UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI PADOVA
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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PADOVA DIPARTIMENTO DI SCIENZE ECONOMICHE ED AZIENDALI “M.FANNO” CORSO DI LAUREA IN ECONOMIA PROVA FINALE IL MARKETING NELL’ERA DIGITALE: IL RUOLO DELL’INFLUENCER RELATORE: CH.MA PROF.SSA MARTINA GIANECCHINI LAUREANDO/A: ILARIA BATTISTELLA MATRICOLA N. 1147837 ANNO ACCADEMICO 2018 – 2019
INDICE INTRODUZIONE…………………………………………………………………………………………………………………………………..1 1. CAPITOLO PRIMO: ASPETTI TECNICI DELLA RIVOLUZIONE 4.0.......………………………………………………2 1.1 - IL CONTESTO STORICO .................................................................................................................... 2 1.2 - GLI EFFETTI SUL MERCATO DEL LAVORO ........................................................................................ 3 1.3 - IL PROBLEMA DELLE SKILL ............................................................................................................... 5 1.4 - GLI INVESTIMENTI PER LA TECNOLOGIA ......................................................................................... 6 2. CAPITOLO SECONDO: L'EVOLUZIONE DEL MARKETING……………………………………………………………....8 2.1 - IL MARKETING TRADIZIONALE ....................................................................................................... 8 2.2 - IL MARKETING RELAZIONALE .......................................................................................................... 9 2.2.1 - Costruire una strategia relazionale ........................................................................................ 10 2.2.2 - Gli strumenti del Marketing Relazionale................................................................................ 12 3. CAPITOLO TERZO: LE NUOVE FIGURE PROFESSIONALI…………………………………………………………..….17 3.1 - LE POSIZIONI NEL MARKETING...................................................................................................... 17 3.2 – L’INFLUENCER MARKETING .......................................................................................................... 19 3.2.1 – Gli influencer dell’abbigliamento sportivo ............................................................................ 22 3.2.3 – La job description .................................................................................................................. 27 CONSIDERAZIONI FINALI ....................................................................................................................... 29 BIBLIOGRAFIA ........................................................................................................................................ 31
INTRODUZIONE Quella a cui stiamo assistendo può essere definita una vera e propria rivoluzione: l’ambiente in cui oggi viviamo è caratterizzato da forte dinamismo e le imprese, per riuscire ad essere competitive, hanno inevitabilmente bisogno di adottare soluzioni innovative a tecnologiche. Nel primo capitolo di questo elaborato, dopo aver analizzato le principali caratteristiche della Rivoluzione 4.0, verrà posto il focus sugli effetti che questa avrà, in generale, nel mercato del lavoro. Nel secondo verrà descritta l’evoluzione delle logiche di Marketing avvenuta per effetto della diffusione delle nuove tecnologie e in particolare saranno individuate le cause che l’hanno resa attività essenziale all’interno della strategia d’impresa. Infine, nel terzo capitolo, entrando più nello specifico, vengono illustrate quali nuove opportunità lavorative, nel settore Marketing, si sono create per effetto della digitalizzazione. 1
1. CAPITOLO PRIMO ASPETTI TECNICI DELLA RIVOLUZIONE 4.0 1.1 - IL CONTESTO STORICO Comprendere e definire la Rivoluzione tecnologica è una sfida suggestiva e affascinante, poiché comporta una vera e propria trasformazione per l’umanità con cui l’uomo non ha mai dovuto confrontarsi prima d’ora. “Rivoluzione 4.0” è un termine coniato nel 2011 dal governo tedesco nell’ambito del progetto “high-tech strategy 2020 for Germany”, intrapreso con l’obiettivo di stimolare e supportare l’innovazione del paese, reputata la chiave per la crescita, l'occupazione, la prosperità e la qualità della vita. I risultati ottenuti dalla Germania hanno portato molti altri paesi a perseguire questa politica, il termine divulgato a livello globale, assume una connotazione più generica: tratteggia quell’insieme di fenomeni che stanno caratterizzando e plasmando le modalità con le quali si fa produzione, si offrono servizi, si organizza la rete commerciale (Kolberg, D., Zühlke, D., 2015). Ciò che sta accadendo nel mercato odierno coinvolge tutti i settori dell’economia e si differenzia dalle tradizionali rivoluzioni per la velocità e l’intensità con cui sta evolvendo, la causa va ricercata principalmente nella natura eterogenea del mondo in cui viviamo. Tra i driver che guidano questo cambiamento troviamo: Potenziamento dell’integrazione uomo-macchina: il mondo fisico diventa digitalizzato e interconnesso, raggiungendo un’elevata integrazione e capacità di comunicazione tra macchine, materiali e persone; La possibilità di gestire e archiviare grandi quantità di dati disponibili in rete (big data) e la loro conseguente acquisizione da parte di oggetti capaci di interagire tra di loro grazie alla cosiddetta Internet of Things; questi dati verranno letti e compresi per ottenere informazioni strategiche relative ai processi e ai prodotti, attraverso l’utilizzo di tecniche e algoritmi (analytics) sfruttati da metodi di intelligenza artificiale (machine learning); Additive manufacturing: stampa 3D, robotica e interazione tra automi. 2
