Rossetto autore di "Influencermania".

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Rossetto autore di "Influencermania".
Ci può essere una relazione tra etica,
brand, e influencer? Intervista a Omar
Rossetto autore di "Influencermania".
In occasione dell’uscita del libro “Influencermania” di Omar Rossetto, edito da Hoepli, abbiamo
rivolto alcune domande all’autore in merito al binomio tra etica e social network, anche alla luce
delle figure professionali degli influencer.

Si parla spesso di responsabilità sociale delle imprese, di etica e approccio sociale legato
alle aziende ma quanto è importante per un influencer questo aspetto per mantenere i
follower?

L’aspetto etico è fondamentale per mantenere saldo il vincolo fiduciario che sta alla base della
relazione follower-influencer. Un influencer senza una community attiva non si può definire tale.
Fortunatamente negli ultimi anni, dopo un iniziale vuoto normativo, si sono instaurate delle pratiche
di buona condotta nella comunicazione della natura commerciale di taluni contenuti da parte degli
influencer (la più nota è la presenza dell’hashtag #adv et similia tra i primi tre # di un contenuto).
L’altro aspetto da tenere in considerazione è quello della responsabilità sociale di queste figure, mi
spiego meglio. Molti influencer hanno audience che sono paragonabili e talvolta superiori a quelle di
un qualsiasi altro mezzo di comunicazione di massa (radio, tv, giornali) e proprio per la loro natura
di opinion leader dovrebbero tener conto del loro ruolo sociale nei messaggi che condividono. Per
fortuna da questo punto di vista ci sono molti esempi virtuosi (ad esempio Chiara Ferragni l’anno
scorso su invito del Presidente del Consiglio ha sensibilizzato il suo pubblico sull’utilizzo corretto
della mascherina).

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                             Marketing”
  Pazienza, Perseveranza, Sostenibilità e Gentilezza, sono le 4 virtù cardinali del marketing che vi
  proponiamo. In un mondo dominato dalla tecnica e dalla velocità, queste virtù ci permettono di
  non sbagliare la rotta (o magari di ritrovarla se smarrita) e di indirizzare correttamente le nostre
  azioni.

Una fake news ben costruita può far aumentare l’engagement anche nel lungo periodo?

Si suol dire che il diavolo fa le pentole ma non i coperchi e credo che questo detto popolare riassuma
in qualche modo la risposta alla sua domanda.

Innanzitutto non credo sia compito dell’influencer diffondere notizie. Un’attività che molti fanno è
quella di commentare le notizie prendendo una posizione a riguardo e in questo caso vale la
considerazione di prima circa la responsabilità sociale. Ad ogni modo gli utenti nei social diventano
ogni giorno più consapevoli e tradire la loro fiducia può semplicemente trasformarsi in un
boomerang che distrugge la credibilità dell’influencer con tutte le conseguenze del caso.

Ci sono dei temi di sicuro successo sui social?
Rossetto autore di "Influencermania".
Quando si utilizzano questi canali con delle finalità di business, come nel caso degli influencer, ma la
stessa cosa vale anche per i brand, non esiste il contenuto perfetto e di successo che funziona a
priori. Funziona quello che il nostro pubblico vuole vedere o si aspetta di ricevere da noi. Il fine
ultimo di qualsiasi piattaforma (Facebook, instagram, youtube ecc..) è il mantenimento dell’utenza
per il maggior tempo possibile all’interno della piattaforma stessa quindi ogni contenuto va pensato
e concepito con questa ottica. Tanti utenti connessi per tanto tempo vuol dire più spazio per gli
inserzionisti e per la pubblicità che è la principale fonte di reddito dei social media.

C’è un’etica anche nelle comunicazioni social, sia commerciali che non? Cambia in base al
social (es. Instagram o TikTok?)

Personalmente credo che l’etica debba essere insita nei brand, negli influencer e negli utenti che
popolano i social media. Spesso si tende a demonizzare i social ritenendoli “colpevoli” di casi di
violenza, bullismo o qualsiasi altra cosa deprecabile. Non sono i social il problema, è l’utilizzo
sconsiderato e poco consapevole che le persone ne fanno. Poi ovviamente l’attività di monitoraggio
deve essere intensificata, ma eticamente sta a chi crea il contenuto.

  Classe 1991, è nato a Montebelluna. Laureato in
  comunicazione all’Università degli Studi di Padova, è Head of
  Social Media in Velvet Media Italia, agenzia di marketing di
  Castelfranco Veneto. È co-founder di Just X, startup
  innovativa, attraverso cui ha sviluppato progetti come
  trovainfluencer.com, piattaforma-database di oltre 2.000
  nano e micro influencer geolocalizzati in Veneto per
  campagne di influencer marketing, e All Stars For Good,
  piattaforma charity che mira alla valorizzazione del grande
  seguito delle social media celebrity a fin di bene. E’ autore di
  Influencermania. La storia, le novità e le strategie della più
  proficua attività media degli ultimi anni, Hoepli, 2020.

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Perché Clubhouse è l’app del momento e
come funziona!
Ne sentiamo parlare in modo diffuso solo da un paio di settimane, ma da quel momento è stato il
boom di articoli, commenti, richieste di invito e riflessioni sulle potenzialità e gli sviluppi a lungo
termine.

Cos’ha di speciale l’app del momento? Da cosa scaturisce l’hype che si è creato attorno a
Clubhouse? Proviamo ad analizzare il fenomeno:

■   E’ audiobased: clubhouse è il primo social network vocale

Dopo anni di trend video e visual…è la volta della voce. Ecco come funziona: Scarichi l’app, che ha
un’interfaccia molto semplice e piuttosto bianca (a differenza dei soliti social colorati a cui siamo
abituati), crei il tuo profilo con una foto e una bio, e ti imbatti in quelle che vengono chiamate
“stanze” e che poco hanno a che fare con le stanze di Facebook. Quelle di Clubhouse altro non
sono che delle conferenze audio; delle conversazioni tematiche di gruppo a cui si può
facilmente prendere parte chiedendo la parola. Tutte le conversazioni sono in modalità
sincrona, come una telefonata di gruppo o una call su Meet senza webcam, con uno o più
moderatori. Non è possibile inviare messaggi testuali o immagini, video o link agli altri iscritti,
soltanto conversare creando delle stanze pubbliche o private.

