ASSOCIAZIONE Gli Stelliniani - Associazione Stelliniani

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ASSOCIAZIONE Gli Stelliniani - Associazione Stelliniani
ASSOCIAZIONE Gli Stelliniani
Piazza I Maggio, 26 – 33100 Udine
Liceo Ginnasio “Jacopo Stellini”
Codice fiscale e Partita IVA 01924890302
Orario di Segreteria: mercoledì, ore 17.00-18.30
previo appuntamento telefonico
Tel. 347/9241345 (lunedì-venerdì, ore 18.00-19.30)
Sito web: WWW.stelliniani.it
E-mail: segreteria@stelliniani.it

                                    VIAGGIO IN ANDALUSIA
                                                     20-27 ottobre 2018

                                                      Programma
Primo giorno: sabato 20 ottobre. Trieste - Málaga
Trasferimento autonomo all’aeroporto di Trieste e partenza con volo Alitalia alle 11.10.
Arrivo a Málaga alle ore 17.10.
Trasferimento in pullman prenotato presso l’Hotel Tryp Alameda**** o similare.
Dopo la sistemazione nelle stanze, (compatibilmente con il tempo a disposizione) visita
dell’Alcazaba e del Teatro romano. In alternativa: passeggiata individuale nel centro della
città.

   Málaga è una città storica che conserva ancora l’atmosfera spavalda di un porto mediterraneo.
Dimenticati il cemento e la banalità delle periferie, ci si accorge che il centro pulsa di una vita
intensa e vivace: persino l’incessante scorrere del traffico, lungo la via principale, l’Alameda
Principal, aggiunge una sorta di ritmo eccitante alla vita cittadina. Sullo sfondo azzurro del
Mediterraneo si stagliano grandi viali alberati, bellissimi giardini, monumenti degni di nota e
vecchie vie un po’ cadenti e molto affascinanti, piene di negozi alla moda e di splendidi bar.
   La città rimane sveglia fino a tardi; in molti bar le happy hour non cominciano prima di
mezzanotte e la vita notturna di solito va avanti fino alle prime ore del mattino. Benché, a partire
dagli anni Sessanta, abbia ricevuto un grande benificio economico in seguito all’affermarsi del
turismo sulla Costa del Sol, Málaga ha cominciato piuttosto tardi la propria opera di valorizzazione
per attirare i turisti, ma le cose sono cambiate negli ultimi decenni e soprattutto da quando, nel
2003, è stato aperto il Museo dedicato a Pablo Picasso.
   L’avvio in questa zona della coltivazione della vite si deve ai mercanti fenici, ma Málaga fiorì
durante il periodo arabo sotto la taifa (piccolo regno) di Granada nell’XI secolo e successivamente
sotto l’ultimo emirato di Granada. Nel 1487 la caduta della città in mani cristiane praticamente
eclissò l’emirato. L’espulsione dei moriscos (i discendenti dei musulmani forzati ad abbracciare la
religione cristiana fra il 1492, anno della Reconquista, e il 1526), che si occupavano del lavoro dei
campi, fu all’origine della carestia verificatisi nel Seicento, ma la prosperità ritornò nel XIX secolo
grazie a una dinamica classe media che fondò fabbriche tessili, zuccherifici, cantieri navali e
acciaierie. Ottimi guadagni derivarono anche dal vino da dessert di Málaga, molto apprezzato
nell’Inghilterra vittoriana, fino a quando un parassita devastò i vigneti intorno alla città. A
compensare in parte il danno, l’avvento del turismo: negli anni Venti del secolo scorso la città,
esaltata dal movimento romantico, divenne la residenza invernale preferita dai ricchi madrileni.
   Durante la guerra civile Málaga fu inizialmente una roccaforte dei repubblicani. Centinaia dei
sostenitori dei nazionalisti furono uccisi e le chiese e i conventi bruciati. La città fu poi bombardata
dagli aerei italiani prima di cadere nelle mani dei nazionalisti nel febbraio del 1937. Seguirono
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rappresaglie particolarmente feroci. Attualmente la città di Málaga, duramente colpita dalla crisi
economica mondiale, registra un forte tasso di disoccupazione.

                                  Malaga. La città su cui torreggia l’Alcazaba

L’Alcazaba

Cenni storici
    L’Alcazaba di Málaga è una fortezza di epoca musulmana costruita alle falde del monte Gibralfaro, sulla
cui cima si trova un castello dello stesso nome, il Castillo de Gibralfaro. L’Alcazaba dispone di una doppia
muraglia e di otto torrioni. La muraglia interna consente di realizzare il cammino circolare lungo tutto il
perimetro della fortezza. La muraglia esterna, costruita a zig zag e chiamata La Coracha, collega l’Alcazaba
con il castello.
    Nell’antichità il sito dove attualmente sorge l’Alcazaba ospitava una fortificazione fenicia, mentre sulla
cima del monte c’era soltanto un faro (Jabal-Faruk, monte del faro).
    Nell’VIII secolo l’emiro di Cordoba Abd al-Rahman I costruì una nuova fortezza sulle rovine della
fortificazione fenicia e, in luogo del faro, un castello per accogliere le truppe e proteggere la fortezza.
    Tra il 1057 e il 1063 Badis ibn Habús, il re della taifa (piccolo regno) berbera di Granada, la restaurò
utilizzando per abbellirla colonne, capitelli e statue del sottostante teatro romano. Purtroppo per la
ricostruzione usò una pietra calcarea (nummulitica) proveniente dalle cave vicine al mare che si decompone
molto velocemente con l’umidità, la qualcosa ha reso necessario nel tempo un continuo restauro.
    Successivamente la città fu conquistata nel 1092 dagli Almoravidi e nel 1146 dagli Almohadi, per passare
nel 1279 sotto i Nasridi del Sultanato di Granada. Fu il re nasride Yusuf I a rendere inattaccabile la fortezza
nel 1340, quando Malaga era il porto principale dell’emirato di Granada, edificando anche la muraglia
esterna per collegarla al Castello di Gibralfaro ricostruito per proteggere l’Alcazaba.
    La fortezza, considerata per un certo tempo la più inespugnabile della penisola iberica, occupava, come
tutte le alcazaba musulmane, l’estremo est delle mura della città in modo che i fronti di sud, ovest e nord,
rimanessero all’interno delle mura.
    Nel 1487, conquistata la città, i Re Cattolici innalzarono la bandiera di Castiglia sulla torre maestra e
consegnarono a Malaga l’immagine (dono dell’imperatore Massimiliano I al monarca spagnolo) della
Vergine della Vittoria che da allora è divenuta la patrona della città.
    Successivamente la fortezza subì un processo di abbandono e saccheggio.
    Nel 1930 la struttura fu sottoposta a un’imponente opera di restauro e nuovi lavori di conservazione sono
stati condotti a partire dall’anno 2009.
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La cinta muraria esterna, costruita seguendo la conformazione della collina, racchiude
completamente l’area interna ed è munita di torri di difesa. L’ingresso originario della cittadella
esterna è dalla Puerta de la Bóveda, ma oggi è possibile utilizzare un moderno ascensore. Il
percorso si snoda attraverso dei giardini, impreziositi da elaborate fontane, passando dalla Puerta de
las Columnas e dalla Torre del Cristo.
    All’interno della seconda cinta muraria vi è il palazzo, organizzato sulla base di cortili
rettangolari e corridoi, e alcune altre abitazioni che sono state costruite attorno a dei patii risalenti
all’undicesimo, al tredicesimo e al quattordicesimo secolo, i Cuartos de Granada (gli appartamenti
di Granada), in cui vivevano i re e i governatori. Un’abitazione fu costruita anche sulla sommità,
con tanto di camere e patio, ma non rimane traccia delle scale per accedervi. L’architettura è
semplice, secondo la tradizione nasride che prediligeva uno scenario neutro in cui alternarsi zone di
luce e di ombra. Nei muri delle sale e delle stanze ricostruite ci sono piccoli ripostigli per esibire
frammenti di ceramica musulmana trovati negli scavi. La zona interna dell’Alcazaba è accessibile
solo attraverso la Puerta de los Cuartos de Granada, che svolgeva la funzione di difesa per il lato
occidentale del palazzo, mentre sul lato orientale si trova la Torre del Homenaje (torre
dell’omaggio), di pianta quadrata.
    Nel complesso vi è anche un piccolo museo archeologico, il Museo Arqueológico Provincial de
Málaga, che fu inaugurato nel 1949 ed espone frammenti di ceramiche romane e moresche, nonché
statue e busti romani trovati non solo in zona durante i lavori di restauro dell’Alcazaba, ma anche
presso altri siti archeologici della provincia, tra cui la città romana di Lacipo e Villa de Rio Verde.

