Competenze Digitali: sfide e opportunità per il sistema della formazione - Portale
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Competenze Digitali: sfide e opportunità per il sistema della formazione Stiamo assistendo oggi al diffondersi sempre più rapido delle tecnologie digitali in tutte le attività umane: questo è il fenomeno principale che caratterizza l’epoca in cui stiamo vivendo, un’era digitale le cui radici le possiamo fare risalire alla prima formalizzazione delle regole del calcolo binario dettate da Gottfried Wilhelm von Leibniz, che nel 1671 realizzò una calcolatrice meccanica basata su questo principio; oggi l’automatizzazione e la velocità dei processi di elaborazione sono in continua evoluzione, e soprattutto sono entrati nella prassi quotidiana non solo di scienziati e intellettuali, ma grazie all’evoluzione della tecnologia e all’interconnettività sempre più diffusa, nella vita di tutti i giorni della gran parte degli individui sulla terra. Con la piena operatività del protocollo di rete IPv61 sarà infatti possibile la connessione in rete di qualunque oggetto reale o virtuale che possiamo immaginare: entriamo quindi nel mondo dell’Internet che non sarà più soltanto delle cose (IoT - Internet of Things) ma di qualunque cosa (IoE – Internet of Everythings). Si parla non più di oggetti ma di SPIMES (SPace + tIMES), neologismo che indica un oggetto che può essere rintracciato attraverso lo spazio e il tempo per tutta la durata della sua esistenza2 . Siamo in piena trasformazione in cui la pervasività del digitale si innesta in ogni singolo momento dell’azione individuale e sociale. Questa trasformazione digitale è un cambiamento epocale che investe il mondo che ci circonda plasmandolo secondo schemi nuovi tutti da comprendere e interpretare: è qualcosa a cui non ci possiamo opporre, che è impossibile frenare, che sta disegnando un contesto di profondo cambiamento e che sta ponendo una serie di interrogativi: si creeranno nuovi posti di lavoro? Si distruggeranno i posti di lavoro attuali? Quale sarà l’impatto sull’occupazione? Il sistema della formazione è o sarà in grado di creare le “Competenze Digitali” necessarie? Andiamo per gradi, e chiariamo prima di tutto cosa si intende per Competenze Digitali. 1Internet Protocol versione 6 (IPv6) riserva 128 bit per gli indirizzi IP e gestisce 2128 (circa 3,4 × 1038) indirizzi unici che, suddivisi per i metri quadrati della crosta terrestre permette di avere “655.570.793.348.866.943.898.599” (circa 655.571 miliardi di miliardi) indirizzi IPv6 unici per metro quadro della crosta terreste. 2 Bruce Sterling, Shaping Things, MIT Press, Mediawork Pamphlet, Boston-MA, 2005.
Prefazione Una prima definizione è stata proposta dal Parlamento Europeo nel documento “Raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio del 18 dicembre 2006”3, aggiornata successivamente nel documento del 22 maggio 20184, che indica le otto competenze chiave per l’apprendimento permanente, tra cui la Competenza Digitale oggi declinata in maniera specifica dal framework europeo DigComp2.15 che declina la generica competenza nelle seguenti cinque macro-aree: 1. Alfabetizzazione su informazioni e dati (saper cercare, valutare e archiviare risorse digitali usando Internet); 2. Comunicazione e Collaborazione (usare gli strumenti digitali per interagire con altri); 3. Creazione di contenuti digitali (esprimere la propria creatività e saper esprimere il proprio pensiero con la produzione di testi, multimedia, programmi, …); 4. Sicurezza (agire con le tecnologie digitali avendo cura dei dispositivi, dei diritti, della salute, dell’ambiente); 5. Risolvere problemi (saper trovare soluzioni alle problematiche di uso degli strumenti, ai propri bisogni di conoscenza sull’uso degli strumenti in modo standard ma anche originale e creativo). A livello italiano è AgID - Agenzia per l’Italia Digitale6 che guida la riflessione sulle Competenze Digitali. Le Competenze Digitali, che unitamente alle collegate conoscenze definiscono il concetto di “cultura digitale”, sono state sintetizzate nel documento “Osservatorio delle Competenze Digitali 2015” (analisi condotta da AICA – Associazione Italiana per l’Informatica ed il Calcolo Automatico, Assinform, Assintel e Assinter Italia e promossa da MIUR – Ministero dell'Istruzione dell'Università e della Ricerca e AgID)7 in quattro tipologie: 1. Competenze per la cittadinanza digitale, necessarie a tutti i cittadini per potersi allineare alla digitalizzazione del contesto sociale; 2. Competenze digitali per tutti i lavoratori, per saper usare nella quotidiana pratica lavorativa strumenti informatici a prescindere dalla funzione aziendale di appartenenza; 3 EUR-Lex (2006/962/CE), Raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio del 18 dicembre 2006, Allegato – Competenze Chiave per l’Apprendimento Permanente: un Quadro di Riferimento Europeo, eur- lex.europa.eu > Document 32006H0962. 4EUR-Lex (SWD/2018/169 final), Commission Staff Working Document - Situation of young people in the European Union, eur-lex.europa.eu > Document 52018SC0169. 5 DIGCOMP - Digital Competence Framework for citizens, ec.europa.eu/jrc/en/digcomp. 6 AgID, Competenze Digitali: sfide, strategie e obiettivi, 2016, www.agid.gov.it/it/agenzia/ stampa-e- comunicazione/notizie/2016/03/01/competenze-digitali-sfide-strategie-obiettivi. 7 Osservatorio delle Competenze Digitali 2015, www.aicanet.it/-/osservatorio-delle-competenze-digitali. 2 Mondo Digitale Ottobre 2019
Prefazione 3. Competenze specialistiche ICT, per figure che operano all’interno delle strutture ICT di realtà pubbliche o private o all’interno di strutture operative dei fornitori di tecnologie e servizi ICT; 4. Competenze di e-leadership, che caratterizzano chi associa alla cultura digitale attitudini e talenti che consentono di immaginare i percorsi di cambiamento e di contestualizzarli all’interno della propria organizzazione. Oltre che in queste categorie, tutte importanti per rendere proficui i benefici della digitalizzazione in tutti i contesti lavorativi e sociali, le Competenze Digitali le possiamo suddividere in Hard Skill e Soft Skill. Le Digital Hard Skill sono le competenze tecniche di base, specifiche, che definiscono una figura professionale. Si possono acquisire a scuola, all’università, ma anche sul posto di lavoro (spesso attraverso corsi di formazione mirati, anche attraverso MOOC - Massive Online Open Courses, e SPOC - Small Private Online Courses). Le Digital Hard Skill sono competenze quantificabili come, per esempio, saper usare specifici applicativi software, conoscenza di linguaggi di programmazione, capacità di utilizzare specifiche apparecchiature. In particolare, in questa categoria rientrano le competenze tecniche che