RASSEGNA STAMPA CGIL FVG - venerdì 7 giugno 2019

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RASSEGNA STAMPA CGIL FVG – venerdì 7 giugno 2019

(Gli articoli di questa rassegna, dedicata prevalentemente ad argomenti locali di carattere economico e sindacale, sono
scaricati dal sito internet dei quotidiani indicati. La Cgil Fvg declina ogni responsabilità per i loro contenuti)

ATTUALITÀ, REGIONE, ECONOMIA (pag. 2)
Produzione e vendite in calo. Bono: confermata l'instabilità (M. Veneto)
Appalti, l'assessore si difende: «Benefici alle aziende locali» (M. Veneto)
La linea dei porti chiusi non frena gli arrivi: a Trieste + 55% nel 2018 (Piccolo)
Geografia giudiziaria da ridisegnare: riaccesa la speranza per Tolmezzo (M. Veneto)
Metalmeccanici Uil in assemblea col leader in vista dello sciopero (M. Veneto)
CRONACHE LOCALI (pag. 7)
Crisi Mercatone Uno, Di Maio: sblocco subito la cassa integrazione (Mv Pordenone)
Pizzinato tra le "sue" montagne. Sarà oratore a Piancavallo (Mv Pordenone)
La Saf viaggia con 7,5 milioni di utile e il Comune incassa 700 mila euro (M. Veneto Udine)
Nuovo caso di maltrattamenti su bambini. Educatrice di un centro estivo sotto accusa (Piccolo Ts)
Timbravano il cartellino e poi andavano a casa o in giro (Piccolo Gorizia-Monfalcone)

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ATTUALITÀ, REGIONE, ECONOMIA

Produzione e vendite in calo. Bono: confermata l'instabilità (M. Veneto)
Maurizio Cescon - Primi tre mesi del 2019 con più ombre che luci per l'economia del Friuli Venezia Giulia.
Tanto che il presidente degli industriali regionali Giuseppe Bono (ad del colosso Fincantieri) parla di
«conferma dei segnali di instabilità». L'indagine congiunturale fornisce un quadro negativo dell'industria
rispetto al periodo ottobre-dicembre 2018. È sostanzialmente stabile il grado di utilizzazione degli impianti,
pari a 81,3 rispetto al trimestre precedente (82,3). Il dettaglio dei principali indicatori congiunturali indica
che: la produzione industriale cala di 7,6 punti, pari al -3,5% rispetto al 4,1% del 4° trimestre 2018; le
vendite registrano un -3,1% rispetto al +5,4% del 4° trimestre, segnando un decremento sul mercato
domestico (-1,4% rispetto al +5,5%) e anche un significativo decremento su quello estero (-4,3% rispetto al
+6,1%); anche i nuovi ordini riflettono una riduzione passando dal +3,8% del 4° trimestre 2018 al +1,9% del
1° del 2019; l'occupazione rimane sostanzialmente stabile. L'esame dei principali indicatori tendenziali ci
evidenzia che nel primo trimestre 2019, confrontato con lo stesso periodo del 2018: l'andamento della
produzione industriale decresce dal +0,3% del 1° trimestre 2018 al -2,7% del 1° trimestre 2019; le vendite
globali assumono segno negativo passando dal +1,2% dell'anno precedente al -0,7%: effetto sia dalle
vendite Italia (-1,3% contro il +2,1% del 1° trimestre del 2018) che dalle vendite estere (-0,1% rispetto al
+0,9% del 1° trimestre 2018. I dati previsionali per il secondo trimestre (aprile-giugno) indicano un
potenziale miglioramento nel trend della produzione dove un terzo degli intervistati esprime un incremento
mentre quasi due terzi l'assestamento della stessa. L'andamento positivo viene indicato dagli intervistati
anche per la domanda interna e, soprattutto, per quella estera dove il 43% prevede un incremento mentre
il 51% una sua stabilizzazione. I posti di lavoro non subiranno variazioni.«Sono dati che non stupiscono -
dice il presidente di Confindustria Fvg Giuseppe Bono - in quanto confermano segnali precedenti dovuti alla
grande instabilità dei contesti economici e politici internazionali. L'acceso confronto Usa-Cina sui dazi, le
difficoltà del Sud America con in testa il Venezuela, l'incertezza sull'esito della Brexit sono tutti elementi che
influenzano i mercati. A ciò si accompagna inoltre il rallentamento di Francia e Germania, Paesi di sbocco
privilegiati dall'export delle imprese del Friuli Venezia Giulia». Credo sia più importante, non fosse altro che
per l'ottimismo che deve prevalere in chi fa impresa, guardare al futuro e le previsioni fanno ben sperare in
una stabilizzazione della produzione. Di certo, la classe politica che governerà l'Europa dovrà riflettere
sull'importante ruolo del suo manifatturiero valorizzandolo e ponendo le condizioni per poter con vigore
competere a livello mondiale. Non ci stancheremo mai di sostenere che un forte manifatturiero è lo
strumento primo per la crescita sociale ed economica del nostro Paese«, ha concluso Bono.

