RASSEGNA STAMPA CGIL FVG - lunedì 1 luglio 2019
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RASSEGNA STAMPA CGIL FVG – lunedì 1° luglio 2019 (Gli articoli di questa rassegna, dedicata prevalentemente ad argomenti locali di carattere economico e sindacale, sono scaricati dal sito internet dei quotidiani indicati. La Cgil Fvg declina ogni responsabilità per i loro contenuti) ATTUALITÀ, REGIONE, ECONOMIA (pag. 2) Scuole troppo vecchie e a rischio sismico. Investimenti milionari (M. Veneto) Fedriga in tv conferma il muro e scoppia la bagarre con M5s e Pd (M. Veneto) Partenza con quattro giorni di servizio. Mercoledì vertice sul numero di agenti (Piccolo, 2 articoli) Il Gruppo Danieli cresce in Cina e incamera altre due commesse (M. Veneto) CRONACHE LOCALI (pag. 5) All'Inail l'organico è ridotto all'osso. Ci sono pratiche ferme da oltre un anno (M. Veneto Pn) Lavoro, commercio maglia nera (Gazzettino Pordenone) Troppo caldo nelle fabbriche. Appello lanciato dai sindacati (M. Veneto Pordenone) Licenziati 500 precari, è caccia all'indennità aspettando i contratti (Mv Pordenone) Emergenze in ospedale La soluzione di Riccardi (Gazzettino Pordenone) Telecamere in aule, mense e giardini da settembre in dieci asili comunali (Piccolo Ts) «Urgente pensare alla riconversione della centrale A2A. No impianti a gas» (Piccolo Go-Monf) 1
ATTUALITÀ, REGIONE, ECONOMIA Scuole troppo vecchie e a rischio sismico. Investimenti milionari (M. Veneto) Giacomina Pellizzari - Da Udine a Pordenone, dalla città alla montagna, l'antisismica travolge le scuole. Gli istituti che in Friuli Venezia Giulia di fronte a un terremoto potrebbero crollare non si contano più. Il condizionale è d'obbligo perché alcuni indici riscontrati nel corso delle verifiche sono davvero molto bassi. Il caso delle scuole elementari e medie di Villa Santina è solo un esempio: in questo caso il risultato della verifica statica e sismica è 0,2 quando dovrebbe oscillare tra 0,6 e 1. Una situazione limite nell'ambito di una fotografia regionale che risparmia pochi edifici pubblici. Gli assessori regionali alla Protezione civile, Riccardo Riccardi, e ai Lavori pubblici, Graziano Pizzimenti, ne sono al corrente e tra una decina di giorni riuniranno attorno a un tavolo tutti i protagonisti per cercare una via d'uscita senza creare allarmismi. L'anno scolastico è appena concluso, ma da qui a settembre molti sindaci dovranno trovare edifici antisismici per sistemare alunni e studenti. I primi cittadini di Ampezzo, Arta Terme, Tolmezzo, San Daniele, Pasiano di Pordenone e di Pordenone, Sutrio, Pontebba e Palmanova l'hanno già fatto. In tutti questi comuni (l'elenco è soltanto parziale) gli studenti o sono già stati trasferiti oppure i piani alternativi che entreranno in vigore a settembre sono già stati approvati. Altri sono in cerca di soluzioni non troppo costose perché il tema da affrontare sarà anche quello del reperimento dei fondi necessari per pagare gli affitti. Il problema è complicato, basti pensare che se quegli stessi parametri dovessero essere applicati agli edifici residenziali la stragrande maggioranza non risulterebbe a norma. «L'evoluzione della normativa antisismica - spiega l'assessore alla protezione civile - ha portato a soglie molto elevate, ma detto questo non si può immaginare di chiudere tutte le scuole». Pur non nascondendo la preoccupazione, Riccardi invita a non fare terrorismo: «Ci sarà sicuramente qualche edificio da migliorare, ma dicendo che le scuole fuori norme sono pericolose rischiamo di fare inutili allarmismi nel Friuli ricostruito dopo il terremoto». E ancora: «Non è possibile che, da un momento all'altro, nascano preoccupazioni perché cambiano i sindaci. Se dovessimo fare interventi di questo genere - aggiunge Riccardi - dovremmo avere centinaia di migliaia di euro».L'analisiLa Regione sta cercando di mettere a punto una norma per ritagliare dentro i quadri economici le risorse necessarie a sbloccare le procedure e garantire i trasferimenti delle utenze. «La situazione va gestita con prudenza - continua l'assessore alla Protezione civile -, sugli edifici si può intervenire per realizzare interventi transitori. Oltre alle scuole ci sono anche diverse case di riposo con lo stesso problema». Riccardi ci tiene a dire che su questa fotografia sono già stati investiti circa 200 milioni di euro. «Sono fondi regionali e statali stanziati per la messa in sicurezza delle scuole. Probabilmente preoccupa alcune amministrazioni dove questi lavori non sono stati fatti. Abbiamo tutti i dati e su questi cercheremo di garantire gli interventi. Dobbiamo stare attenti - sottolinea Riccardi - a non fare edifici con più ferro