                             Malaga. Il Teatro Romano con alle spalle l’Alcazaba

    Nella zona occidentale ai piedi della collina dell’Alcazaba si trova il Teatro Romano. È stato
scoperto da alcuni muratori nel 1951, dopo essere rimasto sotterrato per secoli. La costruzione risale
ai tempi dell’imperatore Augusto. Fu in uso fino al III secolo. Gli Arabi utilizzarono alcuni elementi
di questa costruzione, tra cui i capitelli e i fusti delle colonne, a beneficio dell’Alcazaba, come
sostegno per gli archi a ferro di cavallo delle porte di questo edificio. Le dimensioni della cavea
sono 31 metri di raggio, 16 metri di altezza. L’orchestra ha un diametro di 15 metri.
    E’ il più antico monumento presente in città, oltre che una delle poche rovine romane che si
possono ancora ammirare in Andalusia. Per la sua rilevanza, nel 1972 è stato dichiarato Bene di
Interesse Culturale, e oggi attira non solo turisti, ma anche studiosi e archeologi da tutto il mondo,
curiosi di scoprire la storia di questo posto e di ammirare i reperti ritrovati dopo tutto questo tempo.
    Il teatro, che può ospitare fino a 200 spettatori, grazie ai lavori di restauro ha ultimamente
recuperato il suo antico ruolo di spazio scenico: in una location suggestiva e fuori dal tempo, vi
vengono infatti allestiti spettacoli teatrali. La pianta del teatro sembra essere rimasta quasi intatta. È
divisa in tre parti: la cavea, l’orchestra e il proscenio. La cavea (la zona semicircolare riservata agli
spettatori), che è a tre ordini di gradinate (ima cavea, media cavea e summa cavea) con porte di
accesso ai settori (vomitoria), ha una struttura di 31 metri di raggio e 16 metri di altezza.
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L’orchestra, che si trova tra la cavea e il proscenio (il palcoscenico) e che nei tempi antichi era la
zona riservata agli spettatori più importanti, oggi ospita l’orchestra musicale. Il proscenio è
leggermente rialzato rispetto all’orchestra per offrire una visuale migliore agli spettatori.

                                       Malaga. Interni dell’Alcazaba

Cena e pernottamento in hotel.
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Secondo giorno: domenica 21 ottobre. Malaga - Nerja - Frigiliana - Granada
Dopo la prima colazione in hotel, partenza verso Granada con due soste lungo il percorso per
visitare i pueblos blancos di Nerja (nella mattinata) e Frigiliana (nel pomeriggio).

   Nerja, in passato un piccolo villaggio di pescatori, è oggi una florida località balneare della
Costa del Sol che mantiene intatto tutto il suo fascino e carattere. Il centro storico è un susseguirsi
di case bianche affacciate su strade strette e tortuose. Piccoli negozi vendono la produzione
artigianale e artistica del luogo, gioielli tipici e prodotti locali. L’antica fortezza araba è stata
convertita nel Balcón de Europa che domina un promontorio da cui si aprono scorci del
Mediterraneo e dei rilievi circostanti, offrendo una vista spettacolare della costa. Ai suoi piedi si
estendono spiagge di sabbia e piccole baie delimitate da scogliere.

   Nei dintorni si trova La Cueva de Nerja, un sito di grande interesse geologico, biologico ed
archeologico: si tratta di una caverna, scoperta nel 1959, nota per le straordinarie formazioni
calcaree, tra le quali spicca la più grande stalattite del mondo (m 62), e per le pitture risalenti al
paleolitico. Nella grotta sono state rinvenute tracce di insediamenti umani preistorici, quali incisioni
rupestri, armi, ossa e gioielli, databili tra i 43.000 e i 12.000 anni prima di Cristo.
Complessivamente si possono ammirare 321 cicli pittorici. Soltanto un terzo dei cunicoli è aperto al
pubblico. In alcune sale, durante il periodo estivo, hanno luogo dei concerti: in particolare, nel mese
di luglio, vi si svolge un festival di danza e musica. L’ingresso alla grotta non è compreso nel
programma, ma è possibile inserirlo su richiesta dei partecipanti al tour.

                                             La Cueva de Nerja
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Dopo il pranzo libero, ripresa del viaggio verso Granada con sosta successiva a Frigiliana.

   Frigiliana si trova a circa sei chilometri da Nerja e a una cinquantina di chilometri sia da Malaga
che da Granada. Esistono pochi borghi in Andalusia che possano essere comparati a questo
splendido pueblo blanco, una vera gemma nascosta della Costa del Sol.
   Il paese è virtualmente diviso in due: il nuovo centro abitato, situato ai piedi della collina, e
l’antico borgo moresco costruito sui fianchi della medesima. Com’è prevedibile, la zona più
affascinante è quest’ultima. Il centro storico si trova a più di trecento metri sul livello del mare e da
questa posizione privilegiata si godono scorci incantevoli sulla piccola valle e panorami strepitosi
sul Mediterraneo: in una giornata secca, si possono scorgere persino le coste del Nord Africa.
   Frigiliana è considerato uno dei borghi più belli della regione. Le viuzze acciottolate, le case di
un bianco immacolato, in suggestivo contrasto con l’azzurro intenso del cielo e il rosso dei tetti, i
vasi sui balconi e le piante di bouganville, lavanda e gelsomino riempiono il paesaggio e l’aria di
colori e profumi. Passeggiare per le sue stradine è un vero piacere: sembra quasi di essere tornati
indietro nel tempo, all’epoca della dominazione moresca anteriore alla Reconquista, in un luogo
incredibilmente simile ai villaggi delle vicine montagne del Rif marocchino. Occorre però tenere
presente che in alcuni punti le pendenze possono essere impegnative.

                                               Frigiliana

Prosecuzione del viaggio con arrivo a Granada in serata e sistemazione presso l’Hotel Granada
Center**** o similare.
Prima di cena, compatibilmente con il tempo a disposizione, passeggiata per le vie del centro
allo scopo di ammirare il complesso dell’Alhambra illuminato.

Cena e pernottamento in hotel.
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Terzo giorno: lunedì 22 ottobre. Granada
Dopo la prima colazione in hotel, l’intera giornata è dedicata alla visita guidata di Granada.

Incontro con la guida per la visita nella mattinata del complesso dell’Alhambra e dei Giardini
del Generalife.

