XLIV MOSTRA REGGIANA DEL FUNGO - Viano, 9-10 novembre 2019 - XVIII Giornata Nazionale della Micologia 13 ottobre 2019 - Comune di Reggio Emilia

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XLIV MOSTRA REGGIANA DEL FUNGO - Viano, 9-10 novembre 2019 - XVIII Giornata Nazionale della Micologia 13 ottobre 2019 - Comune di Reggio Emilia
XLIV MOSTRA REGGIANA
                   DEL FUNGO
                                   Viano, 9-10 novembre 2019

                   XVIII Giornata Nazionale della Micologia
                               13 ottobre 2019
                                                             IL FUNGO
         Periodico dell “ASSOCIAZIONE MICOLOGICA BRESADOLA A.P.S. - GRUPPO Micologico e Naturalistico “R. Franchi”
              Sito Internet: http://space.comune.re.it/micologico - E-mail: gr.micnat@libero.it - http://grmicnatre.wix.com/micologico -
https://www.facebook.com/gruppomicologico.franchi/ - https://www.facebook.com/Gruppo-Micologico-e-naturalistico-Franchi-1684188215178970/
    Anno XXXVII - n° 2 - settembre 2019 - Sped. in abb. post. 70% DBC - Reggio E. Tassa riscossa - Taxe perçue (contiene inserto redazionale)
                        Reggio E. n°531 del 15/11/1982. Direttore responsabile: Paolo Vecchi. Proprietario: Ulderico Bonazzi.
          Periodico del Gruppo “Renzo Franchi” di R.E, (A.M.B.) - Via Amendola, 2 - 42122 R.E. (I) - Tipografia: Grafitalia (0522 511251)
XLIV MOSTRA REGGIANA DEL FUNGO - Viano, 9-10 novembre 2019 - XVIII Giornata Nazionale della Micologia 13 ottobre 2019 - Comune di Reggio Emilia
L’Associazione Micologica Bresadola – A.P.S. -
          Gruppo Micologico e Naturalistico “R. Franchi”
                         di Reggio Emilia
                                      con il patrocinio del
                                       Comune di Viano
                                      organizza, nei giorni

                                9-10 novembre 2019
                                               la

                  XLIV MOSTRA REGGIANA
                        DEL FUNGO
                                       PROGRAMMA
          sabato 9 novembre 2019
                                 domenica 10 novembre 2019
 Ore 16                                             Ore 9,00 – 19,00
 Allestimento Mostra                                Apertura Mostra
                                                    Ore 11
 Ore 21                                             Lezione micologica: Bulée (ovolo buono)
 Lezione micologica:                                e altre Amanite
 I porcini e i loro parenti a Viano
                                                    Ore 16
                                                    Lezione micologica: Funghi commestibili
                                                    e i loro sosia pericolosi

Immagini di copertina

Macrolepiota procera- acquerello di Maria Tullii del Gruppo AMB di Marotta (PU)

  L’acquerello che costituisce l’immagine di copertina di questo opuscolo è, purtrop-
  po, l’ultimo regalo che Maria Tullii ha fatto al nostro Gruppo. Si tratta dell’ottavo
  acquerello donato, postumo, da Maria e non sarà facile, l’anno prossimo, trovare
  un’immagine che possa reggere il confronto per bellezza, efficacia rappresentativa,
  equilibrio cromatico. Maria è mancata l’11 maggio 2019, all’età di soli 66 anni, dopo
  una coraggiosissima lotta contro la malattia che l’ha uccisa. La vogliamo ricordare
  con commozione e riconoscenza. Ringraziamo la figlia Cristina, alla quale rinnovia-
  mo le nostre sentite condoglianze, per averci fatto avere l’acquerello originale.
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Attività del Gruppo Micologico e Naturalistico
                   “R. FRANCHI” REGGIO E.
                   Calendario Attività 2019-2020
 22 settembre 2019                    Mostra di funghi a Praticello
 28-29 settembre 2019                 Mostra dei funghi alla festa “Piante e animali perduti”
                                      Guastalla
 13 ottobre 2019                      XVIII Giornata nazionale della Micologia, uscita didat-
                                      tica aperta a tutti, a Pratizzano alle ore 9.
 26 ottobre 2019                      Uscita didattica al Parco di Roncolo alle ore 9.
 26-27 ottobre 2019                   Mostra dei funghi ad Albinea
 9-10 novembre 2019                   XLIV Mostra Reggiana dei funghi presso la “Sagra
                                      del Tartufo” di Viano
 17 novembre 2019                     Polentata a Ca’ Bertacchi di Regnano presso casa Bo-
                                      nazzi
 Data da concordare                   donazione exicata di funghi della nostra provincia al
                                      Museo “Lazzaro Spallanzani” di Reggio Emilia con una
                                      presentazione delle specie donate
 20 dicembre 2019                     Cena augurale pre-natalizia con premiazione dei soci
                                      che hanno compiuto 20, 30, 35, 40 anni di fedeltà
                                      d’iscrizione al gruppo
 27 gennaio 2020                      Inizio del corso di micologia
 Maggio o giugno 2020                 Uscita didattica per raccolta funghi
 (data da definire)                   Uscita didattica su erbe e fiori
Inoltre almeno una uscita didattica per raccolta funghi per ciascuna delle mostre previste
in data e località da definire il lunedì precedente in sede (coloro che forniranno l’indirizzo
di posta elettronica potranno aver l’avviso per e-mail). La sede del Gruppo “R. Franchi”,
in Via Amendola 2 (presso ex Istituti Psichiatrici San Lazzaro) a Reggio Emilia, è aperta
a tutti gli interessati ogni lunedì sera dalle 21,00 alle 23,00 per consulenze e dibattiti sui
funghi.
Il presente calendario potrà subire variazioni in relazione all’andamento stagionale e ad
impegni al momento non programmabili. Il Gruppo Micologico e Naturalistico “R. Fran-
chi” è a disposizione, nei limiti di tempo derivanti dagli impegni dei suoi esperti micologi,
per altre iniziative da concordare con Associazioni ed Enti vari.

                        AGEVOLAZIONI PER I SOCI
 In seguito ad accordi con il nostro Gruppo verranno concessi sconti a tutti i soci A.M.B.
 in regola con il pagamento della quota sociale annuale da:
 • BAR LOCANDA Tini - Ospitaletto di Ligonchio (RE) - TEL 0522 899138
   FAX 0522 899639

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I LIBRI PUBBLICATI DAI NOSTRI SOCI

L’opera è il punto di arrivo di due micologi             I volumi del “Dizionario dei nomi volgari e
formatisi all’interno dell’A.M.B., A. Montecchi          dialettali dei funghi in Italia e nel Canton
e M. Sarasini, con personalità molto diverse ma          Ticino” corredati da un CD contenente anche
entrambi dediti da numerosi anni allo studio dei         gli aggiornamenti (6123 nomi per 530 specie e
funghi ipogei.                                           250 immagini) sono disponibili presso il nostro
                Prezzi di cessione                       Gruppo. (Gruppo Micologico e Naturalistico
                                                         “R. Franchi” Via Amendola 2- 42100 Reggio
        Soci A.M.B.: per l’Italia c 70,00                E.) e-mail: gr.mic.nat@comune.re.it al prezzo
      Non soci A.M.B.: per l’Italia c 95,00              di 10€ per i soci, 13€ per i non soci (+ spese di
      Estero: idem, più spese di spedizione              spedizione). Se si chiedono almeno 5 copie anche
                                                         per i non soci la quota è 10€, se almeno 10 copie
                                                         8€, oltre le 15 non si pagano le spese di spedizione.

Il volume rilegato di 528 pag. contiene 290                     120 ricette sui funghi in 3 volumetti
fotocolor e 343 micrografie eseguiti dagli Autori,                     in vendita a 1 c l’uno
21 tavole a colori eseguite da E. Rebaudengo e
F. Boccardo. Chiavi di determinazione in inglese,
italiano, francese e tedesco.
Prezzo 56,00 Euro.

