RASSEGNA STAMPA CGIL FVG - martedì 17 settembre 2019

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RASSEGNA STAMPA CGIL FVG – martedì 17 settembre 2019
(Gli articoli di questa rassegna, dedicata prevalentemente ad argomenti locali di carattere economico e sindacale, sono
scaricati dal sito internet dei quotidiani indicati. La Cgil Fvg declina ogni responsabilità per i loro contenuti)

L’EDIZIONE DI OGGI NON CONTIENE ARTICOLI DEL GAZZETTINO

ATTUALITÀ, REGIONE, ECONOMIA (pag. 2)
"Ferriera in bilico. Domani il vertice, ma Patuanelli resta in silenzio (Piccolo, 3 articoli)
C'è il «sì» dei creditori: Pasta Zara è salva (Piccolo)
Nuova sperimentazione. Quota extra di sostegno agli anziani in difficoltà (M. Veneto)
Ultimatum alle famiglie sull'obbligo vaccinale. Poi scatteranno le multe (M. Veneto)
CRONACHE LOCALI (pag. 7)
Friul Intagli cerca 50 lavoratori. Reclutamento anche a Nordest (M. Veneto Pordenone)
Due aziende, due famiglie, una realtà. Ecco la sinergia Medesy-Leader Cam (M. Veneto Pordenone)
Cementeria, salta la cessione. Macchinari venduti in Libano (M. Veneto Pordenone)
«Azienda sanitaria e Regione salvaguardino il Distretto» (M. Veneto Udine)
L'esordio dei vigilantes armati. Sorvegliati speciali i parchi (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
Piano della Regione per gli anziani soli (Piccolo Gorizia-Monfalcone)

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ATTUALITÀ, REGIONE, ECONOMIA

"Ferriera in bilico. Domani il vertice, ma Patuanelli resta in silenzio (Piccolo)
Lilli Goriup - Alla vigilia del tavolo romano sulla Ferriera, nella capitale tutto tace. Almeno formalmente.
Domani mattina si riunirà il primo vertice nazionale sul futuro dello stabilimento di Servola. A convocarlo è
stato il ministero dello Sviluppo economico attualmente retto da un pentastellato che la vicenda Ferriera la
conosce bene: il triestino Stefano Patuanelli. Che però, nonostante il coinvolgimento diretto, scegli di
restare in silenzio. Dal giorno dell'ingresso al governo il successore di Luigi Di Maio al Mise non si è
sbilanciato sull'argomento, limitandosi a far sapere che rilascerà dichiarazioni alla stampa a margine della
riunione di domani. Riunione sulla quale hanno acceso i riflettori tutti gli attori, a partire dalla Regione che
auspica un processo di riconversione dell'area con il coinvolgimento dell'Autorità portuale.Il vertice di
domani nella capitale vedrà la partecipazione anche dei ministeri del Lavoro e dell'Ambiente. La lettera di
convocazione non specifica se a partecipare saranno i titolari dei dicasteri in persona (rispettivamente
Nunzia Catalfo e Sergio Costa, entrambi in quota Cinque Stelle) oppure dei loro rappresentanti. Certa
appare invece la presenza dei verttici istituzionali locali: il presidente del Friuli Venezia Giulia Massimiliano
Fedriga, il sindaco di Trieste Roberto Dipiazza, il presidente dell'Autorità di sistema portuale del Mare
Adriatico orientale Zeno D'Agostino. Ci saranno poi i rappresentanti della direzione delle Acciaierie Arvedi e
i sindacati. Sono chiamate in causa, nello specifico, le segreterie nazionali e territoriali di Cgil, Cisl e Uil
nonché di Fim, Fiom, Uilm, Usb e Ugl metalmeccanici. L'attesa è grande anche perché si tratterà
dell'esordio di Patuanelli sul tema - in veste di ministro, beninteso. In conformità alla linea del M5s, il
triestino è da sempre critico sul mantenimento dell'area a caldo. Appena ricevuta la nomina, una decina di
giorni fa, aveva paragonato l'impianto a «una piccola Ilva» e si era impegnato ad andare personalmente a
Taranto oltre che a Trieste. Città che, ora, attende con il fiato sospeso le indicazioni che emergeranno dal
tavolo romano. L'auspicio a brevissimo termine dell'amministrazione regionale è di arrivare a «un
cronoprogramma condiviso con l'azienda sugli aspetti ambientali - afferma l'assessore regionale
all'Ambiente Fabio Scoccimarro -, con cui andare ai tavoli successivi. Senza il superamento del sito
inquinato nessun sviluppo potrà essere pensato». Resta però il nodo dei tempi e, ostacolo forse ancora più
complesso da superare, dei costi. «In merito alle risorse necessarie allo smantellamento degli impianti e alle
bonifiche - prosegue l'assessore -, affinché i costi possano essere finanziati dallo Stato l'area deve diventare
di proprietà pubblica. Da qui l'eventuale coinvolgimento dell'Autorità portuale». L'idea è in sostanza che
l'Autorità portuale acquisisca l'area, in modo da poter beneficiare di contributi pubblici che adesso sono
preclusi all'attuale proprietà, in quanto soggetto privato. «L'Autorità portuale potrà senz'altro aiutare il
processo nei termini descritti da Scoccimarro, nel momento in cui sarà stabilito il futuro della Ferriera - fa
sapere il presidente Zen D'Agostino, contattato telefonicamente -. Per noi è impossibile invece assumere un
ruolo in assenza di un progetto definito, che difatti al momento non c'è. Mi aspetto d'altronde che proprio
questo sarà lo scopo del tavolo romano: mettere assieme le volontà e da lì iniziare a ragionare».

