ASSOCIAZIONE Gli Stelliniani - Associazione Stelliniani
←
→
Trascrizione del contenuto della pagina
Se il tuo browser non visualizza correttamente la pagina, ti preghiamo di leggere il contenuto della pagina quaggiù
ASSOCIAZIONE Gli Stelliniani Piazza I Maggio, 26 – 33100 Udine Liceo Ginnasio “Jacopo Stellini” Codice fiscale e Partita IVA 01924890302 Orario di Segreteria: mercoledì, ore 17.00-18.30 previo appuntamento telefonico Tel. 347/9241345 (lunedì-venerdì, ore 18.00-19.30) Sito web: WWW.stelliniani.it E-mail: segreteria@stelliniani.it VIAGGIO IN ANDALUSIA 20-27 ottobre 2018 Programma Primo giorno: sabato 20 ottobre. Trieste - Málaga Trasferimento autonomo all’aeroporto di Trieste e partenza con volo Alitalia alle 11.10. Arrivo a Málaga alle ore 17.10. Trasferimento in pullman prenotato presso l’Hotel Tryp Alameda**** o similare. Dopo la sistemazione nelle stanze, (compatibilmente con il tempo a disposizione) visita dell’Alcazaba e del Teatro romano. In alternativa: passeggiata individuale nel centro della città. Málaga è una città storica che conserva ancora l’atmosfera spavalda di un porto mediterraneo. Dimenticati il cemento e la banalità delle periferie, ci si accorge che il centro pulsa di una vita intensa e vivace: persino l’incessante scorrere del traffico, lungo la via principale, l’Alameda Principal, aggiunge una sorta di ritmo eccitante alla vita cittadina. Sullo sfondo azzurro del Mediterraneo si stagliano grandi viali alberati, bellissimi giardini, monumenti degni di nota e vecchie vie un po’ cadenti e molto affascinanti, piene di negozi alla moda e di splendidi bar. La città rimane sveglia fino a tardi; in molti bar le happy hour non cominciano prima di mezzanotte e la vita notturna di solito va avanti fino alle prime ore del mattino. Benché, a partire dagli anni Sessanta, abbia ricevuto un grande benificio economico in seguito all’affermarsi del turismo sulla Costa del Sol, Málaga ha cominciato piuttosto tardi la propria opera di valorizzazione per attirare i turisti, ma le cose sono cambiate negli ultimi decenni e soprattutto da quando, nel 2003, è stato aperto il Museo dedicato a Pablo Picasso. L’avvio in questa zona della coltivazione della vite si deve ai mercanti fenici, ma Málaga fiorì durante il periodo arabo sotto la taifa (piccolo regno) di Granada nell’XI secolo e successivamente sotto l’ultimo emirato di Granada. Nel 1487 la caduta della città in mani cristiane praticamente eclissò l’emirato. L’espulsione dei moriscos (i discendenti dei musulmani forzati ad abbracciare la religione cristiana fra il 1492, anno della Reconquista, e il 1526), che si occupavano del lavoro dei campi, fu all’origine della carestia verificatisi nel Seicento, ma la prosperità ritornò nel XIX secolo grazie a una dinamica classe media che fondò fabbriche tessili, zuccherifici, cantieri navali e acciaierie. Ottimi guadagni derivarono anche dal vino da dessert di Málaga, molto apprezzato nell’Inghilterra vittoriana, fino a quando un parassita devastò i vigneti intorno alla città. A compensare in parte il danno, l’avvento del turismo: negli anni Venti del secolo scorso la città, esaltata dal movimento romantico, divenne la residenza invernale preferita dai ricchi madrileni. Durante la guerra civile Málaga fu inizialmente una roccaforte dei repubblicani. Centinaia dei sostenitori dei nazionalisti furono uccisi e le chiese e i conventi bruciati. La città fu poi bombardata dagli aerei italiani prima di cadere nelle mani dei nazionalisti nel febbraio del 1937. Seguirono
rappresaglie particolarmente feroci. Attualmente la città di Málaga, duramente colpita dalla crisi economica mondiale, registra un forte tasso di disoccupazione. Malaga. La città su cui torreggia l’Alcazaba L’Alcazaba Cenni storici L’Alcazaba di Málaga è una fortezza di epoca musulmana costruita alle falde del monte Gibralfaro, sulla cui cima si trova un castello dello stesso nome, il Castillo de Gibralfaro. L’Alcazaba dispone di una doppia muraglia e di otto torrioni. La muraglia interna consente di realizzare il cammino circolare lungo tutto il perimetro della fortezza. La muraglia esterna, costruita a zig zag e chiamata La Coracha, collega l’Alcazaba con il castello. Nell’antichità il sito dove attualmente sorge l’Alcazaba ospitava una fortificazione fenicia, mentre sulla cima del monte c’era soltanto un faro (Jabal-Faruk, monte del faro). Nell’VIII secolo l’emiro di Cordoba Abd al-Rahman I costruì una nuova fortezza sulle rovine della fortificazione fenicia e, in luogo del faro, un castello per accogliere le truppe e proteggere la fortezza. Tra il 1057 e il 1063 Badis ibn Habús, il re della taifa (piccolo regno) berbera di Granada, la restaurò utilizzando per abbellirla colonne, capitelli e statue del sottostante teatro romano. Purtroppo per la ricostruzione usò una pietra calcarea (nummulitica) proveniente dalle cave vicine al mare che si decompone molto velocemente con l’umidità, la qualcosa ha reso necessario nel tempo un continuo restauro. Successivamente la città fu conquistata nel 1092 dagli Almoravidi e nel 1146 dagli Almohadi, per passare nel 1279 sotto i Nasridi del Sultanato di Granada. Fu il re nasride Yusuf I a rendere inattaccabile la fortezza nel 1340, quando Malaga era il porto principale dell’emirato di Granada, edificando anche la muraglia esterna per collegarla al Castello di Gibralfaro ricostruito per proteggere l’Alcazaba. La fortezza, considerata per un certo tempo la più inespugnabile della penisola iberica, occupava, come tutte le alcazaba musulmane, l’estremo est delle mura della città in modo che i fronti di sud, ovest e nord, rimanessero all’interno delle mura. Nel 1487, conquistata la città, i Re Cattolici innalzarono la bandiera di Castiglia sulla torre maestra e consegnarono a Malaga l’immagine (dono dell’imperatore Massimiliano I al monarca spagnolo) della Vergine della Vittoria che da allora è divenuta la patrona della città. Successivamente la fortezza subì un processo di abbandono e saccheggio. Nel 1930 la struttura fu sottoposta a un’imponente opera di restauro e nuovi lavori di conservazione sono stati condotti a partire dall’anno 2009.