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INTRODUZIONE ALLO STUDIO
           DEL GENERE AMANITA
                                       di
                                 Mauro Comuzzi
                    Viale Ramazzini 16 - 42124 Reggio Emilia
                        e-mail: mauro.comuzzi@asmn.re.it

Regno FUNGI
Classe BASIDIOMYCETES Subclasse HYMENOMYCETIDAE
Ordine AMANITALES
Famiglia AMANITACEAE
Genere AMANITA
Funghi eterogenei, di taglia medio a grande, carnosi. Cappello inizialmente
emisferico, poi convesso fino a spianato, a volte con umbone; la superficie si
presenta liscia, lucente con orlo liscio o striato di vari colori, ricoperto da resti
di velo generale. Le lamelle sono libere biancastre. Sporata bianca (Leucospo-
rei). Il gambo è cilindrico spesso con bulbo fioccoso o fibrilloso, bianco. Il velo
generale è variabile, da membranoso resistente a friabile ed evanescente (volva),
che lascia spesso sul cappello resti sotto forma di verruche e placche. La carne
è bianca, inodore oppure nauseante, viroso o di radice.

                                     Funghi eterogenei
                         Il gambo si separa facilmente dal cappello

                                Leucosporei: sporata bianca

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CRESCITA DI UNA AMANITA

CARATTERI MACROSCOPICI AMANITA

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MICROSCOPIA: Spore globose o ellissoidali, amiloidi o non amiloidi

spore amiloidi con reagente di Melzer         spore non amiloidi

Presento alcune più comuni Amanite che gli appassionati devono conoscere
prima di inoltrarsi nei bellissimi boschi a raccogliere funghi. Nel genere Amanita
esistono specie commestibili come, purtroppo, specie velenose mortali.
Amanita caesarea (Scop.:Fr.) Persoon (fig.1): ama le annate calde e preferisce
la media collina in boschi di latifoglie, preferisce querce e castagni. Cappello
media 8-12 cm, inizialmente emisferico poi convesso appianato, di colore rosso,
rosso-aranciato vivo, sovente rivestito da lembi di volva bianca; margine striato.
Le lamelle sono libere di un bel giallo dorato come l’anello e il gambo; la volva
è ampia, carnosa membranosa a sacco, bianca. La carne è bianca o giallastro
chiaro, più gialla nelle zone periferiche. Commestibile.
Si può confondere con l’Amanita muscaria, velenosa, ha colori simili sul cap-
pello, ma le lamelle, l’anello e il gambo sono colore bianco, la volva è dissociata
in frammenti o residui fioccosi friabili.
Amanita muscaria (L. : Fr.) Hooker (fig. 2): ama le zone di montagna, in terreno
acido, con latifoglie e aghifoglie, cresce in estate-autunno ed è molto diffusa. Il
cappello colore rosso-arancio, rosso, rosso scuro con cuticola liscia, quasi sempre
ricoperta da verruche bianche; orlo finemente striato. Lamelle libere bianche.
Gambo bianco, cilindrico appena fioccoso, nella zona basale leggermente bul-
bosa ricoperto da una volva dissociata in frammenti o verruche biancastre con
anello membranoso, ampio, bianco. Carne bianca, inodore.
Amanita pantherina (De Cand.:Fr.) Krombholz (Fig. 3): Amanita abbastanza
comune nella fascia collinare e montana, sia in boschi di latifoglia che aghifoglia
in estate e autunno. Cappello media 5-8cm, emisferico, convesso fino a spianato,
di colore bruno più o meno scuro, con verruche bianche, margine nettamente

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fig. 1                                     fig. 2

fig. 3                                     fig. 4

fig. 5                                     fig. 6
striato; le lamelle libere bianche, l’anello aperto a gonnella bianco e la carne
bianca. Odore quasi nullo fino a componente terroso e di radice. Gambo bulboso
con volva dissociata ad anelli. Velenosa
Questa Amanita è velenosa, provoca intossicazioni gravi. Il cappello mai gri-
gio o beige e le verruche sempre bianche, l’anello caratteristicamente basso
sul gambo, bianco e volva ad anelli sono le caratteristiche importanti per non
confondersi con altre amanite come le Amanita del gruppo spissa e le Amanita
del gruppo rubescens.

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Amanita rubescens Pers. : Fr. (Fig. 4): molto comune da fine maggio fino a no-
vembre in ogni tipo di bosco (ubiquitaria). Cappello media 5-15cm, emisferico,
poi piano, bruno rossastro, beige color sabbia con verruche concolori, orlo liscio.
Lamelle libere bianche. Gambo sotto l’anello decorato da screziature brune
rossastre, volva ridotta a residui; anello aperto membranoso striato superiore.
Carne bianca che tende ad arrossare in ogni parte del carpoforo. Commestibile
dopo adequata cottura.
Si confonde con l’Amanita pantherina (velenosa), che, come sopra descritto, si
distingue per la carne bianca, immutabile, per le verruche bianche sul cappello
e l’orlo striato nettamente. Gambo bianco con anello bianco, la volva dissociata
ad anelli bianca.
Amanita phalloides (Vaill.:Fr.) Link. (Fig. 5): Amanita che cresce ubiquitaria, sia
latifoglie che aghifoglie.Velenosa mortale. Cappello media 6-10 cm, emisferico,
poi pianeggiante, verde olivastro, verde giallognolo fino a chiaro quasi bianco
con la presenza di fibrille innate radiali, orlo liscio. Gambo cilindrico con la
base bulbosa, ricoperto da zigrinature, anello bianco aperto, volva membrano-
sa grande avvolgente bianca. Odore prima quasi nullo poi a maturità intenso
sgradevole maleodorante di putrido.
Attenzione mai raccogliere un’Amanita ad ovolo chiuso, vietato anche dalla
legge. Una nota importante per i raccoglitori di funghi: bisogna conoscerla bene
e sapere che esiste questa Amanita molto pericolosa. Velenosa mortale, provoca
intossicazioni a lunga latenza citotossica.
Amanita vittadinii (Moretti) Vittadini (Fig. 6): Amanita tipica delle zone prative
nella nostra pianura, l’unica Amanita saprofita, cresce in estate-autunno nei prati
fra l’erba. Cappello media 8-15 cm, globoso poi convesso; colore da biancastro a
crema, ricoperto da scaglie piane e piramidali da biancastre a brunastre. Lamelle
libere spesse bianche. Gambo cilindrico concolore al cappello, ricoperto sino
all’anello da scaglie grossolane da bianche poi brune. Anello ampio membra-
noso. Carne bianca e odore a volte poco gradevole.
Anche se è ritenuta una Amanita commestibile è di scarso valore.

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UN LIGNICOLO DEL MARE
                                        di
                               Alberto Branchetti
                             Via Unione Sovietica, 36
                              42123 Reggio Emilia
                          alberto.branchetti@Hotmail.it

Nel mese di maggio di quest’anno, con mia moglie, siamo andati a trascorrere
alcuni giorni in un residence al mare, sull’Adriatico e precisamente al Lido di
Fermo, località Casa Bianca.
In questa località, al confine tra l’arenile di ciotoli e il prato retrostante c’è un
filare di tamerici (Tamarix gallica) lungo circa 100 mt., con alcune decine di
piante adulte (fig. 1).
Per raggiungere l’arenile dal residence retrostante è necessario attraversare
questa barriera, passando tra le piante di tamerice.
E’ con grande sorpresa quindi che, fin dal primo giorno, sono riuscito...ad andare
a funghi anche al mare!
Nel passare fra due piante ho notato subito un carpoforo di fungo lignicolo, che
aveva incluso nella sua crescita un rametto della stessa pianta (fig. 2). Caratteri-
stica questa comune alle Poliporaceae ed in particolare al genere che trattiamo.
Come faccio sempre ho scattato una foto dettagliata e ho provato a pensare al
genere di Poliporaceae cui questo esemplare poteva appartenere.
Si tratta di un fungo che non avevo mai personalmente incontrato, frequentando
quasi esclusivamente l’appennino reggiano e le peccete del Trentino - Alto Adige.
Non è stato difficile orientarsi, individuata con certezza l’essenza su cui era
cresciuto.
E’ infatti un fungo escusivo delle tamerici e cresce solamente sulle piante vive
di questa specie: si tratta dell’Inonotus tamaricis (Pat.) Maire. E’ una delle
11 specie di funghi del generere Inonotus che crescono in Europa, facilmente
identificabile per l’esclusività e la dipendenza assoluta da questa essenza arborea.
Consultando la bibliografia e le diverse chat del settore, ho scoperto che si tratta
di una specie molto comune su queste piante, comunissima in tutto il bacino del
Mediterraneo, fino all’Adriatico settentrionale.
Il basidioma, dapprima globoso poi a forma di mensola dimidiata, si sviluppa
fino a 20 cm. di diametro, con uno spessore fino a 10 cm.

