Il 2020. Intervista a Massimo Petrucci.
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Una nuova era del marketing: come riparte il 2020. Intervista a Massimo Petrucci. Il 2020 segna l’ingresso di un nuovo decennio e nell’aria si respira una voglia di cambiamento diversa da quella che abbiamo visto fino ad oggi. Si parla sempre più di etica nel mondo del marketing, di persone e di bisogni reali, di autenticità. Il post-digitale è qui e ora. Ci troviamo in un’era post-digitale dove è scontato che le aziende e le persone abbiamo adottato strumenti e abitudini connessi al mondo del web e della tecnologia, un’era dove bisogna fare un passo ulteriore ed essere protagonisti del proprio destino. Tutto questo emerge in modo evidente dal report Accenture Technology Vision 2019 che detta i trend dei prossimi 3-5 anni. Il focus di questa edizione è proprio l’era post-digitale che segna il passo verso un cambio di paradigma: essere digitali, adottare le tecnologie, vivere il web, non è più un tratto di differenziazione, non è più il vostro vantaggio competitivo, è la base da cui partire. Le tendenze evidenziate dal report sono 5: ■ DARQ, acronimo che indica Distributed Ledger, Artificial Intelligence, Extended Reality e Quantum Computing. Guideranno la trasformazione di interi settori e saranno il volano dell’innovazione futura, rappresentano il prossimo set di tecnologie che ogni azienda dovrà padroneggiare. ■ GET TO KNOW ME, identificare l’unicità dei consumatori e cogliere nuove opportunità. Imparare a cogliere le nuove opportunità di mercato offerte da un’identità digitale in continua evoluzione, pensando a livello di persona non di mero consumatore; ■ HUMAN + WORKER, trasformare l’ambiente di lavoro e valorizzare le persone. La tecnologia sta cambiando le mutate modalità di lavoro e di interazione uomo-macchina, le persone stanno acquisendo nuove competenze grazie alle macchine e questo cambiamento va gestito e supportato; ■ SECURE US TO SECURE ME, uno dei fattori più sentiti è la sicurezza e le aziende ne sono responsabili; ■ MY MARKETS, soddisfare le esigenze dei consumatori in tempo reale. La tecnologia sta creando esperienze fortemente personalizzate e on demand. Scopri il nuovo numero > Il futuro è aperto In questa era post-digitale, si sente il bisogno di tornare ad essere umani, di riscoprire i valori come la fiducia, la sicurezza legata soprattutto alla privacy, perché le persone contano in quanto singoli individui e non aggregati di massa. Il nuovo fattore critico di successo e vantaggio competitivo è il purpose, inteso come insieme di valori, storia e scopi che mettono al centro la persona, non il consumatore. Il nuovo modo in cui le aziende vogliono iniziare a relazionarsi con gli utenti, il nuovo modo in cui gli utenti pretendono di essere coinvolti dalle aziende. In questo contesto vediamo come i contenuti siano sempre più forti e importanti per brand e customer, sono il vero tesoro di ogni azienda.
M a s s i m o P e t r u c ci, fondatore e CEO di 667 agency Intervistiamo Massimo Petrucci, fondatore e CEO di 667 agency, per parlare proprio di questo 2020, delle sue tendenze e di come i marketer contemporanei devono muoversi in questo nuovo decennio. D. Buongiorno Massimo, lei è conosciuto come uno dei primi 100 professionisti al mondo su Lead Generation e Copywriting, qual è il suo segreto? R. Il segreto è che non esiste nessun segreto. La parola magica è perseveranza nell’applicare un concetto molto semplice che i giapponesi chiamano Kaizen ovvero piccolo, lento e costante miglioramento. Ogni giorno mi impegno a migliorare un po’, a volte basta davvero poco: leggere un nuovo articolo, una nuova pagina di un libro, guardare un video. Se da un lato la perfezione non esiste, l’eccellenza invece sì. Mi piace pensarla come Jigoro Kano, che anche quando tutti lo ritenevano il più grande maestro di judo perché ne era stato il fondatore, quando morì volle farsi seppellire con la sua cintura bianca. Il messaggio era chiaro: il più grande esponente del judo abbracciava l’emblema del principiante per la sua vita e oltre, perché riteneva che il viaggio dell’allievo che cerca l’eccellenza per tutta la vita non dovesse finire mai. Ecco, il giorno che pensi di essere arrivato, di sapere tutto ciò che c’è da sapere, quello è il tuo ultimo giorno da professionista. D. Ha scritto libri, manuali e compendi su copywriting, lead generation, neuromarketing e molto altro. Quali sono le tendenze del 2020 per i marketer del nuovo decennio? R. Nel 2020 il marketer deve superare il paradigma della “conquista”, sto personalmente lanciando la sfida di un marketing prima di tutto etico, perché quello di “lancia la rete e trascina chiunque” ormai non ha più ragione di esistere per un semplice motivo: non funziona più! A partire dal 2020 assisteremo ad una nuova trasformazione da “Cacciatori” a “Coltivatori”, infatti il marketing del 2020 deve superare la grande sfida dell’attenzione, ma prima di tutto deve superare il concetto di “catturare” l’attenzione. Pensare alla “cattura” fa pensare ad una trappola, ad una rete gettata su qualcuno per poi trascinarlo là dove non vuole andare. Invece la grande sfida è imparare a “coltivare” l’attenzione.