Cenni storici
    Granada sorse come insediamento iberico con il nome di Elibyrge o Illiberis. In seguito i Romani la
chiamarono Illiberia Florentia.
    I Musulmani la strapparono ai Visigoti nel 711 d.C. con l’aiuto della comunità ebraica che risiedeva ai
piedi della collina dell’Alhambra nella zona chiamata Garnata al-Jahud, nome dal quale deriva Granada
(in spagnolo significa ‘melagrana’, frutto che compare anche sullo stemma della città). All’inizio gli
Arabi scelsero come capitale Elvira (10 km a nord-est di Granada, dove oggi sorge la moderna Atarfe),
ma nell’XI secolo la dinastia berbera degli Zairiti, che governava il regno locale (taifa), si spostò
nuovamente nel luogo del quartiere arabo chiamato Albaicín, più facilmente difendibile.
    Quando nel XIII secolo si disgregò lo stato almohade di Al-Andalus (il territorio della Penisola Iberica
controllato dagli Arabi), un piccolo sovrano, chiamato Mohammed ibn Yusuf ibn Nasr, riuscì a fondare un
emirato indipendente, conosciuto come emirato dei Nasridi, con capitale Granada.
    Dopo la caduta di Córdoba (1236) e di Siviglia (1248) per opera della Castiglia cristiana, i Musulmani
trovarono rifugio a Granada, e l’emirato nasride, che si estendeva dallo Stretto di Gibilterra fino a est di
Almería, fu tutto ciò che rimase di Al-Andalus alla conclusione di queste vicende. Mohammed cominciò a
costruire l’Alhambra con funzione di sede della corte reale e di fortezza, e da questi palazzi, sempre più
sontuosi, i Nasridi governarono per 250 anni. In tale periodo misero l’uno contro l’altro i regni di
Castiglia e Aragona, i principali stati cristiani della Penisola Iberica), chiedendo di tanto in tanto anche
l’aiuto dei Merenidi, signori del Marocco. I Nasridi giunsero anche a dare una mano a Ferdinando III di
Castiglia nella conquista di Siviglia, e da allora pagarono tributi alla Castiglia fino al 1476.
    Sotto i Nasridi Granada divenne una delle più popolose e ricche città d’Europa, una prosperità dovuta
in gran parte al talento dei suoi molti commercianti e artigiani, soprattutto nel XIV secolo grazie agli
emiri Yusuf I e Mohammed V.
    Ma verso la fine del Quattrocento, quando l’economia cominciava a ristagnare e nell’Alhambra i
governanti conducevano una vita da gaudenti, violente rivalità si scatenarono per la successione al trono.
Una fazione appoggiava l’emiro Abu al-Hasan e la favorita del suo harem Zoraya (una cristiana del nord
della Spagna), l’altra sosteneva Boabdil, il figlio che Abu al-Hasan aveva avuto dalla moglie Aixa. Nel
1482 Boabdil si ribellò al padre dando inizio a una confusa guerra civile, e gli eserciti cristiani, che
quell’anno avevano invaso l’emirato, ne trassero tutto il possibile profitto. Il terreno per la guerra era
stato preparato da una parte dal rifiuto, opposto nel 1476 da Abu al-Hasan, di pagare il tradizionale
tributo alla Castiglia, dall’altra dall’unificazione dei due grandi regni cristiani del nord mediante il
matrimonio contratto tra i Re Cattolici Isabella di Castiglia e Ferdinando d’Aragona.
    Nel 1483 i Cristiani catturarono Boabdil e gli strapparono la promessa di cedere gran parte
dell’emirato in cambio di un aiuto per la riconquista di Granada. Dopo la morte di Abu al-Hasan (1485),
Boabdil riprese infatti il controllo della città, mentre i Cristiani ottennero il resto dell’emirato,
devastandone il territorio, e nel 1491 posero l’assedio a Granada. Dopo otto mesi Boabdil accettò di
consegnare la città in cambio delle valli di Alpijarras, di 30.000 monete d’oro e della libertà politica e
religiosa per i suoi sudditi. Nella notte del 1° gennaio 1492 acconsentì all’ingresso dei soldati castigliani
nell’Alhambra. Il giorno successivo Isabella e Ferdinando entrarono in città vestiti con abiti cerimoniali
arabi e per diversi anni tennero corte nell’Alhambra.
    Ben presto però la situazione peggiorò a causa delle persecuzioni religiose. Subito dopo la presa di
Granada, gli Ebrei furono cacciati dalla Spagna, mentre la persecuzione dei Musulmani sfociò in una
serie di rivolte da un capo all’altro del ex-emirato finché, all’inizio del Seicento, si giunse all’espulsione
degli Arabi. Granada perse così gran parte della sua popolazione più produttiva e precipitò in una crisi
arrestata solo dall’interesse suscitato nei suoi confronti intorno al 1830 dal movimento romantico,
interesse che aprì la strada al recupero del patrimonio arabo della città e all’avvento del turismo.
    All’inizio del Novecento Granada condannò il liberalismo e fu teatro degli orrori perpetrati dai
nazionalisti che s’impadronirono della città nel 1936, all’inizio della guerra civile. Furono uccisi circa
4.000 granadinos appartenenti alla sinistra o all’ala liberale. Tra questi Federico García Lorca, il più
famoso scrittore di Granada e dell’Andalusia.
    La città ha ancora oggi una reputazione di conservatorismo.
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Situata sulla collina chiamata La Sabika, l’Alhambra, che costituisce il più bel monumento
dell’arte islamica medievale in Spagna e testimonia lo splendore dell’Andalusia al tempo della
dominazione araba, si erge maestosa sulla città: alle sue spalle la stupenda Sierra Nevada.

                  Granada. Il complesso dell’Alhambra. Sullo sfondo la Sierra Nevada
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Granada. L’Alhambra: il Patio de los Leones nel Palacio de los Leones

    L’Alhambra è composta da due gruppi principali di edifici: il Palacio Nazaríes e l’Alcazaba
(fortezza). Del complesso fanno parte anche il Palacio de Carlos V, la Iglesia de Santa María de
la Alhambra, due alberghi, diversi negozi di libri e di souvenir, e molti incantevoli giardini, tra i
quali spettacolari sono quelli del Generalife.
    Il nome del complesso, Alhambra, in arabo significa ‘castello rosso’ ed è dovuto
probabilmente al colore delle torri e delle mura che, mentre alla luce delle stelle risulta
argentato, alla luce del sole presenta un tono dorato. Esiste anche una versione più poetica
suggerita dagli esperti di storia araba: dato che la costruzione dell’Alhambra avveniva di notte, il
riflesso della luce delle torce faceva sì che da lontano essa apparisse di colore rossiccio.
    Fu Samuel Ha-Nagid, il gran visir ebreo di uno dei sultani zairiti di Granada (la cui fortezza si
trovava allora nell’Albaicín), a far costruire per primo, nell’XI secolo, un palazzo come
residenza in questo sito.
    Ma furono gli emiri nasridi a trasformare l’Alhambra in un palazzo-fortezza aggiungendovi
anche una piccola torre, della quale oggi rimangono solo rovine. Nel 1238, infatti, il fondatore
della dinastia dei Nasridi, Mohammed ibn Yusuf ibn Nasr, decise di stabilirsi sulla cima della
collina e modificò, rinforzandola e ampliandola, l’originaria Alcazaba.
    Ai suoi successori, Yusuf I e Mohammed V, si deve la gemma dell’Alhambra, il Palacio
Nazaríes. Ricco di stupende decorazioni, esso comprende anche il Palacio de Comares,
residenza privata di Yusuf I, e il Palacio de los Leones, costruito da Mohammed V probabilmente
per ospitarvi l’harem reale.
    Dopo la conquista cristiana, i Re Cattolici Isabella di Castiglia e Ferdinando di Aragona
fecero ristrutturare il complesso, sostituendo la moschea dell’Alhambra con una chiesa e
costruendo il Convento di San Francisco.
    Carlo I, nipote dei Re Cattolici, fece demolire una parte del Palacio Nazaríes per lasciare
spazio a un grande edificio rinascimentale, il Palacio de Carlos V (dal nome che il sovrano
assunse come imperatore del Sacro Romano Impero).
    Nel Settecento l’Alhambra venne abbandonata nelle mani dei ladri e dei mendicanti e durante
l’occupazione napoleonica usata come caserma.
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Nel 1870 il complesso fu dichiarato monumento nazionale in seguito al grande interesse
suscitato dagli scrittori romantici, in particolare da W. Irving (autore tra l’altro dei Tales of the
Alhambra).