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Presenta una colorazione della superficie villosa superiore, presto glabra con
l’età, dal giallo rossiccio al bruno fulvastro, con solchi concentrici.
L’imenoforo è rappresentato da pori fitti, con tubuli di 0,5-2,5 cm, giallo chiaro
poi giallo rossicci, fino al brunastro con l’età. Come quasi tutte le Poliporaceae
è considerato non commestibile per la legnosità della carne, anche se il Cetto
dava la commestibilità per non accertata.
Dopo alcuni giorni ho deciso di esplorare tutto il filare di tamerici, alla ricerca
di altri esemplari. Non è stato difficile fare numerose foto, in quanto almeno
un terzo degli alberi ospitava uno o più carpofori. Concludo pertanto questa
breve presentazione con alcune altre immagini tra quelle più significative che
ho scattato (fig. 3-5).

fig. 1

                                        10
fig. 2                                   fig. 3

fig. 4                          fig. 5

                         5 x mille
              in sede di Dichiarazione dei Redditi
                   firmate e fate firmare per
            Associazione Micologica Bresadola-APS
         Gruppo Micologico e Naturalistico “R. Franchi”
                        di Reggio Emilia
                      C.F. 80018790354
            A VOI NON COSTA NULLA E PER IL GRUPPO
                     E’ MOLTO IMPORTANTE

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ALCUNI FUNGHI DI PRATO (ROSSINI E TORINI)
        ATTENTI AI LORO SOSIA!
                                       di
                               Ulderico Bonazzi
                            Via Verdi 2 42030 Viano
                         e-mail: u0522858177@libero.it

Premesso che il primo e più importante consiglio per i raccoglitori è conoscere
bene i funghi velenosi (soprattutto quelli mortali) nelle loro varie fasi di sviluppo;
infatti moltissimi funghi che tradizionalmente vengono raccolti da consumare
hanno dei sosia velenosi che possono causare gravissimi danni. I funghi, di
norma, vanno consumati cotti. Anche i funghi dati commestibili anche crudi
possono causare disturbi se non consumati in modiche quantità.
I funghi di prato (rossini e torini) sono stati per molti di noi i nostri primi amici
che ci hanno portato ad interessarci di funghi, ma anche loro, se non li control-
liamo bene, possono darci sgradevoli sorprese. Sto riferendomi a quei funghi che
un tempo sui primi libri divulgativi erano descritti come appartenenti al genere
Psaliota e successivamente come appartenenti al genere Agaricus.
Ricordo innanzitutto alcune caratteristiche che contraddistinguono questo ge-
nere: la presenza di un anello (a volte può sfaldarsi e sparire), il gambo che si
stacca bene dal cappello senza spezzarsi (gambo eterogeneo), se poniamo su un
foglio di carta o meglio su un vetro il cappello maturo del fungo dopo qualche
ora potremo osservare il colore delle sue spore in massa e vedremo che sono
bruno-violacee (iantinosporee) (fig. 1).
Col termine rossini normalmente si intende quegli Agaricus la cui carne arrossa
più o meno intensamente al taglio o allo sfregamento. Allora andiamo nei prati
dopo una abbondante pioggia ed alcuni giorni di sole ed ecco che vediamo
Agaricus campestris varietà campestris (fig. 2) un buon fungo di dimensioni
medie (normalmente tra i 6 e i 9 cm di diametro del cappello) col cappello
inizialmente ampiamente convesso poi piano, le lamelle inizialmente rosate ed
a maturità color tabacco, il gambo spesso ricurvo a virgola con base appuntita
leggermente ingiallente, fioccoso – squamuloso sotto l’anello, che è sottile e
stretto, la carne bianca arrossante, odore gradevole; ma in vicinanza può crescere
un suo simile leggermente tossico, l’Agaricus pseudopratensis varietà niveus
(fig. 3) il cui cappello normalmente è più piccolo, tronco-conico, poi appianato

                                         12
con umbone tronco (il centro è appiattito), le lamelle di un rosa vivace, infine
tabacco sono molto simili a quelle del campestris, il gambo cilindrico di nor-
ma si presenta con un ingrossamento basale (bulbo) ma può anche presentarsi
leggermente ricurvo ed appuntito, la carne bianca, rosata nella parte alta del
gambo, se la tagliamo appare inizialmente gialla alla base del gambo, ma dopo
poco rosa salmone con leggero odore di fenolo. Il campestris si distingue dallo
pseudopratensis var. niveus per l’odore gradevole e non fenolico, il cappello
normalmente non appiattito al centro, il gambo spesso leggermente ricurvo a
virgola, l’anello meno sviluppato, la carne che arrossa leggermente al taglio,
mentre nello pseudopratensis var. niveus ingiallisce poi dopo alcuni minuti as-
sume un colore aragosta, ma entrambi crescono normalmente in prati e possono
essere anche molto vicini.
Ecco sempre in prato l’Agaricus campestris varietà squamulosus (fig. 4) che
si differenzia dal precedente solo perché il cappello è ricoperto da squame
brunastre; nei pressi può esserci anche l’Agaricus bresadolianus (fig. 5) pure
commestibile il cui cappello si presenta di norma emisferico poi convesso infi-
ne piano-convesso grigiastro-fuliginoso con squame concolori molto vicine al
centro mentre tendono a diradantesi verso i margini, anche questo fungo ha le
lamelle inizialmente rosate poi color tabacco, il gambo è bianco, brunastro alla
base, claviforme con una pseudo radicina al piede (cordone miceliare) ed un
anello sottile abbastanza stretto, la carne bianca leggermente arrossante con un
odore gradevole; in vicinanza può esserci però anche l’Agaricus pseudopratensis
varietà pseudopratensis (fig. 6) tossico che si differenzia dal niveus perché il
cappello è ricoperto da squamette brunastre.

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                 Discutiamo insieme sui funghi trovati

                                      13
fig.1

fig. 2 - Agaricus campestris           fig. 3 - Agaricus pseudopratensis
varietà campestris                                         varietà niveus

fig. 4 - Agaricus campestris                fig. 5 - Agaricus bresadolianus
varietà squamulosus

                                               fig. 6
                                               Agaricus pseudopratensis
                                               varietà pseudopratensis

                               14
fig. 7 - Agaricus arvensis            fig. 8 - Agaricus essettei

                                                             fig. 9
                                                             Agaricus xanthodermus

Eccoci ancora nel prato e incontriamo dei prataioli più massicci: i torini (da
toro) cioè l’Agaricus arvensis (fig. 7) il cui cappello ha un diametro che può
raggiungere 15 cm ed eccezionalmente oltre, inizialmente è quasi sferico, poi
convesso, infine piano-convesso, si presenta prima bianco poi alutaceo e tende
un po’ ad ingiallire al tocco, le lamelle sono inizialmente biancastre, poi grigio
rosate, infine bruno tabacco, il gambo è lungo, cilindrico tendente ad allargarsi
alla base senza formare un bulbo, ha un anello ampio, doppio con la faccia in-
feriore dissociata in squame a forma di ruota dentata, la carne è bianca, un po’