La cinta muraria esterna, costruita seguendo la conformazione della collina, racchiude completamente l’area interna ed è munita di torri di difesa. L’ingresso originario della cittadella esterna è dalla Puerta de la Bóveda, ma oggi è possibile utilizzare un moderno ascensore. Il percorso si snoda attraverso dei giardini, impreziositi da elaborate fontane, passando dalla Puerta de las Columnas e dalla Torre del Cristo. All’interno della seconda cinta muraria vi è il palazzo, organizzato sulla base di cortili rettangolari e corridoi, e alcune altre abitazioni che sono state costruite attorno a dei patii risalenti all’undicesimo, al tredicesimo e al quattordicesimo secolo, i Cuartos de Granada (gli appartamenti di Granada), in cui vivevano i re e i governatori. Un’abitazione fu costruita anche sulla sommità, con tanto di camere e patio, ma non rimane traccia delle scale per accedervi. L’architettura è semplice, secondo la tradizione nasride che prediligeva uno scenario neutro in cui alternarsi zone di luce e di ombra. Nei muri delle sale e delle stanze ricostruite ci sono piccoli ripostigli per esibire frammenti di ceramica musulmana trovati negli scavi. La zona interna dell’Alcazaba è accessibile solo attraverso la Puerta de los Cuartos de Granada, che svolgeva la funzione di difesa per il lato occidentale del palazzo, mentre sul lato orientale si trova la Torre del Homenaje (torre dell’omaggio), di pianta quadrata. Nel complesso vi è anche un piccolo museo archeologico, il Museo Arqueológico Provincial de Málaga, che fu inaugurato nel 1949 ed espone frammenti di ceramiche romane e moresche, nonché statue e busti romani trovati non solo in zona durante i lavori di restauro dell’Alcazaba, ma anche presso altri siti archeologici della provincia, tra cui la città romana di Lacipo e Villa de Rio Verde. Malaga. Il Teatro Romano con alle spalle l’Alcazaba Nella zona occidentale ai piedi della collina dell’Alcazaba si trova il Teatro Romano. È stato scoperto da alcuni muratori nel 1951, dopo essere rimasto sotterrato per secoli. La costruzione risale ai tempi dell’imperatore Augusto. Fu in uso fino al III secolo. Gli Arabi utilizzarono alcuni elementi di questa costruzione, tra cui i capitelli e i fusti delle colonne, a beneficio dell’Alcazaba, come sostegno per gli archi a ferro di cavallo delle porte di questo edificio. Le dimensioni della cavea sono 31 metri di raggio, 16 metri di altezza. L’orchestra ha un diametro di 15 metri. E’ il più antico monumento presente in città, oltre che una delle poche rovine romane che si possono ancora ammirare in Andalusia. Per la sua rilevanza, nel 1972 è stato dichiarato Bene di Interesse Culturale, e oggi attira non solo turisti, ma anche studiosi e archeologi da tutto il mondo, curiosi di scoprire la storia di questo posto e di ammirare i reperti ritrovati dopo tutto questo tempo. Il teatro, che può ospitare fino a 200 spettatori, grazie ai lavori di restauro ha ultimamente recuperato il suo antico ruolo di spazio scenico: in una location suggestiva e fuori dal tempo, vi vengono infatti allestiti spettacoli teatrali. La pianta del teatro sembra essere rimasta quasi intatta. È divisa in tre parti: la cavea, l’orchestra e il proscenio. La cavea (la zona semicircolare riservata agli spettatori), che è a tre ordini di gradinate (ima cavea, media cavea e summa cavea) con porte di accesso ai settori (vomitoria), ha una struttura di 31 metri di raggio e 16 metri di altezza.
L’orchestra, che si trova tra la cavea e il proscenio (il palcoscenico) e che nei tempi antichi era la zona riservata agli spettatori più importanti, oggi ospita l’orchestra musicale. Il proscenio è leggermente rialzato rispetto all’orchestra per offrire una visuale migliore agli spettatori. Malaga. Interni dell’Alcazaba Cena e pernottamento in hotel.
Secondo giorno: domenica 21 ottobre. Malaga - Nerja - Frigiliana - Granada Dopo la prima colazione in hotel, partenza verso Granada con due soste lungo il percorso per visitare i pueblos blancos di Nerja (nella mattinata) e Frigiliana (nel pomeriggio). Nerja, in passato un piccolo villaggio di pescatori, è oggi una florida località balneare della Costa del Sol che mantiene intatto tutto il suo fascino e carattere. Il centro storico è un susseguirsi di case bianche affacciate su strade strette e tortuose. Piccoli negozi vendono la produzione artigianale e artistica del luogo, gioielli tipici e prodotti locali. L’antica fortezza araba è stata convertita nel Balcón de Europa che domina un promontorio da cui si aprono scorci del Mediterraneo e dei rilievi circostanti, offrendo una vista spettacolare della costa. Ai suoi piedi si estendono spiagge di sabbia e piccole baie delimitate da scogliere. Nei dintorni si trova La Cueva de Nerja, un sito di grande interesse geologico, biologico ed archeologico: si tratta di una caverna, scoperta nel 1959, nota per le straordinarie formazioni calcaree, tra le quali spicca la più grande stalattite del mondo (m 62), e per le pitture risalenti al paleolitico. Nella grotta sono state rinvenute tracce di insediamenti umani preistorici, quali incisioni rupestri, armi, ossa e gioielli, databili tra i 43.000 e i 12.000 anni prima di Cristo. Complessivamente si possono ammirare 321 cicli pittorici. Soltanto un terzo dei cunicoli è aperto al pubblico. In alcune sale, durante il periodo estivo, hanno luogo dei concerti: in particolare, nel mese di luglio, vi si svolge un festival di danza e musica. L’ingresso alla grotta non è compreso nel programma, ma è possibile inserirlo su richiesta dei partecipanti al tour. La Cueva de Nerja
Dopo il pranzo libero, ripresa del viaggio verso Granada con sosta successiva a Frigiliana. Frigiliana si trova a circa sei chilometri da Nerja e a una cinquantina di chilometri sia da Malaga che da Granada. Esistono pochi borghi in Andalusia che possano essere comparati a questo splendido pueblo blanco, una vera gemma nascosta della Costa del Sol. Il paese è virtualmente diviso in due: il nuovo centro abitato, situato ai piedi della collina, e l’antico borgo moresco costruito sui fianchi della medesima. Com’è prevedibile, la zona più affascinante è quest’ultima. Il centro storico si trova a più di trecento metri sul livello del mare e da questa posizione privilegiata si godono scorci incantevoli sulla piccola valle e panorami strepitosi sul Mediterraneo: in una giornata secca, si possono scorgere persino le coste del Nord Africa. Frigiliana è considerato uno dei borghi più belli della regione. Le viuzze acciottolate, le case di un bianco immacolato, in suggestivo contrasto con l’azzurro intenso del cielo e il rosso dei tetti, i vasi sui balconi e le piante di bouganville, lavanda e gelsomino riempiono il paesaggio e l’aria di colori e profumi. Passeggiare per le sue stradine è un vero piacere: sembra quasi di essere tornati indietro nel tempo, all’epoca della dominazione moresca anteriore alla Reconquista, in un luogo incredibilmente simile ai villaggi delle vicine montagne del Rif marocchino. Occorre però tenere presente che in alcuni punti le pendenze possono essere impegnative. Frigiliana Prosecuzione del viaggio con arrivo a Granada in serata e sistemazione presso l’Hotel Granada Center**** o similare. Prima di cena, compatibilmente con il tempo a disposizione, passeggiata per le vie del centro allo scopo di ammirare il complesso dell’Alhambra illuminato. Cena e pernottamento in hotel.
