31 AGOSTO 2018 - UFFICIO STAMPA - Provincia Regionale di Ragusa
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LIBERO CONSORZIO COMUNALE DI RAGUSA già Provincia Regionale di Ragusa Ufficio Stampa Comunicato n. 094 del 30.08.18 Apertura della caccia. I consigli e la vigilanza della Polizia Provinciale In previsione dell’imminente apertura della stagione venatoria il comandante della Polizia Provinciale, Raffaele Falconieri, ha predisposto e messo a punto un piano di controlli specifici su tutto il territorio provinciale ricadente negli ATC RG1 e RG2 con la presenza di numerose pattuglie per garantire il rispetto della normativa e, soprattutto, lo svolgimento della della caccia con l’osservanza delle norme di sicurezza per evitare spiacevoli incidenti. Come è noto, a partire dal 1 settembre 2018 avrà inizio in Sicilia la stagione venatoria con la preapertura della caccia limitatamente alle specie: coniglio selvatico, colombaccio, tortora, gazza, ghiandaia e volpe. Tutte queste specie, ad eccezione del coniglio selvatico, sono cacciabili fino al 30 settembre esclusivamente da appostamento temporaneo e senza cani. Per la caccia da appostamento è fatto obbligo al cacciatore di raggiungere il sito con l’arma scarica e in custodia. I cacciatori che provengono da altre regioni italiane, in regime di pre-apertura, non sono autorizzati ad esercitare l’attività venatoria negli ambiti territoriali di caccia, ma solamente nelle aziende faunistico venatorie e nelle aziende agro venatorie. Per quanto riguarda le modalità, i carnieri, gli orari e ai vincoli di residenza venatoria va evidenziato quest’anno: 1) i capi di selvaggina sia stanziale che migratoria dovranno essere registrati subito dopo l’abbattimento; 2) l’uso del furetto è vietato in tutta la Provincia (ATC RG1 e RG2); 3) il cacciatore può abbattere, per ogni giornata di caccia non più di n°2 capi di specie “coniglio selvatico” mentre, il limite massimo stagionale per questa specie è di n°30 capi. 4) nei periodi di preapertura, la caccia alla tortora può essere esercitata per non più di due giorni, quella a gazza, ghiandaia, merlo e volpe per non più di quattro giorni complessivi. 5) nel periodo di preapertura il cacciatore, prima di iniziare l’attività venatoria deve segnare sul tesserino venatorio oltre il giorno e l’ATC prescelti, il nome della specie di fauna verso le quali intende esercitare la caccia cerchiando o sottolineando la stessa specie nei fogli del tesserino venatorio dedicati alla segnatura degli abbattimenti. 6) nel periodo di preapertura il cacciatore che intende esercitare la caccia al coniglio non potrà esercitarla ad altre specie. Nei giorni di martedì e venerdì (giornate di silenzio venatorio), non si può esercitare l'attività venatoria, mentre per i restanti cinque giorni della settimana, il cacciatore potrà sceglierne al massimo tre. Sono poi soltanto due i colpi che può contenere il serbatoio dei fucili a canna liscia e rigata, mentre la carabina, per la sola caccia al cinghiale, ne potrà contenere fino a cinque. La Polizia Provinciale di Ragusa, attraverso l'impiego di diverse pattuglie dislocate su tutto il territorio provinciale, svolgerà un’attenta azione di controllo per il corretto svolgimento dell'attività venatoria e per prevenire episodi di bracconaggio. Pertanto, invita tutti coloro che praticano l'attività venatoria a una caccia responsabile nel rispetto delle normative vigenti,