riguardano l’area SMAC (Social, Mobile, Analytics, Cloud) a cui si aggiungono competenze avanzate quali Intelligenza Artificiale, Robotica, Internet delle Cose, Cybersecurity. Le Digital Soft Skill sono le abilità trasversali, che riguardano la capacità di relazione e i comportamenti delle persone in qualsiasi contesto lavorativo che interagiscono con e per mezzo del digitale, e che sanno utilizzare in modo efficace i nuovi strumenti digitali. Le Digital Soft Skill si allenano con training che fino a poco tempo fa – ma oggi le cose stanno cambiando - non si attua in modo esplicito e formale o a scuola o sul lavoro, e che senza una esplicita formazione dipendono da vari fattori come la cultura, la personalità e le esperienze vissute dal singolo, in quanto sono strettamente connesse al modo di interagire, comunicare e cooperare in gruppo, attività che nella nostra scuola e cultura lavorativa non sono prassi. Facendo riferimento a DigComp - Digital Competence Framework for Citizen sviluppato dalla Commissione Europea, vengono individuate 5 aree di competenza: Alfabetizzazione su informazioni e dati, Comunicazione e collaborazione, Creazione di contenuti digitali, Sicurezza, Risoluzione di problemi. In questo scenario, con il termine Digital Mismatch si identifica il divario tra le competenze possedute dai lavoratori e quelle che oggi richiede il mondo del lavoro. La richiesta di Competenze Digitali sta vivendo una crescita esponenziale, tuttavia non c’è ancora un adeguato riscontro in termini di formazione scolastica, universitaria e aziendale. L’European Centre for the Development of Vocational training (CEDEFOP8) dell’Unione Europea ha stimato che in Italia, entro il 2020 i posti di lavoro vacanti 8 CEDEFOP - European Centre for the Development of Vocational Training, www.cedefop.europa.eu. 3 Mondo Digitale Ottobre 2019
Prefazione in ambito Information and Communication Technology (ICT) raggiungeranno quota 135 mila (750 mila in tutta Europa), a causa del divario tra domanda e offerta di competenze. Inoltre, sempre secondo le rilevazioni del CEDEFOP da oggi al 2025 circa 46 milioni di opportunità di lavoro (su un totale di 107 milioni) nasceranno per lavori altamente qualificati, che prevedono una preparazione di livello universitario o fortemente specializzata. In un orizzonte temporale che arriva fino al 2025, le stime per l’Europa prevedono la creazione di nuovi posti di lavoro per ruoli e professioni a elevata qualificazione e una diminuzione di quelli a bassa qualificazione. La differenza sta nelle Competenze Digitali, che non saranno esclusivamente di natura tecnologica, ma faranno riferimento a un mix più ampio e complesso di elementi che contempla competenze di processo, abilità sociali e soft skill. Queste ultime giocheranno un ruolo di primo piano, considerando che sono determinanti per risolvere problemi complessi, gestire il cambiamento, collaborare e relazionarsi, adattarsi con flessibilità e comunicare. L’importanza delle Competenze Digitali riguarda ogni settore: la Commissione Europea stima che, entro il 2020, il 90% delle professioni non ICT richiederà queste nuove abilità. Tuttavia, in Europa come nel resto del mondo esiste ancora un divario tra mercato della domanda e dell’offerta di talenti digitali. In Italia il MIUR sostiene da diversi anni progetti per l’introduzione delle tecnologie digitali in classe e la loro integrazione con le risorse tradizionali: dal piano nazionale di diffusione delle Lavagne Interattive Multimediali, al progetto Cl@ssi 2.0, al recente il Piano Nazionale Scuola Digitale con le molte azioni che si attuano con fondi europei e nazionali. Gli obiettivi sono quelli di diffondere conoscenza sui nuovi modelli di apprendimento e formazione, di dotare la Scuola di linee guida per l’inserimento di queste tecnologie nella quotidiana pratica didattica, nonché di vincere la diffusa resistenza al loro uso, promuovendo l’interattività tra docenti e studenti e tra studenti stessi. Nonostante questo impegno da parte della Scuola, solo il 3,5% degli studenti che si iscrivono all’Università frequenta un corso di laurea in ICT, e 1 lavoratore su 3 non possiede Competenze Digitali di base. Ma non è solo la tecnica che “salverà il mondo”: nell’ottica delle Soft Skills anche i corsi di laurea universitari non prettamente orientati alla tecnologia potrebbero fornire competenze utili al mondo del lavoro innovando programmi e metodi didattici. Questa carenza si riflette sulle performance delle aziende: 4 aziende su 10 hanno dichiarato un calo nella produttività e nella retention dei clienti a causa della mancanza di abilità digitali. In effetti, nei paesi dell’Unione Europea si era stimato che nel 2016 circa il 37% della forza lavoro avesse Competenze Digitali insufficienti per portare avanti il proprio lavoro; all’interno di questa percentuale ricadono anche i lavoratori che non hanno alcuna Competenza Digitale. Questi costituiscono l’11% della forza lavoro dell’UE, ma tale percentuale supera il 25% per paesi come 4 Mondo Digitale Ottobre 2019
Prefazione Portogallo, Bulgaria, Romania e Italia. Oggi siamo ancora lontani dall’ottenere risultati apprezzabili in termini di maggiore diffusione delle Competenze Digitali, visto che il miglioramento rispetto a cinque anni prima è stato solo dell’1%. Guardando all’Italia, la quarta edizione dell’Osservatorio delle Competenze Digitali 9 ha messo in luce come gli effetti della digitalizzazione vadano ben oltre la creazione di nuove professioni: il peso delle Competenze Digitali cresce, infatti, in tutte le aree aziendali di tutti i settori con un’incidenza media del 13,8%, con punte che sfiorano il 63% per le Competenze Digitali specialistiche nelle aree core dell’Industria e il 41% nei Servizi. L’analisi dell’Osservatorio ha riscontrato anche una forte correlazione tra Competenze Digitali e soft skill inteso, come introdotto in precedenza, come l’insieme di tutte quelle abilità trasversali un po’ a tutti mestieri che connotano comunque una più evoluta professionalità: apertura al cambiamento, conoscenza dell’inglese, problem solving, team working, pensiero creativo, capacità di parlare in pubblico, di gestire il tempo e di comunicare con i clienti. La presenza di soft skill è infatti uguale o maggiore rispetto alla media di settore nelle professioni in cui contano di più le Competenze Digitali, con rispettivamente 35% nel Commercio, 36% nei Servizi e 35% nell’Industria. Infine, l’Osservatorio sottolinea come l’e-Leadership sia in crescita ma non ancora pervasiva: il percorso verso una maggiore consapevolezza dell’impatto del digitale sul valore del business non è ancora completato in diversi ambienti del management italiano. Da qui scaturisce l’elevata quota di aziende ed enti