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Botta e risposta in aula tra Dipiazza e Pd. I sindacati: «Per ora una scatola vuota»
Dalla politica al mondo delle organizzazioni civili e sindacali. L'intervento nell'assemblea cittadina di Trieste
dell'assessore regionale all'Ambiente, Fabio Scoccimarro, ha suscitato una pioggia di reazioni, fuori e dentro
l'aula. Il primo cittadino Roberto Dipiazza ha fatto gli onori di casa ricordando gli investimenti fatti su
Servola a partire dal 1988, data della privatizzazione del complesso industriale: «Ci abbiamo messo tanto
denaro che, con la stessa somma, avremmo potuto comprare una villa a ogni dipendente - ha detto il
sindaco -. Quanto al parco minerario, visto il costo nessuno lo farà mai: guardiamoci negli occhi. La novità è
che con la piattaforma logistica l'area inizia a diventare interessante. Dobbiamo però cominciare a fare un
ragionamento, benché doloroso, perché la situazione attuale non rappresenta lo sviluppo per la nostra
città». La consigliera comunale Pd Laura Famulari ha liquidato il discorso di Scoccimarro come «mera
propaganda», sostenendo che «sulla promessa della chiusura dell'area a caldo è stata vinta una campagna
elettorale. Ora che ci sono le condizioni per realizzarla serve una seria politica industriale, oltre che
ambientale e del lavoro: non abbiamo visto nulla di tutto ciò». «I danni li avete fatti voi, non io», ha
replicato il sindaco. E Famulari: «Il percorso con Arvedi è stato fondamentale per questo nuovo inizio».
Sempre a centrosinistra, Sabrina Morena (Open) ha auspicato una relazione più dettagliata e Maria Teresa
Bassa Poropat un'altra audizione con l'assessore regionale al Lavoro, Alessia Rosolen. Molto critica pure la
pentastellata Elena Danielis: «È in corso una crisi industriale che non dipende dalla politica, la quale finora
nulla ha fatto, bensì dal contesto. Evidentemente all'imprenditore non serve più produrre ghisa, di
conseguenza non serve più l'area a caldo». Passando al centrodestra, Vincenzo Rescigno (Lista Dipiazza) ha
plauso alla linea Dipiazza-Fedriga. «Ci siamo presentati con l'obiettivo di chiudere l'area a caldo - ha detto
Alberto Polacco (Fi) -. Non serve allarmismo, l'apertura del tavolo di confronto è una svolta costruttiva».
Per Claudio Giacomelli (Fdi) «chiudere l'area a caldo in accordo con la proprietà era d'altronde l'elemento
che in campagna elettorale teneva assieme destra, sinistra e M5s». Analogamente per il leghista Everest
Bertoli «con un serio processo di riconversione tale obiettivo sarà raggiungibile». Secondo Giorgio Cecco, di
Progetto Fvg, «l'errore principale è stato continuare con l'accanimento terapeutico sull'area a caldo, invece
di cercare alternative sostenibili». I sindacati intanto temono per i posti di lavoro. «Da parte della Regione
abbiamo ricevuto una scatola vuota, a proposito del discorso occupazionale», ha detto Umberto
Salvaneschi (Fim Cisl). «Stiamo parlando di uomini di ferro - ha aggiunto Thomas Trost (Fiom) -, che fanno la
ghisa da trent'anni. Sono usurati. Riconvertirli sì ma come?» . Perplessità anche da parte di Antonio Rodà
(Uilm), mentre Sasha Colautti a nome dell'Usb chiede «al ministro Patuanelli di lavorare non solo per la
salvaguardia di tutti i posti di lavoro ma anche per il rilancio manifatturiero della città, dal momento che c'è
bisogno di una progettualità per Trieste». Infine l'Associazione No Smog, che raccoglie residenti di Servola e
non solo: «Nessuno parla delle indagini epidemiologiche, che sono state fatte e cadute nel vuoto. Noi e
Taranto siamo rimasti gli unici produttori di ghisa a queste condizioni, in Italia. All'estero ci sono altri
metodi e tecnologie». Li.Gor.
«Impegni ambientali non rispettati». Attacco bis della Regione ad Arvedi
trieste. L'assessore regionale all'Ambiente Fabio Scoccimarro ieri ha puntato nuovamente il dito contro le
inadempienze di cui accusa Siderurgica Triestina a proposito dei parchi minerali e fossili. Lo ha fatto
durante la seduta del Consiglio comunale di Trieste appositamente convocata per ospitare l'audizione dello
stesso Scoccimarro, in merito alla chiusura dello stabilimento siderurgico della Ferriera di Servola. Ma
l'assessore non ha risparmiato neppure l'ex governatrice Debora Serracchiani e il suo «compagno di partito
Renzi». Non si sono fatte attendere le repliche di Serracchiani da un alto e, dall'altro, dell'azienda. Ma
andiamo con ordine. Scoccimarro ha esordito ricordando che «sono oltre vent'anni che se ne parla. Nel
2001 io stesso, da presidente della Provincia, avevo proposto la riconversione. Furono però fatte scelte
diverse, benché legittime, come l'Accordo di programma del 2014 e il rilascio dell'Aia regionale nel 2016 -
ha proseguito l'assessore all'Ambiente -, quando la giunta Serracchiani ha deciso di rilanciare lo
stabilimento chiedendo aiuto al compagno di partito Renzi affinché il cavaliere Arvedi arrivasse a Trieste.
Scelta legittima, appunto, ma poco lungimirante. E lo stesso vale per Accordo di programma e Aia»...