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Appalti, l'assessore si difende: «Benefici alle aziende locali» (M. Veneto)
Alessandro Cesare - Le critiche piovute sulla Centrale unica di committenza regionale (Cuc) da parte dei
consiglieri del Patto per l'Autonomia non sono piaciute all'assessore regionale alle Autonomie locali
Pierpaolo Roberti. In particolare, l'esponente della giunta Fedriga non ha apprezzato il riferimento alla
penalizzazione delle imprese locali. «Novantaquattro milioni di euro movimentati solo con le gare più
recenti, otto gare di interesse europeo portate a termine nell'ultimo anno senza alcun contenzioso a
beneficio della qualità dei servizi erogati ai cittadini. Una ricaduta di quasi 70 milioni di euro sul territorio a
beneficio di micro e piccole imprese locali e di cooperative sociali storicamente presenti in regione. Ma a
prescindere dai risultati che sono ben rappresentati da questi numeri - sottolinea Roberti - stiamo già
lavorando da tempo per delle modifiche normative che, nel rispetto delle leggi nazionali e comunitarie,
creino le condizioni affinché vengano ancor di più valorizzate le imprese del territorio». L'assessore spiega,
inoltre, come non debba trarre in inganno la sede legale di qualche consorzio che partecipa alle gare per
conto di imprese locali. «C'è il caso, ad esempio - ricordato Roberti - della manutenzione degli automezzi
della regione, dove a portare a casa la fetta di lavoro di tre lotti sono ben quattordici officine friulane e
giuliane, presentate in cordata sotto un cappello formale "romano", ma si tratta di aziende locali, come gli
altri quattro aggiudicatari della gara che gestiranno le manutenzioni mezzi dell'intero parco macchine
regionale, compresi veicoli pesanti e agricoli». Un esempio definito «fuori contesto» da Denis Petrigh di
Confapi Fvg, che invita l'assessore a partecipare all'incontro della IV commissione convocato per il 17
giugno nella sede della Regione a Udine per fare il punto sulla situazione dell'edilizia in Fvg. «Si renderà
conto di quale sia il reale contesto in cui vivono le imprese regionali». Perplesso anche il consigliere del
Patto per l'Autonomia, Massimo Moretuzzo, che insieme al collega Giampaolo Bidoli ha portato alla luce la
questione. «Resto basito dalle parole dell'assessore Roberti - ammette - perché o non ha letto bene i
documenti o sta dicendo il falso. I numeri sono numeri e quanto abbiamo sollevato con la mozione è
inoppugnabile. Le piccole e medie imprese del Fvg sono state tagliate fuori da questi appalti, come ad
esempio quelli relativi agli sfalci o alla manutenzione degli immobili. Non si capisce di cosa stia parlando
l'assessore». Dicendo questo Morettuzzo annuncia che nei prossimi giorni presenterà ulteriori dati per
dimostrare come le aziende locali siano state penalizzate dagli appalti della Centrale unica di committenza.
Sul tema interviene anche Giuseppe Nicoli, presidente del gruppo regionale di Forza Italia: «Una gestione
così lontana dall'ente locale, seppur in grado di affidare appalti ad aziende valide - osserva Nicoli riferendosi
alla Cuc - può generare servizi non corrispondenti alle reali esigenze del territorio e mettere all'angolo le
numerose realtà imprenditoriali medio-piccole che lo vivono e conoscono. Aziende che erano i naturali
interlocutori dei Comuni, in grado di dare risposte mediamente migliori in termini di efficacia ed
efficienza». Nicoli conclude annunciando di voler sottoporre la questione ai parlamentari di riferimento.