in cui la transizione al digitale è ancora a un livello troppo basso nella scala delle priorità strategiche rispetto all’effettiva urgenza, malgrado la quota crescente di Competenze Digitali richieste nelle funzioni direttive e manageriali. E’ in questo scenario che con DIDAMATiCA 2019 10 abbiamo voluto dare inizio a una riflessione concreta e strutturata sul tema dei nuovi scenari imposti dalla trasformazione digitale nel mondo della Scuola, del lavoro, della società dalle tecnologie “mobili” – cioè nelle mani di tutti e sempre e così capaci di diffondere in modo pervasivo la competenza all’uso del digitale - e dagli strumenti di realtà aumentata e virtuale – le tecnologie oggi di “punta” e ancora non del tutto esplorate nel loro potenziale, con l’obiettivo di dare un contributo alla riduzione del Digital Mismatch. Attraverso una lettura degli atti del convegno, troviamo non solo buone pratiche, ma problematizzazione di un nuovo modo di produrre e fruire di contenuti e spazi digitali. Il tema centrale del Convegno “BYOD, realtà aumentata e virtuale: opportunità o minaccia per la formazione” porta in sé istanze relative a tutte le discipline STEAM e alle richieste dell’attuale mondo del lavoro relative all’area SMAC: 9 Osservatorio delle Competenze Digitali 2018, www.aicanet.it/-/pubblicato-l-osservatorio-delle- competenze-digitali-2018. 10 AICA, Atti del Convegno DIDAMATICA 2019, www.aicanet.it/didamatica2019 5 Mondo Digitale Ottobre 2019
Prefazione programmazione, intelligenza artificiale, Internet delle Cose e l’ormai consolidato modello economico e sociale che va sotto il nome di Industry 4.0. Coding, making, agenti intelligenti, big-data, machine learning, block-chain, dematerializzazione, sicurezza, sono tutte parole chiave non solo per pubbliche amministrazioni, aziende e industrie IT ma, sempre di più, per il sistema educativo più ampiamente esteso (Scuola, Università, Formazione professionale, ITS) primo luogo di alfabetizzazione digitale per future specializzazioni di settore. All’interno dei contributi scientifici, che sono stati selezionati dal Comitato Scientifico sulla base di un processo di doppia valutazione effettuata per ogni singolo lavoro sottomesso, sono stati individuati da apposito Comitato di Revisori i 4 lavori reputati “migliori”, uno per ognuna delle sessioni in cui è stato suddiviso il Convegno, e che fanno riferimento ad alcune delle competenze delle aree SMAC sopra citate; tali lavori costituiscono i contributi scientifici di questo numero della rivista MD - Mondo Digitale. Il lavoro di Giovanni Luca Dierna, Alberto Machì e Paola Monica Ruffino dal titolo “Integrazione di modelli interattivi virtuali e reali per visite educative museali”, selezionato nell’ambito della sessione “Realtà Virtuale e Realtà Aumentata”, descrive un progetto di ricerca per rispondere alle esigenze di potenziamento della didattica museale attraverso un processo di gamification. Il lavoro descrive in particolare la sperimentazione di un’applicazione web per l’esplorazione interattiva virtuale pre- e post-visita museale, nonché un applicativo su terminale mobile, integrando tecniche di storytelling nella presentazione di contenuti con tecnologie di localizzazione in-door nell’ambito di percorsi didattici di conoscenza e contestualizzazione di reperti museali. La Web application presenta un tour virtuale con esperienza immersiva attraverso l’uso di una piattaforma che gestisce immagini a 360 gradi interattive: attraverso la piattaforma è possibile simulare la “caccia” ad un reperto, arricchita da altri elementi multimediali come suoni o testi di accompagnamento. lI lavoro di Fabrizio Ravicchio, Giorgio Robino, Guglielmo Trentin e Luca Bernava dal titolo “CPIAbot: un chatbot nell’insegnamento dell’Italiano L2 per stranieri”, selezionato nell’ambito della sessione “BYOD, Mobile e Mixed Learning”, affronta il problema dell’inclusione sociale dei migranti che passa necessariamente dallo sviluppo di competenze linguistiche nella lingua del paese d’arrivo. La ricerca discussa ha lo scopo di indagare se la tecnologia dei chatbot, unita a quella dei dispositivi mobili d’uso comune fra gli stranieri che approdano nel nostro paese, possa favorire i processi di insegnamento-apprendimento dell’Italiano L2, sia nel supportare gli insegnanti durante la lezione, sia come ausilio/rinforzo didattico al di fuori dell’aula. In particolare, in questo contributo si fa riferimento allo sviluppo di un chatbot, denominato CPIAbot, ideato per apprendenti di italiano L2 a un livello pre-A1 e A1. Nel contributo verranno descritte: le esigenze didattiche che hanno portato allo sviluppo di CPIAbot, la sua architettura tecnologica, le modalità di suo utilizzo. 6 Mondo Digitale Ottobre 2019
Prefazione lI lavoro di Domenico Consoli dal titolo “La metodologia aziendale AGILE applicata alla realizzazione di un videogioco”, selezionato nell’ambito della sessione “Coding, Robotica, Pensiero Computazionale e Problem Solving”, descrive come applicare la metodologia Agile alla realizzazione di un’applicazione (videogioco) condivisa basata sul linguaggio di programmazione visuale Scratch, in una classe seconda di un Istituto Tecnico Commerciale. Tale metodologia si applica già nello sviluppo del software soprattutto quando i requisiti richiesti dai clienti sono oggetto di continui cambiamenti, richiedendo al team di sviluppo il rilascio periodico di nuove versioni del sistema. Questa metodologia, applicata in questo caso allo sviluppo di un videogioco, si basa su una didattica laboratoriale che mette al centro il processo di apprendimento degli studenti che lavorano a piccoli gruppi e portano avanti compiti specifici. La metodologia Agile stimola di più lo studente a sviluppare l’applicazione con maggiore coinvolgimento, entusiasmo e responsabilità. Durante l’intero processo di sviluppo gli studenti rivestono i diversi ruoli aziendali tra cui quello di clienti, e si riuniscono di frequente per apportare, in maniera incrementale, dei miglioramenti al prodotto/applicazione. Il lavoro di Angela Maria Sugliano e Michela Chiappini dal titolo “Aumentare la figura professionale del docente: il docente ricercatore”, selezionato nell’ambito della sessione “Digitalizzazione, Innovazione Digitale e Sperimentazione”, vuole essere infine una discussione sulla figura del “docente-ricercatore”, docente che oltre che svolgere la propria attività didattica – in questo caso potremmo dire attività didattica con le tecnologie digitali -, sottopone a critica sistematica e intenzionale le pratiche didattiche che propone ai propri studenti. Usualmente i docenti vengono coinvolti da un ricercatore esterno in qualità di attori ma non proponenti delle attività di ricerca. La sfida che le autrici vogliono delineare con questo contributo è quello del docente curricolare o di sostegno che nella sua quotidiana pratica didattica “aumenta” e “amplia” il suo sguardo con una componente “investigativa” sull’impatto dei metodi e strumenti didattici prescelti al raggiungimento degli obiettivi posti. In questa dinamica, secondo un modello tra la “ricerca-azione” e il “metodo scientifico”, il docente coinvolge anche gli studenti in un processo di apprendimento arricchito della componente riflessiva e oggettiva nell’ottica del problem-solving e dell’imparare ad imparare. Il risultato atteso è un “aumento” sia della motivazione alla professione sia della percezione di auto-efficacia del docente, sia – se si pensa alla didattica con le tecnologie digitali – una riflessione esplicita e sistematica sulle ricadute del digitale nella Scuola. Buona lettura! Giovanni Adorni 7 Mondo Digitale Ottobre 2019