auspicando una fattiva collaborazione dei cacciatori per contribuire alla gestione del patrimonio faunistico e naturale della nostra Sicilia. In occasione dell'inizio della stagione venatoria si raccomanda la massima prudenza, soprattutto durante le prime giornate di caccia, vista la consueta notevole partecipazione, per la propria e l'altrui sicurezza, e per non incorrere in sanzioni. Si ricorda di: 1) controllare meticolosamente lo stato delle armi, del munizionamento e dell'equipaggiamento personale e rispettare sempre le disposizioni sull'uso e/o sul trasporto dei mezzi di caccia; 2) verificare la regolarità dei documenti necessari per l'esercizio venatorio (porto d'armi, licenza di caccia, assicurazione, tesserino venatorio regionale); 3) provvedere al pagamento delle tasse governative e regionali nonché a tutti gli adempimenti richiesti dagli ambiti territoriali di caccia (ATC) previsti dalla normativa regionale; 4) accertarsi correttamente su quali siano i confini di eventuali aree protette, all'interno delle quali è assolutamente vietata la caccia, e se siano presenti ulteriori zone di protezione; 5) documentarsi correttamente su quali siano i limiti dei propri ambiti territoriali di caccia e prestare la massima attenzione alle aree denominate Zone di Protezione Speciale (ZPS) e zone di interesse comunitario (SIC), all'interno delle quali l'attività venatoria, “se autorizzata”, è disciplinata in modo particolare, così come specificato nel calendario venatorio, e alle zone umide, dove si ha l'obbligo di utilizzare munizioni con pallini di acciaio; 6) conoscere bene le disposizioni del calendario venatorio; 7) essere sempre certi delle specie selvatiche per le quali è consentito il prelievo venatorio; la selvaggina che non si riconosca, o che non si veda distintamente, non deve essere abbattuta; 8) rispettare rigorosamente le distanze di sicurezza previste dalla legge per edifici, strade, mezzi agricoli al lavoro ecc; anche in caso di un minimo dubbio evitare ogni esplosione potenzialmente pericolosa; 9) rispettare sempre l'ambiente circostante ed evitare di abbandonare rifiuti di ogni genere, soprattutto i bossoli delle cartucce; 10) Ricordarsi di detenere, trasportare e gestire i cani, da sempre i migliori "ausiliari" della caccia, in maniera rispettosa delle norme e delle loro esigenze; Si raccomanda, infine, il massimo rispetto delle colture agricole in atto. Per informazioni più dettagliate i cacciatori potranno rivolgersi al Comando di Polizia Provinciale chiamando il numero 0932/675803 – 675820 a disposizione di tutti i cacciatori e di tutti i cittadini dalle ore 8,00 alle ore 19,00 (domeniche incluse). (gianni molè)
31 AGOSTO 2018 Rassegna Stampa del LIBERO CONSORZIO COMUNALE DI RAGUSA LA SICILIA
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31 AGOSTO 2018 Rassegna Stampa del LIBERO CONSORZIO COMUNALE DI RAGUSA G.D.S.
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POLITICA 31/8/2018 L’inchiesta L’estate felice dei consulenti la Regione ricicla i politici Boom di incarichi negli ultimi mesi da parte del governo e dell’Ars Da Mineo jr. a Frinchi: la lista è piena di esponenti di partito ANTONIO FRASCHILLA Senza fare tanto clamore, approfittando dei mesi estivi, assessori e deputati si sono dati un gran da fare e hanno elargito incarichi in abbondanza. A Palazzo d’Orleans e a Palazzo dei Normanni è arrivata una nuova infornata di consulenze ed esperti. In gran parte politici che rientrano dalla finestra nei palazzi del potere. Ricevendo incarichi per svolgere ricerche e studi. Così il numero degli "esperti" solo alla Regione è arrivato a quota trenta. I politici di ritorno Quest’estate uno dei più solerti e generosi nel firmare incarichi di consulenza è stato il neo assessore ai Beni culturali Sebastiano Tusa. A fine luglio ha affidato una consulenza a Salvatore Lea. Nel decreto di nomina si legge: «Consulenza tecnica a supporto dei luoghi per sostenere il carattere archeologico e scientifico dei siti e del loro ambiente». Insomma, non proprio un incarico dettagliato. Salvatore Lea per questa consulenza riceverà 6.197 euro. Lea