                                       15
ocracea nel carpoforo vecchio, l’odore ricorda l’odore di anice o di mandorle;
ma se il prato confina con un bosco di conifera può esserci un altro buon fungo
commestibile l’Agaricus essettei (fig. 8) col cappello di circa 10 cm di diame-
tro, inizialmente quasi sferico o a forma di grosso cappero, poi piano convesso,
bianco sericeo e al tocco tende al giallo scuro, le sue lamelle sono inizialmente
biancastre e a fine maturazione color tabacco, ha un gambo cilindrico con base
ingrossata, rotondeggiante (bulbosa), ma un po’ irregolare ed un anello ampio,
abbastanza sottile, con la faccia inferiore recante squame che ai margini mostrano
una decorazione a ruota dentata, la sua carne è bianca, leggermente rosata verso
l’esterno e con odore di mandorle o anice; nello stesso prato però spesso troviamo
anche l’Agaricus xanthodermus (fig. 9) velenoso questo quasi sempre presenta
di norma un appiattimento al centro del cappello, le lamelle sono inizialmente
biancastre poi rosate infine bruno tabacco, il gambo è cilindrico e presenta alla
base un bulbo a forma di cipolla, ma la differenza principale la troviamo nel
viraggio della carne e nel suo odore: allo sfregamento si tinge violentemente di
giallo zafferano soprattutto nel bulbo ed odora fortemente di fenolo.

                    TESSERAMENTO 2020
                                      ITALIA                 ESTERO
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                                       16
FRUTTA ANTICA
  DAL TERRITORIO REGGIANO UNA NUOVA VARIETÀ
            DELLA PERA BERGAMOTTA

                              di Amer Montecchi
                         Via Diaz 1142019 Scandiano
                      e-mail: amermontecchi@gmail.com.
                                       &
                                 Carlo Vaccari
                      Borgo Visignolo 19/A - 42031 Baiso
                          carlovaccari56@gmail.com

Come abbiamo visto, una varietà di frutta antica dal nome bergamotta, era nota
da diversi secoli. A quei tempi però, su questi frutti, non venivano fatte descri-
zioni dettagliate. La prima vera descrizione della pera bergamotta si deve
all’esperto di frutta antica, Maggiore Espèren di Malines (Belgio) nel 1820 di
cui riportiamo la sua scheda originale (fig.1).
Frutto: molto grosso, buccia gialla, parzialmente rugginosa, con lenticelle mar-
cate: polpa soda mediamente poco succosa granulosa e aromatica.
                           CARATTERI GENERALI :
La pianta è molto vigorosa. La quantità di frutta che produce questa varietà è
enorme e ciò è dovuto alla fruttificazione a grappolo per cui in uno stesso punto
si trovano attaccati 5 o 6 frutti. Questi, vengono raccolti in ottobre, maturano
nel corso dell’inverno e possono essere conservati fino a primavera. Purtroppo
questa varietà è spesso soggetta dalla ticchiolatura, per cui a volte la sua colti-
vazione è impossibile specie nei terreni di pianura, profondi, freschi e umidi.
Trascorsi due secoli dalla prima descrizione, si trovano ora in letteratura molte
altre presentazioni di questa pera. Esse però si diversificano tra loro nella forma
del frutto e periodo di maturazione, il che dimostra la grande varietà di questo
frutto.
La nuova varietà che vi proponiamo (fig. 2) è sita in località Serra di Là, frazione
del comune di Baiso, sulla proprietà del signor Benassi Mario.
Vaccari Carlo appassionato di frutta antica residente a Borgo Visignolo comune
di Baiso (RE), osservando questa pera dalle caratteristiche particolari, ha rite-
nuto opportuno contattare Montecchi Amer altro appassionato di questi frutti
ed assieme hanno deciso di pubblicarla sulla rivista di botanica e micologia “Il
Fungo”.

                                        17
Note varie: la pianta dalla quale derivano i frutti (fig. 3) che presentiamo ha un
tronco di 40 cm di diametro ed è quindi di oltre 200 anni di vita. I frutti sono di
4-6 cm, con bugne molto evidenti, colori giallastri a maturazione, piccioli e ovari
molto infossati, polpa granulosa e semi assenti o atrofizzati quindi non fertili.

                                       fig.1

                                                Boletus pinophilus
                                                          in bottiglia
                                                 Ecco cosa può succedere
                                                   quando, per pigrizia,
                                               lasci i tuoi scarti del pic-nic
                                                         nel bosco

                                               (foto U. Bonazzi)

                                        18
fig.2

fig.3

19
HYGROCYBE ACUTOCONICA (FR.) KUMM.
              (1871)
                                       di
                                 Angelo Miceli
                             SS. 114 C.da Granata, 6
                               I - 98125 Messina
                              amipreside@alice.it

Accade, a volte, dopo una infruttuosa “mico-gastronomica” ricerca di prelibati
ovoli e porcini andata buca, seppur la stagione sia delle migliori e la fruttifi-
cazione fungina abbondante come mai, a causa dei numerosi “mico-predatori”
che ci hanno preceduto nella ricerca privando noi ritardatari del bottino sperato,
che un piccolo e apparentemente insignificante funghetto, privo, senza ombra
di dubbio, di valore gastronomico, facendo capolino in vari esemplari dai colori
lucidi e vivaci tra l’erbetta ai margini del bosco, ci ripaga abbondantemente
della infruttuosa ricerca e della mancata raccolta fungina stimolando la nostra
“curiosità micologica” che, trovandosi alla presenza di una specie poco incon-
trata ed assente nella nostra galleria fotografica, ci spinge ad approfondire le
nostre conoscenze in merito: Hygrocybe acutoconica un simpatico ed attraente
basidiomicete che trova collocazione nella Famiglia delle Hygroforaceae nella
quale vengono ospitate numerose specie fungine, generalmente terricole, di
piccole, medie o grandi dimensioni con crescita simbionte con varie colture
arboree o con crescita lignicola (unica specie europea conosciuta: Hygrophorus
pleurotoides) [Galli, 2014].
Nella Famiglia delle Hygrophoraceae, che inizialmente ospitava un solo genere,
vengono posizionati i Generi Hygrophorus (1), Hygrocybe e Cuphophyllus (2).
Quest’ultimo viene ritenuto, ancora oggi, da alcuni autori, semplice sottogenere
del Genere Hygrocybe. E’ opportuno precisare che la separazione nei tre generi
oggi considerati è stata effettuata sulla base dei caratteri microscopici della trama
lamellare (3) che presentano conformazione diversa.
Genere Hygrocybe (Fr.) P. Kumm. (1871)
Al genere appartengono basidiomi di piccolo-medie dimensioni, poco carnosi,
esili, con portamento omphaloide, clitocyboide o inocyboide (similari, nella
conformazione generale, a seconda delle varie specie, a funghi appartenenti al
Genere Omphalina, Clitocybe, o Inocybe), caratterizzati da cappello multiforme,
spesso conico-campanulato, con colori vivaci (giallo, rosso, arancione, verde,

