RASSEGNA STAMPA CGIL FVG - lunedì 19 novembre 2018

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RASSEGNA STAMPA CGIL FVG – lunedì 19 novembre 2018
(Gli articoli di questa rassegna, dedicata prevalentemente ad argomenti locali di carattere economico e sindacale, sono
scaricati dal sito internet dei quotidiani indicati. La Cgil Fvg declina ogni responsabilità per i loro contenuti)

ATTUALITÀ, ECONOMIA, REGIONE (pag. 2)
Sindacati contro il Governo, mobilitazioni anche in Fvg (M. Veneto)
Pensioni a quota 100, in Fvg via d’uscita per 12 mila lavoratori (M. Veneto, 3 articoli)
Lo stop definitivo al polo di Pramollo sblocca 48 milioni per la montagna (Piccolo)
La strada di Comeglians riaperta in tempi record. Ponte rifatto per Natale (M. Veneto)
Ricostruzione del ponte di Genova, in corsa tre colossi della regione (M. Veneto)
CRONACHE LOCALI (pag. 8)
Nasce la residenza per anziani con annesso ambulatorio medico (M. Veneto Pordenone)
Mancano 50 bidelli: «Sorveglianza degli alunni a rischio» (M. Veneto Pordenone)
“Concorsone” dei vigili, in 41 superano l’ultimo test (Piccolo Trieste)
Medici d’accordo: sì con Trieste, ma con integrazione alla pari (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
Crescono gli anziani che vivono da soli. Forniti 17 mila pasti (Piccolo Gorizia-Monfalcone)

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ATTUALITÀ, ECONOMIA, REGIONE

Sindacati contro il Governo, mobilitazioni anche in Fvg (M. Veneto)
«Mancano le risorse per gli investimenti, poiché si privilegia la spesa corrente, con misure che non
determinano creazione di lavoro ma rischiano di rappresentare mere politiche di assistenza. Il
contrasto alla povertà è senza dubbio una priorità per il Paese, ma non si può combatterla se non c’è
lavoro e se non si rafforzano le grandi reti pubbliche del Paese: sanità, welfare, istruzione e servizi
all’infanzia». È il giudizio unitario di Cgil, Cisl e Uil sui contenuti della manovra nazionale, al
centro di una mobilitazione in tutto il Paese. Mobilitazione che nei prossimi giorni interesserà tutte
le province del Friuli Venezia Giulia, con quattro attivi territoriali dei delegati promossi da Cgil,
Cisl e Uil. Quattro gli appuntamenti in regione, tra martedì 20 e venerdì 23 novembre, che
coinvolgeranno complessivamente un migliaio di delegati. Ad aprire il programma Monfalcone,
dalle 9. 30 alle 13 di martedì, al centro congressi Marina Lepanto. L’incontro sarà chiuso da Ivana
Veronese, segretaria confederale della Uil. Seguiranno Pordenone e Udine, entrambe il 22
settembre, sempre dalle 9. 30 alle 13, rispettivamente alla Casa dello Studente e al Centro congressi
Enaip di Pasian di Prato. Per le segreterie nazionali interverranno Piero Ragazzini della Cisl e
Giuseppe Massafra della Cgil. A chiudere la tornata l’appuntamento di Trieste, venerdì 23
novembre nella sala ex Friulia di via Locchi, sempre al mattino. Le conclusioni saranno di Claudio
Treves, segretario nazionale del Nidil Cgil. In materia di previdenza, per i sindacati, è positiva
l’apertura di una base di confronto su “quota 100”, ma non è sufficiente a determinare il necessario
cambiamento strutturale del sistema. Manca, infatti, qualunque riferimento alla pensione di garanzia
per i giovani, agli interventi a favore delle donne, ai lavoratori precoci e lavori gravosi e la
separazione tra previdenza e assistenza. Troppo poche, per i sindacati, sono anche le risorse
finalizzate agli investimenti, necessari per creare lavoro e rispondere all’emergenza occupazionale
che colpisce giovani, donne e il Sud del Paese. Solo un intervento choc sul lato investimenti, per
Cgil, Cisl e Uil, può determinare effetti anticiclici e far ripartire la crescita, lo sviluppo e quindi
l’occupazione.

Pensioni a quota 100, in Fvg via d’uscita per 12 mila lavoratori (M. Veneto)
Riccardo De Toma - C’è chi si allarma per gli effetti sul debito pubblico, come la maggioranza
degli economisti, il presidente dell’Inps Tito Boeri e ovviamente Elsa Fornero, strenua paladina
della sua riforma previdenziale. L’unica, sostiene l’ex ministra del Lavoro (in buona compagnia),
capace di garantire la sostenibilità nel tempo della spesa previdenziale e quindi le future pensioni.