è assessore comunale a Buscemi e ha lavorato con la deputata di Forza Italia Rossana Cannata. Una seconda consulenza Tusa l’ha affidata ad Andrea Mineo, 31 anni, consigliere comunale di Palermo e candidato da Forza Italia alle ultime Politiche nel collegio della Camera di Agrigento. Andrea è il figlio dell’ex deputato Franco Mineo, fedelissimo di Gianfranco Micciché al momento fuori dalla scena politica perché alle prese con un processo per intestazione fittizia di beni. Mineo junior si occuperà per Tusa di fornire «una consulenza giuridica» e riceverà un compenso da 6.147 euro. Laureato in Giurisprudenza, come esperienza professionale sul curriculum mette «collaboratore studio Gaetano Armao», oggi assessore all’Economia. Un altro assessore molto attivo questa estate nel dare consulenze varie è stato Girolamo Turano, che ha affidato un incarico da 7.500 ad Adriano Frinchi, ex commissario dell’Udc, delfino dell’ex ministro Gianpiero D’Alia. Frinchi si occuperà di «supporto delle attività istituzionali». Turano ha poi affidato un incarico all’avvocato Aldo Berlinguer, nipote dell’ex segretario del Pci Enrico Berlinguer, in qualità di esperto «di Zone economiche speciali». Un incarico per tutti A Palazzo d’Orleans questi incarichi si aggiungono a quelli varati nei mesi scorsi. Il governatore Nello Musumeci ha nominato il professore Aurelio Angelini (7 mila euro per tre mesi) «esperto del presidente nell’ambito della gestione del
ciclo integrato dei rifiuti». Altro incarico, per tre mesi e appena scaduto, è andato all’avvocata Gaetana Pontrelli (9 mila euro) per un «apporto nella funzione politico-amministrativa». La Pontrelli è stata candidata capolista in un collegio alla Camera per Fratelli d’Italia. L’assessora alla Funzione pubblica, la messinese Bernadette Grasso, ha scelto Vincenzo Cordone (a titolo gratuito) per una «analisi mirata alla utilizzazione di fondi nei settori di competenza dell’Assessorato». Cardone è di Capo d’Orlando, territorio della Grasso, che ha poi dato un incarico a Francesco Verbaro (2 mila euro) per uno «studio giuridico in materia di assunzione e procedure di stabilizzazione presso l’amministrazione della Regione». L’assessore alle Infrastrutture Marco Falcone ha indicato Angelo Moschetto (a titolo gratuito) per una «analisi della fattibilità relativa alla fusione tra la società Consorzio autostrade siciliane e Anas. Che competenze ha Moschetto? Nel suo curriculum si legge: «Professione, dirigente medico chirurgo». L’assessore al Territorio e ambiente, Toto Cordaro, ha invece indicato Alfredo Ambrosetti (mille euro da febbraio e marzo), dirigente dell’Ircac, per «pareri, valutazioni». L’infornata all’Ars Questa estate comunque anche a Palazzo dei Normanni sono stati firmati diversi incarichi di consulenza, in particolare nell’Ufficio di presidenza. Anche qui con politici di ritorno: il vicepresidente Roberto Di Mauro ha voluto come consulente il figlio dell’ex governatore Raffaele Lombardo, Toti, già deputato nella scorsa legislatura: compenso previsto, 12.350 euro. Il presidente Micciché ha appena indicato invece tra i suoi consulenti Giovanni Cugnata, ex responsabile di Grande Sud a Ragusa (compenso da 11 mila euro). Cugnata si aggiunge alla squadra di esperti del presidente composta dall’avvocato Alessandro D’Avenia (9 mila euro), ex presidente di circoscrizione con Forza Italia, dall’avvocato Gioacchino Genchi, esperto per le procure in materia di tabulati telefonici (compenso da 17 mila euro) e dall’allevatore e addestratore di cani Giovanni Giacobbe. E in autunno si annuncia una nuova infornata. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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Rassegna Stampa del LIBERO CONSORZIO COMUNALE DI RAGUSA 31 AGOSTO 2018 G.D.S.
