Bollette a 28 giorni . AGCOM: "Rimborso automatico o subito nuove multe" - Il Corriere ...

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Bollette a 28 giorni . AGCOM: "Rimborso automatico o subito nuove multe" - Il Corriere ...
Bollette a 28 giorni . AGCOM:
"Rimborso automatico o subito nuove
multe"
ROMA – Le società telefoniche     che avevano utilizzato la bolletta
telefonica accorciata, cioè spedita ogni 28 giorni, e quindi 13 volte
in un anno invece di 12 aumentando i costi a carico degli utenti
adesso rischiano l’ennesima pesante sanzione.

Fastweb, Tim, Vodafone e WindTre dovrebbero restituire ai consumatori,
ognuna da un minimo di 240 mila a un massimo di 5 milioni di euro,. L
’AGCOM cioè l’ Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni –
organismo controllore della telefonia e della televisione in Italia –
ha quindi formalizzato una nuova contestazione alle quattro società
telefoniche che avrebbero dovuto restituire in automatico i soldi in
più che hanno sottratto il prelievo contestato dall’Autorità ha avuto
luogo per 8-10 mesi a cavallo tra 2017 e 2018 applicando ai clienti la
fatturazione in bolletta ogni 28 giorni.
Per l’ Autorità il rimborso va erogato in modo automatico, il che
significa che anche la persona più facoltosa e poco attenta, anche un
anziano poco informato, o un ragazzino inesperto deve ricevere il
rimborso in soldi senza bisogno di fare una qualsiasi richiesta alla
società telefonica, e tutto ciò anche in assenza di rivendicazioni,
iniziative, azioni, anche per i più distratti . L ’Autorità per le
Garanzie (AGCOM) contesta che alcuni utenti, pur avendo chiesto i
soldi di risarcimento , non li hanno mai ottenuti, vedendo i propri
diritti lesi e calpestati per la seconda volta
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La decisione sulle nuove sanzioni dell’ AGCOM arriverà nel 2020 .
Infatti le compagnie telefoniche hanno cinque mesi di tempo per
inviare all’Autorità la loro difesa. Il pronostico, dunque, è che la
decisione finale sulla multa arriverà a febbraio del 2020. Ma a
prendere questa decisione sarà un nuovo consiglio e quindi non saranno
gli attuali quattro componenti dell’attuale Autorità e il suo
presidente Angelo Cardani, prossimi al termine del loro mandato
settennale. Le memorie prima del verdetto arriveranno e saranno di
competenza della nuova Autorità, il cui presidente verrà scelto dal
governo Conte o dal governo che eventualmente gli succederà.
Le quattro società telefoniche sotto accusa, chiaramente, sono decise
a non mollare.     Un dirigente dell’AGCOM rivela, che WindTre ad
esempio, che ha ingaggiato il prof. Ugo Ruffolo legale esperto nei
diritti dei consumatori , per mettere a punto la sua linea difensiva.
Nel suo parere Ruffolo mette in risalto che la compagnia nata dalla
fusione fra i gestori Wind e Tre , è disponibilissima a restituire i
soldi dovuti non solo ai suoi clienti, ma addirittura ai suoi ex
clienti che intanto siano passati a un’altra società telefonica. La
disponibilità a ridare indietro il denaro delle bollette accelerate è
stata comunicata attraverso il sito, con degli sms a ogni persona, con
inserzioni sui giornali.
Quindi sempre secondo WindTre i suoi clienti ed ex clienti non possono
non sapere che i soldi sono a loro disposizione. Se poi         questi
clienti ed ex clienti non rivendicano la restituzione, si collocano in
una situazione che somiglia a quella del “debitore in mora“. In parole
più semplici, significa che è il debitore che esita nel reclamare i
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soldi, a fronte della disponibilità del creditore (nel caso WindTre) a
rinunciarci. WindTre, quindi, si considera a posto anche se non rende
i soldi in automatico.

Le contestazioni che l’Autorità ha recapitato alle quattro società
telefoniche Fastweb, Tim, Vodafone e WindTre, infatti non sono
uguali. L’Autorità ha ragionato sulle modalità di restituzione del
denaro che ogni compagnia telefonica ha attuato. Una grossa
attenzione, ad esempio, è acceso sul comportamento di Tim che offre
come risarcimento ai clienti della rete fissa dei servizi altrimenti a
pagamento . Nessun accredito automatico sSe invece qualcuno vuole
essere risarcito in denaro. I clienti dovranno reclamare il denaro con
i “consueti canali conciliativi” (ad esempio i Corecom regionali) ed
aspettare di vincere il contenzioso.
Tutto ciò ben sapendo come si siano allungati i tempi per la
conciliazione a causa dell’attivazione di un sistema (ConciliaWeb)
voluto dalla Direzione Consumatori dell’ AGCOM, che ha dimostrato di
non risolvere alcun problema, ma anzi di allungare i tempi per la
risoluzione dei contenziosi, giocando in realtà a favore delle
compagnie di telecomunicazione, che guarda caso con i loro contributi
finanziano e mantengono , stipendi compresi, tutta la struttura
Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni.
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Il Consiglio di Stato respinge i
ricorsi delle compagnie
telefoniche: illegali le bollette a
28 giorni, ora scatta la
restituzione agli utenti
ROMA – Respinti dal Consiglio di Stato i ricorsi presentati dalle
compagnie telefoniche Vodafone, Wind-3 e Fastweb contro le decisioni
del Tar Lazio inerenti alle bollette telefoniche a 28 giorni. Le
compagnie telefoniche adesso ora per effetto della decisione dovranno
restituire i ‘giorni illegittimamente erosi’ dal giugno 2017, quando
alterano il conteggio delle settimane e conseguentemente le
contabilità dei mesi. La decisione sul ricorso di Tim seguirà a breve
ma non c’è ragione di credere che sarà contrario, considerato che la
vicenda e le ragioni delle parti sono identiche.

                                           La sentenza del Tar oggi
confermata dal Consiglio di Stato, massimo rogano di giustizia
amministrativa, prevedeva inizialmente la ‘restituzione’ di questi
giorni entro il 31 dicembre 2018, ma il ricorso delle compagnie aveva
bloccato la procedura. Il meccanismo sarà quello della compensazione
con le fatturazioni future.

Una cifra tra i 30 ed i 50 euro ad utente. Le associazioni dei
consumatori quantificano l’indennizzo per la pratica delle bollette a
28 giorni, dopo la decisione odierna del Consiglio di Stato, per la
quale gli utenti delle compagnie telefoniche dovrebbero ricevere un
indennizzo quantificabile tra i 30 e i 50 euro ciascuno per le
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maggiori spese sostenute a causa dell’illegittima pratica delle
bollette a 28 giorni.

Le associazioni dei consumatori     fanno sapere che le compagnie
telefoniche stanno giocando d’anticipo offrendo ai propri clienti
indennizzi sotto forma di minuti e traffico internet gratis, ma i
consumatori devono prestare massima attenzione: tali offerte sono
infatti a costo zero per le società della telefonia e potrebbero non
compensare il credito vantato dagli utenti per le fatturazioni a 28
giorni.

Francesco Posteraro, commissario AGCOM così ha commentato la decisione
di Palazzo Spada: “In quanto relatore della delibera sulle tariffe 28
giorni, non posso che essere soddisfatto che ne risulti confermata la
legittimità della nostra azione a tutela dei consumatori e finalizzata
a impedire pratiche lesive della trasparenza tariffaria”.