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La linea dei porti chiusi non frena gli arrivi: a Trieste + 55% nel 2018 (Piccolo)
Serena Romano - «Per evitare che i dati raccolti finissero travolti dalla bagarre elettorale, abbiamo voluto
presentare il "Report statistico 2018 sull'accoglienza migranti a Trieste" dopo le elezioni europee.
Speriamo, infatti, che l'esperienza fatta sul nostro territorio - per molti versi unica in Italia - possa diventare
oggetto di riflessione al di là degli schieramenti politici. Perché solo sgombrando il campo da dati fasulli e
analizzando quelli attendibili, si possono adottare le soluzioni più convenienti agli italiani e valutare
l'impatto del cosiddetto "Decreto Sicurezza": che rischia di stravolgere il sistema di accoglienza organizzato
finora a Trieste». Così Gianfranco Schiavone, presidente del Consorzio Italiano di Solidarietà (ICS) spiega il
senso dell'incontro che si terrà oggi nella sede della Caritas del capoluogo regionale per illustrare i dati sulla
gestione migranti al 31 dicembre 2018, e ha visto coinvolti, oltre a ICS e Caritas appunto, anche le
Cooperative Lybra e Duemilauno. Dati - specie se incrociati con le storie di accoglienza dei triestini da noi
intervistati (vedi articolo a lato) - che, secondo il presidente del Consorzio, tratteggiano uno scenario
diverso da quello presentato spesso all'opinione pubblica.
Va detto innanzitutto che la strategia dei "porti chiusi" non ha diminuito a Trieste gli arrivi dei migranti,
passati da 840 nel 2017 a 1.303 a fine dicembre 2018: lo 0,5% della popolazione cittadina. «Percentuale
costante e in linea con la media europea, che dimostra due cose: da un lato che non c'è nessun allarme
"invasione", dall'altro che gli arrivi però continuano, per cui è inutile illudersi di arrestare migrazioni dovute
a guerre, carestie e cambiamenti climatici, costruendo muri o chiudendo porti - spiega Schiavone -. Questi
fenomeni non si possono arrestare, ma solo gestire al meglio e nella maniera più idonea e conveniente non
solo per i migranti, ma anche per gli italiani». E in base ai numeri del Report 2018, appare particolarmente
"conveniente" la formula finora realizzata a Trieste, adottando il modello di accoglienza del Sistema
protezione richiedenti asilo (Sprar) e applicandolo anche ai Centri di accoglienza straordinaria (Cas) che
altrove, invece, sono gestiti solo come grandi centri-parcheggio.
A parte lo scenario triestino che, appunto, fa eccezione, in genere le sigle Sprar e Cas indicano formule di
accoglienza diverse fra loro come il giorno e la notte. La gestione dei Centri di accoglienza è assegnata
tramite aste dalle prefetture a soggetti privati, e si è basata finora su una retta giornaliera di 35 euro in
cambio solo di vitto, alloggio e pocket money. In quanto «strutture temporanee» all'interno dei Cas non è
previsto personale qualificato, nè attività di integrazione per i migranti che, per lo più accatastati a
centinaia in luoghi inospitali, non fanno nulla dalla mattina alla sera: creando problemi di ordine pubblico,
insofferenza e insicurezza sui territori. Quanto ai loro «gestori», hanno attirato spesso l'attenzione della
magistratura che - grazie anche alle intercettazioni avviate in inchieste come quella, notissima, su "mafia
capitale" -, ha scoperto che «con gli immigrati nei Cas si guadagna più che con la droga e i rifiuti». E questo
anche perché vi rimangono più dei 45/60 giorni necessari al trasferimento nel modello di accoglienza Sprar,
la cui retta (come per i Cas, di circa 35 euro) è gestita dagli enti locali e prevede oltre a vitto e alloggio, un
progetto di integrazione per il migrante. Ed è questa formula - secondo il Report 2018 - la più conveniente
per gli italiani e quella applicata finora a Trieste. «Perché il migrante - prosegue Schiavone -, anziché far
niente nei Cas, studia e lavora diventando "capitale sociale per il territorio". E sul territorio la retta utilizzata
per la sua formazione, innesca nuove opportunità economiche e di lavoro per gli italiani. Ecco perché, al di
là dei motivi etici o solidali, a Trieste abbiamo utilizzato sia le rette per i Cas sia quelle per gli Sprar, secondo
il modello Sprar: cioè, per la formazione, l'integrazione e l'accoglienza diffusa dei migranti».
Il Report rivela che a fine 2018 il sistema di "accoglienza triestino" ospitava 1.303 persone (+55% sul 2017)
in 143 appartamenti affittati da 108 piccoli proprietari, nonché in 13 piccole strutture e in un unico centro
da 100 posti, "Casa Malala" in Carso, destinato alla prima accoglienza in attesa dell'inserimento nel sistema
locale o del trasferimento in altre città in caso di mancanza di posti. Quanto alle percentuali di spesa delle
rette, il 29% è stato utilizzato per l'alloggio; il 37% per 278 dipendenti dei quali l'87% con contratto a tempo
indeterminato. A questi si aggiungono mediatori culturali, interpreti, borse lavoro, ecc. pari al 2% della
retta: che nel bilancio 2018, si traduce in 1.486 inserimenti in corsi di italiano, 190 iscritti nella scuola
pubblica, 50 adulti iscritti alla terza media, 103 tirocini attivati e 376 partecipanti a 34 corsi di formazione
per un totale di 9.270 ore di formazione. Quanto al 29% di "commercio locale" indica l'utilizzo per vitto,
pocket money e spese varie nei negozi triestini, insieme al 2% definito altro. Infine, il 3% per i trasporti
comprende quasi mezzo milione di euro all'anno di abbonamenti ai mezzi pubblici. «Come si vede, con il
modello Sprar, non c'è lucro per i gestori, che si limitano a redistribuire i soldi destinati all'accoglienza
dall'Italia e dall'Europa: e che, quindi, non sono "soldi sottratti agli italiani" ma piuttosto, grazie

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all'accoglienza, "soldi in più per gli italiani" che sta a noi decidere se far ricadere sul territorio nell'interesse
di tutti adottando la formula Sprar, o far finire nelle tasche di pochi adottando la formula Cas. Anche
perché, nel primo caso, la formazione dei migranti li rende capaci di imparare nuovi mestieri e stipulare
contratti di lavoro con cui contribuire al welfare italiano; nel secondo, invece, i migranti diventano nuovi
schiavi costretti a lavorare in nero, a danno del nostro welfare e a vantaggio della malavita e del caporalato.
E purtroppo il Decreto Sicurezza rischia di incentivare questo secondo scenario». il decreto sicurezzaIl
modello Sprar nasce sia per i richiedenti asilo - che vi accedevano fin dalla presentazione della domanda -
sia per chi l'asilo l'aveva già ottenuto. Ma ora il Decreto Sicurezza ha limitato lo Sprar solo ai secondi,
confinando i richiedenti asilo nei Cas per tutto il tempo dell'esame della loro pratica: cioè, per oltre un
anno. Così il modello virtuoso degli Sprar è stato ridotto al minimo, e l'accoglienza-parcheggio nei Cas
incentivata al massimo. Non solo: il Decreto ha dimezzato la retta dei Cas, non consentendo, così, di fornire
altro che vitto e alloggio ai tanti migranti in più che si accalcheranno nei Cas a fare nulla per oltre un anno
di attesa...