L’introduzione di queste innovazioni determinano velocizzazione ed estrema flessibilità dell’intero processo di produzione, dalla ideazione alla creazione del prodotto e la riduzione dei possibili guasti attraverso l’uso di sistemi per la manutenzione predittiva e preventiva; L’approccio culturale e progettuale con le quali queste innovazioni vengono adottate, è del tutto rivoluzionario. Nel settore manifatturiero l’implementazione di questi elementi innovativi nelle tecniche di produzione comporta il cambiamento più significativo. La progressiva sostituzione della manodopera nella catena produttiva con l’automazione, permetterà in termini pratici, una maggior produttività e qualità del prodotto e di conseguenza l’aumento della soddisfazione degli acquirenti, grazie alla possibilità di personalizzare le caratteristiche in modo flessibile a seconda delle necessità degli acquirenti. Secondo statistiche previsionali, infatti, nell’arco temporale 2015-2065, si stima che si registrerà a livello globale una crescita produttiva dallo 0,8% all’1,4% annuo (Mckinsey Global Institute, 2017). 1.2 - GLI EFFETTI SUL MERCATO DEL LAVORO Se nel precedente si è mantenuta l’attenzione sui fattori tecnici dell’Industria 4.0 in questo capitolo, si propone una riflessione circa le potenziali perturbazioni del mercato del lavoro e di come varieranno le prospettive dei lavoratori stessi del futuro per effetto del progressivo processo di digitalizzazione ed automazione è infatti impensabile ritenere che una trasformazione così profonda non influenzi in alcun modo la forza lavoro. Di fronte a cambiamenti di questo genere viene naturale ritenere che un progressivo utilizzo di macchinari possa inevitabilmente portare ad un eccesso di disoccupazione, in virtù del fatto che gli strumenti utilizzati riducono il fabbisogno di fattori produttivi (Tullini, 2016). A sostegno di questa tesi, un’analisi del World Economic Forum stima che tra il 2015 e il 2020 si perderanno circa 7 milioni di posti di lavoro (Tiraboschi, 2016). In realtà, alla luce dei fatti, per quanto sia indubbio che le innovazioni tecnologiche abbiano modificato il modus operandi di molte professioni e di fatto abbiano fatto quasi estinguere alcune figure professionali, hanno d’altra parte contribuito alla nascita di nuovi lavori, andando a riassorbire la forza lavoro che si riteneva potesse essere esclusa. Usando le parole di Autor (2015, p. 5): « …ritengo che l’interazione tra uomini e macchine consentirà ai computer di sostituire gli umani nelle mansioni più routinarie e codificabili ma, allo stesso tempo, aumenterà il vantaggio competitivo degli umani circa le mansioni a più alto tasso di adattabilità e creatività…in molti casi le macchine sostituiscono e sono complementari all’umano allo 3
stesso tempo. Concentrarsi solo sugli effetti negativi non consente di cogliere un meccanismo economico fondamentale determinato dall’automazione: aumentare il valore delle mansioni svolte esclusivamente dagli uomini…». Ad oggi, secondo le stime del rapporto di McKinsey Global Institute (2007) risulterebbe infatti, che (Figura 1): Figura 1 - Livello di automazione potenziale delle attività. Fonte: Mckinsey Global Institute. solo il 5% delle attività economiche è interamente rimpiazzabile dalla tecnologia, mentre le attività non completamente soppiantabili dai robot rappresentano il 30% delle mansioni nel 60% dei lavori, che corrispondono a più di 2000 attività lavorative in circa 800 settori occupazionali diversi, analizzati a livello mondiale. Per questo motivo, secondo la ricerca, entro il 2030, lavoratori da 75 milioni a 375 milioni (da 3 a 14% della forza lavoro globale) saranno costretti a cambiare occupazione. Tra i settori più vulnerabili si individuano: il manifatturiero, la ristorazione e il commercio al dettaglio, le attività di raccolta, elaborazione dati e quelle attività in cui occorrono movimenti fisici prestabiliti, standard. Al contrario, quelli che subiranno meno variazioni in termini occupazionali o addirittura vedranno aumentarne la domanda, comprendono tutte le attività di gestione e tutti quei lavori che richiedono creatività o per cui occorre prendere decisioni in base a variabili imprevedibili che sono ancora praticamente impossibili da far svolgere a un robot, come ad esempio lavori che necessitano interazioni, supervisione, monitoraggio. Infine, potremmo aspettarci che circa l'8-9% della domanda di lavoro del 2030 riguarderà occupazioni che si verranno a creare per effetto della tecnologia tra i quali troviamo: la progettazione e programmazione di siti web, applicazioni (App) o nuove piattaforme (si pensi a social network come Facebook o piattaforme di sharing come Air B&B) che sfruttano la possibilità di creare luoghi online. Non da meno crescerà la 4
domanda di consulenti ICT e esperti di realtà virtuale e simulata, al fine di testare i prodotti a computer prima della loro effettiva realizzazione. 1.3 - IL PROBLEMA DELLE SKILL Le competenze costituiscono un elemento fondamentale nella relazione tra cambiamento tecnologico e occupazione, infatti la disponibilità di una forza lavoro preparata, consente alle organizzazioni di adottare le nuove tecnologie e di sfruttarne a pieno il potenziale produttivo. Partendo da questa considerazione, analizziamo come la tecnologia modifica il lavoro da un punto di vista qualitativo e quali sono le nuove competenze richieste ai lavoratori di oggi e, soprattutto, di domani. Spesso, la causa del disallineamento delle skill richieste è individuabile nell’incapacità del sistema educativo di adattarsi alle nuove richieste provenienti dal mercato del lavoro, soprattutto per quanto riguarda le conoscenze informatiche, le quali rappresentano ormai il punto cardine per moltissime realtà e senza le quali si rende difficile, se non impossibile, portare avanti le mansioni da svolgere (Cappelli, 2014). Infatti, a tutti i lavoratori, compresi coloro che svolgono lavori poco qualificati, per i quali non è necessario un elevato livello d’istruzione, viene sempre più richiesto di possedere almeno un livello base di competenze nelle TIC (Tecnologie dell'Informazione e della Comunicazione). In questo contesto, è preoccupante vedere che il 56% della popolazione adulta nei paesi OCSE ha zero o scarse capacità informatiche (World Economic Forum, 2016). I giovani sono molto più preparati a lavorare in ambienti ricchi di TIC rispetto alle generazioni precedenti, ma risulta comunque che una parte considerevole di ragazzi di età compresa tra i 25 e i 34 anni non è pronta alla trasformazione digitale dei luoghi di lavoro. Per prevenire e colmare queste lacune, sarebbe utile: preparare i giovani già negli anni di formazione, per esempio proponendo lezioni di informatica nel programma scolastico, mentre per la forza lavoro già inserita in un contesto lavorativo o per i disoccupati, adottare programmi per la riqualificazione, aggiornando le loro competenze per mezzo ad esempio di corsi online. Oltre alle competenze tecniche, si pone il problema di far acquisire ai lavoratori le “soft skill” necessarie per interagire nella nuova dimensione aziendale. I lavoratori, al primo posto nella lista delle dieci attitudini emergenti nel 2020 (Pezzoli, M., 2017), dovranno essere in grado di risolvere problemi in contesti sempre più volatili (problem solving), dimostrando capacità di sviluppare un pensiero critico attraverso l’intuizione, capacità di autonomia e di valutazione e proattività. Coloro che vogliono prosperare nell’economia digitale, dovranno inoltre riuscire ad apprendere velocemente e senza difficoltà a mansioni cross-funzionali. Il possedere capacità trasversali e di adattamento, si sposa perfettamente con la nuova idea di struttura aziendale che 5
