Lavorando come Oriali, la classe operaia vince i mondiali?

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Italies
                           Littérature - Civilisation - Société
                           23 | 2019
                           In corpore sano

Lavorando come Oriali, la classe operaia vince i
mondiali?
Stefania Bernardini e Giuliano Scala

Edizione digitale
URL: http://journals.openedition.org/italies/7429
DOI: 10.4000/italies.7429
ISSN: 2108-6540

Editore
Université Aix-Marseille (AMU)

Edizione cartacea
Data di pubblicazione: 2 dicembre 2019
Paginazione: 245-258
ISBN: 979-10-320-0243-8
ISSN: 1275-7519

Notizia bibliografica digitale
Stefania Bernardini e Giuliano Scala, « Lavorando come Oriali, la classe operaia vince i mondiali? »,
Italies [Online], 23 | 2019, online dal 03 mars 2020, consultato il 29 mars 2020. URL : http://
journals.openedition.org/italies/7429 ; DOI : https://doi.org/10.4000/italies.7429

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Commons Attribution - Pas d'Utilisation Commerciale - Pas de Modification 4.0 International.
Lavorando come Oriali,
                  la classe operaia vince i mondiali?
                  Stefania Bernardini
                  Aix Marseille Université, CAER, Aix-en-Provence, France

                  Giuliano Scala
                  Aix Marseille Université, CAER, Aix-en-Provence, France
                  Université de Naples Federico II

                  Résumé : L’objectif de cet article est de poser l’accent sur la représentation du poste de milieu
                  de terrain, dans une équipe de football, dans la chanson « una vita da mediano » (une vie
                  de milieu de terrain) de l’auteur-compositeur italien Luciano Ligabue et de souligner dans
                  quelle mesure le poste de milieu de terrain peut être considéré comme une représentation
                  d’une réalité sociale précise : la classe ouvrière. À travers l’analyse des paroles de la chanson
                  et l’étude des commentaires des matchs de football des années soixante-dix en Italie, on peut
                  retrouver l’usage d’un même champ lexical : celui des reportages et des articles décrivant
                  les luttes ouvrières et les changements sociaux qui ont bouleversé l’Italie dans les années
                  soixante-dix. Ce choix lexical confère au milieu de terrain un rôle existentiel. Il s’agit d’un
                  combattente, un gladiatore, le symbole de l’homme qui travaille durement et qui s’engage ; il
                  a conscience de son rôle clé à l’intérieur de la société (de l’équipe de football et de travail)
                  qui privilégie l’intérêt collectif sur la gloire personnelle. Son but est la reconnaissance de
                  la dignité de son travail et de sa place dans la communauté. Gabriele Oriali, joueur né en
                  1952, auquel la chanson est dédiée, fut un milieu de terrain de l’Inter de Milan à partir de
                  1970 - année de l’approbation du statut des travailleurs en Italie - et il termina sa carrière
                  en 1982, après avoir gagné la Coupe du monde en Espagne, deux ans après la « marche des
                  40.000 » à Turin qui a représenté l’effondrement du mouvement ouvrier en Italie. Pour cette
                  raison, Gabriele Oriali peut représenter le chemin et le développement du mouvement, mais
                  avec une fin différente. En poursuivant ses efforts, en continuant à croire dans le pouvoir de
                  la collectivité, il arrive à obtenir sa dignité de travailleur et d’être humain en gagnant le prix
                  le plus important : la Coupe du monde.
                  Riassunto: L’articolo analizza in modo socio-semiotico l’immagine del mediano nella
                  canzone una vita da mediano del cantautore italiano Luciano Ligabue. Nelle parole della
                  canzone e in quelle delle telecronache delle partite di calcio degli anni ‘70 la narrazione del
                  mediano avviene spesso attraverso la stessa scelta di campo lessicale, quello dei documentari
                  o degli articoli che descrivono le lotte operaie e i cambiamenti che hanno trasformato

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Stefania Bernardini et Giuliano Scala

                radicalmente l’Italia nel secondo dopoguerra. Questa scelta lessicale conferisce al mediano
                un ruolo esistenziale. Il mediano è l’Uomo che lavora duramente e che s’impegna; Egli è
                cosciente di giocare un ruolo chiave all’interno della società (calcistica e/o civile) e che alla
                sua gloria personale oppone gli interessi della collettività. Il suo gol è il riconoscimento della
                dignità del suo lavoro e del suo posto all’interno della comunità. Gabriele Oriali, classe 1952,
                cui è dedicata la canzone, è stato un mediano della squadra milanese Internazionale football
                club, più comunemente conosciuta come Inter. L’archetipo del mediano incarnato Gabriele
                Oriali può rappresentare il percorso e lo sviluppo del movimento operaio italiano, ma con un
                finale alternativo. Perseguendo gli sforzi, continuando a credere nel potere della collettività,
                Oriali arrivò a veder riconosciuta la sua dignità di ruolo, e lo fece conquistando il premio più
                ambito di tutti: la coppa del mondo.