Geografia giudiziaria da ridisegnare: riaccesa la speranza per Tolmezzo (M. Veneto)
A quasi sei anni dalla chiusura del tribunale di Tolmezzo, avvenuta nel settembre 2013, si riapre una
speranza per una riattivazione del servizio. Nell'ormai "celebre" contratto di governo tra Lega e Movimento
5 stelle si fa riferimento esplicito alla revisione della geografia giudiziaria italiana. Da qui è partito il
deputato di Noi con l'Italia, ed ex governatore del Fvg, Renzo Tondo, per tentare di convincere il ministro
della Giustizia Alfonso Bonafede, a ripensare a una sorta di ripescaggio del tribunale del capoluogo carnico.
Il percorso è stato avviato e nei giorni scorsi è stato costituito alla Camera dei deputati il Gruppo
interparlamentare per la revisione della geografia giudiziaria, formato da deputati e senatori in
rappresentanza di tutti i gruppi politici. La vicepresidenza è stata affidata proprio a Tondo, che per primo ha
suggerito questa strada per tornare a dare dignità alle strutture giudiziarie sacrificare in nome della
spending review.La buona notizia, però, non è l'incarico di vicepresidente dato a un parlamentare friulano
(oltre a Tondo nel Gruppo c'è anche il forzista isontino Guido Pettarin), ma il fatto che la presidenza sia
andata a un rappresentante del Movimento 5 stelle, Elisa Scutellà, segno che i grillini hanno intenzione di
portare a compimento l'impegno inserito nel contratto.«Il Gruppo - chiarisce Tondo - si pone l'obiettivo di
riaprire il confronto con il governo sul tema della giustizia di prossimità e della chiusura dei tribunali minori
decretata dal governo Monti con l'allora ministro di Grazia e giustizia Paola Severino. Com'è noto in Fvg
questo provvedimento ha portato alla chiusura del tribunale di Tolmezzo con un conseguente
accorpamento al tribunale di Udine, e ha messo a serio rischio la stessa sopravvivenza del tribunale di
Gorizia».Da quanto è emerso dai primi elementi portati all'attenzione del Gruppo, la legge Severino non ha
comportato significativi risparmi di spesa, ma ha contribuito ad appesantire la funzionalità dei tribunali che
hanno dovuto farsi carico anche delle pendenze delle sedi distaccate. «C'è stata, inoltre, una crescente
difficoltà dei cittadini delle zone periferiche a utilizzare i servizi di giustizia - afferma Tondo - in quanto si è
potuto constatare che gli sportelli rimasti aperti nelle sedi oggetto di chiusura non sono stati in grado di
fornire risposte adeguate alle esigenze della comunità».Per convincere Bonafede a fare un passo indietro
rispetto alle indicazioni della legge Severino, il Gruppo interparlamentare avvierà una serie di audizioni
partendo dalle categorie interessate (avvocati, commercialisti, professionisti) per allargarle poi alle
istituzioni territoriali e alle amministrazioni comunali. «Non importa come, ciò che mi preme è arrivare al
risultato sperato - conclude Tondo - perché la decisione di chiudere i tribunali decentrati mantenendo in
vita solo le sedi nei capoluoghi di provincia si è rivelata un errore. Una valutazione di questo tipo non
andava fatta su parametri territoriali, ma di merito e di costi.Contiamo di convincere il ministro
sull'opportunità di riaprire i tribunali realmente al servizio di una comunità com'era quello di Tolmezzo».
A.C.

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Metalmeccanici Uil in assemblea col leader in vista dello sciopero (M. Veneto)
Contratto, salari, sciopero, crisi industriale, prospettive. Elencati per titoli questi i temi al centro del
direttivo dei delegati metalmeccanici di Fvg e Trentino della Uilm, svoltosi ieri a Pordenone con il segretario
nazionale Rocco Palombella. Appuntamento in vista dell'assemblea nazionale del 27 giugno a Roma, ma
soprattutto in vista della consegna della piattaforma a Federmeccanica che dovrà avvenire a luglio, con
l'obiettivo di arrivare al rinnovo del contratto di categoria che scade a fine anno. «Il precedente contratto -
sottolinea Palombella - è stato sofferto e innovativo. Ora si tratta di verificare i punti di forza e di debolezza
per definire la futura piattaforma che dovrà occuparsi anche di far crescere i salari. Ci rendiamo conto del
trend economico, del fatto che siamo in deflazione, ma i salari - ribadisce - devono crescere». Altro tema lo
sciopero del 14 giugno, il primo unitario dopo 16 anni, oggetto peraltro di un appello del presidente di
Federmeccanica, Alberto Dal Poz, ai sindacati nel tentativo di evitare lo "scontro". «Io credo - è la risposta
di Palombella - che il presidente di Federmeccanica, anziché lanciare appelli, avrebbe dovuto convocarci. I
temi della protesta sono noti e a fronte dell'ennesima denuncia sullo stato di emergenza dell'industria
meccanica nel nostro paese, Governo e Confindustria avrebbero dovuto convocarci». Sono 150 tavoli di
crisi aperti, il 35% dei quali rischia di concludersi con licenziamenti; le delocalizzazioni che riprendono;
l'innovazione industriale che da un lato langue (in altri Paesi corre di più) e dall'altro impatta
sull'occupazione. «L'industria - conclude Palombella - deve tornare ad essere l'agenda principale per il
Governo e per le imprese».E.D.G.