                                         20
viola…), di consistenza ceracea, fragile ed acquosa; con superficie liscia, rugo-
sa, fibrillosa o squamulosa, asciutta, umida o vischiosa. Lamelle generalmente
concolori al cappello, spaziate e diversamente inserite sul gambo (adnate, sub-
decorrenti, decorrenti). Il gambo si presenta, quasi sempre, slanciato, cilindrico
o, a volte, corto e tozzo caratterizzato da solcature longitudinali, può presentarsi
asciutto o totalmente glutinoso, privo di residui velari. La carne è generalmente
concolore al cappello e priva di odori particolari o ben definiti, fatta eccezione
per poche specie; é insapore o, in pochi casi, amara. Habitat in zone erbose o
in boschi di latifoglie o di conifere.
Hygrocybe acutoconica       
(Clem.) Singer
Lilloa 22: 153 (1951)
Un basidiomicete di taglia medio-piccola dai colori molto vivaci e, allo stesso
tempo, molto variabili che spaziano tra le numerose sfumature del giallo e del
rosso tra di loro mescolate.
Basionimo: Mycena acutoconica
Posizione sistematica: classe Basidiomycetes, ordine Agaricales, famiglia
Hygroforaceae, genere Hygrocybe
Etimologia: Hygrocybe dal greco higrós = umido e kúbe = testa ovvero testa
umida con espresso riferimento alla vischiosità del cappello. Acutoconica dal
latino acutus = acuto e conicus = conico con ovvio riferimento alla forma del
cappello particolarmente aguzza.
Sinonimi principali: Prunulus acutoconicus (Clem.) Murrill (1916); Hygro-
cybe persistens (1940): Hygrophorus acutoconicus (Clem.) A.H. Sm. (1947);
Hygrocybe aurantiolutescens P.D. Orton (1969); Hygrophorus aurantiolutescens
(P.D. Orton) Dennis (1986).
Nomi volgari: cappello di cera per derivazione dall’inglese wax cap
Descrizione macroscopica: Hygrocybe acutoconica (Clem.) Singer (colore
dominante rosso) - Foto: Andrea Battaglini (fig. 1).
Cappello di medio-piccole dimensioni, poco carnoso, inizialmente conico,
conico-campanulato, tendente, verso la maturazione, ad assumere una confor-
mazione conico-convessa, convessa fino a piano-depressa; sempre caratterizzato,
nei vari stadi di sviluppo, dalla presenza di un umbone acuto; margine irregolare,
frastagliato, lobato, striato al bordo per trasparenza; colore molto variabile tra
le numerose sfumature del giallo e del rosso, si presenta, difatti, giallo, giallo
limone, giallo scuro, arancio o rosso o con tinte intermedie tra i colori base;
Cuticola liscia e lucida, leggermente viscida a tempo umido o piovoso, asciutta
a tempo secco. Imenoforo a lamelle alte e panciute, mediamente distanziate,

                                        21
Hygrocybe acutoconica (Clem.) Singer (colore dominante rosso)
Foto: Andrea Battaglini

                             22
Hygrocybe acutoconica (colore dominante giallo) (Foto Angelo Miceli)

                      Hygrocybe acutoconica

                                23
libere (quando si fermano prima di arrivare al gambo con il quale non hanno
alcun contatto) o adnate (quando si uniscono al gambo per tutta la loro altezza),
intervallate da numerose lamellule (struttura lamellare di dimensioni minore che
partendo dal margine del cappello si interrompe prima di giungere al gambo
interponendosi tra le lamelle stesse), di consistenza ceracea ed igrofane (quan-
do in presenza di umidità assumono colorazione più scura ed intensa), colore
giallastro, giallo-arancio, con filo intero e concolore. Gambo slanciato, cilin-
drico, a volte leggermente incurvato, inizialmente pieno, poi fistoloso (quando
all’interno si presenta cavo), quasi concolore al cappello, ricoperto da fibrille
giallo-aranciate, bianco alla base dove, alla manipolazione, tende ad annerire
leggermente. Carne esigua e fragile nel cappello, fibrosa nel gambo, giallastra
nel cappello e nella parte superiore del gambo, alla base si presenta biancastra
tendente a scurire alla manipolazione; odore e sapore non significativi (fig.2-3-4).
Habitat: specie ubiquitaria, molto comune, cresce a gruppi di parecchi esemplari
sia nei prati che nei boschi di latifoglie e di conifere o nelle dune litoranee o nella
macchia mediterranea, dalla primavera a tutto autunno sino ad oltre 2000 metri
Commestibilità: non commestibile, senza interesse alimentare tanto per l’esi-
guità della carne quanto per il sapore e l’odore praticamente nulli.
Caratteri differenziali: taglia medio-piccola, presenza di umbone acuto su
cappello conico; orlo lobato e sempre striato per trasparenza; base del gambo
bianca ma ingrigente in maniera lieve e progressivamente lenta alla manipolazio-
ne - carattere, quest’ultimo, di particolare rilevanza ai fini della determinazione.
Curiosità: la specie, a causa della sua notevole varietà morfocromatica, è stata
descritta e denominata con epiteti sempre diversi numerose volte, fatto che ha
creato una certa confusione e difficoltà di identificazione degli esemplari con
conseguente proliferare dei numerosi sinonimi che si sono accumulati nel tempo.

Specie simili
     • Hygrocybe acuto conica var. Konradii (R. Haller Aar.) Boertm. (2010)
Praticamente perfettamente uguale all’osservazione macroscopica sia per la co-
lorazione che per la strutturazione morfologica, differisce per la conformazione
delle spore: cilindriche o faseoliformi (a forma di fagiolo) in H. acutoconica,
ellissodali o subglobose nella var. konradii.

    •   Hygrocybe conica (Schaeff.) P. Kumm. (1871)
E’ la specie tipo del genere, anch’essa molto simile ad H. acutoconica, differisce
per la carne che, sempre di colore bianco, annerisce allo sfregamento in tutte le
parti del carpoforo mentre, in H. acutoconica, tale caratteristica è localizzata
solo alla base del gambo.

                                          24
***************
Note
1.   Genere Hygrophorus il genere ospita carpofori carnosi, di medio-grandi dimensioni, omo-
     genei (quando cappello e gambo hanno analoga struttura cellulare risultando strettamente
     saldati uno all’altro tanto che la loro separazione non avviene in maniera netta), con por-
     tamento clitocyboide o tricholomatoide (similari, nella conformazione generale, a seconda
     delle varie specie, a funghi appartenenti al Genere Clitocybe, o Tricholoma), caratterizzati
     da colorazioni non vivaci: bianco-biancastre, grigie, brune; a volte, ma raramente, anche
     giallo-giallastre, aranciate o vinose; generalmente vischiosi e/o glutinosi con lamelle adnate
     (quando si uniscono al gambo per tutta la loro altezza), decorrenti (quando si uniscono
     al gambo prolungandosi verso la parte bassa dello stesso) o molto decorrenti, spesse e
     mediamente o marcatamente spaziate tra di loro. Sono caratterizzati da gambo cilindrico,
     a volte fusiforme ed attenuato alla base, con portamento robusto o, a seconda della specie,
     esile; con presenza, solo in alcune specie, di un velo glutinoso o cortiniforme (a forma di
     cortina ovvero velo costituito da filamenti sericei che dal margine del cappello arrivano al
     gambo) ben evidente, generalmente asciutto, liscio o fibrilloso o fioccoso, a volte glutinoso.
     Carne generalmente immutabile o, a volte, chiazzata di rosso-vinoso. Habitat boschivo.
2.   Genere Cuphophyllus (Donk) Bon 1984. Al Genere appartengono carpofori di piccole
     e medie dimensioni caratterizzati da cappello di consistenza elastico, asciutto o poco vi-
     schioso e, in tal caso, di colori non vivaci o vischioso e, in tal caso, di colori vivaci: giallo,
     giallo-aranciato, violetto. Lamelle sempre decorrenti ed arcuate; gambo privo di anello,
     liscio, asciutto o, a volte, vischioso. Habitat graminicolo (quando ha tendenza a crescere
     in associazione con erbe infestanti appartenenti alla famiglia delle Graminaceae o, per
     estensione, tra l’erba in genere).
3.   Trama lamellare indica la maniera in cui le ife si dispongono tra le due facce della lamella.
     Tipicamente si fa riferimento, in maniera particolare per la famiglia delle Igroforaceae a:
     Trama lamellare bilaterale, distintiva del Genere Hygrophorus; Trama lamellare intri-
     cata, distintiva del Genere Cuphophyllus; Trama lamellare parallele distintiva del Genere
     Hygrocybe. Per ulteriori approfondimenti si consiglia di consultare un testo specifico tra
     quelli indicati in bibliografia.