■   Ha un sistema di accesso solo su invito

Sono gli iscritti a determinare chi può accedere alla community. Dopo aver ricevuto un invito si
accede al social network e si hanno a disposizione altri 2 inviti (man mano se ne aggiungono altri in
base anche alla partecipazione all’interno di clubhouse).

Parte del successo di questa nuova app è legata infatti all’esclusività, alla voglia di conoscere
e testare questo social network vocale, ma trovare degli inviti non è facilissimo. Per questo
motivo quasi in tutti i gruppi degli addetti ai lavori troviamo tantissime richieste di invito da parte di
persone che si sono iscritte, hanno già bloccato il proprio username, ma sono in lista di attesa. In
pratica Clubhouse fa appello a scarcity e urgency, che sappiamo essere grandi leve di marketing.
Rossetto autore di "Influencermania".
■   Tutti possono facilmente essere creators

Chiunque abbia un profilo in Clubhouse può creare una stanza e avviare una conversazione.
Basta scegliere un tema e aprire il dibattito. Al momento troviamo molte conversazioni su temi come
il marketing, le startup, fare impresa…ma nelle stanze internazionali notiamo che gli argomenti
spaziano dalla musica all’attualità e persino ad argomenti molto di nicchia. Presto sarà così anche
nelle stanze in lingua italiana.

■   É ideale per il networking

Al momento Clubhouse è popolata da addetti ai lavori, da chi appartiene al mondo del business e
della comunicazione, e le conversazioni tematiche nelle varie stanze possono essere un’ottima
opportunità per il networking e per trovare contatti interessanti con cui confrontarsi.

Per la prima volta parliamo di audio-networking, che risulta meno impegnativo di molte altre
modalità video che ci sono state imposte nell’ultimo anno. É una interessante opzione anche per chi
è più timido e non ama parlare in pubblico o la classica sensazione di avere gli occhi puntati
addosso, anche a distanza. Su Clubhouse è più facile sciogliersi e discutere liberamente.

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       Dopo un 2020 così pesante sotto tutti i punti di vista, il 2021 deve rappresentare, per
                               tutti noi, l’alba di un nuovo inizio.

■   L’app spopola tra i VIP

Altra cosa molto interessante è la possibilità di incontrare tra gli utenti anche personaggi
celebri. Negli stati uniti ad esempio Oprah Winfrey è stata tra i primi utenti ad utilizzare Clubhouse,
ma troviamo anche Ashton Kutcher, Drake…e tanti altri. In italia iniziamo a trovare molti influencer
del mondo della comunicazione e del business.

Trovarsi in una room e poter chiacchierare con i propri idoli così facilmente non è un’opportunità da
poco e anche questo sta influendo nel successo dell’app.

■   E’ un mix tra un podcast e una telefonata di gruppo

Sostanzialmente Clubhouse ha trasformato un trend in un’app. Come sappiamo i podcast hanno
avuto un boom negli ultimi tempi, e in realtà la prima impressione è quella di avere a che fare con un
podcast, ma il bello è che è tutto è live e si ha anche la possibilità di intervenire (se lo si vuole,
altrimenti si può semplicemente ascoltare, anche mentre si fa altro).

Ma la vera domanda secondo me non è “perché Clubhouse è
l’app del momento”, ma perché lo è proprio in questo
momento.
Se non vivessimo la situazione attuale e non avessimo vissuto un anno facendo il pieno di
videochiamate, riunioni in videoconferenza ecc; o se avessimo avuto la possibilità di vivere una
socialità normale, avere dei contatti umani soddisfacenti… Clubhouse oggi spopolerebbe
ugualmente?
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Questa app sembra la risposta al nostro bisogno di contatti con il mondo esterno, ma di
contatti semplici, come le telefonate, senza la necessità di trucco e parrucco e l’ansia da webcam; di
contatti stimolanti, di networking, di conversazioni e forse semplicemente di novità.

Non credo, come alcuni sostengono, che questo sia il trend del futuro dei social media, semmai è il
presente influenzato fortemente dal passato, ma in ogni caso in questo momento storico e
psicologico Clubhouse promette bene: a un anno dalla sua fondazione è stato già valutato 1
miliardo di dollari. E’ ancora in beta e disponibile solo per utenti iOS, ma pare che presto arriverà
anche la versione per Android.

Di progetti per il futuro Clubhouse ne ha già abbastanza, oltre ad aprirsi al mondo Android e di
aprire la possibilità di iscrizione a tutti, come qualunque social network sta pensando al modo
migliore per monetizzare, si parla già di un Creator Grant Program che permetterà all’app di
investire sui creators migliori.

Se non avete ancora un invito vi consiglio di bloccare il vostro username qui
https://www.joinclubhouse.com/ e provare a chiedere agli early adopter se hanno la
possibilità di invitarvi. Ottenerlo non è così difficile come sembra ;).

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Salviamoci, salvando il pianeta:
comprendere e comunicare il problema
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climatico.
Tra le sfide da combattere nel presente vi è di certo il problema del cambiamento climatico,
un’emergenza non più legata al futuro, come si tendeva a pensare, bensì un’urgenza che è qui,
ora. Se fino a 150 anni fa la causa del cambiamento climatico poteva essere di origine naturale,
generato dalle ciclicità della terra, con l’evoluzione dello sviluppo tecnologico, il responsabile unico
ne è diventato l’uomo.

  Dalla Rivoluzione Industriale, secondo le stime di IPCC (Intergovernmental Panel on Climate
  Change), la concentrazione di anidride carbonica è aumentata del 40% proprio a causa delle
  attività umane.

La questione è complessa, in quanto non si tratta “solo” dell’aumento delle temperature e dello
scioglimento dei ghiacciai, come si potrebbe pensare, ma c’è molto di più. Le cause del
surriscaldamento globale sono varie, e tutte operate dall’uomo: aumento dell’emissione dei
gas serra (anidride carbonica, ossido di azoto, metano, gas fluorurati); disboscamento delle foreste,
che comporta il venire meno dell’azione regolatrice del clima operato dagli alberi; allevamenti
intensivi, responsabili di gran parte della produzione dei gas serra; utilizzo dei fertilizzati che
generano ossido di azoto. Tutto ciò ha conseguenze evidenti sulla natura, quali: aumento delle
temperature, causa dello scioglimento dei ghiacciai e di conseguenza dell’aumento del livello delle
acque; acidificazione del ph degli oceani alterato dall’anidride carbonica, nocivo per pesci e flora
marina; estinzione di animali, tra le cui specie in emergenza, vi sono orsi polari e pinguini, proprio a
causa dell’aumento della temperatura; e ancora desertificazione causata dalle minori precipitazioni.