I titoli d’assalto, folcloristici, da gossip vanno bene per “catturare” l’attenzione, vanno bene solo per generare un clic tanto per fregare gli inserzionisti dei giornali online con migliaia di visualizzazioni inutili (inutili perché corrispondono a tempi di permanenza sulla pagina davvero irrisori). Inutili perché non riescono a trattenere le persone poiché nella maggior parte dei casi non c’è nulla di davvero interessante da leggere o “consumare”. Se invece impari a coltivare l’attenzione vuol dire che impari a coltivare la fiducia e se mi fido di te allora sono davvero disposto ad ascoltarti. Se ti ascolto, allora hai davvero sedotto la mia attenzione e se mi fido di te allora per me sei diventato un brand. Nel momento in cui sei diventato un brand, allora sei diverso dagli altri e se per me sei diverso dagli altri allora non ne farò più una questione di prezzo. Lascia che te lo dica in maniera diversa: Se mi fido di te allora per me sei diverso dagli altri e sei speciale. Se per me sei speciale, con te io mi sento speciale. Se solo con te mi sento speciale, allora sei un brand. Se per me sei un brand, allora sono disposto a pagarti di più. Leggi anche le nostre rubriche: ■ Interviste ■ Social e New Media D. Il suo podcast “Mai dire 30 min. di Marketing!” è molto seguito, quali sono le tematiche che interessano maggiormente i suoi ascoltatori? R. All’inizio tutti erano alla ricerca di un pulsante magico, una formula magica per ottenere clienti. Tuttavia, dopo un anno di lavoro costante, Giuseppe Franco ed io, abbiamo lavorato ad un concetto fondamentale: non esistono scorciatoie. Chi ti vende l’idea di “clienti a costo zero”, “ricco in 21 giorni”, “scrittura ipnotica per vendere qualunque cosa a chiunque anche se non la vuole”, ti sta truffando. Oggi chi segue le nostre puntate sa che sono vere sedute di formazione, con un linguaggio leggero, a volte divertente, ma sempre ricche di contenuto di alto valore formativo. Quello che ci richiedono più spesso sono temi sulla scrittura persuasiva (copywriting), sulle strategie per ottenere clienti, sul personal branding e, più in generale, sulla comunicazione efficace. D. Quali progetti possiamo svelare per questo 2020 ruggente? R. In questo 2020 mi focalizzerò molto di più sulla formazione, in molti me lo stanno chiedendo e fino ad ora ho sempre mantenuto al minimo questo tipo di attività. Eppure è ciò che amo più di ogni altra cosa, mi piace dare, divulgare e far comprendere alle persone come ottenere risultati grazie alla comunicazione, al copywriting e alla lead generation. Ad ottobre 2020 condividerò il palco con uno dei più grandi esperti mondiali di marketing, parlo di David Meerman Scott e lo farò per il secondo anno consecutivo. È un grande onore per me e sono orgoglioso di rappresentare l’Italia in questo evento. Anche per questo ho deciso di focalizzarmi di più sulla formazione e, magari, anche sul mio nuovo libro, ho in mente qualcosa di strepitoso! Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre.
Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime novità dal mondo del marketing e della comunicazione. Nome Cognome Email * Consenso Consentici di usare i tuoi dati Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy Iscriviti alla newsletter Insegne luminose: illumina il tuo valore Contenuto sponsorizzato – Pensaci un attimo, hai appena inaugurato la tua attività: una parte fondamentale della tua vita. Lavori con dedizione giorno dopo giorno affinché si realizzino le migliori prospettive possibili. Tutto sembra procedere per il verso giusto, la passione certo non manca, per non parlare dell’ambizione. Sei motivato, energico e positivo. Poi ti accorgi che il flusso di clienti che tanto hai desiderato si dirige verso il negozio, il locale, la concessionaria del tuo ingombrante “vicino”. Ti farai delle domande: il suo prodotto è migliore? Il proprietario è più simpatico? La sua struttura è più accogliente? Eppure così non è, ne hai avuto conferma da quei pochi clienti affezionati! Quindi, dove stai sbagliando? Un suggerimento: e se si trattasse di un semplice, sottovalutato, problema di visibilità? Il tuo concorrente è più visibile rispetto a te, il cliente lo nota e va da lui. Fine del gioco. Ma, aspetta, tu non vuoi che questo accada, vero? Vuoi illuminare il valore del tuo brand, vuoi farti notare. Allora dai una sbirciata alle insegne luminose di OutsidePrint, poi ne riparliamo. DA QUESTO MOMENTO ESISTI ANCHE TU Le insegne pubblicitarie sono l’epidermide di un’attività professionale intenzionata a comunicarsi. Raccontano la tua realtà attraverso il nome o la ragione sociale della ditta, la categoria merceologica dell’esercizio o l’attività svolta. Ma anche attraverso la coerenza cromatica del tuo brand, catalizzatore imprescindibile di riconoscibilità.
Se le insegne standard indicano nel via vai giornaliero la tua presenza, un’insegna luminosa la amplifica, consentendo una rapida e comoda visualizzazione anche quando la visibilità è più ostica. Importante: al fine di ottimizzarne l’efficacia, l’installazione deve avvenire in corrispondenza della sede, puntualmente da personale qualificato. OUTSIDE PRINT: L’E-COMMERCE SU MISURA PER LA TUA ATTIVITÀ Per soddisfare ogni richiesta, noi di OutsidePrint ci avvaliamo della nostra produzione interna, monitorata da artigiani altamente specializzati, per sfornare l’insegna retroilluminata su misura per te. Come le richiestissime insegne luminose cassonetto, il best seller di casa. Dalle insegne luminose personalizzate alle insegne per negozi, la stampa si avvale della tecnologia UV su pannello in plexiglass opalino per retroilluminazione, un telaio di struttura portante interno in alluminio anodizzato colore argento, e un fondale in alluminio. Una retro- illuminazione completamente a LED ad alta intensità e predisposizione elettrica garantita da un alimentatore IP 67. È possibile scegliere tra due finiture di cassonetto: verniciato a forno oppure standard in acciaio satinato. Per quanto riguarda le staffe di sostegno a parete, sono sempre comprese. Adesso che ti sei schiarito un po’ le idee, fai un salto sul nostro sito e prenota la tua insegna luminosa: giusto il tempo di confezionarla e sarà pronta per completare il tuo business di successo! Natale sui social: come fare la campagna perfetta Ormai nelle case e per le strade si respira già aria di Natale e nei supermercati cominciano ad apparire i primi panettoni. Bello vero, ma cosa ne pensano i social media manager che si trovano a ottimizzare le campagne natalizie e vorrebbero, almeno per una volta, trascorrere il Natale senza troppo stress? Soprattutto, quali sono i segreti per la campagna social di successo? Vediamolo assieme in questo articolo. Aziende, brand e periodo di Natale Natale, oggi più che mai, è un periodo propizio per l’acquisizione di nuovi clienti dato che sui social media ed in particolare su Facebook l’attività si intensifica sia in termini di contenuti caricati sulla piattaforma, sia in termini di interazioni. Il Natale, quindi, è il periodo più social che mai ed il miglior momento per fare proposte, sconti, offerte anche se il consumatore di oggi è sempre più esigente. Ecco perché, soprattutto durante le feste, brand ed aziende devono sapersi presentare con una veste nuova e mai banale.