***************
Bibliografia di approfondimento
   • Bellù Francesco, Veroi Giulio, 2014: Per non confondere i funghi. Casa
       Editrice Panorama, Crocetta del Montello (TV). I
   • Boccardo Fabrizio, Traverso Mido, Vizzini Alfredo, Zotti Mirca,
       2008: Funghi d’Italia. (ristampa 2013) Zanichelli, Bologna. I
   • Campo Emanuele, 2015: Hygrophorus, Hygrocybe e Cuphophyllus
       del Friuli Venezia Giulia. Gruppo Micologico Sacilese, Sacile (PN). I
   • Candusso Massimo, 1997: Hygrophorus s. l. Collana Fungi Europaei
       Vol. 6. Libreria Basso Editrice, Alassio (SV). I

                                                 25
•   Foiera Fabio, Lazzarini Ennio, Snabl Martin, Tani Oscar, 1998: Fun-
    ghi Igrofori. Edagricole – Edizioni Agricole della Calderini, Bologna. I
•   Galli Roberto, 2014: Gli Igrofori. Ediplan editrice, Milano. I
•   IF - Index Fungorum database. www.indexfungorum.org (ultima con-
    sultazione maggio 2019)
•   Illice Mirko, Tani Oscar, Zuccherelli Adler, 2011: Funghi velenosi
    & commestibili. Manuale macro-microscopico delle principali specie.
    Tipoarte Industrie Grafiche. Ozzano Emilia (BO). I
•   La Spina Leonardo, Signorino Carmelina, 2018: I Funghi di Santo
    Pietro. Edizioni La Rocca, Riposto (CT). I
•   MB - Mycobank database. www.mycobank.org (ultima consultazione
    maggio 2019)
•   Papetti Carlo, Consiglio Giovanni, Simonini Giampaolo, 2004: At-
    lante fotografico dei Funghi d’Italia, Vol. 1 (seconda ristampa). A.M.B.
    Fondazione Centro Studi Micologici, Trento. I
•   Sorbi Claudio, 2012: Tre Hygrocybe rinvenute in ambienti dunali.
    Micoponte – Bollettino del Gruppo Micologico Massimiliano Danesi,
    n. 2: 4-9, Ponte a Moriano (LU). I

                             Copertina dell’EUR Report: “Ele-
                             menti chimici nei funghi superiori.
                             I funghi di riferimento come stru-
                             mento per la bioindicazione e la
                             biodiversità”

                                  26
I FUNGHI DELLA MONTAGNA REGGIANA
                                        di
                               Severino Moratti
                         Villa Minozzo, 15 luglio 1938
                             riproduzione a cura di
                                  Luigi Cocchi
                     Via D. Piani, 6 – 42124 Reggio Emilia
                         e-mail: luigi.cocchi@libero.it

   Ho letto con piacere gli articoli pubblicati nella Giovane Montagna riguar-
danti la micologia dei monti parmensi, e si deve concludere che non vi è nessun
carattere generale per distinguere le qualità buone dalle velenose, perché solo i
caratteri botanici possono raggiungere lo scopo, essendo assurdi, come scrive
il Prof. G. Valbusa, i mezzi di riconoscimento nella cottura, nell’annerimento
dell’argento, cambiamento di colore del prezzemolo ecc.. Io, amantissimo di
funghi, sono raccoglitore e buon conoscitore delle qualità mangerecce che cre-
scono sui nostri monti, ma naturalmente per lunghissima pratica, perché l’analisi
non potrei, nè saprei farla. Mi sia quindi permesso di enumerare le qualità che
conosco, e che suggerisco ai molti che vengono da me per consiglio, od anche
mostrandomi i funghi raccolti nelle loro peregrinazioni montane. Nella prima-
vera sono impossibili gli avvelenamenti, perché sul finire dell’aprile, o nella
prima quindicina di maggio, secondo si presenta più o meno presto la primavera,
non crescono che i prugnoli, le spugnole di diversa qualità e colorazione, colla
mitra a cono, ed i forellini irregolari. E un fungo fragile e saporito. Mi si dice
che ve n’ha una qualità coi fori disposti regolarmente e non commestibile; io
però non l’ho mai trovata. Il prugnolo trovasi dappertutto nei prati, nelle selve
e nei boschi. In generale si vede di lontano dove cresce, perché l’erba è disposta
a semicerchio, ed è più nera ed alta della circostante. Ai lati esterni crescono i
funghi, più apprezzati se sono piccoli, perché servono bolliti nell’aceto bianco,
poi coperti d’olio nei vasi, da ricercatissima salsa. Credo che, ad eccezione del
tartufo, sia il fungo più apprezzato, ed infatti il suo costo è di molto superiore a
quello del porcino. Non la pensano così a Roma dove, avendone spediti alcuni
a vecchi amici, mi furono sequestrati. Cosa avrà detto dal Cielo il compianto
micologo Prof. Bresadola? Gli sarà sfuggito il detto: Videbis fili mi, quam parva
sapientia regitur mundus ? Di funghi, la seconda metà di giugno, se è piovuto
un bel po’, ne nascono diversi. La quantità maggiore è data dal porcino nero che

                                        27
è consumato specialmente fresco, perché seccato non dura, e si aspetta quello
dell’autunno e, tante volte, inutilmente, perché, come l’anno passato, non se
ne ebbero. E pensare che, ad esempio per Civago, costituisce uno dei cespiti
maggiori di guadagno: due anni or sono ne raccolsero per più di trentamila lire,
e si vedevano automezzi pieni di porcini freschi partire, o per Pievepelago, o per
Castelnuovo di Garfagnana. E’ conosciuto da tutti: scuro da noi, e bianco quasi, in
mezzo ai faggi. Fra le diverse qualità, deve essere velenoso il solo boleto lurido
che è rossastro, e diventa turchino se si rompe. I negozianti uniscono ai porcini
secchi, le gambe di diverse colombine, le quali sono bianchissime. L’occhio
vuole la sua parte, dicono, ma se questo è contentato, la qualità non guadagna
che un fungo insipido e coriaceo. Specialmente nell’autunno, ma anche nel
Giugno nascono le gambe secche (cappelline) a gruppi, o a semicerchio come
i prugnoli e, come per questi, la loro presenza è indicata dall’erba più alta e più
scura. Il cappello è più scuro delle laminelle e tende al giallognolo. Sono molto
apprezzate. Si trovano pure in primavera il prataiolo ed il prataiolo maggiore
ma hanno caratteri così spiccati che bisogna proprio non averne nessuna co-
noscenza per confonderli con qualche specie di Amanita. Globoso da giovane
nel cappello, arriva anche a 20 cm, le lamelle libere presso il gambo esprimono
diversa colorazione, che dal carnicino al rosso, passa al bruno porpora nel fungo
adulto. Ha carne buonissima, profumata. Fatta eccezione del tartufo del quale,
da tempo, si tenta la coltivazione, è l’unico fungo che si possa ottenere artifi-
cialmente, e se ne veggono, in certe stagioni, pieni i banchetti nei mercati; ma
non sono così saporiti come quelli che spuntano naturalmente. Bisogna andare
sotto il Prampa, a circa 1500 metri, alla casa del matto, per trovarli nei prati
a gruppi, a colonie; e sulle bragia, con olio e sale, portati all’uopo, arrostirne
qualcuno e divorarli con pane fresco, bevendo l’acqua di quelle fonti che non
la cedono alla famosa di San Geminiano, sotto San Pellegrino. In tale epoca si
trovano pure il tartufo nero, l’ovulo buono, la vescia gommata, il peto di lupo e
gli scivoloni (blisgot) detti così da noi per la untuosità che ne ricopre il cappello.

