Bollette a 28 giorni . AGCOM: "Rimborso automatico o subito nuove multe" - Il Corriere ...
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Bollette a 28 giorni . AGCOM: "Rimborso automatico o subito nuove multe" ROMA – Le società telefoniche che avevano utilizzato la bolletta telefonica accorciata, cioè spedita ogni 28 giorni, e quindi 13 volte in un anno invece di 12 aumentando i costi a carico degli utenti adesso rischiano l’ennesima pesante sanzione. Fastweb, Tim, Vodafone e WindTre dovrebbero restituire ai consumatori, ognuna da un minimo di 240 mila a un massimo di 5 milioni di euro,. L ’AGCOM cioè l’ Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni – organismo controllore della telefonia e della televisione in Italia – ha quindi formalizzato una nuova contestazione alle quattro società telefoniche che avrebbero dovuto restituire in automatico i soldi in più che hanno sottratto il prelievo contestato dall’Autorità ha avuto luogo per 8-10 mesi a cavallo tra 2017 e 2018 applicando ai clienti la fatturazione in bolletta ogni 28 giorni. Per l’ Autorità il rimborso va erogato in modo automatico, il che significa che anche la persona più facoltosa e poco attenta, anche un anziano poco informato, o un ragazzino inesperto deve ricevere il rimborso in soldi senza bisogno di fare una qualsiasi richiesta alla società telefonica, e tutto ciò anche in assenza di rivendicazioni, iniziative, azioni, anche per i più distratti . L ’Autorità per le Garanzie (AGCOM) contesta che alcuni utenti, pur avendo chiesto i soldi di risarcimento , non li hanno mai ottenuti, vedendo i propri diritti lesi e calpestati per la seconda volta
La decisione sulle nuove sanzioni dell’ AGCOM arriverà nel 2020 . Infatti le compagnie telefoniche hanno cinque mesi di tempo per inviare all’Autorità la loro difesa. Il pronostico, dunque, è che la decisione finale sulla multa arriverà a febbraio del 2020. Ma a prendere questa decisione sarà un nuovo consiglio e quindi non saranno gli attuali quattro componenti dell’attuale Autorità e il suo presidente Angelo Cardani, prossimi al termine del loro mandato settennale. Le memorie prima del verdetto arriveranno e saranno di competenza della nuova Autorità, il cui presidente verrà scelto dal governo Conte o dal governo che eventualmente gli succederà. Le quattro società telefoniche sotto accusa, chiaramente, sono decise a non mollare. Un dirigente dell’AGCOM rivela, che WindTre ad esempio, che ha ingaggiato il prof. Ugo Ruffolo legale esperto nei diritti dei consumatori , per mettere a punto la sua linea difensiva. Nel suo parere Ruffolo mette in risalto che la compagnia nata dalla fusione fra i gestori Wind e Tre , è disponibilissima a restituire i soldi dovuti non solo ai suoi clienti, ma addirittura ai suoi ex clienti che intanto siano passati a un’altra società telefonica. La disponibilità a ridare indietro il denaro delle bollette accelerate è stata comunicata attraverso il sito, con degli sms a ogni persona, con inserzioni sui giornali. Quindi sempre secondo WindTre i suoi clienti ed ex clienti non possono non sapere che i soldi sono a loro disposizione. Se poi questi clienti ed ex clienti non rivendicano la restituzione, si collocano in una situazione che somiglia a quella del “debitore in mora“. In parole più semplici, significa che è il debitore che esita nel reclamare i
soldi, a fronte della disponibilità del creditore (nel caso WindTre) a rinunciarci. WindTre, quindi, si considera a posto anche se non rende i soldi in automatico. Le contestazioni che l’Autorità ha recapitato alle quattro società telefoniche Fastweb, Tim, Vodafone e WindTre, infatti non sono uguali. L’Autorità ha ragionato sulle modalità di restituzione del denaro che ogni compagnia telefonica ha attuato. Una grossa attenzione, ad esempio, è acceso sul comportamento di Tim che offre come risarcimento ai clienti della rete fissa dei servizi altrimenti a pagamento . Nessun accredito automatico sSe invece qualcuno vuole essere risarcito in denaro. I clienti dovranno reclamare il denaro con i “consueti canali conciliativi” (ad esempio i Corecom regionali) ed aspettare di vincere il contenzioso. Tutto ciò ben sapendo come si siano allungati i tempi per la conciliazione a causa dell’attivazione di un sistema (ConciliaWeb) voluto dalla Direzione Consumatori dell’ AGCOM, che ha dimostrato di non risolvere alcun problema, ma anzi di allungare i tempi per la risoluzione dei contenziosi, giocando in realtà a favore delle compagnie di telecomunicazione, che guarda caso con i loro contributi finanziano e mantengono , stipendi compresi, tutta la struttura Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni.
Il Consiglio di Stato respinge i ricorsi delle compagnie telefoniche: illegali le bollette a 28 giorni, ora scatta la restituzione agli utenti ROMA – Respinti dal Consiglio di Stato i ricorsi presentati dalle compagnie telefoniche Vodafone, Wind-3 e Fastweb contro le decisioni del Tar Lazio inerenti alle bollette telefoniche a 28 giorni. Le compagnie telefoniche adesso ora per effetto della decisione dovranno restituire i ‘giorni illegittimamente erosi’ dal giugno 2017, quando alterano il conteggio delle settimane e conseguentemente le contabilità dei mesi. La decisione sul ricorso di Tim seguirà a breve ma non c’è ragione di credere che sarà contrario, considerato che la vicenda e le ragioni delle parti sono identiche. La sentenza del Tar oggi confermata dal Consiglio di Stato, massimo rogano di giustizia amministrativa, prevedeva inizialmente la ‘restituzione’ di questi giorni entro il 31 dicembre 2018, ma il ricorso delle compagnie aveva bloccato la procedura. Il meccanismo sarà quello della compensazione con le fatturazioni future. Una cifra tra i 30 ed i 50 euro ad utente. Le associazioni dei consumatori quantificano l’indennizzo per la pratica delle bollette a 28 giorni, dopo la decisione odierna del Consiglio di Stato, per la quale gli utenti delle compagnie telefoniche dovrebbero ricevere un indennizzo quantificabile tra i 30 e i 50 euro ciascuno per le
maggiori spese sostenute a causa dell’illegittima pratica delle bollette a 28 giorni. Le associazioni dei consumatori fanno sapere che le compagnie telefoniche stanno giocando d’anticipo offrendo ai propri clienti indennizzi sotto forma di minuti e traffico internet gratis, ma i consumatori devono prestare massima attenzione: tali offerte sono infatti a costo zero per le società della telefonia e potrebbero non compensare il credito vantato dagli utenti per le fatturazioni a 28 giorni. Francesco Posteraro, commissario AGCOM così ha commentato la decisione di Palazzo Spada: “In quanto relatore della delibera sulle tariffe 28 giorni, non posso che essere soddisfatto che ne risulti confermata la legittimità della nostra azione a tutela dei consumatori e finalizzata a impedire pratiche lesive della trasparenza tariffaria”. Scoperto software spia, ha intercettato centinaia italiani ROMA – Centinaia di italiani sono stati “infettati”da uno spyware chiamato Exodus , cioè un software che raccoglie informazioni a vostra insaputo dai vostri smartphone. Sviluppato da un’azienda italiana, era distribuito e funzionante sui dispositivi Android ed in grado di bypassare i filtri di sicurezza Google. E’ stato identificato da un gruppo di ricercatori, e la vicenda è stata resa nota dal sito Motherboard che parla di “malware governativo”. “Riteniamo – dicono i ricercatori – che sia stato sviluppato dalla società eSurv, di Catanzaro, dal 2016“.