che cemento». Anche Pizzimenti sta valutando le radiografie delle scuole, ed è proprio lui a far notare che «nella passata legislatura la Regione aveva dato i contributi ai Comuni per effettuare le verifiche sismiche e ora stanno arrivano i dati. Dobbiamo investire migliaia di euro per mettere a norma le scuole». L'assessore ai Lavori pubblici ricorda che lo scorso anno sono stati stanziati oltre 40 milioni per la messa in sicurezza degli edifici scolastici, di questi 33-34 sono fondi ministeriali. Le cifre sono state distribuite a oltre una ventina di amministrazioni locali che, in diversi casi, non hanno ancora speso. Pizzimenti, comunque, auspica di recuperare un altro milione dall'assestamento di bilancio, che sarà approvato in Consiglio regionale entro luglio, per rispondere alle nuove urgenze. «La situazione è nota ed è sotto controllo, bisogna aggiungere i finanziamenti che man mano arrivano e trasferirli immediatamente ai Comuni». Detto ciò, Pizzimenti riconosce che «in alcuni casi la situazione si complica perché non si sa dove trasferire gli allievi: non posso - avverte l'assessore ai Lavori pubblici - finanziare gli spostamenti anche perché io faccio infrastrutture». Nel frattempo da Roma è arrivata la richiesta di aggiornare la mappa per valutare poi a quanto ammonterà la spesa. 2
Fedriga in tv conferma il muro e scoppia la bagarre con M5s e Pd (M. Veneto) Maura Delle Case - «I muri non si alzano se le regole si rispettano. Se qualcuno non le rispetta la conseguenza sono i muri». A "1/2h in più", ospite del salotto domenicale di Lucia Annunziata, il governatore Massimiliano Fedriga è tornato a parlare di barriere al confine con la Slovenia. Extrema ratio se non saranno rispettate le regole. Che ci sono ma vanno osservate. Fedriga ieri l'ha ricordato con chiarezza richiamandosi al trattato di Schengen. «Che non significa solo libera circolazione all'interno dei Paesi Ue, significa anche che i Paesi devono presidiare i confini, non più solo loro, ma di tutta l'Europa. Se questo non verrà fatto, ma anzi, verrà fatto il contrario - rilancia l'esponente leghista ricordando gli attacchi dell'Europa a Ungheria e Croazia per avere iniziato a presidiare le ex frontiere - allora valuteremo qualsiasi ipotesi per impedire i passaggi: dalla sospensione di Schengen alle barriere nelle tratte più frequentate». Parole che hanno riacceso la polemica. Molte le reazioni nazionali e locali, come quelle del parlamentare M5s Emilio Carelli e dell'ex Pd premier Paolo Gentiloni. Nelle agende del presidente Fvg e del ministro dell'Interno, Matteo Salvini, c'è già una data per discutere su come agire. È quella di mercoledì, quando Fedriga è atteso al Viminale, mentre Salvini ricambierà la visita venerdì in regione. «La prossima settimana ho un appuntamento con Salvini per valutare queste ipotesi», conferma il governatore, precisando che la competenza non è della Regione ma dello Stato e sottolineando poi come l'attività straordinaria di pattugliamento lungo il confine messa in campo da fine 2018 abbia dato i suoi risultati: «Da settembre - fa sapere Fedriga - abbiamo potenziato i controlli al confine e preso molti passeur. C'è chi commercia in esseri umani perché con la poesia delle frontiere aperte passa chiunque». Ulteriore freno agli ingressi irregolari dal confine sloveno in Fvg sarà posto oggi, quando prenderà il via il pattugliamento misto italo-sloveno. Nelle province di Trieste e Gorizia e da Caporetto a Nuova Gorica. Controlli funzionali a far rispettare sul fronte orientale i trattati di Schengen e di Dublino. Tutt'altra situazione rispetto a Lampedusa, alla Sea Watch e all'arresto della comandante Carola Rackete. Per Fedriga la vicenda della nave battente bandiera olandese «è un'enorme strumentalizzazione a opera di una Ong che non voleva salvare vite, voleva usare 40 persone, immigrati irregolari per fare pressione politica sul nostro Paese. Per me è una vergogna. Ci vedo poco di umanitario e molto di politico. In poco tempo si potevano tranquillamente potare quelle persone in un porto. Non è stato fatto volutamente». «Spero che l'idea del governatore Fedriga non venga raccolta da nessuna forza politica. Non è alzando i muri che si governano i problemi delle migrazioni - dice Emilio Carelli -, la politica deve smetterla di inseguire i titoli dei giornali e le dichiarazioni a effetto e cominciare a lavorare seriamente alla soluzione di questo dramma epocale con umanità e serietà. Tutto questo lo si può fare a Bruxelles». «È una coglionata pazzesca! La derubrico subito così», sbotta il presidente della Commissione Affari costituzionali della Camera, Giuseppe Brescia (M5s). «Questa proposta - aggiunge Bresccia - non è nel contratto di governo e non ha né capo né coda». Scriev su Twitter Paolo Gentiloni: «#Lampedusa Continuano ad arrivare. Sono poche decine di migranti. Sbarcano. Vite salvate. #Salvini oggi non gioca con la loro pelle ma col muro in #Slovenia». Anche Carlo Cottarelli usa lo stesso social: «Lorella Cuccarini si è fatta male a Roma cadendo per colpa di una buca. Chissà, forse prima di spendere soldi pubblici per erigere un muro con la Slovenia non si dovrebbe spenderli per riparare le buche a Roma?», scrive il direttore dell'osservatorio sui conti pubblici. Duro il Pd locale per voce del segretario Fvg Cristiano Shaurli. «È da incoscienti anche solo lanciare l'idea di un muro e Salvini lo ha fatto parlando chiaramente di "barriere fisiche". Fedriga non si faccia prendere dalla smania di fare sempre il pappagallo del suo "capitano", misuri le parole come deve fare un presidente di Regione, e dica che queste barriere non ci saranno mai. Fedriga - chiude Shaurli - inizi a fare il presidente, a seguire in prima persona i gravi problemi economici e occupazionali del Friuli Venezia Giulia, la sanità che annaspa. Dopo un anno sarebbe ora». 3
Partenza con quattro giorni di servizio. Mercoledì vertice sul numero di agenti (Piccolo) Andrea Pierini - Quattro pattuglie in azione in altrettanti giorni alla settimana, una a giornata: tre opereranno sul territorio sloveno e una in Italia. Resteranno in servizio fino al 30 settembre. Con questa modalità prenderanno il via oggi i controlli ai confini delle pattuglie miste tra la polizia italiana e quella slovena. Le procedure operative verranno presentate nel corso di una conferenza stampa congiunta all'ex valico di Lipizza, alla presenza di Marjan Stubljar e Viljem Toskans, dirigenti della polizia slovena, e di Vincenzo Avallone e Giuseppe Colasanto della polizia di Frontiera italiana. Non è prevista la partecipazione di politici e prefetti. «Avevamo chiesto di attivare le pattuglie miste da diverso tempo - spiega l'assessore regionale alla Sicurezza Pierpaolo Roberti - visto che da parte nostra c'è la volontà di bloccare gli arrivi mentre dalla Slovenia un po' meno». Grazie all'affiancamento ci sarà anche una accelerazione nei rimpatri per i migranti intercettati nella zona di retrovalico. Al momento i numeri 2019 dicono che fino al 20 giugno sono arrivati a Trieste 796 migranti, 102 a Gorizia, per un totale di 898, di questi ne sono stati riammessi in Slovenia 129, 90 da Trieste e 39 da Gorizia. In tutto il 2018, a Trieste erano arrivati 1.447 richiedenti asilo, con 343 riportati in Slovenia, e a Gorizia 114 per 43 trasferimenti. Non è la prima volta che questo servizio viene attivato a Trieste e in Friuli Venezia Giulia, il precedente è del 2004 e serviva in realtà per accelerare i controlli sui due confini che sarebbero poi caduti tre anni dopo. Nel 2015 la collaborazione fu tra la polizia di Frontiera del Fvg e quella austriaca, nel pieno dell'emergenza migrazione e rotta balcanica quando gli arrivi erano decisamente più importanti in particolare da nord. Le quattro pattuglie settimanali, tre in territorio sloveno e una in Italia, presumibilmente opereranno nel turno da mezzanotte alle sette del mattino, ovvero il momento di maggiore afflusso dal territorio boschivo. La Slovenia ha messo a disposizione 15 uomini, per l'Italia invece solamente cinque che dovranno pattugliare un'area di 213 chilometri con tutto il retrovalico. «A Trieste - spiega Lorenzo Tamaro, segretario provinciale del Sap (Sindacato autonomo di Polizia) - al momento sono in servizio 98 agenti, ce ne dovrebbero essere 120 sulla base degli accordi del 2007 quando non c'era la criticità dei migranti. Ricordo anche che durante Expo sono stati trasferiti tanti uomini a Milano, quindi sarebbe opportuno riportare i valori a quelli previsti. Detto della necessità di implementare il personale per poter attivare i pattugliamenti sulle 24 ore, l'avvio è sicuramente positivo, diciamo che sarà più chiaro se si tratta di un intervento di facciata dopo l'entrata in funzione e i necessari accorgimenti». Sul fronte del personale lo stesso Roberti ha precisato che «ci sarà un incontro mercoledì al Viminale con il ministro dell'Interno per fare una prima valutazione, una seconda verrà fatta poi venerdì quando Matteo Salvini sarà a Trieste. Comunque ogni volta che abbiamo chiesto più personale abbiamo ricevuto una pronta risposta». Anche Domenico Dragotto, segretario generale Fvg del sindacato Coisp, rimarca la questione: «A Trieste arriveranno solo sette nuovi poliziotti nei prossimi 12 mesi e non basteranno per il turnover. Oltre alle risorse umane servono anche quelle