Scoperto software spia, ha
intercettato centinaia italiani
ROMA – Centinaia di italiani sono stati “infettati”da uno spyware
chiamato Exodus , cioè un software che raccoglie informazioni a vostra
insaputo dai vostri smartphone. Sviluppato da un’azienda italiana, era
distribuito e funzionante sui dispositivi Android ed in grado di
bypassare i filtri di sicurezza Google. E’ stato identificato da un
gruppo di ricercatori, e la vicenda è stata resa nota dal sito
Motherboard che parla di “malware governativo”. “Riteniamo – dicono i
ricercatori – che sia stato sviluppato dalla società eSurv, di
Catanzaro, dal 2016“.
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La Procura di Napoli tempo
fa ha aperto un fascicolo d’indagine : la prima individuazione del
malware è infatti avvenuta proprio nel capoluogo partenopeo. A
coordinare l’attività investigativa, che interessa tutto il territorio
nazionale, è il procuratore capo Giovanni Melillo. Secondo quanto si
apprende, il fascicolo è stato aperto tempo fa: la prima
individuazione del malware è infatti avvenuta proprio nel capoluogo
partenopeo.

Nel frattempo la società Esurv sembra scomparsa da Internet: facendo
la ricerca sul web compare una pagina con la scritta ‘notfound‘ ( cioè
introvabile) e sulla loro pagina Facebook c’è la dicitura ‘questo
contenuto non e’ al momento disponibile‘. Il Copasir, il comitato di
controllo sui servizi segreti, approfondirà la vicenda e a quanto si
apprende, nei prossimi giorni chiederà al Dis, il dipartimento che
coordina l’attività delle agenzie di intelligence, notizie e
aggiornamenti sulla vicenda. Per il Garante della Privacy Antonello
Soro, “E’ un fatto gravissimo”.

“Abbiamo identificato copie di uno spyware sconosciuto – spiegano i
ricercatori – che sono state caricate con successo sul Google Play
Store più volte nel corso di oltre due anni. Queste applicazioni sono
normalmente rimaste disponibili per mesi“. Google, proprietaria di
Play Store, il negozio digitale da cui si scaricano le app per
Android, contattata dai ricercatori ha rimosso le applicazioni ed ha
dichiarato che “grazie a modelli di rilevamento avanzati, Google Play
Protect sarà ora in grado di rilevare meglio le future varianti di
queste applicazioni“. Alcuni esperti hanno riferito a Motherboard che
l’operazione potrebbe aver colpito vittime innocenti “dal momento che
lo spyware sembrerebbe essere difettoso e mal direzionato. Esperti
legali e delle forze dell’ordine hanno riferito al sito che lo spyware
potrebbe essere illegale“.
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Il
software spia agiva in due step. Exodus One raccoglieva informazioni
base di identificazione del dispositivo infettato dal virus creato (in
particolare il codice Imei che consente di identificare in maniera
unica uno telefono ed il numero del cellulare). Una volta acquisite
queste informazioni si passava alla fase Exodus Two, e veniva auto-
installato un file che raccoglieva dati e informazioni sensibili
dell’utente infettato come la cronologia dei browser, le informazioni
del calendario, la geolocalizzazione, i log di Facebook Messenger, le
chat di WhatsApp. Secondo Security without Borders, Exodus sarebbe in
grado anche di registrare le telefonate, l’audio ambientale e scattare
foto. E non solo: recuperando la password del Wi-Fi, diventa possibile
entrare nella rete domestica dell’utente e raccogliere altri dati. Un
“captatore informatico”, come li definisce la legge, insomma, ma molto
avanzato: rimane attivo anche quando lo schermo si spegne e
l’applicazione verrebbe altrimenti sospesa per ridurre il consumo
della batteria.

Secondo gli esperti, il software spia è stato utilizzato tra il 2016
all’inizio del 2019, copie dello spyware sono state trovate caricate
sul Google Play Store, camuffate da applicazioni di servizio di
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operatori telefonici. Sia le pagine di Google Play Store che le finte
interfacce di queste applicazioni malevole sono in italiano. Secondo
le statistiche pubblicamente disponibili, in aggiunta ad una conferma
di Google, la maggior parte di queste applicazioni hanno raccolto
qualche decina di installazioni ciascuna, con un caso che superava le
350 unità. Tutte le vittime infettate quindi si trovano in Italia.

“Riteniamo che questa piattaforma sia stata sviluppata – spiegano
gli autori della ricerca- da una società Italiana chiamata eSurv, di
Catanzaro, che opera principalmente nel settore della
videosorveglianza. Secondo informazioni disponibili pubblicamente
sembra che eSurv abbia iniziato a sviluppare spyware dal 2016”. Da
nostre informazioni, la società E-Surv gestiva anche i servizi di
videosorveglianza remota per i clienti della compagnia telefonica
Fastweb.

Calenda: l’esempio di Fastweb
conferma che si può vincere la
battaglia contro i call center
all’estero

Carlo Calenda

ROMA – “La decisione di Fastweb di dare avvio al graduale rientro in
Italia   delle attività di assistenza telefonica ai propri clienti
attualmente svolte all’estero rappresenta una conferma importante che
è possibile combattere e vincere la battaglia contro le
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delocalizzazioni nel settore dei call center”. E’ quanto ha affermato
il Ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda in merito alla
decisione annunciata oggi da Fastweb di spostare le attività di
customer care al momento svolte dall’estero da più di 200 operatori.

L’iniziativa di Fastweb è infatti una diretta emanazione          del
Protocollo di Autoregolamentazione promosso dal Ministero dello
Sviluppo Economico firmato lo scorso 4 maggio a Palazzo Chigi da
Fastweb e dalle principali aziende italiane committenti di servizi di
call center. Nello specifico, la decisione odierna riguarda il
cosiddetto “reshoring” delle attività attualmente condotte
dall’azienda in Romania nelle sedi di Cagliari e Lecce.

Ma non è solo questo l’impegno di Fastweb. Infatti il 2018 è l’anno
in cui i test della tecnologia 5G si consolideranno in molte città
europee, e hanno discusso ieri a Roma i massimi esperti europei messi
a confronto con il patrocinio dell’assessorato all’innovazione di Roma
Capitale, partendo proprio dai prime applicazioni di smart city basate
sul 5G sviluppate nelle città di Roma, di Goteborg e Stoccolma – dove
si testa una piattaforma per supportare veicoli a guida autonoma – e
di Amsterdam dove è in fase di sperimentazione un sistema per
raccogliere in tempo reale i dati di tutti i veicoli in movimento, per
ottimizzare il funzionamento dei semafori e dei flussi di traffico.
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L’Assessore capitolino
Flavia Marzano ha illustrato lo stato di avanzamento del progetto
Roma5G, lanciato grazie alla partnership tra Roma Capitale, Fastweb e
Ericsson, che consentirà lo sviluppo di una piattaforma Wi-Fi e 5G in
grado di supportare servizi e applicazioni innovativi. Procede la
realizzazione della rete dopo l’accensione della prima antenna lo
scorso febbraio, e già entro la fine del 2018 saranno messe in campo
le prime applicazioni. In ambito turistico, ad esempio, saranno
individuati siti archeologici o ambienti museali in cui arricchire
l’esperienza del visitatore attraverso applicazioni di realtà virtuale
e realtà aumentata, che consentiranno in alcuni casi la ricostruzione
di ambienti non più accessibili o esistenti.