La Procura di Napoli tempo fa ha aperto un fascicolo d’indagine : la prima individuazione del malware è infatti avvenuta proprio nel capoluogo partenopeo. A coordinare l’attività investigativa, che interessa tutto il territorio nazionale, è il procuratore capo Giovanni Melillo. Secondo quanto si apprende, il fascicolo è stato aperto tempo fa: la prima individuazione del malware è infatti avvenuta proprio nel capoluogo partenopeo. Nel frattempo la società Esurv sembra scomparsa da Internet: facendo la ricerca sul web compare una pagina con la scritta ‘notfound‘ ( cioè introvabile) e sulla loro pagina Facebook c’è la dicitura ‘questo contenuto non e’ al momento disponibile‘. Il Copasir, il comitato di controllo sui servizi segreti, approfondirà la vicenda e a quanto si apprende, nei prossimi giorni chiederà al Dis, il dipartimento che coordina l’attività delle agenzie di intelligence, notizie e aggiornamenti sulla vicenda. Per il Garante della Privacy Antonello Soro, “E’ un fatto gravissimo”. “Abbiamo identificato copie di uno spyware sconosciuto – spiegano i ricercatori – che sono state caricate con successo sul Google Play Store più volte nel corso di oltre due anni. Queste applicazioni sono normalmente rimaste disponibili per mesi“. Google, proprietaria di Play Store, il negozio digitale da cui si scaricano le app per Android, contattata dai ricercatori ha rimosso le applicazioni ed ha dichiarato che “grazie a modelli di rilevamento avanzati, Google Play Protect sarà ora in grado di rilevare meglio le future varianti di queste applicazioni“. Alcuni esperti hanno riferito a Motherboard che l’operazione potrebbe aver colpito vittime innocenti “dal momento che lo spyware sembrerebbe essere difettoso e mal direzionato. Esperti legali e delle forze dell’ordine hanno riferito al sito che lo spyware potrebbe essere illegale“.
Il software spia agiva in due step. Exodus One raccoglieva informazioni base di identificazione del dispositivo infettato dal virus creato (in particolare il codice Imei che consente di identificare in maniera unica uno telefono ed il numero del cellulare). Una volta acquisite queste informazioni si passava alla fase Exodus Two, e veniva auto- installato un file che raccoglieva dati e informazioni sensibili dell’utente infettato come la cronologia dei browser, le informazioni del calendario, la geolocalizzazione, i log di Facebook Messenger, le chat di WhatsApp. Secondo Security without Borders, Exodus sarebbe in grado anche di registrare le telefonate, l’audio ambientale e scattare foto. E non solo: recuperando la password del Wi-Fi, diventa possibile entrare nella rete domestica dell’utente e raccogliere altri dati. Un “captatore informatico”, come li definisce la legge, insomma, ma molto avanzato: rimane attivo anche quando lo schermo si spegne e l’applicazione verrebbe altrimenti sospesa per ridurre il consumo della batteria. Secondo gli esperti, il software spia è stato utilizzato tra il 2016 all’inizio del 2019, copie dello spyware sono state trovate caricate sul Google Play Store, camuffate da applicazioni di servizio di
operatori telefonici. Sia le pagine di Google Play Store che le finte interfacce di queste applicazioni malevole sono in italiano. Secondo le statistiche pubblicamente disponibili, in aggiunta ad una conferma di Google, la maggior parte di queste applicazioni hanno raccolto qualche decina di installazioni ciascuna, con un caso che superava le 350 unità. Tutte le vittime infettate quindi si trovano in Italia. “Riteniamo che questa piattaforma sia stata sviluppata – spiegano gli autori della ricerca- da una società Italiana chiamata eSurv, di Catanzaro, che opera principalmente nel settore della videosorveglianza. Secondo informazioni disponibili pubblicamente sembra che eSurv abbia iniziato a sviluppare spyware dal 2016”. Da nostre informazioni, la società E-Surv gestiva anche i servizi di videosorveglianza remota per i clienti della compagnia telefonica Fastweb. Calenda: l’esempio di Fastweb conferma che si può vincere la battaglia contro i call center all’estero Carlo Calenda ROMA – “La decisione di Fastweb di dare avvio al graduale rientro in Italia delle attività di assistenza telefonica ai propri clienti attualmente svolte all’estero rappresenta una conferma importante che è possibile combattere e vincere la battaglia contro le
delocalizzazioni nel settore dei call center”. E’ quanto ha affermato il Ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda in merito alla decisione annunciata oggi da Fastweb di spostare le attività di customer care al momento svolte dall’estero da più di 200 operatori. L’iniziativa di Fastweb è infatti una diretta emanazione del Protocollo di Autoregolamentazione promosso dal Ministero dello Sviluppo Economico firmato lo scorso 4 maggio a Palazzo Chigi da Fastweb e dalle principali aziende italiane committenti di servizi di call center. Nello specifico, la decisione odierna riguarda il cosiddetto “reshoring” delle attività attualmente condotte dall’azienda in Romania nelle sedi di Cagliari e Lecce. Ma non è solo questo l’impegno di Fastweb. Infatti il 2018 è l’anno in cui i test della tecnologia 5G si consolideranno in molte città europee, e hanno discusso ieri a Roma i massimi esperti europei messi a confronto con il patrocinio dell’assessorato all’innovazione di Roma Capitale, partendo proprio dai prime applicazioni di smart city basate sul 5G sviluppate nelle città di Roma, di Goteborg e Stoccolma – dove si testa una piattaforma per supportare veicoli a guida autonoma – e di Amsterdam dove è in fase di sperimentazione un sistema per raccogliere in tempo reale i dati di tutti i veicoli in movimento, per ottimizzare il funzionamento dei semafori e dei flussi di traffico.