Però ci sono anche centinaia di migliaia di lavoratori che sperano e fanno il tifo, più o meno in
silenzio, perché quota 100 vada in porto. Se non subito, cioè dal 1° gennaio, e per tutti, almeno a
partire dalla prima finestra utile. Che almeno per i dipendenti pubblici, sostiene qualcuno, potrebbe
anche slittare di qualche mese.
LA PLATEA Quanti sono? Difficile dirlo con esattezza e molti, probabilmente non a torto,
sostengono che non lo sappia bene neppure il Governo. Qualcuno ha parlato di 350 mila, altri di
650 mila, il vicepresidente del Consiglio Luigi Di Maio ha detto 500 mila. Nel vortice di numeri,
l’ipotesi più documentata è quella presentata il 12 novembre alle commissioni riunite di Camera e
Senato dall’Ufficio parlamentare di bilancio: la platea di aventi diritto, secondo la relazione
presentata alle Camere, è di 437 mila contribuenti attivi, cioè persone che versano i contributi e che
attualmente sono al lavoro.
IN FRIULI VENEZIA GIULIA Quanti di questi risiedono in Friuli Venezia Giulia? Applicando a
quella platea nazionale la percentuale ponderata di nuove pensioni liquidate in regione nel 2017,
distinte per tipo di pensione (vecchiaia e anzianità), categoria di contribuenti (dipendenti privati,
pubblici, lavoratori autonomi) e genere, la stima è di quasi 12 mila persone, per l’esattezza 11.700,
con i lavoratori del settore pubblico (4.500) addirittura in maggioranza rispetto ai dipendenti privati
(4.300) e una forte rappresentanza anche di autonomi (quasi 3.000). Si tratta di una stima, ma molto
vicina alla realtà, perché è ragionevole pensare che la composizione territoriale dei flussi di
pensionamento, nel 2019, non farà segnare sostanziali differenze rispetto allo scorso anno.
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PREVISIONE DIFFICILE Quello che va chiarito da subito è che al momento si sta ragionando solo
su una platea, peraltro impossibile da definire con precisione fino a che la legge e le relative norme
di attuazione non verranno messe nero su bianco. Tra i grandi nodi da sciogliere, quello
sull’applicazione a quota 100 dei meccanismi di adeguamento all’aspettativa di vita, che dal 1°
gennaio (salvo slittamenti) porteranno a 67 anni l’età minima per la pensione di vecchiaia, a 43 anni
e 3 mesi l’anzianità richiesta per la pensione anticipata e, presumibilmente, (altro tema molto
dibattuto in questi giorni), l’innalzamento a 41 anni e 5 mesi della cosiddetta quota 41, introdotta
dal 2017 per i lavoratori “precoci”.
IL BENEFICIO Salvo adeguamenti all’età già in partenza, che di fatto la trasformerebbero da
subito in quota 101, quota 100 potrà essere raggiunta non con qualsiasi combinazione utile di età e
anzianità, ma partendo da un doppio requisito minimo, rispettivamente di 62 anni (di età) e 38 (di
contributi). Non sarà sufficiente una combinazione dove uno dei due criteri non risultasse
soddisfatto, come ad esempio una combinazione di 61 anni di età e 41 di contributi: mancando il
requisito minimo di età, un lavoratore in questa situazione (quindi con una quota teorica di 102) non
potrà ancora accedere alla pensione. Nel caso più favorevole, quello di un lavoratore che
raggiungesse quota 100 proprio a gennaio 2019, lo “sconto” sarebbe di 5 anni rispetto ai tempi di
pensionamento previsti dalla Fornero, che a partire dal 1° gennaio 2019 prevede un’età minima di
67 anni per la pensione di vecchiaia (o in alternativa 43 anni e 3 mesi, quindi 5 anni e 3 mesi in più,
per la pensione anticipata). In realtà lo sconto è maggiore, perché nel biennio 2023-2024 la soglia
minima per la pensione di vecchiaia salirà a 67 anni e 4 mesi.
LA SCELTAPer molti lavoratori, in realtà, lo sconto sarà minore, in particolare per quelli che per la
pensione attendono soltanto il varo della misura, avendo già maturato nel 2018 o prima ancora i
requisiti di quota 100. Quanto alla scelta se accedere o meno al beneficio, dipenderà da molti fattori,
a partire da quello economico: dal momento che ogni anno di anticipo dell’uscita, riducendo il
montante contributivo, comporterà una riduzione dell’assegno pensionistico, è presumibile che, in
presenza di un lavoro non eccessivamente gravoso, un lavoratore preferisca rimandare
l’appuntamento con la pensione. Il numero di beneficiari effettivi, quindi, sarà più basso rispetto
alla platea potenziale.