Altre applicazioni in corso di sviluppo a Roma riguarderanno il
trasporto pubblico – dal ticketing real time alla diagnostica da
remoto per le vetture – e la sicurezza, grazie a sistemi di
videosorveglianza ad alta definizione.

Nel corso del convegno sono stati approfonditi anche gli aspetti
industriali e regolatori che avranno un impatto sullo sviluppo del 5G,
con un focus sui bandi attraverso i quali in tutti i paesi europei le
autorità di regolazione nazionale stanno assegnando le frequenze
necessarie allo sviluppo del nuovo standard mobile. Il tavolo ha visto
quindi il confronto dei regolatori italiani con il Commissario
dell’AGCOM Antonio Nicita insieme alle realtà del Regno Unito (Ofcom)
e a rappresentanti di Fastweb e di Ericsson. Dal dibattito è emersa la
necessità di creare regole per uno sviluppo competitivo del settore e
la definizione di business models che promuovano la collaborazione tra
i diversi settori economici e la creazione di un ecosistema integrato
tra operatori di telecomunicazioni e le realtà industriali e dei
servizi.

A rappresentare il mondo politico nazionale Alessandro Cattaneo (Forza
Italia), Salvatore Margiotta (Pd) e Paolo Romano (M5S) che hanno
manifestato il proprio sostegno alla diffusione del 5G come fattore di
crescita e di competitività per il Paese grazie allo sviluppo di
applicazioni e servizi innovativi in grado di trasformare il modo di
vivere le città. Roberto Viola, Direttore Generale DG Connect, della
Commissione UE, nel keynote speach di apertura dei lavori ha detto
: “Il 5G è un’infrastruttura fondamentale per l’Europa. Significa più
servizi per i cittadini, una migliore qualità di vita e più
opportunità. Nonostante gli sforzi di tutti e gli investimenti che
stiamo facendo, c’è ancora tanto lavoro da fare e l’Europa fatica a
tenere il passo con Stati Uniti e Cina. Indubbiamente serve uno sforzo
comune. Bisogna partire dalle esperienze di città come Roma e
Stoccolma che abbiamo visto oggi.”

Andrea Lasagna, Technology Officer di Fastweb ha invece dichiarato :
“Le potenzialità del 5G sono enormi e possono trasformare
profondamente il nostro modo di vivere. Per mantenere il vantaggio che
abbiamo conquistato con le sperimentazioni sono necessarie tre cose:
che i bandi per le frequenze creino condizioni per l’ingresso di un
nuovo entrante – che avrebbe fortissimi incentivi ad accelerare la
posa delle nuove reti – che le amministrazioni locali facilitino i
lavori di posa e che si intervenga sui limiti elettromagnetici per
renderli compatibili con le esigenze del 5G”.

Maxi perquisizione della Finanza
nelle compagnie telefoniche

                                           ROMA – Il Nucleo speciale
antitrust della Guardia di Finanza, su richiesta dell’
Autorità Antitrust sta svolgendo una serie di perquisizioni presso le
sedi dei principali operatori di telefonia fissa e mobile e nella sede
Assotelecomunicazioni per fare chiarezza ed accertare su un possibile
accordo di cartello tra le compagnie telefoniche, e verificare
possibili intese restrittive della concorrenza collegati alla
fatturazione mensile delle sinora messe a 28 giorni (4 settimane) .
Le compagnie di telecomunicazioni sono obbligate dalla legge di
bilancio 2018 a tornare alle bollette mensili, rinunciando a quelle
tariffate a 28 giorni, facendo pagare ai clienti 12 mesi all’anno
anziché 13 (come succede adesso fra mille proteste dei consumatori).
A gennaio Tim, Vodafone e Fastweb avevano annunciato che (ognuna in
una data diversa) torneranno agli addebiti mensili, lasciando
invariata la spesa annuale. Ma in realtà così non è.

Non è accettabile che tutte le compagnie telefoniche , o quasi, stiano
magicamente aumentando le tariffe nello stesso momento, e guarda caso,
tutti dell’8,6%. Le associazioni di consumatori sono sul piede di
guerra affinchè si rimborsino finalmente gli utenti e che le compagnie
telefoniche restituiscano quanto hanno indebitamente incassato a
partire dal 23 giugno 2017.

Respinto il ricorso delle compagnie
telefoniche al TAR del Lazio contro
le bollette mensili stabilite
dall’AgCom

                                           di Federica Gagliardi

Il TAR-Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio ha respinto oggi
il ricorso presentato dall’Asstel, l’associazione di categoria che
rappresenta le aziende di telecomunicazione fissa e mobile, e di Tim,
Vodafone, WindTre, Fastweb ed Eolo contro la delibera AgCom n. 121 del
24 marzo 2017 , emanato dall’Autorità per le Garanzie nelle
Comunicazioni, che imponeva agli operatori di telefonia mobile
di emettere le bollette una volta al mese invece che ogni quattro
settimane. Infatti secondo il TAR non è vero che la delibera
dell’AgCom viola la libertà d’impresa, come sostenuto dalle compagnie
telefoniche.

Il TAR ha anche confermato le multe emanate lo scorso dicembre
dall’AgCom, che aveva deciso nei confronti delle compagnie telefoniche
che non si erano adeguate al nuovo tipo di fatturazione entro i 90
giorni stabiliti dalla delibera 121: ogni compagnia telefonica dovrà
pagare la sanzione massima prevista per legge che di 1,16 milioni di
euro.
Il Tar del Lazio con un’ordinanza, cioè con un distinto provvedimento
ha però dato un dispiacere provvisorio ai consumatori sospendendo il
meccanismo di rimborso ai clienti (indicato sempre dalla delibera del
Garante di dicembre del 2017) che prevedeva che i clienti dovevano
essere indennizzati nella prima bolletta corretta, nella prima fattura
che resusciterà la cadenza mensile. La restituzione doveva essere
commisurata alle giornate che i clienti hanno pagato in più, per colpa
della fatturazione ogni 28 giorni, da una data precisa: il 23 giugno
2017.

La delibera stabiliva anche che le compagnie telefoniche dovessero
rimborsare i propri clienti per le somme in più chieste da giugno
2017, cioè da quando avrebbero dovuto passare alla fatturazione
mensile: su questo punto il TAR è venuto incontro alle aziende di
telecomunicazione, sospendendo fino al 31 ottobre 2018 la decisione in
merito. Ma ogni singolo consumatore potrà comunque rivolgersi con
singoli procedimenti dinnanzi ai vari Corecom regionali per far valere
le proprie ragioni contemplate nella delibera del dicembre 2017.

Telecomunicazioni. Ultimatum dal
ministro Calenda alle bollette a 28
giorni: “Serve una soluzione
rapida”

                                            ROMA – “Inaccettabile –
l’ha definita il ministro dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda – È
una cosa che va messa a posto il più rapidamente possibile“, ha
replicato a chi gli domandava se il Governo fosse intenzionato a porre
rimedio alla questione delle “bollette corte” adottate a catena dagli
operatori di telefonia e pay tv (fatture ogni 28 giorni anziché 30),

Si attende, infatti, un intervento già in manovra. Ma del divieto
atteso, attualmente non ci sarebbe traccia nella versione delle legge
di Bilancio appena varata dal Consiglio dei ministri. Chiaramente non
è ancora l’ultima possibilità . Infatti       alla domanda se è in
preparazione un emendamento in materia il ministro Calenda risponde
che occorre trovare una soluzione. Ed apparirebbe come la soluzione
più immediata quella di una modifica al testo della manovra, o al
decreto collegato,.