L’Assessore capitolino Flavia Marzano ha illustrato lo stato di avanzamento del progetto Roma5G, lanciato grazie alla partnership tra Roma Capitale, Fastweb e Ericsson, che consentirà lo sviluppo di una piattaforma Wi-Fi e 5G in grado di supportare servizi e applicazioni innovativi. Procede la realizzazione della rete dopo l’accensione della prima antenna lo scorso febbraio, e già entro la fine del 2018 saranno messe in campo le prime applicazioni. In ambito turistico, ad esempio, saranno individuati siti archeologici o ambienti museali in cui arricchire l’esperienza del visitatore attraverso applicazioni di realtà virtuale e realtà aumentata, che consentiranno in alcuni casi la ricostruzione di ambienti non più accessibili o esistenti. Altre applicazioni in corso di sviluppo a Roma riguarderanno il trasporto pubblico – dal ticketing real time alla diagnostica da remoto per le vetture – e la sicurezza, grazie a sistemi di videosorveglianza ad alta definizione. Nel corso del convegno sono stati approfonditi anche gli aspetti industriali e regolatori che avranno un impatto sullo sviluppo del 5G, con un focus sui bandi attraverso i quali in tutti i paesi europei le autorità di regolazione nazionale stanno assegnando le frequenze necessarie allo sviluppo del nuovo standard mobile. Il tavolo ha visto quindi il confronto dei regolatori italiani con il Commissario dell’AGCOM Antonio Nicita insieme alle realtà del Regno Unito (Ofcom) e a rappresentanti di Fastweb e di Ericsson. Dal dibattito è emersa la necessità di creare regole per uno sviluppo competitivo del settore e la definizione di business models che promuovano la collaborazione tra i diversi settori economici e la creazione di un ecosistema integrato tra operatori di telecomunicazioni e le realtà industriali e dei servizi. A rappresentare il mondo politico nazionale Alessandro Cattaneo (Forza Italia), Salvatore Margiotta (Pd) e Paolo Romano (M5S) che hanno manifestato il proprio sostegno alla diffusione del 5G come fattore di crescita e di competitività per il Paese grazie allo sviluppo di applicazioni e servizi innovativi in grado di trasformare il modo di vivere le città. Roberto Viola, Direttore Generale DG Connect, della
Commissione UE, nel keynote speach di apertura dei lavori ha detto : “Il 5G è un’infrastruttura fondamentale per l’Europa. Significa più servizi per i cittadini, una migliore qualità di vita e più opportunità. Nonostante gli sforzi di tutti e gli investimenti che stiamo facendo, c’è ancora tanto lavoro da fare e l’Europa fatica a tenere il passo con Stati Uniti e Cina. Indubbiamente serve uno sforzo comune. Bisogna partire dalle esperienze di città come Roma e Stoccolma che abbiamo visto oggi.” Andrea Lasagna, Technology Officer di Fastweb ha invece dichiarato : “Le potenzialità del 5G sono enormi e possono trasformare profondamente il nostro modo di vivere. Per mantenere il vantaggio che abbiamo conquistato con le sperimentazioni sono necessarie tre cose: che i bandi per le frequenze creino condizioni per l’ingresso di un nuovo entrante – che avrebbe fortissimi incentivi ad accelerare la posa delle nuove reti – che le amministrazioni locali facilitino i lavori di posa e che si intervenga sui limiti elettromagnetici per renderli compatibili con le esigenze del 5G”. Maxi perquisizione della Finanza nelle compagnie telefoniche ROMA – Il Nucleo speciale antitrust della Guardia di Finanza, su richiesta dell’ Autorità Antitrust sta svolgendo una serie di perquisizioni presso le sedi dei principali operatori di telefonia fissa e mobile e nella sede Assotelecomunicazioni per fare chiarezza ed accertare su un possibile accordo di cartello tra le compagnie telefoniche, e verificare possibili intese restrittive della concorrenza collegati alla fatturazione mensile delle sinora messe a 28 giorni (4 settimane) .
Le compagnie di telecomunicazioni sono obbligate dalla legge di bilancio 2018 a tornare alle bollette mensili, rinunciando a quelle tariffate a 28 giorni, facendo pagare ai clienti 12 mesi all’anno anziché 13 (come succede adesso fra mille proteste dei consumatori). A gennaio Tim, Vodafone e Fastweb avevano annunciato che (ognuna in una data diversa) torneranno agli addebiti mensili, lasciando invariata la spesa annuale. Ma in realtà così non è. Non è accettabile che tutte le compagnie telefoniche , o quasi, stiano magicamente aumentando le tariffe nello stesso momento, e guarda caso, tutti dell’8,6%. Le associazioni di consumatori sono sul piede di guerra affinchè si rimborsino finalmente gli utenti e che le compagnie telefoniche restituiscano quanto hanno indebitamente incassato a partire dal 23 giugno 2017. Respinto il ricorso delle compagnie
telefoniche al TAR del Lazio contro le bollette mensili stabilite dall’AgCom di Federica Gagliardi Il TAR-Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio ha respinto oggi il ricorso presentato dall’Asstel, l’associazione di categoria che rappresenta le aziende di telecomunicazione fissa e mobile, e di Tim, Vodafone, WindTre, Fastweb ed Eolo contro la delibera AgCom n. 121 del 24 marzo 2017 , emanato dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, che imponeva agli operatori di telefonia mobile di emettere le bollette una volta al mese invece che ogni quattro settimane. Infatti secondo il TAR non è vero che la delibera dell’AgCom viola la libertà d’impresa, come sostenuto dalle compagnie telefoniche. Il TAR ha anche confermato le multe emanate lo scorso dicembre dall’AgCom, che aveva deciso nei confronti delle compagnie telefoniche che non si erano adeguate al nuovo tipo di fatturazione entro i 90 giorni stabiliti dalla delibera 121: ogni compagnia telefonica dovrà pagare la sanzione massima prevista per legge che di 1,16 milioni di euro.