Ad esempio, se l’obiettivo è quello di differenziarvi ma non sapete davvero come fare, il consiglio che voglio dare ad aziende e brand è quello di essere se stessi, dato che semplicità ed autenticità vincono sempre, anche e soprattutto sui social. Mostrare i vostri volti in un video di auguri, fate vedere l’ufficio addobbato e scegliete post coinvolgenti. Il risultato è assicurato! Creare desideri nei follower Non aspettate che i fan e i follower abbiano bisogno del vostro prodotto o servizio, ma siate voi stessi a dare suggerimenti, aggiornamenti e idee per il Natale 2019, dato che molti di loro usano i social media proprio per trovare il regalo perfetto. La risposta, in questo caso dovrete essere voi e in particolare la campagna social di successo punterà ai migliori destinatari per i vostri prodotti. Potrete, ad esempio, amplificare post tematici dal vostro blog sui social media con i consigli per i regali e le spese natalizie e puntare su infografiche e Stories per aumentare il coinvolgimento e le interazioni online, magari aggiungendo un link al sito o alla landing page. F o t o d i i j m a k i d a P i x a b a y Via libera alla creatività (in fondo è Natale) Sicuramente nel periodo natalizio il lavoro per il Social Media Manager è veramente tanto, ma non per questo meno piacevole. Appaiono, infatti, contenuti e attività a forte engagement come contest, hashtag tematici, calendari dell’avvento online e tanto altro. Ma soprattutto il vero protagonista del Natale sui social media sono le immagini ad alto impatto
emotivo. Un dato confermato anche dalle statistiche per cui l’80% degli italiani condivide maggiormente fotografie proprio durante il periodo natalizio. I soggetti più apprezzati? Sicuramente un grande classico è l’albero di Natale, seguito dai piatti tipici delle feste e saper usare sapientemente belle immagini a tema natalizio vi permetterà di attrarre l’attenzione dei follower e, magari, portarli a visitare il vostro sito o la landing page con l’offerta speciale per questo Natale 2019. Scopri il nuovo numero > Il Natale che verrà Storytelling, promozioni, visual natalizio, campagne sponsorizzate ad hoc, infografiche con la declinazione dei prodotti e servizi in tema Natale 2019, video di prodotto e istituzionali… le idee e gli spunti per chi fa social media marketing in questo periodo dell’anno sono veramente tantissimi e molti consigli vengono soprattutto dalle case studies dei grandi brand. In conclusione, festeggiare il Natale da social media manager significa proporre qualcosa di importante ed originale, ma soprattutto regalare agli utenti un premio, un’offerta o un’emozione per quello che è il periodo più magico dell’anno. Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre. Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime novità dal mondo del marketing e della comunicazione. Stai tranquillo, anche noi odiamo lo spam! Da noi riceverai SOLO UNA EMAIL AL MESE, in concomitanza con l’uscita del nuovo numero del mensile. Nome Cognome Email * Consenso Consentici di usare i tuoi dati Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy Iscriviti alla newsletter Generazione Z: ecco come i Brand
dovrebbero approcciarli Sia che li vogliamo chiamare iGeneration, kids o centennials i nati tra il 1995 ed il 2010, prendono per tutti il nome di Generazione Z. La Z per molti è l’ultima lettera dell’alfabeto, per il marketing diventa la prima. I millennials lasciano lo scettro della giovinezza ad un target più giovane, nati nell’era dei social media e contraddistinti da una maggiore visione imprenditoriale della vita e una lotta continua per l’indipendenza. Fondamentale per le aziende trovare la giusta chiave di lettura per questa nuova generazione, che proprio per il suo essere sempre connesso con il mondo, ha fatto registrare tratti comuni non nazionali, ma bensì globali, creando al tempo stesso una nuova identità trasversale simile, se non uguale, in tutti i Paesi. Guardiamo, quindi, qualche aspetto fondamentale e come le aziende devono approcciare a questi nuovi consumatori. #FAST – È tutto più veloce, ma soprattutto è tutto scontato. Nati nell’era del mobile e delle nuove tecnologie nulla per loro è nuovo, ma scontato e noioso. Vedono la tecnologia come qualcosa di obbligatorio in quanto fruitori quotidiani di tutte le piattaforme social e non. I brand hanno solo 8 secondi per convincerli che quello che stanno proponendo possa essere per loro interessante, con un messaggio che sia qualitativamente accettabile ma soprattutto interattivo. #GIOCARE ONLINE – Amano i giochi online e i videogiochi classici. Per le aziende entrare all’interno del gioco potrebbe essere una mossa vincente. È il caso dello spazzolino da denti Sonicare della Philips che ha ben pensato di introdurlo all’interno del gioco The Sims. Scopri il nuovo numero > Generazione Z #INFEDELI – Proprio per le ragioni che abbiamo già citato in precedenza, si annoiano facilmente in quanto abituati ad avere il digitale nella loto vita quotidiana. Per le aziende è fondamentale, adesso, cercare e trovare il canale sociale maggiormente influente nelle loro vite. Facebook? Sicuramente va utilizzato con strategia e creatività (non bisogna trascurare il un pubblico anche più adulto) ma non è più sufficiente (basta vedere il calo che ha subito negli ultimi anni). La domanda da farsi è: “Dove si riunisce (virtualmente?) la Generazione Z”? #SOLDI e #SALUTE – Chiedimi se sono felice… a questa domanda tutti potremmo rispondere in maniera differente. La generazione Z risponderà che la felicità è raggiungibile con pochi e chiari elementi. Avere un salario elevato ed essere in salute. Sono concreti e pratici e lo traslano anche nel loro modo di pensare. In secondo piano l’autorealizzazione professionale; è tutto legato ad un fattore economico. #PASSIONALI – Continuando il discorso precedente, hanno un forte senso imprenditoriale e la consapevolezza che per affermarsi hanno bisogno di “creare” una professione completamente nuova ed innovativa. Cercano in tutti i modi di trasformare le loro passioni in lavoro a tempo pieno, credendo fortemente in loro stessi.