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C'è il «sì» dei creditori: Pasta Zara è salva (Piccolo)
Fabio Poloni - Niente fallimento, Pasta Zara è salva: è arrivato il «sì» ufficiale al concordato preventivo
presentato dall'azienda di Riese. I commissari hanno depositato in tribunale le adesioni espresse dai
creditori - i termini scadevano venerdì scorso - al piano di rientro proposto dal pastificio di Riese Pio X, che
in questi mesi ha rischiato il tracollo sotto il peso di una pesante situazione debitoria. L'azienda ha
continuato a lavorare, i conti sono stati defibrillati con misure d'emergenza (come la cessione a Barilla dello
stabilimento triestino di Muggia), in tribunale si è lavorato per proporre ai creditori la migliore soluzione
possibile: si è arrivati a proposte distinte (sei classi) che vanno da un ristoro minimo del 33% a un massimo
del 100% delle somme dovute, e in base a ciò i creditori si sono espressi. La conta dei «sì» è terminata ieri
ed è stata notificata ai vertici dell'azienda: oltre il 70% ha approvato il piano di concordato. Ora si attende il
timbro ufficiale da parte del tribunale di Treviso con il decreto di omologa nelle prossime settimane.La crisi
era deflagrata, improvvisa ma non troppo, con una comunicazione del 3 maggio 2017 dell'azienda, firmata
dal presidente: Pasta Zara Spa rendeva nota l'impossibilità di saldare la cedola di un bond scaduta il 31
marzo dello stesso anno, parte di un prestito quinquennale di cinque milioni di euro. Era l'inizio del crollo
del castello di conti, con numeri - si leggono nell'ammissione al concordato in continuità firmata dal giudice
Antonello Fabbro - pesantissimi: quasi trecento milioni di euro di debiti, dei quali 194 milioni chirografari a
altri 101 milioni privilegiati. Taglio drastico dei costi, razionalizzazione del prodotto, cessioni straordinarie
(Muggia, appunto, per 118 milioni di euro): con queste misure, lo storico pastificio di Riese è riuscito a
rimanere sopra la linea di galleggiamento. Pasta Zara, controllata dalla famiglia Bragagnolo, è partecipata
dalla finanziaria regionale del Friuli Venezia Giulia, Friulia (11, 25%), e da Simest (11, 76%). A livello di
holding (la lussemburghese Ffauf Sa della famiglia Bragagnolo) ci sono altri 50 milioni di euro di debiti nei
confronti di Bank of China.Sabbie mobili dalle quali ora la storica azienda di Riese esce con il «sì» dei
creditori al concordato. «È un bel punto fermo, ci dà la forza di continuare a lavorare e guardare avanti»,
dice il presidente del Cda di Pasta Zara, Furio Bragagnolo. Da soli o con l'ingresso di nuovi soci per dare
solidità ai numeri? «Con l'omologa del concordato, la solidità c'è già», risponde Bragagnolo. Anche il
sindacato, poche ore prima del verdetto, si era detto ottimista, parlando di un «passo importante per la
continuità e il rilancio dell'azienda».