Ma questo non è tutto, vi sono concrete e dirette conseguenze sulla vita di ogni cittadino, quali
aumento dei fenomeni naturali che possono causare feriti e morti (tempeste, uragani, eruzioni);
diminuzione di risorse in particolare quella idrica, che spinge a migrazioni di massa, e veloce
sviluppo di epidemie. Ebbene sì, la temuta parola che abbiamo rispolverato nel funesto 2020. Gli
studiosi hanno appurato l’aumento della diffusione di malattie quali malaria e colera e, pur
non essendoci nessuna ricerca che attualmente avvalori un collegamento tra problemi climatici e
Covid-19, chissà che ciò non emerga in futuro.

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  Dopo un 2020 così pesante sotto tutti i punti di vista, il 2021 deve rappresentare, per tutti noi,
  l’alba di un nuovo inizio.

Sempre riguardo al clima possiamo citare un’altra parola, ahimè, in gran voga in questo periodo:
“negazionismo”, già perché, nonostante le problematiche climatiche siano confermate dalla
ricerca, alcuni ne negano la presenza, o ne ignorano la gravità, come nel caso dell’uscente
Presidente degli USA, Donald Trump.

Proprio per evitare una tale ignoranza i social network sembrano essere una potente arma a
riguardo: forniscono lo spazio per sensibilizzare, dar voce agli attivisti, incoraggiano ad un
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approfondimento del tema, permettono di realizzare dibattiti e creare una connessione globale circa
una teoria del cambiamento (i video virali di Greta Thumberg ne sono un esempio). Attraverso i
social inoltre si può chiarire il comportamento utile per ogni cittadino, basta poco infatti: limitare
l’uso del riscaldamento, passare ad energie rinnovabili, evitare gli sprechi di acqua, diminuire il
consumo di proteine animali, acquistare elettrodomestici con definizione A+++, preferire i mezzi
pubblici e i veicoli elettrici, effettuare una buona raccolta differenziata.

Ben attente a questo argomento sono ovviamente le aziende che, hanno ormai compreso la
necessità di servirsi di un “green marketing”, che sottolinei il comportamento di sostenibilità
delle attività e dei prodotti stessi dell’impresa, elemento imprescindibile per affermarsi sul
mercato (puoi leggere anche: Il profitto del futuro sarà green e L’impresa come sistema sostenibile:
ripartiamo con il fattore Green!). A sottolineare la necessità di un’attenzione al clima e all’ambiente
per garantire il benessere collettivo futuro della cittadinanza, è mirato anche il Recovery Fund,
tanto che in gran parte sarà utilizzato a favore della sostenibilità (puoi leggere anche Il
recovery fund a sostegno della sostenibilità).

In generale il Covid-19 ci ha fatto comprendere quanto possa essere dannosa un’epidemia, anche se
siamo nel XXI secolo nei paesi definiti “ricchi”. La drammaticità dell’epidemia in corso deve far
riflettere, per correre ai ripari ed evitare che, in futuro, qualcosa di simile possa verificarsi a causa
dei comportamenti poco responsabili dell’uomo, allerta che, già da diverso tempo, gli studiosi
gridano a gran voce.

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Rossetto autore di "Influencermania".
Parola d’ordine “iperconesso”: ecco tutte
le novità di Facebook per questo 2021!
Finalmente il 2021 è arrivato, lasciandoci così alle spalle un anno estremamente difficile
caratterizzato da una crisi sanitaria collegata ad una crisi socio-economica. Una cosa è certa, siamo
entrati nei libri di storia.
Molte aziende hanno dovuto ripensare e riorganizzare le proprie strutture, potenziando il digitale e
approcciando per la prima volta allo smart working con risultati molto incoraggianti. Se il 2020
la parola più ricercata è stata “pandemia”, nel 2021 sentiremo molto spesso la parola
“iperconnesso”.

Protagoniste indiscusse le piattaforme social con tante
novità.
La più grande novità nel mondo Facebook è la vetrina, che rafforza l’idea di un social sempre più e-
commerce. Gli shops entrano prepotentemente nella vita degli utenti sia su Facebook che su
Instagram. Questo semplifica e non poco la vita per tutte quelle aziende che vogliano approcciarsi
al mondo dell’e-commerce. Facebook cercherà anche d’integrare più post di acquisto nei feed degli
utenti, al fine d’invogliare più attività di acquisto, mentre la probabile fusione delle sue app di
messaggistica fornirà maggiori opportunità per facilitare l’e-commerce.

Ciò comporterebbe un cambiamento importante, alimentando una nuova ondata di attività di e-
commerce, motivo per cui le aziende devono tener presente gli shops nella propria strategia di
social media marketing.

Come anticipato, accanto a questa grande novità, Facebook continua a lavorare sulla fusione delle
app di messaggistica e nello specifico messenger, Instagram e WhatsApp. In sostanza, significa che
ogni nuova funzione introdotta in una qualsiasi di queste piattaforme social sarà alla fine
disponibile nelle altre, il che faciliterà nuove opportunità di e-commerce e più modi per eseguire
campagne pubblicitarie.

Ciò renderà molto facile per i marchi espandere le loro campagne e funzioni, ad esempio, su
WhatsApp, ampliando il loro pubblico in modi che non avevano precedentemente considerato.

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Social Media Strategies: oltre 1.600
partecipanti al più grande evento
formativo italiano per imprese e
professionisti
Si è chiusa al Palacongressi di Rimini con oltre 1.600 partecipanti la 7a edizione del Social Media
Strategies, il più grande evento formativo italiano dedicato ai social network e al web
marketing – organizzato da Search On Education – business unit di Search On Media Group.

Durante la due giorni social media manager, marketers, blogger, freelance e rappresentanti di
aziende hanno tracciato il proprio percorso formativo all’interno delle 4 sale tematiche in
programma – Advertising, Analisi, Brand Strategy e Creatività - e al contributo di più di 60
speaker esperti del settore.

  L’evento, giunto alla 7a edizione e realizzato da Search On Education, ha offerto due giornate
  dedicate alla formazione delle imprese e dei professionisti dei social network e del web
  marketing. Sul palco della Sala Plenaria, spazio a confronti sull’utilizzo responsabile dei social
  media, agli interventi degli autori di Lercio.it e del comico Paolo Migone.