Terzo giorno: lunedì 22 ottobre. Granada Dopo la prima colazione in hotel, l’intera giornata è dedicata alla visita guidata di Granada. Incontro con la guida per la visita nella mattinata del complesso dell’Alhambra e dei Giardini del Generalife. Cenni storici Granada sorse come insediamento iberico con il nome di Elibyrge o Illiberis. In seguito i Romani la chiamarono Illiberia Florentia. I Musulmani la strapparono ai Visigoti nel 711 d.C. con l’aiuto della comunità ebraica che risiedeva ai piedi della collina dell’Alhambra nella zona chiamata Garnata al-Jahud, nome dal quale deriva Granada (in spagnolo significa ‘melagrana’, frutto che compare anche sullo stemma della città). All’inizio gli Arabi scelsero come capitale Elvira (10 km a nord-est di Granada, dove oggi sorge la moderna Atarfe), ma nell’XI secolo la dinastia berbera degli Zairiti, che governava il regno locale (taifa), si spostò nuovamente nel luogo del quartiere arabo chiamato Albaicín, più facilmente difendibile. Quando nel XIII secolo si disgregò lo stato almohade di Al-Andalus (il territorio della Penisola Iberica controllato dagli Arabi), un piccolo sovrano, chiamato Mohammed ibn Yusuf ibn Nasr, riuscì a fondare un emirato indipendente, conosciuto come emirato dei Nasridi, con capitale Granada. Dopo la caduta di Córdoba (1236) e di Siviglia (1248) per opera della Castiglia cristiana, i Musulmani trovarono rifugio a Granada, e l’emirato nasride, che si estendeva dallo Stretto di Gibilterra fino a est di Almería, fu tutto ciò che rimase di Al-Andalus alla conclusione di queste vicende. Mohammed cominciò a costruire l’Alhambra con funzione di sede della corte reale e di fortezza, e da questi palazzi, sempre più sontuosi, i Nasridi governarono per 250 anni. In tale periodo misero l’uno contro l’altro i regni di Castiglia e Aragona, i principali stati cristiani della Penisola Iberica), chiedendo di tanto in tanto anche l’aiuto dei Merenidi, signori del Marocco. I Nasridi giunsero anche a dare una mano a Ferdinando III di Castiglia nella conquista di Siviglia, e da allora pagarono tributi alla Castiglia fino al 1476. Sotto i Nasridi Granada divenne una delle più popolose e ricche città d’Europa, una prosperità dovuta in gran parte al talento dei suoi molti commercianti e artigiani, soprattutto nel XIV secolo grazie agli emiri Yusuf I e Mohammed V. Ma verso la fine del Quattrocento, quando l’economia cominciava a ristagnare e nell’Alhambra i governanti conducevano una vita da gaudenti, violente rivalità si scatenarono per la successione al trono. Una fazione appoggiava l’emiro Abu al-Hasan e la favorita del suo harem Zoraya (una cristiana del nord della Spagna), l’altra sosteneva Boabdil, il figlio che Abu al-Hasan aveva avuto dalla moglie Aixa. Nel 1482 Boabdil si ribellò al padre dando inizio a una confusa guerra civile, e gli eserciti cristiani, che quell’anno avevano invaso l’emirato, ne trassero tutto il possibile profitto. Il terreno per la guerra era stato preparato da una parte dal rifiuto, opposto nel 1476 da Abu al-Hasan, di pagare il tradizionale tributo alla Castiglia, dall’altra dall’unificazione dei due grandi regni cristiani del nord mediante il matrimonio contratto tra i Re Cattolici Isabella di Castiglia e Ferdinando d’Aragona. Nel 1483 i Cristiani catturarono Boabdil e gli strapparono la promessa di cedere gran parte dell’emirato in cambio di un aiuto per la riconquista di Granada. Dopo la morte di Abu al-Hasan (1485), Boabdil riprese infatti il controllo della città, mentre i Cristiani ottennero il resto dell’emirato, devastandone il territorio, e nel 1491 posero l’assedio a Granada. Dopo otto mesi Boabdil accettò di consegnare la città in cambio delle valli di Alpijarras, di 30.000 monete d’oro e della libertà politica e religiosa per i suoi sudditi. Nella notte del 1° gennaio 1492 acconsentì all’ingresso dei soldati castigliani nell’Alhambra. Il giorno successivo Isabella e Ferdinando entrarono in città vestiti con abiti cerimoniali arabi e per diversi anni tennero corte nell’Alhambra. Ben presto però la situazione peggiorò a causa delle persecuzioni religiose. Subito dopo la presa di Granada, gli Ebrei furono cacciati dalla Spagna, mentre la persecuzione dei Musulmani sfociò in una serie di rivolte da un capo all’altro del ex-emirato finché, all’inizio del Seicento, si giunse all’espulsione degli Arabi. Granada perse così gran parte della sua popolazione più produttiva e precipitò in una crisi arrestata solo dall’interesse suscitato nei suoi confronti intorno al 1830 dal movimento romantico, interesse che aprì la strada al recupero del patrimonio arabo della città e all’avvento del turismo. All’inizio del Novecento Granada condannò il liberalismo e fu teatro degli orrori perpetrati dai nazionalisti che s’impadronirono della città nel 1936, all’inizio della guerra civile. Furono uccisi circa 4.000 granadinos appartenenti alla sinistra o all’ala liberale. Tra questi Federico García Lorca, il più famoso scrittore di Granada e dell’Andalusia. La città ha ancora oggi una reputazione di conservatorismo.
Situata sulla collina chiamata La Sabika, l’Alhambra, che costituisce il più bel monumento dell’arte islamica medievale in Spagna e testimonia lo splendore dell’Andalusia al tempo della dominazione araba, si erge maestosa sulla città: alle sue spalle la stupenda Sierra Nevada. Granada. Il complesso dell’Alhambra. Sullo sfondo la Sierra Nevada
Granada. L’Alhambra: il Patio de los Leones nel Palacio de los Leones L’Alhambra è composta da due gruppi principali di edifici: il Palacio Nazaríes e l’Alcazaba (fortezza). Del complesso fanno parte anche il Palacio de Carlos V, la Iglesia de Santa María de la Alhambra, due alberghi, diversi negozi di libri e di souvenir, e molti incantevoli giardini, tra i quali spettacolari sono quelli del Generalife. Il nome del complesso, Alhambra, in arabo significa ‘castello rosso’ ed è dovuto probabilmente al colore delle torri e delle mura che, mentre alla luce delle stelle risulta argentato, alla luce del sole presenta un tono dorato. Esiste anche una versione più poetica suggerita dagli esperti di storia araba: dato che la costruzione dell’Alhambra avveniva di notte, il riflesso della luce delle torce faceva sì che da lontano essa apparisse di colore rossiccio. Fu Samuel Ha-Nagid, il gran visir ebreo di uno dei sultani zairiti di Granada (la cui fortezza si trovava allora nell’Albaicín), a far costruire per primo, nell’XI secolo, un palazzo come residenza in questo sito. Ma furono gli emiri nasridi a trasformare l’Alhambra in un palazzo-fortezza aggiungendovi anche una piccola torre, della quale oggi rimangono solo rovine. Nel 1238, infatti, il fondatore della dinastia dei Nasridi, Mohammed ibn Yusuf ibn Nasr, decise di stabilirsi sulla cima della collina e modificò, rinforzandola e ampliandola, l’originaria Alcazaba. Ai suoi successori, Yusuf I e Mohammed V, si deve la gemma dell’Alhambra, il Palacio Nazaríes. Ricco di stupende decorazioni, esso comprende anche il Palacio de Comares, residenza privata di Yusuf I, e il Palacio de los Leones, costruito da Mohammed V probabilmente per ospitarvi l’harem reale. Dopo la conquista cristiana, i Re Cattolici Isabella di Castiglia e Ferdinando di Aragona fecero ristrutturare il complesso, sostituendo la moschea dell’Alhambra con una chiesa e costruendo il Convento di San Francisco. Carlo I, nipote dei Re Cattolici, fece demolire una parte del Palacio Nazaríes per lasciare spazio a un grande edificio rinascimentale, il Palacio de Carlos V (dal nome che il sovrano assunse come imperatore del Sacro Romano Impero). Nel Settecento l’Alhambra venne abbandonata nelle mani dei ladri e dei mendicanti e durante l’occupazione napoleonica usata come caserma.