                               Granada. Una fontana nei Giardini del Generalife

   I Giardini del Generalife (Gennat al-Harif), il cui nome significa probabilmente ‘giardini
dell’architetto’, sono il luogo perfetto per concludere la visita al complesso. Si tratta di una
bellissima composizione di sentieri, patii, laghetti, fontane, siepi, alberi secolari e fiori
variopinti. Si trovano su un pendio di fronte all’Alhambra. Qui il suono dell’acqua che scorre,
avvertibile anche dall’esterno, e il verde delle piante trasportano in un mondo incantevole,
lontano dal trambusto della città e dall’aridità di gran parte della campagna spagnola.

Dopo il pranzo libero, proseguimento della visita guidata presso la Cattedrale, capolavoro
gotico-rinascimentale di Granada.

   I lavori di costruzione della Cattedrale, che iniziarono nel 1521 e proseguirono fino al XVIII
secolo, furono diretti dal 1528 al 1563 dall’architetto protorinascimentale Diego de Siloé, mentre
la facciata principale su Plaza de las Pasiegas, con quattro massicci contrafforti quadrati che
formano tre grandi nicchie ad arco, fu progettata nel 1600 da Alonso Cano.
   Di Diego de Siloé sono anche le statue della sontuosa Puerta del Perdón che si apre nella
facciata nord-occidentale, nonché gran parte dell’interno, compresa la dorata e dipinta Capilla
Mayor, coronata da una cupola.
   I Re Cattolici oranti (sopra ciascun lato dell’altare maggiore) furono scolpiti (1677) da Pedro
de Mena, mentre più in alto ancora sono collocati i busti di Adamo ed Eva di Alonso Cano. Nel
museo della Cattedrale si trovano la bella statua di san Pablo sempre del Cano e l’ostensorio
d’oro donato a Granada da Isabella La Cattolica.
Granada. La Cattedrale
Si proseguirà con la visita della Cappella Reale, luogo di sepoltura dei Re Cattolici.
   La Cappella Reale, annessa alla Cattedrale, è il più importante edificio cristiano di Granada.
   Commissionata in stile gotico-isabellino dai Re Cattolici come loro mausoleo, fu terminata
solo nel 1521 quando entrambi i re erano già morti e provvisoriamente sepolti nel Convento de
San Francisco all’Alhambra. Traslata nella nuova sede, la coppia reale riposa nel presbiterio
insieme ad altri tre componenti della famiglia: Giovanna la Pazza (loro figlia), Filippo il Bello
(marito di Giovanna e figlio di Massimiliano, imperatore del Sacro Romano Impero) e Miguel
(primo nipote designato erede e morto in tenerissima età). Il presbiterio è diviso dalla navata
della cappella da una cancellata dorata di ferro battuto (opera di Bartolomé de Jaén -1520). Le
semplici bare di piombo si trovano nella cripta situata sotto le statue. Le statue sono un dono ai
genitori e ai nonni di Carlo I (figlio di Giovanna la Pazza e Filippo il Bello, il futuro Carlo V).

                                     Granada. La Cappella Reale

                                Granada. Interno della Cappella Reale
Proseguimento della visita con una passeggiata nella vicina Alcaicería, il mercato arabo della
seta (oggi è visibile solo ciò che ne rimase dopo il restauro ottocentesco). Sempre molto animata,
l’Alcaicería è ricca di negozi di artigianato.

                                  Granada. Un negozio nell’Alcaiceria.

    A pochi passi si trova la Plaza Bib-Rambla (chiamata anche Piazza dei Fiori), vivacizzata da
ristoranti e bancarelle e impreziosita al centro da una bella fontana ornata di statue di giganti. In
passato questa piazza ha accolto tornei, corride e i roghi dell’Inquisizione.

                        Granada. La Plaza Bib-Rambla con La Fontana dei Giganti
Tempo permettendo, è un’esperienza da non perdere anche la passeggiata (eventualmente da
farsi la sera dell’arrivo a Granada) per le ripide vie e gli incantevoli vicoli dell’Albaicín, il
vecchio quartiere arabo di Granada, che, disteso sulla collina di fronte all’Alhambra sul versante
opposto della valle del Darro (affluente del fiume Genil, a sua volta affluente del Guadalquivir),
costituisce il primo nucleo della città e sorse come insediamento iberico intorno al VII secolo
a.C. Qui la dinastia berbera degli Ziriti costruì la sua fortezza quando nell’XI secolo riportò la
sede del potere locale dalla città di Elvira a Granada. Il nome di Albaicín risale al 1227, quando i
Musulmani di Baeza si trasferirono in questo quartiere, dopo che la loro città fu conquistata dai
Cristiani. Il quartiere, densamente popolato, giunse ad avere 27 moschee e continuò a essere
abitato dagli arabi per parecchi decenni dopo la conquista cristiana del 1492.
    Di quel periodo rimangono ancora oggi bastioni, case, porte, fontane e cisterne, e molte
chiese e cármenes (grandi ville cinte da mura) che, sorti successivamente, inglobarono resti
islamici. L’Albaicín, una zona meravigliosa da girare a piedi e in cui risiedono preferibilmente
gli studenti di Granada, non presenta particolari pericoli, anche se dopo il tramonto è meglio non
allontanarsi dalle vie principali o, comunque, procedere in gruppo.

                               Granada, Albaicín: La Carrera del Darro

                             Granada. Albaicín: I Baños Árabes El bañuelo

Cena e pernottamento in hotel.
Quarto giorno: martedì 23 ottobre. Granada - Cordoba - Siviglia

Dopo la prima colazione in hotel, partenza per Córdoba.
   La città di Córdoba, che sorge nella fertile valle del fiume Guadalquivir, il cui corso
attraversa la parte centrale della provincia, ha grande importanza storica: al culmine del suo
splendore fu infatti la capitale di Al-Andalus, la parte della Spagna medievale sotto il dominio
arabo. Quella che era la moschea, ovvero la Mezquita, è uno dei più straordinari edifici islamici
del mondo, ma anche nel resto della provincia si trovano interessanti zone dove l’insieme di
antichi e remoti villaggi e di colline ondulate contribuisce a creare un paesaggio di rara bellezza.
   Córdoba, distesa su un’ansa del Guadalquivir e circondata da ogni parte dalla campagna, è
senz’altro il più grande centro abitato di un territorio essenzialmente rurale, e ha un aspetto al
tempo stesso provinciale e sofisticato. Il fascino del suo centro storico è dovuto alla bellezza e
alla grandezza dei monumenti moreschi, di cui è esempio la maestosa Mezquita con la foresta di
archi e colonne, simbolo della gloria di Al-Andalus, ma anche ai patii e ai vicoli medioevali,
dichiarati patrimonio dell’umanità dall’Unesco. Il labirintico quartiere medievale che sorge
attorno alla Mezquita è infatti la zona della città che più attrae i visitatori, ma anche la parte
moderna possiede una sua notevole bellezza. Per avere un’idea di ciò che significa essere
cordobés, occorre conoscere l’una e l’altra Córdoba.
   Nei mesi invernali la città è tranquilla e appartata, ma rinasce da metà aprile a metà giugno,
quando il cielo è azzurro e il caldo tollerabile, gli alberi e gli incantevoli patii sono rivestiti di
foglie e fiori e si organizzano le fiestas più importanti. Dal punto di vista climatico, anche
settembre e ottobre sono mesi gradevoli.