Il rebus della spesa
Boeri fa i conti: «In 10 anni costerà ben 140 miliardi»
Assegni ridotti fino al 30% per chi sceglie di andarsene prima
testo non disponibile

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Lo stop definitivo al polo di Pramollo sblocca 48 milioni per la montagna (Piccolo)
Diego D’Amelio - Quarantotto milioni per la montagna, da suddividere fra impianti sciistici,
ricettività e realizzazione della banda larga. Sarà la giunta Fedriga a sbloccare definitivamente la
partita legata alla mancata realizzazione del nuovo comprensorio di Pramollo, andato in cavalleria
dopo anni d’attesa: un passaggio che ora consente alla Regione di fare ricorso ai mutui previsti in
era Illy, ma mai accesi a causa dei continui rinvii sulla costruzione della funivia Pontebba-Pramollo
e delle strutture alberghiere connesse al potenziamento dell’area. Dopo una serie infinita di ricorsi e
rimpalli di responsabilità, la vicenda si era chiusa negli ultimi mesi del mandato di Debora
Serracchiani, che aveva sancito in legge il termine della questione, cancellando l’interesse pubblico
a partecipare al piano di project financing messo in campo molti anni prima ma divenuto inattuale
davanti all’innalzamento delle temperature in montagna e alla constatazione che i maggiori vantaggi
turistici sarebbero andati al versante austriaco della montagna. Da qui la scelta di ritirarsi,
confermando però la destinazione dei 48 milioni ai territori montani per la messa in sicurezza degli
impianti sciistici e prevedendo intanto un primo contributo da 11, 5 milioni per il Comune di
Pontebba, trovatosi penalizzato dal sogno sfumato rappresentato dal progetto basato sulla
collaborazione pubblico-privato. Altri 2 milioni Pontebba li avrebbe ricevuti per la demolizione di
tre caserme dismesse. Il via all’operazione sarà dato ora dalla manovra di bilancio, nell’ambito del
ricorso all’indebitamento che la giunta Fedriga sta valutando da alcune settimane. I mutui
potrebbero valere alcune centinaia di milioni e al loro interno l’esecutivo inserirà i 48 riguardanti la
montagna, modificando però l’impostazione data dal centrosinistra che, oltre ai fondi per Pontebba,
voleva destinare tutto lo stanziamento agli impianti di risalita. Una brutta sorpresa avrà poi il
sindaco di Pontebba, che ha già presentato il piano per l’utilizzo degli 11, 5 milioni previsti ma che
dovrà ridimensionare le pretese, perché il centrodestra intende investire soprattutto su ospitalità e
banda larga in tutto l’arco alpino regionale. Come spiega l’assessore al Turismo, Sergio Bini, «con i
fondi destinati a Pramollo non realizzeremo solo un intervento sugli impianti ma produrremo un
ammodernamento delle strutture ricettive, ovvero alberghi e appartamenti, che è il nostro pallino
per dare una svolta al turismo, che deve basarsi su più quantità ma soprattutto più qualità».
Un’intenzione che si lega alla norma di prossima approvazione in Consiglio regionale, che consente
agli alberghi ampliamenti in deroga fino al 60% e addirittura senza limiti se necessario per
l’ottenimento della quarta stella. Un intervento di rilievo anche dopo l’assegnazione al Fvg del
Festival invernale della gioventù europea Eyof 2023 e della necessità di garantire ospitalità
all’altezza. La conferma dell’indirizzo assunto arriva anche dall’assessore al Bilancio, Barbara Zilli:
«Ne abbiamo parlato in giunta e riteniamo che i fondi ex Pramollo debbano seguire una strategia
per il rilancio della montagna. L’occasione per presentare la nostra proposta saranno gli “Stati
generali della montagna”, convocati dal presidente Fedriga alla fine di questa settimana». Secondo
Zilli, «le risorse non possono essere destinate alla sola impiantistica, ma devono avere carattere
stabile e duraturo: da questo punto di vista riteniamo fondamentali la ricettività alberghiera e il
miglioramento delle infrastrutture digitali, perché senza banda larga ormai non è più possibile fare
impresa e creare occasioni di crescita stando al passo coi tempi».

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La strada di Comeglians riaperta in tempi record. Ponte rifatto per Natale (M. Veneto)
Viviana Zamarian - Li puoi contare da lassù. Puoi contare ogni albero caduto. Ce ne sono a
centinaia schiantati a terra. Tra i boschi, ai lati di strade e torrenti. L’elicottero AS 350 B3 si ferma
sopra il troncone del ponte rimasto a Comeglians, l’altro pezzo se l’è portato via la furia del torrente
Degano. Oggi, meno di tre settimane dopo l’alluvione, sarà riaperta ad auto e mezzi pesanti la
viabilità sulla sr 355. Ieri, la simbolica inaugurazione della nuova bretella che porta a Sappada. È
stata questa la prima tappa della ricognizione in volo dell’assessore regionale alla Protezione civile
Riccardo Riccardi e del direttore regionale della Pc Amedeo Aristei. Perché tanto si è fatto,
correndo contro il tempo. Ma molte criticità restano. Da Comeglians a Ravascletto fino a Paluzza.