Nel 1870 il complesso fu dichiarato monumento nazionale in seguito al grande interesse suscitato dagli scrittori romantici, in particolare da W. Irving (autore tra l’altro dei Tales of the Alhambra). Granada. Una fontana nei Giardini del Generalife I Giardini del Generalife (Gennat al-Harif), il cui nome significa probabilmente ‘giardini dell’architetto’, sono il luogo perfetto per concludere la visita al complesso. Si tratta di una bellissima composizione di sentieri, patii, laghetti, fontane, siepi, alberi secolari e fiori variopinti. Si trovano su un pendio di fronte all’Alhambra. Qui il suono dell’acqua che scorre, avvertibile anche dall’esterno, e il verde delle piante trasportano in un mondo incantevole, lontano dal trambusto della città e dall’aridità di gran parte della campagna spagnola. Dopo il pranzo libero, proseguimento della visita guidata presso la Cattedrale, capolavoro gotico-rinascimentale di Granada. I lavori di costruzione della Cattedrale, che iniziarono nel 1521 e proseguirono fino al XVIII secolo, furono diretti dal 1528 al 1563 dall’architetto protorinascimentale Diego de Siloé, mentre la facciata principale su Plaza de las Pasiegas, con quattro massicci contrafforti quadrati che formano tre grandi nicchie ad arco, fu progettata nel 1600 da Alonso Cano. Di Diego de Siloé sono anche le statue della sontuosa Puerta del Perdón che si apre nella facciata nord-occidentale, nonché gran parte dell’interno, compresa la dorata e dipinta Capilla Mayor, coronata da una cupola. I Re Cattolici oranti (sopra ciascun lato dell’altare maggiore) furono scolpiti (1677) da Pedro de Mena, mentre più in alto ancora sono collocati i busti di Adamo ed Eva di Alonso Cano. Nel museo della Cattedrale si trovano la bella statua di san Pablo sempre del Cano e l’ostensorio d’oro donato a Granada da Isabella La Cattolica.
Granada. La Cattedrale
Si proseguirà con la visita della Cappella Reale, luogo di sepoltura dei Re Cattolici. La Cappella Reale, annessa alla Cattedrale, è il più importante edificio cristiano di Granada. Commissionata in stile gotico-isabellino dai Re Cattolici come loro mausoleo, fu terminata solo nel 1521 quando entrambi i re erano già morti e provvisoriamente sepolti nel Convento de San Francisco all’Alhambra. Traslata nella nuova sede, la coppia reale riposa nel presbiterio insieme ad altri tre componenti della famiglia: Giovanna la Pazza (loro figlia), Filippo il Bello (marito di Giovanna e figlio di Massimiliano, imperatore del Sacro Romano Impero) e Miguel (primo nipote designato erede e morto in tenerissima età). Il presbiterio è diviso dalla navata della cappella da una cancellata dorata di ferro battuto (opera di Bartolomé de Jaén -1520). Le semplici bare di piombo si trovano nella cripta situata sotto le statue. Le statue sono un dono ai genitori e ai nonni di Carlo I (figlio di Giovanna la Pazza e Filippo il Bello, il futuro Carlo V). Granada. La Cappella Reale Granada. Interno della Cappella Reale
Proseguimento della visita con una passeggiata nella vicina Alcaicería, il mercato arabo della seta (oggi è visibile solo ciò che ne rimase dopo il restauro ottocentesco). Sempre molto animata, l’Alcaicería è ricca di negozi di artigianato. Granada. Un negozio nell’Alcaiceria. A pochi passi si trova la Plaza Bib-Rambla (chiamata anche Piazza dei Fiori), vivacizzata da ristoranti e bancarelle e impreziosita al centro da una bella fontana ornata di statue di giganti. In passato questa piazza ha accolto tornei, corride e i roghi dell’Inquisizione. Granada. La Plaza Bib-Rambla con La Fontana dei Giganti
Tempo permettendo, è un’esperienza da non perdere anche la passeggiata (eventualmente da farsi la sera dell’arrivo a Granada) per le ripide vie e gli incantevoli vicoli dell’Albaicín, il vecchio quartiere arabo di Granada, che, disteso sulla collina di fronte all’Alhambra sul versante opposto della valle del Darro (affluente del fiume Genil, a sua volta affluente del Guadalquivir), costituisce il primo nucleo della città e sorse come insediamento iberico intorno al VII secolo a.C. Qui la dinastia berbera degli Ziriti costruì la sua fortezza quando nell’XI secolo riportò la sede del potere locale dalla città di Elvira a Granada. Il nome di Albaicín risale al 1227, quando i Musulmani di Baeza si trasferirono in questo quartiere, dopo che la loro città fu conquistata dai Cristiani. Il quartiere, densamente popolato, giunse ad avere 27 moschee e continuò a essere abitato dagli arabi per parecchi decenni dopo la conquista cristiana del 1492. Di quel periodo rimangono ancora oggi bastioni, case, porte, fontane e cisterne, e molte chiese e cármenes (grandi ville cinte da mura) che, sorti successivamente, inglobarono resti islamici. L’Albaicín, una zona meravigliosa da girare a piedi e in cui risiedono preferibilmente gli studenti di Granada, non presenta particolari pericoli, anche se dopo il tramonto è meglio non allontanarsi dalle vie principali o, comunque, procedere in gruppo. Granada, Albaicín: La Carrera del Darro Granada. Albaicín: I Baños Árabes El bañuelo Cena e pernottamento in hotel.