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Nuova sperimentazione. Quota extra di sostegno agli anziani in difficoltà (M. Veneto)
Il tema delle politiche sociali è stato protagonista della riunione del Consiglio delle autonomie locali.
L'assemblea, infatti, in modo unanime, ha dato l'ok al sostegno di forme abitative sperimentali in grado di
coinvolgere anziani in condizioni di fragilità o non autosufficienti, e disabili. Via libera anche all'introduzione
di un budget di salute per progetti personalizzati, anche a persone con meno di 65 anni in condizioni psico-
fisiche assimilabili a quelle geriatriche.«Considero il parere unanime - ha commentato il vicegovernatore
Riccardo Riccardi - un fatto estremamente importante perché riguarda un tema, quello della vita
quotidiana delle persone non autosufficienti e delle loro famiglie, rispetto al quale i Comuni hanno un ruolo
di primo piano: oggi abbiamo compiuto un passo in avanti per orientare le risposte a questi bisogni
crescenti della società da un modello istituzionalizzato, sempre ripetibile, a uno personalizzato, in grado di
adeguare le soluzioni tecniche ai diversi livelli di cronicità o patologia delle persone».Nel dettaglio, il primo
provvedimento introduce e definisce le modalità di accesso del budget personale integrato per finanziare
sperimentazioni in materia di abitare inclusivo sia attraverso il Fondo per l'autonomia possibile (Fap), sia
attraverso quote del Servizio sanitario. Una volta approvata in via definitiva la norma, per la prima volta
sarà riconosciuta, assieme a quella sociale, una quota del Servizio sanitario per determinate prestazioni
anche a chi è seguito in soluzioni domiciliari sperimentali. La quota giornaliera di sostegno sarà
commisurata ai bisogni e alla situazione reddituale: il massimo del budget giornaliero disponibile sarà di
circa 30 euro (15 euro di quota sanitaria più 14,93 euro di quota sociale) a calare fino a 12 euro in caso di
Isee superiore a 30 mila euro.In questa fase la sperimentazione coinvolgerà un numero limitato di persone,
circa un centinaio, ma l'auspicio della Regione è che diventi una modalità regolare di sostegno alle persone
in condizione di non autosufficienza. Con il secondo provvedimento illustrato da Riccardi, l'amministrazione
ha aggiornato e allineato alle norme nazionali del "Dopo di Noi", le previsioni già emanate in materia di
abitare possibile e domiciliarità innovativa, ponendo maggiore enfasi sul progetto personalizzato e sul
convenzionamento con i Comuni e con le aziende sanitarie, in modo che i modelli siano inseriti in una rete
territoriale di interventi e, infine, introducendo semplificazioni e aggiornamenti sulla base del monitoraggio
delle sperimentazioni in essere.Attualmente sono state avviate dieci sperimentazioni, uniformemente
distribuite sul territorio, che coinvolgeranno, una volta a regime, un centinaio di persone: secondo la
Direzione regionale Salute sono altrettante quelle che stanno preparando domanda di progettazione,
coinvolgendo sia anziani non autosufficienti, sia disabili. Sempre il Consiglio, ieri, ha espresso
unanimemente l'intesa sul disegno di legge in merito alla difesa dei boschi dagli incendi, illustrata
dall'assessore a Risorse forestali e Montagna, Stefano Zannier. «Il ddl genererà più efficienza e tempestività
- ha spiegato - perché sono stati chiariti quali sono i compiti riservati alla Protezione civile regionale e quali
al Corpo forestale, sia in fase di gestione, sia in quella di prevenzione delle emergenze».A.C.