Il Tar del Lazio con un’ordinanza, cioè con un distinto provvedimento ha però dato un dispiacere provvisorio ai consumatori sospendendo il meccanismo di rimborso ai clienti (indicato sempre dalla delibera del Garante di dicembre del 2017) che prevedeva che i clienti dovevano essere indennizzati nella prima bolletta corretta, nella prima fattura che resusciterà la cadenza mensile. La restituzione doveva essere commisurata alle giornate che i clienti hanno pagato in più, per colpa della fatturazione ogni 28 giorni, da una data precisa: il 23 giugno 2017. La delibera stabiliva anche che le compagnie telefoniche dovessero rimborsare i propri clienti per le somme in più chieste da giugno 2017, cioè da quando avrebbero dovuto passare alla fatturazione mensile: su questo punto il TAR è venuto incontro alle aziende di telecomunicazione, sospendendo fino al 31 ottobre 2018 la decisione in merito. Ma ogni singolo consumatore potrà comunque rivolgersi con singoli procedimenti dinnanzi ai vari Corecom regionali per far valere le proprie ragioni contemplate nella delibera del dicembre 2017. Telecomunicazioni. Ultimatum dal ministro Calenda alle bollette a 28 giorni: “Serve una soluzione
rapida” ROMA – “Inaccettabile – l’ha definita il ministro dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda – È una cosa che va messa a posto il più rapidamente possibile“, ha replicato a chi gli domandava se il Governo fosse intenzionato a porre rimedio alla questione delle “bollette corte” adottate a catena dagli operatori di telefonia e pay tv (fatture ogni 28 giorni anziché 30), Si attende, infatti, un intervento già in manovra. Ma del divieto atteso, attualmente non ci sarebbe traccia nella versione delle legge di Bilancio appena varata dal Consiglio dei ministri. Chiaramente non è ancora l’ultima possibilità . Infatti alla domanda se è in preparazione un emendamento in materia il ministro Calenda risponde che occorre trovare una soluzione. Ed apparirebbe come la soluzione più immediata quella di una modifica al testo della manovra, o al decreto collegato,. Il polverone sulla vergognosa fatturazione a 28 giorni si è alzato mesi fa, con la discesa in campo dell’Autorità di garanzia per le comunicazioni, che a marzo scorso ha indicato come scadenza per la fatturazione i 30 giorni per tutti gli operatori di telefonia fissa, mentre incredibilmente per il traffico mobile i 28 giorni potevano considerarsi ancora
ammissibili ! Sarebbe interessante capire e conoscere l’origine di una decisione così incoerente ed allucinante. La decisione dell’ AGCOM non è piaciuta persino alle compagnie di telecomunicazioni (telefomo, internet. paytv ecc.) ed è quindi scattato il ricorso unitario al Tar che a giugno ha accolto le richieste di sospensiva, fissando al prossimo 7 febbraio 2018 la data per il giudizio. Nel frattempo tutti gli operatori progressivamente hanno “virato” per la bolletta accorciata a 28 giorni. Un cartello di settore ha innescato la reazione dell’Agcom che un mese fa ha avviato procedimenti sanzionatori nei confronti di Tim, Wind Tre, Vodafone e Fastweb e ha lanciato un avvertimento alle pay tv, come Sky. Con multe ridicole se rapportate rispetto a quanto stanno incassando di più con il mese accorciato i gestori di telecomunicazione a danno dei consumatori. “Come Autorità abbiamo fatto tutto quello che dovevamo e potevamo fare e ovviamente seguiamo con interesse la cosa, l’annunciato intervento legislativo” ha dichiarato il presidente dell’Authority, Angelo Marcello Cardani ricordando che davanti al Parlamento, il Governo aveva definito le pratiche “scorrette” e lasciato intendere di voler imporre una scadenza unica a un mese. Senza però spiegare se tale decisione sia valida per tutti (fissi, mobili, paytv ecc.) A queste dichiarazioni “diplomatiche-politiche” si sono contrapposte quelle delle associazioni dei consumatori che denunciano il comportamento illegittimo degli operatori che va avanti da mesi, ed in effetti non si capisce cosa aspettino le autorità Antitrust e quella sulla Comunicazioni (AGCOM) ancora ad elevare una maxi-sanzione, contestando l’aggravio di costi addebitati nelle tasche dei consumatori (+8,6%). E qualcuno chiede al ministro Calenda che si batta ed impegni per inserire l’emendamento nella Legge di Bilanci».
Infanzia, malnutrizione: Save the Children, ogni anno, nel mondo, 3 milioni di bambini sotto i 5 anni muoiono a causa della malnutrizione ROMA – Ogni anno, nel mondo, circa 6 milioni di bambini muoiono prima di aver compito i 5 anni per cause facilmente curabili e prevenibili. Tra queste la malnutrizione, che provoca quasi la metà delle morti infantili a livello globale, uccidendo circa 3 milioni di bambini ogni anno. 52 milioni di minori sotto i 5 anni in questo momento stanno soffrendo la carenza improvvisa di cibo e nutrienti, mentre ben 155 milioni sono malnutriti cronici e rischiano che le gravi conseguenze sul loro sviluppo fisico e cognitivo si ripercuotano sull’intero ciclo di vita. Povertà, cambiamenti climatici e conflitti hanno un ruolo decisivo nella diffusione della malnutrizione. Nei Paesi a medio e basso reddito, 2 minori su 5 vivono in stato di povertà multidimensionale con forti deprivazioni circa l’accesso al cibo, ai servizi igienico-sanitari e all’educazione, mentre nel Corno d’Africa e in Kenya, in seguito all’emergenza climatica “El Niño“, 7 milioni di bambini stanno ancora facendo i conti con la carenza d’acqua e di sostanze nutritive. Solo nel 2016 guerre e insicurezza alimentare hanno provocato la fuga di 65,6 milioni di persone e 122
milioni di bambini affetti da malnutrizione cronica vivono in zone sferzate dai conflitti “È semplicemente inaccettabile che ancora così tanti bambini perdano la vita perché colpiti dalla malnutrizione, un killer silenzioso, ma prevenibile, che trae ancora più forza proprio attraverso il circolo vizioso della povertà, dei conflitti e dei cambiamenti climatici, e che indebolisce il sistema immunitario dei bambini, lasciandoli vulnerabili alle infezioni e alle malattie. E, per quelli che sopravvivono, la malnutrizione rappresenta una condanna per tutta la vita, perché può danneggiare il loro sviluppo cognitivo e avere ripercussioni devastanti sul loro futuro e sulle loro opportunità di vita da adulti. Diventano così bambini senza un domani, molto spesso per il solo fatto di essere nati nel posto sbagliato, in contesti molto poveri o colpiti da pesanti crisi”, ha dichiarato Claudio Tesauro, Presidente di Save the Children, l’Organizzazione internazionale che dal 1919 lotta per salvare la vita dei bambini e garantire loro un futuro. È per loro che Save the Children lancia la campagna globale “Fino all’ultimo bambino”, per salvare e dare un futuro ai bambini senza un domani. “Dal 1990 ad oggi sono stati compiuti importanti passi in avanti per ridurre il fardello della malnutrizione, riducendo da 254 a 155 milioni il numero di bambini colpiti da malnutrizione cronica. Nonostante ciò, il mondo è ancora ben lontano dal raggiungere gli