economiche e un'organizzazione efficace ed efficiente. Mancano ad esempio i locali idonei e il personale per le traduzioni. Si potrebbero usare in maniera più appropriata le forze armate, oggi affiancate alla polizia di Frontiera, che potrebbero essere utilizzate per un costante pattugliamento della fascia confinaria. Mancano anche i luoghi di prima accoglienza visto che - conclude -, dopo l'identificazione, se non ci sono posti disponibili i migranti vengono lasciati a loro stessi». Intanto il centro di Gradisca si ritrova "corazzato" da un nuovo recinto di ferro Alte griglie metalliche rafforzano le precedenti "difese" del piazzale composte dai guardrail. Il sindaco Tomasinsig: «Intervento voluto dal Viminale per scoraggiare eventuali proteste» 4
Il Gruppo Danieli cresce in Cina e incamera altre due commesse (M. Veneto) Elena Del Giudice - Il Gruppo Danieli continua ad acquisire commesse. Gli ultimi due, in ordine di tempo, arrivano dalla Cina. Nel dettaglio Minyuan I&S Group ha commissionato a Danieli un nuovo laminatoio a barre per il suo impianto di Shandong in Cina. Il nuovo laminatoio ad alta velocità permetterà la produzione di barre di acciaio con uno spessore tra i 12 e i 40 millimetri. Non sono ancora stati forniti dettagli sull'avvio dell'investimento e sul valore dell'ordine.L'altro ordine è arrivato da Luzhou Xinyang Iron and Steel che ha scelto la tecnologia Danieli per due nuovi forni elettrici ad arco da installare nel nuovo laboratorio di fusione nella città di Luzhou, nella provincia del Sichuan, sempre in Cina.I due nuovi forni Ultra High Power sono dotati del sistema di ricarica Endless Danieli per la ricarica e il preriscaldamento continui dei rottami.I forni consentiranno al Gruppo cinese di ridurre i consumi energetici e di migliorare la sicurezza degli impianti. L'avvio dell'installazione del nuovi impianti è previsto per il mese di agosto del prossimo anno.E ancora non va dimenticato l'investimento in Azerbaigian, dove Danieli - in partnership con una società cinese - costruirà un nuovo impianto integrato, dalla miniera al laminatoio.La multinazionale friulana guidata dal ceo Giacomo Mareschi Danieli sta quindi implementando in maniera considerevole il portafoglio ordini a livello internazionale. Alle due commesse ottenute in Cina si sommano altri ordini. A metà giugno la peruviana Corporacion Aceros Arequipa ha affidato alla società di Buttrio l'ordine per installare due impianti di fresatura nella seconda fase dei lavori per ammodernare la fabbrica. In precedenza Pomina Steel corporation, uno dei più grandi produttori di acciaio del Vietnam, aveva assegnato a Danieli Automation la fornitura di un set completamente nuovo di apparecchiature elettriche e di automazione per il forno esistente di Reheating e il laminatoio di Pomina 2. A inizio maggio l'azienda aveva comunicato due nuovi ordini, uno dagli Usa e uno dalla Cina e a metà aprile aveva ottenuto una commessa sempre dalla Turchia. Mentre a febbraio aveva vinto un appalto in Colombia per il sistema di raffreddamento Q-Smartec.Da segnalare il completamento dell'impianto per Acciaierie di Verona, azienda che fa parte del Gruppo Pittini, in grado di produrre 750 mila tonnellate di filo d'acciaio di diverse dimensioni, e che ha rappresentato, per Danieli, il cinquecentesimo laminatoio realizzato da Danieli che comprende le migliori tecnologie e innovazioni del Gruppo di Buttrio nella progettazione e realizzazione di impianti per la produzione di acciaio. 5
CRONACHE LOCALI All'Inail l'organico è ridotto all'osso. Ci sono pratiche ferme da oltre un anno (M. Veneto Pn) Giulia Sacchi - Inail di Pordenone con organico all'osso: le pratiche sono ferme da oltre un anno e il quadro di criticità mette in discussione i diritti delle maestranze, che rischiano persino il posto di lavoro. A denunciare la situazione, sulla base prima di tutto delle lamentele dei cittadini, è il sindacalista di Uilm Roberto Zaami, il quale ha lanciato un appello alla Regione affinché intervenga. «Abbiamo un problema enorme all'Inail per quanto riguarda il personale e non si tratta di una situazione che è nata ieri, ma che va avanti da un anno - ha fatto sapere Zaami -. Il quadro è chiaro: siamo dinanzi a un ente che è previsto per legge e al quale nessuno può sottrarsi, che non è in grado, però, di garantire il servizio. Nonostante la situazione molto critica, la politica segna il passo, facendo finta di nulla. Una condizione intollerabile, che necessita di interventi immediati: non si può perdere il posto di lavoro perché manca il personale che deve espletare le pratiche. Non si può rischiare di non avere più un'entrata per mantenere la