                                           Il    polverone      sulla
vergognosa fatturazione a 28 giorni si è alzato mesi fa, con la
discesa in campo dell’Autorità di garanzia per le comunicazioni, che a
marzo scorso ha indicato come scadenza per la fatturazione i 30 giorni
per tutti gli operatori di telefonia fissa, mentre incredibilmente per
il traffico mobile i 28 giorni potevano considerarsi ancora
ammissibili ! Sarebbe interessante capire e conoscere l’origine di una
decisione così incoerente ed allucinante.

La decisione dell’ AGCOM non è piaciuta persino alle compagnie di
telecomunicazioni (telefomo, internet. paytv ecc.) ed è quindi
scattato il ricorso unitario al Tar che a giugno ha accolto le
richieste di sospensiva, fissando al prossimo 7 febbraio 2018 la data
per il giudizio. Nel frattempo tutti gli operatori progressivamente
hanno “virato” per la bolletta accorciata a 28 giorni. Un cartello di
settore ha innescato la reazione dell’Agcom che un mese fa ha avviato
procedimenti sanzionatori nei confronti di Tim, Wind Tre, Vodafone e
Fastweb e ha lanciato un avvertimento alle pay tv, come Sky. Con multe
ridicole se rapportate rispetto a quanto stanno incassando di più con
il mese accorciato i gestori di telecomunicazione a danno dei
consumatori.

“Come Autorità abbiamo fatto tutto quello che dovevamo e potevamo fare
e ovviamente seguiamo con interesse la cosa, l’annunciato intervento
legislativo” ha dichiarato il presidente dell’Authority, Angelo
Marcello Cardani ricordando che davanti al Parlamento, il Governo
aveva definito le pratiche “scorrette” e lasciato intendere di voler
imporre una scadenza unica a un mese. Senza però spiegare se tale
decisione sia valida per tutti (fissi, mobili, paytv ecc.)

A queste dichiarazioni “diplomatiche-politiche” si sono contrapposte
quelle delle associazioni dei consumatori che denunciano il
comportamento illegittimo degli operatori che va avanti da mesi, ed in
effetti non si capisce cosa aspettino le autorità Antitrust e quella
sulla Comunicazioni (AGCOM) ancora ad elevare una maxi-sanzione,
contestando l’aggravio di costi addebitati nelle tasche dei
consumatori (+8,6%). E qualcuno chiede al ministro Calenda che si
batta ed impegni per inserire l’emendamento nella Legge di Bilanci».
Infanzia, malnutrizione: Save the
Children, ogni anno, nel mondo, 3
milioni di bambini sotto i 5 anni
muoiono a causa della malnutrizione

                                            ROMA –    Ogni anno, nel
mondo, circa 6 milioni di bambini muoiono prima di aver compito i 5
anni per cause facilmente curabili e prevenibili. Tra queste
la malnutrizione, che provoca quasi la metà delle morti infantili a
livello globale, uccidendo circa 3 milioni di bambini ogni anno. 52
milioni di minori sotto i 5 anni in questo momento stanno soffrendo
la carenza improvvisa di cibo e nutrienti, mentre ben 155 milioni sono
malnutriti cronici e rischiano che le gravi conseguenze sul loro
sviluppo fisico e cognitivo si ripercuotano sull’intero ciclo di vita.

Povertà, cambiamenti climatici e conflitti hanno un ruolo decisivo
nella diffusione della malnutrizione. Nei Paesi a medio e basso
reddito, 2 minori su 5 vivono in stato di povertà
multidimensionale con forti deprivazioni circa l’accesso al cibo, ai
servizi igienico-sanitari e all’educazione, mentre nel Corno
d’Africa e in Kenya, in seguito all’emergenza climatica “El Niño“, 7
milioni di bambini stanno ancora facendo i conti con la carenza
d’acqua e di sostanze nutritive. Solo nel 2016 guerre e insicurezza
alimentare hanno provocato la fuga di 65,6 milioni di persone e 122
milioni di bambini affetti da malnutrizione cronica vivono in zone
sferzate dai conflitti

“È semplicemente inaccettabile che ancora così tanti bambini perdano
la vita perché colpiti dalla malnutrizione, un killer silenzioso, ma
prevenibile, che trae ancora più forza proprio attraverso il circolo
vizioso della povertà, dei conflitti e dei cambiamenti climatici, e
che indebolisce il sistema immunitario dei bambini, lasciandoli
vulnerabili alle infezioni e alle malattie. E, per quelli che
sopravvivono, la malnutrizione rappresenta una condanna per tutta la
vita, perché può danneggiare il loro sviluppo cognitivo e avere
ripercussioni devastanti sul loro futuro e sulle loro opportunità di
vita da adulti. Diventano così bambini senza un domani, molto spesso
per il solo fatto di essere nati nel posto sbagliato, in contesti
molto poveri o colpiti da pesanti crisi”, ha dichiarato Claudio
Tesauro, Presidente di Save the Children, l’Organizzazione
internazionale che dal 1919 lotta per salvare la vita dei bambini e
garantire loro un futuro.

È per loro che Save the Children lancia la campagna globale “Fino
all’ultimo bambino”, per salvare e dare un futuro ai bambini senza un
domani. “Dal 1990 ad oggi sono stati compiuti importanti passi in
avanti per ridurre il fardello della malnutrizione, riducendo da 254 a
155 milioni il numero di bambini colpiti da malnutrizione cronica.
Nonostante ciò, il mondo è ancora ben lontano dal raggiungere gli
obiettivi globali, quali la riduzione del 40% dei casi di
malnutrizione cronica entro il 2025 e l’eliminazione di tutte le forme
di malnutrizione entro il 2030. Noi continueremo a fare di tutto
perché nessun bambino venga più lasciato indietro e affinché a tutti,
nessuno escluso, venga restituita la possibilità di beneficiare delle
sostanze nutritive di cui hanno bisogno, crescere sani, andare a
scuola, formarsi e guardare al futuro con speranza”, ha
commentato Valerio Neri, Direttore Generale di Save the Children.

Nell’ambito della campagna Fino all’ultimo bambino, Save the Children,
in collaborazione con Microsoft e con il patrocinio del Comune di
Milano, ha ricreato, presso la Microsoft House di Milano, in viale
Pasubio 21, un percorso esperienziale immersivo – dal 12 al 17
ottobre – per conoscere da vicino il problema della malnutrizione.
Grazie alle tecnologie della realtà mista (con il visore HoloLens), i
visitatori, tra cui anche tanti alunni delle scuole, avranno la
possibilità di vivere un’esperienza coinvolgente ed educativa.
Attraverso gli ologrammi, infatti, potranno sperimentare sensazioni
reali di contesti di disagio, oltre a poter sentire durante il
percorso anche odori e suoni per ritrovarsi a tu per tu con le stesse
sfide di chi, ogni giorno, è costretto a fare i conti con la povertà
estrema, le guerre e i cambiamenti climatici, le tre concause
principali della malnutrizione.