obiettivi globali, quali la riduzione del 40% dei casi di malnutrizione cronica entro il 2025 e l’eliminazione di tutte le forme di malnutrizione entro il 2030. Noi continueremo a fare di tutto perché nessun bambino venga più lasciato indietro e affinché a tutti, nessuno escluso, venga restituita la possibilità di beneficiare delle sostanze nutritive di cui hanno bisogno, crescere sani, andare a scuola, formarsi e guardare al futuro con speranza”, ha commentato Valerio Neri, Direttore Generale di Save the Children. Nell’ambito della campagna Fino all’ultimo bambino, Save the Children, in collaborazione con Microsoft e con il patrocinio del Comune di Milano, ha ricreato, presso la Microsoft House di Milano, in viale Pasubio 21, un percorso esperienziale immersivo – dal 12 al 17 ottobre – per conoscere da vicino il problema della malnutrizione. Grazie alle tecnologie della realtà mista (con il visore HoloLens), i visitatori, tra cui anche tanti alunni delle scuole, avranno la possibilità di vivere un’esperienza coinvolgente ed educativa. Attraverso gli ologrammi, infatti, potranno sperimentare sensazioni reali di contesti di disagio, oltre a poter sentire durante il percorso anche odori e suoni per ritrovarsi a tu per tu con le stesse sfide di chi, ogni giorno, è costretto a fare i conti con la povertà estrema, le guerre e i cambiamenti climatici, le tre concause principali della malnutrizione. Dal nuovo rapporto di Save the Children “Una fame da morire. Vecchie e
nuove sfide nel contrasto alla malnutrizione” emerge che la malnutrizione rappresenta la concausa di circa la metà (45%) delle morti infantili a livello globale. Dei 155 milioni di bambini che soffrono di malnutrizione cronica (1 minore su 4 sotto i 5 anni nel mondo), più della metà si trova in Asia, in particolare in Asia Meridionale (oltre 61 milioni), e il 30% in Africa. 52 milioni di bambini (1 su 12) sono invece colpiti da malnutrizione acuta, di cui più della metà in Asia meridionale, mentre circa 41 milioni risultano obesi o in sovrappeso, di cui 4 milioni in Paesi ad alto reddito. In questi ultimi si contano del resto 1,6 milioni di minori colpiti da malnutrizione cronica. Tra i Paesi che riportano i tassi peggiori di malnutrizione troviamo l’Eritrea, dove ne è colpito 1 bambino su 2 sotto i 5 anni, e l’India, dove la proporzione tocca quasi il 48% . Buone notizie giungono invece dall’incremento, a livello globale, della pratica dell’allattamento al seno, che garantisce ai neonati 6 possibilità in più di sopravvivere nei primi mesi di vita: dal 36% di bambini di età inferiore ai 6 mesi allattati esclusivamente al seno nel 2005, si è passati al 43% nel 2016, con aumenti consistenti soprattutto in Asia meridionale (59%) e Africa orientale (75%). Il circolo vizioso della povertà. I bambini che nascono in contesti di povertà sono i più esposti al rischio della malnutrizione e alle gravi deprivazioni di carattere sanitario ed educativo. In 103 Paesi a medio e basso reddito sono 689 milioni i minori considerati poveri multidimensionali: in India lo è circa la metà dei bambini, mentre ben 9 su 10in Etiopia, Niger e Sud Sudan. In Africa subsahariana, appena meno della metà della popolazione che vive nelle zone rurali (43%), può accedere alle fonti d’acqua potabile, mentre solo 1 persona su 5 ha accesso ai servizi igienici, considerati entrambi elementi essenziali nella lotta alla malnutrizione. In Asia centrale e meridionale la percentuale di popolazione nelle aree rurali con accesso ai servizi igienici è invece del 40%. Tra gli elementi che incidono sulla povertà infantile anche l’accesso all’istruzione e alla formazione, dal quale ancora oggi sono tagliati fuori 263 milioni di bambini e adolescenti nel mondo.
Cambiamenti climatici In seguito alla grave emergenza El Niño, considerata la peggiore crisi legata al cambiamento climatico degli ultimi 35 anni, quasi 20 milioni di persone, nel Corno d’Africa, stanno soffrendo gli effetti della dura crisi alimentare, tra cui ben 7 milioni di bambini tra Etiopia, Somalia e Kenya che non hanno sufficiente accesso al cibo, in seguito alla perdita dei raccolti e del bestiame provocata dalla siccità, e a fonti d’acqua sicure, con forti ripercussioni sulla diffusione di malattie quali diarrea, colera e morbillo. In Kenya sono 83 mila i bambini colpiti da forme severe di malnutrizione acuta e 39 mila le donne incinte o in fase di allattamento a rischio. La malnutrizione acuta ha colpito 376 mila bambini in Etiopia e 275 mila in Somalia dove, nella prima metà del 2017, il numero di bambini affetti da malnutrizione, che hanno 9 probabilità in più di perdere la vita, è aumentato di almeno il 50%. A livello globale, inoltre, se i cambiamenti climatici estremi dovessero intensificarsi si stima che oltre 592 milioni di persone potrebbero essere a rischio malnutrizione nel 2030 e quasi 477 milioni nel 2050 . Conflitti. Delle 815 milioni di persone denutrite a livello mondiale, più della metà (489 milioni) vive in Paesi colpiti da conflitti, dove si stima che il tasso di malnutrizione cronica si riduca a un ritmo 4 volte inferiore rispetto ai Paesi non colpiti da crisi e dove i tassi di povertà risultano in media superiori di 20 punti percentuali. Si tratta, in particolare, di zone in cui i bambini hanno il doppio delle
possibilità di diventare malnutriti e morire durante l’infanzia rispetto ai propri coetanei negli altri Paesi in via di sviluppo. Contesti estremamente fragili e pericolosi in cui i minori e le loro famiglie sono costretti a sfamarsi con quel che rimane dei raccolti o ad arrangiarsi con ciò che trovano, come cibo per animali o foglie, a bere da sorgenti d’acqua contaminate, spesso senza accesso a medicinali e assistenza sanitaria. In Yemen, dove circa 17 milioni di persone – pari al 60% della popolazione – risultano in stato di insicurezza alimentare, già prima della crisi circa la metà dei bambini sotto i 5 anni risultava affetta dalla malnutrizione e 1 donna ogni 370 moriva per complicazioni durante gravidanza e parto, mentre dal 2014 al 2016 l’aggravarsi del conflitto ha provocato un aumento del 20% delle morti infantili. “Oggi più che mai è arrivato il momento di dire basta. Basta alla perdita di così tante vite, tra i bambini, che potrebbero essere facilmente salvate e protette. Basta a così tante infanzie spezzate, negate e compromesse. È dunque fondamentale che il mondo rafforzi il proprio impegno e faccia ancora di più per contrastare in maniera efficace la malnutrizione. Perché un mondo che volta la faccia anche a un solo bambino la volta al suo stesso futuro”, ha detto ancora Valerio Neri. L’intervento di Save the Children. L’Organizzazione contribuisce da anni a contrastare la mortalità e la malnutrizione infantile attraverso interventi sul campo e un approccio multisettoriale. Dal 2009 al 2015, con la campagna Every One per il contrasto alla mortalità infantile, Save the Children si è impegnata fortemente per evitare che milioni di bambini sotto i 5 anni perdessero la vita per cause facilmente curabili e prevenibili. Solo nel 2016, nel mondo, grazie alla campagna Fino all’ultimo bambino, l’Organizzazione ha raggiunto 21 milioni di bambini con i suoi programmi di salute e nutrizione. I programmi di Save the Children, oltre a prevedere interventi specifici in tema di nutrizione, prevenzione e assistenza materno-infantile, prima e dopo il parto, comprendono azioni specifiche per incentivare la crescita delle comunità locali in modo sostenibile. Anche quest’anno tutti potranno sostenere la campagna attraverso il numero solidale 45544, che sarà attivo dal 12 ottobre al 5 novembre. Sarà possibile donare 2 euro inviando un SMS dai cellulari WIND Tre, TIM, Vodafone, PosteMobile, Coop Voce e Tiscali. Si potranno inoltre donare 2 o 5 euro chiamando lo stesso numero da rete fissa TIM, Wind Tre, Fastweb e Tiscali, oppure 5 euro da rete fissa Vodafone, TWT, Convergenze e PosteMobile. I fondi raccolti in Italia durante la campagna andranno a sostenere i