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                                                                             Ovidio, Metamorfosi, II, 137

                « Una vita da mediano » dentro e fuori il calcio
                Obiettivo di questo articolo è di porre l’accento sull’immagine del ruolo di
                mediano nella canzone Una vita da mediano del cantautore italiano Luciano
                Ligabue e di evidenziare in che misura il mediano possa farsi metafora di una
                realtà sociale ben precisa: la classe operaia. Nelle parole della canzone e in
                quelle delle telecronache delle partite di calcio degli anni ‘70 la narrazione del
                mediano avviene spesso attraverso la stessa scelta di campo lessicale, quello dei
                documentari o degli articoli che descrivono le lotte operaie e i cambiamenti che
                hanno trasformato radicalmente l’Italia nel secondo dopoguerra. Questa scelta
                lessicale conferisce al mediano un ruolo esistenziale. È simbolo dell’uomo che
                lavora duramente e che s’impegna; cosciente di giocare un ruolo chiave all’in-
                terno della società (calcistica e/o civile) e che alla sua gloria personale oppone
                gli interessi della collettività. Il suo gol è il riconoscimento della dignità del suo
                lavoro e del suo posto all’interno della comunità.
                     Gabriele Oriali, classe 1952, cui è dedicata la canzone, è stato un mediano
                della squadra milanese Internazionale football club, più comunemente conos-
                ciuta come Inter. L’archetipo del mediano incarnato Gabriele Oriali può
                rappresentare il percorso e lo sviluppo del movimento operaio italiano, ma con
                un finale alternativo. Perseguendo gli sforzi, continuando a credere nel potere
                della collettività, Oriali arrivò a veder riconosciuta la sua dignità di ruolo, e lo
                fece conquistando il premio più ambito di tutti: la coppa del mondo.
                     Si parlerà dunque qui di calcio e di politica attraverso l’analisi della canzone
                del cantautore italiano Luciano Ligabue del 1999, contenuta nell’album Miss

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Lavorando come Oriali, la classe operaia vince i mondiali?

                  Mondo. Una vita da mediano è un omaggio a un ruolo un po’ nell’ombra che
                  nella canzone si fa metafora della fatica di vivere, perché «la vita è un piacere
                  ma anche qualcosa che un po’ ci si deve guadagnare con il sudore e con la
                  volontà 1 ». Una vita da mediano è una canzone che celebra chi « non è nato con
                  il numero 10. Chi non è nato Platini 2», la « gente consapevole » che « difficil-
                  mente pensa di essere benedetta da genio o talento e che, se vuole produrre
                  qualcosa, deve farlo faticando 3»: una vita da mediano celebra i lavoratori.
                      L’ipotesi di un parallelismo esistente tra il ruolo del mediano e la classe
                  operaia non è affatto azzardata, infatti nella convention del 14-15 novembre
                  2004 dell’allora partito di centrosinistra “L’ulivo” è stato scelto « come sotto-
                  fondo Una vita da mediano di Ligabue, con evidente metafora sportiva 4 ». In
                  merito a questa decisione del candidato del centrosinistra Romano Prodi,
                  Ligabue dichiarò di essere stato colpito positivamente dal fatto che « un leader
                  e un partito scegliessero proprio una canzone come la sua, una canzone che
                  parla di rimboccarsi le maniche, di lavorare sodo, nell’ombra, di lavorare per
                  la squadra e non per se stessi, traducendone il messaggio in un “lavorare per il
                  Paese” che lo ha reso, sicuramente, più che contento, anzi felice e orgoglioso 5 ».
                      Costruendo tale parallelismo tra il ruolo di mediano – incarnato da Gabriele
                  Oriali – e il movimento operaio italiano nel cosiddetto decennio caldo, si
                  cercherà di raccontare e analizzare da una prospettiva inusuale quella storia
                  anomala che caratterizzò il rapporto tra il movimento operaio italiano nell’ul-
                  tima metà degli anni ‘70 e i partiti politici di riferimento.
                      Metodologicamente l’articolo sarà diviso in tre parti. Nella prima uno
                  studio sociologico supportato dall’analisi semantica di alcune telecronache e
                  articoli di quotidiani sportivi permetterà di spiegare i compiti del « mediano »
                  in campo e come questo ruolo sia considerato all’interno delle relazioni sociali
                  tra i giocatori di una squadra, ripercorrendo la carriera del giocatore interista
                  Gabriele Oriali.
                      Nella seconda parte un’osservazione del contesto storico e sociale nel quale
                  si sviluppa la carriera di quest’ultimo, ovvero il decennio caldo del movimento

                  1   Riccardo Bertoncelli, Vivere a orecchio. Ligabue si racconta a Riccardo Bertoncelli, Firenze,
                      Giunti, 2005.
                  2   Ibidem.
                  3   Ibidem.
                  4   Riccardo Gualdo, Maria Vittoria Dell’Anna, La faconda Repubblica: la lingua della politica in
                      Italia (1992-2004), Lecce, Manni, 2004.
                  5   Ernesto Assante, « Ligabue e l’“inno” del Professore. Il mediano lavora per il Paese », La
                      Repubblica 15 Febbraio 2004.