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CRONACA 31/8/2018 Genova Trenta giorni per demolire il ponte sacrificati anche 150 appartamenti Ecco il piano: esplosivi per il moncone est, verrà giù in 24 ore. Quello ovest sarà smontato pezzo a pezzo MATTEO PUCCIARELLI, GENOVA Le opzioni di intervento per la demolizione di Ponte Morandi erano tre. E alla fine Autostrade presenta un piano che include tutte e tre le tecniche: smontaggio, demolizione controllata, utilizzo di esplosivi. Il troncone rimasto in piedi a est, quello con sotto le abitazioni di via Fillak e considerato il più pericolante, verrà picchettato attraverso l’utilizzo di alcune macchine robotizzate alla pila 10; mentre la pila 11 verrà demolita con le micro- esplosioni. Invece il moncone ovest sarà smontato pezzo dopo pezzo con due gru. La tempistica? Tra richiesta di autorizzazioni, organizzazione di mezzi e messa in sicurezza dell’area, oltre ovviamente alla demolizione in sé, la speranza è di chiudere la prima fase entro fine ottobre. L’ad della concessionaria, Giovanni Castellucci, ha presentato ieri il progetto al presidente della Regione Giovanni Toti e al sindaco Marco Bucci. Senza consegnare però un elaborato più specifico ( « il mammozzone » , lo ha chiamato scherzando il governatore): « Abbiamo presentato una serie di opzioni di demolizione e di ricostruzione del viadotto Polcevera, che saranno in parte sovrapposte, confermando sostanzialmente i tempi già annunciati » , recita la nota di Autostrade. Non sono state neanche indicate le ditte che avranno in appalto il lavoro. Secondo quanto risulta a Repubblica, infatti, la concessionaria non ha ancora comunicato alle imprese contattate ( o che si sono offerte) se i rispettivi piani di intervento sono fra i prescelti. Anche perché adesso toccherà alla Procura dare il via libera alla demolizione: i due monconi sono sotto sequestro e le perizie non sono ancora terminate. Se comunque il piano della società verrà approvato — in Regione si dice che in parte sia stato preventivamente concordato proprio con i pubblici ministeri — andrà a due velocità: basterà un giorno per far venire giù il troncone di Levante, circa tre settimane per quello di Ponente. Si è scelto lo " smontaggio destrutturato" ( è la terminologia tecnica) a ovest per salvare capannoni e aziende lì sotto. Tra le quali Ansaldo, la quale aveva riaperto oggi ma che comunque dovrà richiudere i cancelli nel periodo dei lavori di demolizione. Altro punto che è stato chiarito, sempre a questo proposito: il crollo a est comporterà la contemporanea distruzione di almeno 150 appartamenti dei 253 ad oggi non più agibili. Nelle settimane pre- demolizione, e potrebbe volerci un mese per cominciare i lavori e ottenere tutti i via libera del caso, il Comune monitorerà le parti dei viadotto sopra le case con oscillometri e laser: se i risultati saranno positivi, se
insomma non ci saranno troppe vibrazioni con rischio di un altro crollo improvviso, allora sarà data la possibilità agli abitanti sfollati di rientrare negli appartamenti per qualche ora e portare via alcuni oggetti. Sono 133 su 252 le famiglie rimaste senza casa che ad oggi hanno già trovato una nuova sistemazione. Di queste, 75 hanno ricevuta una nuova casa dal Comune grazie alla disponibilità di enti pubblici e privati, mentre 58 hanno optato per l’autonoma sistemazione con il relativo contributo mensile regionale. In queste ore, intanto, Autostrade ha iniziato i rimborsi delle rate dei mutui a favore dei cittadini genovesi residenti nella zona rossa mentre oggi verrà annunciata l’estensione della gratuità dei pedaggi nell’area della città. © RIPRODUZIONE RISERVATA LUCA ZENNARO/ ANSA