prevede l’abbandono dell’assegnazione di compiti ben definiti e circoscritti a ciascun lavoratore, preferendo invece l’integrazione dei ruoli (Cainarca e Sgobbi, 2005). In questo contesto sarà necessario un clima collaborativo e capacità di coordinamento tra gli operatori: saper lavorare in team significa far crescere il gruppo di lavoro attraverso sinergie. Queste evoluzioni comportano inoltre, un aumento della responsabilità individuale e minimizzano l’importanza di fattori come gerarchia e anzianità, il che significa che il lavoratore dovrà saper comunicare e interagire in modo costruttivo con generazioni diverse. Se consideriamo l’integrazione tra l’esperienza del lavoratore più maturo con l’elasticità mentale che appartiene invece quello più giovane, possiamo ritenere che entrambi ne possono trarre beneficio. Inoltre, sfruttare l’integrazione di lavoratori anziani e giovani può significare concreti vantaggi per l’impresa stessa in termini di risparmio dei costi per la formazione dei dipendenti e riduzione dei tempi di apprendimento delle relative skill. 1.4 - GLI INVESTIMENTI PER LA TECNOLOGIA L'entità della futura creazione di posti di lavoro e l'impatto dell'automazione sulla forza lavoro varia significativamente da paese a paese e dipende in primo luogo dalla relativa propensione all’adozione di strumenti all’avanguardia. Nonostante sia una suddivisione piuttosto superficiale in merito, si possono individuare due macro gruppi di nazioni: nel primo, i paesi “early-adopters”, figurano quelli che si dimostrano favorevoli e preparati per l’adozione di tecnologie robotiche (ad esempio Stati Uniti, Canada, Giappone e Corea del Sud), mentre tra i “laggards” rientrano coloro che sembrano restii agli investimenti per l’innovazione, preferendo strumenti tradizionali a quelli tecnologici (Austria, Belgio, Francia, Italia e Spagna). Facendo un’analisi più approfondita, si individuano quattro fattori che, presenti in maniera differente nei vari paesi, determinano le scelte in merito all’adozione di soluzioni più o meno all’avanguardia. Il primo è il livello remunerativo: i salari più alti rendono in media più forte l'interesse commerciale per l'adozione dell'automazione. Tuttavia, anche i paesi a basso costo del lavoro possono esserne attratti, ad esempio alcune aziende adottano l'automazione per aumentare la qualità del prodotto, ottenendo un controllo più rigoroso dell’intero processo produttivo e avvicinando lo standard di produzione a quello dei paesi ad alto salario, oppure al fine di ottenere altri benefici che superano quelli ottenuti dai ridotti costi del lavoro. Un altro elemento è individuabile nella crescita economica, condizione essenziale per la creazione di posti di lavoro; le economie stagnanti o in lenta crescita creano pochi, se non nessun, nuovo posto di lavoro netto. I paesi invece, con una crescita economica e produttiva più 6
forte registrano una maggiore domanda di manodopera. A sua volta, lo sviluppo può essere determinato dal livello di crescita demografica: i paesi con una forza lavoro in rapida crescita, come l'India, possono infatti godere di un "dividendo demografico" (rapporto tra popolazione in età lavorativa e popolazione complessiva) che stimola la crescita del PIL, se la popolazione giovane è impiegata. I paesi con una forza lavoro in calo, come il Giappone, possono aspettarsi una crescita futura del PIL inferiore in quanto stimolata solo dalla crescita della produttività. Un terzo fattore è rappresentato dal potenziale di automazione nei settori predominanti e caratterizzanti del paese: il Giappone, ad esempio, ha un potenziale di automazione più elevato rispetto agli Stati Uniti perché il peso di settori altamente automatizzabili, come l'industria manifatturiera, è più elevato Il grado di adozione di politiche a livello nazionale e non solo che tutelano il lavoratore, rappresenta l’ultimo fattore. I police makers nel decidere quali azioni implementare dovrebbero considerare oltre ai benefici in termini di produttività aggregata, anche i molteplici problemi che derivano dallo sviluppo di nuove soluzioni tecnologiche: il cambiamento delle competenze richieste dal mercato del lavoro, la distribuzione eterogenea dell’impatto che avrà sui diversi settori, sui livelli di reddito e di educazione, il cambiamento del mercato del lavoro dovuto all’eliminazione di alcuni lavori e alla creazione di altri e le conseguenze della perdita del lavoro per alcuni lavoratori. 7
2. CAPITOLO SECONDO L’EVOLUZIONE DEL MARKETING Il seguente capitolo, si occupa di analizzare in che modo l’avvento della Rivoluzione 4.0 e la diffusione delle nuove tecnologie hanno trasformato la funzione del marketing, individuando le cause che l’hanno resa attività essenziale all’interno della strategia d’impresa. 2.1 - IL MARKETING TRADIZIONALE Per comprenderne al meglio il processo evolutivo, partiamo innanzitutto definendo di cosa si è occupato il marketing prima della diffusione della tecnologia. Per marketing tradizionale intendiamo “il processo di analisi, pianificazione, realizzazione e controllo delle decisioni riguardanti il prodotto, il prezzo, la promozione e la comunicazione al fine di creare scambi che consentano di conseguire gli obiettivi di individui e organizzazioni.” Questa definizione suggerita dalla American Marketing Association (1988) è incentrata sul paradigma delle 4P (Product, Price, Place, Promotion) proposto da McCharty negli anni ’60. Secondo questo modello, l’impresa stessa, nella delineazione di strategia, assume una posizione centrale e si pone come obbiettivo quello di massimizzare i volumi di vendita e le quote di mercato combinando nella maniera più efficiente i quattro parametri sopra citati (KELLER K., et al., 2012). Questa concezione si trova perfettamente in linea con il contesto storico in cui si manifesta: si tratta della prima fase dell’era industriale, quando la tecnologia più importante erano i macchinari industriali e la produzione di massa. Il marketing in questo quadro, affianca la produzione con il compito di vendere prodotti standardizzati ad un mercato sempre più ampio, composto da acquirenti di fatto anonimi e sostituibili. L’impresa è l’unico soggetto attivo nella relazione con il cliente, con il quale instaura un legame unidirezionale, dall’altro verso il basso (top-down). I limiti di questo approccio cominciano a manifestarsi a partire dagli anni ’70, quando si assiste ad un profondo mutamento del contesto competitivo in cui le imprese sono chiamate ad operare. In questo nuovo scenario le imprese vedono da una parte diminuire la domanda per effetto dell’aumento della concorrenza e della varietà di prodotti che vengono proposti al mercato e dall’altra, il consumatore conquista un maggior potere contrattuale per 8