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Stefania Bernardini et Giuliano Scala

                operaio italiano, ci porterà infine a svolgere, nella parte conclusiva, un’analisi
                in chiave socio-semiotica 6 del testo della canzone rendendo così evidente la
                metafora del ruolo di « mediano » al di fuori del mondo calcistico.

                Il mediano sul terreno di gioco
                Nel gioco del calcio la seconda linea di giocatori è formata da due o tre elementi
                ed ha il compito di assicurare il collegamento fra le azioni della linea di attacco
                e quella di difesa; è detta anche linea dei sostegni o di sostegno o, più comune-
                mente, di centrocampo. Tra questi due o tre elementi il mediano è il più arretrato
                e ha il compito di tamponare le azioni degli avversari e ricostruire il gioco 7,
                si dedica specialmente alla marcatura dei centrocampisti offensivi avversari e
                controlla la zona centrale del campo tentando di recuperare palloni per poi
                passarli ai compagni deputati alla costruzione dell’azione offensiva 8.
                    Il mediano è, insomma, agli antipodi del cannoniere: è qualcuno che –
                per usare le parole della canzone – segna sempre poco e che passa la sua vita a
                recuperar palloni perché è nato senza i piedi buoni per diventare una stella del
                calcio. Il suo è un ruolo in sordina, tatticamente centrale e, allo stesso tempo,
                spettacolarmente periferico.
                    Uno dei campi semantici maggiormente utilizzati nel giornalismo sportivo,
                così come nelle telecronache radiofoniche e televisive, è senza dubbio quello
                bellico 9 e così il mediano si trova a rivestire metaforicamente il ruolo di combat-
                tente 10, di gladiatore 11, di guerriero 12: egli è l’unità minima di un esercito, « il
                milite ignoto » del calcio. Non mancano altresì aggettivi marcati da una forte
                carica ideologico-politica, è questo il caso del mediano pisano Luca Verna

                6     Gianni Sibilla, I linguaggi della musica pop, Milano, Bompiani, 2003.
                7     Fulvio Damele, Calcio da manuale, Firenze, Demetra, 1998.
                8     Ibidem.
                9     In Giacomo Devoto, «Le lingue speciali: le cronache del calcio.», Lingua Nostra, I. 1939 o
                      anche in Gian Paolo Ormezzano, Tutto il calcio parola per parola, Roma, Editori Riuniti, 1997.
                10    FIGC Vivo Azzurro - Nazionale Italiana Calcio. (14 maggio 2014). Gabriele Oriali, eroi
                      azzurri. Tratto da https://www.youtube.com/watch?v=77PFZirCkjs
                11    Salvio Passante, « Blasi, un gladiatore nell’arena del Kobe. », TUTTONAPOLI.net, TC&C
                      SRL, 21 Agosto 2010. Web.
                12    Gasport, « I nuovi volti: Lila del Parma. Un guerriero col vizietto del giallo… .» GAZZETTA.
                      it, RCS Mediagroup, 30 Dicembre 2014. Web.

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                  definito in diverse occasioni dalla stampa come uno « stakanovista 13 » e ancora
                  come « operaio del pallone », «uno che lotta e corre », come si definì il centro-
                  campista uruguaiano Alvaro Pereira 14.
                       Ma qual è il campo di battaglia di questo guerriero, di questo combat-
                  tente? Qual è il luogo di lavoro di questo operaio del calcio? Geograficamente
                  il centrocampo è « nel calcio, il settore centrale del campo di gioco 15». Punto
                  nevralgico dell’azione, arena primaria del gioco, fabbrica di iniziative calcistiche,
                  piazza di contrasti, il centrocampo è il nucleo della scacchiera. Essendo il luogo
                  d’azione del nostro giocatore/combattente, anche al centrocampo vengono
                  spesso associati campi semantici relativi alla guerra come i verbi « dominare »,
                  « tenere » o « difendere », insieme ad altri associabili più specificamente ad un
                  campo semantico occupazionale-lavorativo: è qui che « si costruisce » l’azione,
                  « si sviluppa » la tattica di gioco, « si fatica » duramente, è qui che « si fa legna ».
                       Gabriele Oriali, debutta sul terreno di gioco nel 1970, stessa data dell’ap-
                  provazione in Italia della legge n° 300 che definisce lo statuto dei lavoratori.
                  Dopo tanti sacrifici, la sua « vita da mediano » lo porterà a vincere nel 1982,
                  in Spagna, la competizione calcistica più ambita: i mondiali. Il movimento
                  operaio crollerà due anni prima, nel 1980 con « la marcia dei 40.000 », evento-
                  simbolo che segna la fine del decennio caldo.
                       È il 25 ottobre 1981 quando a San Siro si gioca il derby. È una partita
                  speciale perché la prima dopo che il Milan è risalito dalla Serie B. Sul rinvio
                  lungo dalla difesa, Gabriele Oriali salta, prolunga la palla di testa ma non si
                  accorge di Tassotti che da dietro, con un calcio decisamente mirato a offendere
                  l’avversario, gli sfigura il volto: trentasei punti di sutura e la faccia salvata solo
                  da un lunghissimo intervento chirurgico. Venti minuti prima di quel violento
                  calcio fu proprio Oriali a segnare il gol che decise la stracittadina 16.
                       Il modo in cui Oriali interpretava il calcio è tutto riassunto in quella partita.
                  Botte e battaglie a centrocampo ma anche guizzi decisivi vicino alla porta.
                  Perché Oriali è stato, sì, un mediano di quelli che “fanno legna” per la squadra,
                  ma anche uno con i piedi buoni e un buon senso del gol. Oriali è un mediano