Qui il portellone dell’elicottero viene aperto sopra la frana che si è mangiata una porzione della 52
bis Carnica. Accanto c’è già la nuova bretella realizzata in meno di 24 ore per raggiungere Cleulis e
Timau. «Guardate là che devastazione». Indica un lato della montagna Riccardi seduto alla sinistra
del pilota Agostino Filipaz. «Il vento ha spazzato via tutto - aggiunge - ma si è lavorato in tempo
record». A comegliansPoco dopo le 9.30 si decolla dalla base eliporto Elifriulia a Tolmezzo.
Dall’alto lo sguardo abbraccia la Carnia operosa, quella che non si lamenta, lavora e non conosce
domenica. Il sole la illumina, ma si pensa già alla neve che arriverà domani. «Non ci voleva proprio
adesso». Il rumore degli escavatori in azione ci accoglie a Comeglians. Entro Natale si vuole
concludere la posa del ponte provvisorio - ripristinandone la viabilità - e per questo non ci si può
fermare. Poi, in un secondo momento, si provvederà a ricostruirlo e bisognerà trovare 2 milioni di
euro. Ma intanto si riparte e si danno risposte a comunità e imprese. Lo sa bene il sindaco Stefano
De Antoni. Così come l’assessore regionale alle Infrastrutture Graziano Pizzimenti. «Siamo di
fronte a una impresa per quanto riguarda i tempi e i modi di realizzazione» dice. È il Friuli che si
rialza e lo fa senza troppo clamore. Il Friuli «che ancora una volta - spiega Riccardi - dimostra che
serve solo qualche settimana per rimettersi in piedi e questa è la lezione più importante. La nostra
Regione ha saputo reagire grazie a questo popolo che si tira su le maniche e va avanti». E questo è
dimostrato dalla collaborazione tra Pc, Regione, Fvg Strade, volontari, cittadini e amministratori.
L’EMERGENZALa forza del Degano la cogli dal cielo. Ha strappato via una parte del ponte.
L’ultima occhiata ai lavori e si riparte. Direzione Arta Terme. C’è il tempo per fare il punto della
situazione. Perché ora c’è un dopo alluvione da affrontare. Considerato che i danni ammontano a
mezzo miliardo di euro. «Abbiamo fronteggiato l’emergenza - afferma Riccardi - in tempi stretti.
Ora però il tema che si apre sarà capire come organizzare il dopo, questa è la partita vera da
affrontare. Si tratta di individuare le risorse, allocarle sulle priorità e progettare il sistema
organizzativo che dovremmo mettere in piedi, con il coordinamento della Protezione civile, e i
procedimenti in capo alle singole competenze che riguardano le infrastrutture, il patrimonio
boschivo, il contenimento dei corsi d’acqua, il rischio idrogeologico e la garanzia di poter avviare la
stagione invernale turistica alle porte. Senza contare i progetti e le autorizzazioni. Tutte queste
decisioni saranno in capo al commissario per l’emergenza che è il presidente Massimiliano Fedriga
con cui nei prossimi giorni faremo il punto della situazione».
ARTA E PAULAROIl sindaco Luigi Gonano e l’assessore Andrea Faccin ci aspettano a bordo di
un mezzo della Pc. Ci guidano mostrandoci lo smottamento pericoloso sulla strada di Rosa dei
venti, l’erosione spondale sul But nel parco delle terme e il cedimento della via che conduce agli
impianti sportivi. Sindaco e assessore scendono dal mezzo, spostano transenne, mostrano i danni.
Pensano a come risolverli, chiedono cosa poter fare. «Non sono degli amministratori, sono degli
eroi» commenta Riccardi. Intanto il conto aperto dalla Pc per aiutare le popolazioni colpite dal
maltempo ha raggiunto, verso le 12, quota a 31.086 euro. «Si è messa in moto una macchina della
solidarietà pazzesca in tutta la regione». Da Arta a Paularo. Si atterra dopo aver sorvolato la chiesa
parrocchiale che il vento ha scoperchiato e che i ragazzi del soccorso alpino sono riusciti a
sistemare subito. E loro ci accolgono assieme al sindaco Daniele Di Gleria e ai volontari della Pc.
«È un bene troppo prezioso e poi c’è il rischio che vengano a rubare il rame» teme il primo
cittadino. A garantire la corrente elettrica a Paularo da tre settimane ci sono 18 generatori. Che però
hanno bisogno di manutenzione. «So che non è corretto lamentarsi - dice il sindaco - rispetto ad altri
comuni che hanno avuto problemi più gravi e poi ci tengo a ringraziare questi ragazzi della Pc e del
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Soccorso alpino». Li indica, con orgoglio. Che è l’orgoglio di tutto il Friuli. Diretto, vero, genuino,
riservato. Un po’ come questa terra che sta rinascendo. Ancora una volta.