famiglia a causa di burocrazia elefantiaca e di una macchina amministrativa che non funziona».Zaami ha portato l'esempio delle istanze che si presentano all'Inail per il riconoscimento delle malattie professionali: se quest'ultimo non viene ottenuto entro un periodo prestabilito, le persone rischiano grosso sul fronte occupazionale. «Il problema è molto grave perché, se una malattia professionale non viene riconosciuta per tempo, il lavoratore è costretto a stare a casa in malattia, ma, una volta superato il periodo di comporto (previsto da contratto e in cui si sta in malattia senza essere licenziati), si rischia di dovere usufruire dell'aspettativa non retribuita, che ha un tempo massimo, o nella peggiore delle ipotesi si può essere licenziati - ha spiegato Zaami -. La situazione di criticità sinora è stata sottovalutata, ma è venuto il momento di dire basta».Il sindacalista di Uilm ha messo in luce che, «se nulla sarà fatto affinché si registri una svolta, le persone possono perdere soldi, posti di lavoro e diritti sociali: un quadro intollerabile. Abbiamo cittadini che vengono nelle sedi sindacali e continuano a rivolgerci sempre gli stessi interrogativi: perché non ci hanno chiamato? Perché siamo in attesa da un anno? Perché dobbiamo ricorrere ancora alla malattia rischiando l'occupazione? Domande alle quali, per ora, non abbiamo risposta. Chiediamo quindi alla Regione un intervento serio e mirato: la soluzione non può essere la peregrinazione da un territorio all'altro. I lavoratori non possono spostarsi magari di provincia per rincorrere i servizi. Questi ultimi devono essere assicurati e basta». 6
Lavoro, commercio maglia nera (Gazzettino Pordenone) Meno accertamenti ma più efficaci da parte dell'Ispettorato del lavoro, che nel 2018 ha rilevato irregolarità soprattutto per quello che riguarda gli orari di lavoro, le ferie e i riposi, ma ha anche intercettato un numero maggiore di lavoratori in nero, soprattutto nelle attività manifatturiere e nella ristorazione. I dati sono quelli dell'Ispettorato territoriale del lavoro di Udine e Pordenone, diretto da Gianna Da Ronch, che nelle due province di competenza ha effettuato accertamenti in 1.442 aziende, delle quali 538 nella Destra Tagliamento. A questa attività vanno poi aggiunte altre 150 aziende circa visitate dal Nil, il Nucleo Carabinieri dell'ispettorato del lavoro. Le vigilanze si possono inoltre suddividere fra 60 ispezioni di vigilanza tecnica per Pordenone e 230 per Udine e, rispettivamente, 478 e 530 di vigilanza amministrativa. Le aziende in cui sono stati accertati illeciti sono state 793, di cui 313 per Pordenone, con un tasso di irregolarità del 62,04 per cento, a fronte del 47,89 per cento del 2017. «Il dato delle irregolarità - spiega Da Ronch - fa emergere come sia cambiata la programmazione dell'attività ispettiva, che si è ridotta nei numeri ma è migliorata nella capacità di individuare fenomeni e settori di intervento che presentano situazioni lavorative irregolari». Sono stati 153 i lavoratori che hanno presentato nel 2018 una denuncia alla sede di Pordenone, a fronte dei 168 del 2017. Negli ultimi anni le richieste di intervento hanno attivato interventi di controllo per la verifica del fenomeno di lavoro nero e portato all'emissione di diffide accertative che nel 2018 sono state 76 per Pordenone contro le 15 del 2017. Le diffide sono provvedimenti che permettono ai lavoratori di agire in via esecutiva per il recupero dei propri crediti retribuitivi senza attendere una sentenza del Tribunale. In altri casi è stata seguita la strada dell'attività conciliativa, con un tasso di esito positivo superiore all'80 per cento. L'attività ispettiva nel corso degli anni si è rafforzata nella collaborazione e coordinazione con le altre forze dell'ordine e con gli enti. Una importante parte dell'attività di vigilanza nel 2018 è stata svolta con gli ispettori Inps e Inail, sulla base della validazione della Commissione regionale di coordinamento. In materia di prevenzione è invece continuata la collaborazione con i tecnici di prevenzione della Aziende sanitarie in diversi settori produttivi. I controlli ispettivi di maggior rilievo nella Provincia di Pordenone hanno riguardato la materia dell'orario di lavoro. Le verifiche hanno permesso di riscontrare un elevato numero di violazioni, sia in tema di ferie che di riposi giornalieri e settimanali, con ben 290 lavoratori irregolari sui 520 totali, quindi quasi il 56 per cento. Nel corso del 2018 è anche aumentato in provincia di quasi il 30 per cento il numero dei lavoratori in nero accertati, passati da 65 a 90 grazie a un'attività di controllo maggiormente mirato. A questi si aggiungono altri 35 lavoratori in nero accertati dal Nucleo Carabinieri. I settori nei quali si riscontra maggiormente la presenza di lavoratori in nero è nelle attività manifatturiere e ristorazione. La percentuale di irregolarità delle aziende della Provincia di Pn maggiormente evidenziabili sono: agricoltura 47% di irregolarità nel 2017 e 60 nel 2018; costruzioni 62% nel 2017 e 64 nel 2018; commercio 64% nel 2017 e 69 nel 2018; ristorazione 63% nel 2017 e 67 nel 2018. (Lara Zani) 7