                  13   Il Tirreno « No Verna no party Mediano stakanovista » ILTIRRENO.IT, GEDI News
                       Network SpA, 4 Gennaio 2017, Web.
                  14   Riccardo Signori, « Alvaro Pereira: “Io, operaio del pallone amo il calcio fantasia” », Il
                       GIORNALE.IT, il giornale online s.r.l., 28 Dicembre 2012, Web.
                  15   AA. VV. Dizionario Enciclopedico Italiano Treccani. Istituto della Enciclopedia Italiana.
                       Web.
                  16   Il termine stracittadina definisce una partita che si disputa tra due squadre di una stessa città,
                       un derby.

                                                                   249

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Stefania Bernardini et Giuliano Scala

                tuttofare, incontrista, cursore, discreto nello smistare il pallone, spesso decisivo.
                E infatti quel gol nel derby non fu un caso isolato: con la maglia dell’Inter
                segnò 43 gol, di cui 6 contro i rossoneri, vinse due scudetti, quello del 1971 e
                quello del 1980, e con la squadra nazionale contò 28 presenze e centrò una rete
                durante il campionato mondiale del 1982.
                    Le immagini del Tg1 di Gabriele Oriali con il volto ricucito, una calma
                serafica nel giustificare il suo avversario e la capacità di minimizzare l’accaduto
                come inconveniente del mestiere 17 trasmettono al pubblico l’immagine di un
                giocatore senza fronzoli, un uomo forte e riservato, un gregario che lascia agli
                altri le luci della ribalta anche quando queste ultime si interessano a lui, un
                uomo pronto a sacrificarsi anche fisicamente per il bene della squadra e per il
                raggiungimento degli obbiettivi della propria comunità (calcistica).

                Il mediano sul terreno di lavoro
                Come risposta alla crisi petrolifera che colpì l’Italia negli anni ‘70 e alla conse-
                guente intensificazione del lavoro, il movimento operaio italiano reagì in due
                modi: da una parte uscendo dalla fabbrica, praticando l’assenteismo e scioperi
                senza preavviso, e scegliendo dunque il rifiuto del lavoro 18, dall’altra agendo
                all’interno di essa mediante cortei interni e svariate forme di sabotaggio della
                produzione quali il salto della scocca, ovvero un’operazione di montaggio non
                effettuata del singolo pezzo in transito sulla postazione di lavoro, e il gatto
                selvaggio 19, ovvero lo sciopero improvviso in un qualsiasi punto della catena
                di montaggio in modo da bloccare l’intero ciclo produttivo. Sono tutte forme
                spontanee di lotta radicale al di fuori del controllo sindacale: gli operai non
                hanno più nessuna intenzione di essere relegati al loro ruolo di mediani, di
                recuperar palloni, di stare lì nel mezzo. Tra i due tipi di protesta fu senz’altro
                quella interna a rivelarsi decisiva. Queste forme di sabotaggio divennero così
                comuni in quegli anni che vennero addirittura raccontate in musica: sono
                scritte dal collettivo noto come Canzoniere Pisano 20 la canzone del 1966 Gino

                17    Football Not Ballet (25 ottobre 2015), Violento calcione volante di Tassotti (Milan) a Oriali
                      (Inter). Tratto da https://www.youtube.com/watch?v=aLfwArdD1BY
                18    Ottone Ovidi, Il rifiuto del lavoro. Teoria e pratiche nell’autonomia operaia, Roma, Bordeaux
                      edizioni, 2015.
                19    Tale modalità di lotta operaia fu ampiamente adottata nel lungo ciclo di lotte operaie che
                      interessarono l’Occidente tra gli anni sessanta e settanta.
                20    Il Canzoniere Pisano è un gruppo sorto negli anni 1966-67 attorno alle figure di Alfredo
                      Bandelli, Riccardo Bozzi, Carla Lantery, Pino Masi e Piero Nissim e si caratterizza sia dal

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Lavorando come Oriali, la classe operaia vince i mondiali?