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Quelle esogene solo quelle appannaggio del lavoro di marketing e comunicazione. Sono quel carico emozionale fatto di desiderio e attesa, così forte da spingere una persona a voler consumare un dato prodotto/servizio. Per fare un esempio, quando ordiniamo un prodotto su Amazon – compriamo un servizio e poi un prodotto – la nostra aspettativa è quella che il nostro pacco arrivi secondo i tempi indicati e intatto. Per questo servizio siamo disposti a pagare un abbonamento annuale. Le aspettative sono rispettate, l’utente è contento e resta fedele. Il marketing lavora per innalzare il grado di aspettativa. Più è alta la nostra aspettativa su un prodotto/servizio/esperienza e più siamo disposti a spendere. Tornando ad Amazon, se domattina decidesse di aumentare il suo programma prime da 36€ a 40€, quanti correrebbero a disdire l’abbonamento? Non credo in molti. E perché? Perché Amazon rispetta le promesse e le altissime aspettative che è riuscita a creare ed a comunicare: consegnare a domicilio una enorme selezione di prodotti in un giorno. Ed è “semplicemente” quello che fanno. Impagabile. Ti è piaciuto? Fammelo sapere nei commenti. Rispondo sempre. Se vuoi rimanere in contatto con me questo è il link giusto: www.linkedin.com/in/ivanzorico Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime novità dal mondo del marketing e della comunicazione. Stai tranquillo, anche noi odiamo lo spam! Da noi riceverai SOLO UNA EMAIL AL MESE, in concomitanza con l’uscita del nuovo numero del mensile. Nome Cognome Email * Consenso Consentici di usare i tuoi dati Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy Iscriviti alla newsletter Anniversari e commemorazioni una grande opportunità del marketing della nostalgia
per una Customer Engagement di successo Ricorre l’anniversario…, nessuna occasione più ghiotta per rilanciare un prodotto o ricordare un’iniziativa. L’anniversario è un giorno che commemora o celebra la ricorrenza di un avvenimento accaduto nello stesso giorno di anni passati. Ci sono anniversari piacevoli e anniversari che lo sono meno, ma si tratta pur sempre di date importanti che vanno ricordate. Celebrare un anniversario è un momento sentito, particolarmente importante che riporta alla mente sensazione e ricordi e che fa rivivere emozioni. Occasioni come queste sono ghiotte per far rivivere atmosfere e momenti e il marketing la usa come leva sul consumatore sia se si tratti di un prodotto o di una notizia. Ecco che si celebrano momenti o eventi storici che vanno ricordati, si festeggiano i “compleanni” dalla nascita di quel prodotto o servizio con un carico di pathos che riporta alla memoria per chi ha vissuto quegli attimi una forte nostalgia nel ricordo, per chi non li ha vissuti una forte nostalgia per non esserci stati. Leggi anche: ■ Il successo dei remake: quando la nostalgia fa bene al marketing ■ Generazione nostalgia e le tecniche del Vintage Marketing E’ il marketing emozionale che punta direttamente alle emozioni del consumatore, attraverso non più la semplice comunicazione tradizionale, ma coinvolgendo il cliente direttamente nelle esperienze di consumo. E’ una tecnica di comunicazione che mira ad intercettare le corde dei sentimenti del pubblico associando il brand a sensazioni e ricordi piacevoli che rimarranno intensi e brillanti anche dopo una campagna di lancio. E’ quel processo che offre al cliente un’esperienza memorabile da sperimentare e da ricordare, che coinvolge e supera le sue aspettative e che anticipa e soddisfa i desideri inconsci, tocca le cinque leve irrazionali dell’acquisto, le cinque fasi della Customer Experience Management: 1. Sense Experience. Esperienze che coinvolgono la percezione sensoriale, ossia la vista, l’udito, il tatto, il gusto e l’olfatto del cliente. 2. Feel Experience. Esperienze che coinvolgono i sentimenti e le emozioni. Le campagne saranno quindi volte ad associare questi sentimenti ed emozioni a un prodotto. 3. Think Experience. Esperienze che coinvolgono il lato creativo e cognitivo producendo stimoli più longevi attraendo i clienti sfidandoli e inducendoli a trovare soluzioni a determinati problemi, interagendo con l’azienda e/o il prodotto, portandoli a trovare una soluzione o a partecipare ad un gaming. 4. Act Experience. Esperienze che coinvolgono il lato fisico. Si spingono i consumatori ad agire in modo diverso dai loro standard, a provare cose nuove per cambiare in meglio la loro vita tramite messaggi motivazionali, persuasivi e istintivi. 5. Relate Experience. Esperienze dove si ha lo scopo di unire i singoli consumatori, cercando di creare una relazione, come un gruppo o una community
Il Marketing emozionale, sui social network, funziona più che su altri media, realizzando un’esperienza memorabile che riesce ad arrivare direttamente al cuore dei propri fan creando un legame personale e intenso tra “portatori di valori” e cliente che diventa un potenziale brand ambassador. Like, commenti e condivisioni contribuiscono a creare engagement, creando tra utenti e brand un legame affettivo che dura nel tempo. Scopri il nuovo numero > Spazio: ultima frontiera In un mercato saturo, i desideri sono più importanti dei bisogni e quindi le emozioni diventano predominanti. Indurre il consumatore a desiderare un’esperienza soprattutto se per ricordare un momento, o per rivivere un anniversario, è una grande opportunità per indurre nuovamente all’acquisto di un prodotto o di un servizio che qualche anno fa era utile e che oggi potrebbe essere ancor più indispensabile. Per approfondire: ■ Il potere del marketing della nostalgia Chiunque di noi oggi è vittima del marketing emozionale ma se ce ne accorgiamo avviene solo un attimo dopo esser caduti nella grande trama dei ricordi, quando ne siamo già profondamente affascinati e non riusciamo a farne a meno. Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre. Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime novità dal mondo del marketing e della comunicazione. Stai tranquillo, anche noi odiamo lo spam! Da noi riceverai SOLO UNA EMAIL AL MESE, in concomitanza con l’uscita del nuovo numero del mensile. Nome Cognome Email * Consenso Consentici di usare i tuoi dati Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy Iscriviti alla newsletter
Come proteggersi dalle truffe online. Intervista a Chrissie Jamieson di MarkMonitor. Contenuto sponsorizzato – Secondo Statista nel 2018 le vendite online hanno totalizzato, a livello globale, 2,8 miliardi di dollari, rappresentando un’opportunità significativa per i brand che, tuttavia, non sono gli unici a beneficiare di questa impennata di acquisti online. Anche contraffattori, truffatori e criminali informatici ne stanno traendo profitto. Il web generalmente è utilizzato per promuovere, commercializzare e vendere brand legittimi, ma i contraffattori lo considerano lo strumento ideale per la vendita di prodotti falsi. La lotta alla contraffazione richiede uno sforzo mirato da parte di brand, autorità competenti e consumatori. Per capire meglio i comportamenti e gli atteggiamenti degli acquirenti che comprano online prodotti contraffatti e qual è la percezione dei consumatori sulla sicurezza offerta loro dai brand, MarkMonitor ha incaricato la società di ricerca Vitreous World di condurre un’indagine indipendente su 2.600 consumatori in tutto il Regno Unito, Stati Uniti, Germania, Francia e Italia. Dati in merito a prodotti falsi La contraffazione ha conseguenze di vasta portata e influenza negativamente i brand, i consumatori e l’economia in generale. Dal punto di vista del brand, questo significa una perdita di entrate e di fiducia sia dei clienti che del mercato. Molti consumatori sono stati ingannati e hanno acquistato prodotti contraffatti, perdendo il proprio denaro e incorrendo in rischi per la propria sicurezza e salute. Secondo la ricerca, l’84% dei consumatori a livello globale ha affermato di non aver mai acquistato regali contraffatti. Tuttavia, il 49% lo ha fatto involontariamente e ciò dimostra come i contraffattori siano in grado di imitare i brand in modo molto efficace. La rete offre ai contraffattori una moltitudine di canali dove immettere sul mercato merce contraffatta e, come emerge dalla ricerca, I consumatori scelgono l’online per comodità (58%) e per l’ampia scelta (51%). In effetti, il 20% degli intervistati ha riferito di aver acquistato tra il 75% e il 100% dei prodotti non alimentari online, fornendo ai contraffattori un vasto mercato potenziale. Peraltro i consumatori possono sentirsi poco sicuri mentre effettuano acquisti online. Infatti, l’88% dei consumatori ritiene che i brand dovrebbero fare di più per proteggerli dalla minaccia della contraffazione online.