CRONACHE LOCALI

Crisi Mercatone Uno, Di Maio: sblocco subito la cassa integrazione (Mv Pordenone)
Arrivano buone notizie per i 1.800 lavoratori del Gruppo Mercatone Uno, 25 dei quali lavorano nel punto
vendita di Sacile.Per i dipendenti di Mercatone Uno «che dalla settimana scorsa sono rimasti senza lavoro,
sbloccherò subito la cassa integrazione, non appena il tribunale autorizzerà la procedura di
amministrazione straordinaria». L'ha detto il ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico Luigi Di Maio
in un post su Facebook. «È chiaro che la cassa integrazione non dura in eterno e che è necessario trovare
un investitore per Mercatone Uno che possa avviare la cosiddetta reindustrializzazione, con un solo
obiettivo: dare un futuro certo a queste persone e alle loro famiglie», aggiunge. Secondo il vicepresidente
del Consiglio, «la storia di Mercatone Uno è scandalosa: 1.800 lavoratori lasciati in strada da un giorno
all'altro: sono andati al lavoro e hanno letteralmente trovato chiuse le serrande dei punti vendita di tutta
Italia. Ci sono centinaia di fornitori non pagati e circa 10 mila dipendenti che lavorano per quei fornitori. Ho
preso l'impegno di seguire personalmente la vicenda di questi lavoratori e questa azienda e oggi arriva la
prima risposta: il Fondo apposito per le vittime di mancati pagamenti, da 30 milioni di euro, verrà esteso
anche ai fornitori di Mercatone Uno, nel caso in cui l'azienda venisse imputata di bancarotta fraudolenta.
Questo lo faremo già la settimana prossima, grazie a un emendamento che presentiamo al decreto legge
Crescita. Non molliamo, non mollate, siamo dalla vostra parte!», ha concluso il ministro.Intanto oggi, i 55
lavoratori del Gruppo in Fvg (oltre ai 25 di Sacile, ci sono i 28 in forza a Monfalcone) manifesteranno alla
14.30 davanti alla sede della Regione Udine per rivendicare il loro diritto al lavoro. È stato quindi annullato
l'annunciato presidio davanti al punto vendita di Cornadella.La crisi del Mercatone Uno, secondo i sindacati,
viene da lontano. Una vendita "spezzatino" di 55 negozi potrebbe dare forza al piano salvezza. «La società
fallita il 24 maggio 2019 Shernon Holding non ha saputo riconquistare quote di mercato - ha detto Mauro
Agricola di Uil-Tucs -. Senza vendite non si sistemano i conti in "rosso": il disavanzo risale a quattro anni fa».
Un colosso con i piedi d'argilla: il Mercatone paga per un mercato saturo. «Ikea, centri commerciali, e-
commerce - conclude Agricola - sono competitivi. Dipendenti giovanissimi e contratti flessibili che
permettono di abbattere i prezzi. Il Gruppo Mercatone non ha retto la concorrenza sul piano nazionale».

