati i connubi tra lo sport più amato dagli italiani
e il cinematografo, certo non sempre memorabili: ad onor del vero il calcio non ha mai trovato sullo
schermo una messinscena che fosse in grado di renderne al meglio le peculiarità agonistiche. Ma
non mancano di certo casi eclatanti, interessanti, professionali, rimasti nella memoria collettiva.

Negli anni della commedia brillante post-seconda guerra mondiale il calcio si va affermando come
pretesto per raccontare storie divertenti, spensierate ed allegre. E’ il caso di Undici uomini e un
pallone (1948), una delle prime commedie brillanti che vuole sfruttare il successo popolare del
calcio. Il film ha molti punti a favore. In primis l’utilizzo di numerosi giocatori professionisti
dell’epoca: Campatelli, Parola, Amadei, Puricelli, Biavati, Costagliola, Remondini. E poi, l’argomento
terribilmente attuale della frode sportiva, ovvero il tentativo di truccare l’ultima partita di
campionato. A tener le redini del tutto ci sono però, Carlo Dapporto e Carlo Campanini, che
assicurano un sano divertimento, da fuoriclasse, dato che siamo in tema calcistico. Dapporto è
trascinante nel ruolo del portiere colabrodo imposto in squadra dal centravanti goleador, per un
debito infantile, che ironia della sorte parerà il rigore decisivo, nella scena più divertente del film;
mentre Campanini è l’arbitro che viene ricattato nell’incresciosa combine. Un film da vedere, grazie
ai due assi della risata.

Ed è nei primi anni ’50 che il calcio, raccontato al cinema, raggiunge un livello elevato, come
fenomeno di massa e di costume. In Parigi è sempre Parigi (1951) Luciano Emmer, dopo
Domenica d’agosto (1950), continua a descrivere i desideri e i sogni della piccola borghesia
narrando la trasferta francese di alcuni italiani al seguito della nazionale, tra gli interpreti Aldo
Fabrizi, Ave Ninchi, Lucia Bosè ed un giovanissimo Marcello Mastroianni. Mario Camerini, in Gli
eroi della domenica (1952), utilizza Raf Vallone, ex giocatore del Torino, per portare in scena un
giocatore corruttibile in una squadra che ha la possibilità di passare in serie A. In L’inafferrabile
12 (1950) di Mario Mattoli, Walter Chiari fa la parte di un portiere della Juventus con un gemello
che scatenerà la commedia degli equivoci. Nel film di Mattoli compaiono i ‘veri’ giocatori della
squadra dando il via a un fenomeno che diventa in breve una caratteristica del film calcistico: la
costante apparizione di calciatori o operatori del settore nel ruolo di sé stessi. Citiamo anche il
grande Totò, delizioso presidente di calcio di una scalcinata squadra della provincia pugliese, nel
film Gambe d’oro (1958).

Ben riuscita appare anche la parodia del cinema di Sergio Leone nella regia accorta di un calcio di
rigore contenuta nel divertente film Don Franco e don Ciccio nell’anno della
contestazione (1970) di Marino Girolami, con Franco Franchi e Ciccio Ingrassia deliziosi mattatori
della pellicola. E in quello stesso anno Alberto Sordi convince nei panni del Presidente del
Borgorosso football club. Nell’omonimo film Sordi è perfetto nel tratteggiare questo carnale e
sanguigno presidente, che dapprima disinteressato, piano piano si appassiona al calcio e alla sua
squadra, diventandone il più accanito tifoso. Storie del passato, in chiave nostalgica, ambientate nel
mondo del calcio e del consumo che gli ruota attorno sono messe in scena in Italia-Germania 4 a 3
(1990) di Andrea Terzini e in Figurine (1997) di Giovanni Robbiano. In Pane e cioccolata (1974) di
Franco Brusati, Nino Manfredi ha il ruolo di un cameriere emigrato in Svizzera, il quale, pur
essendosi tinti i capelli di biondo per apparire più simile al modello nordico, non si contiene di fronte
a un gol della nazionale italiana, denunciando così le proprie origini. Questa scena codifica una
situazione tipica del film ad argomento calcistico: l’incapacità di autocontrollo emotivo da parte del
tifoso. Il tifoso semplicemente non riesce a contenere umori e rabbie.