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Ultimatum alle famiglie sull'obbligo vaccinale. Poi scatteranno le multe (M. Veneto)
Elena Del Giudice - «Gentili genitori di Alberto, in seguito al vostro mancato riscontro al precedente invito
da parte di questa Azienda sanitaria ad adempiere all'obbligo vaccinale (...) vi convochiamo insieme a
vostro figlio il giorno x, alle ore y, presso l'ambulatorio vaccinale di... per la somministrazione dei vaccini
obbligatori, previo colloquio informativo». Questo il tenore della lettera di sollecito, l'ultima, ad avviare e
completare il ciclo vaccinale dei propri figli, da parte delle Aziende sanitarie del Friuli Venezia Giulia, che
fissa anche un appuntamento al quale presentarsi per procedere alla vaccinazione. Nel caso in cui la
famiglia si rifiutasse di far vaccinare i propri figli, scatteranno le sanzioni. Solo economiche per le famiglie
che hanno ragazzi in età scolare (scuola dell'obbligo), perché non è possibile vietare la frequenza scolastica
ai ragazzi non vaccinati. Cosa diversa per i bimbi che non hanno ancora compiuto i sei anni, e quindi
possono frequentare solo i servizi per l'infanzia, asilo nido o scuola materna, che non sono obbligatori, non
ammessi se non vaccinati.ottomila ragazziInsieme alla prima campanella d'inizio anno scolastico arriva
dunque l'ultima opportunità per mettersi in regola con le vaccinazioni. Opportunità che interessa 8 mila
minori, dai 2 ai 16 anni, in Friuli Venezia Giulia che risultano non in regola con il calendario vaccinale. Di
questi, 5 mila frequentano la scuola dell'obbligo, e quindi hanno un'età compresa tra i 6 e i 16 anni, mentre
3 mila hanno un'età compresa tra zero e 6 anni. A tutte le famiglie, dunque, è stato inviato l'ultimo
richiamo, che ha un tono più ultimativo rispetto alla prima lettera nella quale si ricorda come le
vaccinazioni proposte dalla sanità pubblica italiana coincidono con quelle raccomandate
dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), la disponibilità di pediatra e medico di famiglia a fornire
informazioni e chiarimenti, i siti internet (da vaccinarsi.org, curato dalla Società italiana di Igiene e dalla
Federazione Italiana Medici Pediatri, a epicentro.it, curato dal ministero della Salute e dall'Istituto superiore
di sanità, fino alla pagina dedicata del sito della regionefvg.it e delle Aziende sanitarie) ai quali attingere
ulteriori informazioni, e si invita le famiglie a presentarsi all'ambulatorio vaccinale. le sanzioniSe nemmeno
questo ulteriore sollecito sortirà effetti, alle famiglie con figli in età scolare non vaccinati arriveranno le
sanzioni. La normativa nazionale ha definito un range che va da 100 a 500 euro l'importo da pagare; la
Regione Fvg ha fissato la "multa" in 167 euro. Allo stato non è possibile sapere quanti di questi 8 mila
ragazzi siano figli di genitori convintamente contrari alle vaccinazioni, quanti non possano vaccinarsi per
motivi di salute, né quanti aderiranno all'invito. casi di morbilloForse vale la pena richiamare i dati più
recenti del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie che pongono l'Italia, insieme alla
Francia, in vetta alla classifica dei Paesi in cui è stato segnalato il maggior numero di casi di morbillo in
Europa negli ultimi 12 mesi, registrando anche 3 decessi. Il bollettino dell'Iss, Istituto superiore di sanità,
riporta che dal 1 gennaio al 30 giugno 2019 sono stati segnalati in Italia 1.334 casi di morbillo, di cui 214 nel
mese di giugno. 4 in fvgTutte le Regioni, ad eccezione della Basilicata, hanno segnalato casi di morbillo nel
periodo considerato: in Fvg il numero di casi si è fermato a 4. L'incidenza nazionale è stata 44,1 casi per
milione di abitanti e l'età mediana delle persone colpite è 30 anni. Sono stati segnalati 142 casi in bambini
sotto i 5 anni di età, di cui 51 avevano meno di 1 anno. L'87% dei casi era non vaccinato al momento del
contagio; il 31% dei casi ha sviluppato almeno una complicanza. Infine sono stati segnalati 80 casi tra
operatori sanitari e 36 tra operatori scolastici.

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CRONACHE LOCALI

Friul Intagli cerca 50 lavoratori. Reclutamento anche a Nordest (M. Veneto Pordenone)
Giulia Sacchi - La Friul Intagli di Villanova di Prata cerca personale, anche senza esperienza: in programma
50 assunzioni.L'anno scorso era stato annunciato dall'azienda che per il 2019 si contava di potenziare
l'organico di un centinaio di unità, facendo crescere ancora il numero di addetti, che oggi sono più di 2 mila:
l'impresa è passata dalle parole ai fatti, tant'è che ha avviato una nuova campagna di reclutamento.«Mobili
in kit e su misura per tutta la casa: l'azienda Friul Intagli è una realtà di assoluto primo piano a livello
mondiale nella produzione di arredamento in legno e oggi l'impresa offre interessanti opportunità
lavorative aprendo cinquanta posizioni per diverse figure professionali, anche senza esperienza - ha fatto
sapere l'agenzia per il lavoro Men at work che sviluppa il progetto di selezione al fianco dell'azienda leader
mondiale nel settore dei mobili in legno -. Dal magazziniere al manutentore, dall'operatore macchine
all'autista Cqc, dal verniciatore all'addetto all'imballaggio. L'offerta prevede un iniziale contratto in
somministrazione (interinale), con finalità di inserimento diretto in azienda, e buona retribuzione».Per
candidarsi è possibile inviare il curriculum a fil.sanvito@maw.it o telefonare alla filiale Maw di San Vito al
Tagliamento allo 0434-875741.Friul Intagli è in continua espansione: alla ricerca nel Nord Est curata da
Maw, si aggiungono i recruting day anche al Sud. Il 26 e 27 settembre è la volta della Puglia: la giornata di
reclutamento si terrà nella filiale di Bari di Gi Group. Altre campagne di ricerca si sono tenute a luglio in
Campania e in Veneto e a giugno in Sicilia.Nella pagina web dell'azienda leader del distretto del mobile, con
una ventina di stabilimenti tra il Pordenonese e Treviso, si legge che «Friul Intagli ritorna in Puglia per
selezionare figure professionali e periti tecnici junior da inserire nelle proprie linee produttive e nell'ambito
logistica, disponibili al trasferimento geografico (provincia di Pordenone e Treviso). Siamo alla ricerca di
addetti alle linee di imballo, addetti al controllo qualità, addetti alle macchine, magazzinieri, autisti con
patente CE e Cqc, manutentori meccanici ed elettromeccanici».L'impresa è in continua espansione sul
fronte occupazionale e non è la prima volta che varca i confini friulani per trovare nuove professionalità. Le
motivazioni alla base dell'ampliamento del raggio di ricerca di persone da assumere era stato spiegato dai
vertici aziendali: le professionalità sono difficili da trovare in loco, complice il calo della disoccupazione in
Friuli.Per il reclutamento ci si avvale di società interinali, ma, come aveva spiegato l'impresa, gioca un ruolo
importante pure il passaparola: spesso quanti inviano i curricula dal Sud hanno un conoscente che lavora
già in Friul Intagli.