Cenni storici
     La colonia romana di Corduba, fondata nel 152 a.C., divenne la capitale della Provincia Baetica che
comprendeva gran parte dell’odierna Andalusia. In questo centro culturale dell’antica Roma nacquero gli scrittori
Seneca e Lucano, nipote del primo. Córdoba cadde sotto il dominio degli invasori arabi nel 711 e presto divenne la
capitale islamica della Penisola Iberica. Qui, nel 756, Abd ar-Rahman I si proclamò emiro indipendente di Al-
Andalus, fondando la dinastia omayyade. Córdoba e Al-Andalus conobbero il loro periodo di maggior splendore
sotto Ab dar-Rahman III (912-961), che nel 929 si autonominò califfo (titolo conferito ai successori di Maometto)
sancendo così l’inizio della lunga indipendenza de facto dai califfi abbasidi di Baghdad. Córdoba divenne la più
grande città dell’Europa occidentale, con una popolazione che oscillava tra i 100.000 e i 500.000 abitanti.
L’economia prosperò grazie all’agricoltura delle campagne irrigue circostanti e all’attività di abili artigiani
specializzati nella lavorazione del metallo, degli oggetti in pelle, dei tessuti, delle piastrelle invetriate e d’altro
ancora. Nell’VIII secolo Córdoba era una città estremamente prestigiosa, ricca di innumerevoli palazzi privati,
eleganti edifici pubblici e 300 moschee, tanto da rivaleggiare con Costantinopoli come capitale dell’arte, della
cultura e delle scienze. Oltre alle moschee rilucenti, vi erano patii, giardini, fontane, acquedotti e bagni pubblici. La
corte era frequentata da studiosi ebrei, arabi e cristiani, mentre l’università, la biblioteca e gli osservatori e altre
istituzioni facevano di Córdoba un centro di sapere la cui influenza si sarebbe fatta sentire nell’Europa cristiana
ancora per molti secoli. Un osso del braccio di Maometto, conservato nella Mezquita, fu usato come arma
psicologica contro i Cristiani e anche a ciò si deve lo sviluppo, opposto e parallelo, del culto di Santiago, il nome
spagnolo di san Giacomo. E Córdoba divenne un luogo di pellegrinaggio per quei Musulmani che non potevano
recarsi alla Mecca o a Gerusalemme.
     Verso la fine del X secolo i califfi lasciarono le redini del potere nelle mani di Al-Mansur, uno spietato generale,
le cui incursioni nei territori del nord terrorizzavano la Spagna cristia na. Quando costui distrusse la Cattedrale di
Santiago de Compostela, centro del culto del santo, ne fece trasportare le campane a Córdoba da schiavi cristiani e
le mise capovolte nella Mezquita utilizzandole come enormi lampade a olio. Dopo la morte di suo figlio Abd al-
Malik, il califfato precipitò nell’anarchia e per la successione si scontrarono truppe berbere ed eserciti cristiani di
Castiglia e Catalogna. I berberi (della dinastia degli Almohadi) terrorizzarono e saccheggiarono la città finché, nel
1031, il governo degli Omayyadi non giunse al termine. Al-Andalus si frammentò in dozzine di taifas (piccoli regni)
e nel 1069 Córdoba entrò a fare parte della taifa di Siviglia, che da allora divenne la città principale di quel regno,
ma non ne spense la vocazione culturale.
     A Córdoba vissero a lungo nell’XI secolo i filosofi e poeti Ibn Hazm (arabo) e Utdah Ha-Levi (ebreo), mentre
nel XII secolo operarono in città due dei più celebri studiosi di Al-Andalus, il musulmano Averroè e l’ebreo
Maimonides. Entrambi di eclettico ingegno, furono famosi soprattutto per il tentativo di conciliare la fede religiosa
con il pensiero aristotelico, ma gli Almohadi, mentre conferirono al primo alte cariche a Siviglia e a Córdoba,
costrinsero il secondo a trascorrere gran parte della vita in Egitto per sfuggirne l’intolleranza.
     Quando nel 1236 la città fu presa da Ferdinando III di Castiglia, la maggior parte della popolazione si diede alla
fuga. Ferdinando riportò le campane a Santiago di Compostela e Córdoba diventò un centro di provincia
d’importanza sempre minore. Il suo declino si arrestò solo alla fine dell’Ottocento, ma intanto la Córdoba cristiana
aveva dato i natali a uno dei più grandi poeti spagnoli, Luis de Góngora.
Visita guidata della Mezquita.

   L’edificio, capolavoro dell’arte moresca, visto dall’esterno sembra una fortezza, con le spesse
mura di pietra interrotte solo da portali decorati, mentre una leggera spinta verticale è fornita
solo dai tetti sporgenti della cattedrale interna e da alcune cupole più basse lungo il muro
meridionale.
   A causa delle profonde modifiche apportate alla struttura araba della Mezquita dai Cristiani,
che resero buio l’interno, bisogna fare ricorso alla fantasia per immaginarne l’originaria unità
architettonica, in perfetta armonia con gli spazi esterni verso i quali si apriva.
   La Mezquita possiede alcuni elementi architettonici davvero splendidi, come le famose file di
archi (su due ordini) caratterizzati da strisce quasi ipnotiche di mattoni rossi e pietra bianca, gli
archi ancora più elaborati, le cupole e le decorazioni all’interno e attorno alla nicchia di
preghiera.

                                  Córdoba. Il complesso della Mezquita
Córdoba. La Cattedrale inglobata all’interno della Mezquita