Troppo caldo nelle fabbriche. Appello lanciato dai sindacati (M. Veneto Pordenone) Giulia Sacchi - Capannoni fatiscenti, coperture in lamiera e fabbriche che diventano forni per le alte temperature, ma le maestranze devono lavorare comunque: è la situazione che accomuna numerose realtà anche del Pordenonese. Piccole e medie imprese, magari con pochi addetti e senza una rappresentanza sindacale all'interno, le cui condizioni di lavoro non sono diverse da quelle per esempio dell'Electrolux di Porcia, ma che non salgono all'onore delle cronache locali in primis perché non sono multinazionali oppure perché l'ambiente piccolo non consente ai dipendenti di avere tanta forza da poter fare sentire la propria voce. E così le maestranze stringono i denti e vanno avanti, pur soffrendo e rischiando anche infortuni o comunque incidenti al pari di chi lavora in linea in grandi realtà produttive. Centinaia di piccole e medie imprese le cui situazioni passano sotto silenzio.Ad accendere i riflettori su queste realtà è il sindacalista di Fim Cisl Gianni Piccinin, il quale ha lanciato un appello alle istituzioni, prima di tutto a Unindustria Pordenone, che ha sempre dimostrato attenzione sul fronte pure della sicurezza sul lavoro, affinché possa intervenire. «Pensiamo a tutte quelle aziende medio-piccole, dove magari il sindacato c'è, ma i lavoratori sono più timorosi a muoversi e di certo non scioperano nonostante manchi loro persino l'acqua - ha dichiarato Piccinin -. Persone che operano in fabbriche obsolete, in stabilimenti vecchi e non isolati, in cui le temperature salgono e si registrano picchi anche molto elevati. Azienda che non sono organizzate come le grandi imprese, nelle quali magari non vengono consentite pause aggiuntive e si ha riguardo a chiederle, eppure la lotta contro il caldo dei lavoratori c'è. Le alte temperature si fanno sentire e forse più che in Electrolux, proprio alla luce delle strutture fatiscenti».Piccinin ritiene siano necessari interventi strutturali, non soluzioni-tampone. «Servono interventi non solamente temporanei nelle settimane di caldo intenso, ma un ragionamento di più ampio respiro assieme a Unindustria - ha spiegato il sindacalista -. Sono necessarie normative ad hoc per mettere in sicurezza quei posti di lavoro in cui operare diventa difficile in estate. È chiaro che a effettuare gli investimenti deve essere l'impresa, ma il governo deve fare la propria parte con incentivi». Quindi l'appello alle istituzioni in primis locali. «Non dimentichiamoci delle centinaia di addetti delle piccole realtà - ha concluso -. Il sistema deve cambiare: tutti ci interessiamo ai colossi industriali quando scoppia il caldo, ma pensiamo anche agli altri siti. La responsabilità è collettiva perché possiamo fare di più e meglio». 8
Licenziati 500 precari, è caccia all'indennità aspettando i contratti (Mv Pordenone) Primo giorno senza lavoro, oggi, per oltre 500 precari in 42 scuole del Friuli Occidentale. Bidelli e insegnanti stagionali sono licenziati, almeno fino a settembre. Per questo entro una settimana dovranno presentare la domanda per l'indennità.Giornate tribolate dal caldo africano, nelle file davanti all'ufficio dell'impiego e nella staffetta nelle sedi sindacali confederali e autonome a Pordenone e Sacile. «La disoccupazione copre con circa 350 euro il primo mese da disoccupati per chi non ha orario completo settimanale di servizio - spiegano i precari -. Per ottenere l'assegno dobbiamo produrre un certificato sullo status di licenziati e correre, poi, al banco dei Caf sindacali». Le domande si inoltrano online in accordo con l'Inps, ma tanti precari chiedono un supporto, per i dubbi di riuscire a inviare le pratiche nei momenti in cui le linee sono sovraccariche per l'eccesso di richieste. Come precisano i precari della scuola « la preoccupazione non è quella di mettersi in coda, ma sulle possibilità di trovare occupazione in settembre». Nel futuro sono previsti circa 200 pensionamenti di insegnanti e bidelli. Da qui la garanzia del futuro lavoro precario in bidelleria, in cattedra e anche di assunzioni in ruolo: circa 250 previste nell'istruzione locale. Come spiega l'ufficio scolastico di via