Prefazione 8 Mondo Digitale Ottobre 2019
Prefazione quando Internet ha imposto di rivisitare il paradigma dei classici comportamenti incentrati sul rispetto dei diritti individuali, molti nuovi e vecchi attori hanno fatto la loro comparsa sulla scena del web, aumentando il loro potere di mercato a cui vanno a corrispondere maggiori responsabilità per le garanzie che devono essere assicurate agli utenti. Infatti, l’ingegneria sociale, con i suoi social network e motori di ricerca, richiede oggi una inderogabile responsabilità in merito alla tutela della dignità personale, consistente nel rispetto della privacy e nel garantire la digital reputation. Internet ha cioè scardinato tutte le prerogative demandate alle regole di Stato, introducendo l’esigenza di regole condivisibili su più vaste scale geografiche. Ci si interroga, giustamente, su come affrontare questa complessità di problemi, derivante dalla natura transnazionale della rete, al fine di garantire sul web che operatori privati, orientati all’esercizio della libertà di impresa, siano allo stesso tempo garanti della tutela dei diritti fondamentali del singolo e della collettività, dando per scontato che l’operatore pubblico si ponga come esempio nel rispetto di tali garanzie. Da quando le reti sociali sono viste come agenti di “poteri paralleli e alternativi”, che ormai consapevolmente vanno a costituire superpotenze globali e che, seppur virtuali, si affiancano di fatto alle tradizionali “reti di potere” a supporto di politica, lobby, religione, lingua, tribù e sfera personale di amici e parenti, non si può misconoscere che è in atto una "democrazia emergente" che necessita di un collegamento vitale tra la nuova “rete creativa” e le “tradizioni etiche”. Da quando le attuali tecnologie di comunicazione e di memorizzazione incontrollata dei dati, come il Cloud, vanno ad attuare con grande facilità studi interculturali, consentendo attraverso big-data e data-mining di risolvere gran parte dei problemi vitali del pianeta, pur rimpiangendo talvolta i rapporti sociali di un tempo, nessuno è più disponibile a un ritorno al passato. Ma per continuare a vivere correttamente i nostri rapporti sociali anche sulla rete, dobbiamo necessariamente alzare il livello di guardia, in particolare rispetto alla nostra privacy, per non adattarci incondizionatamente al mondo digitale, dove le allettanti e grandiose opportunità ci rendono sempre più esposti a rischi. Diventa, perciò, necessario dosare le informazioni in funzione dei nostri interlocutori e l’ambiente virtuale in cui ci muoviamo, andando anche a riorganizzare i processi lavorativi e sviluppare la nostra capacità di comprendere per tempo il cambiamento. In altri termini, il nostro comportamento consapevole non può più ignorare l’esistenza di strumenti di difesa che possono rendere più riservata l’informazione mediante le più sofisticate tecniche crittografiche, come le recenti blockchain. Possiamo e dobbiamo educarci ed educare a un uso informato degli strumenti offerti oggi dalla stessa tecnologia, affinché si possa avere una reale interattività e partecipazione di tutti a produrre e scambiare contenuti, applicazioni, prodotti, nuovi servizi, e creare nuove imprese su basi potenzialmente paritarie con effetti di un positivo cambiamento radicale in tutti i settori lavorativi. 9 Mondo Digitale Ottobre 2019
Prefazione Si può comprendere come i temi dell’etica sociale del mondo digitale sono veramente tanti: dall’autogoverno della rete al rispetto di quanti si avventurano su di essa, dalla protezione della propria identità, falsificabile e clonabile ormai con grande facilità, fino alla necessità di evitare la lettura e la modificabilità dei propri dati sensibili da parte di soggetti non autorizzati. Queste due dimensioni, privacy e conoscenza condivisa, sono oggi chiamate ad armonizzarsi e a integrarsi, quanto più è possibile, in una vita piena di relazioni sicure. Tuttavia, è necessario adottare criteri di etica professionale, dalla business-ethics alla digital- ethics, in tutte le nostre attività, affinché l’etica non venga declinata come pura utopia ma come realtà concreta, e porti beneficio a tutti. Soprattutto i giovani se ne stanno rendendo conto. Il 9 Maggio 2019, presso l’Università “Federico II” di Napoli, sono stati consegnati i premi ETIC 2019 (Etica e Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione), che è un’iniziativa del Rotary International, Distretti italiani, e di AICA con il Patrocinio della CRUI (Conferenza dei Rettori delle Università Italiane), finalizzata a richiamare l’attenzione di giovani laureati e dottori di ricerca a valutare le implicazioni etiche e la responsabilità sociale della diffusione pervasiva delle ICT in tutte le attività che coinvolgono oggi la collettività, dal lavoro allo shopping, dalla formazione alla ricerca scientifica, dal tempo libero alle relazioni sociali. In tale occasione i giovani concorrenti hanno mostrato, con l’insieme dei temi trattati, un’aumentata sensibilità al problema, non più manifestata solo dagli allievi delle Scienze Sociali e Giuridiche, come nelle precedenti edizioni, ma anche e finalmente dai laureati in materie Tecnico- Scientifiche. Una forma di maturità raggiunta a seguito di una sana e attenta consapevolezza. Hanno, infatti, saputo dimostrare che non basta apprendere concetti e tecniche per usarli, seppure in modo scientificamente corretto, nei vari settori a fini più o meno utilitaristici, occorre bensì impiegarli responsabilmente e in modo sostenibile, cioè senza produrre danni ai singoli e alla comunità, ponendo sempre la persona e il suo habitat al centro dell’attenzione. Molti dei temi trattati hanno toccato, infatti, il contesto generale delle tecnologie digitali e il web, che stanno entrando in tutte le discipline oggetto dei loro studi, dalla filosofia alla sociologia, dalla legalità alla privacy, dalla economia sociale alla comunicazione, dal design all’architettura sostenibile, dalle biologia alla bioingegneria, dagli studi epidemiologici alle tecniche riabilitative, dalla robotica alle tecnologie abilitanti, finalizzate a fornire ai portatori d’handicap ausili innovativi, basati sulle più recenti tecniche di intelligenza artificiale. Innovazione ed etica sono due valori che sembrano tuttora in contrasto, avvallati dal degrado di tanti comportamenti, tuttavia siamo tutti consapevoli della necessità di doverci impegnare per renderli valori fondamentali, per ripensare e ricostruire un cammino positivo, per riconsiderare una vera imprenditorialità, per contrastare imprenditori finalizzati al mordi e fuggi, alla speculazione incompetente, una tendenza che negli ultimi tempi è andata ad amplificarsi, andando a invadere pesantemente la sfera della privacy. Ciò che guida centinaia 10 Mondo Digitale Ottobre 2019