effetto dell’esperienza accumulata e della moltitudine di informazioni che riesce ad ottenere grazie alle quali è capace in maniera autonoma di confrontare le offerte e di verificare le caratteristiche e la qualità di ciò che acquista. Le imprese che aderiscono alla prospettiva tradizionale possono ancora oggi avere successo, ma solo in economie caratterizzate da scarsità di beni, con consumatori che non esigono particolari performance, funzionalità o stili, come avviene per esempio nei mercati dei prodotti di prima necessità in alcune aree rurali dei paesi in via di sviluppo. Non funziona però in economie in cui sono presenti tanti diversi tipi di persone, ognuna con i propri desideri, le proprie percezioni, le proprie preferenze e i propri criteri di acquisto. Gli attori di successo in questi mercati devono essere in grado di progettare e distribuire offerte differenziate per mercati obiettivo ben definiti. Tutto ciò comporta uno stravolgimento dei processi di business e di marketing, con imprese che non si limitano soltanto a sottolineare l’importanza di produzione e vendita, ma le considerano parte di un più ampio processo di distribuzione del valore. 2.2 - IL MARKETING RELAZIONALE In questo passaggio, assistiamo dunque ad una trasformazione profonda delle logiche d’impresa: si passa da una strategia Product-oriented, ad una Costumer-oriented. In un mercato dotato di queste caratteristiche il compito fondamentale di ogni impresa, che vuole essere competitiva, è quello di offrire valore al cliente: un valore superiore alla concorrenza, ma al tempo stesso capace di garantire all’impresa la redditività attesa. E’ un compito non facile in un’economia turbolenta, caratterizzata da una domanda sempre maggiore di prodotti e servizi differenziati e personalizzati, in cui il consumatore esprime aspettative riguardo alla qualità, al servizio e alla flessibilità dell’offerta. I responsabili marketing sanno che il cliente medio non continuerà a rivolgersi a un’impresa che, per esempio, non offre prodotti e servizi di buona qualità a un prezzo accettabile e, senza clienti non c’è business. Inoltre, in molti mercati la competizione si è inasprita e, a maggior ragione, le imprese che trascurano le sue esigenze sono destinate a fallire (BLYTHE J., CEDROLA E., 2013). Per questi motivi, le imprese hanno bisogno di conoscere i bisogni dei clienti e per farlo è necessario instaurare una relazione attraverso cui comunicare e collaborare reciprocamente in modo efficiente. Le imprese devono quindi rivalutare la qualità dei rapporti che si sviluppano tra le parti: entrambi gli attori coinvolti ricoprono ora un ruolo attivo nelle transazioni poste in essere, caratterizzato da dialogo continuo e reticolare per mezzo del quale anche il cliente può interagire e conoscere l’azienda attraverso diversi canali. E’ importante per un’impresa farsi conoscere e proteggere la propria reputazione mettendo in luce gli elementi di differenza e superiorità rispetto alla concorrenza e, l’aspetto 9
più importante, definire e comunicare con cura il modo in cui rende disponibile, e in tal senso distribuisce, il valore al cliente. Questo orientamento è più volto ad assicurare la soddisfazione, la fiducia e la fedeltà del cliente che non a concludere un affare consistente ma isolato e offre all’impresa maggiori possibilità di conservare la sua clientela nel lungo periodo (BLYTHE J., CEDROLA E., 2013). L’implementazione di questo nuovo approccio nella strategia d’impresa, non condiziona solo il modo di fare marketing, ma implica un adattamento di tutte le funzioni e i processi aziendali: per generare l’offerta di valore infatti, vengono coinvolte tutte le fasi, che vanno dall’analisi, alla progettazione fino alla distribuzione vera e propria del valore e all’esperienza di acquisto e di consumo del prodotto o servizio (KELLER K., et al., 2012). 2.2.1 - Costruire una strategia relazionale Le imprese che adottano un approccio al marketing di tipo tradizionale utilizzano le informazioni che hanno sui propri clienti solo per aggregare i segmenti di mercato, ovvero per definire il cliente “medio”, mentre quelle che utilizzano un orientamento di tipo relazionale necessitano di informazioni più specifiche con l’obiettivo di utilizzarle al fine di formulare decisioni strategiche, in questo caso, a livello di singolo cliente. Dunque, per riuscire a costruire un’offerta personalizzata sono necessari alcuni passaggi preliminari: identificare, differenziare, interagire con i clienti: l’identificazione dei clienti consiste nell’individuazione della controparte della relazione, nel conoscere cioè le peculiarità nel dettaglio di ogni singolo cliente. Per realizzarla l’impresa integra le informazioni di cui è già in possesso, per esempio quelle relative alla transaction history, con altre provenienti da fonti esterne. Per ottenerle l’impresa deve essere in grado di riconoscere il cliente ad ogni contatto così da poter immagazzinare quante più informazioni possibili sulle caratteristiche che rendono il cliente unico (comportamenti di acquisto, tipo e modalità di utilizzazione dei canali distributivi). La fase di differenziazione prevede un’analisi più approfondita dei dati ricavati precedentemente al fine di poterli impiegare con lo scopo di segmentare i clienti in termini di bisogni, abitudini, comportamenti comuni e successivamente creare modelli predittivi capaci di suggerire le azioni più opportune da realizzare con riferimento a ogni segmento individuato; questo permette all’impresa di focalizzare le proprie migliori risorse su quei clienti in grado di garantirle il maggior ritorno in termini economici e di realizzare e implementare strategie disegnate appositamente per soddisfare specifici bisogni. Il comportamento dei consumatori può ad esempio riflettere differenze culturali che possono essere pronunciate tra i diversi paesi. Hofstede, in merito, individua quattro principali dimensioni culturali che differenziano i paesi: la distanza percepita tra chi ha potere e coloro che ad esso sono soggetti; l’orientamento 10