  Dei tartufi è inutile parlarne, perché le diverse qualità che si trovano anche da
noi, cioè quello nero, quello d’estate, il falso, il bianco ed il nero vengono rac-
colti da specialisti, fino a qualche tempo fa per mezzo di maiali, ed ora, dai cani,
perché coi primi si andava troppo piano, ed ora col prezzo che hanno raggiunto,
si tratta di arrivare primi. In genere si sta sulle cinquanta lire, ma a Genova, in
una vetrina di un ristorante, ne ho veduta una pallottola che sarà stata da 200
a 300 gr.e che portava un biglietto colla scritta: L. 100. Ma eravamo alle feste
natalizie e quindi.... transeat. L’ovolo buono detto comunemente boleto, viene

                                         28
specialmente nell’agosto e settembre: ha cappello carnoso, gambo ingrossato
alla base e volva grande, che mentre lo avvolge tutto quando è giovane, tanto da
farlo sembrare un uovo - e di qui il nome - crescendo resta nella maggior parte
attorno alla parte inferiore del gambo. E’ giallo e molto ricercato. L’ovolo falso,
velenosissimo, è di colore aranciato, e sul cappello porta residui rugosi della
volva. La vescia gommata ed il peto di lupo sono comuni da noi e conosciuti
bene. Crescono al tempo dei prataioli, e sono saporiti; ma bisogna mangiarli
giovani, quando la carne è soda: dopo anneriscono ed emettono le spore sotto
forma di polvere bruno scura. Lo scivolone quando è giovane, ha la forma di un
globo: crescendo ha il gambo che si allunga fino ad una ventina di centimetri;
porta l’anello, ed il cappello è segnato tutto attorno da una dentatura. Bisogna
conoscerli bene, perché facilmente si scambia con altre qualità affini, che sono
molto dannose. E veniamo all’autunno, nel quale troviamo la maggior quantità
di funghi. Primeggia il porcino nelle sue diverse qualità, e vi si trovano anche in
maggior coppia il pratajolo, l’ovolo buono e le gambe secche. Poi fra i più noti e
sicuri i chiodini, il grifone, le ditole gialle o manine, il gallinaccio, i catenaccioli,
le pastelline, i morirli, i cirimballi e le lingue (Cardéll) che vengono attaccate
ai tronchi vecchi di querce. Chi non conosce i chiodini che spuntano vicino ai
tronchi, variando di colore, dal giallo al rossastro, col cappello piccolissimo che
può raggiungere fino a 15 centimetri di diametro, con l’anello nella parte supe-
riore del gambo, e tutti uniti come un bel mazzo di fiori? Si mangiano lessati, poi
fritti nel lardo, con dell’aglio, ma il loro sapore è piuttosto acre. Ve ne è un’altra
qualità che forse si presenta prima della venuta dei buoni. Spunta pure a mazzi,
ma non ha anello al gambo e la dicono velenosa. Dovrei mettere come ultimo il
grifone, che raggiunge fino il peso di diversi chilogrammi, e cresce ai piedi dei
castagni, e, quasi sempre nello stesso posto. Non si possono precisare meglio
i suoi caratteri che paragonandolo alla permanente di tante signorine. Gambi
bianchi, cappelli bruno marrone e, lessati e fritti, non la cedono alla migliore
carne di pollo. Crescono quando cadono le castagne. Vi sono le ditole gialle
(didlein) nei boschi, d’estate e d’autunno a cespi che possono raggiungere anche
i 15 centimetri. Si utilizza il gambo quando è giovane, perché usandosi special-
mente fritto, la parte superiore diventa secca, prima che il gambo possa essere
gustato. Il gallinaccio ed il catenacciolo (galdein e cadnazò) si assomigliano
molto. Il loro colore è giallo più o meno intenso, e sembrano appunto la cresta
doppia di un gallo. Benché sia profumato da giovane, non è molto apprezzato,
e, lessato e fritto, è piuttosto coriaceo. Vengon le pastelline, così dette perché
la loro superficie è al tasto come la pasta, qualcuna in primavera, ma molte
nell’autunno, isolate o a colonie. Bianche, cenerine, a globo, col cappello di

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diversi centimetri piegato da una parte quasi con civetteria, su un gambo storto
in generale. Sono prelibatissime come contorno e nella pasta asciutta, e non la
cedono al prugnolo, tanto più che sono molto più tenere. E veniamo ai morirli
disconosciuti dai più, vengono dette con questo nome anche certe colombine
che si presentano con tale colore, ma la differenza è grandissima. Nascono a
gruppi, a fila i primi, piccolissimi, duri; questi sortono generalmente nei boschi,
ed hanno il globo resistente, e si presentano vicini, ma isolati. Si possono anche
seccare. Quelli che si presentano dopo a file, o a gruppi, in quantità straordina-
ria, da raccoglierne dei cesti, hanno il colore più o meno scuro a seconda del
luogo in cui crescono, specialmente ombroso, umido e posto a settentrione. A
differenza dei primi hanno il gambo cedevole, che nel diventare vecchio assu-
me punteggiature rossastre. La specialità di tale fungo, oltre alla bontà è che,
se va un po’ bene la stagione, si può trovare in quantità anche verso la metà di
Dicembre. Chi non si è messo a correre vedendo di lontano le file dei cirimbal-
li, come li chiamano i Toscani ? Si trovano anche isolati in poca quantità, ma
specialmente in file circolari come i prignoli, e, come questi, in mezzo all’erba
alta e più scura della circostante. Ve ne sono anche una ventina nello stesso
posto, piccoli, più grossi ed anche di diametro di quasi venti centimetri. Hanno
il gambo più grosso in fondo che va man mano restringendosi, ed il cappello
ha tutto un orlo ripiegato in su. Molti, anche del mestiere, non lo conoscono, o
non lo raccolgono, ma se il gambo è duro e da trascurarsi, il cappello tagliato a
fette, lessato e infarinato, è molto superiore ai chiodini, al gallinaccio, ai cate-
naccioli, ed anche alle lingue (cardéll). Si trovano queste nei tronchi vecchi di
albero sovrapposte l’una alle altre, bianco rossicce, carnose, che pure finiscono
nella padella, lessate infarinate e fritte. Queste le qualità che conosco bene e
che consiglio di raccogliere. Ve ne sono altre che giurerei che sono buone e,
quando le trovo, le guardo, le esamino, ma finisco col dirmi, come Don Ab-
bondio: «Carneade, chi era costui ?» E le lascio lì. Ho tralasciata la spugnola
d’autunno, non la bastarda gigante che non ho mai trovata, ma quella bianca
che ha il gambo da pochi centimetri ad una quindicina, scanalato, vuoto e che
ha il cappello formato da tante laminelle distese, od arricciate e che si trova nei
boschi, nei prati a due, a tre ed alle volte in quantità da riempirne un cesto. Se
non che, quando si utilizza, bisogna guardare bene dentro il gambo, il quale,
essendo vuoto, è gradita dimora di un numero grandissimo di bestioline, di
diversa specie. Come si è sempre detto, per evitare avvelenamento più o meno
gravi, sarebbe ottima cosa, mettere nelle scuole le figure colorate e di grandezza
naturale. Così i ragazzi le imparerebbero a conoscere bene, essi, che, correndo
pei boschi alla custodia del bestiame, sono quasi sempre quelli che portano alle

                                        30
loro famiglie i funghi che trovano. Ho detto sul principio che sono abbastanza
buon conoscitore e raccoglitore di funghi. Come conoscitore passi, ma ormai
la mia età non mi permette più, a malincuore, di abbandonarmi alle corse, alle
ricerche che facevo un tempo. Non ho la fortuna del Cusna che ogni anno torna
a svegliarsi Ed anche poco tempo fa, vedendo che ormai la neve se ne andava,
volgendomi a lui, mi son detto :
      « Per té tutt’i ann a vin la primavera
    A torna al verd al piant, i prèé a fiorir;
    An gh’e ’na vous per mé ch’la déga spera,

      E, cmé té bianc, am seint svein a morir ».