C h r i s s i e J a m i eson, VP of Marketing di MarkMonitor Quindi, dove i consumatori si sentono più vulnerabili e su quali canali dovrebbero puntare i brand per fornire informazioni, protezione e rassicurazioni ai loro acquirenti? Ne abbiamo parlato con Chrissie Jamieson, VP of Marketing di MarkMonitor. D. La fiducia è un problema R. I consumatori non sono più così ingenui, al contrario hanno acquisito una certa consapevolezza sui siti web contraffatti e stanno diventando più esperti, in particolare quando si tratta di sicurezza. A conferma di questo, il 63% degli intervistati controlla l’affidabilità dei siti web esaminando le recensioni online, il 43% controlla i certificati SSL, il 43% osserva la politica sui resi e il 39% analizza la grammatica e l’ortografia di un sito web. Nonostante questa consapevolezza, i consumatori avvertono ancora un certo disagio a utilizzare la carta di credito online. Ciò è dovuto principalmente alla preoccupazione che gli hacker possano sottrarre loro dati personali (65%), identità (59%) e denaro (56%). Molti marketplace sono dotati di meccanismi per affrontare questi pericoli, tuttavia, rimane il fatto che è estremamente difficile, per i brand, controllare tutti i canali. È interessante notare che la maggior parte dei consumatori (88%) ha fiducia nei marketplace online, ma solo il 33% acquisterebbe tramite un annuncio sponsorizzato sui social media. Nonostante l’uso dei social media sia in aumento, i consumatori non li percepiscono necessariamente come piattaforme affidabili per acquistare i prodotti di un brand di fiducia a causa della presenza di un alto numero di annunci fasulli. D. Quali brand sono colpiti? R. In genere, la maggior parte degli acquisti di prodotti falsi sono stati effettuati nei settori di abbigliamento, calzature, accessori, profumi, articoli elettronici, gioielli e giocattoli, in particolare nel mercato del lusso. Tuttavia oggi ogni brand sembra essere sullo stesso piano, tanto che l’aumento dei prodotti farmaceutici contraffatti è particolarmente preoccupante. In passato per individuare un prodotto falso, il principio su cui ci si basava era che, “se un’offerta sembra troppo bella per essere vera, probabilmente lo è”. Oggi tuttavia, i prodotti contraffatti non
sempre sono notevolmente più economici o visibilmente diversi dalla realtà. Si trovano ormai ovunque su Internet, dai social media, agli annunci sui marketplace e su falsi siti web. Pertanto, anche se è necessaria una maggiore attenzione da parte del consumatore, i brand devono assicurarsi di fare tutto il possibile per proteggere la loro reputazione, i loro profitti e, soprattutto, i loro clienti. Negli ultimi cinque anni infatti, il 30% dei consumatori ha involontariamente acquistato un prodotto falso online. Di questo 30%, il 13% dichiara di averlo fatto una sola volta, mentre l’8% ammette di essere stato raggirato 2-3 volte. D. Le conseguenze e i costi R. Inutile dire che i cosmetici e i prodotti farmaceutici falsi possono avere un impatto significativo sulla salute, mentre i dispositivi elettronici e i giocattoli contraffatti possono rappresentare un rischio non solo per la salute ma anche per la sicurezza. Inoltre, i consumatori sono consapevoli che i proventi di merci contraffatte vengono spesso utilizzati per finanziare attività criminali. I costi associati all’acquisto di un prodotto falso sono difficili da quantificare, sia per i consumatori che per i brand. Molti dei consumatori intervistati hanno riferito di aver rimandato indietro i prodotti contraffatti (32%), avvertito familiari e amici del problema riscontrato con il brand (27%), interrotto gli acquisti per quel marchio (26%), pubblicato una recensione negativa sul brand (20%) e il 16 % si è lamentato anche con il brand legittimo. Con tali premesse negative sul tavolo, quando un marchio diventa attraente per i contraffattori, l’azienda deve svolgere più azioni per informare e proteggere i propri consumatori, questo punto di vista è apprezzato dall’88% degli intervistati. D. Cosa dovrebbero fare i brand? R. Sfortunatamente il mercato della contraffazione sta crescendo. I brand non possono più permettersi di stare tranquilli, hanno bisogno di educare e guadagnare il sostegno dei loro consumatori per salvaguardare se stessi e i loro acquirenti. Ad esempio, alcuni brand di lusso offrono supporto online in modo che i consumatori possano verificare l’autenticità di un rivenditore online e segnalare quelli che non sono elencati come fornitori autorizzati. Questo è rassicurante per gli acquirenti, ma deve far parte di una più ampia strategia di protezione del brand che comprenda tutti i canali e essere parte della strategia generale dell’azienda. Per molti brand il migliore approccio è quello consumer-centric, che consiste nel tutelare il percorso che i consumatori seguono per ricercare un brand, per evitare che si imbattano in prodotti contraffatti, piratati oppure in annunci fraudolenti nel mercato grigio La lotta alla contraffazione dovrebbe rimanere una missione chiave per i brand, non solo nel mercato dei beni di lusso, ma in tutti i settori. Per molti, questo includerà lo sviluppo di una strategia di protezione del brand online completa, come parte di un piano di protezione del marchio più ampio, ponendo il consumatore al centro. Resta il fatto che è di vitale importanza, per tutti i brand nella lotta alla contraffazione, che questo piano sia implementato e gestito internamente o con l’aiuto di un esperto di protezione del brand. Per saperne di più, scarica qui il report completo.