Degni di nota, nell’ambito di una comicità grezza, al passo con l’involuzione culturale degli anni ’70
e ’80, sono da evidenziare sia I due maghi del pallone (1970), con Franco Franchi e Ciccio
Ingrassia, sia L’allenatore nel pallone (1984), con Lino Banfi. Il suo personaggio di Oronzo
Canà,ha avuto talmente tanto successo, da essere rimasto nella memoria collettiva. Struggente e
nostalgico è invece Ultimo minuto (1987), film di alta scuola diretto da Pupi Avati e interpretato da
Ugo Tognazzi, in una delle sue ultime memorabili interpretazioni. Un film bellissimo sul mondo del
calcio, con una storia appassionante, attuale e popolare, certamente la migliore interpretazione
dell’ultimo Tognazzi. Ciò nonostante, Tognazzi, non riceve alcuna candidatura in nessun premio
nostrano, e inspiegabilmente in un paese di fanatici del pallone il film non avrà grande successo al
botteghino, ma rimane il miglior film italiano sul mondo del calcio.
Continuando a parlare di calcio al cinema, certo non si può non ricordare la partita di calcio in
Mediterraneo (1991) della “truppa Salvatores” e l’arrivo sull’isoletta greca di Antonio Catania in
groppa al suo bimotore alato; o ancora la partita tra scapoli e ammogliati del primo Fantozzi (1976),
un gioiello di comicità grottesca e delirante. E come scordare, rimanendo ancorati al personaggio
del ragionier Ugo Fantozzi reso immortale da Paolo Villaggio, il programmino irrinunciabile del
ragioniere ad una partita della Nazionale in tv? “Infradito, mutande, canotta rigorosamente
macchiata, frittatone di cipolle, familiare di birra ghiacciata, tifo indiavolato e rutto libero”.
Scrivendo viene in mente anche un’altra sequenza epocale, di un film, che da molti è ritenuto il
migliore di Lino Banfi, quel Al bar dello sport (1982), in cui l’attore pugliese fa 13 al Totocalcio,
grazie ad un’intuizione di Parola, uno splendido Jerry Calà muto e ad uno storico Juventus-Catania 1-
2. La sequenza in cui Banfi si accorge di aver vinto e pone fine alle sue angherie familiari è da
antologia della risata.

Per completezza è giusto citare altri film del genere, non particolarmente rilevanti seppur molto
popolari: Il tifoso, l’arbitro e il calciatore (1983), con Pippo Franco, Mario Carotenuto e Alvaro
Vitali; ancora Alvaro Vitali protagonista nel terribile Paulo Roberto Cotechino, centravanti di
sfondamento (1983); per concludere con il superiore Mezzo destro, mezzo sinistro (1985), oggi
divenuto un cult, con protagonista la coppia composta da Gigi e Andrea (Gigi Sammarchi e Andrea
Roncato), molto popolari negli anni ’80.

Caso a parte quello di Eccezziunale…veramente (1982), film incentrato interamente sul tifo
calcistico e sulla macchietta del terrunciello, che ha reso famoso Diego Abatantuono. Il film è infatti
uno dei suoi maggiori successi, nonostante non ci sia un’inquadratura decente: ma in questo caso
l’attore ha saputo creare icone, modi di dire e tormentoni alla stregua di un grande comico. Quello di
questo film è lo spaccato di un’Italietta sottoproletaria e piccolo-borghese, cialtronesca e naìf, dotata
di una vitalità incosciente e genuina.