Ricostruzione del ponte di Genova, in corsa tre colossi della regione (M. Veneto)
Anna Buttazzoni - Dieci colossi delle costruzioni. Tre sono del Friuli Venezia Giulia. Alle imprese
Rizzani de Eccher, Cimolai e Fincantieri sono state recapitate le lettere di invito per ricostruire il
ponte di Genova. Il commissario straordinario, e sindaco della città, Marco Bucci, ha scelto le dieci
società che avranno l’onere di rifare il viadotto sul Polcevera, crollato alla vigilia di Ferragosto.Le
dieci imprese contattate hanno professionalità e strutture molto diverse. C’è Salini Impregilo, la più
grande società italiana di costruzioni, con 4,1 miliardi di euro di fatturato, la quasi totalità (il 92 per
cento) realizzato all’estero. E poi Rizzani de Eccher, come conferma il presidente del Gruppo,
Marco de Eccher. L’azienda friulana ha scalato la classifica dei big delle costruzioni fino a
diventare la quinta realtà italiana, con un fatturato che nel 2017 ha superato il miliardo (un miliardo
e 73 milioni, per la precisione) e che quest’anno chiuderà il bilancio attorno alla stessa cifra. Anche
nel caso di Rizzani de Eccher la maggior parte dei risultati vengono dall’estero, l’85 per cento del
fatturato. In lizza c’è anche Cimolai, numero nove in Italia tra i costruttori, con un fatturato di 362
milioni nel 2017, che salgono a circa 500 a livello di gruppo, ricavato per oltre la metà all’estero. Il
Gruppo, di cui Luigi Cimolai è amministratore delegato, è noto in tutto il mondo per le costruzioni
in acciaio e per la specializzazione in edifici e infrastrutture in carpenteria metallica, progetti dei
quali Cimolai cura anche la produzione nello stabilimento di Porcia. E ancora. Fincantieri,
multinazionale che conta su 230 anni d’esperienza, guidata dall’amministratore delegato Giuseppe
Bono. Il Gruppo è quotato alla Borsa di Milano ed è uno dei più grandi gruppi cantieristici al
mondo, leader nella progettazione e costruzione di navi da crociera e unico a livello internazionale
capace di realizzare tutte le tipologie di mezzi navali a elevata complessità. Fincantieri ha chiuso il
2017 in utile per 119 milioni di euro e con ricavi che hanno superano i 5 miliardi (+13 per cento sul
2016). Per caratteristiche differenti fra i tre colossi regionali Rizzani de Eccher è l’unico che da solo
potrebbe impegnarsi nell’opera, demolizione compresa che durerebbe circa quattro mesi, mentre
Cimolai e Fincantieri (specializzate nella lavorazione dell’acciaio) avrebbero bisogno di costituire
un gruppo di lavoro con altre imprese. In corsa per Genova c’è anche la Pizzarotti di Parma, numero
tre in Italia, che l’anno scorso ha presentato un fatturato a quota un miliardo e 160 milioni. In Friuli,
dopo aver costituito l’associazione temporanea d’impresa nel Consorzio Tiliaventum, Pizzarotti con
Rizzani de Eccher sta costruendo la terza corsia dell’autostrada A4. Tra le garndi società invitate dal
commissario Bucci spicca anche Strabag Italia, controllata dal colosso austriaco e attiva da anni in
progetti infrastrutturali in Italia, azienda che già nelle settimane scorse ha presentato una
manifestazione di interesse per ricostruire il viadotto.Il commissario non ha ancora deciso se
affiderà un unico appalto per la demolizione del vecchio ponte e la costruzione del nuovo oppure se
assegnerà due appalti distinti. Venerdì, dopo la firma del decreto, Bucci ha confermato che
qualunque azienda, anche non invitata, potrà inviare la propria richiesta di partecipazione asi lavori.
La manifestazione di interesse per la demolizione e ricostruzione del viadotto dovrà essere
esplicitata entro le 12 del 26 novembre, presentando un preliminare progetto di fattibilità,
specificando tempi di realizzazione e dimensione economica dell’operazione. Nelle intenzioni del
commissario la demolizione del ponte di Genova dovrà partire il 15 dicembre.