Dal nuovo rapporto di Save the Children “Una fame da morire. Vecchie e
nuove sfide nel contrasto alla malnutrizione” emerge che la
malnutrizione rappresenta la concausa di circa la metà (45%) delle
morti infantili a livello globale. Dei 155 milioni di bambini che
soffrono di malnutrizione cronica (1 minore su 4 sotto i 5 anni nel
mondo), più della metà si trova in Asia, in particolare in Asia
Meridionale (oltre 61 milioni), e il 30% in Africa. 52 milioni di
bambini (1 su 12) sono invece colpiti da malnutrizione acuta, di cui
più della metà in Asia meridionale, mentre circa 41 milioni risultano
obesi o in sovrappeso, di cui 4 milioni in Paesi ad alto reddito. In
questi ultimi si contano del resto 1,6 milioni di minori colpiti da
malnutrizione cronica. Tra i Paesi che riportano i tassi peggiori di
malnutrizione troviamo l’Eritrea, dove ne è colpito 1 bambino su 2
sotto i 5 anni, e l’India, dove la proporzione tocca quasi il 48% .
Buone notizie giungono invece dall’incremento, a livello globale,
della pratica dell’allattamento al seno, che garantisce ai neonati 6
possibilità in più di sopravvivere nei primi mesi di vita: dal 36% di
bambini di età inferiore ai 6 mesi allattati esclusivamente al seno
nel 2005, si è passati al 43% nel 2016, con aumenti consistenti
soprattutto in Asia meridionale (59%) e Africa orientale (75%).

Il circolo vizioso della povertà. I bambini che nascono in contesti di
povertà sono i più esposti al rischio della malnutrizione e alle gravi
deprivazioni di carattere sanitario ed educativo. In 103 Paesi a medio
e basso reddito sono 689 milioni i minori considerati poveri
multidimensionali: in India lo è circa la metà dei bambini, mentre
ben 9 su 10in Etiopia, Niger e Sud Sudan. In Africa subsahariana,
appena meno della metà della popolazione che vive nelle zone rurali
(43%), può accedere alle fonti d’acqua potabile, mentre solo 1 persona
su 5 ha accesso ai servizi igienici, considerati entrambi elementi
essenziali nella lotta alla malnutrizione. In Asia centrale e
meridionale la percentuale di popolazione nelle aree rurali con
accesso ai servizi igienici è invece del 40%. Tra gli elementi che
incidono sulla povertà infantile anche l’accesso all’istruzione e alla
formazione, dal quale ancora oggi sono tagliati fuori 263 milioni di
bambini e adolescenti nel mondo.
Cambiamenti climatici In seguito alla grave emergenza El Niño,
considerata la peggiore crisi legata al cambiamento climatico degli
ultimi 35 anni, quasi 20 milioni di persone, nel Corno d’Africa,
stanno soffrendo gli effetti della dura crisi alimentare, tra cui ben
7 milioni di bambini tra Etiopia, Somalia e Kenya che non hanno
sufficiente accesso al cibo, in seguito alla perdita dei raccolti e
del bestiame provocata dalla siccità, e a fonti d’acqua sicure, con
forti ripercussioni sulla diffusione di malattie quali diarrea, colera
e morbillo. In Kenya sono 83 mila i bambini colpiti da forme severe di
malnutrizione acuta e 39 mila le donne incinte o in fase di
allattamento a rischio. La malnutrizione acuta ha colpito 376 mila
bambini in Etiopia e 275 mila in Somalia dove, nella prima metà del
2017, il numero di bambini affetti da malnutrizione, che hanno 9
probabilità in più di perdere la vita, è aumentato di almeno il 50%.
A livello globale, inoltre, se i cambiamenti climatici estremi
dovessero intensificarsi si stima che oltre 592 milioni di
persone potrebbero essere a rischio malnutrizione nel 2030 e quasi 477
milioni nel 2050 .

Conflitti. Delle 815 milioni di persone denutrite a livello mondiale,
più della metà (489 milioni) vive in Paesi colpiti da conflitti, dove
si stima che il tasso di malnutrizione cronica si riduca a un ritmo 4
volte inferiore rispetto ai Paesi non colpiti da crisi e dove i tassi
di povertà risultano in media superiori di 20 punti percentuali. Si
tratta, in particolare, di zone in cui i bambini hanno il doppio delle
possibilità di diventare malnutriti e morire durante l’infanzia
rispetto ai propri coetanei negli altri Paesi in via di sviluppo.
Contesti estremamente fragili e pericolosi in cui i minori e le loro
famiglie sono costretti a sfamarsi con quel che rimane dei raccolti o
ad arrangiarsi con ciò che trovano, come cibo per animali o foglie, a
bere da sorgenti d’acqua contaminate, spesso senza accesso a
medicinali e assistenza sanitaria. In Yemen, dove circa 17 milioni di
persone – pari al 60% della popolazione – risultano in stato di
insicurezza alimentare, già prima della crisi circa la metà dei
bambini sotto i 5 anni risultava affetta dalla malnutrizione e 1 donna
ogni 370 moriva per complicazioni durante gravidanza e parto, mentre
dal 2014 al 2016 l’aggravarsi del conflitto ha provocato un
aumento del 20% delle morti infantili.

“Oggi più che mai è arrivato il momento di dire basta. Basta alla
perdita di così tante vite, tra i bambini, che potrebbero essere
facilmente salvate e protette. Basta a così tante infanzie spezzate,
negate e compromesse. È dunque fondamentale che il mondo rafforzi il
proprio impegno e faccia ancora di più per contrastare in maniera
efficace la malnutrizione. Perché un mondo che volta la faccia anche a
un solo bambino la volta al suo stesso futuro”, ha detto ancora
Valerio Neri.

L’intervento di Save the Children. L’Organizzazione contribuisce da
anni a contrastare la mortalità e la malnutrizione infantile
attraverso interventi sul campo e un approccio multisettoriale. Dal
2009 al 2015, con la campagna Every One per il contrasto alla
mortalità infantile, Save the Children si è impegnata fortemente per
evitare che milioni di bambini sotto i 5 anni perdessero la vita per
cause facilmente curabili e prevenibili. Solo nel 2016, nel mondo,
grazie alla campagna Fino all’ultimo bambino, l’Organizzazione ha
raggiunto 21 milioni di bambini con i suoi programmi di salute e
nutrizione. I programmi di Save the Children, oltre a prevedere
interventi specifici in tema di nutrizione, prevenzione e assistenza
materno-infantile, prima e dopo il parto, comprendono azioni
specifiche per incentivare la crescita delle comunità locali in modo
sostenibile.

Anche quest’anno tutti potranno sostenere la campagna attraverso il
numero solidale 45544, che sarà attivo dal 12 ottobre al 5 novembre.
Sarà possibile donare 2 euro inviando un SMS dai cellulari WIND Tre,
TIM, Vodafone, PosteMobile, Coop Voce e Tiscali. Si potranno inoltre
donare 2 o 5 euro chiamando lo stesso numero da rete fissa TIM, Wind
Tre, Fastweb e Tiscali, oppure 5 euro da rete fissa Vodafone, TWT,
Convergenze e PosteMobile.

I fondi raccolti in Italia durante la campagna andranno a sostenere i
progetti di Save the Children in Egitto, Etiopia, India, Malawi,
Mozambico, Nepal e Somalia. La raccolta fondi della campagna Fino
all’ultimo bambino sarà promossa anche sui media: si comincerà con la
settimana dedicata alla raccolta fondi sulle Reti Rai TV e Radio
Rai dal 16 al 22 ottobre, per continuare poi con spazi nelle
principali trasmissioni delle reti Mediaset, La7 e Sky. Tanti i volti
noti del mondo del cinema, dello spettacolo e della musica che hanno
prestato la propria immagina a sostegno della campagna Fino all’ultimo
bambino, tra cui Cesare Bocci, Roberta Capua, Tosca d’Aquino, Irene
Ferri, Anna Foglietta, Giorgio Marchesi, Andrea Sartoretti, Syria e
Anna Valle.