Quarto giorno: martedì 23 ottobre. Granada - Cordoba - Siviglia Dopo la prima colazione in hotel, partenza per Córdoba. La città di Córdoba, che sorge nella fertile valle del fiume Guadalquivir, il cui corso attraversa la parte centrale della provincia, ha grande importanza storica: al culmine del suo splendore fu infatti la capitale di Al-Andalus, la parte della Spagna medievale sotto il dominio arabo. Quella che era la moschea, ovvero la Mezquita, è uno dei più straordinari edifici islamici del mondo, ma anche nel resto della provincia si trovano interessanti zone dove l’insieme di antichi e remoti villaggi e di colline ondulate contribuisce a creare un paesaggio di rara bellezza. Córdoba, distesa su un’ansa del Guadalquivir e circondata da ogni parte dalla campagna, è senz’altro il più grande centro abitato di un territorio essenzialmente rurale, e ha un aspetto al tempo stesso provinciale e sofisticato. Il fascino del suo centro storico è dovuto alla bellezza e alla grandezza dei monumenti moreschi, di cui è esempio la maestosa Mezquita con la foresta di archi e colonne, simbolo della gloria di Al-Andalus, ma anche ai patii e ai vicoli medioevali, dichiarati patrimonio dell’umanità dall’Unesco. Il labirintico quartiere medievale che sorge attorno alla Mezquita è infatti la zona della città che più attrae i visitatori, ma anche la parte moderna possiede una sua notevole bellezza. Per avere un’idea di ciò che significa essere cordobés, occorre conoscere l’una e l’altra Córdoba. Nei mesi invernali la città è tranquilla e appartata, ma rinasce da metà aprile a metà giugno, quando il cielo è azzurro e il caldo tollerabile, gli alberi e gli incantevoli patii sono rivestiti di foglie e fiori e si organizzano le fiestas più importanti. Dal punto di vista climatico, anche settembre e ottobre sono mesi gradevoli. Cenni storici La colonia romana di Corduba, fondata nel 152 a.C., divenne la capitale della Provincia Baetica che comprendeva gran parte dell’odierna Andalusia. In questo centro culturale dell’antica Roma nacquero gli scrittori Seneca e Lucano, nipote del primo. Córdoba cadde sotto il dominio degli invasori arabi nel 711 e presto divenne la capitale islamica della Penisola Iberica. Qui, nel 756, Abd ar-Rahman I si proclamò emiro indipendente di Al- Andalus, fondando la dinastia omayyade. Córdoba e Al-Andalus conobbero il loro periodo di maggior splendore sotto Ab dar-Rahman III (912-961), che nel 929 si autonominò califfo (titolo conferito ai successori di Maometto) sancendo così l’inizio della lunga indipendenza de facto dai califfi abbasidi di Baghdad. Córdoba divenne la più grande città dell’Europa occidentale, con una popolazione che oscillava tra i 100.000 e i 500.000 abitanti. L’economia prosperò grazie all’agricoltura delle campagne irrigue circostanti e all’attività di abili artigiani specializzati nella lavorazione del metallo, degli oggetti in pelle, dei tessuti, delle piastrelle invetriate e d’altro ancora. Nell’VIII secolo Córdoba era una città estremamente prestigiosa, ricca di innumerevoli palazzi privati, eleganti edifici pubblici e 300 moschee, tanto da rivaleggiare con Costantinopoli come capitale dell’arte, della cultura e delle scienze. Oltre alle moschee rilucenti, vi erano patii, giardini, fontane, acquedotti e bagni pubblici. La corte era frequentata da studiosi ebrei, arabi e cristiani, mentre l’università, la biblioteca e gli osservatori e altre istituzioni facevano di Córdoba un centro di sapere la cui influenza si sarebbe fatta sentire nell’Europa cristiana ancora per molti secoli. Un osso del braccio di Maometto, conservato nella Mezquita, fu usato come arma psicologica contro i Cristiani e anche a ciò si deve lo sviluppo, opposto e parallelo, del culto di Santiago, il nome spagnolo di san Giacomo. E Córdoba divenne un luogo di pellegrinaggio per quei Musulmani che non potevano recarsi alla Mecca o a Gerusalemme. Verso la fine del X secolo i califfi lasciarono le redini del potere nelle mani di Al-Mansur, uno spietato generale, le cui incursioni nei territori del nord terrorizzavano la Spagna cristia na. Quando costui distrusse la Cattedrale di Santiago de Compostela, centro del culto del santo, ne fece trasportare le campane a Córdoba da schiavi cristiani e le mise capovolte nella Mezquita utilizzandole come enormi lampade a olio. Dopo la morte di suo figlio Abd al- Malik, il califfato precipitò nell’anarchia e per la successione si scontrarono truppe berbere ed eserciti cristiani di Castiglia e Catalogna. I berberi (della dinastia degli Almohadi) terrorizzarono e saccheggiarono la città finché, nel 1031, il governo degli Omayyadi non giunse al termine. Al-Andalus si frammentò in dozzine di taifas (piccoli regni) e nel 1069 Córdoba entrò a fare parte della taifa di Siviglia, che da allora divenne la città principale di quel regno, ma non ne spense la vocazione culturale. A Córdoba vissero a lungo nell’XI secolo i filosofi e poeti Ibn Hazm (arabo) e Utdah Ha-Levi (ebreo), mentre nel XII secolo operarono in città due dei più celebri studiosi di Al-Andalus, il musulmano Averroè e l’ebreo Maimonides. Entrambi di eclettico ingegno, furono famosi soprattutto per il tentativo di conciliare la fede religiosa con il pensiero aristotelico, ma gli Almohadi, mentre conferirono al primo alte cariche a Siviglia e a Córdoba, costrinsero il secondo a trascorrere gran parte della vita in Egitto per sfuggirne l’intolleranza. Quando nel 1236 la città fu presa da Ferdinando III di Castiglia, la maggior parte della popolazione si diede alla fuga. Ferdinando riportò le campane a Santiago di Compostela e Córdoba diventò un centro di provincia d’importanza sempre minore. Il suo declino si arrestò solo alla fine dell’Ottocento, ma intanto la Córdoba cristiana aveva dato i natali a uno dei più grandi poeti spagnoli, Luis de Góngora.