all'individualismo o al collettivismo; l’inclinazione "maschile" (ai grandi risultati) o "femminile" (allo star bene insieme) della società nel suo complesso; la tendenza a identificare come orizzonte temporale il breve termine o il lungo termine che corrisponde ad una minore o maggiore avversione all’incertezza. La combinazione di fattori demografici, socio-economici, psicologici e comportamentali presenti in misura diversa nei diversi mercati suggeriscono agli operatori di marketing le strategie da adottare: le marche migliori a livello globale rimangono coerenti nelle tematiche, ma localmente riflettono le differenze significative esistenti in merito al comportamento del consumatore, allo sviluppo della marca, alle forze concorrenti e all’ambiente legale o politico (HILL C. W. L., et al.,2011). Dopo aver identificato il cliente ed aver individuato il segmento target, bisogna saper interagire con il potenziale acquirente: solo in questo modo si sviluppa una relazione duratura basata sulla reale conoscenza del cliente e delle sue evoluzioni nel tempo e solo un’interazione continua con il cliente permette la costruzione di quell’intimità che sta alla base della fiducia. Innanzitutto per instaurare un dialogo, entrambe le parti devono essere ben identificate: l’impresa deve conoscere il suo cliente e il cliente deve conoscere l’impresa. Le parti coinvolte devono essere interessate al dialogo ed avere strumenti e occasioni per poter comunicare. La relazione deve essere controllabile da entrambi e ogni contatto deve riprendere dal punto in cui è stato interrotto nell’ultima interazione al fine di creare un continuum. Grazie a questi passaggi è possibile creare un’offerta personalizzata che consente di creare il bilanciamento ottimale tra la soddisfazione delle esigenze del cliente e la profittabilità aziendale. Per i clienti maggiormente redditizi è percorribile l’approccio personalizzato in senso stretto, mentre per i clienti meno redditizi potrà essere realizzato un approccio di mass-customization, vale a dire la creazione di pacchetti di prodotti/servizi determinabili dall’aggregazione di moduli di prodotto standardizzati (per esempio, IKEA). Dall’analisi dei dati relativi cliente si costruisce corretto mix di marketing che non potrà prescindere, proprio perché l’obiettivo è quello di costruire un rapporto duraturo nel tempo, dalle attività di misurazione dei risultati. Questa fase è finalizzata alla valutazione del gradimento dimostrato dal cliente nei confronti delle offerte presentate e alle comunicazioni effettuate e in base ai risultati l’impresa potrà migliorare i propri prodotti e servizi con l’obbiettivo di riuscire ad attirare nuovi clienti, trattenere quelli attuali e incrementare la customer loyalty. 11
2.2.2 - Gli strumenti del Marketing Relazionale Come abbiamo visto in precedenza, l’approccio relazionale ha assunto negli ultimi tempi un’importanza via via maggiore nel marketing, tuttavia solo ultimamente si sono resi disponibili strumenti (come Internet e le comunicazioni in Rete) che hanno reso la gestione della relazione più semplice da realizzare ed economicamente conveniente anche per le imprese più piccole (HARRIGAN P., et al. 2015). Analizziamo in che modo lo sviluppo tecnologico è strettamente connesso con le attività del marketing relazionale esaminando quali strumenti sono necessari e vengono sfruttati dalle imprese all’avanguardia per incrementare la propria competitività e creare valore. I benefici che si possono trarre dallo sfruttamento delle ICT (Information and Communications Technology) sono tali che alcuni studiosi (Stone, 2001; Swift, 2002; Woods, 2000) parlano di vera e propria rivoluzione nei rapporti con il mercato, una sorta di “marketing information revolution”, di “electronic customer care” (FERRARI S., et al., 2004). Tra le principali potenzialità delle ICT ricordiamo: l’effetto rete che genera una trasformazione delle risorse, da statiche ed isolate a dinamiche e connesse, offrendo a tutte le imprese l’opportunità di accedere a mercati più ampi e diversificati , sfruttando l’interconnettività che offre la soluzione; la possibilità di dematerializzare alcune risorse o virtualizzare alcune fasi del processo rafforzando i flussi informativi da e verso il cliente; l’automazione di operazioni manuali che intercorrono tra il momento in cui l’informazione viene ricevuta o generata e quello in cui i dati solo memorizzati da una qualsiasi applicazione del sistema informativo eliminando sprechi in termini di costi e tempi; l’ICT permette la personalizzazione, a monte, di tutte le operazioni di tracking, feedback, analisi e costruzione del profilo del cliente, a valle, dello sviluppo di una diretta e personale collaborazione con il singolo cliente; in generale, implica un’innovazione del processo a livello di flusso delle attività, per esempio permettendo la condivisione di informazioni tra le diverse unità, e a livello organizzativo, ad esempio abilitando nuove procedure di coordinamento online. Dal punto di vista dell’architettura, gli strumenti utilizzati a supporto della strategia marketing relazionale possono essere suddivisi in tre macro categorie: la prima raggruppa quelli che supportano la raccolta di informazioni e la comunicazione con i clienti (“touchpoint”), nella seconda rientrano gli strumenti operativi e analitici che raccolgono ed analizzano i dati per la pianificazione e l’esecuzione (CRM operativo e analitico) e infine nella terza troviamo gli strumenti per misurare i risultati della strategia intrapresa (KPI) (FERRARI S., et al., 2004). 12
1.Touchpoint La prima touchpoint (punto di contatto) comprende tutti i mezzi attraverso i quali interfacciarsi con i clienti, in modo tale da riuscire sia ad identificarli e raccogliere informazioni relative ai loro bisogni, che a presentarsi e farsi conoscere come azienda. Ad oggi sussiste una commistione tra strumenti offline e online in quanto l’utilizzo esclusivo di quest’ultimi non sarebbe esaustivo. Tra i primi, più tradizionali, troviamo: le attività di call center, la forza vendita, i customer services (servizio di assistenza clienti). Tra gli strumenti online troviamo invece: DEM (Direct Email Marketing), questionari previsti nel form di registrazione, comunità virtuali (forum, chat-box, mailing list), SEO (Search Engine Optimization), SEM (Search Engine Marketing) e SMM (Social Media Marketing). DEM (Direct Email Marketing) - L’e-mail marketing è una delle promozioni aziendali più dirette che esistano nel panorama della pubblicità aziendale. Un marketing diretto che vede i messaggi di posta elettronica essere al centro della comunicazione con l’utenza finale, per promuovere attraverso processi automatizzati e non, beni o servizi o semplicemente per aumentare la notorietà del brand. E’ riconducibile ad una campagna di email marketing (DEM), qualunque email inviata a clienti e potenziali acquirenti atta ad acquisire nuovi clienti, fidelizzarne altri o convincere quelli precedenti