Italian design – L’editoriale di Ivan Zorico Se c’è una qualità che viene riconosciuta a noi italiani è certamente quella relativa alla nostra capacità di intendere ed interpretare il bello. Bello da non banalizzare come una mera rappresentazione estetica ma come portatore di tutta una serie di altre caratteristiche: stile, eccellenza, modo di vivere, storia, ingegno e maestria. Chi si occupa di marketing e comunicazione semplificherebbe questo concetto con un’unica parola: Brand. Per approfondire: ■ Questione di branding Brand da intendersi appunto non semplicemente come marca ma come un insieme di percezioni e valori. Il brand è un insieme di percezioni nella mente dei consumatori. Colin Bates Questo nostro brand – il Made in Italy – ha radici forti, robuste e profonde. Nei secoli ci siamo distinti nell’arte, nella letteratura, nell’architettura, nella musica, nel cibo, nella moda, nella manifattura e, in buona sostanza, in tutti quei campi caratterizzati dal bello. Oggi questa nostra capacità può essere declinata in tanti modi. Quello sul quale abbiamo deciso di puntare il nostro sguardo è il design. Non a caso la nostra immane creatività ha partorito – Italian Design – quale titolo di questo numero. Sì, lo sappiamo, non era facile fare di meglio ma no, non fateci troppi complimenti…ci piace
rimanere umili J . Quanto vale il settore del design in Italia: numeri e opportunità Il mondo del design italiano può contare sia su eccellenze nel campo della formazione e sia su una rete di realtà istituzionali e del mondo del lavoro. Mi riferisco a realtà come il Politecnico di Milano che può vantare di essere, prima tra le università pubbliche, nella top 10 mondiale del QS World University Rankings by Subject nell’area Design, grazie ai suoi 4.000 studenti iscritti di cui un terzo provenienti da oltre confine. E mi riferisco anche a quei distretti industriali e soggetti istituzionali capaci con il loro lavoro di creare le condizioni per diffondere la cultura del design. Non è infatti un caso che quello del design sia un settore in qualche modo in controtendenza rispetto al panorama nazionale. Siamo infatti abituati ad ascoltare storie di fuga dei (nostri) cervelli all’estero mentre il mondo del design italiano è capace di attirare i migliori talenti italiani e stranieri senza distinzione di sorta. Questo mondo fa in qualche modo capolino nella città di Milano, vero centro del design italiano. A Milano troviamo un quarto delle imprese del settore ed una delle più alte concentrazioni di scuole di design al mondo che attira, come detto, anche forti interessi internazionali. È il caso del gruppo londinese Galileo Global Education, già azionista dell’Istituto Marangoni e che nel 2017 ha acquisito il 100% di NABA e DOMUS Academy (parliamo di un polo della formazione della moda, delle arti e del design da 100 milioni di euro di ricavi), o la Raffles (gruppo di Singapore con 26 centri di formazione in tutta l’Asia) che ha aperto a Milano, sempre nel 2017, la sua prima scuola europea. Non a caso a Milano si tiene ormai un appuntamento attesissimo dal tutto il mondo del design: Il Salone del Mobile, giunto ormai alla sua 58sima edizione. Ecco qualche numero: oltre 370.000 visitatori specializzati ogni anno, provenienti da più di 188 Paesi, più di 5.000 giornalisti della stampa nazionale e estera e circa 27.500 persone nel fine settimana.
M i l a n o c a p i t a l e d e l d e s i g n i taliano. Ma l’Italian Design fatto di manifattura, designer, artigiani, associazioni e imprese, non si ferma di certo a Milano. Lungo tutto lo stivale abbiamo eccellenze di prim’ordine: Sassuolo “fa rima” con ceramica, Vicenza con l’oreficeria, Fermo con le calzature, Torino e l’Emilia Romagna con l’automotive, Napoli con l’abbigliamento da uomo, Firenze con la pelletteria, Pisa con la robotica e la Puglia con l’aerospaziale. Facendo parlare i numeri, questa geografia del design italiano ci consegna, nel 2017, oltre 30.000 imprese del settore e un livello occupazionale composto da oltre 50.226 lavoratori. Per approfondire: ■ Italian Design (un numero interamente dedicato al mondo design e all’arredo) Sono numeri in crescita rispetto agli anni precedenti ma che se confrontati con altri Paesi europei non ci fanno però sorridere. Il fatturato del design italiano vale 3,8 miliardi di euro, quello tedesco 4,2 miliardi e quello inglese 6,2 miliardi. Segno questo che c’è ancora tanto lavoro. Lo scotto che paghiamo risiede in qualche modo nella nostra stessa unicità; il nostro tipico tessuto
produttivo fatto di piccole (spesso piccolissime) e medio imprese: il 45% delle imprese che operano nel disegn infatti sono composte da due persone. Accanto a questo dato va anche detto che tra il 2011 e il 2017 le imprese con almeno 50 addetti hanno visto aumentare la loro quota di mercato, sia per numero di lavoratori (dal 6,6% all’8,8%), che per fatturato (dal 15,1% al 20,7%). Fonte dati: Design Economy 2019 Quindi se è vero che il nostro Made in Italy è riconosciuto in tutto il mondo e se è vero che siamo quelli che facciamo ed esportiamo il bello probabilmente quello che manca è un sistema di politiche di sostegno che aiuti le piccole e medie imprese italiane nei processi di innovazione e internazionalizzazione. Un discorso questo che può andar bene per il design ma anche per altri settori. Inserire questi temi all’interno del dibattito pubblico accrescerebbe sicuramente il valore e la competitività del nostro paese, e di tutti noi. Ivan Zorico Back to the Future – L’editoriale di Ivan Zorico Sarà che sono pienamente in target, sarà che seguo solo quello nel quale mi riconosco o per il quale ho un interesse forte, ma a me sembra di vedere solo contenuti e prodotti “confezionati” per chi si trova nei Trenta. Profili social come Viva gli anni ’90, Serie A – Operazione Nostalgia o Sole, Whisky e sei in Pole Position, citazioni varie, film e ricordi più in generale, tutto mi ricorda e mi riporta agli ’80 e ’90. Poi, però, dopo questa scorpacciata quotidiana di nostalgia, rinsanisco, riprendo contatto con l’oggi, e mi ricordo di come funzionano gli algoritmi che stanno dietro a siti come Facebook,
Instagram, Google, et similia. In buona sostanza mi mostrano quello che voglio vedere. Tutto molto semplice. Tutto molto regolare. Ma c’è un ma. Il ma è che non sono solo io a vivere questa situazione. Milioni di persone si nutrono giornalmente dei medesimi contenuti: i loro ricordi affondano le radici negli stessi riferimenti culturali e si riconoscono in modelli, situazioni e archetipi comuni. Insomma, per dirla con una terminologia cara al marketing, siamo un mercato. Di questo, ovviamente, non me ne sono accorto solo io. Tutta l’industria, da quella cinematografica a quella delle tecnologia, passando da quella dei dolciumi e della moda, ha capito che quelle generazioni di adolescenti (o poco più) vissute a cavallo degli anni ’80 e ’90, oggi sono cresciute ed sono diventate adulte. Adulti che hanno capacità di spesa (seppur in molti casi legata a contratti precari) e con un forte radicamento al passato. Il loro. Remake di film di successo, prodotti in voga 20 anni fa e addirittura le merendine, che abbiamo mangiato da piccoli, sono tornate sul mercato spinte da quei brand che sentiamo ormai un po’ nostri. Quello a cui stiamo assistendo in questo periodo è un clamoroso ritorno al passato trainato, molto probabilmente, da due fattori principali: la voglia di certezze e la voglia di sentirsi meglio o migliori. Evidentemente, in un mondo che ormai va davvero velocissimo e che ci pone costantemente sfide sempre più importanti, tornare con la mente a momenti più rilassati ci appare come rifugio naturale al quale è difficile rinunciare. E, il secondo aspetto, è facilmente riassumibile nella tipica frase della nonna: “si stava meglio quando si stava peggio”. Scopri il numero dedicato al marketing della nostalgia: ■ Back to the Future Bene, in questo contesto, le aziende e i brand cercano di andare a pescare quei prodotti e quelle percezioni a noi care per riproporli sul mercato (ossia a noi) e, perché no, cercare in questo modo di trainare anche il nuovo prodotto di punta. Ivan Zorico
Generazione nostalgia e le tecniche del Vintage Marketing “Amato in passato” o più comunemente “Vintage”, quel recuperare simboli di una epoca creando uno stile contemporaneo che volge lo sguardo a ieri. Dal fascino magico che ci ammalia per la sua capacità di tornare sempre e nuovamente di moda, forse perché, in realtà, non passa mai. Indossare capi andati venti anni prima, saperli mescolare tra di loro, arredare una casa con pezzi di anni passati creando uno stile che mescola passato e presente, è solo di moda o c’è qualcosa di più? A scatenare questa irrefrenabile voglia di passato è la nostalgia, un’emozione potente a tal punto da creare una leva emotiva sugli acquirenti talmente forte che i brand più acuti la stanno utilizzando nelle vendite: è la nuova frontiera del Vintage Marketing anche se fa strano parlare di nuovo, quando ci si rivolge nuovamente al passato. L’effetto nostalgia viene riconosciuto quale una grande opportunità che sta cogliendo tutti i settori merceologici rievocando vecchi spot e riproponendoli in chiave moderna con un forte richiamo sia di chi quegli anni li ricorda, ma soprattutto di chi non avendoli mai vissuti, li sogna. D’ALTRONDE SI STAVA MEGLIO QUANDO SI STAVA PEGGIO, NON SI DICE COSÌ? I bei tempi andati sembra siano sempre meglio del presente ed ecco che nel mondo ipertecnologico dove PC e smartphone sono sempre connessi, rispunta la cara vecchia macchina da scrivere anche se in realtà di vecchio ha solo la scocca, ma modernissima nella tecnologia. Le Reflex cedono il post alle vecchie polaroid che, però, hanno un meccanismo tutto nuovo e tecnologico e dell’antica macchina non ne ha nemmeno la forma ma ne ricorda perfettamente la funzionalità, dello stesso avviso sono i giradischi tecnologici per ascoltare musica in vinile.