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Pizzinato tra le "sue" montagne. Sarà oratore a Piancavallo (Mv Pordenone)
Sigfido Cescut - Antonio Pizzinato, 86 anni, originario di Fiaschetti di Caneva, già segretario generale della
Cgil e nazionale della Fiom, personaggio di primo piano dell'Anp, domenica sarà l'oratore all'incontro
partigiano di Piancavallo, previsto dalle 10, davanti al monumento alla Resistenza, inaugurato dal
presidente della Repubblica Sandro Pertini. Pizzinato ritorna sulle "sue" montagne per ricordare la lotta
partigiana di liberazione dal nazifascismo, dopo aver speso una vita, soprattutto a Milano dove era
emigrato giovanissimo, prima da operaio, poi al servizio dei lavoratori e del paese quale amministratore
comunale, deputato, senatore, sottosegretario al Lavoro nel primo governo di Romano Prodi. L'incontro
partigiano con Antonio Pizzinato, organizzato dall'Anpi provinciale con l'Aned di Pordenone, l'Apo di Udine
e il Movimento federalista europeo vuole ricordare - 73 anni dopo la fondazione della Repubblica nata dalla
Resistenza - il 75° anniversario della costituzione delle brigate partigiane unificate (Garibaldi-Osoppo)
Ippolito Nievo di montagna e di pianura che operarono valorosamente durante la lotta partigiana. Prima
della commemorazione ufficiale di Antonio Pizzinato, prevista alle 11, porteranno il loro saluto i sindaci di
Aviano, Ilario De Marco, Budoia, Ivo Angelin, neoeletto, e di Pordenone Alessandro Ciriani. L'orazione di
Pizzinato sarà preceduta anche dagli interventi dei presidenti e rappresentanti di Anp, Loris Parpinel (che
non sarà presente), Aned, Eliseo Moro, Apo, Riccardo Tomè, Movimento federalista europeo, Joshua
Giovanni Honeycutt.La manifestazione, accompagnata dalla filarmonica di Valeriano, si concluderà, prima
del pranzo comunitario, alla sala convegni del Centro commerciale. Presenti il protagonista Luciano
Battiston, ex deportato nel campo di sterminio nazista di Mauthausen, e il regista Marco Coslovich, verrà
proiettato il docufilm dell'Aned di Pordenone "Mauthausen: il neonauta". Luciano Battiston, classe 1923,
uno degli ultimi sopravvissuti ai lager nazisti, si reca, con Marco Coslovich e gli amici dell'Aned, nel campo di
sterminio di Mauthausen per raccontare in prima persona deportazione, fame, costante incombenza della
morte e, da sopravvissuto, il ritorno a casa. Luciano Battiston ha anche rivisitato il carcere di Pordenone,
prima tappa del suo calvario. Grazie al direttore Alberto Quagliotto, ha potuto firmare di nuovo il vecchio
libro matricola sulla casella della sua carcerazione n° 3019 del 7 gennaio 1945, scrivendo: «Ritornato da
Mauthausen e ritornato qui oggi».

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La Saf viaggia con 7,5 milioni di utile e il Comune incassa 700 mila euro (M. Veneto Udine)
Il bilancio della Saf si è chiuso con un utile netto di 7,5 milioni di euro e ha consentito al Comune di
incassare un maxi dividendo da 700 mila euro. A illustrare i "numeri" della società di trasporti è stato il
presidente Angelo Costa nel corso dell'assemblea dei soci che si è svolta nei giorni scorsi.Mentre l'utile
maturato è in lieve calo rispetto a quello del 2017 (7,6 milioni) il valore della produzione ha raggiunto i 64,6
milioni di euro, 900 mila euro in più dell'anno precedente ma sono aumentati anche i costi operativi,
passati da 44,8 milioni a 46. Il dato più interessante sul fronte dei ricavi riguarda la vendita dei biglietti che
ha registrato un incremento di 200 mila euro (14,9 contro 14,7 milioni di euro) sempre se confrontata con il
2017. I corrispettivi da contratti di servizio hanno raggiunto i 39,8 milioni di euro. Per quanto concerne i
servizi commerciali è stato evidenziato l'incremento dei ricavi per i servizi scolastici (più 131 mila euro) e la
conferma del trend negativo registrato da quelli turistici (meno 149 mila euro). Una voce importante del
bilancio è riferita agli investimenti che hanno toccato quota 9,5 milioni di euro di cui 8,2 utilizzati per
acquistare 25 autobus nuovi, 4 a due piani e 21 alimentati a metano.Sul fronte delle percorrenze, per
quanto concerne il servizio urbano ed extraurbano nella provincia di Udine, Saf ha maturato un volume pari
a 15 milioni e 115 mila chilometri, di poco superiore al dato del 2017 (15 milioni e 97 mila). In aumento
anche i viaggiatori sia nell'urbano che nell'extraurbano: nel primo si è passati da 11 milioni 441 mila a 11
729 mila, nel secondo da 12 milioni 928 mila a 13 milioni e 22 mila con un incremento complessivo
superiore a 380 mila unità. I ricavi hanno superato i 15 milioni (più 1,6%), di cui 10,3 dall'extraurbano (il
69% del totale con un incremento percentuale dell'1,36%) e 4,5 (il 30,4% con un incremento del 2%)
dall'urbano. Il numero degli abbonamenti scolastici nel 2018 è stato 10.494. Per quanto concerne la lotta ai
"portoghesi" nel 2018 sono state elevate 6.983 sanzioni (nel 2017 erano state 6.517) che hanno portato un
introito di 238 mila euro (nel 2017 199 mila) diviso al 36,75% dall'urbano e al 63,25% dall'extraurbano. La
flotta della Saf conta a oggi 79 bus per l'urbano e 318 corriere per l'extraurbano mentre i dipendenti sono
607.Un capitolo a parte, nel corso dell'assemblea, è stato poi dedicato alla gara per la nuova assegnazione
dei servizi di Tpl in Fvg. La Regione nell'ottobre 2014 ha bandito la gara per l'affidamento del servizio per
dieci anni con l'opzione per altri cinque e la Saf ha partecipato tramite la società consortile Tpl Fvg Scarl
costituita con gli altri soggetti che oggi svolgono il servizio su gomma in Fvg. A causa dei ricorsi di Busitalia
Sita Nord srl e Autoguidovie Spa, la Regione ha dovuto modificare il bando alla cui scadenza (ne marzo
2016) sono state presentate due offerte da parte del raggruppamento temporaneo tra Busitalia e
Autoguidovie e di Tpl Fvg Scarl che è risultata la migliora offerente. Nel marzo del 2017 è stato però
presentato un nuovo ricorso al Tar ma nel marzo 2018 anche il Consiglio di Stato ha confermato
l'aggiudicazione. Il 15 giugno 2018 è arrivato un nuovo ricorso straordinario al Consiglio di Stato e si è
tuttora in attesa della sentenza, a distanza di quasi cinque anni dalla pubblicazione del primo bando. Ecco
perché la Regione ha prorogato l'affidamento del servizio alla Saf fino al 31 dicembre di quest'anno, a meno
che non arrivi prima la sentenza che dovrebbe finalmente chiudere la gara, garantendo alla Saf di poter
programmare l'attività a lungo termine e al Comune di Udine di potenziare il servizio sfruttando i chilometri
aggiuntivi previsti nel bando. C.RI.