Prefazione di milioni di persone, lungo questa nuova direzione, è soprattutto il senso di libertà di cultura e di idee, che porta alla ricerca del nuovo, all’accettazione del cambiamento continuo, consapevoli di essere parte di una comunità attiva che fa crescere benessere e conoscenze. Tuttavia, una libertà di questo tipo, per limitare i rischi connessi ed essere giustamente implementata, deve condurci in modo naturale ad avere in ogni momento una grande responsabilità che si attiva favorendo un processo di cambiamento culturale, avendo presente che a cambiamenti continui dovrà sempre accompagnarci un apprendimento continuo. Giuseppe Mastronardi già Presidente AICA 2016-2018 Bibliografia [1] Barrett, M. D., Competences for Democratic Culture: Living together as equals in culturally diverse democratic societies. Council of Europe Publishing, 2016. 11 Mondo Digitale Ottobre 2019
Prefazione [2] Grover, S., & Pea, R., "Computational thinking in K–12: A review of the state of the field" Educational Researcher, vol.42(1), pp. 38-43, 2013 [3] L. Zecca and E. Datteri, “I robot nella Scuola Secondaria di Primo Grado: un’analisi degli stili di conduzione degli insegnanti,” PEDAGOGIKA.IT, vol. 21, no. 1, pp. 64–72, 2017. [4] S. Papert, Mindstorms: Children, Computers, and Powerful Ideas. New York: Basic Books, 1980. [5] J. Lindh and T. Holgersson, “Does lego training stimulate pupils’ ability to solve logical problems?,” Comput. Educ., vol. 49, pp. 1097–1111, 2007. [6] S. Atmatzidou, S. Demetriadis, and P. Nika, “How Does the Degree of Guidance Support Students’ Metacognitive and Problem Solving Skills in Educational Robotics?,” J. Sci. Educ. Technol., pp. 1–16, 2017. [7] H. J. Becker, “The Importance of a Methodology That Maximizes Falsifiability: Its Applicability to Research About Logo,” Educ. Res., vol. 16, no. 5, pp. 11–16, 1987. A fine novembre 2017, dopo alcuni mesi di sperimentazione Verizon ha annunciato l’intenzione di iniziare il servizio commerciale 5G a metà 2018 in quattro aree degli US, a partire da Sacramento, CA. Due giorni dopo il CTO di T- Mobile ha dichiarato che l’annuncio di Verizon era un “wishful thinking” (proiezione di una speranza piuttosto che realtà) in quanto la tecnologia non è, né sarebbe stata pronta. Inoltre, ha aggiunto il manager, gli “economics” non tornano, al punto che T-Mobile, non ha alcuna intenzione di investire a breve nel 5G. Paradossalmente, hanno ragione entrambi! Verizon si propone di utilizzare lo spettro in campo millimetrico (28GHz) per portare la larga banda ad utilizzatori “fissi disposti a mettere un ricevitore sulla finestra per catturare il segnale radio, che, essendo in alta frequenza, ha problemi a passare attraverso muri e vetri. Dal ricevitore verrebbe poi fatto passare un filo in casa con cui alimentare un hot spot WiFi. Non proprio quello che si immagina quando si parla di un sistema mobile. Per Verizon questo sistema avrebbe un costo minore rispetto a portare la fibra all’appartamento. Visto che il 5G è un ombrello che comprende anche la banda 28GHz e la possibilità di utilizzare il canale radio per offrire connettività fissa, 12 Mondo Digitale Ottobre 2019
Prefazione Verizon non dice il falso dichiarando di voler iniziare il servizio commerciale 5G a metà 2018, ma certamente non dice la verità per quanto si intende normalmente con 5G! Quindi neppure il CTO di T-Mobile ha torto quando critica l’annuncio di Verizon come puro marketing senza basi reali - visto che gli standard 5G non saranno disponibili per quando Verizon intende commercializzare il servizio - e quando dice che al momento è difficile vedere una redditività dal sistema 5G che ne giustifichi i costi di deployment (Verizon, però, non è tanto a caccia di redditività, quanto di contenimento dei costi per fornire comunque un servizio di connettività di base). D’altra parte il 5G è un sistema polimorfo che comprende una varietà di infrastrutture e servizi, per cui non è corretto bocciare completamente Verizon. Nella mia esperienza, malgrado le dichiarazioni entusiastiche che riempiono i titoli dei giornali, molti addetti ai lavori sentiti in privato sono molto scettici sul 5G, non sul versante tecnologico, quanto su quello dei ritorni economici. Mi ricorda quello che si diceva 10 anni fa rispetto alla fibra. Tutti facevano annunci di varie architetture di infrastruttura in fibra, FTTx – Fibre To The X, e scherzando, ma non troppo, si diceva che quella che andava per la maggiore era FTTP – Fibre To The Press (annunci alla stampa non seguiti da azioni reali). Oggi stiamo vivendo la stessa cosa per il 5G con un Operatore in Italia che “dimostra” il 5G controllando il volo di un drone dichiarando bassa latenza e 800 Mbps (salvo poi scoprire parlando con gli addetti ai lavori che il link era un semplice WiFi, che in effetti offre fino ad 1 Gbps in condizioni ottimali, quali quelle che ci sono in un prato con una distanza tra trasmettitore e drone di una decina di metri!). Anche qui non si può parlare di falso, in quanto il 5G comprenderà anche la comunicazione WiFi tra i suoi vari sistemi radio, ma certamente siamo molto distanti dal vero! Questo numero di Mondo Digitale è stato pensato per fare il punto sul 5G, sulle sue promesse e soprattutto sulle sue implicazioni, tenendosi lontani dal marketing. Questo è quanto ho chiesto ai diversi autori, che ringrazio. Questi rappresentano punti di vista diversi, da Maurizio che è profondo conoscitore delle evoluzioni delle tecnologie e sistemi di telecomunicazioni avendole vissute in prima persona e che ha avuto importanti esperienze di industrializzazione/ mercato e più recentemente di problemi di regolamentazione, a Franco che ha seguito negli anni, da politico che “fa”, i problemi della realizzazione di infrastrutture con la necessità di bilanciare interessi pubblici e privati. Stephane è responsabile in ambito EIT Digital, l’Istituto Europeo per la Trasformazione Digitale, dell’area Digital Cities e fa il punto su cosa effettivamente serve ad una città e come il 5G possa soddisfare questi requisiti, aspetto importante visto che a livello di città possono venirsi a mescolare una varietà di infrastrutture e di attori che tali infrastrutture possono costruire (o mettere a disposizione). Alcuni partner di EIT Digital, come CRF e TIM, stanno lavorando in Italia su attività di sperimentazione per comunicazioni tra veicoli e tra veicoli e infrastruttura applicando tecnologie che faranno parte della 13 Mondo Digitale Ottobre 2019