Il calcio. La Lega Serie A aderisce alla Campagna, promuovendola sui
campi di calcio nella 9° giornata di campionato il 21 e 22 ottobre.
Inoltre, testimonial d’eccezione della campagna sono i calciatori
della ACF Fiorentina e alcuni tra i principali allenatori di Serie
A, tra i quali Massimiliano Allegri (Juventus), Eusebio Di Francesco
(Roma), Simone Inzaghi (Lazio), Vincenzo Montella (Milan), Sinisa
Mihajlović (Torino), Stefano Pioli (Fiorentina), Luciano Spalletti
(Inter), che hanno aderito realizzando dei video messaggi ad hoc per i
tifosi italiani.

In arrivo sanzioni dell’ AGCOM per
gli operatori telefonici
ROMA – L’ AGCOM Autorità per le Garanzie nelle comunicazioni, ha
deciso di avviare procedimenti sanzionatori nei confronti degli
operatori telefonici Tim, Wind Tre, Vodafone e Fastweb per il mancato
rispetto delle disposizioni relative alla cadenza mensile delle
fatturazioni e dei rinnovi delle offerte di comunicazioni
elettroniche.    si legge in una nota.

                                        Gli   operatori   telefonici
costituendo di fatto un “cartello” avevano deciso di applicare una
fatturazione a 4 oppure ad 8 settimane (invece che mensile) in tempi
diversi, da maggio 2016 ad aprile 2017. La manovra punta a fare pagare
(quasi) un mese in più ai loro clienti. L’ Autorità con una delibera
del marzo scorso, aveva infatti stabilito “al fine di garantire
massima trasparenza e confrontabilità dei prezzi vigenti, nonché il
controllo dei consumi e della spesa garantendo un’unità standard
(mese) del periodo di riferimento delle rate sottostanti a contratti
in abbonamento per adesione” . L’ AGCOM nella propria la nota ricorda
“che per la telefonia fissa e per le offerte convergenti l’unità
temporale per la cadenza delle fatturazioni e del rinnovo delle
offerte dovesse avere come base il mese o suoi multipli“. Però al
termine delle verifiche effettuate da Agcom, “è risultato che gli
operatori menzionati non hanno ottemperato alla delibera
dell’Autorità“.

C’è da auspicarsi che a seguito della decisione , di avviare
procedimenti sanzionatori nei confronti degli operatori telefonici
Tim, Wind Tre, Vodafone e Fastweb per il mancato rispetto delle
disposizioni relative alla cadenza delle fatturazioni e dei rinnovi
delle offerte di comunicazioni elettroniche, le sanzioni dell’Autorità
per le Garanzie nelle Comunicazioni   siano esemplari

Non corrisponde al vero, a differenza di quanto sostenuto ieri alla
Camera dal ministro per i Rapporti con il Parlamento, Anna
Finocchiaro, al question time, che il Tar del Lazio il 7 giugno aveva
accolto le richieste di sospensiva delle compagnie telefoniche, in
quanto aveva solo anticipato il giudizio di merito. Gli operatori
della telefonia – riunite tutte insieme in un bel “cartello” di
categoria, alla faccia delle norme sulla concorrrenza – hanno
presentato un ricorso al Tar     avvalendosi   dell’assistenza legale
dell’Associazione di categoria che opera in Confindustria, contro
l’ordine che l’Autorità aveva inviato loro con la delibera di marzo.

Nel frattempo le compagnie telefoniche hanno proseguito imperterrite,
furbescamente ed illegalmente, a violare la delibera di marzo scorso
dell’Agcom, nel far west delle telecomunicazioni, motivo per cui le
associazione dei consumatori hanno presentato un esposto
all’Antitrust, contro il reiterato comportamento degli operatori che
si ostinano a fatturare a 28 giorni anche per la telefonia fissa. E’
facilmente prevedibile a questo punto un’ondata di ricorsi anche da
parte dei consumatori dinnanzi ai vari Corecom regionali nei confronti
delle compagnie telefoniche per ottenere la restituzione delle somme
addebitate illegittimamente

“Montecitorio A Porte Aperte”: al
via la 4a edizione di “Una vita da
social”

Riparte da Piazza Montecitorio a Roma la più importante e imponente
campagna educativa itinerante realizzata dalla Polizia Postale e delle
Comunicazioni, in collaborazione con il Ministero dell’Istruzione, con
il Ministero dell’Università e della Ricerca e con il Patrocinio
dell’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza, nell’ambito
delle iniziative di sensibilizzazione e prevenzione dei rischi e
pericoli della Rete per i minori.

Un progetto al passo con i tempi delle nuove generazioni, che nel
corso delle tre edizioni precedenti ha raccolto un grande consenso:
gli operatori della Specialità hanno incontrato oltre 1 milione di
studenti sia nelle piazze che nelle scuole, 106.125 genitori, 59.451
insegnanti per un totale di 8.548 Istituti scolastici, 30.000 km
percorsi e 150 città raggiunte sul territorio e una pagina Facebook
con 108.000 like e 12 milioni di utenti mensili sui temi della
sicurezza online. “Una Vita da Social”, è stata selezionata dalla
Commissione europea  a dicembre 2016,   tra i migliori progetti a
livello europeo.

La decisione dell’istituzione comunitaria, di riconoscere alla nota
campagna un indubbio carattere di originalità ed innovazione, è
arrivata nel giorno in cui la Commissione europea ha lanciato la
“Digital Skills and Jobs Coalition”, un’iniziativa per ridurre il
divario esistente sulle competenze digitali in Europa, radunando tutta
una serie di stakeholder del settore pubblico e privato degli Stati
membri. Una giuria indipendente, su input della Commissione europea,
ha selezionato, tra 280 progetti mirati ad elevare le competenze
digitali dei cittadini europei, l’iniziativa di successo della Polizia
Postale italiana, individuandola come la più imponente ed incisiva
campagna di sensibilizzazione mai realizzata da un organismo di
Polizia.

Ancora una volta aziende come Baci Perugina, Facebook, Fastweb,
FireEye, Google, Italiaonline con i portali Libero, Virgilio e
SuperEva, Microsoft, Poste Italiane, Skuola.net, Symantec, Tim,
Vodafone, WindTre, Youtube e società civile scendono in campo insieme
alla Polizia di Stato per un solo grande obiettivo: “fare in modo che
i gravi episodi di cronaca, alcuni dei quali culminati con il suicidio
di alcuni adolescenti ed il dilagante fenomeno del cyberbullismo e di
tutte le varie forme di prevaricazione connesse ad un uso distorto
delle tecnologie, non avvengano più“.

L’obiettivo dell’iniziativa      è quello di prevenire episodi di
violenza, prevaricazione, diffamazione, molestie online attraverso
un’opera di responsabilizzazione in merito all’uso della “parola”. Gli
studenti potranno lanciare il loro messaggio positivo attraverso un
diario di bordo 2.0. Infatti, grazie alla collaborazione con Baci
Perugina, da sempre messaggero d’amore, nasce #unaparolaeunbacio,
l’hashtag per dire no al cyberbullismo documentando le tappe di Una
Vita da Social attraverso la condivisione di foto e frasi di tutti gli
studenti coinvolti.