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Nuovo caso di maltrattamenti su bambini. Educatrice di un centro estivo sotto accusa (Piccolo Ts)
Gianpaolo Sarti - Trascinati per le braccia, sbattuti sul pavimento. Sgridati e presi a manate. Bimbi di pochi
mesi, in lacrime e terrorizzati. A Trieste scoppia un altro caso di maltrattamenti su bambini. È il secondo nel
giro di una settimana. Dopo gli episodi emersi nell'indagine sull'asilo "Pollitzer" di via dell'Istria, nel mirino
della magistratura adesso è finito il centro estivo ospitato nella struttura dei nidi comunali "La Mongolfiera-
Lunallegra" di via Tigor. I maltrattamenti sarebbero avvenuti l'estate scorsa: i nodi giudiziari vengono a galla
ora. La Procura della Repubblica ha messo sotto inchiesta una giovane educatrice. La titolare del fascicolo è
il pubblico ministero Chiara De Grassi.Stavolta i bimbi sono ancora più piccoli di quelli del "Pollitzer": non di
quattro, cinque o sei anni, come nel fascicolo aperto sul caso di via dell'Istria, ma sotto i due anni. Anche di
diciotto mesi appena. La denuncia alle forze dell'ordine è partita da una mamma preoccupata di vedere il
figlioletto spesso triste e in lacrime. Era l'estate del 2018: crisi di pianto continue, quasi quotidiane, e
apparentemente immotivate, di cui i genitori non riuscivano a darsi una spiegazione convincente. «Perché il
bambino fa così? Cosa sta accedendo?», si chiedevano in casa. Difficile trovare una risposta plausibile,
soprattutto a quella tenera età. Ma la famiglia ha voluto andare a fondo e capirci di più.È così che è scattata
la segnalazione dei genitori all'autorità giudiziaria. E come nella vicenda dell'asilo di via dell'Istria, anche
nella struttura di via Tigor sono state installate le telecamere nascoste. Sono stati gli agenti del Nucleo di
polizia giudiziaria della Polizia locale a occuparsene. Le telecamere hanno ripreso tutto. Secondo l'accusa
del magistrato, le scene immortalate dal sistema di video registrazione mostrano chiaramente cosa
succedeva all'interno del centro estivo: bambini in tenerà età afferrati per le gambe o per le braccia e
trascinati sul pavimento. O, ancora, sollevati di peso (sempre per le braccia) e sbattuti a forza a sedere per
terra. Non solo. L'insegnante avrebbe sferrato ai piccoli alunni anche colpi con le mani. Nell'indagine della
Procura non si fa riferimento a veri e propri pugni ma, appunto, a «colpi con le mani». Ma si può facilmente
immaginare l'effetto su quei corpicini così esili e indifesi. Tutto questo avveniva davanti a tutti: gli altri
compagni erano costretti ad assistere alle scene di violenza. Vedevano gli altri bimbi in lacrime, terrorizzati.
E dinnanzi a scene del genere non potevano far altro che piangere pure loro. Sono due le possibili
imputazioni contestate dagli inquirenti all'educatrice del centro estivo di via Tigor: maltrattamenti aggravati
nei confronti di persone (in questo caso minori) «sottoposte all'autorità o affidate per ragioni di
educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia». O, in alternativa, «l'abuso dei mezzi di correzione o di
disciplina». Al momento non si sa se i responsabili del centro siano stati avvertiti o, perlomeno, interrogati.
Da quanto risulta sarebbero stati sentiti invece alcuni genitori. I maltrattamenti documentati dalle riprese
video risalgono, in particolare, al 31 luglio 2018, al primo e al 2 agosto. Le violenze, subite direttamente o
"soltanto" viste, riguardano invece nove bambini in tutto. Sembra un'intera classe. L'indagata, difesa
dall'avvocato di fiducia Laura Pisani del Foro di Trieste, ha già ricevuto l'avviso di conclusione delle indagini
preliminari. Alcune famiglie, non appena hanno saputo dell'inchiesta giudiziaria avviata dalla Procura di
Trieste nei mesi scorsi, si sono affidate a un legale; per ora, da quanto si è saputo, gli avvocati coinvolti sono
Sara Pecchiari e Maria Genovese.