Negli anni 2000 va nominata l’accoppiata oleografica e nostalgica inventata da Fausto Brizzi: Notte
prima degli esami (2006), in cui il regista racconta i giovani degli anni ’80, e lo fa ambientando il
film proprio durante le epiche notti mondiali dell’82, in cui l’Italia vinse il suo storico terzo mondiale
di calcio. E l’anno dopo nel trasferire ai giorni d’oggi l’esame di stato, cosa fa? Ambienta Notte
prima degli esami-oggi (2007), proprio nell’estate del 2006, l’anno dell’incredibile quarto
mondiale azzurro. Due chiari escamotage, in cui lo sfondo (ovvero le vittorie della Nazionale ai
Mondiali), conta più di ciò che avviene in primo piano, e senza questa furba operazione “nostalgia”,
sarebbero risultati insignificanti prodotti dello scadente cinema popolare italiano di inizio millennio.
Molto meglio allora la bellissima opera di Luca Lucini, dal titolo Amore, bugie e calcetto (2008),
con Claudio Bisio, Giuseppe Battiston e Pietro Sermonti. Una brillante commedia calcistica che
costruisce un mondo di sentimenti contrastanti risolti in campo. Amore, bugie e calcetto registra e
racconta il calcio dilettantistico anche per parlare d’altro. Per parlare di un gruppo di sette amici,
ognuno con i propri problemi, lavorativi, sentimentali, ma che si ritrova ogni settimana su un
campetto da calcio, classico appuntamento fisso del maschio italico. Il calcetto è un elemento del
quotidiano (soprattutto) maschile, che ha il sapore dell’amore e dell’amicizia, dello spirito di
aggregazione e di squadra, che riflette su più generazioni ed è contraltare ludico delle vite più o
meno risolte e più o meno felici dei personaggi. Mancava un film sul mondo del calcio giocato dalla
gente comune e Lucini lo ha realizzato con una “buona visione del gioco”, aiutando le donne a capire
perché i loro uomini si divertono così tanto con una palla di cuoio cucita a mano e con una cosa
banale e umida come lo spogliatoio. Il risultato tecnico è poi un ottimo affiatamento di squadra tra
gli attori, proprio come una squadra di calcio unita, con il capolavoro della macchietta di Giuseppe
Battiston, capitano del gruppo e della squadra, grasso e tabagista, che entra in campo solo per
battere le punizioni, e non fallisce un colpo.

Insomma, che il calcio nel cinema non abbia mai decollato appieno è un dato di fatto; ma che non ci
sia stato un congruo numero di film degni di nota, beh…questo è sbagliato. Di certo quelli nominati,
circa una ventina, tra alti e bassi, sono i migliori prodotti italiani, dove direttamente o
indirettamente, si parla di calcio, si vive il calcio e spesso ci si interroga più in profondità nei
meandri profondi e cupi di questo sport (vedasi Ultimo minuto o Amore, bugie e calcetto).
Il mondo del calcio: dalla piazza ai social
media
Fino a qualche decennio fa gli appassionati di calcio si riunivano nei bar, nelle piazze e negli stadi.
Oggi, invece, la maggior parte delle discussioni di calcio avviene sui social media che stanno
cambiando le abitudini di appassionati e tifosi: si chatta, si twitta e si posta interagendo
direttamente con i protagonisti e con le squadre più amate e odiate.

Sono state fatte veramente molte analisi e ricerche sul connubio calcio e social media e una di
queste è stata realizzata dallo IAAD di Torino in partnership con CoSimple che ha analizzato i profili
social delle squadre di Serie A e Serie B per individuare i KPI specifici per a misurazione delle
conversazioni e delle interazioni delle persone sul tema del calcio. L’obiettivo finale era capire come
le persone interagiscono con le squadre di calcio e tutti i dati sono disponibili qui.

Le medie sono state calcolate ogni settimana tramite misurazioni con tool esterni a quelli messi a
disposizione dalle piattaforme social e riguardano post, video, tweet, retweet e molto altro
considerando solo le squadre che avevano un canale ufficiale sui social.

I social media e le app di nicchia per i tifosi
Eppure i tifosi di calcio e chi lavora nel settore a livello professionale oggi non utilizzano solo i
famosi Facebook, Twitter e Instagram per condividere le loro impressioni sulle partire, sui giocatori
e sulle prestazioni della squadra per cui tifano. Forse non tutti lo sanno ma esistono veri e propri
social media di nicchia dedicati al calcio, vediamo i più famosi.