Concordia, «il diritto alla disoccupazione ordinaria Naspi è assicurato dal lavoro nell'ultimo biennio. Poi, dall'anzianità assicurativa obbligatoria». Il bonus dell'indennità verrà corrisposto ogni 30 giorni per un massimo di 8 mesi e corrisponde al 60% nel primo semestre. Il Tfr arriverà nei primi mesi 2020 ma ci sono sempre ritardi di mesi anche nel pagamento dei salari e dell'assegno della disoccupazione per i lavoratori precari della scuola. Da oggi agli sportelli del patronato sindacale a Pordenone inizieranno le code di chi è senza lavoro. «È una giornata dolorosa per i precari dell'istruzione - spiega Giuseppe Esposito, bidello a Pordenone con la famiglia a Napoli -. Ci sono ausiliari e amministrativi Ata che non hanno ottenuto la proroga del contratto, al 31 agosto». Intanto, è ripresa l'emigrazione dei lavoratori dal sud a nordest ma il precariato non è diminuito. C.B. Emergenze in ospedale La soluzione di Riccardi (Gazzettino Pordenone) «Non c'è alcun annullamento rispetto all'esistente e anche per Maniago le strutture per il soccorso rimangono quelle che sono». Non si è fatta attendere la risposta del vicepresidente della Regione nonché assessore alla sanità, Riccardo Riccardi, in merito alle dichiarazioni della consigliera regionale dei Cittadini, Simona Liguori, che sostiene come «non esistano sedi distaccate di Pronto soccorso nei presìdi ospedalieri riconvertiti». Dichiarazione a cui è seguita un'interrogazione diretta proprio a Riccardi. «Sull'emergenza è in corso una revisione complessiva del sistema per garantire minore frammentazione nella catena del soccorso - continua il vicepresidente della Regione Fvg - É questo il problema da affrontare in una visione moderna che deve distinguere le condizioni critiche da episodi che nulla hanno a che fare con l'emergenza. In questo sistema tutte le strutture, anche territoriali, saranno coinvolte ma evidentemente per il livello di prestazione. L'emergenza ha bisogno di ridurre la catena - ha precisato Riccardi - e per farlo c'è anche la necessità di considerare i bisogni di salute per ciò che sono. Qualche punto di sutura non è caso da pronto soccorso». Da alcuni anni Maniago dispone di un Punto di primo intervento operativo unicamente dalle 8 alle 20: nel corso della notte è d'obbligo fare riferimento direttamente a Spilimbergo o a Pordenone. Nel criticare un emendamento della giunta al disegno di legge omnibus, con cui è stata introdotta la possibilità di tenere i pazienti in osservazione nei punti di primo intervento, Liguori aveva fatto notare come la novità voluta dall'assessore Riccardi sia in capo soltanto ai Pronto soccorso. «Le persone devono sapere - ha spiegato l'esponente di centrosinistra - che soltanto nei Pronto soccorso inseriti all'interno di ospedali è possibile tenere i pazienti in osservazione. Se si afferma il contrario si finisce per generare soltanto confusione. Dalle ultime parole di Riccardi appare evidente che le sedi staccate di Pronto soccorso in Fvg non esistono. Nei presidi ospedalieri di Maniago e Sacile ci sono punti di primo intervento dove i pazienti vanno stabilizzati e trasferiti senza indugio al Pronto soccorso più vicino, non certo tenuti in osservazione». G.P. 9
Telecamere in aule, mense e giardini da settembre in dieci asili comunali (Piccolo Ts) Giovanni Tomasin - Partirà con il prossimo anno scolastico la sperimentazione per l'uso di telecamere nelle scuole di pertinenza del Comune di Trieste. O almeno così vuole la giunta. Ad annunciarlo è l'assessore all'Istruzione Angela Brandi, anche alla luce di una mozione di Forza Italia in proposito. Il progetto interesserà cinque scuole dell'infanzia e cinque nidi: verranno installati degli occhi elettronici nelle aule, nelle mense e perfino in giardino. «Ma non sarà il Grande fratello», assicura Brandi. La sperimentazioneLa decisione di tentare la sperimentazione è stata presa dalla giunta dopo i casi di maltrattamenti emersi in seguito a indagini nel maggio scorso: uno riguardante un centro estivo nella struttura dei nidi comunali "La Mongolfiera-Luna Allegra" di via Tigor, l'altro avvenuto invece nella scuola comunale dell'infanzia "Pollitzer" di via dell'Istria. In Consiglio, nell'ultima seduta, è approdata una mozione con primo firmatario il capogruppo forzista Alberto Polacco, ma sottoscritta anche da tutti gli altri capogruppo della maggioranza, che impegna la giunta su due punti. Il primo è «promuovere e realizzare in tempi brevi un sistema di videosorveglianza nelle strutture educative e scolastiche comunali con priorità per i nidi e per le scuole dell'infanzia». Che un passo in questo senso sarebbe arrivato, Brandi l'aveva già annunciato