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Timbravano il cartellino e poi andavano a casa o in giro (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
Tiziana Carpinelli - Pedinati a piedi o attraverso un'autocivetta, fotografati di nascosto con un cellulare e
seguiti pure con il gps piazzato di nascosto e all'insaputa di tutti - perfino del Comune - in uno dei quattro
mezzi di servizio in dotazione all'ente, una Fiat Panda. Così, in un anno e mezzo di indagini partite da
gennaio 2016 e protrattesi fino a giugno dell'anno dopo, i finanzieri della Compagnia di Gorizia hanno
tentato di stanare i presunti "furbetti del cartellino": due dei tre complessivi addetti alla manutenzione del
Comune di Fogliano, uno residente in paese, l'altro a Villesse, entrambi uomini sui 40-50 anni, con discreta
anzianità di lavoro, accusati dalla Procura di essere assenteisti. Assegnati alla sede distaccata dell'ex
caserma dell'Ardenza artiglieria, sede del deposito dei mezzi, dove timbravano e continuano oggi a
timbrare il badge, i due indagati, operai del Comune di Fogliano assunti a tempo indeterminato, avrebbero
«interrotto in ben 158 casi» le loro mansioni professionali, per un totale di quasi 45 ore, assentandosi per
recarsi a casa o in altri luoghi. In 53 episodi, invece, sarebbe stato appurato l'«utilizzo illegittimo» della
Panda, cioè a scopi personali, estranei alle finalità di servizio. «Non si può gettare la croce addosso a
qualcuno che magari, come a Mossa, sarà poi scagionato - dice il sindaco Cristiana Pisano -: solo all'udienza
preliminare capiremo se ci sarà un rinvio a giudizio». L'attività investigativa delle Fiamme gialle guidate dal
colonnello Giuseppe Antonio d'Angelo (nome in codice dell'operazione: "Fuori dal Comune"), conclusa lo
scorso agosto e per la quale, alla luce del quadro probatorio assunto, il sostituto procuratore Valentina
Bossi ha recentemente disposto la conclusione delle indagini preliminari e chiesto il rinvio a giudizio dei due
dipendenti pubblici per l'ipotesi di reato di truffa e peculato d'uso, era partita da una segnalazione
circostanziata, a suo tempo inoltrata all'autorità giudiziaria. La Procura di Gorizia aveva così dato incarico
alla Gdf, coordinata dal capitano Andrea Gilardenghi, e le indagini avevano avuto impulso. Delle scorse
settimane, invece, la formalizzazione della denuncia per i due dipendenti del Comune, motivata dal fatto di
essersi assentati «in orario di lavoro, per ragioni personali e in modo ingiustificato», nonché «l'utilizzo
indebito delle autovetture di servizio». Si apprende che i due operai saranno anche «segnalati per danno
erariale alla Corte dei Conti di Trieste» in relazione ai compensi percepiti nei periodi in cui sarebbero state
riscontrate le mancate prestazioni lavorative e gli indebiti utilizzi delle auto comunali. Diametralmente
opposta la versione dell'avvocato Alessandro Franco, il legale che assiste i due indagati, stando al quale «le
ipotesi sono tutte da dimostrare», anche «in considerazione della pochezza e marginalità di fatti contestati
che lasciano quasi interdetti». Descrive i clienti come due lavoratori assidui, quasi dei factotum come
spesso avviene nei comuni piccoli, uomini che «in vent'anni non hanno mai fatto un giorno a casa per
malattia al fine di garantire lo scuolabus ai bambini». Tra le molteplici mansioni, infatti, pure quella di
autista. Le posizioni dei due operai, comunque, sarebbero differenti: a un addetto si contesta un minor
numero di episodi, per l'altro, che invece utilizzava il veicolo privato per allontanarsi dal posto di lavoro -
sempre a detta dei militari -, tant'è che un gps è stato piazzato pure su quella vettura, la condotta sarebbe
ritenuta più grave. Stando alle indagini dei finanzieri gli operai comunali si sarebbero, nei periodi contestati,
recati a casa o presso altri immobili nella loro disponibilità e con una certa frequenza in esercizi
commerciali del Goriziano e Udinese: ipermercati, distributori stradali, farmacie, spacci alimentari, agenzie
di assicurazione, autolavaggi, uffici postali e altri enti pubblici. Pure in vivai e rivendite di prodotti per
l'agricoltura: i militari, a uno dei due che risulta titolare di campi, contestano l'acquisto di merce per uso
personale. I periodi di assenza sono stati ricostruiti dalle Fiamme gialle goriziane attraverso l'incrocio degli
orari desunti dai badge dei due indagati con le risultanze degli appostamenti, dei pedinamenti, dei rilievi
fotografici e, in particolare, degli accertamenti bancari: questi ultimi hanno consentito di far emergere, in
molti casi, l'acquisto di beni e servizi durante l'orario di lavoro. Proprio negli stessi negozi e agenzie dove gli
indagati erano stati in precedenza fotografati o pedinati. Fondamentale, quindi, l'utilizzo del gps per
provare l'asserito peculato d'uso.
«Lavoratori in servizio anche con la febbre per garantire lo scuolabus»
Verso fine giugno è attesa l'udienza preliminare dopo la richiesta di rinvio a giudizio formulata dal sostituto
Valentina Bossi. «In questa fase invito alla prudenza, perché si tratta di ipotesi tutte da dimostrare»
esordisce l'avvocato Alessandro Franco, legale dei due operai...

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