                                 *** *** ***
L’informazione dell’esistenza del testo che pubblichiamo ci è venuta da Gio-
vanni Sacchini (l’amico con il quale già ci fu un’interessante collaborazione
in occasione dell’Opuscolo 2018 “XLIII Mostra Reggiana del Fungo” e che
ringraziamo di cuore) che nel segnalarci l’esistenza di questo testo sulla rivista
La Giovane Montagna (su un numero del 1938), ci disse che ne esisteva una
versione pubblicata anche in formato opuscolo (nei Quaderni della Giovane
Montagna). Il caso ha poi voluto regalarci la sorpresa di scoprire che una delle
tre Biblioteche della nostra regione in cui il “raro” Quaderno è conservato sia a
Reggio presso la Biblioteca provinciale dei Frati Minori Cappuccini. A questo
punto un altro caldo ringraziamento va all’amico e Socio del Gruppo Giacomo
Borgatti che, con grande pazienza, ci ha procurato le immagini di quel Quader-
no che poi è stato ribattuto per la pubblicazione su questo opuscolo, essendo
le immagini davvero difficili da riprodurre per consentirne un’agevole lettura.

                                 *** *** ***
Il Dr. Severino Moratti (1862-1943) è stato farmacista a Villa Minozzo per più
di trent’anni, accompagnando la sua professione con un vivace interesse per la
letteratura e la poesia. Pubblicò anche alcune raccolte di versi, con numerose
poesie scritte anche in dialetto. Questo suo articolo sui funghi, dopo essere
uscito sulla rivista La Giovane Montagna (Rivista mensile di Studi Montanari
– Parma 15 settembre 1938), fu appunto stampato anche come Quaderno nella
“Biblioteca della Giovane Montagna” . Per questa nostra edizione di quel testo,
un particolarissimo ringraziamento va a Maria Grazia Moratti della Libreria
Punto Einaudi (Via Emilia San Pietro, 22 – Reggio Emilia) che, contatta da
Giovanni Sacchini, ha mostrato squisita disponibilità e cortesia procurandoci

                                       31
l’immagine del suo bisnonno e facendosi anche interprete presso il “ramo reg-
giano” dei nipoti di Severino del nostro interesse. Da qui abbiamo così ricevuto
la bella fotografia del bisnonno e un consenso ad usare liberamente il testo,
due cose che aggiungono un elemento di gratitudine verso un testo per noi di
grande interesse anche nei suoi aspetti di contenuto.

                                      32
DUE SPECIE DI LACTUCA A CONFRONTO
                                      di
                                Amer Montecchi
                          Via Diaz 1142019 Scandiano
                       e-mail: amermontecchi@gmail.com.

Lactuca virosa L. (= Lactuca velenosa). Pianta nota per il territorio reggiano
solo da due decenni. Presente con poche piante in località Busana (RE).
Di facile identificazione per le maculature rossastre sulla rosetta basale, sulle
foglie adulte e sul fusto. Fiori gialli, semi scuri, panciuti privi di ciglie.
Lactuca serriola L. (= lactuca selvatica ). Molto diffusa nel reggiano, può avere
foglie intere o fessurate, prive delle maculature rossastre, fiori gialli, semi più
affusolati e meno scuri di quelli della L.virosa, nella parte superiore sono cigliati.
Come nei Crepis e Cicorie anche nella Lactuca serriola le parti commestibili
sono le foglie delle prime rosette

                          Ogni lunedì sera alle 21
                   ci incontriamo presso la nostra sede
                              Via Amendola 2
                      per controllare i funghi raccolti
                                      ed
                           osservare le immagini
                               di altri funghi.
                                    Sopra
                     la piantina di come raggiungerci

                                         33
Lactuca virosa - Velenosa    Lactuca serriola - Commestibile

                            34
35
ANDAR PER FUNGHI
         Sarcoscypha coccinea (Grey) Boud. 1885
                                      di
                                Angelo Miceli
                            SS. 114 C.da Granata, 6
                              I - 98125 Messina
                             amipreside@alice.it

Un piccolo ascomicete dalla forma particolare e dai meravigliosi colori che,
ancora una volta, confermando la nostra teoria che vuole accomunare, limitata-
mente alla forma ed alle numerose sfumature cromatiche che li caratterizzano,
i nostri “amici del bosco” ai fiori, ai quali, riteniamo, i primi possono essere
paragonati senza minimamente sfigurare, ci fornisce lo spunto per questa nuova
“Riflessione Micologica”.
E’ opportuno, prima di addentraci nella trattazione della specie, fare delle pre-
cisazioni di ordine generale che ci consentano di meglio affrontare l’argomento
visto che, diversamente a quanto sinora abbiamo fatto, ci accingiamo a trattare
di un fungo appartenente alla classe Ascomycetes.
I funghi, in considerazione della diversità con cui producono le spore, sono divisi
in due grandi classi: Basidiomycetes e Ascomycetes. Alla prima (Basidiomycetes)
appartengono funghi che sviluppano le spore all’esterno di elementi allungati, più
o meno claviformi, detti basidi (dal latino basìdium ovvero supporto, piedistallo)
sulla cui parte apicale si trovano dei particolari sostegni detti sterigmi alla cui
estremità si formano le spore. Alla seconda (Ascomycetes) appartengono funghi
che sviluppano le spore all’interno di “sacche, astucci” normalmente di forma
allungata, similari al baccello di un pisello, chiamati aschi (dal greco askòs,
piccolo sacco, otre). Per quanto sopra, le spore dei Basidiomycetes vengono
anche definite esospore perché formate all’esterno del supporto di riproduzione,
mentre le spore degli Ascomycetes vengono chiamate endospore, perché formate
all’interno del supporto di riproduzione (Vedi Tavola n. 1).
Le numerosissime specie appartenenti alla Classe degli Ascomycetes si pre-
sentano con una pluralità di forme che, senza minimamente volere entrare nel
dettaglio della morfologia-sistematica, in considerazione della tipologia delle
singole fruttificazioni, riconducono, essenzialmente, a tre tipicizzazioni:

                                        36
•  Ascocarpi che presentano l’imenoforo completamente esposto all’aria:
       apoteci
    • Ascocarpi che si presentano quasi completamente chiusi, comunicanti
      con l’esterno per mezzo di una piccolissima apertura posizionata, gene-
      ralmente, nella zona apicale: Periteci
    • Ascocarpi completamente chiusi, spesso a crescita ipogea o semiipogea:
      Cleistoteci

Apotecio (Vedi Tavola n. 2)
Con il termine apotecio si è soliti individuare corpi fruttiferi che si presentano
con forme di varia natura, spesso a forma di coppa. Sono caratterizzati per la
particolare ubicazione dell’imenoforo (zona fertile del fungo dove si formano
le spore) che è posizionato sulla superficie interna, ovvero quella più visibile
dove, durante tutte le fasi di maturazione, rimane sempre esposto all’aria e non
è coperto da alcuno strato protettivo. L’imenoforo è posizionato su una struttura
sterile che funge da supporto denominata excipulum o periderma (Vedi Tavola
n. 3) che generalmente risulta formata da più strati [Tolaini F., 2008; Medardi
G., 2012]. I corpi fruttiferi possono essere singoli (esempio: Peziza, Otidea…)
o aggregati, in tal caso si presentano come fruttificazione complessiva (esempio
Genere Morchella).

Peritecio (Vedi Tavola n. 4)
Con tale termine si identificano corpi fruttiferi di piccole dimensioni, a forma di
fiasco, di ampolla, più o meno rotondeggianti o allungati, nei quali la zona fertile
(imenoforo) è racchiusa all’interno di un corpo globoso cavo che, a maturità,
si apre nella parte sommitale consentendo la fuoriuscita delle spore attraverso
un poro chiamato ostiolo [Tolaini F., 2008; Medardi G., 2012]. I corpi fruttiferi
possono presentarsi isolati o aggregati, in tal caso, anche questi, assumono la
denominazione di fruttificazione complessiva (Es. Genere Podostroma, Dal-
dinia, Cordyceps, ecc.). La parete esterna dei corpi globosi, generalmente di
consistenza dura e coriacea, composta da ife aggrovigliate e/o compatte, prende
la denominazione di stroma.

Cleistotecio (Vedi Tavola n. 5)
Vengono così identificati i corpi fruttiferi completamente chiusi e circondati
da una membrana consistente chiamata peridio, al cui interno, inglobati in una
struttura più o meno compatta chiamata gleba, trovano posto gli aschi e le spore.

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