    La Mezquita sorge sul sito, non lontano dal Guadalquivir, in cui un tempo si ergeva una chiesa
cristiana: la Basilica Visigota di San Vincenzo, la cui esistenza è stata confermata nel 1930 dagli
scavi archeologici diretti dall’architetto Félix Hernández che ne riportarono alla luce i resti.
    Quando nel 756 i Musulmani occuparono Córdoba, questa basilica fu suddivisa e utilizzata
contemporaneamente da Musulmani e Cristiani. In seguito (785) l’emiro Abd ar-Raḥmān I la fece
demolire e al suo posto intraprese la costruzione dell’attuale grande moschea utilizzando colonne e
capitelli (in marmo, granito e alabastro di vari colori) provenienti dalla precedente chiesa visigota,
da edifici romani di Córdoba e di altre città, e persino dall’antica Cartagine. Sull’insieme poggiano
due ordini di archi che, unitamente alle colonne, producono un effetto che ricorda gli acquedotti
romani o le palme da dattero. L’uso di materiali bicolori per gli archi fu davvero felice. La maggior
parte delle colonne utilizzate per altre parti dell’edificio si debbono ad artigiani di Córdoba.
    Il nuovo edificio comprendeva un cortile quadrato circondato da un muro di cinta (il Patio de los
Naranjos), sul quale si apriva in tutto il suo splendore la sala di preghiera, di forma rettangolare e
composta da undici navate, ciascuna avente dodici arcate, disposte di fronte al cortile e separate
dalle colonne descritte sopra.
    La moschea subì nel tempo varie modifiche e ampiamenti a opera dei successori di Abd al-
Raḥmān I, giungendo a coprire una superficie di 23.000 m² e a essere la più grande moschea del
mondo musulmano di quel tempo, destinata a diventare la seconda solo dopo l’edificazione di
quella di Sāmarrā (Iraq), capitale abbaside pro tempore.
    Hishām I (788-96) fece realizzare delle gallerie destinate alle donne e una vasca per le abluzioni;
La lunghezza delle navate fu successivamente raddoppiata da Abd ar-Raḥmān II (822-52) e
prolungata ulteriormente da Al-Ḥakim II (961-76). In entrambi i casi l’allungamento delle navate
avvenne sul lato opposto all’entrata principale e per questo motivo il miḥrāb (nicchia, ispirata
all’abside delle chiese bizantine, posta in una delle pareti interne della moschea per indicare la
qibla, ossia la direzione della Mecca, verso la quale deve essere rivolto il viso dell’orante),
anch’esso collocato sul quel lato, dovette essere ogni volta ricostruito. Nel periodo intermedio, ed
esattamente nell’anno 951, il califfo Abd ar-Rahman III (929-58) avvierà la costruzione di un nuovo
alminar (minareto), che raggiungerà un’altezza di 40 metri e che ispirerà quelli delle moschee di
Siviglia e Marrakech.
    L’ultimo degli ampliamenti del periodo islamico venne realizzato sul finire del X secolo (991) da
Al-Mansur. Per dimostrare il suo potere e far fronte alla continua crescita demografica di Cordoba
questi decise di realizzare il più esteso intervento di ampliamento coinvolgendo sia l’edificio di
culto che il patio. A differenza di quelli che l’avevano preceduto questo intervento, che portò alla
costruzione di otto nuove navate, non si sviluppò verso meridione a causa della vicinanza del
Guadalquivir. L’espansione fu pertanto realizzata sul lato orientale, portando le navate da 11 a 19 e
le colonne a 1293 e dando luogo alla forma rettangolare che oggi ammiriamo. Il nuovo mihrāb,
un’enorme cupola monolitica in marmo bianco superbamente decorato, fu montato in posizione
centrale con l’aiuto di artisti bizantini e fu quello definitivo. Il miḥrāb non è orientato verso la
Kaʿba della Mecca (quindi a sud-est) ma verso sud e, per salvarlo dall’accusa di un così grossolano
errore, la leggenda vuole che Abd ar-Raḥmān I, nostalgico della città di Damasco da cui era stato
cacciato dagli Abbasidi, avesse voluto orientare appositamente il miḥrāb della moschea di Cordoba
nella stessa direzione di quello della moschea di Damasco.
    Gli eclettici costruttori islamici presero dai Bizantini l’idea dei mosaici, dagli Egizi la sala a
colonne, dai Visigoti l’arco a ferro di cavallo, dall’architettura romana dell’acquedotto di Segovia
gli archi sovrapposti nei quali videro la stilizzazione dei rami di palma, così da costruire la moschea
come un gigantesco palmeto di pietra.
    Nel 1236, quando Cordova fu riconquistata dai Cristiani di Ferdinando III di Castiglia, la
moschea fu convertita in cattedrale. L’apertura tra il cortile e la sala di preghiera fu murata,
conservando una sola porta d’entrata (la Puerta de las Palmas). Inoltre vennero abbattute alcune
file di colonne per lasciare spazio alla Capilla Real decorata con stucchi mudejar.
    Nel 1489 si eseguirono opere di adattamento al nuovo culto con la costruzione della Capilla
Mayor, che in seguito assumerà il nome di Capilla de Villaviciosa.
    Nel XVI secolo il clero di Cordova decise di dotare la città di un edificio molto più sontuoso e
alla moda del tempo. Il progetto consisteva nella demolizione di una parte rilevante del centro della
moschea (ben 437 colonne) rompendo la prospettiva della foresta di colonne, e nell’inserimento al
suo posto di una cattedrale cristiana. Il progetto inizialmente fu oggetto di forti polemiche: soltanto
dopo l’intercessione dell’imperatore Carlo V furono avviati i lavori di costruzione
    Il risultato è una meraviglia architettonica che fonde gli stili gotico, rinascimentale e barocco con
magnifiche decorazioni, ma può provocare dispiacere il fatto che l’eccezionale edificio costruito dai
Musulmani abbia perduto la sua originaria unitarietà. Lo stesso Carlo V successivamente avrebbe
detto: «Avete costruito qualcosa che si può vedere ovunque, distruggendo qualcosa che invece era
unico al mondo». In realtà fu probabilmente grazie all’inserimento della chiesa che l’edificio poté
sostanzialmente salvarsi e rimanere integro.
    Oggi dunque la costruzione si presenta con la forma di un grande quadrilatero di metri 175 di
lunghezza per 130 di larghezza, con 19 navate e 856 (delle 1293 originarie) colonne sormontate da
capitelli in stili diversi. Sulle colonne si appoggiano delle arcate doppie in mattoni e pietra bianca
(sovrapposte l’una sull’altra con uno spazio intermedio) che permettono all’edificio di avere un
soffitto molto alto donandogli contemporaneamente leggerezza. La selva di colonne crea ritmici
allineamenti e fughe a perdita d’occhio, cadenzati giochi di profondità, mutevoli e sempre esatte
prospettive geometriche, congeniali a un popolo che inventò l’algebra.
    La campata immediatamente antistante il mihrab assieme alle due laterali forma la maksura, cioè
la parte della moschea (oggi chiusa da cancellate) nella quale si recavano a pregare i califfi e i loro
dignitari. Il mihrab e la maksura costituiscono il vertice artistico dell’edificio.
    Una parte dell’interno è occupata dalle cappelle perimetrali, dalla Capilla Real, dalla Capilla
Mayor e dal nucleo cruciforme centrale.
    Il Patio de los Naranjos, che si trova nella parte settentrionale della Cattedrale, fungeva da luogo
delle abluzioni della moschea di Abd er-Ramán I. Deve il suo nome ai 98 alberi di aranci che si
trovano al suo interno piantati sul finire del secolo XVIII. Il patio è un grande giardino chiuso da
mura di circa 130 metri per 50. Sui tre lati occidentale, settentrionale e orientale si sviluppano delle
gallerie porticate in cui si aprono sei porte che comunicano con l’esterno. Nelle gallerie sono
esposte le travi e le assi del soffitto a cassettoni originario, in opera prima del restauro del secolo
XIX. La sua immagine attuale si deve all’intervento del Vescovo Francisco Reinoso (XVI sec.), il
quale dispose i filari di aranci come fossero una continuazione delle colonne della sala di preghiera.
Le vestigia dell’antico alminar (minareto) di Abd al-Rahman III, innalzato accanto al muro di cinta,
sul lato opposto della sala di preghiera, sono oggi integrate nella torre, alla quale Hernán Ruiz III ha
aggiunto il corpo delle campane.
Córdoba. La Mezquita: il miḥrāb (la nicchia della preghiera)

        Córdoba. La Mezquita: la cupola del miḥrāb
Nel corso dei secoli, il dominio cristiano ha trasformato e arricchito la città con nuove
strutture come l’Alcazar de los Reyes Cristianos e la Torre Fortaleza de la Calahorra.