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Due aziende, due famiglie, una realtà. Ecco la sinergia Medesy-Leader Cam (M. Veneto Pordenone)
Giulia Sacchi - La Medesy, azienda specializzata nella produzione di strumenti per l'odontoiatria con una
quarantina di lavoratori, ha acquistato un'importante partecipazione nella Leader Cam, altra realtà della
città che produce forbici da parrucchiere di elevata qualità e occupa una decina di addetti. Due aziende,
due famiglie, ossia i Ghezzi e i Centazzo, e altrettanti business, ma un'unica visione del futuro: sinergia e
condivisione anche a beneficio del territorio. In vista c'è il potenziamento dell'organico: almeno quattro
assunzioni a breve. Con l'acquisizione di Leader, Medesy continua la politica d'investimento: le elevate
competenze produttive della prima impresa potranno soddisfare il fabbisogno di ampliamento della gamma
di forbici chirurgiche di Medesy, consentendole di controllare filiera produttiva e relativi costi. Al contempo
quest'ultima sarà impegnata nel rafforzamento della struttura commerciale di Leader per aumentarne
export e presenza internazionale nel settore di forbici da parrucchiere di alta gamma. Gli obiettivi di questa
azione sinergica sono importanti e porteranno vantaggi a entrambe le aziende: Medesy conclude
un'operazione che le consente di assicurarsi una diversificazione di rischio di business. Leader, invece, si
garantisce la continuità della tradizione e del secolare know-how maniaghese, l'incremento della
produzione di forbici e il potenziamento del marchio in ambito internazionale. «Amiamo il territorio e
siamo convinti che la sinergia tra queste due aziende possa portare benefici al comparto, garantendo la
continuità e l'incremento del lavoro nel Maniaghese - afferma Claudio Ghezzi, titolare di Medesy e adesso
pure di Leader -. Ora abbiamo bisogno di collaboratori che abbiano passione e voglia di imparare il mestiere
del coltellinaio, ancora ricco di fascino e soddisfazioni». Medesy è una realtà familiare guidata da Claudio
Ghezzi e dai figli Lisa e Diego. Negli ultimi anni ha messo in campo importanti investimenti sulla produzione,
con nuovi macchinari e personale che hanno permesso di portare all'interno dell'azienda fasi di produzione
che erano esternalizzate, e sull'internazionalizzazione, assicurando all'impresa una presenza costante in
oltre cento Paesi. Leader, fondata dalla famiglia Centazzo settant'anni fa, con Ilar Centazzo è oggi alla terza
generazione: il supporto del padre Livio, maestro del lavoro, non manca. È l'ultima azienda rimasta di
Maniago ad avere competenza per la produzione di forbici. Crearle è complesso: più di duecento fasi
lavorative. Anche se realizzate da moderni macchinari, necessitano di elevata specializzazione e specifica
competenza propria dell'artigiano. -