                  Della Pignone, il cui ritornello dice esplicitamente « Sabotar la produzione non
                  c’è altra soluzione! Sabotar la produzione… 21 » e il brano Pensa un po’ del 1967,
                  cantata da Paolo Petrangeli, in cui il riferimento al salto della scocca chiude la
                  ballata: « Pensa un po’, pensa un po’: avvitare due bulloni – e il terzo no… 22 ».
                      E come gli operai, così gli studenti: l’episodio della cacciata di Lama 23
                  dall’università La Sapienza di Roma in seguito alla contestazione studen-
                  tesca del 17 febbraio 1977 è uno degli eventi-simbolo dell’ala autonomista del
                  movimento e del rifiuto ai sacrifici, il quale trova a sua volta una riuscita espres-
                  sione in musica nel verso della canzone Coda di Lupo di Fabrizio De André
                  che recita « a un dio fatti il culo non credere mai » e cristallizza un momento
                  cruciale: la rottura definitiva tra il PCI e i movimenti studenteschi che, come
                  gli operai, decidono di agire in maniera autonoma.
                      Le nuove forme di lotte operaie ebbero la capacità di dimostrare la fragilità
                  dei grandi impianti a catena di montaggio procurando sulla penisola « il più
                  forte decennio di riscatto della manodopera industriale di tutto l’occidente 24 ».
                  Tali lotte per la loro « quantità e compattezza produssero contratti di lavoro
                  favorevoli, imponendo aumenti in paga base uguali per tutti, bonifiche di
                  ambienti lavorativi malsani come i reparti di verniciatura 25 ». Invece le proteste
                  dell’area autonoma studentesca misero in risalto la distanza tra i grandi partiti di
                  riferimento dell’area progressista dell’epoca e la nuova futura classe lavoratrice.

                       punto di vista musicale quanto da quello testuale come fortemente innovativo e, sebbene
                       manchi lo spessore culturale di gruppi di ricerca come il Canzoniere del Lazio o di cantanti
                       come Giovanna Marini, è senza dubbio da ritenere come l’espressione musicale più immediata
                       spontanea e rappresentativa dei movimenti di quegli anni.
                  21   Canzoniere Pisano, Canzoni per il potere operaio, LP, Dischi Del Sole, DS67, Italia 1967.
                  22   Paolo Petrangeli, Mio Caro Padrone domani ti sparo, Dischi del Sole, DS 197/99/CL, Italia,
                       1970.
                  23   In seguito alla circolare Malfatti e all’aggressione neofascista con lanci di bottiglie incendiarie
                       e colpi di pistola del primo febbraio 1977 all’università La Sapienza di Roma, nello specifico
                       nelle facoltà di Statistica, Legge, Scienze Politiche e Lettere, in occasione della quale due
                       studenti militanti di sinistra rimasero gravemente feriti, la facoltà venne occupata da un
                       migliaio di studenti appartenenti a gruppi autonomi. Il 2 febbraio dalle colonne dell’Unità
                       il senatore del PCI Ugo Pecchioli inveisce contro gli autonomi definendo l’azione fascista
                       e la reazione autonoma come due volti della stessa realtà. Gli studenti rispondono con uno
                       striscione contro il senatore: «Pecchioli babbeo beccate sto corteo ». Le proteste aumentarono
                       in tutta la penisola e le università di Torino, Pisa, Cagliari, Sassari, Bologna, Milano, Padova
                       e Firenze vengono occupate, in Piazza dell’Indipendenza a Roma feroci scontri a colpi di mitra
                       e pistole tra manifestanti e agenti di polizia in borghese provocarono diversi feriti.
                  24   Erri De Luca, « Sabotaggio, quando la memoria aiuta », Il Manifesto, 15 settembre 2013.
                  25   Ibidem.

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Stefania Bernardini et Giuliano Scala

                    Dopo questo grande periodo di fermento il movimento subì però un netto
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                pubbliche da parte dello Stato. In quegli anni il Ministero del Bilancio, attra-
                verso diverse modalità diede circa tre volte l’intero valore dell’azienda in finan-
                ziamenti pubblici. Dal punto di vista del modello produttivo ci si trovò di
                fronte ad una svolta: la fabbrica a impianto fordista si stava automatizzando
                con l’introduzione dell’informatica, delle macchine a controllo numerico e
                di tutto quanto ne conseguiva dal punto di vista di riduzione del personale.
                Così nel settembre 1980 il consiglio amministrativo del Lingotto approntò
                la messa in licenziamento di oltre 24 mila operai. Lo scontro che ne conseguì
                fu durissimo ed iniziò a settembre con l’avvio di quella che in seguito divenne
                famosa come la lotta dei 35 giorni. La fabbrica torinese fu totalmente bloccata
                da presidi e picchetti permanenti davanti ad ogni cancello. Lo stesso segretario
                del Partito Comunista Italiano, Enrico Berlinguer, ipotizzò l’appoggio del PCI
                nel caso si fosse arrivato all’occupazione della fabbrica e non solo al blocco delle
                porte. L’occupazione non arrivò mai. Arrivò piuttosto l’inaspettata “marcia dei
                quarantamila”: quarantamila quadri o “colletti bianchi” sfilarono per le strade
                del capoluogo piemontese per protestare contro quei picchettaggi che da 35
                giorni impedivano l’apertura della fabbrica. Fu il primo corteo in cravatta e
                senza tute blu. Il PCI e i sindacati furono incapaci di reagire e il picchettaggio
                cessò. Quel che è paradossale è che gli stessi colletti bianchi che appoggiarono
                la FIAT e protestarono contro lo sciopero a oltranza degli operai, furono i
                primi a finire nel mirino dei licenziamenti: con l’innovazione tecnologica servi-
                vano naturalmente meno operai, ma i “capi” non servivano affatto.
                    La marcia dei quarantamila segnò la sconfitta del soggetto del cambiamento
                sociale in Italia, la sconfitta della classe operaia che da questo momento quasi
                scompare, se non numericamente quantomeno politicamente.
                    In seguito al 1980 il sindacato non sarà più lo stesso, dieci anni dopo
                scomparirà il PCI e da lì inizieranno le politiche di attacco sistematico ai diritti
                dei lavoratori.