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CRONACHE LOCALI

Nasce la residenza per anziani con annesso ambulatorio medico (M. Veneto Pordenone)
Laura Venerus - Arriva per la prima volta a Pordenone una nuova realtà abitativa rivolta ad anziani
con annesso ambulatorio medico. Il rilascio del permesso a costruire è stato dato dal Comune
giovedì e già è stato ritirato per far partire al più presto i lavori. L’autorizzazione è stata data per
«una nuova costruzione assistenziale alberghiera per anziani autosufficienti e vani destinati ad
ambulatorio». Si tratta della costruzione di una palazzina con una ventina di mini-appartamenti
autonomi arricchita da alcune parti comuni, quali una sala da pranzo e garage al piano interrato, che
sarà costruita in via della Selva a Vallenoncello.Il progetto è stato realizzato dallo studio Set e
dall’architetto Ermanno Dell’Agnolo. Lo stesso professionista spiega quali sono i presupposti da cui
è partito per proporre e realizzare una struttura del genere: già piuttosto diffusa in diverse città del
Nord Europa, questa tipologia di edifici ha lo scopo di ridurre o perlomeno ritardare l’inserimento
degli anziani in casa di riposo e permettere loro una vita autonoma più lunga possibile. «Ho
osservato in prima persona, con i miei genitori, cosa vuol dire dover accudire persone anziane,
anche malate - ha spiegato Dell’Agnolo -. Con queste strutture si mantiene un’autonomia e si
offrono anche servizi di assistenza».La struttura sarà data in gestione alla Coop Acli che metterà a
disposizione il proprio personale formato per un’assistenza diurna. Il fabbricato sarà a quattro piani,
con una ventina di mini-appartamenti dotati di zona giorno, zona notte e bagno. Ogni appartamento
sarà autonomo, in modo che i residenti possano scandire i tempi della propria giornata in modo
indipendente dagli altri. Al contempo, è previsto un soggiorno comune con sala pranzo per
permettere agli ospiti di consumare il pasto in comunità, oppure di trascorrere delle ore svolgendo
attività insieme. Saranno realizzati anche bagni assistiti, uno per piano, per agevolare le persone con
ridotta capacità motoria.Al piano terra ci saranno anche ambulatori medici per dare sostegno
sanitario ai residenti e alla comunità tutta. «Premetto anzitutto che non è una casa di riposo, ma una
residenza privata in tutto e per tutto - ha osservato l’assessore Cristina Amirante -. Si tratta della
prima struttura di questo genere in città. Gli ospiti godranno di completa autonomia e allo stesso
tempo un’assistenza diurna a cura del personale della coop. Inoltre, il progetto prevede la
realizzazione del fotovoltaico in un’ottica green e di parcheggi esterni, oltre che di garage interrati
riservati ai residenti e ai dipendenti della coop».Inizialmente la residenza era stata presentata al
tavolo dell’emergenza abitativa, poi l’iter di realizzazione era stato sospeso, per riprendere a pieno
ritmo recentemente: il permesso di costruire è la fase iniziale per porre il primo mattone di questo
progetto a favore della popolazione anziana.

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Mancano 50 bidelli: «Sorveglianza degli alunni a rischio» (M. Veneto Pordenone)
Chiara Benotti - Mancano 50 bidelli in 42 scuole del Friuli occidentale. La relazione causa-effetto a
scuola è chiara per Adriano Zonta e Mario Bellomo allo sportello sindacale Flc Cgil. «Sorveglianza
degli alunni a rischio negli ingressi e nei corridoi - ha aggiunto Zonta -. Gli istituti comprensivi
nella Pedemontana hanno bisogno di un plus di bidelli. A livello regionale agli organici di ausiliari,
tecnici e amministrativi mancano 200 addetti». Nelle scuole i problemi si sommano: un centinaio di
bidelli di ruolo è stato nominato in ruoli amministrativi annuali nelle segreterie scolastiche.
«Segreterie comunque in affanno nel Pordenonese - la verifica è di Bellomo -. Le reggenze 2018-
2019 di una dozzina di vertici amministrativi sono state la soluzione-tampone». I pensionamenti nel
2019 sono un’incognita sui vuoti di organico futuri: domande entro il 12 dicembre 2018.«Le
assunzioni hanno coperto forse il 50-60 per cento dei posti di bidello - ha rilevato Bellomo -. Nelle
nostre scuole c’è una mancanza reale di personale Ata. Le situazioni di disabilità limitano le
mansioni nei vari profili professionali e questo capita senza che l’organico, poi, aumenti in
proporzione i posti di lavoro». Gli inidonei con malattie fisiche croniche o temporanee sono
un’ottantina nel Pordenonese. «I bidelli sono essenziali per fare funzionare la scuola - ha aggiunto
Zonta -. Tanti arrivano da altre regioni per le supplenze». Vigilanza, pulizia, accoglienza, assistenza
all’handicap e sicurezza sono i servizi che servono nelle scuole. «Li garantiscono i bidelli: senza di
loro le scuole chiuderebbero le porte - ha concluso Bellomo -. Eppure gli organici sono all’osso».La
pattuglia di amministrativi e tecnici non basta nell’istruzione provinciale: le risorse sono ridotte da
almeno quattro anni. «Un centinaio di bidelli è transitato nelle segreterie a settembre 2018 - ha
confermato il sindacato Flc Cgil -. Si tratta di diplomati pronti al “salto” di carriera, ma per loro
serve formazione. Abbiamo offerto un mini-corso per l’abc amministrativo: quello che il ministero
dell’Istruzione non propone». L’emergenza è quella di mandare avanti la mole di pratiche,
domande, fatture, stipendi, acquisti. I dirigenti amministrativi, che sono poi quelli che di fatto
gestiscono personale e bilanci, fanno i pendolari su due scuole con reggenze a carico. Per esempio,
è arrivata da una scuola di Taranto Annamaria Scialpi per coprire in extremis il vuoto gestionale
nella segreteria a Cordovado e nell’Itis Kennedy di Pordenone.