   L’Alcazar de los Reyes Cristianos, situato a sud-ovest della Mezquita, fu costruito nel
Duecento come palazzo fortificato per Alfonso X e fu sede dell’Inquisizione dal 1490 al 1821.
   I vasti giardini, ricchi di vasche con pesci, fontane, aranci, fiori e siepi potate ad arte, sono tra
i più belli dell’Andalusia. L’edificio molto rimaneggiato, ospita un antico bagno reale e un
museo contenente alcuni interessanti mosaici romani.

      Cordoba. Le torri del Homenaje e de los Leones viste dai giardini dell’Alcazar de los Reyes Cristianos

   Appena a sud della Mezquita il Guadalquivir è attraversato dal Puente Romano percorso da
un traffico veicolare intenso, mentre i passaggi riservati ai pedoni sono alquanto stretti.
   All’estremità del ponte sorge la trecentesca Torre Fortaleza de la Calahorra che accoglie un
curioso museo dedicato alla ricca vita culturale della Córdoba musulmana, con particolare
riguardo alla tolleranza religiosa per la quale la città andava a giusto titolo famosa.

                                   Córdoba. Il ponte romano sul Guadalquivi
Córdoba. La Torre Fortaleza de la Calahorra

Dopo il pranzo libero, passeggiata per il Barrio Juderia.
   Confinante con il centro e non lontano dalla moschea-cattedrale, il quartiere ebraico, chiamato
Barrio Juderia, corrisponde all’antico ghetto abitato dagli Ebrei fino alla loro espulsione dalla città
decretata dai Re Cattolici nel corso del XV secolo. Oggi si estende tra le vie Averroè, Tommaso
lastricate di selciato Conte, Manrico e le piazze Maimonide e Tiberiade. Il quartiere, con i suoi
vicoli, le vie strette e lastricate, le case bianche tipicamente andaluse, i palazzi storici e i monumenti
religiosi, è uno dei più belli della città. Le origini del quartiere risalgono già al primo ampliamento
della città romana verso sud. Nel VI secolo vi fu un processo di rinnovamento urbano che ha visto
emergere una serie di palazzi di rappresentanza del potere politico e religioso. Si trovano resti in
corrispondenza del Monastero bizantino di Santa Clara e nella Basilica di San Vicente.
   Dopo la conquista da parte degli Arabi nel 711, l’area continuò a essere un punto di riferimento
per il gruppo di edifici pubblici che vi sorgevano. A quel tempo Córdoba era un grande crocevia
commerciale e culturale che aveva come fulcro proprio il quartiere ebraico. Nel 1148 vi fu una
prima grande persecuzione a opera degli Arabi; durante questa persecuzione andò distrutta anche la
grande sinagoga. Con la conquista da parte di Ferdinando III seguì un periodo di relativa stabilità e
agli inizi del XIV secolo fu concessa la costruzione dell’attuale Sinagoga di Cordoba.
   Nel Barrio Juderia si trovano la particolare Calle de las Flores, una via caratteristica e molto
conosciuta per i suoi vasi di gerani (da cui prende il nome), e la Plaza Maimonide, dove si erge il
monumento dedicato all’omonimo filosofo ebreo di Cordoba, una scultura a opera dell’artista
Matteo Ruiz de Olmos. Il Barrio Juderia è certamente uno dei quartieri più interessanti di Córdoba.

                                Córdoba. Barrio Juderia: La calle de las flores
Córdoba. Barrio Juderia: la Sinagoga

                                 Córdoba. Un patio del Barrio Juderia

Proseguimento del viaggio per Siviglia.
Arrivo in serata e sistemazione presso l’Hotel Sevilla Center**** o similare.
Quinto giorno: mercoledì 24 ottobre. Siviglia
Dopo la prima colazione in hotel, l’intera giornata sarà dedicata alla visita guidata di Siviglia.

    Siviglia, situata sulle rive del fiume Guadalquivir, è il capoluogo nonché la più grande città
dell’Andalusia, ma è soprattutto l’anima della regione e l’incarnazione del modo di vivere andaluso.
Gli abitanti dell’elegante città dorata vivono intensamente le tradizionali passioni spagnole: le tapas,
il vino, la birra, le corride, il flamenco, la movida e le feste. A questo proposito come non parlare
della maestosa e storica Semana Santa e della Feria de Abril, la più festosa fiera annuale
dell’Andalusia, entrambe dichiarate di Interesse Turistico Internazionale? Ma l’atmosfera a Siviglia
è magica tutto l’anno e soprattutto la sera quando la gente, allegra e rilassata, ama divertirsi e
trascorrere la notte nei numerosi locali della città: tapas bar, ristoranti, pub e discoteche.
    Importante centro urbano già al tempo dei Musulmani e nuovamente, dopo la riconquista
cristiana, nei secoli XVI e XVII, Siviglia conserva, come importanti vestigia del suo glorioso
passato, numerosi edifici dichiarati patrimonio dell’umanità dall’Unesco e quartieri dal forte
sapore popolare come Triana e La Macarena.
    Fatta eccezione per le sponde del Guadalquivir, navigabile per oltre 100 km fino all’Oceano
Atlantico e fonte del suo passato splendore, Siviglia non offre ampie vedute panoramiche. Anche
i due grandi monumenti della città, l’alcázar musulmano e la cattedrale cristiana, rivelano gran
parte del loro splendore soltanto all’interno.
    Il suo patrimonio architettonico più importante, oltre naturalmente alla Cattedrale, alla Torre
della Giralda e all’Alcázar, consiste nella Casa de Pilatos, nella Torre del Oro, nel Palazzo
Comunale, nell’Archivio delle Indie, nel Museo delle Belle Arti, nelle molte chiese, nei conventi
e in vari altri palazzi signorili. La città offre nelle sue vicinanze anche alcuni bei parchi: appena
fuori della città sorgono, infatti, il Parco Naturale di Doñana e il Parco Naturale della Sierra
Norte.