                Il mediano di Luciano Ligabue
                Il brano si apre con una breve introduzione di chitarra acustica, scelta tecni-
                co-formale 26 che prepara l’orecchio dell’ascoltatore a un testo costruito su una
                struttura musicale riconducibile al genere della ballad. Tale giro armonico

                26    Franco Fabbri, Il suono in cui viviamo, Milano, Feltrinelli, 1996.

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Lavorando come Oriali, la classe operaia vince i mondiali?

                  basato su un semplice giro di do costituisce lo scheletro musicale dell’intera
                  canzone che, ripetendosi incessante per tutta la durata del brano, garantisce
                  una ripetitività ciclica. Tale ciclicità, peraltro marcata anche sul piano verbale
                  dall’anafora del primo verso di ogni strofa che si ripete anch’esso richiamando
                  il titolo del brano, è utile a favorire una concentrazione dell’ascoltatore sul testo
                  e dunque a enfatizzare quest’ultimo.
                       A livello metrico la canzone è costruita su sei strofe strutturate in quartine e
                  divise in gruppi di due da un ritornello che si ripete tre volte. Un’analisi rimica
                  ci permette di isolare le prime due strofe, le quali si presentano diverse dalle
                  altre. Se infatti nelle strofe seguenti troviamo una struttura caratterizzata dalla
                  coincidenza della rima in seconda e quarta posizione (AFGF/ AHIH /ALML
                  / ANON), invece la prima strofa presenta la struttura ABBB e la seconda la
                  struttura ACDE. Tale scelta sembra corrispondere anche a una diversa ripar-
                  tizione narrativa: le prime due strofe ci presentano infatti il mediano e il suo
                  ruolo mentre le strofe seguenti adducono al perché, alle motivazioni per le
                  quali si è mediani.
                       Dal punto di vista della narrazione il brano è un monologo interiore. Nelle
                  prime due strofe viene disegnato il profilo del mediano: egli non possiede
                  un’abilità innata (è nato senza i piedi buoni) e dunque deve lavorare duramente
                  per raggiungere i suoi obiettivi: immediatamente viene infatti introdotta l’idea
                  della fatica (lavorare sui polmoni). I verbi all’infinito che caratterizzano le due
                  quartine introduttive (recuperare / lavorare / coprire / giocare) indicano l’azione
                  e i compiti del mediano. La scelta dell’infinito non è casuale e sottolinea il
                  carattere riflessivo e al contempo universale di questo mantra laico: l’infinito,
                  non avendo declinazione temporale né flessione personale può fare riferimento
                  a qualsiasi individuo e a qualsiasi linea temporale.
                       Il mediano ha dei compiti precisi da rispettare, non può essere creativo,
                  deve difendere e passare la palla in avanti, deve giocare generoso, per permettere
                  così agli attaccanti di portare a termine l’azione.
                      Una vita da mediano
                      a recuperar palloni
                      nato senza i piedi buoni
                      lavorare sui polmoni.

                      Una vita da mediano
                      con dei compiti precisi
                      a coprire certe zone
                      a giocare generosi

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Stefania Bernardini et Giuliano Scala

                Nel ritornello il concetto di universalità individuato nelle prime strofe attra-
                verso il ricorso agli infiniti è espresso con una tecnica differente: i versi « stai
                lì », « il pallone devi darlo », « che natura non ti ha dato », « finché ce n’hai »
                presuppongono un tu generico che si presta a una duplice interpretazione: gli
                ordini dell’allenatore da una parte ma, allo stesso tempo, anche la consapevo-
                lezza della propria natura e del proprio ruolo, dall’altra.
                      Lì
                      sempre lì
                      lì nel mezzo
                      finché ce n’hai stai lì
                Nel secondo gruppo di strofe vengono ribaditi e approfonditi mediante specifi-
                cazione i concetti già espressi nel primo blocco. Nella terza strofa si sottolinea
                il ruolo di tramite del mediano: egli sta nelle retrovie, non è protagonista ma
                è colui che fornisce agli altri la possibilità di segnare, di finalizzare il gioco, è
                regista ma non attore, è colui che ha i meriti ma non se li prende, o meglio
                non gli vengono riconosciuti, perché non finalizza. Anche la consapevo-
                lezza di non avere già la strada spianata e dritta, di non avere quel quid pluris
                chiamato talento, genio, già espresso nella prima strofa dalla litote nato senza i
                piedi buoni, è ribadita nella quarta strofa dalla metonimia lo spunto della punta
                e del 10, rivelandosi così una condizione esistenziale fatalisticamente accettata,
                esplicitata dall’esclamazione che segue: « che peccato! ». Il rocker emiliano fa
                riferimento al fatto che in passato i numeri di maglia assumevano una funzione
                ben precisa che è andata scomparendo nell’ultimo ventennio con l’avvento dei
                nomi sulle casacche, con l’eccezione del numero 10 che continua a mantenere
                un carattere distintivo. Le cifre sulla schiena degli atleti avevano la funzione di
                tratto identificativo, per prendere nota delle ammonizioni e delle marcature.
                Di conseguenza, i titolari indossavano i numeri dall’1 all’11 e le riserve dal 12
                al 18, così come funziona oggi tra i dilettanti. L’usanza vedeva anche la sparti-
                zione dei numeri in base al ruolo, il portiere era il numero 1, il centroavanti il
                9. Il valore attribuito al giocatore che indossa la maglia numero 10 è quello del
                fantasista, del genio.
                      Una vita da mediano
                      da chi segna sempre poco
                      che il pallone devi darlo
                      a chi finalizza il gioco
                      Una vita da mediano
                      che natura non ti ha dato
                      né lo spunto della punta
                      né del 10, che peccato !