Il format e il programma di questa 7a edizione sono stati costruiti appositamente per concentrare
l’evento sulla formazione di imprese e professionisti sulle strategie di marketing e dei social
media.
Un’esperienza formativa trasversale e fortemente orientata ai temi, agli strumenti e alle
piattaforme che compongono il mondo dei Social Media e del marketing digitale, con cui tutte le
imprese hanno necessità di interfacciarsi.
L’attenzione è stata posta sulle strategie di promozione degli e-commerce, su personal branding,
social advertising, video e audio marketing, influencer marketing e sulle più importanti novità
relative ai principali social: da Facebook a Instagram passando per Linkedin, Youtube, Twitter e
Tik Tok.

Ampio spazio anche a workshop operativi e a case study riguardanti grandi aziende come
GODaddy, Mini e BMW, Tuttoscuola, Giro d’Italia, Enel Energia, Fatture in Cloud e Cotral
S.p.a.

Non sono mancate inoltre occasioni di business grazie all’Area Espositiva con gli stand di aziende
Rossetto autore di "Influencermania".
del mondo digital come Hoepli, Dario Flaccovio Editore, PostPickr, Host.it, Green Click Media,
Ergonet, Polimeni.Legal, Stickermule.

I TEMI E GLI INTERVENTI DELLA SALA PLENARIA
La Sala Plenaria ha ospitato un percorso completo sulle strategie di marketing digitale: Marco
Quadrella (COO Area Consulting di Search On Media Group) ha parlato dell’importanza del
measurement plan, Paolo Iabichino ha posto l’attenzione sulla creatività e le logiche di
responsabilità delle imprese, mentre Augusto Rasori e Andrea Sesta (i fondatori di Lercio.it) hanno
trattato il tema della satira legata al content.
Giorgio Taverniti (Community Manager Search On Media Group) ha poi parlato del futuro dei
social network, Giorgio Soffiato (Marketing Arena Spa) ha posto

l’attenzione sulle strategie di content marketing e Gabriele Benedetti (Web Marketing Expert in
Search On Media Group), ha curato una panoramica dettagliata riguardante l’advertising mix. Sul
palco principale anche lo sketch di
Paolo Migone, che in chiave ironica ha parlato dell’impatto della tecnologia e dei social nelle
relazioni tra le persone.

All’interno del programma dell’evento, inoltre, spazio al tema dell’utilizzo responsabile dei social
network grazie a interventi e confronti sull’impatto che questi canali hanno sulla quotidianità delle
persone, nel bene e nel male: “Internet e i social network indubbiamente offrono molte occasioni
positive, ma qual è il “fallimento dei social”? Violenza e terrorismo. Ma se c’è violenza, non possiamo
credere sia un problema di internet; siamo noi a dover offrire risposte, più che reazioni” spiega
Giorgio Taverniti, Community Manager di Search On Media Group.

“Non possiamo delegare la risoluzione dei problemi all’intelligenza artificiale. Dobbiamo prenderci le
nostre responsabilità, sia come parte del sistema, sia come essere umani” ha aggiunto Cosmano
Lombardo - CEO e Founder di Search On Media Group – riferendosi al nesso tra tecnologia e
responsabilità sociale.
“L’intelligenza artificiale e la robotica possono arrivare a modificare aspetti quale la genetica e la
linea valoriale dell’essere umano: mai in passato ciò è accaduto. Neanche invenzioni rivoluzionarie
come Internet, la ruota, il fuoco sono arrivate a tanto. Di conseguenza, oggi più che mai, è
fondamentale utilizzare internet, i social e le nuove tecnologie in modo responsabile per direzionare
gli sviluppi di questa rivoluzione in atto in modo sempre più utile per la costruzione del futuro”.

“Questa due giorni rientra all’interno del percorso di diffusione della conoscenza del digitale avviato
in Italia anni fa e che oggi permette di riunire aziende, esperti ed appassionati del mondo digital. Ad
oggi abbiamo contribuito alla formazione di oltre 350.000 tra aziende e professionisti; continueremo
a promuovere la cultura e la conoscenza del digitale in maniera diffusa per sostenere una crescita
virtuosa e sostenibile del ‘Sistema Paese’” ha dichiarato Cosmano Lombardo dal palco della Sala
Plenaria.

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Torna a Rimini la 7^ edizione del Social
Media Strategies: l’evento dedicato ai
professionisti del web marketing e dei
social network.
L’evento, realizzato da Search On Education, si terrà il 6 e 7 novembre al Palacongressi di Rimini tra
conferme, novità e un’offerta formativa rivolta all’intero settore: dai social media manager ai
professionisti che si occupano di strategie di marketing e delle principali leve del digitale.

Il 6 e 7 novembre il Palacongressi di Rimini accoglierà nuovamente il Social Media Strategies,
l’evento per i professionisti dei Social Media e del Web Marketing firmato Search On Education,
business unit di Search On Media Group.

Giunto alla sua 7^ edizione e dopo aver registrato oltre 1.500 partecipanti nel 2018, l’evento
torna nel capoluogo riminese con un’offerta formativa mai così ampia: per procedere di pari passo
con l’evoluzione del ruolo dei Social Media Manager, sempre più coinvolti nei processi strategici
dei brand e delle aziende, la formazione sarà infatti rivolta sia a coloro che operano sui Social
Media, sia ai professionisti e alle aziende che si occupano di web marketing a livello strategico e
operativo.

Il programma della prossima edizione, già online sul sito dell’evento, promette oltre 50 interventi
formativi da parte di più di 60 speaker esperti del settore, che metteranno a disposizione la loro
esperienza personale e professionale all’interno di 4 sale tematiche – Advertising, Analisi, Brand
Strategy e Creatività - e della Sala Plenaria, che accoglie il palco principale dell’evento.

“Per la 7a edizione del Social Media Strategies ci stiamo preparando a un salto di qualità
importante: internet sta cambiando, come anche il mercato, le professionalità e il modo di lavorare.
La figura del Social Media Manager, sulla cui evoluzione ci siamo confrontati nel corso delle
precedenti edizioni, ricopre un ruolo sempre più importante nel contesto strategico delle imprese:
questo ci ha suggerito di strutturare un programma formativo rivolto ai professionisti dei Social
Media, agli esperti di strategia e alle aziende che fanno del web marketing il loro business, con
l’obiettivo di accrescere le competenze dell’intero settore.” spiega Cosmano Lombardo CEO e
Founder di Search On Media Group.