Wyscout
Si tratta della più completa piattaforma professionale dedicata a chi nel mondo del calcio ci
lavora e comprende dati, statistiche, video ma anche appositi strumenti per preparare le partire,
scovare nuovi talenti e formare o promuovere i calciatori. E’ disponibile sia nella versione desktop
che mobile.

Calcio Scout
Parlando invece delle piattaforme online dedicati ai tifosi, la più conosciuta è sicuramente Calcio
Scout. Di cosa si tratta? E’ semplicemente un social media dedicato esclusivamente al mondo del
calcio, a chi lo vive da tifoso ma anche a chi lo pratica ad ogni livello da quello amatoriale a quello
professionale. Possono iscriversi tutti i calciatori, uomini e donne, di almeno 13 anni ma anche
allenatori, dirigenti, procuratori, osservatori e preparatori e l’accesso è gratuito, per sempre.

Se poi siete Società allora il social media mette a disposizione un’area dedicata personalizzata con
nome e logo della squadra. L’obiettivo è mettere in comunicazione tutti coloro che vivono il calcio a
360°, valorizzare le potenzialità degli atleti e far conoscere le persone. All’interno di Calcio Scout è
attivo un canale di Scouting e in base all’ Indice Calcio Scout l’atleta potrà valutare il valore di
calciatore suo e quello dei compagni. Tutto davvero in pochi click!

Per iscriversi basta inserire il curriculum e aggiornarlo, cominciando a seguire gli utenti registrati
proprio come si farebbe su Facebook, Twitter o gli altri social media generalisti. Grazie a questo
social potrai contattare allenatori come Gianluca Pagliuca, Giuseppe Sannino, Michele Serena o
Elisabetta Vignotto e molti altri ancora, come il nazionale di calcio a cinque Marco Ercolessi.

Dribblink, la prima App dedicata al calcio
Accanto alle piattaforme desktop non poteva mancare una apposita App Android dedicata al calcio:
stiamo parlando di Dribblink, disponibile su Google Play per Android. Con questa applicazione il
tifoso può condividere novità e opinioni sulla sua squadra del cuore e sulle squadre avversarie.

Un App dedicata al calcio è il modo più semplice per immortalare e condividere i momenti che
riguardano il mondo del calcio, la tua squadra e quelle avversarie, con la possibilità di seguire gli
account degli amici tifosi e scoprire quelli di chi condivide la passione per questo sport.

In particolare grazie a Dribblink è possibile pubblicare foto, video, opinioni ma anche seguire gli
amici ed entrare in contatto con altri tifosi o interagire con i post più popolari del momento e ancora
scoprire per che squadra tifano le persone accanto a te.

Noisefeed
Ai tifosi più sfegatati e ai social media manager che lavorano nel settore suggeriamo invece di
iscriversi a Noisefeed, la prima piattaforma a fare social context monitoring nel mondo del
calcio.

Noisefeed lavora analizzando tutti gli account social rilevanti nel settore del calcio grazie a un
database che conta migliaia di calciatori, società, allenatori ma anche giornali e giornalisti,
opinionisti e altro ancora.

Ogni dato viene offerto grazie a un’intensa attività redazionale che scopre le notizie più rilevanti
del settore, le filtra e le segnala all’utente sulla base dei parametri da lui indicati nella piattaforma.
Oggi si tratta dello strumento più potente e veloce per indagare il mondo del calcio secondo dopo
secondo.

Con pochi click si accederà alle news social&web più importanti su club, calciatori e giornalisti e
a un report personalizzato creato a partire da un database di bem 250000 account verificati. Ogni
giorno Noisefeed carica oltre 30000 nuovi contenuti che si tratti di Serie A, Premier Ligue,
Bundesliga o Ligue 1.

Non ci resta altro che augurarvi buon divertimento con lo sport nazionale italiano amato davvero da
tutti, magari cominciando da subito con le finali più belle dei Mondiali che potete vedere qui.

Lo Specchietto Retrovisore. Marchionne,
la Fiat e la visione manageriale.
Qualche anno fa mi recai negli Stati Uniti e noleggiai una Volkswagen New Beetle, il nuovo
maggiolone per intenderci, con una motorizzazione di 1.6 litri benzina. Per gli americani guidavo
una macchina piccola, probabilmente un po’ più “chic” rispetto ad altre macchine ignote per lo più
asiatiche che popolavano le loro strade, ma pur sempre un’utilitaria per intenderci.