Visita guidata della Mezquita. L’edificio, capolavoro dell’arte moresca, visto dall’esterno sembra una fortezza, con le spesse mura di pietra interrotte solo da portali decorati, mentre una leggera spinta verticale è fornita solo dai tetti sporgenti della cattedrale interna e da alcune cupole più basse lungo il muro meridionale. A causa delle profonde modifiche apportate alla struttura araba della Mezquita dai Cristiani, che resero buio l’interno, bisogna fare ricorso alla fantasia per immaginarne l’originaria unità architettonica, in perfetta armonia con gli spazi esterni verso i quali si apriva. La Mezquita possiede alcuni elementi architettonici davvero splendidi, come le famose file di archi (su due ordini) caratterizzati da strisce quasi ipnotiche di mattoni rossi e pietra bianca, gli archi ancora più elaborati, le cupole e le decorazioni all’interno e attorno alla nicchia di preghiera. Córdoba. Il complesso della Mezquita
Córdoba. La Cattedrale inglobata all’interno della Mezquita La Mezquita sorge sul sito, non lontano dal Guadalquivir, in cui un tempo si ergeva una chiesa cristiana: la Basilica Visigota di San Vincenzo, la cui esistenza è stata confermata nel 1930 dagli scavi archeologici diretti dall’architetto Félix Hernández che ne riportarono alla luce i resti. Quando nel 756 i Musulmani occuparono Córdoba, questa basilica fu suddivisa e utilizzata contemporaneamente da Musulmani e Cristiani. In seguito (785) l’emiro Abd ar-Raḥmān I la fece demolire e al suo posto intraprese la costruzione dell’attuale grande moschea utilizzando colonne e capitelli (in marmo, granito e alabastro di vari colori) provenienti dalla precedente chiesa visigota, da edifici romani di Córdoba e di altre città, e persino dall’antica Cartagine. Sull’insieme poggiano due ordini di archi che, unitamente alle colonne, producono un effetto che ricorda gli acquedotti romani o le palme da dattero. L’uso di materiali bicolori per gli archi fu davvero felice. La maggior parte delle colonne utilizzate per altre parti dell’edificio si debbono ad artigiani di Córdoba. Il nuovo edificio comprendeva un cortile quadrato circondato da un muro di cinta (il Patio de los Naranjos), sul quale si apriva in tutto il suo splendore la sala di preghiera, di forma rettangolare e composta da undici navate, ciascuna avente dodici arcate, disposte di fronte al cortile e separate dalle colonne descritte sopra. La moschea subì nel tempo varie modifiche e ampiamenti a opera dei successori di Abd al- Raḥmān I, giungendo a coprire una superficie di 23.000 m² e a essere la più grande moschea del mondo musulmano di quel tempo, destinata a diventare la seconda solo dopo l’edificazione di quella di Sāmarrā (Iraq), capitale abbaside pro tempore. Hishām I (788-96) fece realizzare delle gallerie destinate alle donne e una vasca per le abluzioni; La lunghezza delle navate fu successivamente raddoppiata da Abd ar-Raḥmān II (822-52) e prolungata ulteriormente da Al-Ḥakim II (961-76). In entrambi i casi l’allungamento delle navate avvenne sul lato opposto all’entrata principale e per questo motivo il miḥrāb (nicchia, ispirata all’abside delle chiese bizantine, posta in una delle pareti interne della moschea per indicare la qibla, ossia la direzione della Mecca, verso la quale deve essere rivolto il viso dell’orante), anch’esso collocato sul quel lato, dovette essere ogni volta ricostruito. Nel periodo intermedio, ed esattamente nell’anno 951, il califfo Abd ar-Rahman III (929-58) avvierà la costruzione di un nuovo alminar (minareto), che raggiungerà un’altezza di 40 metri e che ispirerà quelli delle moschee di Siviglia e Marrakech. L’ultimo degli ampliamenti del periodo islamico venne realizzato sul finire del X secolo (991) da Al-Mansur. Per dimostrare il suo potere e far fronte alla continua crescita demografica di Cordoba questi decise di realizzare il più esteso intervento di ampliamento coinvolgendo sia l’edificio di
culto che il patio. A differenza di quelli che l’avevano preceduto questo intervento, che portò alla costruzione di otto nuove navate, non si sviluppò verso meridione a causa della vicinanza del Guadalquivir. L’espansione fu pertanto realizzata sul lato orientale, portando le navate da 11 a 19 e le colonne a 1293 e dando luogo alla forma rettangolare che oggi ammiriamo. Il nuovo mihrāb, un’enorme cupola monolitica in marmo bianco superbamente decorato, fu montato in posizione centrale con l’aiuto di artisti bizantini e fu quello definitivo. Il miḥrāb non è orientato verso la Kaʿba della Mecca (quindi a sud-est) ma verso sud e, per salvarlo dall’accusa di un così grossolano errore, la leggenda vuole che Abd ar-Raḥmān I, nostalgico della città di Damasco da cui era stato cacciato dagli Abbasidi, avesse voluto orientare appositamente il miḥrāb della moschea di Cordoba nella stessa direzione di quello della moschea di Damasco. Gli eclettici costruttori islamici presero dai Bizantini l’idea dei mosaici, dagli Egizi la sala a colonne, dai Visigoti l’arco a ferro di cavallo, dall’architettura romana dell’acquedotto di Segovia gli archi sovrapposti nei quali videro la stilizzazione dei rami di palma, così da costruire la moschea come un gigantesco palmeto di pietra. Nel 1236, quando Cordova fu riconquistata dai Cristiani di Ferdinando III di Castiglia, la moschea fu convertita in cattedrale. L’apertura tra il cortile e la sala di preghiera fu murata, conservando una sola porta d’entrata (la Puerta de las Palmas). Inoltre vennero abbattute alcune file di colonne per lasciare spazio alla Capilla Real decorata con stucchi mudejar. Nel 1489 si eseguirono opere di adattamento al nuovo culto con la costruzione della Capilla Mayor, che in seguito assumerà il nome di Capilla de Villaviciosa. Nel XVI secolo il clero di Cordova decise di dotare la città di un edificio molto più sontuoso e alla moda del tempo. Il progetto consisteva nella demolizione di una parte rilevante del centro della moschea (ben 437 colonne) rompendo la prospettiva della foresta di colonne, e nell’inserimento al suo posto di una cattedrale cristiana. Il progetto inizialmente fu oggetto di forti polemiche: soltanto dopo l’intercessione dell’imperatore Carlo V furono avviati i lavori di costruzione Il risultato è una meraviglia architettonica che fonde gli stili gotico, rinascimentale e barocco con magnifiche decorazioni, ma può provocare dispiacere il fatto che l’eccezionale edificio costruito dai Musulmani abbia perduto la sua originaria unitarietà. Lo stesso Carlo V successivamente avrebbe detto: «Avete costruito qualcosa che si può vedere ovunque, distruggendo qualcosa che invece era unico al mondo». In realtà fu probabilmente grazie all’inserimento della chiesa che l’edificio poté sostanzialmente salvarsi e rimanere integro. Oggi dunque la costruzione si presenta con la forma di un grande quadrilatero di metri 175 di lunghezza per 130 di larghezza, con 19 navate e 856 (delle 1293 originarie) colonne sormontate da capitelli in stili diversi. Sulle colonne si appoggiano delle arcate doppie in mattoni e pietra bianca (sovrapposte l’una sull’altra con uno spazio intermedio) che permettono all’edificio di avere un soffitto molto alto donandogli contemporaneamente leggerezza. La selva di colonne crea ritmici allineamenti e fughe a perdita d’occhio, cadenzati giochi di profondità, mutevoli e sempre esatte prospettive geometriche, congeniali a un popolo che inventò l’algebra. La campata immediatamente antistante il mihrab assieme alle due laterali forma la maksura, cioè la parte della moschea (oggi chiusa da cancellate) nella quale si recavano a pregare i califfi e i loro dignitari. Il mihrab e la maksura costituiscono il vertice artistico dell’edificio. Una parte dell’interno è occupata dalle cappelle perimetrali, dalla Capilla Real, dalla Capilla Mayor e dal nucleo cruciforme centrale. Il Patio de los Naranjos, che si trova nella parte settentrionale della Cattedrale, fungeva da luogo delle abluzioni della moschea di Abd er-Ramán I. Deve il suo nome ai 98 alberi di aranci che si trovano al suo interno piantati sul finire del secolo XVIII. Il patio è un grande giardino chiuso da mura di circa 130 metri per 50. Sui tre lati occidentale, settentrionale e orientale si sviluppano delle gallerie porticate in cui si aprono sei porte che comunicano con l’esterno. Nelle gallerie sono esposte le travi e le assi del soffitto a cassettoni originario, in opera prima del restauro del secolo XIX. La sua immagine attuale si deve all’intervento del Vescovo Francisco Reinoso (XVI sec.), il quale dispose i filari di aranci come fossero una continuazione delle colonne della sala di preghiera. Le vestigia dell’antico alminar (minareto) di Abd al-Rahman III, innalzato accanto al muro di cinta, sul lato opposto della sala di preghiera, sono oggi integrate nella torre, alla quale Hernán Ruiz III ha aggiunto il corpo delle campane.