Una formazione trasversale, dunque, strutturata per garantire due giornate di aggiornamento
professionale su temi, strumenti e piattaforme che interessano professioni e aree di business
diverse. All’interno del programma, inoltre, anche diversi percorsi formativi, ideati per consentire
ai partecipanti di approfondire le proprie skill e competenze e, allo stesso tempo, di acquisirne di
nuove favorendo la possibilità di una crescita professionale a 360°. Questi i percorsi pubblicati:
Copy & Content, E-Commerce, Facebook, Influencer, Instagram, Video & Podcast e Web
Marketing.

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L’Area Espositiva e la Sala Plenaria
Oltre le porte delle sale formative, l’Area Espositiva dell’evento presenta numerose opportunità di
networking presso gli stand di sponsor ed espositori, mentre il servizio di Speed Meeting favorirà
la conoscenza e il confronto tra i professionisti e le aziende presenti attraverso mini incontri
conoscitivi di 3 minuti.

All’interno della Sala Plenaria, poi, si parlerà dei più recenti trend del settore e di temi di attualità
legati al mondo dei Social Network, grazie alla partecipazione di relatori come il creative director
Paolo Iabichino e Augusto Rasori di Lercio.it.

Inoltre, avranno luogo momenti di confronto e di dibattito sull’utilizzo responsabile dei social
network e sul loro impatto sociale, argomenti al centro dell’agenda del Social Media Strategies
anche nelle precedenti edizioni anche grazie alla preziosa testimonianza della giornalista Federica
Angeli.

Appuntamento, dunque, il 6 e 7 novembre al Palacongressi di Rimini per il #SMStrategies 2019.
Tutte le informazioni per l’iscrizione, le promozioni attive e i dettagli relativi al programma sono
consultabili all’indirizzo www.social-media-strategies.it.

Smart Marketing è felice di essere media partner della 7a edizione del Social
Media Strategies. L’evento, realizzato da Search On Education, si terrà il 6 e 7
novembre al Palacongressi di Rimini tra conferme, novità e un’offerta formativa
rivolta all’intero settore: dai social media manager ai professionisti che si
occupano di strategie di marketing e delle principali leve del digitale.
Grazie alla media partnership possiamo offrirvi un codice sconto sino al 17
ottobre. Clicca qui ed inserisci questo codice: media-99eu.

Per info sull’evento > press@social-media-strategies.it
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Come cambia il ruolo del consulente
nell'era digitale. Intervista a Daniele
Gregori.
#Innovazione, #digital transformation e nuove #tecnologie, cambiano giorno dopo giorno il
volto della società e dell’economia. Si creano nuovi Business e nuove professioni per resistere a un
mercato sempre più rapido e competitivo e le aziende non possono far altro che innovarsi ed
affiancarsi a consulenti e professionisti smart, eclettici, sempre sul pezzo.

Tra le pagine del libro CONSULENTI 4.0 di Daniele Gregori, focalizzato proprio sulle competenze
per le sfide del futuro sono tanti gli interrogativi che avrei potuto a mia volta scrivere un libro di
risposte.

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nsul Editore 2019 – I social network per il libero professionista Novecento Editore 2018, a
cura di Daniele Gregori

Uno stimolo continuo tanto da chiedere all’autore di rispondere a qualche quesito ponendo
all’attenzione un tema ancora nuovo e da esplorare. Il divario generazionale al tempo del digitale
rende tutto più complesso poiché di mezzo ci si mette la tecnologia che non è detto per tutti possa
essere di facile approccio.

D. I nativi digitali sono pronti al mondo del lavoro 4.0?*

R. La società, e con essa il mondo del lavoro, sta crescendo velocemente da molti anni. La
trasformazione digitale ha introdotto elementi indispensabili ed imprescindibili in ogni ambito
lavorativo. Solitamente le persone nate prima degli anni 80 ritengono che i millennials (nati 1981-
1996) abbiano il vantaggio, rispetto a loro, di essere cresciuti con questi nuovi dispositivi digitali tra
le mani.

Ma in questo ragionamento noto un bias di fondo: il mondo del lavoro 4.0 , che stiamo vivendo
richiede sicuramente competenze digitali, ma esse sono composte da due elementi inscindibili:

■   HARD SKILL DIGITALI: conoscenza tecnica e dimestichezza con device e software.
■   SOFT SKILL DIGITALI: essere digitali nella mentalità ossia, conoscere, scoprire, provare, usare e
    sfruttare la tecnologia trasmettendo il proprio “valore aggiunto”. Sintetizzata comunemente con
    l’espressione “mindset digitale”.

Alla luce di questa nuova e più rotonda definizione delle competenze digitali ci rendiamo conto che
la “confidenza” con lo strumento tecnologico è solo una parte dell’equazione. Pc,
smartphone, social e app possono rivelarsi utili strumenti solo se utilizzati trasmettendo la propria
competenza, preparazione ed esperienza. Cercando di entrare in empatia, seppur a distanza, con il
nostro interlocutore. Nelle relazioni a distanza la nostra parte emotiva ha un ruolo chiave. Perché se
gli incontri in presenza si ridurranno sempre di più, ciò che non potrà invece mai mancare saranno
le “relazioni” tra le persone. Sono la professionalità e qualità della relazione a garantirci alte
performance, introdurre la tecnologia nel proprio lavoro non basta.

Detto ciò, è probabile che un ragazzo giovane abbia maggiore dimestichezza con gli strumenti
digitali rispetto ad un over 45, ma non darei per scontato che sappia anche “trasmettere” la propria
competenza e creare relazioni di valore attraverso l’utilizzo della mail o delle chat di messaggistica.

D. Il loro modo di approcciare alla comunicazione, spesso fatta di messaggi di testo e
faccine per esprimere le emozioni, rischia di determinare un impoverimento emotivo?
R. Coltivare l’empatia, anche attraverso il digitale, è un elemento chiave per avere buone
performance nel lavoro, sforzandosi di capire emozioni e stati d’animo altrui. Questo significa che
non possiamo comunicare con eccessiva sintesi e rapidità. Dobbiamo fermarci, prendere del tempo
per leggere attentamente una mail del cliente\collega e ragionare sulla migliore risposta che siamo
in grado di dare. Questo atteggiamento è importante anche per cercare di trasmettere il nostro
messaggio senza creare fraintendimenti e incomprensioni, tipiche nelle comunicazioni a distanza
composte da solo testo dove manca completamente il tono. Tutto ciò richiede grande cura e
attenzione. Come, per esempio, rileggere il messaggio che abbiamo scritto, prima di premere
“invia”. Di conseguenza le relazioni digitali sul posto di lavoro sono molto distanti da quelle che i
ragazzi hanno tra di loro nella vita quotidiana. Al contrario, invece, una figura senior spesso sa
perfettamente il modo più funzionale per approcciare con gli altri. Ma entrambi possono apprendere
e migliorare la parte nella quale sono meno confidenti. Anche aiutandosi. La figura junior deve fare
esperienza e capire le dinamiche del mondo del lavoro, il senior può raggiungere maggiore
dimestichezza con i nuovi dispositivi attraverso la pratica e liberandosi del (eventuale) pregiudizio
sullo strumento.