 Da Roma a Sanremo, da Alassio a Ivrea, da Varallo Sesia a
Borgomanero, passando da Busto Arstizio, Settimo Milanese, Cremona,
Lodi, Bergamo, Brescia, Riva del Garda, Lignano Sabbiadoro, San Donà
di Piave, Rovigo, Poggibonsi, Firenze, Pistoia, Lucca, San Miniato,
Imola, Forlì, Cesena, Porto Recanati, Camerino, San Benedetto del
Tronto, Amatrice, Vasto, Bisceglie, Battipaglia, Lagonegro, Cosenza,
Lamezia Terme, Tropea, Messina, Aci Castello, Cefalù, Palermo,
Sanluri, Lanusei, Tempio Pausania, gli operatori della Polizia
Postale, attraverso un truck allestito con un’aula didattica
multimediale, incontreranno studenti, genitori e insegnanti sui temi
della sicurezza online con un linguaggio semplice ma esplicito adatto
a tutte le fasce di età.
I dati registrati nel corso degli incontri nelle scuole, evidenziano
che le competenze digitali degli studenti provengono in tutto o quasi
da esperienze di apprendimento extra scolastico. Ne deriva, pertanto,
l’importanza delle attività di formazione e sensibilizzazione degli
studenti per far sì che la rete possa essere per loro una grande
opportunità e non un limite, ma anche rivolte ai genitori e agli
insegnanti. I social network infatti sono ormai uno strumento di
comunicazione del tutto integrato nella quotidianità di tutti.

Preoccupa in maniera più forte il fenomeno del cyberbullismo: circa 2
ragazzi su 3 dichiarano di aver avuto esperienza diretta o indiretta
di fenomeni di questo tipo. Per questo motivo accolgono con favore gli
incontri gli operatori della Polizia Postale per formare/informare
all’uso dei social. E proprio successivamente a questi incontri è
stato riscontrato un aumento consistente delle denunce di minori nei
confronti di coetanei per episodi di bullismo e cyberbullismo.

                                           “Una Vita da Social è un
progetto indirizzato principalmente ai giovani – dice Nunzia Ciardi
Direttore del Servizio Polizia Postale e delle Comunicazioni – che
sono i principali fruitori della Rete”. “L’iniziativa, in
collaborazione con il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e
della Ricerca e con il patrocinio del Garante per l’Infanzia        e
l’Adolescenza, vuole fare in modo che Internet possa essere vissuto
come un’opportunità e non come un pericolo”.     “Il divario fra la
conoscenza digitale dei giovani e degli adulti è enorme ed è per
questo indispensabile fornire loro tutti quegli strumenti utili ad
evitare le insidie che la rete può nascondere”. ”Una Vita da Social –
conclude la Ciardi – rappresenta inoltre un esempio positivo di
collaborazione fra pubblico e privato perché unisce competenze e
conoscenze di importanti Aziende del settore a disposizione dei
giovani, dei loro genitori ed insegnanti”.

Di seguito i dati statistici sul fenomeno del cyberbullismo nel 2016:
Rapporto Eurispes Italia 2017 : lo
Stato è intelligente ma non si
applica.
di Paolo Campanelli

                                           Il rapporto è ampio e
complicato, con molti punti di analisi estremamente importanti, ma il
senso chiaro: l’Italia è intelligente, ma non si applica. Moltissimi
sono i punti che andrebbero letti, compresi, e analizzati, per questo
procediamo in pillole, più leggere e semplici da leggere. La voce più
strana salta subito all’occhio: il settore tecnologico ha fatto i più
grandi avanzamenti rispetto alle analisi precedenti, ma rimane
comunque uno dei più arretrati in Europa, chiuso in una dualità di
ignoranza o disinformazione da un lato, e idee, concetti e desideri di
avanzamento dall’altro.

Per la maggior parte degli italiani nel 2017 si assisterà ad una
ripresa debole ma stabilizzata, mentre soltanto una persona su dieci
si aspetta un miglioramento della situazione economica dal nuovo anno
appena entrato. Di fatto quasi la metà degli italiani non riesce a far
quadrare i conti ed una persona su quattro dichiara ai ricercatori
dell’ Eurispes di sentirsi abbastanza o molto povero.

Per oltre il 38% dei cittadini fra le uscite che si è costretti a
ridurre, vi sono sono quelle per la salute.       Oltre la metà degli
italiani giudica insufficiente e scadente il sistema sanitario
nazionale, e si constata una notevole forbice in termini di
efficienza e qualità del servizio tra il Nord e Sud. Sono questi
alcuni degli aspetti più significativi rilevati nel Rapporto Italia
2017 e diffuso ieri dall’ Eurispes, in cui si confermano i dati dello
scorso anno sulla situazione economica del Paese e delle famiglie.

Oltre la metà degli italiani (il 54,3%) non è soddisfatto della
sanità, percentuale che nel Sud supera il 70%. Il dato complessivo
in definitiva però   non ha subito mutamenti particolari negli ultimi
anni. Prevale la soddisfazione (70,3%), nel Nord-Ovest che ottiene la
maggioranza anche al Nord-Est (56,3%). La situazione al Centro-Sud è
del tutto diversa: al Centro si raccolgono giudizi negativi dal
65,9% degli intervistati , nelle Isole, dal 72,4% mentre il 73,6% dei
cittadini al Sud boccia il sistema .

Il disagio più frequente riguarda le lunghe liste di attesa per visite
ed esami medici (75,5%): il 53,2% ha dovuto attendere troppo per
interventi chirurgici e il 48,9% indica una scarsa disponibilità del
personale medico e infermieristico. Il 42,2% degli italiani denuncia
strutture mediche fatiscenti, il 41,8% condizioni igieniche
insoddisfacenti. Il 34,1% di quanti si sono rivolti alla sanità
pubblica ha poi sperimentato a proprie spese errori medici. E se è
vero che il 50,5% del campione preferisce rivolgersi agli ospedali
pubblici per cure specialistiche e interventi chirurgici (mentre il
25,7% sceglie le strutture private) lo è altrettanto che il 23,8%
dichiara di non potersi permettere le cure private. Quanto alle spese,
infatti, nell’ultimo anno il 31,9% dei cittadini ha rinunciato alle
cure dentistiche a causa dei costi eccessivi, il 23,2% a fisioterapia-
riabilitazione, il 22,6% alla prevenzione e il 17,5% ha sacrificato
persino medicine e terapie.

L’indagine è stata analizzata in base ai risultati di un questionario
al quale ha risposto un campione di 1.084 cittadini stratificato per
genere, età e area territoriale. Il rapporto evidenzia la convivenza
tra “più Italie distanti l’una dall’altra che a volte stentano ad
andare d’accordo” come ha illustrato Gian Maria Fara il presidente
di Eurispes , secondo il quale la situazione è frutto “della mancanza
di un progetto per il futuro che possa vedere tutti collaborare
nell’interesse generale del Paese”.

Sul punto di vista sociale sorge un nuovo, inquietante aspetto: quello
che un tempo era la classe operaia è stata soppiantata in maniera
pressoché totale da un nuovo ceto, quello dei lavoratori precari,
ormai talmente tanti da essere ben più di una condizione temporanea.
 Nonostante il calo del reddito medio, tristemente costante dagli anni
passati, la maggior parte degli italiani non si sente “povero” in
senso lato, ma le spese troppo spesso superano gli introiti, e molta
gente si vede a dover attingere alle proprie riserve per cui ha dovuto
duramente lavorare negli anni passati, . Il 48,3% delle famiglie non
riesce ad arrivare alla fine del mese (nel 2016 era il 47,2%). Il
44,9% è costretto a utilizzare i propri risparmi.