Córdoba. La Mezquita: il miḥrāb (la nicchia della preghiera) Córdoba. La Mezquita: la cupola del miḥrāb
Nel corso dei secoli, il dominio cristiano ha trasformato e arricchito la città con nuove strutture come l’Alcazar de los Reyes Cristianos e la Torre Fortaleza de la Calahorra. L’Alcazar de los Reyes Cristianos, situato a sud-ovest della Mezquita, fu costruito nel Duecento come palazzo fortificato per Alfonso X e fu sede dell’Inquisizione dal 1490 al 1821. I vasti giardini, ricchi di vasche con pesci, fontane, aranci, fiori e siepi potate ad arte, sono tra i più belli dell’Andalusia. L’edificio molto rimaneggiato, ospita un antico bagno reale e un museo contenente alcuni interessanti mosaici romani. Cordoba. Le torri del Homenaje e de los Leones viste dai giardini dell’Alcazar de los Reyes Cristianos Appena a sud della Mezquita il Guadalquivir è attraversato dal Puente Romano percorso da un traffico veicolare intenso, mentre i passaggi riservati ai pedoni sono alquanto stretti. All’estremità del ponte sorge la trecentesca Torre Fortaleza de la Calahorra che accoglie un curioso museo dedicato alla ricca vita culturale della Córdoba musulmana, con particolare riguardo alla tolleranza religiosa per la quale la città andava a giusto titolo famosa. Córdoba. Il ponte romano sul Guadalquivi
Córdoba. La Torre Fortaleza de la Calahorra Dopo il pranzo libero, passeggiata per il Barrio Juderia. Confinante con il centro e non lontano dalla moschea-cattedrale, il quartiere ebraico, chiamato Barrio Juderia, corrisponde all’antico ghetto abitato dagli Ebrei fino alla loro espulsione dalla città decretata dai Re Cattolici nel corso del XV secolo. Oggi si estende tra le vie Averroè, Tommaso lastricate di selciato Conte, Manrico e le piazze Maimonide e Tiberiade. Il quartiere, con i suoi vicoli, le vie strette e lastricate, le case bianche tipicamente andaluse, i palazzi storici e i monumenti religiosi, è uno dei più belli della città. Le origini del quartiere risalgono già al primo ampliamento della città romana verso sud. Nel VI secolo vi fu un processo di rinnovamento urbano che ha visto emergere una serie di palazzi di rappresentanza del potere politico e religioso. Si trovano resti in corrispondenza del Monastero bizantino di Santa Clara e nella Basilica di San Vicente. Dopo la conquista da parte degli Arabi nel 711, l’area continuò a essere un punto di riferimento per il gruppo di edifici pubblici che vi sorgevano. A quel tempo Córdoba era un grande crocevia commerciale e culturale che aveva come fulcro proprio il quartiere ebraico. Nel 1148 vi fu una prima grande persecuzione a opera degli Arabi; durante questa persecuzione andò distrutta anche la grande sinagoga. Con la conquista da parte di Ferdinando III seguì un periodo di relativa stabilità e agli inizi del XIV secolo fu concessa la costruzione dell’attuale Sinagoga di Cordoba. Nel Barrio Juderia si trovano la particolare Calle de las Flores, una via caratteristica e molto conosciuta per i suoi vasi di gerani (da cui prende il nome), e la Plaza Maimonide, dove si erge il monumento dedicato all’omonimo filosofo ebreo di Cordoba, una scultura a opera dell’artista Matteo Ruiz de Olmos. Il Barrio Juderia è certamente uno dei quartieri più interessanti di Córdoba. Córdoba. Barrio Juderia: La calle de las flores
Córdoba. Barrio Juderia: la Sinagoga Córdoba. Un patio del Barrio Juderia Proseguimento del viaggio per Siviglia. Arrivo in serata e sistemazione presso l’Hotel Sevilla Center**** o similare.
Quinto giorno: mercoledì 24 ottobre. Siviglia Dopo la prima colazione in hotel, l’intera giornata sarà dedicata alla visita guidata di Siviglia. Siviglia, situata sulle rive del fiume Guadalquivir, è il capoluogo nonché la più grande città dell’Andalusia, ma è soprattutto l’anima della regione e l’incarnazione del modo di vivere andaluso. Gli abitanti dell’elegante città dorata vivono intensamente le tradizionali passioni spagnole: le tapas, il vino, la birra, le corride, il flamenco, la movida e le feste. A questo proposito come non parlare della maestosa e storica Semana Santa e della Feria de Abril, la più festosa fiera annuale dell’Andalusia, entrambe dichiarate di Interesse Turistico Internazionale? Ma l’atmosfera a Siviglia è magica tutto l’anno e soprattutto la sera quando la gente, allegra e rilassata, ama divertirsi e trascorrere la notte nei numerosi locali della città: tapas bar, ristoranti, pub e discoteche. Importante centro urbano già al tempo dei Musulmani e nuovamente, dopo la riconquista cristiana, nei secoli XVI e XVII, Siviglia conserva, come importanti vestigia del suo glorioso passato, numerosi edifici dichiarati patrimonio dell’umanità dall’Unesco e quartieri dal forte sapore popolare come Triana e La Macarena. Fatta eccezione per le sponde del Guadalquivir, navigabile per oltre 100 km fino all’Oceano Atlantico e fonte del suo passato splendore, Siviglia non offre ampie vedute panoramiche. Anche i due grandi monumenti della città, l’alcázar musulmano e la cattedrale cristiana, rivelano gran parte del loro splendore soltanto all’interno. Il suo patrimonio architettonico più importante, oltre naturalmente alla Cattedrale, alla Torre della Giralda e all’Alcázar, consiste nella Casa de Pilatos, nella Torre del Oro, nel Palazzo Comunale, nell’Archivio delle Indie, nel Museo delle Belle Arti, nelle molte chiese, nei conventi e in vari altri palazzi signorili. La città offre nelle sue vicinanze anche alcuni bei parchi: appena fuori della città sorgono, infatti, il Parco Naturale di Doñana e il Parco Naturale della Sierra Norte. Cenni storici Fu grazie all’influenza dei Fenici che nella zona dell’odierna Siviglia si sviluppò l’antica cultura di Tartessos nell’VIII e nel VII secolo a.C., quando in Andalusia per la prima volta il ferro prese il posto del bronzo e si affinarono le tecniche di lavorazione dell’oro. La città romana di Hispalis, fondata probabilmente a metà del II secolo a.C., fu un importante porto fluviale prima di essere superato da Córdoba. In seguito Hispalis diventò un centro culturale visigoto, soprattutto al tempo di Isidoro di Siviglia (565-636 d.C.), il maggiore pensatore della Spagna visigota. Sotto la dominazione degli Arabi, che la chiamarono Ishbiliya, Siviglia ebbe inizialmente un ruolo secondario rispetto a Córdoba, ma dopo il collasso del califfato cordovano nel 1031 divenne il più potente dei taifas (piccoli regni) nei quali si frammentò la Spagna musulmana. I sovrani della dinastia abbaside di Córdoba, Al-Mutadid (1042-69) e Al-Mutamid (1069-91), furono entrambi poeti, e il secondo regnò dall’Alcázar su una corte debole e dedita ai piaceri. Quando Toledo, nella Spagna centrale, cadde in mano ai Cristiani nel 1085, Al-Mutamid chiese aiuto ai governanti fondamentalisti del Marocco, gli Almoravidi, contro la sempre più seria minaccia cristiana. Gli Almoravidi acquisirono così il controllo di tutta la Spagna musulmana, prima di essere sostituiti da un’altra setta berbera strettamente osservante di origine nordafricana, gli Almohadi, a metà del XII secolo. Sotto gli Almohadi le arti e le scienze conobbero un nuovo periodo di splendore: il califfo Yacub Yusuf fece della provincia di Siviglia la capitale del suo regno, costruendo una grande moschea dove oggi si trova la cattedrale della città. Il suo successore, Yusuf Yacub al-Mansur, farà aggiungere all’edificio la Torre della Giralda. La potenza degli Almohadi crollò dopo la disastrosa sconfitta subita per mano dei Cristiani a Las Navas de Tolosa, nella provincia di Jaén (1212). Nel 1248 il re castigliano Ferdinando III (El Santo) riuscì a conquistare alcune delle più importanti città andaluse, compresa Siviglia. Ferdinando III portò a Siviglia 24.000 coloni e suo figlio, l’intellettuale Alfonso X, ne fece una delle capitali del suo regno, tanto che nel XIV secolo essa era diventata la più importante città della Castiglia. Ma il sovrano che amò Siviglia più di qualunque altro fu Pedro I (1350-69). Alla corte di Pedro vivevano molti finanzieri ed esattori delle tasse ebrei, cosa che suscitò delle gelosie a sfondo razziale. Il massacro che spopolò il quartiere ebraico nel 1391 segnò la fine del periodo di tolleranza che aveva visto convivere pacificamente le ‘tre culture’.