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“Concorsone” dei vigili, in 41 superano l’ultimo test (Piccolo Trieste)
Laura Tonero - Sono 41 i candidati che sono riusciti a superare il concorsone per la selezione dei
nuovi agenti della polizia locale. All’ultima prova, quella orale conclusasi lo scorso 14 novembre,
erano stati ammessi in 48. Per chi è ora ufficialmente entrato in graduatoria, è stato un test non da
poco, visto che le prove da superare sono state tutt’altro che semplici, a tal punto che i sindacati
hanno puntato il dito nei confronti dell’eccessiva severità della commissione. Indicativamente entro
la fine del prossimo anno, gli entrati nell’ambita graduatoria - che nelle prossime ore verrà
pubblicata sul sito del Comune -, troveranno tutti lavoro. Tra le persone che sono state ritenute
idonee alla prova pratica, passando poi la prova scritta e nei giorni scorsi quella orale, ci sono 5
donne. Il più giovane futuro agente della polizia locale ha 20 anni, 41 il più adulto. 22 dei 41
promossi ha tra i 20 e i 30 anni, 19 tra i 31 e i 41. Al concorso potevano partecipare candidati tra i
18 e i 35 anni. Un requisito al quale si faceva eccezione per coloro che provenivano da altri corpi di
polizia, senza soluzioni di continuità superiori a 6 mesi, o dalle forze armate. Il percorso per
conquistare questo traguardo è durato un anno. Il bando per la selezione dei nuovi agenti è stato
pubblicato il 30 novembre 2017. A candidarsi furono in 605, diverse persone da fuori città ma pure
da fuori regione, ma da una prima scrematura 400 risultarono in possesso dei requisiti base indicati
nel bando. La prima prova, quella pratica che lo scorso giugno testava l’abilità e l’idoneità fisica, ha
ridotto ulteriormente la rosa degli aspiranti vigili, facendo scendere a quota 204 quelli ammessi alla
dura prova scritta che si è tenuta il 27 luglio scorso, superata solo da 48 persone, coloro che nei
giorni scorsi si sono presentate all’esame orale. Dunque, a conti fatti, a raggiungere l’obbiettivo ed
entrare in graduatoria è stato il 10 per cento delle persone che hanno preso parte alle prove. Il
Comune di Trieste intende assumere 30 nuovi agenti. «L’obiettivo prefissato dall’amministrazione
comunale è stato raggiunto malgrado le critiche di qualcuno, le esigenze sono soddisfatte anche con
un margine di una decina di persone - valuta il vicesindaco con delega alla Sicurezza, Paolo
Polidori -. I risultati sono frutto di una selezione seria, rigorosa che ci consegna un gruppo di futuri
agenti della polizia locale giovani e motivati». Polidori valuta che «entro il prossimo mese di
febbraio verranno assunti i primi 20 nuovi agenti, i rimanenti 10 entro la fine del 2019». Il corpo
della municipale passerà così dalle attuali 204 unità (inclusi comandante e vice) a 234. C’è poi
l’incognita di Quota 100 che con i pensionamenti costringerebbe il Comune ad attingere ancora
qualche persona da quella graduatoria. Inoltre i Comuni di Monfalcone e Duino-Aurisina hanno
anticipato che vorrebbero attingere un paio di figure da quella graduatoria. Alla fine, entro fine
2019, tutti e 41 i promossi troveranno una stabile occupazione. Nel presentare domanda di
partecipazione, i candidati dovevano dichiarare di non aver esercitato il diritto di obiezione di
coscienza. Dunque, tutti nuovi assunti saranno armati, se la delibera verrà approvata.

Crescono gli anziani che vivono da soli. Forniti 17 mila pasti (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
Francesco Fain - Cresce sempre di più anche a Gorizia il numero delle persone che abitano da sole e
non sono in grado di prepararsi da mangiare in maniera autonoma. A evidenziarlo l’aumento della
domanda di pasti a domicilio che il Comune eroga attraverso personale specifico messo a
disposizione da cooperative convenzionate. «Lo scorso anno - spiega l’assessore al Welfare, Silvana
Romano - sono stati consegnati 18.763 pasti a persone che ne avevano fatto richiesta perché non in
grado di provvedere da sole mentre nei primi sette mesi del 2018 le domande soddisfatte sono state
17.077. Va subito precisato che, oltre ad anziani c’è gente che si rivolge a noi non necessariamente
avanti con l’età ma che vive da sola e che, magari, ha avuto qualche problema che gli impedisce di
uscire di casa, fare la spesa e prepararsi da mangiare. La gran parte delle persone cui vengono
consegnati i pasti a domicilio paga una quota del costo del servizio a seconda della dichiarazione
Isee e c’è un ristretto numero cui i pasti vengono assegnati gratuitamente», continua l’assessore
Romano. «Si tratta, in ogni caso, di una prestazione che non cresce tanto per effetto della crisi
economica ma per l’aumento dell’età della popolazione - sottolinea - e dell’aggravarsi di alcune
patologie legate, appunto, alla “vecchiaia” , termine che oggi non piace molto ma che, come
condizione, esiste, ma anche all’impossibilità, da parte di alcuni, di vivere in autonomia la propria
esistenza, anche per disabilità».