progetti di Save the Children in Egitto, Etiopia, India, Malawi, Mozambico, Nepal e Somalia. La raccolta fondi della campagna Fino all’ultimo bambino sarà promossa anche sui media: si comincerà con la settimana dedicata alla raccolta fondi sulle Reti Rai TV e Radio Rai dal 16 al 22 ottobre, per continuare poi con spazi nelle principali trasmissioni delle reti Mediaset, La7 e Sky. Tanti i volti noti del mondo del cinema, dello spettacolo e della musica che hanno prestato la propria immagina a sostegno della campagna Fino all’ultimo bambino, tra cui Cesare Bocci, Roberta Capua, Tosca d’Aquino, Irene Ferri, Anna Foglietta, Giorgio Marchesi, Andrea Sartoretti, Syria e Anna Valle. Il calcio. La Lega Serie A aderisce alla Campagna, promuovendola sui campi di calcio nella 9° giornata di campionato il 21 e 22 ottobre. Inoltre, testimonial d’eccezione della campagna sono i calciatori della ACF Fiorentina e alcuni tra i principali allenatori di Serie A, tra i quali Massimiliano Allegri (Juventus), Eusebio Di Francesco (Roma), Simone Inzaghi (Lazio), Vincenzo Montella (Milan), Sinisa Mihajlović (Torino), Stefano Pioli (Fiorentina), Luciano Spalletti (Inter), che hanno aderito realizzando dei video messaggi ad hoc per i tifosi italiani. In arrivo sanzioni dell’ AGCOM per gli operatori telefonici ROMA – L’ AGCOM Autorità per le Garanzie nelle comunicazioni, ha deciso di avviare procedimenti sanzionatori nei confronti degli operatori telefonici Tim, Wind Tre, Vodafone e Fastweb per il mancato rispetto delle disposizioni relative alla cadenza mensile delle fatturazioni e dei rinnovi delle offerte di comunicazioni elettroniche. si legge in una nota. Gli operatori telefonici
costituendo di fatto un “cartello” avevano deciso di applicare una fatturazione a 4 oppure ad 8 settimane (invece che mensile) in tempi diversi, da maggio 2016 ad aprile 2017. La manovra punta a fare pagare (quasi) un mese in più ai loro clienti. L’ Autorità con una delibera del marzo scorso, aveva infatti stabilito “al fine di garantire massima trasparenza e confrontabilità dei prezzi vigenti, nonché il controllo dei consumi e della spesa garantendo un’unità standard (mese) del periodo di riferimento delle rate sottostanti a contratti in abbonamento per adesione” . L’ AGCOM nella propria la nota ricorda “che per la telefonia fissa e per le offerte convergenti l’unità temporale per la cadenza delle fatturazioni e del rinnovo delle offerte dovesse avere come base il mese o suoi multipli“. Però al termine delle verifiche effettuate da Agcom, “è risultato che gli operatori menzionati non hanno ottemperato alla delibera dell’Autorità“. C’è da auspicarsi che a seguito della decisione , di avviare procedimenti sanzionatori nei confronti degli operatori telefonici Tim, Wind Tre, Vodafone e Fastweb per il mancato rispetto delle disposizioni relative alla cadenza delle fatturazioni e dei rinnovi delle offerte di comunicazioni elettroniche, le sanzioni dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni siano esemplari Non corrisponde al vero, a differenza di quanto sostenuto ieri alla Camera dal ministro per i Rapporti con il Parlamento, Anna Finocchiaro, al question time, che il Tar del Lazio il 7 giugno aveva accolto le richieste di sospensiva delle compagnie telefoniche, in quanto aveva solo anticipato il giudizio di merito. Gli operatori della telefonia – riunite tutte insieme in un bel “cartello” di
categoria, alla faccia delle norme sulla concorrrenza – hanno presentato un ricorso al Tar avvalendosi dell’assistenza legale dell’Associazione di categoria che opera in Confindustria, contro l’ordine che l’Autorità aveva inviato loro con la delibera di marzo. Nel frattempo le compagnie telefoniche hanno proseguito imperterrite, furbescamente ed illegalmente, a violare la delibera di marzo scorso dell’Agcom, nel far west delle telecomunicazioni, motivo per cui le associazione dei consumatori hanno presentato un esposto all’Antitrust, contro il reiterato comportamento degli operatori che si ostinano a fatturare a 28 giorni anche per la telefonia fissa. E’ facilmente prevedibile a questo punto un’ondata di ricorsi anche da parte dei consumatori dinnanzi ai vari Corecom regionali nei confronti delle compagnie telefoniche per ottenere la restituzione delle somme addebitate illegittimamente “Montecitorio A Porte Aperte”: al via la 4a edizione di “Una vita da social” Riparte da Piazza Montecitorio a Roma la più importante e imponente campagna educativa itinerante realizzata dalla Polizia Postale e delle Comunicazioni, in collaborazione con il Ministero dell’Istruzione, con il Ministero dell’Università e della Ricerca e con il Patrocinio dell’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza, nell’ambito delle iniziative di sensibilizzazione e prevenzione dei rischi e pericoli della Rete per i minori. Un progetto al passo con i tempi delle nuove generazioni, che nel corso delle tre edizioni precedenti ha raccolto un grande consenso: gli operatori della Specialità hanno incontrato oltre 1 milione di studenti sia nelle piazze che nelle scuole, 106.125 genitori, 59.451 insegnanti per un totale di 8.548 Istituti scolastici, 30.000 km percorsi e 150 città raggiunte sul territorio e una pagina Facebook con 108.000 like e 12 milioni di utenti mensili sui temi della
sicurezza online. “Una Vita da Social”, è stata selezionata dalla Commissione europea a dicembre 2016, tra i migliori progetti a livello europeo. La decisione dell’istituzione comunitaria, di riconoscere alla nota campagna un indubbio carattere di originalità ed innovazione, è arrivata nel giorno in cui la Commissione europea ha lanciato la “Digital Skills and Jobs Coalition”, un’iniziativa per ridurre il divario esistente sulle competenze digitali in Europa, radunando tutta una serie di stakeholder del settore pubblico e privato degli Stati membri. Una giuria indipendente, su input della Commissione europea, ha selezionato, tra 280 progetti mirati ad elevare le competenze digitali dei cittadini europei, l’iniziativa di successo della Polizia Postale italiana, individuandola come la più imponente ed incisiva campagna di sensibilizzazione mai realizzata da un organismo di Polizia. Ancora una volta aziende come Baci Perugina, Facebook, Fastweb, FireEye, Google, Italiaonline con i portali Libero, Virgilio e SuperEva, Microsoft, Poste Italiane, Skuola.net, Symantec, Tim, Vodafone, WindTre, Youtube e società civile scendono in campo insieme alla Polizia di Stato per un solo grande obiettivo: “fare in modo che i gravi episodi di cronaca, alcuni dei quali culminati con il suicidio di alcuni adolescenti ed il dilagante fenomeno del cyberbullismo e di tutte le varie forme di prevaricazione connesse ad un uso distorto
delle tecnologie, non avvengano più“. L’obiettivo dell’iniziativa è quello di prevenire episodi di violenza, prevaricazione, diffamazione, molestie online attraverso un’opera di responsabilizzazione in merito all’uso della “parola”. Gli studenti potranno lanciare il loro messaggio positivo attraverso un diario di bordo 2.0. Infatti, grazie alla collaborazione con Baci Perugina, da sempre messaggero d’amore, nasce #unaparolaeunbacio, l’hashtag per dire no al cyberbullismo documentando le tappe di Una Vita da Social attraverso la condivisione di foto e frasi di tutti gli studenti coinvolti. Da Roma a Sanremo, da Alassio a Ivrea, da Varallo Sesia a Borgomanero, passando da Busto Arstizio, Settimo Milanese, Cremona, Lodi, Bergamo, Brescia, Riva del Garda, Lignano Sabbiadoro, San Donà di Piave, Rovigo, Poggibonsi, Firenze, Pistoia, Lucca, San Miniato, Imola, Forlì, Cesena, Porto Recanati, Camerino, San Benedetto del Tronto, Amatrice, Vasto, Bisceglie, Battipaglia, Lagonegro, Cosenza, Lamezia Terme, Tropea, Messina, Aci Castello, Cefalù, Palermo, Sanluri, Lanusei, Tempio Pausania, gli operatori della Polizia Postale, attraverso un truck allestito con un’aula didattica multimediale, incontreranno studenti, genitori e insegnanti sui temi della sicurezza online con un linguaggio semplice ma esplicito adatto a tutte le fasce di età.