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Cementeria, salta la cessione. Macchinari venduti in Libano (M. Veneto Pordenone)
Guglielmo Zisa - Buzzi Unicem, la multinazionale proprietaria della ex cementeria di Usago di Travesio,
potrebbe provvedere, a proprie spese, alla dismissione dell'impianto e alla bonifica e riqualificazione
dell'area su cui insiste il sito produttivo nella località della Val Cosa. Ad auspicarlo è stato il sindaco di
Travesio, Diego Franz, al termine di un incontro avvenuto in municipio con alcuni emissari di Buzzi Unicem,
utile a fare il punto della situazione rispetto alla destinazione d'uso dell'impianto di Usago. Impianto in cui
la produzione è ferma dalla primavera di tre anni fa.Al momento l'unica certezza è che il camino del
cementificio di Usago rimarrà spento per sempre: infatti, come comunicato al primo cittadino travesiano, si
è conclusa con un nulla di fatto l'operazione messa in atto da Buzzi Unicem cinque anni fa e che, nella
migliore delle ipotesi, prevedeva il passaggio di proprietà della cementeria di Usago alla Wietersdorfer,
gruppo austriaco attivo nel settore cemento e dei materiali da costruzione. L'operazione, stando agli
accordi presi da Buzzi Unicem con il gruppo austriaco, contemplava, dopo il trasferimento dello
stabilimento di Cadola, in provincia di Belluno, con capacità produttiva annua di 0,3 milioni di tonnellate di
cementi, anche la facoltà per Wietersdorfer - da esercitare entro cinque anni - di acquistare senza
pagamento di ulteriore corrispettivo lo stabilimento di Travesio, con capacità produttiva annua di circa 0,4
milioni di tonnellate. Notizia di oggi è che, scaduti i cinque anni, l'azienda austriaca non ha esercitato
questo diritto sullo stabilimento travesiano.Un mancato acquisto che ha costretto Buzzi Unicem, pur di non
restare con il proverbiale cerino in mano, a escogitare un "piano B" vendendo a terzi i macchinari dello
stabilimento di Usago. Macchinari che prenderanno la via del Libano, «essendo stati venduti a una società
libanese che provvederà a stretto giro a smantellare l'impianto», chiarisce il primo cittadino, il quale
confida «che sia la stessa Buzzi Unicem a provvedere alla demolizione dei muri e a bonificare l'area su cui
insiste lo stesso, fermo restando che l'impianto è fermo, i forni sono spenti da anni e non ci sono rischi per
la salute dei cittadini». Seppure le speranze di una ripartenza della produzione nello stabilimento fossero
ridotte al lumicino, la vendita dei macchinari pone la parola fine su un pezzo di storia della comunità. Una
storia peraltro costellata anche di grandi battaglie. La società originaria nacque il 29 aprile 1969 con lo
scopo di realizzare uno stabilimento per la produzione di 3,5 milioni di quintali di cemento l'anno.
L'impianto entrò in produzione il 12 settembre 1971. Subito una fine polvere di cemento si depositò su un
raggio di 6 chilometri intorno all'edificio (raggiungendo anche Pinzano e Castelnovo). Seguirono mesi di
tensioni e tafferugli. Ne 1976 il tribunale diede ragione ai cittadini rispetto all'impatto ambientale.

«Azienda sanitaria e Regione salvaguardino il Distretto» (M. Veneto Udine)
Paola Beltrame - Serve un colpo d'ala per impedire che la sanità pubblica a Codroipo perda qualità: lo rileva
Alberto Soramel, medico di medicina generale nel capoluogo del Medio Friuli e consigliere comunale
d'opposizione (Pd).«Il Distretto sanitario di Codroipo - osserva Soramel - serve 11 Comuni, 52 mila abitanti.
È l'unico in regione non dotato di ospedale, o ex ospedale in via di riconversione. Forse anche perciò in
questi 30 anni ha avviato un'attività sanitaria territoriale a bassa spesa farmacologica, contenuto numero di
ricoveri, livelli di mortalità e morbilità tra i più bassi in Fvg, tanto da far affermare che esista o sia finora
esistito un modello Codroipo di gestione sanitaria territoriale».«Tutto ciò - aggiunge il medico-consigliere -
grazie alla coesione di intenti ed eccellente preparazione di personale, dirigenti, infermieri e medici che
sanno lavorare in équipe e anche per l'istituzione di Adi (assistenza domiciliare integrata) attiva ogni giorno
e dell'ospedale di comunità».Soramel è preoccupato: «Alcune nubi si affacciano su questo scenario,
minacciando di depotenziare il Distretto codroipese e gettare via 30 anni di esperienza positiva, viste le
grosse difficoltà degli ultimi mesi per accedere a radiologia, alla sospensione del servizio di ecografia (da
poco ripreso a ritmo ridotto), al ridimensionamento di nefrologia e dialisi, ai lunghi tempi di attesa per altre
prestazioni ambulatoriali (quasi impossibile prenotare una visita non prioritaria in cardiologia)».«Ciò che
pare mancare a livello aziendale - aggiunge - è un chiaro progetto sullo sviluppo dei servizi distrettuali
all'interno dell'Aas3 e quale livello qualitativo possano raggiungere. L'accelerazione recente di molte
branche medico-tecnologiche fa sì che certe prestazioni siano obsolete e lente, costose e inadeguate a una
popolazione sempre più vecchia e afflitta da plurime cronicità. Il ritardo dei 4 milioni di euro che aspettano
di essere investiti dalla Regione per ampliare il Distretto è figlio di tale incertezza progettuale e di un
modello di sanità che divide concettualmente ospedale e territorio, relegando questo a cenerentola».«Chi
può e deve (Aas3, assessorato regionale) si attivi quanto prima - è l'appello di Soramel - perché la pazienza
dei cittadini ha un limite».