Tornano in voga esempi di oggetti vintage e nuove creazioni ispirate ad epoche passate, visibili in tutti i settori: dal design alla moda, dall’elettronica agli accessori, dall’home decor alla tecnologia fino alla televisione (Programmi come Indietro Tutta e Portobello sono nuovamente tornati alla ribalta). Scopri il numero dedicato al marketing della nostalgia: ■ Back to the Future Il fascino retrò del passato ritorna, come a voler fermare il tempo, riviverlo, scattarlo in una vecchia ed ingiallita polaroid che emana ricordi sbiaditi, sarà forse per l’irrefrenabile voglia di prendere un po’ di fiato in una società che avanza continuamente ed instancabilmente alla velocità della luce… e forse fare un passo indietro sarebbe come per un attimo… trattenere il fiato! Il potere del marketing della nostalgia Il potere della TV lo si vede in azione ogni qual volta che un consumatore americano
acquista una confezione di cereali per la colazione. Per uno spot pubblicitario che ha visto tanti anni fa, è disposto ancora oggi a spendere di più per quella confezione di corn flakes o riso soffiato. Nell’arco di una vita equivale a migliaia di dollari in cost premium per la pubblicità dei soli cereali per la colazione. Naturalmente il fenomeno non riguarda soltanto i marchi in vendita nei supermercati, ma interessava anche i nomi come John Hancock e Merrill Lynch, Prudential, Archer Daniels Midland, Jeep e persino Ronald Regan. Grandi nomi e grandi idee che hanno avuto un impatto enorme sulla nostra vista. (Seth Godin in “La mucca viola. Farsi notare (e fare fortuna) in un mondo tutto marrone”, edito da Sperling & Kupfer). Con queste parole Seth Godin (uno dei blogger di marketing più influenti del mondo) spiega lucidamente il motivo per il quale il marketing della nostalgia abbia un potere immenso e funzioni molto bene ancora oggi. Prima dell’avvento dei nuovi media e del passaggio da una comunicazione di massa ad una di nicchia, l’unico vero mezzo tramite il quale i consumatori potevano conoscere i prodotti di cui necessitavano (o di cui avrebbero avuto bisogno) era la televisione. Sostanzialmente senza interferenze e senza soluzione di continuità, la televisione trasmetteva pubblicità, jingle e claim che, giorno dopo giorno, entravano nelle nostre teste e si cristallizzavano nei nostri ricordi. Ecco la “prova del 9”: ■ Per dipingere una parete grande, ci vuole… ■ “Che cosa vuoi di più dalla vita? Un… ■ Two gust is megl… Solo il 99,99 % di voi avrà completato correttamente i claim qui sopra e ne avrà associato il relativo brand/prodotto, sempre che siate nati tra gli anni ’80 e i primi anni ’90. Ancora oggi, se devo pensare di comprare un pennello penso a Cinghiale, se voglio bere un digestivo propendo per l’Amaro Lucano e se ho desiderio di un gelato confezionato con il biscotto scelgo il Maxibon. Di questi esempi potrei farne a decine. Il punto è che questi brand/prodotti sono entrati dentro la testa di più generazioni di consumatori ed hanno un vantaggio competitivo formidabile. Per me, come per milioni di altre persone saranno sempre (o quasi) la prima scelta. Sono perfettamente riconoscibili. Oggi, invece, questa meccanismo che permetteva di penetrare così massivamente nella testa delle persone – il complesso industriale-televisivo – è entrato in crisi. Il fattore principale che ha determinato questa situazione è la cosiddetta “guerra dell’attenzione”. Essendo immersi tra notifiche, e-mail, chat, informazioni, stimoli, et similia, non riusciamo più a prestare un’attenzione costante e, soprattutto, evitiamo tutto ciò che ci distoglie dalle nostre attività.