I dati registrati nel corso degli incontri nelle scuole, evidenziano che le competenze digitali degli studenti provengono in tutto o quasi da esperienze di apprendimento extra scolastico. Ne deriva, pertanto, l’importanza delle attività di formazione e sensibilizzazione degli studenti per far sì che la rete possa essere per loro una grande opportunità e non un limite, ma anche rivolte ai genitori e agli insegnanti. I social network infatti sono ormai uno strumento di comunicazione del tutto integrato nella quotidianità di tutti. Preoccupa in maniera più forte il fenomeno del cyberbullismo: circa 2 ragazzi su 3 dichiarano di aver avuto esperienza diretta o indiretta di fenomeni di questo tipo. Per questo motivo accolgono con favore gli incontri gli operatori della Polizia Postale per formare/informare all’uso dei social. E proprio successivamente a questi incontri è stato riscontrato un aumento consistente delle denunce di minori nei confronti di coetanei per episodi di bullismo e cyberbullismo. “Una Vita da Social è un progetto indirizzato principalmente ai giovani – dice Nunzia Ciardi Direttore del Servizio Polizia Postale e delle Comunicazioni – che sono i principali fruitori della Rete”. “L’iniziativa, in collaborazione con il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e con il patrocinio del Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza, vuole fare in modo che Internet possa essere vissuto come un’opportunità e non come un pericolo”. “Il divario fra la conoscenza digitale dei giovani e degli adulti è enorme ed è per questo indispensabile fornire loro tutti quegli strumenti utili ad evitare le insidie che la rete può nascondere”. ”Una Vita da Social – conclude la Ciardi – rappresenta inoltre un esempio positivo di collaborazione fra pubblico e privato perché unisce competenze e conoscenze di importanti Aziende del settore a disposizione dei giovani, dei loro genitori ed insegnanti”. Di seguito i dati statistici sul fenomeno del cyberbullismo nel 2016:
Rapporto Eurispes Italia 2017 : lo Stato è intelligente ma non si applica. di Paolo Campanelli Il rapporto è ampio e complicato, con molti punti di analisi estremamente importanti, ma il senso chiaro: l’Italia è intelligente, ma non si applica. Moltissimi sono i punti che andrebbero letti, compresi, e analizzati, per questo procediamo in pillole, più leggere e semplici da leggere. La voce più strana salta subito all’occhio: il settore tecnologico ha fatto i più grandi avanzamenti rispetto alle analisi precedenti, ma rimane
comunque uno dei più arretrati in Europa, chiuso in una dualità di ignoranza o disinformazione da un lato, e idee, concetti e desideri di avanzamento dall’altro. Per la maggior parte degli italiani nel 2017 si assisterà ad una ripresa debole ma stabilizzata, mentre soltanto una persona su dieci si aspetta un miglioramento della situazione economica dal nuovo anno appena entrato. Di fatto quasi la metà degli italiani non riesce a far quadrare i conti ed una persona su quattro dichiara ai ricercatori dell’ Eurispes di sentirsi abbastanza o molto povero. Per oltre il 38% dei cittadini fra le uscite che si è costretti a ridurre, vi sono sono quelle per la salute. Oltre la metà degli italiani giudica insufficiente e scadente il sistema sanitario nazionale, e si constata una notevole forbice in termini di efficienza e qualità del servizio tra il Nord e Sud. Sono questi alcuni degli aspetti più significativi rilevati nel Rapporto Italia 2017 e diffuso ieri dall’ Eurispes, in cui si confermano i dati dello scorso anno sulla situazione economica del Paese e delle famiglie. Oltre la metà degli italiani (il 54,3%) non è soddisfatto della sanità, percentuale che nel Sud supera il 70%. Il dato complessivo in definitiva però non ha subito mutamenti particolari negli ultimi anni. Prevale la soddisfazione (70,3%), nel Nord-Ovest che ottiene la maggioranza anche al Nord-Est (56,3%). La situazione al Centro-Sud è del tutto diversa: al Centro si raccolgono giudizi negativi dal 65,9% degli intervistati , nelle Isole, dal 72,4% mentre il 73,6% dei cittadini al Sud boccia il sistema . Il disagio più frequente riguarda le lunghe liste di attesa per visite ed esami medici (75,5%): il 53,2% ha dovuto attendere troppo per interventi chirurgici e il 48,9% indica una scarsa disponibilità del personale medico e infermieristico. Il 42,2% degli italiani denuncia strutture mediche fatiscenti, il 41,8% condizioni igieniche insoddisfacenti. Il 34,1% di quanti si sono rivolti alla sanità pubblica ha poi sperimentato a proprie spese errori medici. E se è vero che il 50,5% del campione preferisce rivolgersi agli ospedali pubblici per cure specialistiche e interventi chirurgici (mentre il 25,7% sceglie le strutture private) lo è altrettanto che il 23,8% dichiara di non potersi permettere le cure private. Quanto alle spese, infatti, nell’ultimo anno il 31,9% dei cittadini ha rinunciato alle cure dentistiche a causa dei costi eccessivi, il 23,2% a fisioterapia- riabilitazione, il 22,6% alla prevenzione e il 17,5% ha sacrificato
persino medicine e terapie. L’indagine è stata analizzata in base ai risultati di un questionario al quale ha risposto un campione di 1.084 cittadini stratificato per genere, età e area territoriale. Il rapporto evidenzia la convivenza tra “più Italie distanti l’una dall’altra che a volte stentano ad andare d’accordo” come ha illustrato Gian Maria Fara il presidente di Eurispes , secondo il quale la situazione è frutto “della mancanza di un progetto per il futuro che possa vedere tutti collaborare nell’interesse generale del Paese”. Sul punto di vista sociale sorge un nuovo, inquietante aspetto: quello che un tempo era la classe operaia è stata soppiantata in maniera pressoché totale da un nuovo ceto, quello dei lavoratori precari, ormai talmente tanti da essere ben più di una condizione temporanea. Nonostante il calo del reddito medio, tristemente costante dagli anni passati, la maggior parte degli italiani non si sente “povero” in senso lato, ma le spese troppo spesso superano gli introiti, e molta gente si vede a dover attingere alle proprie riserve per cui ha dovuto duramente lavorare negli anni passati, . Il 48,3% delle famiglie non riesce ad arrivare alla fine del mese (nel 2016 era il 47,2%). Il 44,9% è costretto a utilizzare i propri risparmi. Nello stesso tempo