Prefazione “famiglia” 5G. Il Trentino, dove EIT Digital ha la sede del Nodo italiano, in particolare è impegnato nella promozione a 360° dello sviluppo di infrastrutture e competenze per il futuro della mobilità sostenibile, sia attraverso sperimentazioni sul campo sia promuovendo la formazione di giovani verso un futuro imprenditoriale in questo settore. Gli standard per il 5G sono attualmente “work in progress” e ho chiesto ai responsabili del gruppo IEEE, Ashutosh e Gerhard, che lavorano sulla “5G Initiative” di fare il punto sugli standard e sulla roadmap, cioè su quando questi si renderanno disponibili. David ha ricoperto posizioni di vertice in Huawei e Nokia, oltre ad essere professore universitario; a lui ho chiesto di fare il punto sulle tecnologie in fase di sviluppo, sia a livello edge (radio) sia a livello core (rete). Lato mio apro il numero con un articolo che guarda in termini complessivi alla evoluzione dei sistemi radiomobili, dall’1G al 6G (!) cercando di evidenziare gli elementi di dirompenza che hanno caratterizzato le diverse transizioni. La speranza è che questo numero possa essere di aiuto alla comprensione non solo del 5G ma anche della transizione che avverrà nei prossimi anni e delle sue implicazioni senza alcuna colorazione “di parte”. In questo credo che questo numero di Mondo Digitale svolga un servizio di chiarezza importante che lo distingue dal “diluvio” di pubblicazioni sul 5G: su Google sono indicizzati oltre 136 milioni di riferimenti al 5G, molto meno dei 3 miliardi di indicizzazioni a “sex” ma sempre tanti . Roberto Saracco EIT 13 Mondo Digitale Ottobre 2019
Prefazione mettere ordine tra i fatti e per discuterli con gli altri. Per dare forma, come diceva Baudelaire” [1]. Per di più, un articolo di MD ha la caratteristica precipua di rientrare in quell’attività pubblicistica chiamata di divulgazione, benché oggi si preferisca parlare di comunicazione scientifica. Invero, una distinzione c’è, come spiega bene Bruno Arpaia [2]: “Noi tutti, in un modo, o nell’altro, siamo chiamati a partecipare a decisioni rilevanti su temi scientifici. È per questo che anche i ricercatori devono misurarsi con l’opinione pubblica, rendere conto di ciò che fanno e cercare un consenso democratico alle loro scelte. Finiti insomma i tempi della semplice «divulgazione», quando scienziati e giornalisti pensavano che il loro dovere fosse «spiegare» la Verità a un pubblico ignaro che bisognava «educare» […]”. Già Alexander Pope raccomandava: “Bisogna insegnare agli uomini avendo l’aria di non insegnare affatto, proponendo loro cose che non sanno come se le avessero soltanto dimenticate”. Anche i settori in cui si declina l’ICT – molti, se non tutti – possono richiedere un coinvolgimento del lettore al di là degli aspetti strettamente tecnici. Si pensi, per esempio, alle implicazioni etiche dell’intelligenza artificiale nelle sue varie ramificazioni, dal machine learning ai robot umanoidi (rimando per questo argomento a [3]). Un secondo aspetto rilevante è che le aziende high tech richiedono oggi professionalità altamente qualificate portatrici di conoscenze sviluppate sia in 14 Mondo Digitale Ottobre 2019
Prefazione profondità sia in ampiezza, non solo legate a competenze ed esperienze settoriali. E dunque, una preparazione aperta e flessibile deve essere tanto profonda in verticale (in senso specialistico) quanto estesa in orizzontale (in senso relazionale), cioè “a forma di T”. Negli USA, le facoltà STEM (Science, Technology, Engineering, and Mathematics) più all’avanguardia propongono questo modello formativo, attento alle necessità di operare in una realtà globale. Nel seguito, sia pur con il distinguo precedente, mi riferirò prevalentemente al termine di divulgazione, inteso come esposizione d’alto livello con un linguaggio semplice ma rigoroso a supporto del ragionamento e dell’argomentazione (come modello, indico la guida [4] di un maestro della comunicazione scientifica qual è Piero Bianucci). 2. La comunicazione tecnico-scientifica Una prima conseguenza di quanto detto si pone sul piano dello stile espositivo: i ricercatori devono imparare a parlare delle loro materie (anche) in forma di narrazione, aneddoti e memoir, il sempre più diffuso storytelling, che consiste nel coinvolgere il lettore con storie, oltre che con il rigore di un percorso ragionato. La forma narrativa e il taglio divulgativo non precludono affatto un impianto solido, ma significano che il tono dovrebbe essere chiaro, discorsivo, se non proprio affabile (friendly) e divertente. E dunque, non solo lavori con il linguaggio accademico proprio delle riviste specialistiche e settoriali, cioè quelle che “servono per la carriera”. Peraltro, anche se la pratica di scrivere saggi di alta divulgazione scientifica, sino a qualche tempo fa, non era molto praticata nel nostro ambito universitario, MD ha rappresentato, fin dai suoi primi numeri, una lodevole eccezione per il taglio e l’equilibrio degli articoli pubblicati. Personalmente – il lettore mi perdoni l’autoreferenzialità – nei primi 35 anni di ricercatore, i miei lavori erano destinati prevalentemente a riviste e convegni scientifici. Negli ultimi 15 anni sono passato gradualmente a scrivere in forma di comunicazione divulgativa sull’ICT. Il mio metodo di preparazione dei testi è stato lineare nel primo periodo, ipertestuale con l’uso delle tecnologie digitali e del web nel successivo, perché basato su una assai maggiore quantità di materiali eterogenei e poco organizzati a priori. Da ricercatore, la mia prosa era molto più asciutta, stringata, essenziale, tipica di un lavoro scientifico; successivamente si è fatta (o, meglio, ho provato a farla diventare) più discorsiva, ammiccante, espressiva per venire incontro alle esigenze del lettore-fruitore, anche se, forse, non ci sono riuscito completamente, perdendo altresì in concisione. Come il solito, il giudizio spetta al lettore. In ogni caso, le neuroscienze hanno dimostrato che scrivere un testo a mano è molto diverso dal comporlo su PC e che consultare pagine scritte è altra cosa dal leggere pagine web. Un’ulteriore criticità/ opportunità è rappresentata da Internet come inesauribile fonte di informazioni da fruire in tempo reale. Può anche darsi che presto venga sostituito da un algoritmo di intelligenza artificiale – come accade in un certo giornalismo [3] – non solo per la senescenza 15 Mondo Digitale Ottobre 2019