ad acquistare un prodotto o servizio. La comunicazione tramite email è uno strumento molto efficace in quanto caratterizzata da bassi costi, velocità istantanea e alto grado di personalizzazione, si stima che in ambito B2B il 93% delle imprese sfrutta come principale strategia proprio l’e-mail marketing. SEO (Search engine optimization) e SEM (Search engine marketing) - Sono entrambi strumenti mirano ad aumentare la visibilità dei portali nei motori di ricerca, ovvero attività e strategie di ottimizzazione che sono utili a generare un aumento di traffico profilato, ovvero un aumento di visite da utenti pronti ad effettuare una conversione (acquisto, lead, contatto) in un sito web. In quest’ottica, i contenuti del portale (SEO) o la pubblicità a pagamento (SEM) determinano il posizionamento del sito web nel motore di ricerca. Questi strumenti inoltre offrono un’ulteriore beneficio, ovvero quello di riuscire a comunicare ad un pubblico definito, target, formato da utenti che in modo esplicito chiedono ad un motore di ricerca di trovare soluzioni ai propri bisogni. L’investimento su questi strumenti è molto importante considerando che su Google si effettuano 63mila ricerche al secondo ogni giorno e i motori di ricerca indirizzano il 93% del traffico totale sui siti web, per un’azienda apparire con il proprio sito sulla prima pagina dei motori di ricerca è un obiettivo fondamentale stimando che solo il 7% degli utenti va oltre la terza pagina di risultati. SMM - L’utilizzo dei social media come tattica di marketing è ormai diventato essenziale per le aziende: 9 su 10 nell’ambito B2C lo inseriscono nella propria strategia come strumento per 13
potenziare la comunicazione, per valorizzare il proprio brand e per aumentare la visibilità. Nel contesto attuale infatti, non è più necessario dover accedere ad internet da computer, ma è sufficiente avere uno smartphone o un tablet con sé per essere connessi. Questo permette alle imprese la possibilità di raggiungere un’ampia audience, di qualsiasi età. Accedere ai social network è gratuito, si stima che oltre 3 miliardi di persone nel mondo, in una fascia di età che va dai 20 ai 55 anni circa, ha almeno un profilo social e 3 utenti su 4 vi accedono tutti i giorni. E’ fondamentale per l’azienda individuare quali obbiettivi vuole raggiungere attraverso la comunicazione social, scegliere che piattaforme utilizzare e quale contenuto condividere in ognuna di esse. Lo sviluppo della dimensione digitale ha ampliato enormemente la libertà di comunicazione e le tipologie di touchpoint a disposizione di brand ed organizzazioni, utili per intercettare i consumatori. Per Digital Marketing intendiamo infatti tutte quelle attività di marketing condotte da un’impresa attraverso l’utilizzo degli strumenti e dei canali digitali (Internet), spesso in sinergia con gli altri strumenti del marketing tradizionale, con l’obbiettivo di creare una comunicazione integrata, personalizzata e interattiva con i clienti che permetta all’impresa di sviluppare e fidelizzare maggiormente la propria base cliente. La relazione con il consumatore, in particolare, si avvantaggia di alcune caratteristiche distintive rese possibili dalle infrastrutture e tecnologie di rete (MAESTRI A., GAVATORTA F., 2015). 2.CRM operativo e analitico Il CRM operativo comprende attività e strutture che coinvolgono sia i processi di marketing che quelli di vendita e post-vendita. In ambito Marketing trova applicazione nel segmentare e classificare i clienti, gestire campagne o promozioni e valutare costantemente le opportunità presenti all’interno del proprio database. Grazie a questo strumento è ad esempio possibile individuare particolari bisogni della propria clientela ed avviare azioni di marketing mirate ad intercettare tali esigenze. L’attività svolta a questo livello si distingue in due macrocategorie: attività di front office e attività di back office: le prime, sono quelle che si interfacciano in modo diretto con il cliente, che sono poi automatizzate dai software CRM e infine incanalate nei diversi touchpoint, a questa categoria appartengono gli strumenti di marketing automation e sales force automation. Nelle seconde, che invece non richiedono l’interazione con il cliente, troviamo strumenti come l’ERP (Enterprise Resource Planning) (FERRARI S., et al., 2004). MARKETING AUTOMATION e SALES FORCE AUTOMATION - Capacità di automazione delle attività di marketing permettendo la velocizzazione della schedulazione, o di realizzarle senza l’intervento umano così da poter ridurre i tempi e i costi in termini di 14
contrattazione, inoltre, questi strumenti permettono agli operatori interni ed esterni all’azienda di condividere tutte le informazioni relative alla relazione con quel particolare cliente in modo semplice, veloce e completo; ERP (Enterprise Resource Planning) - Si tratta di un software di gestione che genera integrazione e facile coordinamento tra tutti i processi di business rilevanti di un'azienda, che riguardano la pianificazione sia della produzione del prodotto sia della vendita e distribuzione (il più utilizzato nelle grandi aziende è SAP). Per esempio, si rende utile nelle operazioni riguardanti il controllo di inventari, il tracciamento degli ordini, i servizi per i clienti, la finanza e le risorse umane. Il CRM analitico si occupa dell’analisi delle informazioni che provengono dall’operativo. Attraverso l’interazione con i touchpoint, l’impresa acquisisce diversi dati sul cliente, i quali vengono raccolti all’interno di database e successivamente trasformati dagli strumenti di business intelligence in informazioni utili a prendere decisioni strategiche. Questo strumento si occupa di acquisire, di interpretare e di elaborare i dati provenienti da varie fonti e di produrre report utili per monitorare l’andamento del proprio business. Aggregando i dati e processandoli con specifici algoritmi è infatti possibile individuare eventuali criticità così da poter avviare azioni correttive in breve tempo: ciò consente un’ottimizzazione costante ed un miglioramento dei risultati. Inoltre, questo strumento ha le potenzialità di individuare i propri migliori clienti, di valutare l’andamento delle campagne di marketing e di valutare i motivi di insuccesso di una determinata offerta commerciale. DATAMINING - E’ uno strumento che analizza, filtra e trasforma in modo automatico o semiautomatico grandi quantità di dati precedentemente raccolti utilizzando tecniche analitiche. Rende esplicite informazioni in breve tempo e riesce ad individuare correlazioni significative tra più variabili relativamente ai singoli individui (pattern). GOOGLE ANALYTICS - E’ un servizio di web analytics gratuito fornito da Google che consente di analizzare delle dettagliate statistiche sui visitatori di un sito web permettendo all’azienda di accedere a diversi report, come ad esempio: provenienza degli utenti, le pagine più viste, la durata della sessione, così da capire quali canali di marketing sul sito web sono più efficaci in termini di lead, conversioni, download e vendite. 3.KPI (Key Performance Indicator) Fornire informazioni riguardo all’andamento di performance aziendale, è un compito tanto utile quanto fondamentale in un contesto aziendale: i KPI sono indicatori, che possono essere presentati sotto forma di numeri, che contribuiscono a determinare se un un’organizzazione progredisce o meno verso i suoi obiettivi di business e marketing. I dati, precedentemente 15