i nuclei familiari tendono a rimanere più compatti, e più di un italiano su dieci è costretto a tornare a vivere con i genitori (o in certi casi con i suoceri) per ridurre i costi, gli animali domestici si sono ridotti, e quando ci sono, sono quasi sempre ex randagi o adottati da un rifugio. “I giovani cercano di andare all’estero” la frase fatta continua ad essere attuale, ma ormai è dimostrato che non si tratta solo dei più giovani: tutti quegli ambienti in cui servono risorse materiali di un certo peso, prima fra tutti il campo della ricerca scientifica, vedono una continua fuga di risorse umane per mancanza di fondi, e totale opposizione al riformare condizioni attuali per poter ricavare quelle risorse; una vera e propria crisi nella vocazione della conoscenza scientifica. Nel corso degli ultimi 2 anni, la paura di subire reati è aumentata rispetto al passato per un terzo degli italiani (33,9%), per oltre la metà (58,2%) è rimasta invariata e solo per il 7,8% è diminuita. Gli italiani si sentono minacciati dal furto in abitazione (34,8%), a seguire dall’aggressione fisica (15,1%). Il 41,3% dei cittadini dichiara che probabilmente ricorrerebbe alle armi se messo in una situazione di pericolo, mentre il 22% è sicuro che lo farebbe. Poco più di un terzo si pronuncia diversamente: il 25,8% probabilmente non utilizzerebbe le armi sotto minaccia e il 10,9% esclude nettamente
tale possibilità. Sicurezza Il 48,5% dei cittadini è d’accordo con l’incriminazione di chi reagisce durante un furto in casa/nel proprio negozio sparando e ferendo o uccidendo gli aggressori, nei casi però in cui la reazione non sia commisurata al pericolo; il 42,7% è contrario all’incriminazione, mentre l’8,8% sostiene che debbano essere incriminati in ogni caso. Unica eccezione, è nelle forze dell’ordine, soprattutto quelle ai livelli superiori, ossia esercito e servizi segreti, con i primi riconosciuti in campo internazionale per i loro piccoli ma continui successi, e i secondi per lasciare poche tracce ma risultati evidenti a chi intuisce dove e cosa guardare. In puro stile “segreto di Pulcinella”, infatti, un buon 80% degli italiani sa che i servizi segreti stanno facendo “qualcosa”, ma nessuno conosce gente che effettivamente faccia l’agente segreto come mestiere. Una delle cause scatenanti, secondo i ricercatori, è la netta divisione “noi contro di loro” che si è andata a definire nei recenti anni in una moltitudine di campi, una spettacolarizzazione dello scontro ideologico che non lascia spazio ad altro e brucia energie e risorse, non lasciandone per poter progredire e dividendo, appunto, l’Italia in pezzi. Malagiustizia. Il 37,1% dei cittadini individua come causa degli errori giudiziari il cattivo funzionamento della macchina giudiziaria nel suo complesso; a seguire il lavoro dei magistrati nel 27,4% dei casi; mentre il 13,7% indica come causa i pubblici ministeri delle procure che non fanno bene il lavoro di indagine. Il 63,7% dei cittadini si pronuncia a favore dell’introduzione di una legge sulla responsabilità civile dei magistrati. Il 47,8% dei cittadini ritiene le intercettazioni uno strumento fondamentale per prevenire e reprimere i reati; mentre il 40,9%, pur condividendo questa posizione, si preoccupa che sia tutelata comunque la privacy delle persone; l’11,3% si dichiara invece contrario poiché le intercettazioni rappresentano una limitazione della libertà personale. Europa: metà degli italiani non vuole uscire dalla Ue Nel 48,8% dei casi gli italiani si dicono contrari all’ipotesi di
uscire dall’Europa, mentre i favorevoli sono pari al 21,5%. Elevato il dato (29,7% dei casi) di coloro che non sanno esprimersi in merito o preferiscono non farlo. L’ipotesi di un referendum per uscire dell’Unione vede prevalere il “no” con il 39,1% contro il 29,5% di “sì” e un altissimo numero di “non so” (31,4%). Un risultato molto diverso rispetto al 2015 quando alla domanda “l’Italia dovrebbe uscire dall’Euro?” il 40% dei cittadini rispondeva “sì”. Gli italiani rimproverano all’Europa il problema dei migranti, rispetto al quale si sentono lasciati soli da Bruxelles (71,5%), le politiche spesso svantaggiose che ci vengono imposte (70,8%) e i sacrifici economici che dobbiamo sostenere per ottemperare ai dettami europei (70,2%). Ma essere europei ha anche dei vantaggi: la facilità di viaggiare e spostarsi all’interno dell’Unione (86,7%), gli scambi commerciali agevolati (79,5%) e la possibilità di avere una moneta unica e stabile (75,6%). Il 40,4% dei cittadini sostiene che l’Italia deve affermare con decisione la tutela degli interessi del Paese, troppo disposto a mettersi da parte per il “bene comune”. Maggiore qualità dei servizi privati rispetto ai servizi pubblici La netta maggioranza dei cittadini esprime insoddisfazione (61,4%) per la qualità dei servizi in Italia, con un picco di giudizi negati nelle Isole (80,3%). Dovendo scegliere, il 40% degli italiani si dice convinto della maggiore qualità dei servizi privati, il 24% premia invece i servizi pubblici. Tra i servizi pubblici, solo la Scuola ottiene oltre la metà dei giudizi positivi (56,8%), seguono gli ospedali e la Difesa (entrambi al 47,7%), i servizi di sicurezza ed ordine pubblico (44,7%), degli enti previdenziali (43,5%). La quota più consistente di bocciature riguarda le Amministrazioni centrali (72,4% di giudizi negativi), seguite dalle Amministrazioni locali (61%) e dall’Amministrazione della giustizia (56,9%). Tra le aziende un tempo pubbliche e poi privatizzate, l’Enel raccoglie la quota più elevata di giudizi favorevoli (46,1%), a seguire Italgas (38,6%), mentre Poste Italiane ottiene un 40,1% di giudizi positivi ed un 41,6% di negativi. Anche Autostrade riceve una quota di valutazioni positive (37,3%) di poco inferiore a quelle negative (38,6%). Per quanto riguarda Alitalia, soddisfatti ed insoddisfatti si equivalgono (rispettivamente 34,6% e 34,8%), così pure per Ferrovie dello Stato (39,2% e 38,6%) Tra i gestori telefonici, Telecom raccoglie giudizi positivi fino al 58,8%. A seguire, Vodafone (46,5%), Wind/Infostrada, (36%), Fastweb (29,8%), Tre (22%) e Tiscali (15,5%); le quote più elevate di mancato giudizio chiaramente vanno a quelle compagnie che hanno minore diffusione e delle quali non tutti i consumatori hanno provato il servizio.
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