Cenni storici
    Fu grazie all’influenza dei Fenici che nella zona dell’odierna Siviglia si sviluppò l’antica cultura di
Tartessos nell’VIII e nel VII secolo a.C., quando in Andalusia per la prima volta il ferro prese il posto del
bronzo e si affinarono le tecniche di lavorazione dell’oro.
    La città romana di Hispalis, fondata probabilmente a metà del II secolo a.C., fu un importante porto
fluviale prima di essere superato da Córdoba. In seguito Hispalis diventò un centro culturale visigoto,
soprattutto al tempo di Isidoro di Siviglia (565-636 d.C.), il maggiore pensatore della Spagna visigota.
    Sotto la dominazione degli Arabi, che la chiamarono Ishbiliya, Siviglia ebbe inizialmente un ruolo
secondario rispetto a Córdoba, ma dopo il collasso del califfato cordovano nel 1031 divenne il più
potente dei taifas (piccoli regni) nei quali si frammentò la Spagna musulmana.
    I sovrani della dinastia abbaside di Córdoba, Al-Mutadid (1042-69) e Al-Mutamid (1069-91), furono
entrambi poeti, e il secondo regnò dall’Alcázar su una corte debole e dedita ai piaceri.
    Quando Toledo, nella Spagna centrale, cadde in mano ai Cristiani nel 1085, Al-Mutamid chiese aiuto
ai governanti fondamentalisti del Marocco, gli Almoravidi, contro la sempre più seria minaccia cristiana.
Gli Almoravidi acquisirono così il controllo di tutta la Spagna musulmana, prima di essere sostituiti da
un’altra setta berbera strettamente osservante di origine nordafricana, gli Almohadi, a metà del XII
secolo. Sotto gli Almohadi le arti e le scienze conobbero un nuovo periodo di splendore: il califfo Yacub
Yusuf fece della provincia di Siviglia la capitale del suo regno, costruendo una grande moschea dove oggi
si trova la cattedrale della città. Il suo successore, Yusuf Yacub al-Mansur, farà aggiungere all’edificio la
Torre della Giralda.
    La potenza degli Almohadi crollò dopo la disastrosa sconfitta subita per mano dei Cristiani a Las
Navas de Tolosa, nella provincia di Jaén (1212). Nel 1248 il re castigliano Ferdinando III (El Santo)
riuscì a conquistare alcune delle più importanti città andaluse, compresa Siviglia.
    Ferdinando III portò a Siviglia 24.000 coloni e suo figlio, l’intellettuale Alfonso X, ne fece una delle
capitali del suo regno, tanto che nel XIV secolo essa era diventata la più importante città della Castiglia.
Ma il sovrano che amò Siviglia più di qualunque altro fu Pedro I (1350-69). Alla corte di Pedro vivevano
molti finanzieri ed esattori delle tasse ebrei, cosa che suscitò delle gelosie a sfondo razziale. Il massacro
che spopolò il quartiere ebraico nel 1391 segnò la fine del periodo di tolleranza che aveva visto convivere
pacificamente le ‘tre culture’.
I Re Cattolici (Ferdinando e Isabella) stabilirono per diversi anni la loro corte nell’Alcázar, mentre si
preparavano a conquistare l’emirato di Granada, ultima roccaforte musulmana della penisola che capitolò
nel 1492.
    L’evento più importante per Siviglia fu la scoperta delle Americhe, avvenuta grazie a Colombo nel
1492. Nel 1503 la città ottenne il monopolio ufficiale sul commercio spagnolo con il nuovo continente: i
galeoni cominciarono così a scaricare oro e argento a El Arenal, una sponda sabbiosa situata nella zona
dove oggi si trova la Plaza de Toros de la Real Maestranza, e Siviglia diventò in breve tempo una delle
città più grandi, ricche e cosmopolite del tempo, vero e proprio magnete per ogni genere di persone, dai
mendicanti e dai pícaros (imbroglioni che facevano trucchi con i dadi e con le carte) ai banchieri
olandesi, ai mercanti italiani e ai membri del clero, appartenenti a più di cento istituzioni religiose.
    Siviglia si meritò dunque il soprannome di Puerto y puerta de Indias (porto e porta delle Indie), di
Babilonia di Spagna e persino di Nuova Roma, e la sua popolazione balzò da 40.000 abitanti nel 1500 a
150.000 nel 1600, mentre ovunque sorsero sontuosi edifici rinascimentali e barocchi.
    Durante il Siglo de Oro proprio in questa città diedero il meglio di sé molti personaggi spagnoli di
spicco nel campo delle arti.
    La peste del 1649 uccise metà degli abitanti di Siviglia e, nel corso del XVII secolo, il Rio
Guadalquivir andò insabbiandosi, rendendo sempre più difficile la navigazione alle grandi navi di quei
tempi, molte delle quali si arenavano alla foce del fiume, nei pressi di Sanlúcar de Barrameda.
    Cadice prese quindi il sopravvento nei commerci con le Americhe. Verso il 1700 la popolazione di
Siviglia era ridiscesa a 60.000 abitanti e nel 1717 la Casa de la Contractación, ovvero l’ente governativo
che sovrintendeva ai commerci con le Americhe, fu trasferita a Cadice.
    Nel 1800 un’altra epidemia di peste uccise 13.000 sivigliani e si dice che le truppe napoleoniche che
occuparono la città dal 1810 al 1812 vi abbiano trafugato 999 opere d’arte.
    Grazie alle prime industrie una certa prosperità ritornò con la metà dell’Ottocento. Il primo ponte sul
Guadalquivir, il Puente de Triana (o Puente de Isabel II), fu costruito nel 1845 e le antiche mura
almohadi vennero abbattute nel 1869 per consentire l’espansione della città. I viaggiatori romantici
subirono il fascino della grandezza passata di Siviglia, ma la maggioranza della popolazione della città e
delle campagne circostanti viveva in condizioni di grande miseria.
    L’ottimismo della classe media ebbe modo di esprimersi nella prima fiera internazionale di Siviglia,
l’Exposición iberoamericana del 1929. Gli architetti incaricati dell’organizzazione dell’evento, con i loro
edifici che si ispiravano al glorioso passato della città, cercarono di proporre un modello per il futuro.
    Allo scoppio della guerra civile spagnola, Siviglia cadde quasi subito in mano ai nazionalisti,
nonostante la strenua resistenza ingaggiata nei quartieri operai (in seguito sottoposti a durissime
rappresaglie). Lo sviluppo urbano all’epoca di Franco non apportò significativi miglioramenti all’aspetto
della città, dato che numerosi edifici storici furono demoliti.
    Le cose iniziarono a migliorare all’inizio degli anni Ottanta, quando Siviglia fu scelta come capoluogo
della nuova Andalusia autonoma, con l’ascesa al potere a Madrid del Partido Socialista Obrero Español
(PSOE), guidato dal sivigliano Felipe Gonzales. Un altro importante stimolo per la città fu l’esposizione
internazionale EXPO 1992, in occasione del quinto centenario della scoperta dell’America.
    Oltre ad attirare milioni di visitatori e a promuovere un rilancio della sua immagine internazionale,
l’EXPO ha regalato a Siviglia otto nuovi ponti sul Guadalquivir, la linea ferroviaria ad alta velocità AVE
(Alta Velocidad Española), che la collega a Madrid, e migliaia di nuove camere d’albergo.
    Quasi inevitabilmente, però, l’EXPO ha dato luogo anche a molte polemiche. I costi dell’impresa
lievitarono e al termine dell’esposizione nessuno sembrava avere delle idee su come utilizzare in seguito
gli edifici rimasti. Nel 1997, tra accuse secondo le quali grandi somme di denaro erano scomparse nelle
tasche di privati e nei forzieri del PSOE, la Corte dei Conti riferì che il bilancio aveva registrato una
perdita di circa 35 miliardi di pesetas (circa 210 milioni di euro).
    Il centro storico della città conserva ancora quell’atmosfera pittoresca e decadente che aveva attratto i
romantici dell’Ottocento. I ritardi causati dalla burocrazia, il caos politico e la mancanza di fondi per i
lavori di restauro sono tuttora i mali tipici di Siviglia, e altrettanto caratteristici sono i suoi grandiosi
progetti, come lo stadio olimpico costruito per i campionati mondiali di atletica del 1999.
    Siviglia ha tentato, ma senza successo, di ospitare le Olimpiadi del 2004 e del 2008.

Nella mattinata visita guidata della città con ingresso nella Cattedrale e nella Giralda.

   L’immensa Cattedrale, dedicata alla Virgen de la Sede, sorge sul luogo dove fu costruita la
principale moschea almohade, il cui minareto, la Giralda, torreggia ancora alle sue spalle. Dopo
la caduta di Siviglia in mano ai Cristiani, nel 1248, la moschea fu utilizzata come chiesa fino al
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