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L'esordio dei vigilantes armati. Sorvegliati speciali i parchi (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
Francesco Fain - Priorità assoluta ai parchi cittadini. Priorità (più specificatamente) al parco municipale, ai
Giardini pubblici e all'area verde della Valletta del Corno per stroncare eventuali episodi di spaccio di
sostanze stupefacenti.Questa la prima mattinata di lavoro dei vigilantes armati che, ieri, hanno fatto il loro
esordio ufficiale in città. Noi c'eravamo. Di primo mattino, il comandante dei vigili urbani Marco Muzzatti e
il suo vice Paolo Paesini hanno impartito le "istruzioni per l'uso" o "regole d'ingaggio" che dir si voglia agli
steward urbani. «L'approccio - la chiara sottolineatura di Muzzatti - dovrà essere assolutamente "friendly",
amichevole. Non abbiamo certamente bisogno di piccoli Rambo per le strade della nostra città».Ed è
questo il metro che è stato adottato. I vigilantes saranno, come evidenziato nei giorni scorsi, una sorta di
"telecamera mobile" per le forze dell'ordine e per i vigili urbani in particolare. Non potranno prendere
iniziative autonomamente ma agiranno a completo supporto e agli ordini del comandante Muzzatti.
«Abbiamo deciso di dare priorità ai parchi cittadini perché sono considerate zone sensibili», spiega. Del
resto, non è un mistero che soprattutto il parco municipale è frequentato molto spesso da
tossicodipendenti: prova ne sia la presenza di siringhe e flaconcini di metadone nei cestini delle immondizie
e, parecchie volte, anche a terra. Siccome è un'area incantevole, frequentata anche da famiglie con
bambini, l'intenzione del Comune è di imprimere un giro di vite ai controlli, tornando a rendere "vivibile" il
parco.Del resto, già nell'ultimo anno, c'è stata una moltiplicazione dei controlli da parte della Polizia locale.
A parlare sono i numeri. Nel 2017 furono effettuati 12 controlli, praticamente uno al mese. Nel 2018 sono
schizzati a 178. Con un aumento vertiginoso del 1.383 per cento. I numeri dimostrano come i
pattugliamenti degli agenti della Polizia locale siano aumentati considerevolmente, si potrebbe dire a
dismisura. E vanno aggiunti anche i controlli (non quantificati) delle altre forze dell'ordine che, spesso e
volentieri, allargano il loro raggio d'azione ai Giardini pubblici, piuttosto che al Parco della Rimembranza,
alla Valletta del Corno, al parco Baiamonti, ai giardinetti di via Udine a Lucinico per non dimenticare il parco
dei Principi e il parco Bolaffio di Piuma. Ma il vero e indiscusso "sorvegliato speciale" resta il parco
municipale.Quella dei vigilantes, spiega il Comune, sarà un'utile attività di supporto per mettere fine allo
spaccio e al consumo di sostanze stupefacenti e ai bivacchi. «La nostra intenzione e la nostra priorità, in
questo momento, è il parco municipale che vogliamo torni ad essere frequentato dalle famiglie, dai
bambini accompagnati dai genitori o dai nonni. Per questo, continueremo nelle nostre attività di controllo»,
aveva dichiarato di recente il vicesindaco e assessore comunale alla Sicurezza, Stefano Ceretta.

Piano della Regione per gli anziani soli (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
Il vicegovernatore con delega alla salute Riccardo Riccardi ha incontrato, assieme ai vertici della Direzione
centrale salute e della Aas 2, i sindaci e i rappresentanti dell'ambito Collio - Alto Isontino. Fra i temi in
particolare è stato approfondito quello del trattamento del problema della fragilità: partendo non solo dal
dato di 3. 382 anziani che a Gorizia vivono soli, ma anche dalla presenza di povertà, emarginazione e
dipendenze che creano la necessità di percorsi che si sviluppino a partire dal territorio. «In questa nuova
architettura - ha spiegato Riccardi - una parte fondamentale sarà rivestita dal volontariato e dal terzo
settore, senza il quale il compimento dell'integrazione socio sanitaria non potrà dirsi concluso».

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