Prefazione ma anche per la migliore funzionalità dell’algoritmo. Curiosamente, già nel 1953 (un anno ormai lontano), Roald Dahl, maestro di storie grottesche e spiazzanti, pubblicava il racconto visionario “Lo scrittore automatico” (“The Great Automatic Grammatizator”) [5], nel quale la maggior parte degli scrittori, compreso il fittizio autore del racconto, si vedeva costretta a cedere la propria identità a una macchina costruita ad hoc, perché assai più rapida ed efficace degli umani. 3. Il lessico dell’ICT Il secondo problema – ancora stilistico e formale, più che di sostanza (anche se “Le style c’est l’homme même” ovvero “Lo stile è l’uomo”, declamava il conte di Buffon) – è che dallo scrivere in inglese nella varietà nordamericana sono passato a elaborare testi nella nostra lingua11. La criticità risiede nel fatto che si tratta di un nuovo italiano, un tecno-italiano ibridato con l’inglese. Cercherò di spiegarmi con due esempi, senza prendere posizione rispetto a chi deplora l’insegnamento esclusivamente in inglese nelle università statali (si veda, solo per dire, la levata di scudi dell’emerito linguista Francesco Sabatini in una trasmissione televisiva [6]), o a chi, come il compianto Tullio De Mauro [7], constata l’(ir)resistibile ascesa degli anglismi/anglicismi. La prima questione è di anni recenti, mentre la seconda – l’accettazione acritica dell’invadenza degli anglicismi – è una vexata quaestio che nei mass media si ripresenta come i fiumi carsici: scorrendo lungamente sotto il suolo prima di tornare in superficie. Faccio notare di passaggio che i forestierismi – non solo gli anglicismi – sono per lo più da noi pronunciati male, all’italiana; si pensi a: award, Blueberry, career, carrier, colleague, control, default, development, Edinburgh, employer e employee, frequency, image e imaging, impact, interference, know-how, Linkedin, management, outsource e resource, parameter, performance, psycology, purchase, report, reset, review, signal processing, suspense, ecc. Per non parlare del francese stage, di robot (termine di origine ceca, non francese), dello svedese Nobel, e di una marea di altri termini. Per leggere e ascoltare la pronuncia corretta dell’inglese nelle sue varietà basilari di British English o American English basterebbe interrogare uno qualsiasi dei tanti autorevoli e aggiornati Dictionary disponibili online, dal Merriam-Webster al Cambridge, all’Oxford. E veniamo ai due esempi promessi. Primo esempio. Il quaderno di settembre 2017 del “Sole 24 Ore” su Big Data Analytics [8] si rivolge alle aziende perché colgano le opportunità insite in questo settore per sviluppare il proprio business, organizzandosi in modo coerente. Già dall’indice balzano all’occhio termini che vanno da Data Scientist a Journey, da trend a Business Intelligence, da startup a Data Governance, da Smart Technologies a delivery. I contenuti del fascicolo – curato da professori e ricercatori del Politecnico di Milano – sono davvero eccellenti e rappresentano un must per ogni 11 Benché la Rivista non precluda affatto la pubblicazione di lavori in lingua inglese. 16 Mondo Digitale Ottobre 2019
Prefazione azienda innovativa che voglia cogliere il valore nascosto nei dati, a vantaggio di prodotti, processi, servizi, logistica, organizzazione interna, integrazione (piattaforme condivise) con gli stakeholder, ecc. I molteplici benefici possono riguardare il change management, l’innovazione, la produttività, e non solo la riduzione dei costi. Secondo esempio. In [3] scrivo: “I principali paradigmi caratterizzanti le soluzioni tecnico-sistemistiche nell’evoluzione delle reti di telecomunicazioni sono: i Big Data, l’Internet of Things – IoT, il sistema 5G di comunicazioni fisse e mobili a larga banda, la «softwarizzazione» della rete tramite Software-Defined Networking – SDN e Network Function Virtualization – NFV, il cloud/fog networking e computing”. E successivamente, “La rete 5G promette larghezza di banda e velocità di dati molto più alte (100 volte) con ritardi (per lo streaming) significativamente più bassi (meno del millisecondo), grande affidabilità e sicurezza. Per questo motivo, l’SDN la NFV e il cloud computing (incluso il fog della Nebbiolo Technologies, fondata da Flavio Bonomi nella Silicon Valley) vi si conformeranno così bene. Gerhard Fettweis (Università di Dresda) ha introdotto nel 2012 il concetto di una Internet «tattile», in grado cioè di offrire risposte pressoché immediate nel trattare processi o oggetti – reali a virtuali – che si desidera percepire in tempo reale. Un altro neologismo del settore è «aptico», in senso banale riferito al riconoscimento di oggetti attraverso il tatto, benché possa denotare, in modo più generale una percezione di «virtualità materiale» (locuzione, peraltro, ossimorica): dal paradigma high tech si passa allo scenario high touch. Essendo ubiqua e resiliente, l’Internet tattile si potrà inserire nel quadro di riferimento offerto dal paradigma 5G, che con i nuovi usi applicativi trasformerà il modo di vivere, lavorare e interagire con l’ambiente. Già in tempi brevi, il 5G consentirà, oltre all’IoT, applicazioni concrete quali i trasporti, le città e le case intelligenti, l’assistenza sanitaria informatizzata, l’automazione industriale, i servizi di info-trattenimento (infotainment)”. I due esempi precedenti, ricchi di recenti coniazioni linguistiche, acronimi, calchi dell’inglese, ecc., sono emblematici di ciò che ho definito tecno-italiano. Ma se ne può fare a meno? Come riferirò più avanti, sulla questione ho cercato di coinvolgere, via email, alcuni accademici della Crusca, sia pur con successo parziale. Sottolineo anche la difficoltà della traduzione in italiano di un linguaggio specialistico in modo uniforme e corretto. Per esempio, ho letto recentemente un graphic novel (una volta fumetto o comics) sulla vita di Alan Turing e sul suo ruolo nella decrittazione di Enigma – argomento che un po’ conosco e su cui ho scritto per MD. Purtroppo, da questa lettura ho ricavato poco beneficio a causa, io credo, anche della resa in italiano, quantomeno bizzarra, dei termini tecnici specifici di crittografia e crittanalisi; è pur vero che “il tradimento è insito nel tradurre” (copyright di Umberto Eco). Per di più, “Ci sono tre regole per scrivere un romanzo. Sfortunatamente, nessuno sa quali siano”, chiosava William 17 Mondo Digitale Ottobre 2019