Nello stesso tempo i nuclei familiari tendono a rimanere più compatti,
e più di un italiano su dieci è costretto a tornare a vivere con i
genitori (o in certi casi con i suoceri) per ridurre i costi, gli
animali domestici si sono ridotti, e quando ci sono, sono quasi sempre
ex randagi o adottati da un rifugio.

“I giovani cercano di andare all’estero” la frase fatta continua ad
essere attuale, ma ormai è dimostrato che non si tratta solo dei più
giovani: tutti quegli ambienti in cui servono risorse materiali di un
certo peso, prima fra tutti il campo della ricerca scientifica, vedono
una continua fuga di risorse umane per mancanza di fondi, e totale
opposizione al riformare condizioni attuali per poter ricavare quelle
risorse; una vera e propria crisi nella vocazione della conoscenza
scientifica.

Nel corso degli ultimi 2 anni, la paura di subire reati è aumentata
rispetto al passato per un terzo degli italiani (33,9%), per oltre la
metà (58,2%) è rimasta invariata e solo per il 7,8% è diminuita. Gli
italiani si sentono minacciati dal furto in abitazione (34,8%), a
seguire dall’aggressione fisica (15,1%). Il 41,3% dei cittadini
dichiara che probabilmente ricorrerebbe alle armi se messo in una
situazione di pericolo, mentre il 22% è sicuro che lo farebbe. Poco
più di un terzo si pronuncia diversamente: il 25,8% probabilmente non
utilizzerebbe le armi sotto minaccia e il 10,9% esclude nettamente
tale possibilità.

Sicurezza

Il 48,5% dei cittadini è d’accordo con l’incriminazione di chi
reagisce durante un furto in casa/nel proprio negozio sparando e
ferendo o uccidendo gli aggressori, nei casi però in cui la reazione
non sia commisurata al pericolo; il 42,7% è contrario
all’incriminazione, mentre l’8,8% sostiene che debbano essere
incriminati in ogni caso.

Unica eccezione, è nelle forze dell’ordine, soprattutto quelle ai
livelli superiori, ossia esercito e servizi segreti, con i primi
riconosciuti in campo internazionale per i loro piccoli ma continui
successi, e i secondi per lasciare poche tracce ma risultati evidenti
a chi intuisce dove e cosa guardare. In puro stile “segreto di
Pulcinella”, infatti, un buon 80% degli italiani sa che i servizi
segreti stanno facendo “qualcosa”, ma nessuno conosce gente che
effettivamente faccia l’agente segreto come mestiere.

Una delle cause scatenanti, secondo i ricercatori, è la netta
divisione “noi contro di loro” che si è andata a definire nei recenti
anni in una moltitudine di campi, una spettacolarizzazione dello
scontro ideologico che non lascia spazio ad altro e brucia energie e
risorse, non lasciandone per poter progredire e dividendo, appunto,
l’Italia in pezzi.

Malagiustizia.

Il 37,1% dei cittadini individua come causa degli errori giudiziari il
cattivo funzionamento della macchina giudiziaria nel suo complesso; a
seguire il lavoro dei magistrati nel 27,4% dei casi; mentre il 13,7%
indica come causa i pubblici ministeri delle procure che non fanno
bene il lavoro di indagine. Il 63,7% dei cittadini si pronuncia a
favore dell’introduzione di una legge sulla responsabilità civile dei
magistrati.

Il 47,8% dei cittadini ritiene le intercettazioni uno strumento
fondamentale per prevenire e reprimere i reati; mentre il 40,9%, pur
condividendo questa posizione, si preoccupa che sia tutelata comunque
la privacy delle persone; l’11,3% si dichiara invece contrario poiché
le intercettazioni rappresentano una limitazione della libertà
personale.

Europa: metà degli italiani non vuole uscire dalla Ue

Nel 48,8% dei casi gli italiani si dicono contrari all’ipotesi di
uscire dall’Europa, mentre i favorevoli sono pari al 21,5%. Elevato il
dato (29,7% dei casi) di coloro che non sanno esprimersi in merito o
preferiscono non farlo. L’ipotesi di un referendum per uscire
dell’Unione vede prevalere il “no” con il 39,1% contro il 29,5% di
“sì” e un altissimo numero di “non so” (31,4%). Un risultato molto
diverso rispetto al 2015 quando alla domanda “l’Italia dovrebbe uscire
dall’Euro?” il 40% dei cittadini rispondeva “sì”.

 Gli italiani rimproverano all’Europa il problema dei migranti,
rispetto al quale si sentono lasciati soli da Bruxelles (71,5%), le
politiche spesso svantaggiose che ci vengono imposte (70,8%) e i
sacrifici economici che dobbiamo sostenere per ottemperare ai dettami
europei (70,2%). Ma essere europei ha anche dei vantaggi: la facilità
di viaggiare e spostarsi all’interno dell’Unione (86,7%), gli scambi
commerciali agevolati (79,5%) e la possibilità di avere una moneta
unica e stabile (75,6%). Il 40,4% dei cittadini sostiene che l’Italia
deve affermare con decisione la tutela degli interessi del Paese,
troppo disposto a mettersi da parte per il “bene comune”.

Maggiore qualità dei servizi privati rispetto ai servizi
pubblici

La netta maggioranza dei cittadini esprime insoddisfazione (61,4%) per
la qualità dei servizi in Italia, con un picco di giudizi negati nelle
Isole (80,3%). Dovendo scegliere, il 40% degli italiani si dice
convinto della maggiore qualità dei servizi privati, il 24% premia
invece i servizi pubblici. Tra i servizi pubblici, solo la Scuola
ottiene oltre la metà dei giudizi positivi (56,8%), seguono gli
ospedali e la Difesa (entrambi al 47,7%), i servizi di sicurezza ed
ordine pubblico (44,7%), degli enti previdenziali (43,5%). La quota
più consistente di bocciature riguarda le Amministrazioni centrali
(72,4% di giudizi negativi), seguite dalle Amministrazioni locali
(61%) e dall’Amministrazione della giustizia (56,9%).

Tra le aziende un tempo pubbliche e poi privatizzate, l’Enel raccoglie
la quota più elevata di giudizi favorevoli (46,1%), a seguire Italgas
(38,6%), mentre Poste Italiane ottiene un 40,1% di giudizi positivi ed
un 41,6% di negativi. Anche Autostrade riceve una quota di valutazioni
positive (37,3%) di poco inferiore a quelle negative (38,6%). Per
quanto riguarda Alitalia, soddisfatti ed insoddisfatti si equivalgono
(rispettivamente 34,6% e 34,8%), così pure per Ferrovie dello Stato
(39,2% e 38,6%) Tra i gestori telefonici, Telecom raccoglie giudizi
positivi fino al 58,8%. A seguire, Vodafone (46,5%), Wind/Infostrada,
(36%), Fastweb (29,8%), Tre (22%) e Tiscali (15,5%); le quote più
elevate di mancato giudizio chiaramente vanno a quelle compagnie che
hanno minore diffusione e delle quali non tutti i consumatori hanno
provato il servizio.
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