I Re Cattolici (Ferdinando e Isabella) stabilirono per diversi anni la loro corte nell’Alcázar, mentre si preparavano a conquistare l’emirato di Granada, ultima roccaforte musulmana della penisola che capitolò nel 1492. L’evento più importante per Siviglia fu la scoperta delle Americhe, avvenuta grazie a Colombo nel 1492. Nel 1503 la città ottenne il monopolio ufficiale sul commercio spagnolo con il nuovo continente: i galeoni cominciarono così a scaricare oro e argento a El Arenal, una sponda sabbiosa situata nella zona dove oggi si trova la Plaza de Toros de la Real Maestranza, e Siviglia diventò in breve tempo una delle città più grandi, ricche e cosmopolite del tempo, vero e proprio magnete per ogni genere di persone, dai mendicanti e dai pícaros (imbroglioni che facevano trucchi con i dadi e con le carte) ai banchieri olandesi, ai mercanti italiani e ai membri del clero, appartenenti a più di cento istituzioni religiose. Siviglia si meritò dunque il soprannome di Puerto y puerta de Indias (porto e porta delle Indie), di Babilonia di Spagna e persino di Nuova Roma, e la sua popolazione balzò da 40.000 abitanti nel 1500 a 150.000 nel 1600, mentre ovunque sorsero sontuosi edifici rinascimentali e barocchi. Durante il Siglo de Oro proprio in questa città diedero il meglio di sé molti personaggi spagnoli di spicco nel campo delle arti. La peste del 1649 uccise metà degli abitanti di Siviglia e, nel corso del XVII secolo, il Rio Guadalquivir andò insabbiandosi, rendendo sempre più difficile la navigazione alle grandi navi di quei tempi, molte delle quali si arenavano alla foce del fiume, nei pressi di Sanlúcar de Barrameda. Cadice prese quindi il sopravvento nei commerci con le Americhe. Verso il 1700 la popolazione di Siviglia era ridiscesa a 60.000 abitanti e nel 1717 la Casa de la Contractación, ovvero l’ente governativo che sovrintendeva ai commerci con le Americhe, fu trasferita a Cadice. Nel 1800 un’altra epidemia di peste uccise 13.000 sivigliani e si dice che le truppe napoleoniche che occuparono la città dal 1810 al 1812 vi abbiano trafugato 999 opere d’arte. Grazie alle prime industrie una certa prosperità ritornò con la metà dell’Ottocento. Il primo ponte sul Guadalquivir, il Puente de Triana (o Puente de Isabel II), fu costruito nel 1845 e le antiche mura almohadi vennero abbattute nel 1869 per consentire l’espansione della città. I viaggiatori romantici subirono il fascino della grandezza passata di Siviglia, ma la maggioranza della popolazione della città e delle campagne circostanti viveva in condizioni di grande miseria. L’ottimismo della classe media ebbe modo di esprimersi nella prima fiera internazionale di Siviglia, l’Exposición iberoamericana del 1929. Gli architetti incaricati dell’organizzazione dell’evento, con i loro edifici che si ispiravano al glorioso passato della città, cercarono di proporre un modello per il futuro. Allo scoppio della guerra civile spagnola, Siviglia cadde quasi subito in mano ai nazionalisti, nonostante la strenua resistenza ingaggiata nei quartieri operai (in seguito sottoposti a durissime rappresaglie). Lo sviluppo urbano all’epoca di Franco non apportò significativi miglioramenti all’aspetto della città, dato che numerosi edifici storici furono demoliti. Le cose iniziarono a migliorare all’inizio degli anni Ottanta, quando Siviglia fu scelta come capoluogo della nuova Andalusia autonoma, con l’ascesa al potere a Madrid del Partido Socialista Obrero Español (PSOE), guidato dal sivigliano Felipe Gonzales. Un altro importante stimolo per la città fu l’esposizione internazionale EXPO 1992, in occasione del quinto centenario della scoperta dell’America. Oltre ad attirare milioni di visitatori e a promuovere un rilancio della sua immagine internazionale, l’EXPO ha regalato a Siviglia otto nuovi ponti sul Guadalquivir, la linea ferroviaria ad alta velocità AVE (Alta Velocidad Española), che la collega a Madrid, e migliaia di nuove camere d’albergo. Quasi inevitabilmente, però, l’EXPO ha dato luogo anche a molte polemiche. I costi dell’impresa lievitarono e al termine dell’esposizione nessuno sembrava avere delle idee su come utilizzare in seguito gli edifici rimasti. Nel 1997, tra accuse secondo le quali grandi somme di denaro erano scomparse nelle tasche di privati e nei forzieri del PSOE, la Corte dei Conti riferì che il bilancio aveva registrato una perdita di circa 35 miliardi di pesetas (circa 210 milioni di euro). Il centro storico della città conserva ancora quell’atmosfera pittoresca e decadente che aveva attratto i romantici dell’Ottocento. I ritardi causati dalla burocrazia, il caos politico e la mancanza di fondi per i lavori di restauro sono tuttora i mali tipici di Siviglia, e altrettanto caratteristici sono i suoi grandiosi progetti, come lo stadio olimpico costruito per i campionati mondiali di atletica del 1999. Siviglia ha tentato, ma senza successo, di ospitare le Olimpiadi del 2004 e del 2008. Nella mattinata visita guidata della città con ingresso nella Cattedrale e nella Giralda. L’immensa Cattedrale, dedicata alla Virgen de la Sede, sorge sul luogo dove fu costruita la principale moschea almohade, il cui minareto, la Giralda, torreggia ancora alle sue spalle. Dopo la caduta di Siviglia in mano ai Cristiani, nel 1248, la moschea fu utilizzata come chiesa fino al
Puoi anche leggere