ECONOMIA 31/8/2018 Lo scenario Cresce il rischio Italia e i buoni del Tesoro adesso rendono di più Il premio per gli investitori sui Btp torna sopra il 3% come nel 2014 Lo spread sui bund tedeschi arriva a 285 punti. Oggi il rating di Fitch roberto rho, milano Il primo assaggio dell’autunno rovente che aspetta l’Italia del risparmio e della finanza pubblica e privata arriva poco prima di mezzogiorno: all’asta dei titoli di Stato i rendimenti prendono il volo: 2,44% per il Btp a cinque anni, in rialzo di 63 punti base, 3,25% per il decennale, 37 punti in più rispetto all’asta precedente. Non è (ancora) fuga dall’Italia — la domanda è sostenuta, oltre due volte per il titolo a cinque anni e quasi una volta e mezza per i dieci anni — ma per caricarsi sulle spalle un rischio che percepiscono come sempre più alto gli investitori si vedono riconoscere rendimenti in sensibile aumento: il decennale torna sopra il 3% per la prima volta da maggio 2014, il quinquennale addirittura ai livelli di fine 2013. Al ministero dell’Economia minimizzano: la salita dei tassi oltre la soglia del 3% era attesa, preannunciata dalle quotazioni delle ultime settimane sul mercato secondario, e incorpora, oltre a fattori interni, anche le tensioni internazionali. Qualche esponente dei Cinque Stelle — forse poco avvezzo ai meccanismi delle aste — sui social network canta addirittura vittoria, entusiasta per il sold out dei titoli in vendita. In realtà la notizia dell’impennata dei tassi è pessima per tutti: prima di tutto per le casse pubbliche, che devono affrontare da qui a fine anno le scadenze di titoli ( da sostituire con altri di nuova emissione) per quasi 114 miliardi. Il trend di diminuzione della spesa per interessi si è chiaramente interrotto, e ciò complica ulteriormente i calcoli del ministro, Giovanni Tria, in vista della manovra finanziaria. Ma la notizia è cattiva anche per le banche, che vedono crescere i costi di approvvigionamento del denaro ( non tarderanno a scaricarlo sui tassi dei prestiti), per le imprese, le famiglie e i risparmiatori. Il ritorno del Btp decennale sopra il 3%, immediatamente seguito dal rialzo dei tassi sul mercato secondario (3,20%) e dal nuovo balzo (fino a quota 286) dello spread tra i rendimenti dei titoli italiani e quelli tedeschi è un segnale preoccupante per il Paese, e quindi per il governo che si accinge alle prime scelte significative di politica economica. Cos’è che spaventa i mercati? Naturalmente la sostenibilità delle finanze pubbliche, e l’eventualità che le misure della prossima legge di bilancio finiscano per far deragliare i parametri finanziari e il debito pubblico fuori dai binari sui quali, con i governi di centrosinistra, avevano trovato un ritmo di marcia gestibile. Gli annunci contraddittori dell’estate sulla flat tax, sulle pensioni e sul reddito di cittadinanza, solo per dire i capitoli che rischiano di incidere squarci profondi nel bilancio pubblico, hanno aumentato l’incertezza e alimentato le paure degli investitori. Ma non sono soltanto le politiche fiscali a condizionare la percezione del rischio Italia: come ha scritto nel suo report
Daniel Gros, direttore del Centre for European policy studies, a muovere tassi e spread è anche la prospettiva dell’Italexit, cioè l’eventualità del ritorno alla lira con conseguente ridenominazione del debito pubblico, contenuta nel cosiddetto " piano- Savona" e ripetutamente affacciata dagli economisti della Lega. Secondo Gros che i mercati avvertano questo rischio crescente è dimostrato dall’impennata dei tassi dei credit default swap (Cds) più recenti, quelli che prevedono la protezione contro la ridenominazione del debito. E oggi arriverà il verdetto di Fitch sul nostro rating. © RIPRODUZIONE RISERVATA
ECONOMIA 31/8/2018 L’analisi Le conseguenze dell’incertezza sui mercati Dai mutui ai prestiti per le imprese ecco perché pagheranno i cittadini Se comprare debito italiano diventa più costoso, lo Stato versa di più per gli interessi Le banche, che detengono 355 miliardi di Btp, si indeboliscono e riducono il credito alle aziende ETTORE LIVINI, MILANO Meno mutui (e più cari), meno soldi alle imprese e una sforbiciata ai risparmi di casa. La marcia silenziosa dello spread – salito di 164 punti da maggio a ieri – non costa caro solo allo Stato italiano. Il Tesoro – ai rendimenti attuali – pagherà in un anno quasi 5 miliardi di interessi sul debito in più. Una bolletta salata però, se non ci sarà presto una schiarita, è in arrivo anche per famiglie e aziende tricolori. Le prime crepe nei portafogli dei risparmiatori sono già evidenti: Piazza Affari ha perso il 14% da maggio (contro il -3% delle Borse europee e il + 7% di Wall Street), mille euro