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Lavorando come Oriali, la classe operaia vince i mondiali?

                  Il numero 10 non ricopre una posizione fissa nella scacchiera, è una regina,
                  è libero di muoversi a suo piacimento. Egli è il protagonista indiscusso del
                  campo da gioco, è l’eroe sotto i riflettori, il numero perfetto, la bandiera e il
                  giocatore capace di ribaltare risultati e di essere decisivo, è l’esatto contrario
                  del mediano – tradizionalmente il numero 6 – per il quale la vita è un piacere
                  che deve essere guadagnato solamente con il sudore e la volontà, e il quale deve
                  sempre mantenere la stessa posizione, lì nel mezzo, come sottolinea ancora una
                  volta il ritornello:
                      Lì
                      sempre lì
                      lì nel mezzo
                      finché ce n’hai stai lì
                      stai lì
                      sempre lì
                      lì nel mezzo
                      finché ce n’hai
                      finche ce n’hai
                      stai lì
                  Il mediano è un ruolo in cui, proprio a causa della natura operaia, ci si « brucia
                  presto », ci si consuma e ci si stanca più velocemente rispetto ai numeri 10. E
                  una volta “bruciati”, una volta che si è dato troppo, non bisogna che fare posto
                  ad altri:
                      Una vita da mediano
                      da uno che si brucia presto
                      perché quando hai dato troppo
                      devi andare e fare posto

                      Una vita da mediano
                      lavorando come Oriali
                      anni di fatica e botte e
                      vinci casomai i mondiali.
                  La quartina conclusiva ribadisce quanto detto sinora e ne fa una sintesi trasfor-
                  mando il calciatore Gabriele Oriali nel mediano per antonomasia. I versi
                  finali « lavorando come Oriali, vinci casomai i mondiali » sembrano un invito,
                  un’indicazione comportamentale: quando non si nasce campioni è attraverso
                  « anni di fatica e botte », seguendo l’esempio del mediano interista, che si può
                  arrivare a raggiungere i traguardi più grandi. Tuttavia la congiunzione testuale
                  « casomai » esprime un’eventualità poco probabile e conferisce valore ipotetico
                  a quanto detto.

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Stefania Bernardini et Giuliano Scala

                    In chiusura l’ultimo ritornello ribadisce ancora una volta il carattere centrale
                e lavoratore del mediano espresso sintatticamente con la ripetizione voluta
                dell’avverbio lì « lì, sempre lì, lì nel mezzo / stai lì »:
                      lì
                      sempre lì
                      lì nel mezzo
                      finché ce n’hai stai lì
                      stai lì
                      sempre lì
                      lì nel mezzo
                      finché ce n’hai
                      finché ce n’hai
                      stai lì
                Il mediano di Ligabue è dunque una metafora di coloro che corrono e lottano
                e si danno da fare per realizzare i propri sogni e i propri progetti partendo da
                zero. Mediano non è perciò sinonimo di mediocre, di inferiore alla media, in
                contrapposizione alla figura più esaltante dello spericolato, di chi è vincente, di
                chi è affermato, di chi gioca all’attacco, ma ci ricorda semmai la massima latina
                in medio stat virtus (la virtù sta nel mezzo), invitandoci pertanto a ricercare
                l’importanza del centro, di ciò che dà l’equilibrio, senza farci abbagliare dalla
                luce accecante degli estremi. Una squadra funziona quando a tutti gli elementi
                che la compongono sono riconosciuti un ruolo preciso e la corrispettiva impor-
                tanza. Una vita da mediano è dunque una canzone sulla consapevolezza del
                proprio ruolo, una narrazione antieroica del calcio e della vita; a chi la « natura
                non ha dato » talento, non resta che lottare, battersi, resistere. È solo grazie a
                questa consapevolezza e la capacità di resistenza espressa fin dalla prima strofa
                della sineddoche « lavorare sui polmoni » che si può arrivare ai risultati deside-
                rati. Ognuno di noi è parte di una squadra, di un tutto: ognuno di noi è pedina
                fondamentale della scacchiera.
                    Una vita da mediano è una canzone che rappresenta qualcosa di profon-
                damente innovativo nel panorama musicale italiano degli anni ‘90. Prima di
                Ligabue, nel 1982, Francesco De Gregori aveva scritto La leva calcistica della
                classe ‘68 27 in cui si racconta la storia di un bambino che sostiene un provino
                presso una squadra di calcio con tutte le paure e le angosce che può provare
                un ragazzino al cospetto di un esame. La canzone indaga sulle sensazioni del
                giovane calciatore, sul rapporto con l’allenatore, giudice del suo destino, e sui
                valori che fanno di un uomo un vero giocatore e viceversa. Nel ritornello, De

                27    Francesco De Gregori, Titanic, LP, RCA, PL31622, Italia, 1982.

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Lavorando come Oriali, la classe operaia vince i mondiali?