rilevati tramite CRM analitico e operativo, vengono analizzati a scadenze temporali predeterminate in modo tale da dividere il processo analizzato in diversi check-point. Gli indicatori chiave di prestazione devono riuscire a coinvolgere ed integrare con tutti i processi aziendali e devono essere definiti in modo tale che i fattori al di fuori del controllo di una società non possano interferire con la loro realizzazione. Bisogna avere la certezza che i dati grezzi siano corretti che non siano stati corrotti da qualche passaggio manuale o errore umano (ROMENTI S., 2016). Tra i più utilizzati ricordiamo gli indicatori CAC e LVT: CAC (Customer Acquisition Cost) - Fornisce informazioni circa il costo di acquisizione di un nuovo cliente: se la spesa per l’acquisto supera il fatturato generato dal quel particolare cliente, è altamente probabile che l’azienda fallirà. Tuttavia, su un arco temporale più lungo, il calcolo di questa spesa va integrata nel calcolo tutte le altre voci di costo che di fatto non sono misurabili giornalmente, come ad esempio il budget dedicato all’advertising. LTV (Lifetime Value) - misura la rendita generata da quel cliente durante tutto il suo ciclo di vita all’interno dell’azienda: è una metrica fondamentale per capire quali saranno le entrate derivate da un cliente. Di solito l’LTV viene calcolato su un arco temporale che va tra i tre e i cinque anni. 16
3. CAPITOLO TERZO LE NUOVE FIGURE PROFESSIONALI Nei capitoli precedenti abbiamo analizzato quali cambiamenti ha determinato la Rivoluzione 4.0 nel mercato del lavoro e abbiamo compreso come la diffusione della tecnologia ha modificato l’approccio al marketing individuando nello specifico quali strumenti innovativi hanno oggi a disposizione gli operatori del settore per realizzare nella maniera più efficiente una strategia orientata al cliente. Nel seguente, vengono illustrate quali nuove opportunità lavorative, in ambito del marketing relazionale, si sono create per effetto della digitalizzazione, approfondendo nello specifico quali competenze sono necessarie per ricoprirle. 3.1 - LE POSIZIONI NEL MARKETING Le professioni del marketing e della comunicazione sono in costante evoluzione da diversi anni. Il mondo iper-connesso, la globalizzazione dei mercati, la rivoluzione digitale hanno radicalmente cambiato il modus operandi di questi due settori andando, di conseguenza, a creare nuove opportunità di impiego. Come ci dimostra il monitoraggio effettuato da Hays Response, infatti, alcuni ruoli, in particolare quelli legati ai mezzi di comunicazione più tradizionali, si sono ridotti di importanza, mentre le aziende hanno già moltiplicato le richieste di profili “ibridi” soprattutto nel campo del marketing e della comunicazione. Per professionalità ibride s’intendono quelle che comprendono lavori in cui le competenze tradizionali sono affiancate da una sempre maggiore conoscenza tecnica e qualificazione in ambito digital e che nei prossimi anni saranno sempre più richieste dalle aziende per supportare il processo di adeguamento al mondo della rete (EVENT REPORT, 2014). Oltre a queste competenze informatiche, per operare in un contesto simile, in continua trasformazione, è fondamentale possedere, tra le soft skill, la capacità di affrontare il cambiamento ovvero il saper individuare velocemente e in maniera autonoma le nuove opportunità e modificare di conseguenza le strategie intraprese. Il settore infatti è in continua evoluzione e gli operatori Marketing devono avere la flessibilità mentale per stare al passo con 17
il cambiamento ed essere disponibili ad imparare ad utilizzare le tecnologie e gli strumenti più avanzati per arrivare ai consumatori sfruttando al meglio tutti i mezzi disponibili. Tra le nuove possibilità d’impiego troviamo: DATA ANALYST/DATA SCIENTIST: il Data Analyst è colui che esplora, analizza e interpreta dati complessi raccolti da fonti interne ed esterne all’azienda, con l’obiettivo di estrapolare e informazioni utili al processo decisionale, da tradurre e comunicare attraverso report e visualizzazioni ad hoc. In altre parole, l’obiettivo del suo lavoro è ricercare evidenze quantitative all’interno di grandi moli di dati, supportando in tal mondo le decisioni di business. Per ricoprire questo ruolo, è necessario possedere competenze in materie statistiche e matematiche, conoscere i linguaggi di programmazione e i principali strumenti di Business Intelligence; WEB CONTENT STRATEGIST: la Content Strategy riguarda l’attività di pianificazione a monte della strategia di marketing. Non si occupa direttamente della produzione dei contenuti, ma rivolge la sua attenzione alla pianificazione degli stessi, non limitandosi a definire quando debbano essere pubblicati, ma soprattutto perché debbano essere prodotti, influenzando perciò anche il processo di lo sviluppo, la produzione, la presentazione, la valutazione, la misurazione e la messa a dimora dei contenuti, compresa la governance; WEB MARKETING SPECIALIST: il Digital Strategist lavora all’interno di un’organizzazione per identificare i bisogni dei clienti facendo analisi di mercato così da poter definire obiettivi commerciali e cogliere opportunità di profitto coordinando trasversalmente tutti i reparti e gli aspetti legati al business. Quindi crea e supervisiona l’esecuzione di un piano attraverso iniziative specifiche per raggiungere gli obiettivi della strategia. Per ricoprire questo ruolo è necessaria una forte attitudine al problem solving e avere dimestichezza con le tecniche SEM (Search Engine Marketing) e SEO (Search Engine Optimization), gli strumenti di Google Analytics, i social media, DEM, l’advertising; BRAND e PRODUCT MANAGER: il Brand/Product Manager esegue un'analisi quantitativa e qualitativa del mercato, studia le preferenze e le abitudini di acquisto dei consumatori relativamente ai prodotti simili della concorrenza. Grazie all'analisi dei dati raccolti, questa figura di occupa di elaborare una strategia di sviluppo della marca a lungo termine e definisce il marketing plan (obiettivi, priorità, marketing mix) per il brand o lo specifico prodotto assegnato, allineandosi agli obiettivi di business aziendali. Cura l'immagine del prodotto come la presentazione, il logo, la confezione (packaging) e si occupa poi di implementare i piani di marketing in collaborazione con il Marketing Manager. Gestisce quindi 18