di valore di Btp a dieci anni si sono ridimensionati in quattro mesi a 900. Il peggio però – salvo inversioni di rotta – rischia di arrivare a breve quando l’effetto-domino partito dai rialzi dei rendimenti sui circuiti telematici e transitato con danni collaterali sui bilanci di banche e assicurazioni presenterà il conto agli italiani e alle imprese di casa nostra. Il percorso dello schiacciasassi-spread verso le tasche degli italiani è già iniziato e da maggio ha fatto un bel pezzo di strada. Lo Stato italiano – per vendere un titolo decennale – è stato costretto ieri a garantire agli investitori un rendimento del 3,25%, contro l’1,7% che pagava a fine aprile. E il valore di questo bond sul mercato è sceso da 102 a 90. Il primo effetto-collaterale concreto delle fibrillazioni legate al rischio-Italia è stato sulle banche. I problemi degli istituti sono due: il primo è che un quarto della loro raccolta di liquidità (i soldi di cui hanno bisogno per funzionare) avviene sui mercati all’ingrosso dove i tassi sono cresciuti in maniera direttamente proporzionale ai Btp. Il secondo è che nei loro portafogli ci sono 355 miliardi di titoli di Stato italiani (altri 315 li hanno le assicurazioni), il 19% del nostro debito pubblico complessivo. Un "tesoretto" il cui valore contabile - in base alle rigidissime regole del settore imposte dopo il crac Lehman – deve essere aggiornato alle quotazioni di mercato, bruciando capitale e margini di manovra per l’attività creditizia. Risultato: le banche spendono più soldi per raccogliere fondi mentre le perdite sui Btp - come hanno dimostrato gli ultimi bilanci semestrali - hanno già eroso il capitale e i fondi a disposizione per i prestiti. E a questo punto dopo sei mesi – almeno così è stato durante la crisi del 2011 – il cerino del caro-spread passa nelle mani di correntisti e aziende. Il passaggio del testimone segue una via lineare: gli istituti di credito stringono i cordoni della borsa per rispettare i requisiti di capitale e sono più restii a concedere prestiti. E quando li garantiscono, lo fanno a costi superiori, per
recuperare i soldi in più pagati per raccogliere la liquidità. E a saldare il conto sono i clienti. I mutui per la casa in essere sono legati all’Euribor che, per fortuna, non è sensibile ai balzi d’umore per lo spread. E infatti fino ad oggi sono rimasti al palo. Ma chi dovrà farne di nuovi si troverà con ogni probabilità di fronte a condizioni e commissioni meno favorevoli di qualche mese fa. Nel 2011 quando lo spread viaggiava a quota 500, calcola il Crif, le rate dei mutui casa sono cresciute del 4%. Un aumento di 100 punti base del tasso di riferimento fa salire da 700 a 820 euro circa la rata mensile per un prestito a 20 anni da 150mila euro. Problemi simili rischiano di affrontarli pure le aziende. Nel 2011 la crisi è costata all’Italia spa un sovrapprezzo da 15 miliardi di maggiori interessi sui debiti. E la stretta sui rubinetti del credito ha ridotto di molto il volume dei prestiti concessi dalle banche, che ancora oggi sono inferiori del 15% circa rispetto una decina di anni fa. Le imprese hanno un guaio in più: la loro attività quotidiana è finanziata anche con l’emissione di bond sul mercato. E il prezzo di questo strumento è già salito esattamente come il Btp. Telecom ha dovuto pagare 50 basis point in più con una recente emissione, persino una banca solida come Intesa Sanpaolo ha visto salire i tassi sulla sua ultima obbligazione. La valanga dello spread ha così completato il viaggio dai mercati alle tasche della gente comune. E da li, come un virus, rischia di contagiare tutta l’economia: riducendo i consumi, frenando i conti delle imprese, costringendo le banche ad aumenti di capitale, mettendo a rischio i conti di un Paese con oltre 2.200 miliardi di debito pubblico. Il copione l’abbiamo già vissuto una volta sette anni fa. E nessuno, indipendentemente dal colore politico, ha voglia a questo punto di concedere un bis. © RIPRODUZIONE RISERVATA