     Scopri il nuovo numero > #ripartItalia
D. Qual è il consiglio da dare per approcciare nel migliore dei modi al mondo che si sta
trasformando e sopravvivere nella sua complessità?

R. Consigliare oggi non è semplice, perché non è semplice prevedere cosa accadrà in futuro. Siamo
passati da un mondo nel quale una generazione viveva una rivoluzione sociale alla volta, a quello
odierno nel quale ogni generazione è chiamata ad affrontarne tre. Ogni rivoluzione porta con sé
indubbiamente anche delle opportunità, ma ci richiede l’enorme sforzo di cambiare ed evolverci più
rapidamente che in passato. Nessuno, nel mondo del lavoro 4.0, può dire di aver raggiunto un livello
di competenza tale da potersi permettere di fermaresi. Un consiglio quindi può essere quello di
allenarsi al “cambiamento costante” grazie a quello che gli anglosassoni chiamano “learnability” che
significa credere nel proprio miglioramento, accettando le sfide e l’incertezza del “nuovo” e poco
conosciuto, vivendo l’apprendimento continuo come un’occasione per migliorare. Dobbiamo lavorare
su noi stessi, capire come viviamo e che emozioni proviamo quando siamo chiamati ad apprendere
qualcosa di nuovo e cambiare le nostre abitudini. Se riusciremo a vivere serenamente
l’apprendimento continuo che ci richiederà il mondo del lavoro futuro, saremo imprenditori e
manager “a prova di futuro”.

Durante la nostra chiacchierata ragionando sull’importanza della comunicazione e relazione via chat
che perde di “emozioni” ci siamo scambiati emoticon con faccine reali. Non più il classico smile e la
faccina triste, ma foto da piccoli ridendo o piangendo… E’ stato un gioco, che ci ha talmente
emozionato da farci pensare ad un nuovo modo di comunicare in chat emotivamente intelligente.

Curiosi? Scaricate la app sticker Maker e divertitevi a creare le vostre Emoticon personalizzate per
emozionare di più!

*Intervista concessa da Daniele Gregori autore di CONSULENTI 4.0 TeleConsul Editore
2019 – I social network per il libero professionista Novecento Editore 2018
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Facebook, Instagram e TikTok:
l’evoluzione dei social network. Intervista
a Marco Valentinsig di BeLiked.
Contenuto sponsorizzato – Partiamo subito con qualcosa su cui riflettere: i numeri. In Italia,
Facebook e Instagram contano rispettivamente oltre 35 e 22 milioni di utenti attivi. Se guardiamo
oltre i confini nazionali i numeri assumono proporzioni impressionanti: oltre 2 miliardi di utenti
attivi per Facebook e 1 miliardo di utenti attivi per Instagram.
Insomma, per chi oramai da anni preannuncia la fine di Facebook (e del suo ecosistema) ponendo
l’accento, da un lato, sugli scandali relativi alla gestione della privacy e, dall’altro, sulla fuoriuscita
dei giovani dalla piattaforma, per ricredersi gli basterebbe sapere che oggi il social di Zuckerberg è
quello maggiormente preferito nel 92% dei Paesi del mondo.
Così, giusto per dare una idea di cosa stiamo realmente parlando.

Leggendo questi numeri, che in sostanza certificano un dominio pressoché assoluto da parte del
“mondo Facebook”, si potrebbe essere portati istintivamente a pensare che niente e nessuno possa
modificare la situazione attuale. Ma internet, e in particolare il mondo dei social network, ci ha da
sempre abituato alla mutevolezza e al cambiamento. Nuove applicazioni, nuove funzionalità e
nuovi paradigmi, sono infatti fattori endemici al mondo digitale.
Ed è proprio in questo contesto che si sta facendo strada un nuovo social network: TikTok. Per chi
non lo conoscesse TikTok (già Musical.ly sino ad un anno fa) è un social che fa dei video brevi e della
gamification il suo punto di forza. Ma quello che rende TikTok una piattaforma interessante e da
tenere sotto osservazioni sono i numeri che è riuscita a raggiungere in breve tempo: oltre 800
milioni di utenti nel mondo e oltre 2 milioni di utenti in Italia.

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o: Marco Valentinsig di BeLiked

Per capire bene l’evoluzione di queste piattaforme, e come lavorarci, abbiamo intervistato Marco
Valentinsig di BeLiked che, assieme al suo socio Joel Henry, si occupa della gestione verticale
della comunicazione di impresa in ambito social e digitale.

D. Come vedi il panorama dei social network?

R. I social stanno cambiando rapidamente, stanno mutando forma. Facebook ha perso 10 milioni
di investimenti nel target giovanile ma li ha recuperati in un target più anziano e a breve lancerà
il nuovo layout desktop come ha fatto Twitter.

Instagram si sta saturando ma riserva ancora qualche colpo da sparare e all’orizzonte spunta Tik
Tok come nuova piattaforma video, pronta a conquistare tutta l’utenza di Instagram. Stiamo
cominciando a seguire alcune aziende interessate a Tik Tok proprio perché influencer e brand del
settore si stanno spostando, o comunque, stanno prendendo posto su questa nuova piattaforma.

Stiamo per affrontare uno scenario completamente nuovo nel quale solo le aziende veramente
aggiornate utilizzeranno la comunicazione a loro favore, tutti gli altri andranno contro vento
sfidando la sorte, pubblicando contenuti poco adatti e che non otterranno forma alcuna di risultato.
È un panorama molto articolato che richiede attenzione sia da parte di chi ci lavora come noi, sia
da parte delle aziende che hanno bisogno di presidiare queste piattaforme per salvaguardare il loro
business.