Fate caso a come si guarda la televisione oggi: in una mano si ha il telecomando e nell’altra lo smartphone. Sempre se siete tra coloro che ancora guardano la televisione. Perché, da tempo, ci sono migliaia di persone che ormai non l’accendono neanche più. Pertanto per un brand che in passato è riuscito a lavorare su un certo posizionamento, e che ha instaurato un legame quasi familiare con le persone, è certamente più semplice ricorrere al marketing della nostalgia. Solo pensare ad un prodotto o rivedere una pubblicità ci fa fare un balzo nel passato, laddove tutto era più bello e sereno. Ebbene sì, è innegabile, il passato fa questo effetto. Scopri il numero dedicato al marketing della nostalgia: ■ Back to the Future E ora vi chiedo: quanto sareste disposti a spendere per sentirvi di nuovo sereni come un tempo? Quale prodotto scegliereste tra uno che sentite parte di voi e uno del quale avete sentito appena qualcosa? Entrambe le domande sono ovviamente retoriche. Ecco, l’essenza del marketing, non solo della nostalgia, si riassume tutta qui. Il marketing non serve per vendere prodotti ma per creare percezioni. Gli Spot di Natale 2018 e il potere delle emozioni: 6 casi studio. Luci colorate, vischio, un tocco di rosso e dorato ovunque, sonaglini che risuonano in sottofondo, finti Babbo Natale che si arrampicano sui balconi, renne illuminate e ovviamente alberi addobbati ben visibili da ogni finestra. Eppure manca qualcosa per completare l’atmosfera natalizia: gli spot di Natale. Che ormai il Natale sia sempre più una festività commerciale è innegabile, ma non sempre le campagne pubblicitarie natalizie hanno l’obiettivo diretto ed esplicito di spingere alla vendita. Le dinamiche push hanno lasciato sempre più spazio a quelle emozionali. Oltretutto, non sono più i soliti brand a simboleggiare il Natale. Un tempo non era Natale senza le pubblicità Bauli, Melegatti o Coca-Cola, che può vantare addirittura il merito di aver “inventato” il personaggio di Babbo Natale. Oggi gli spot che contribuiscono a creare l’atmosfera natalizia provengono dai brand più disparati e a volte inaspettati. Qualcosa è cambiato anche nella fruizione: li scopriamo sempre meno in Tv e più online, e ciò ci permette di apprezzare anche alcune chicche che
provengono dall’estero. Il Natale è il momento ideale per creare delle connessioni tra brand e consumatori e…quale azienda non coglierebbe al volo l’occasione? L’importante è sapere come farlo, quali tasti toccare per coinvolgere l’audience giusto al momento giusto. Un momento che è quello festivo, delle vibrazioni felici, amorevoli, familiari, il periodo degli happy ending e del siamo tutti più buoni. Quindi cosa caratterizza le campagne di marketing natalizio? Qual è il denominatore comune? Sicuramente la componente narrativa ed emozionale, oltre a quella di marketing. Gli spot di Natale puntano all’immagine di marca e contemporaneamente all’immaginario, ovvero a tutto ciò che l’azienda vuole associare al suo brand nel periodo natalizio. Le caratteristiche più frequenti sono di solito: ■ Creatività e/o ironia ■ Coinvolgimento emotivo, ■ Calore/ atmosfera gioiosa ■ Condivisione e altruismo Oggi non si tratta più quasi mai di singoli video ma di campagne integrate di comunicazione con una strategia digitale, il lancio di un hashtag ed eventuali altre attività correlate come il coinvolgimento di influencer. L’obiettivo delle campagne natalizie è far leva sui sentimenti, emozionare, talvolta commuovere, e creare un legame tra brand e cliente proprio tramite queste emozioni condivise. D’impulso diremmo che ciò avviene perchè il Natale è una festa emozionale, perchè i brand si agganciano allo spirito natalizio, alle situazioni che scaldano il cuore, al tornare bambini; ma in verità sappiamo anche che la nostra soglia di attenzione agli stimoli pubblicitari è ormai molto bassa e soprattutto che le scelte di acquisto fatte con l’emisfero destro del nostro cervello, quello emozionale, sono quelle che meno si soffermano sul valore economico. Insomma le emozioni ci fanno spendere di più. E se psicologicamente associamo un determinato brand a un’emozione…il gioco è fatto! Il Natale è il momento dell’anno in cui i nostri sensi sono maggiormente stimolati: luci, colori, odori, suoni, e non a caso è anche quello in cui spendiamo di più. Vediamo quindi cosa ci hanno proposto quest’anno le aziende per le imminenti festività natalizie. Ecco alcuni degli spot che promettono di catturare maggiormente l’attenzione nel Natale 2018. Ritroviamo un po’ tutte le caratteristiche sopra elencate: creatività, ironia, emozione, calore natalizio, condivisione e altruismo. Modi diversi di comunicare, di fare storytelling, ma la
componente emozionale è quella che non manca mai. Amazon: Can You Feel it Amazon, il colosso dell’e-commerce, punta ancora una volta ad animare le scatole delle sue spedizioni. La freccia che caratterizza il logo, e che probabilmente siamo già abituati a interpretare come un sorriso, prende vita in ogni scatola trasformandosi in una bocca che canta con spirito natalizio la canzone “Can You Feel it” dei Jackson Five, accompagnata dal suono delle campane a festa. Le scatole cantanti in questo spot sono capaci di ammaliare adulti e bambini al solo sguardo. La caratteristica che colpisce in questo spot è che non viene inserito mai il logo completo Amazon. La semplice freccia arancione a forma di sorriso è ormai in grado di richiamare alla nostra percezione perfettamente il brand. Ikea: cambia il solito Natale Ikea punta su un Natale ironico e decisamente meno tradizionale, continuando sulla scia comunicativa del “siamo fatti per cambiare” che ha caratterizzato la sua comunicazione recente. Lo spot presenta una situazione particolare, un Natale insolito, bloccati in un ascensore ikea. I due protagonisti dello spot, sconosciuti ma costretti a passare il Natale insieme, dopo un primo momento di imbarazzo si adattano alla situazione e, grazie anche ai prodotti appena acquistati, riescono addirittura a non rinunciare all’atmosfera natalizia, alle decorazioni, e a trascorrere una piacevole serata in compagnia. Aeroporto di Heathrow: “Making it home makes it Christmas” Immancabile anche per questo Natale lo spot dell’aeroporto di Heathrow e dei suoi ormai famosi Heathrow Bears, gli orsetti espatriati che quest’anno provano a creare l’atmosfera natalizia a casa loro in Florida, ma dopo una videochiamata con i parenti in Inghilterra decidono di partire per non rinunciare al classico Natale in famiglia. L’aeroporto di Heathrow ha dedicato una sezione intera del sito agli orsetti Edward e Doris, veri testimonial natalizi. Oltre allo spot anche un quiz, la presentazione di tutta la famiglia degli orsi e la possibilità di condividere contenuti sui social e ovviamente di pianificare il proprio viaggio. Coca Cola: il Natale ha bisogno di te Coca Cola presenta invece una campagna dedicata all’importanza della condivisione, sostenendo concretamente Banco Alimentare e invitando a vivere il vero spirito del Natale. Lo spot mostra un ragazzino che compie piccoli gesti di gentilezza e di altruismo, invitando tutti ad essere altruisti allo stesso modo con il claim Il Natale ha bisogno di te. Oltre alla grande donazione che Coca Cola si impegna a fare a Banco Alimentare per il Natale 2018, lancia anche la sfida “Più siamo e più doniamo”, che coinvolge direttamente i consumatori tramite media digitali e la realtà aumentata, che viene richiamata direttamente nello spot. Per partecipare all’iniziativa e votare uno dei tre progetti lanciati da Coca Cola e Banco Alimentare basta inquadrare il logo Shazam sulla bottiglia con il proprio smartphone o
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