tutte le attività di comunicazione e di promozione pianificate, tra cui ad esempio: campagne di comunicazione, pubbliche relazioni, promozione del marchio/prodotto nei punti vendita in collaborazione sia con i colleghi del reparto marketing sia con collaboratori esterni (agenzie pubblicitarie ecc.). Monitora l'impatto delle attività di marketing sul raggiungimento degli obiettivi e, se necessario, adegua le strategie per rispondere in modo flessibile a cambiamenti nella domanda, politiche commerciali dei concorrenti, tendenze di consumo, capacità produttiva aziendale; COMMUNITY MANAGER: figura chiamata a costruire e gestire comunità virtuali (detta anche comunità online), attraverso web e social media, con clienti, consumatori e stakeholder con i compiti di progettarne la struttura e di coordinarne le attività definendo le modalità di aggregazione, gli strumenti, i servizi per la gestione della comunità stessa allo scopo di creare un ambiente in cui i membri si sentano liberi e sicuri di esprimersi, di dialogare, di comunicare, di collaborare, senza paura di essere giudicati o male interpretati, cosa che alla fine contribuisce alla crescita e allo sviluppo di una buona comunità virtuale. Deve possedere delle competenze comunicative, per comprendere appieno i messaggi inviati dai vari utenti, fornendo dei feedback appropriati e condividere la conoscenza e al tempo stesso favorire i processi di co- costruzione di questa; sensibilità, leadership, curiosità; competenze organizzative che gli permettano di gestire i contenuti, organizzare eventi e analizzare i dati statistici derivanti da sondaggi per valutare l'andamento all'interno del sito. 3.2 – L’INFLUENCER MARKETING Con l’espansione ed evoluzione delle piattaforme social, gli advertiser sono stati costretti a trovare nuovi e unici modi di raggiungere i consumatori su questi canali. A tale scopo assistiamo alla nascita del Marketing Influencer. I risultati provenienti da una recente indagine globale condotta da Talkwalker tra Novembre 2018 e Gennaio 2019 coinvolgendo brand e aziende, dimostrano che: il 69%, su un totale di 823 rispondenti, considera l’influencer marketing una priorità importante o altamente strategica e il 61% provvederà ad incrementare il budget da investire in influencer marketing nel corso del 2019 (TALKWALKER, 2019). L’influencer, possiamo definirlo come un opinion leader dotato di carisma, autorevolezza, competenza, capacità di coinvolgimento e persuasione che guadagna diffondendo e amplificando messaggi promozionali per conto di aziende e brand in cambio di una ricompensa. Il suo compito infatti è interagire con i propri followers, indirizzarne le scelte e influenzare la propria community per mezzo dei social network (come Facebook, Youtube, Twitter, Instagram, Pinterest, LinkedIn). Dal punto di vista delle aziende, gli influencer sono quindi 19
degli ottimi veicoli di pubblicità, poiché possono raggiungere in modo molto diretto gli utenti e il pubblico target a cui l'azienda è interessata. In alcuni casi, l'obiettivo perseguito dall'azienda tramite l'Influencer Marketing è di immagine (migliorare la propria brand reputation), mentre in altri, l'influencer deve direttamente spingere i followers all'acquisto, trasformando così gli utenti in clienti del brand sponsorizzato. Ogni influencer si è costruito una reputazione sul web e sui social media grazie alla sua competenza in un particolare ambito (moda, cosmetici, viaggi, fitness, cucina) ed è diventato un personaggio di riferimento per il proprio settore. All'interno del settore scelto, l'attività principale consiste nella creazione e pubblicazione di contenuti: seleziona gli argomenti dei post e le migliori tipologie di contenuto a seconda della tematica (immagini, citazioni, quiz, consigli e informazioni), crea il contenuto (foto, videotutorial, articoli, blogpost e didascalie alle foto) e poi sceglie il giorno e l'ora in cui pubblicarlo per ottenere il massimo engagement. L'influencer analizza poi i risultati ottenuti nei diversi canali, monitorando diversi fattori come il numero di visualizzazioni, commenti, likes, condivisioni, link e click così da riuscire a valutare l'impatto della strategia comunicativa adottata e migliorarla costantemente. Controlla anche il valore economico della propria popolarità, basandosi su elementi come la portata (reach), ovvero il numero di persone che può raggiungere, la sua autorevolezza nel settore e la sua capacità di generare engagement nella propria community digitale. Sono questi infatti i numeri che interessano alle aziende quando devono scegliere un influencer da connettere al proprio brand e da utilizzare per reclamizzare i propri prodotti. La fase di individuazione e selezione delle figure da coinvolgere nella propria strategia di influencer marketing può risultare complicata e dispendiosa per le aziende, per questo sono stati ideati degli strumenti che rendono questi processi migliori, risparmiando tempo e risorse: Buzzsumo è un tool utile per l’individuazione dell’influencer più affini e coerenti al brand: analizza i contenuti più popolari, risale agli autori e a coloro che l’hanno condiviso. Per mezzo di questo strumento è possibile inoltre, filtrare i contenuti in “target” filtrandoli per topic e località e in base a ciò selezionare profili di influencer in linea col tuo brand. Traackr è un’altra risorsa altamente professionale con la quale le aziende possono individuare il proprio sostenitore di brand infatti riesce, per ogni influencer a fornire profili ricchi di informazioni, come audience, capacità d’eco e molto altro, permette inoltre di monitorare i contenuti da loro pubblicati, così da valutarne qualità, cambiamenti, tematiche più trattate. Le funzioni di Traackr permettono il contatto con l’influencer nel momento migliore, facilitando la fase di engagement (BROWN D., HAYES N., 2008). In base alla strategia di marketing che l’azienda vuole implementare e valutando l'entità della community, il numero di followers, le caratteristiche del prodotto e l’attitudine personale, 20
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