Sta diventando sempre più impegnativo: siamo partiti da una situazione in cui lavorare ed essere sui
social era una perdita di tempo e siamo arrivati a una situazione in cui è un vero e proprio lavoro. I
social sono diventanti un asset insostituibile, è impensabile oggi iniziare o comunque portare
avanti un business avviato senza l’utilizzo di queste piattaforme perché al loro interno non ci sono
solo persone che lavorano come partner/fornitori, ma ci sono i clienti e i potenziali futuri sostenitori
di ogni brand.
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(
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)
:
Joel Henry e Marco Valentinsig di BeLiked

D. Quali saranno le evoluzioni delle piattaforme social?

R. Le evoluzioni secondo me riguarderanno non solo le piattaforme, le quali cambiano
continuamente le regole della partita, ma i contenuti.

Facebook infatti ha già modificato i formati dei contenuti, uniformandoli a quelli di
Instagram, ma non solo. Più proseguiamo e più le aziende avranno bisogno di una vera e propria
strategia digitale. Molte grosse imprese ad oggi non hanno una strategia e questo è uno svantaggio
enorme perché si limitano a pubblicare contenuti senza scopo, così facendo non seguono
l’andamento del mercato e il livello di qualità, visibilità e affidabilità del marchio scende con una
conseguente svalutazione dell’azienda. Oggi per far valere il proprio business non basta avere
un prodotto di qualità, bisogna essere in grado di mostrarlo in modo efficace, e per farlo c’è
bisogno di conoscere a fondo i social, che sono la prima idea che una persona può farsi di
un’azienda.

Le evoluzioni delle piattaforme non sono altro che delle regole. Chi studia profondamente queste
regole non solo non perde la partita e non rischia di essere eliminato, ma è in grado di vincere
dominando il gioco. Da questo punto di vista l’inserimento di nuovi social, cambia le politiche di
ingaggio degli utenti sulle altre piattaforme. TikTok, ad esempio, ora sta modificando l’approccio
che l’end user ha dei contenuti. Questo incide quindi sugli altri social e sul business delle aziende
che comunicano sugli altri social. Noi troviamo stimolo e motivazione dalle modifiche che fanno
continuamente questi grossi player del mercato digitale; la velocità con cui vengono fatti questi
cambiamenti offre un tempo limitato di apprendimento per virare il proprio business in funzione di
essi e questa è una cosa meravigliosa in quanto ogni giorno per battere l’avversario e guadagnare
anche solo un piccolo vantaggio, basta essere aggiornati.

D. Cosa state facendo come BeLiked?

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R. Stiamo costruendo una rete di professionisti in grado di diversificare la comunicazione per i
nostri clienti. Stiamo attirando molte figure all’interno dello scenario digitale, dalle quali stiamo
imparando molto e con le quali stiamo affrontando numerose sfide. Recentemente siamo stati a Bali
per delle collaborazioni, abbiamo visto i parchi dell’Islanda e a breve andremo a Madeira: ogni posto
nuovo ci arricchisce di nuove emozioni e ci suggerisce nuove idee che non vediamo l’ora di mettere
in pratica nell’istante in cui torniamo a casa. Inoltre stiamo lavorando con diverse aziende locali
nella nostra terra, in Friuli Venezia Giulia, e ci stiamo cimentando con settori totalmente diversi tra
di loro curando la parte digitale e sviluppando nuove risorse per la gestione della nostra nuova
realtà.

      Segui Marco Valentinsig per essere aggiornato sulle evoluzioni dei social
      network.
      Questi sono i suoi canali: Instagram e TikTok.

Una delle cose su cui stiamo lavorando duramente è la comprensione della comunicazione,
le imprese sono abituate a comunicare perché sanno che è giusto farlo, ma non sono mai state
condotte a comprendere ciò che devono comunicare prima di farlo. Beliked ha creato una forma
di business pubblicitario nuova, almeno nella nostra zona, in quanto si relaziona, lavora e agisce
insieme al cliente dall’inizio alla fine della sua comunicazione. Per noi è importante aprire la
mente dell’azienda con cui ci confrontiamo e lavorare insieme ad essa per fare qualcosa di nuovo,
qualcosa che non è mai stato affrontato fino ad ora; così facendo spesso abbiamo scoperto cose
nuove e ottenuto risultati incredibilmente unici.

Ti è piaciuto? Fammelo sapere nei commenti. Rispondo sempre.
Se vuoi rimanere in contatto con me questo                                          è   il    link
giusto: www.linkedin.com/in/ivanzorico

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Storytelling: l'arte di narrare una storia.
A 50 anni dall’allunaggio noi patiti del content marketing ci siamo chiesti una cosa: cosa avrebbe
fatto il famoso Armstrong se avesse avuto a disposizione un telefono cellulare ed una connessione
internet?
Semplice avrebbe potuto scrivere anzi narrare la sua esperienza e dare il via allo storytelling più
riuscito della storia, diventando uno dei primi storyteller mai esistiti.

Abbiamo parlato di narrazione, e non a caso. Non può esistere lo storytelling senza la
narrazione intesa come mezzo per raccontare eventi reali e non, e trasmettere emozioni.
Una vera e propria arte che ritrae eventi attraverso parole, immagini e suoni cercando di
coinvolgere attraverso le emozioni un pubblico più o meno selezionato. L’esperienza ci insegna che
parlare di un prodotto o di un brand attraverso un racconto condiviso su più piattaforme è una delle
strategie migliori per farsi conoscere.

  Per approfondire:
■   Storytelling aziendale: l’arte di raccontare e l’emozione sono tutto!
     ■   La comunicazione persuasiva, la forza oscura della vendita.

Con lo storytelling, il concetto base (e anche il più complesso) è creare su di esso una storia in grado
di coinvolgere ed emozionare l’utente finale, tanto da spingerlo a seguire ed infine ad acquistare il
prodotto/servizio in oggetto. Per raggiungere tale obiettivo però è fondamentale che di fondo
vi sia una strategia che vada a tener conto del proprio pubblico di riferimento, su di esso creare
dei contenuti specifici e mirati costruendo immagini e grafiche da condividere sui vari canali
rispettando un budget di spesa.

Dei concetti, questi, sicuramente non semplici e che trovano molte difficoltà nella realizzazione ma
un forte aiuto, almeno nella diffusione, ci viene data dall’avvento del mobile che ha permesso a tutti
di diventare dei narratori in tempo reale.