POLITICA 31/8/2018 La campagna d’autunno Pressing M5S su Tria l’idea del deficit al 2,9% per avviare il "reddito" I grillini oscurati dalla Lega temono il ritorno al voto e cercano risultati. Il Tesoro frena, Salvini tira dritto: tour in Cina e Russia tommaso ciriaco, roma Quando parla della manovra economica con gli amici, il più europeista del governo la chiama già « la grande sfida d’autunno, una battaglia durissima » . Non sbaglia, perché sulla legge di bilancio si gioca la sopravvivenza dell’esecutivo di Giuseppe Conte e la permanenza di Luigi Di Maio alla guida del Movimento. Per questo, il vicepremier non sembra ben disposto verso i vincoli che ha in mente il Tesoro. Pubblicamente non esclude di sforare il tetto del 3%, in privato si fa spazio la tentazione di fermarsi un millimetro prima di quel confine, magari attorno a un delicatissimo 2,9%. Uno scenario che non esalta Giovanni Tria - «il 3% si può criticare - ha detto - non superare» - che i mercati sono pronti a punire e l’Europa a contrastare perché calpesta platealmente le regole del fiscal compact. « Cautela - predica Giancarlo Giorgetti - nei prossimi due mesi il governo si gioca tutto». C’è soltanto un ministro che è convinto di guadagnare molto da questo braccio di ferro: Salvini. Durissimo sull’immigrazione, ieri insolitamente cauto sulla manovra. « Non promettiamo miracoli in tre mesi, ma darà i primi segnali di cambiamento » . Il leader del Carroccio lascerà sfogare i grillini, stretti nel dilemma di Di Maio e della galassia che lo circonda: non sarà meglio rompere con l’Europa e tornare al voto, prima che lo faccia Salvini? Il leghista non avrebbe nulla da obiettare su nuove elezioni anticipate, anzi si prepara a sfruttare l’onda assieme alle Europee. Nella Lega ormai se ne discute apertamente: « Matteo ci sta pensando, Matteo è pronto a ribaltare il tavolo». Il diretto interessato pubblicamente parla d’altro. Di migranti, soprattutto. Ma si muove come fosse a un passo da Palazzo Chigi. Un esempio? Ignora le lamentele di Conte dopo il summit con Orban e pianifica una serie di missioni verso Est: Cina, Israele, Russia. E ancora, Budapest e Vienna, Sudafrica ed Egitto. L’obiettivo è completare il programma entro l’anno. Di fatto, un tour da premier. Quello in carica, intanto, studia contromosse. Smentisce di aver espresso preoccupazioni per le tensioni tra alleati, ma di fatto conferma tutto: l’incontro con Giorgetti, la cabina di regia, il prossimo incontro sulle politiche migratorie. La situazione, d’altra parte, rischia di sfuggirgli di mano. Perché i fronti aperti, ormai, sono due: uno interno, uno a Bruxelles. La prima linea di frattura attraversa i grillini. L’ala guidata da Fico contesta a Di Maio una linea troppo morbida verso Salvini. Basta leggere in controluce le parole del Presidente della Camera: « Orban è quanto di più lontano ci sia dalla
mia testa come politica, come principi e come valori » . Tutti pregano il leader di occuparsi di reddito di cittadinanza. Lui ci prova, ma non è facile rispettare le promesse. I 5S che lavorano all’Economia non dubitano, il provvedimento si farà. C’è la volontà politica, ma le risorse? L’Europa è disposta a concedere margini di flessibilità sulla riduzione del deficit strutturale promesso, da sei a otto miliardi di " sconto" buoni per il piano investimenti di Tria, per far quadrare i conti e sterilizzare l’aumento dell’Iva. Il problema è rastrellare denaro sufficiente a finanziare una prima riforma per reddito di cittadinanza e flat tax. La tentazione grillina è spingere su di un punto il deficit nominale, fino al 2,9%. Ma al Tesoro già temono i mercati. Toccherà a Tria, col sostegno del Quirinale, frenare queste spinte. Anche perché i partner - Macron in testa - isolano di continuo l’Italia di Salvini. Visto che è lui a guidare la partita, non hanno voglia di aiutarlo. Se ne sono accorti gli sherpa italiani al tavolo per riformare Sophia, ad esempio. Il leghista però tira dritto. E bolla come «un ipocrita chiacchierone » il Presidente francese. In fondo, se salta tutto è più facile accorpare Politiche ed Europee. © RIPRODUZIONE RISERVATA Luigi Di Maio e Matteo Salvini al Quirinale per il giuramento del governo Conte ALESSANDRO SERRANÒ / AGF