E solo qualche anno fa gli stabilimenti della Fiat in Italia contavano su un numero spropositato di
operai rispetto alla produzione di veicoli, si affacciavano alla crisi del 2008 avendo sul groppone
debiti enormi e sopravvivendo di fatto grazie agli aiuti di governo ricevuti per decenni.
Insomma un’azienda privata che senza l’aiutino dello Stato non avrebbe mai potuto competere a
livello internazionale.

Pur avendo subito un calo di vendite nel corso del 2017, la FIAT 500 si è di fatto
caratterizzata per essere protagonista nel mondo nel settore delle utilitarie, condividendo il
successo con un’altra italiana, la Fiat Panda. Ma quello che assume una caratterizzazione importante
è che gli americani abbiano apprezzato la linea gioiosa della Fiat 500 a tal punto da rompere i loro
schemi. Le linee pulite, giovani ed eleganti, quel rinnovato pezzo di storia che continua
ancora a definire il Made in Italy nel settore auto, riesce perfino a stupire. Da sempre abituati a
cilindrate esagerate e dimensioni enormi, quella 500 che potrebbe entrare nel cassettone dei
loro grandi pick-up vede aumentare le vendite negli Stati Uniti.

  E se di sopravvivenza di un’azienda si parlava, la Fiat nel mirino dei grandi gruppi internazionali
  come possibile target di acquisto, finisce invece per acquisire a costo zero e salvare la Chrysler.

E ora da grande gruppo internazionale, il quarto in Europa dopo aver scavalcato la Ford e alle
spalle dei colossi Volkswagen, del gruppo Peugeot Citroen (Psa) e di Renault, la FCA si caratterizza
anche per essere molto attiva nel sociale. Un business model che guarda all’ambiente e si
propone come player importante per costruire una società migliore. E lo fa attraverso il ruolo
importante dell’istruzione.

Un esempio di questa attività è il progetto Rota do Saber, un programma che FCA ha lanciato
3 anni fa e che ha l’obiettivo di migliorare l’offerta formativa delle scuole pubbliche creando una rete
di collaborazione tra aziende private e governi locali.

Attraverso la formazione di insegnanti si mira a scolarizzare alcune aree del Brasile. Non si
vuole solo innalzare il livello di istruzione di base fino a raggiungere i livelli dei Paesi OCSE;
l’obiettivo più grande è quello di creare una generazione del futuro che possa realizzare al
meglio i propri sogni. FCA investe nel futuro e lo fa partendo dai bambini. Uno sguardo
lungimirante e al tempo stesso positivo, perché accelera le basi per un mondo più sostenibile.

Si può parlare ancora di risultati sul piano aziendale, si possono evidenziare ancora i cambiamenti di
spirito e di passo nel gestire un’azienda difficile in un settore complicato come quello dell’auto.
Eppure forse non basterebbe ancora per descrivere l’impegno che un italiano
internazionale come Sergio Marchionne ha saputo donare all’azienda per la quale ha
ricoperto il ruolo di amministratore delegato dal primo giugno 2004. Un impegno
riconosciuto trasversalmente, una dedizione che l’ha costretto a sacrificare la sua vita privata. La
malattia lo ha forzatamente allontanato dal suo lavoro e vengono accelerati quei passaggi di
consegna che sarebbero comunque avvenuti nel 2019 perché aveva comunque espresso la sua
volontà di lasciare la guida del gruppo.

Era stanco e lo aveva manifestato anche in altre occasioni, eppure certi uomini si ricoprono
di un’alea di invincibilità. Certe persone sono in grado non solo di riscrivere la storia ma hanno la
caparbietà di indicare una via da seguire. E se FCA oggi può vantare il proprio prestigio sui successi
ottenuti, farà tesoro degli stessi e degli insegnamenti che un grande leader ha saputo donare.

                                                                   Christian Zorico: LinkedIn Profile
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