Una svolta significativa viene sicuramente dai social
network.
Con il loro utilizzo così massiccio il marketing è costretto ad adattarsi e a spostare ormai sempre più
l’attenzione dal prodotto al consumatore. Se prima il prodotto era al centro dell’attenzione, adesso
un ruolo chiave è dato dai bisogni del cliente e all’azienda spetta non solo il compito di
soddisfarli ma di farli nascere per poi guidare il consumatore, con racconti unici ed esperenziali alla
scelta del proprio prodotto.

Il principale social per il visual storytelling è sicuramente Instagram, segue poi ovviamente
Facebook. Una condizione, però, valida ad entrambe è che per poter narrare si ha bisogno di un
profilo ben curato, attivo e che segua una strategia.

     Per approfondire:

     ■   Cosa rende Instagram così irresistibile? L’evoluzione di una piattaforma dal visual storytelling
         all’e-commerce.

Per poter fare un buon storytelling sui social bisogna:

■   Raccontare come è nato il brand
■   Con una frequenza quotidiana, raccontare cosa succede e come si evolve
■   Condividere dei valori
■   Interagire con il pubblico e ri-postare contenuti proposti dai propri clienti

Non sempre al centro dello storytelling possiamo trovare un prodotto o un marchio a volte
protagonisti di questa tecnica sono delle persone, personaggi famosi: gli influencer.

Quante volte nella nostra vita abbiamo sentito questa affermazione: “Sei bravo ma non sai
venderti”…bene ci stanno semplicemente dicendo che non stiamo narrando chi siamo, cosa facciamo
e perché dovrebbero scegliere noi.
Per approfondire:

  ■   Personal Branding: come promuovere il proprio Business ma anche e soprattutto se stessi
  ■   Documentare la vita sul web: dallo sharing al personal branding
  ■   Come creare il brand personale e promuoverlo sui social media

Da sempre la società ci impone la necessità di esprimere la propria identità per essere accettati
all’interno di un sistema. Con l’avvento del mondo digitale questo fenomeno si è amplificato in
quanto adesso tutti hanno la possibilità di trasformarsi in storytellers.

Raccontarsi, però, non è semplice dobbiamo cercare di farci conoscere sia come professionisti che
come persone curando nei minimi dettagli la propria comunicazione per non rischiare di essere
banali ma coerenti e coinvolgenti. Anche in questo caso, vanno analizzati i comportamenti e le
strategie in base al canale social che vogliamo utilizzare.

  Scopri il nuovo numero > Spazio: ultima frontiera
Se si vuole utilizzare Instagram allora dobbiamo dare spazio a foto, video, immagini, hashtag e
contenuti interessanti per cercare di emergere dagli altri. Se invece puntiamo a volere un contatto
più diretto con l’utente, magari ponendo delle vere e proprie domande, in questo caso il social da
utilizzare sarà sicuramente Facebook. Prediligiamo una narrazione schietta, semplice in grado di
creare viralità ed interazione.

Accanto allo storytelling personale, negli ultimi anni, l’arte della narrazione, sta avendo
dei grossi successi nel campo politico.
Infatti, il successo di un candidato, invece di un altro, sempre più spesso è determinato dalla
capacità di uno o dell’altro di riuscire ad instaurare un rapporto con gli elettori. In questo caso la
narrazione avrà lo scopo di emozionare, raggiungere e convincere, attraverso dei racconti, il
cittadino chiamato ad esprimere un voto. Attraverso lo storytelling, il politico, dovrà comunicare la
sua identità, i valori e le sue opere future con la difficoltà di rendere parte positiva della storia le
possibili critiche e attacchi degli altri candidati e sostenitori. I social media diventano i biglietti da
visita dei candidati che dovranno evitare l’errore di tenere una narrazione costante solo durante la
campagna elettorale per poi abbandonare la pagina.

Le campagne elettorali statunitensi sono delle vere e proprie
battagli tra storytelling che si consumano sui social.
Il primo ad utilizzare questa tecnica è stato Obama che attraverso i social network narrava la
capacità delle persone di rappresentare il cambiamento e rispondeva agli attacchi della controparte,
allora Hillary Clinton che lo accusava di non aver esperienza politica, alternando cenni biografici
della sua vita a pratiche nuove necessarie per accantonare il “vecchio”.

Ritornando in Europa, Berlusconi nel 2001, a ridosso delle elezioni, inviò a tutti gli italiani una
pubblicazione di 125 pagine a colori, con testi brevi e ricche di immagini che narrava le sue vicende
personali e professionali spiegando il perché le sue capacità avrebbero fatto il bene del Paese.

Lo storytelling, infine, è un potente strumento di
comunicazione per la promozione di servizi turistici, basata
sull’empatia e sulla suggestione.
Le regole da seguire per un buono storytelling turistico sono:

■   Provocare per catturare l’attenzione
■   Raccontare la destinazione
■   Sorprendere con messaggi chiari ed un buon visual

Web e social sono ormai ottimi spazi per promuovere servizi turistici tramite lo storytelling, con lo
scopo di aumentare la visibilità e l’engagment, ma è un ottimo modo anche per distinguersi dagli
altri competitors e stimolare i viaggiatori ad essere loro gli storytellers continuando il racconto e la
loro esperienza di viaggio.

E chissà che il prossimo non sarà sulla luna… Sarete pronti a narrare la vostra esperienza lunare?
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Native Advertising: dalla nascita alle
previsioni per il 2020
Parlare di Native advertising significa parlare di una pubblicità su Internet che ha l’obiettivo di
attirare gli interessi degli utenti, mimetizzandosi letteralmente all’interno del sito su cui è ospitata
per migliorare la user experience.

Nel Native advertising, quindi, il contenuto si mimetizza sia dal punto di vista grafico, sia dal punto
di vista dei contenuti, che devono essere pertinenti con il sito in cui vengono inseriti. Ad esempio si
parla di pubblicità nativa quando si propone una pubblicità di scarpe da calcio in un articolo che
parla di una partita o un calciatore.

Un po’ di storia del Native Advertising
Oggi fare native advertising è una pratica comune per le aziende e la pubblicità nativa è la migliore
risposta alla banner blindness, ovvero la capacità dell’utente di non vedere i contenuti pubblicitari
delle pagine web che visita, diventando così indifferente a promozioni e offerte.

Si tratta di un fenomeno in costante espansione e, quindi, ogni azienda deve studiare nuove forme di
pubblicità per stimolare interesse ed engagement del pubblico di riferimento. Proprio questa tecnica
diventa, quindi, particolarmente efficace dato che il contenuto sponsorizzato è immerso nel
Puoi anche leggere