ECONOMIA 31/8/2018 Pagamenti Poste: "Le bollette nel sito del Fisco e solo in digitale" No del Garante aldo fontanarosa, L’AgCom: " Sistema elettronico vale per partite Iva Le famiglie invece hanno diritto a fattura cartacea E la data di invio andrà sempre scritta sulla busta" roma Le società della luce, del gas, del telefono, dell’acqua devono inviare le bollette direttamente al Fisco, all’Agenzia delle Entrate. Ed è qui che le famiglie troverebbero le loro bollette e fatture, per poi pagarle: in un sito dell’Agenzia delle Entrate che le custodirebbe nel solo formato elettronico. Le famiglie riceverebbero in modo diretto la bolletta (su carta o via e- mail) soltanto a patto di farne richiesta. La bolletta valida però sarebbe la prima ( quella in mano all’Agenzia). Invece la versione che arriva a casa, anche attraverso i servizi postali, sarebbe una copia senza valore legale. Poste Italiane - che vede così la consegna delle bollette di qui a poche settimane, a partire dal primo gennaio 2019 - spiega la sua linea non certo al bar, ma nella più ufficiale delle sedi. Davanti ai tecnici del Garante per le Comunicazioni (dell’AgCom), Poste Italiane fa notare che il nuovo meccanismo, con le bollette raccolte all’Agenzia delle Entrate, non è certo una sua invenzione. Semmai è un obbligo. Sarebbe la legge di Bilancio del 2018 a imporre la soluzione all’articolo 1, comma 909. Nella visione di Poste « tutte le fatture » - incluse « quelle destinate ai consumatori » - dovranno essere inviate « in elettronico» al «Sistema di Interscambio » gestito dall’Agenzia delle Entrate. Questo sistema che al momento regola la fatturazione elettronica tra le imprese e la Pubblica Amministrazione dovrebbe farsi carico anche dei rapporti tra gli utenti e le società di luce, gas, telefono, acqua. Spetterebbe all’Agenzia, dunque, mettere le fatture « a disposizione » dei consumatori finali. Il confronto tra il Garante e le società postali ( tra cui anche Poste Italiane) nasce da una vera e propria emergenza. Troppe volte le famiglie ricevono le bollette in clamoroso ritardo, finanche oltre la data fissata per il loro pagamento. Troppe volte i postini - di tutte le aziende di consegna, beninteso - distruggono le bollette invece di recapitarle a casa come dovrebbero. Gli effetti per le famiglie sono dolorosi, tra interessi di mora e distacchi improvvisi delle utenze. È vero: quasi tutti i portalettere sono dotati ormai di un palmare che permette di leggere il codice a barre della busta. La lettura del codice serve a registrare la data, l’ora, il luogo della consegna della bolletta. Ma il Garante obietta che questo sistema del palmare e del codice a barre può essere facilmente « manomesso o aggirato dagli addetti al recapito». In questo scenario buio, la legge di Bilancio del 2018 incarica proprio il Garante di trovare una soluzione. Il Garante, in concreto, deve assicurare « la certezza della data di spedizione delle fatture agli utenti » ( siamo stavolta all’articolo 9, comma 1 della legge). Nel confronto con il Garante, Poste Italiane cerca di chiamarsi fuori. Mette in campo il Fisco
perché, a suo dire, è la stessa legge di Bilancio a coinvolgerlo. Ma il Garante non è d’accordo. Il sistema della fatturazione elettronica, che tanto piace a Poste, si applica «a un limitato numero di soggetti giuridici (circa 6 milioni di partite Iva » ) mentre ne è esclusa « l’utenza retail » , cioè la famiglia. La famiglia ha ancora diritto al formato cartaceo. Il Garante propone, allora, un percorso alternativo. Un percorso semplice, lineare anche se ammette il Garante - scaricherà nuovi « costi operativi » sulle società di consegna. Secondo il Garante « l’operatore postale » dovrà scrivere la data di spedizione sulla busta che contiene la bolletta. Azione che va fatta « nel momento in cui l’operatore riceve la corrispondenza da inviare al recapito». Questa soluzione - scrive ancora il Garante - è l’unica «che fornisce la certezza della data di spedizione consentendo all’utente finale di individuare più facilmente le responsabilità di eventuali ritardi nella consegna». Se e quando il Garante deciderà per una simile strada, darà alle aziende postali un periodo di tempo per adeguarsi alle nuove regole. L’ipotesi in campo è 6 mesi. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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