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Medici d’accordo: sì con Trieste, ma con integrazione alla pari (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
Laura Borsani - «L’unione con Trieste rappresenta l’unica strada logica e praticabile. La riforma in
fieri punta su tre aree vaste con il principio degli ospedali hub e spoke. Si ratifica de jure quello che
de facto avviene già». A prendere la parola sono gli “addetti ai lavori”, i medici che lavorano
all’interno dell’Azienda sanitaria. L’area vasta con Trieste viene ritenuta pertinente, ma i medici
fanno presenti precisi «paletti». Condizioni «irrinunciabili» per valorizzare e rispettare la qualità
delle proprie attività e delle professionalità operanti nel goriziano e nel monfalconese. In altre
parole nessuna «annessione», ma un’«integrazione alla pari», a fronte di risorse e investimenti
adeguati alla realtà del territorio isontino. Dieci responsabili di Struttura complessa e struttura
semplice dipartimentale di Monfalcone e Gorizia hanno sottoscritto una lettera aperta: sono i
direttori Alessandro Balani, per la Soc di Chirurgia, Stefano Vita (Soc di Oculistica), Alessandro
Cosenzi (Soc della Medicina di Monfalcone), Carlo Donada (Soc di Medicina di Gorizia), Piero
Pellegrini (Soc Radiologia), Alfredo Barillari (Soc Pronto soccorso di Monfalcone), Franco
Gherlinzoni (Soc di Ortopedia), Roberto Trevisan (Sos di Pneumologia), Daniele Angerame (Sos di
Odontoiatria), Roberto da Ros (Sos di Diabetologia).I professionisti, dunque, guardano con
interesse all’unione con Trieste, convinti, e lo ha dimostrato l’esperienza, che l’aggregazione con la
Bassa friulana sia impropria. Distonica considerate le caratteristiche storiche, culturali e
organizzative «completamente diverse» e tali da essere rimaste «separate». «Il risultato della
fusione - hanno chiarito Balani e Vita -, ha comportato un depauperamento dell’area sanitaria
Isontina in termini di risorse economiche, investimenti, disponibilità di personale medico e
infermieristico». Un «allineamento verso il basso». Nè la scissione aziendale con il ripristino dello
status ante-riforma Serracchiani può essere un’alternativa opportuna, piuttosto anacronistica:
«Tornare alla vecchia Azienda Isontina, con un bacino di 120 mila abitanti sarebbe la nostra rovina
- sostengono -. Il budget assegnato sarebbe risicato, l’attrazione difficile avendo vicino i due colossi
di Udine e Trieste, gli investimenti pressoché impossibili». I medici chiariscono che non si tratta di
battaglie di territorio: «Quello che conta non sono i giochi politici a difesa di campanilismi o la
denigrazione sistematica di una parte politica, qualunque essa sia. Ciò che conta è la salute dei
cittadini, che per una persona malata i percorsi siano chiari e snelli, che ci siano a Monfalcone e a
Gorizia le risorse per poter curare i nostri cari». Direttive precise e un’organizzazione strutturata,
diversamente da quanto accade oggi, a proposito di interfaccia hub e spoke: «Per determinate
prestazioni che noi non possiamo fornire all’utente - spiegano i medici - Trieste dovrà essere
l’ospedale di riferimento in modo ben coordinato, con protocolli diagnostici e terapeutici condivisi e
non in termini quasi volontaristici o basati su rapporti interpersonali, come sta accadendo».
L’aggregazione con Trieste non può dunque tradursi in un «inglobamento». I medici infatti parlano
di «cooperazione paritetica, per un’ulteriore crescita». E argomentano: «Questo processo di riforma
ovviamente ha dei rischi, la fusione con la Bassa friulana ne è stato un buon esempio. Crediamo
spetti a noi segnalare le possibili criticità e agli amministratori locali eletti porre dei paletti per
ottenere un’integrazione “alla pari”». Significa quindi il «mantenimento dell’autonomia dei
Dipartimenti e delle Strutture complesse esistenti, che in qualche caso potrebbero essere
implementate», e la garanzia di «un budget autonomo, consono ai volumi di attività».

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