                  Gregori si sofferma sui veri valori che un uomo deve dimostrare nella vita,
                  proprio come deve fare un giocatore sul campo, perché entrambi possano essere
                  considerati tali: « Ma Nino non aver paura di sbagliare un calcio di rigore, non
                  è mica da questi particolari che si giudica un giocatore, un giocatore lo vedi
                  dal coraggio, dall’altruismo e dalla fantasia… ». Il provino risulterà positivo,
                  il ragazzo segnerà il gol e conquisterà l’agognata maglia. La vita come una
                  carriera calcistica, un provino come un esame di maturità ed un rigore come
                  specchio dei propri valori sono le metafore che possono essere lette tra le righe
                  di questo brano e che avranno senza dubbio ispirato la costruzione del brano
                  di Ligabue, il quale si spinge ancora più lontano del cantautore romano, dando
                  per la prima volta voce ad un ruolo nell’ombra, riconoscendone la dignità e
                  l’importanza all’interno di una squadra. Se la leva calcistica della Classe ‘68 parla
                  di valori umani attraverso una metafora calcistica, una vita da mediano parla di
                  una condizione esistenziale attraverso una metafora calcistica.
                      Inoltre, a differenza del brano di De Gregori che è dedicato al capitano
                  della Roma Agostino di Bartolomei e di altri brani – come ad esempio Io sono
                  Best dell’ex frontman dei Modena City Ramblers Cisco Belotti 28 o ancora
                  La vida tombola del cantautore francese Manu Chao 29 dedicate rispettiva-
                  mente all’attaccante nordirlandese George Best e al collega argentino Diego
                  Armando Maradona – Una vita da mediano non è dedicata ad un capitano, ad
                  un fantasista, ad un attaccante. Per la prima volta l’eroe è una persona comune,
                  non si spera di diventare qualcuno, non si narrano le gesta mitiche e le qualità
                  eccezionali, ma si racconta la consapevolezza e la necessità di lottare, la capacità
                  di resistere e la voglia di guadagnarsi il proprio posto all’interno della comunità
                  attraverso i propri mezzi.
                      È proprio questo che permette l’associazione tra la figura del mediano e la
                  classe operaia e che suggerisce di leggere metaforicamente Una vita da mediano
                  come rappresentazione di un periodo storico e sociale ben preciso: gli anni
                  ‘70 italiani. Le lotte operaie per veder riconosciuti i propri diritti, i sabotaggi
                  interni delle fabbriche, come già detto in precedenza, mostrarono l’importanza
                  dei mediani all’interno della squadra. Ma se l’impegno di Oriali lo porterà a
                  ottenere la tanto agognata coppa, la lotta della classe operaia vedrà storica-
                  mente un altro esito: la discesa in piazza dei colletti bianchi ne segnò una netta
                  battuta di arresto. Questo evento è simbolicamente molto importante: per la
                  prima volta due fazioni di lavoratori dipendenti, operai e quadri manifestarono
                  in due cortei differenti, per due ragioni differenti. Se è vero che il movimento

                  28   Stefano ”Cisco” Bellotti, La lunga Notte, LP, Mescal, 3001781, Italia, 2006.
                  29   Manu Chao, La Radiolina, CD, Because Music, BEC5772129, Francia, 2007.

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Stefania Bernardini et Giuliano Scala

                non seppe reagire come avrebbe dovuto, continuando a lottare fino a « vincere
                i mondiali » è altresì vero che la cieca visione individualistica de « il lavoro
                si difende lavorando » richiesta a gran voce dai dirigenti in piazza a Torino
                si rivelò decisamente controproducente: tra le loro fila i licenziamenti furono
                numerosissimi. Non possiamo sapere cosa sarebbe successo alla classe operaia
                se invece di accettare la sconfitta fosse rimasta ancora nel centro dell’azione, lì,
                lì nel mezzo; di certo la marcia rappresentò la prima grande frattura dell’unità
                tra i lavoratori del ceto medio, i numeri 10 dell’azienda, e le cosiddette tute blu,
                gli operai, i mediani, e questo non poté che condurre a un’inevitabile disfatta,
                perché se non è compatta la squadra non vince 30.

                30    Sebbene questo articolo sia il frutto di un lavoro comune, il paragrafo Il mediano sul terreno di
                      gioco è attribuibile a Stefania Bernardini, il paragrafo Il mediano sul terreno di lavoro a Giuliano
                      Scala, mentre i paragrafi Una vita da mediano dentro e fuori il calcio e Il mediano di Luciano
                      Ligabue al lavoro di squadra sono dei due autori.

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