all'indomani della scoperta delle indagini. «Ora però stiamo portando avanti il lavoro, anche se mancano alcuni passaggi», spiega l'assessore all'Istruzione. I numeriI tempi per introdurre le telecamere in tutte le scuole non ci sono. Con tutta probabilità non ci sarebbero nemmeno i fondi, visto che si parla di quasi 500 mila euro per 30 scuole dell'infanzia e 17 nidi di pertinenza comunale. Limiti contingenti che hanno suggerito a Brandi un approccio casuale: «Ho pensato di iniziare con una sperimentazione con dieci istituti, cinque scuole dell'infanzia e cinque nidi. Sceglieremo le strutture fra le più grandi». La data prevista per l'avvio? Il nuovo anno scolastico, dopo l'estate. L'iterAl momento la questione è ancora in fase di elaborazione: «Sono in corso gli incontri con i sindacati per concordare l'iniziativa», spiega Brandi. Si tengono in questi giorni anche diverse riunioni operative: «Stiamo lavorando anche con l'ingegner Bandelli, a capo del nostro servizio innovazione, con il comandante dei Vigili urbani e così via. Il tutto fianco a fianco con il vicesindaco Paolo Polidori». L'assettoCome funzionerà la sperimentazione? È prevista l'installazione di telecamere in ogni aula, nei bagni, nella sala mensa. Un'altra sarà piazzata a guardia del cortile. L'adozione di sistemi di sorveglianza negli istituti scolastici è regolarmente oggetto di accese polemiche. «Quel che mi interessa sottolineare è che non ci sarà alcun Grande fratello - risponde Brandi -. Nessuno potrà accedere al materiale registrato dalle telecamere se non su ordine dell'autorità giudiziaria. In alcun modo potrà essere considerato uno strumento per controllare l'attività all'interno delle scuole. Sarà solo un aiuto a eventuali azioni giudiziarie». La mozione di Forza Italia chiede anche l'organizzazione di corsi contro il burnout per gli insegnanti: «Ci stiamo organizzando con l'Università di Trieste per mettere in campo anche questi», conclude l'assessore all'Istruzione. 10
«Urgente pensare alla riconversione della centrale A2A. No impianti a gas» (Piccolo Go-Monf) È urgente un progetto per la riconversione della centrale a carbone di Monfalcone a chiederlo il circolo Ignazio Zanutto di Legambiente che richiama l'attenzione sulla «crisi climatica» sempre più conclamata, (questo sarà il giugno più caldo di sempre, ogni anno supera il precedente in fatto di temperature elevate). Tutto ciò, dice Legambiente «dovrebbe attirare l'attenzione dei media e della politica, ai vari livelli. E proporre con urgenza soluzioni per ridurre l'emissione di CO2». A Monfalcone la centrale chiuderà i battenti entro il 2025 ma sul futuro dell'area, accusa una nota «non c'è sul tavolo nessuna strategia, nemmeno uno straccio di seria riflessione». «In questo deserto di idee fin dal 2012 - continua - Legambiente ha provato a sollecitare formulando una proposta la quale, pur suscettibile di integrazioni e modifiche (diamo per scontato che ci dovrà essere una estesa area verde ai confini del rione Enel e una zona dedicata all'espansione del porto...), è rimasta l'unica sul tavolo». La precedente amministrazione regionale, a fine mandato, ha istituito un tavolo tecnico mettendo assieme numerosi soggetti con l'obiettivo di individuare un piano per attivare la bonifica dell'area e la creazione di progettualità economicamente ed ecologicamente sostenibili. «Il tavolo doveva e poteva essere migliorato (ad esempio includendo il Comune di Monfalcone, come chiesto da Legambiente) - insiste l'associazione ambientalista - ma la nuova amministrazione regionale non ha saputo far di meglio che sospenderlo». In questi giorni, del tutto in sordina ricorda Legambiente, il ministero per lo Sviluppo economico ha convocato a Roma i gestori delle centrali a carbone del nord Italia, le Regioni e i Comuni interessati (anche Monfalcone), le organizzazioni sindacali e le associazioni ambientaliste per affrontare la fuoriuscita dal carbone. Il ministero ne ha ipotizzato la sostituzione con centrali a gas naturale. Legambiente denuncia che si sta pensando a una remunerazione alle centrali pagata in bolletta da tutti i cittadini. E sostenendo che c'è energia in sovrappiù ricorda che si può pensare piuttosto a sistemi di accumulo di energia legati a impianti fotovoltaici come ha fatto la Lombardia. Infine invita il Comune di Monfalcone a sollecitare il Presidente Fedriga affinchè rimetta in moto il tavolo di consultazione per riportare la discussione in ambito regionale. Va trovata una soluzione per il futuro dell'area, diversificandone l'utilizzo, con l'obiettivo di garantire sostenibilità e occupazione. 11
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