Prefazione Somerset Maugham con un aforisma, sibillino sì, ma ben adattabile alla traduzione: “Ci sono tre regole per tradurre. Sfortunatamente, ecc.” 4. Risorse e strumenti Poiché non mancano risorse e strumenti di base e di riferimento, sia online sia cartacei, di seguito ne riporto alcuni, a mio avviso, fra i più utili e validi: 1. La sempre attuale “Garzantina” sull’Italiano di Luca Serianni [9], il cui pratico glossario finale (a cura di Giuseppe Patota 12) funge tanto da indice analitico quanto da guida alla soluzione di dubbi linguistici. 2. La collana [10] in 14 volumetti L’italiano. Conoscere una lingua formidabile dell’Accademia della Crusca in abbinamento con i quotidiani del Gruppo Editoriale GEDI (fra cui la Repubblica e La Stampa), iniziativa pubblicizzata con l’accorato appello “non maltrattiamo la nostra lingua”. Ai lettori-autori di MD, segnalo specificamente i numeri: 3. Scrivere nell’era digitale [11], 7. Le parole nella Rete [12] e 8. Giornali, radio e tv: la lingua dei media [13]. Stante l’attualità degli argomenti, aggiungo: 4. Sindaco e sindaca: il linguaggio di genere [14] e 6. L’italiano e le lingue degli altri [15]. Dal settembre 2017, il Corriere della Sera, con l’iniziativa La biblioteca della lingua italiana, ripropone 25 testi sulla lingua usciti negli ultimi anni e dedicati a un largo pubblico. I libri della collana sono scelti e introdotti dal linguista Giuseppe Antonelli. Tutte le pubblicazioni elencate in questo punto sono eccellenti esempi di ciò che intendo per “alta divulgazione”. 3. Il semestrale La Crusca per voi con la rubrica di “Quesiti e risposte”, nonché il prezioso Servizio di consulenza linguistica dell’Accademia della Crusca online: http://www.accademiadellacrusca.it/it/lingua-italiana/consulenza- linguistica. Più in generale, dalla pagina http:// www.accademiadellacrusca.it/it/lingua-italiana è possibile accedere alle sezioni del sito dedicate a fornire supporti linguistici di vario tipo 13. Dal menu della stessa pagina si può entrare direttamente in Italiano digitale, la rivista che dal luglio 2017 raccoglie una scelta delle pubblicazioni in Rete dell’Accademia, incluse le schede di consulenza linguistica. 12 Riferendosi al processo evolutivo naturale della grammatica, Patota scrive: “Accanto alla letteratura abbiamo tenuto conto dell’uso giornalistico, che riteniamo specchio attendibile dell’italiano scritto contemporaneo nei suoi vari registri. Questo non significa né che ciò che scrivono i giornali faccia testo (nemmeno linguisticamente), né che le questioni grammaticali possano essere risolte a colpi di maggioranza. Ma indubbiamente, se una forma condannata dalla grammatica non ha il sostegno nemmeno episodico degli scriventi professionali dei nostri tempi – quali sono appunto i giornalisti – non c’è che da prendere atto della sua obsolescenza: si tout le monde a tort – direbbero i nostri cugini d’oltralpe – tout le monde a raison” [9, p. 487]. 13In particolare, nelle sezioni di questa pagina web sono raccolte ulteriori informazioni e altri interventi sul dibattito intorno alla questione dell'insegnamento universitario nella lingua inglese al posto – non a fianco – dell’italiano, incluse le relative implicazioni legali. Su questo nodo critico non mi esprimo, perché non sono né giurista né linguista, e da anni non pratico più l’insegnamento universitario. 18 Mondo Digitale Ottobre 2019
Prefazione È da segnalare che la Crusca ha anche istituito il Gruppo Incipit allo “scopo di monitorare i neologismi e forestierismi incipienti, nella fase in cui si affacciano alla lingua italiana e prima che prendano piede” (http:// www.accademiadellacrusca.it/it/attivita/gruppo-incipit), pur senza fare battaglie contro i mulini a vento. 4. Il fondamentale DOP – Dizionario italiano multimediale e multilingue d’ortografia e di pronunzia della Rai-ERI, disponibile anche online [16]. Stampati o consultabili in Rete, circolano a profusione ottimi dizionari dell’uso dell’italiano: De Mauro, Garzanti, Hoepli, Treccani, Zingarelli fino al Sabatini-Coletti e al Devoto-Oli, molti dei quali sono oggi “millesimati”, cioè aggiornati di anno in anno. 5. Il ricchissimo portale Treccani.it per le aree di contenuto linguistico e le relative voci d’appoggio. 6. Le 300 parole da dire in italiano di Annamaria Testa [17] e il blog Terminologia etc. di Licia Corbolante [18]. Questi riferimenti, adottando un taglio positivo14, raramente normativo15 , sono suggestivi di modelli virtuosi per la comunicazione, non solo scritta. Presentano altresì le caratteristiche basilari di una buona fruibilità: rigore e chiarezza, senza lesinare, peraltro, consigli di utilità pratica. Rispettare la grammatica non è sempre facile. Ancora più difficile è seguire le regole dello scrivere bene16. Umberto Eco le ha esposto con una delle sue armi migliori: il paradosso per cui ogni regola contiene l’errore da evitare. Ecco le prime dodici raccomandazioni [4, pp. 163-164] 17: 1. Evita le allitterazioni, anche se allettano gli allocchi. 14L’attributo positivo è qui inteso nell’accezione originale di ciò che “è posto come dato sul piano della realtà oggettuale” (http://www.treccani.it/vocabolario/positivo/). 15 In senso prescrittivo, il più severo è il DOP, essendo dedicato alla correttezza di grafie e pronunce (le cosiddette ortografia e ortoepia). Anche se la versione online del DOP è costantemente riveduta, aggiornata e accresciuta, la ricercata variante di pronunzia del titolo originale, e tramandata nelle edizioni successive, ci riporta al periodo della sua nascita, cioè agli anni Cinquanta. L’attuale edizione a stampa, la terza, è del 2010. 16 Sull’utilità (o inutilità) dello scrivere bene oggi, rimando al provocatorio elzeviro di Claudio Giunta “Saper scrivere è così importante?”, pubblicato dal supplemento culturale del Sole 24 Ore di domenica 12 febbraio 2017 (http://www.ilsole24ore.com/art/cultura/2017-02-12/saper-scrivere-e--cosi-importante-125906.shtml? uuid=AEbRCDQ). L’intervento parte dall’appello di 600 docenti sul cosiddetto declino dell’italiano, secondo i quali: “È chiaro ormai da molti anni che alla fine del percorso scolastico troppi ragazzi scrivono male in italiano, leggono poco e faticano a esprimersi oralmente […]”. (Siamo però davvero sicuri che le carenze linguistico-comunicative dei giovani siano tanto marcate? Se così fosse, saremmo di fronte a un caso in cui alla bulimia dei mezzi – dispiegati per sviluppare conoscenze, abilità, competenze – corrisponde l’atrofia dei risultati). 17L’elenco completo è disponibile nella raccolta La bustina di Minerva [19] o nel “Robinson” intitolato Italiano per principianti [20]. In Internet si trova al link http://www.mestierediscrivere.com/articolo/eco2. 19 Mondo Digitale Ottobre 2019
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