Il premier Conte al Quirinale per il nuovo incarico. DIRETTA
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Il premier Conte al Quirinale per il nuovo incarico. DIRETTA di Antonello de Gennaro ROMA (dal Quirinale) – Il premier Giuseppe Conte è arrivato al Quirinale per ricevere l’incarico dal Presidente del Consiglio Sergio Mattarella. A Conte il capo dello Stato conferirà l’incarico e il tempo di trovare un assetto ed equilibrio fra M5S e Pd, che ancora oggi dopo molti incontri e confronti ancora non mostrano convergenze. Il premier incaricato ricevuto l’incarico da Mattarella, lo accetterà come da prassi con riserva, poi avrà a disposizione un numero congruo di giorni per dare all’accordo un profilo programmatico, un assetto, e forse anche un po’ di equilibrio. E quindi sciogliere la riserva, dopodichè dovrà presentarsi ai due rampi parlamentari (Camera e Senato) per ricevere la fiducia. La diretta video dal Quirinale La figura “dell’avvocato del popolo” Giuseppe Conte, è interessante da analizzare, dopo essersi presentato lo scorso anno da sconosciuto agli italiani autodefinendosi avvocato del popolo, facendo in questi 14 mesi più da mediatore che da premier del governo gialloverde (Lega- M5S). Va ricordato infatti che perché quando la Lega ed il Movimento Cinque Stelle si prendevano a “bastonate” lui mediava ed otteneva la pace, dando un po’ ad uno e un po’ all’altro. Accontentava i grillini con il reddito di cittadinanza ed accontentava i leghisti con “Quota 100” ed il Decreto Sicurezza bis (salvo poi per rimangiarsi tutto e dire che qualcosa va rivisto in questo decreto). Conte nel suo primo anno da premier era un paciere che interveniva per non far saltare tutto. E’ stato questo il suo ruolo fino a quando la Salvini ha presentato la mozione di sfiducia contro di lui. Dopo il 20 agosto qualcosa è cambiato. L’ “avvocato-premier” dinnanzi al Senato, ha fatto un lungo discorso contro il suo (ormai ex) vicepremier leghista e gliene ha dette veramente di tutti i colori. Forse esagerando. Dopo le bordate ha detto che “il governo finisce qui“. Infatti il governo gialloverde è finito il 20 agosto, ma la sua ambiziosa cavalcata politica non si è arrestata. Infatti proprio da quel 20 agosto, Conte ha iniziato a schierarsi, ha abbandonato il ruolo “superpartes” dell’avvocato del popolo e ha iniziato a tifare con tutte le sue forze M5S di cui sembra
dai sondaggi essere diventato il leader oscurando (cosa facile) il ruolo e la figura di Luigi Di Maio, la cui uscita da Palazzo Chigi come vicepremier non sarà rimpianta da nessuno. gli incarichi di Governo 2018 e 2019 al premier Conte Il nuovo ruolo “politico” e non più di “avvocato del popolo” di Giuseppe Conte non finisce qui, non si limita ad essere presidente del Consiglio. Adesso Conte è chiamato a dettare i tempi e l’agenda politica, e sarà lui a dover sciogliere il nodo del vicepremier. Il Partito Democratico, chiede che ci sia soltanto un vicepremier Dem, visto l’orientamento politico pentastellato del premier. Il problema che la fronda di Di Maio non ci sta, e pretendono poltrone. Tante poltrone, a cui sembrano essersi particolarmente affezionati. Quindi la possibilità di un nuovo governo giallo-rosso è nelle mani e capacità di mediazione di Conte. Sarà lui quindi a dover decidere paradossalmente anche il destino politico del “fedelissimo” Luigi Di Maio che ha fatto di tutto e di più pur di averlo ancora come “premier”, sperando che gli verrà concessa una bella (e comoda) poltrona. Adesso però la scena è soltanto di Giuseppe Conte.
Apertura in calo per lo spread fra Btp e Bund. Il differenziale segna 172 punti contro i 176 della chiusura di ieri, seduta nel corso della quale era sceso a un minimo di 169 punti. Il rendimento del decennale è pari all’1,013%. Gli occhi del mercato sono adesso puntati alla formazione del nuovo governo. IL DISCORSO DI CONTE AL QUIRINALE “Non sarà un governo ‘contro‘ ma un governo per modernizzare il Paese e per i cittadini. Realizzerò un governo nel segno della novità è quello che richiedono anche le forze politiche“, ha affermato il premier dopo aver ricevuto l’incarico al Quirinale. “Siamo agli albori di una nuova legislatura Ue e dobbiamo recuperare il tempo perduto per consentire all’Italia il ruolo da protagonista che merita. Il Paese ha l’esigenza di procedere speditamente“, ha detto Conte. Tra le priorità indicate la manovra di bilancio. “Mi metterò subito all’opera per una manovra che contrasti l’aumento dell’Iva, tuteli i risparmiatori, dia una solida prospettiva di crescita e sviluppo sociale“, ha detto. Conte ha parlato di “stagione riformatrice, di rilancio, di speranze, che offra al paese certezze”. Lavoreremo per “un Paese migliore, un Paese che abbia infrastrutture sicure, reti efficienti, che si alimenti con energie rinnovabili, che valorizzi i beni comuni, che integri stabilmente nella propria agenda politica il benessere eco-sostenibile, che rimuova diseguaglianze di ogni tipo”. “Deve essere un Paese di riferimento nella protezione delle persone con disabilità, che non lasci che i giovani si disperdano con esperienze all’esterno ma che sia un paese attraente per giovani che sono all’estero, che veda un Mezzogiorno rigoglioso. Un Paese nel quale la pubblica amministrazione non sia permeabile alla corruzione, un Paese con una giustizia più equa ed efficiente dove le tasse le
paghino tutti, ma proprio tutti, ma le paghino meno” ha affermato Giuseppe Conte al termine dell’incontro con Mattarella. “Molto spesso negli interventi pubblici sin qui pronunciati ho evocato la formula di un nuovo umanesimo, non ho mai pensato fosse lo slogan di un governo ma l’orizzonte ideale del Paese“. Crisi di governo: Zingaretti e Di Maio: trovata l'intesa. Conte convocato al Colle. ROMA – Il premier dimissionario Giuseppe Conte è stato convocato per questa mattina, alle 9,30, al Colle, dopo che Pd e M5S hanno annunciato l’accordo tra le due forze politiche. “Abbiamo riferito al presidente di aver accettato la proposta del M5s di indicare in quanto partito di maggioranza relativa il nome del presidente del Consiglio dei ministri. Questo nome ci è stato indicato dal M5s nei giorni scorsi”, ha detto al termine delle consultazioni il segretario del Pd Nicola Zingaretti .
la delegazione Pd al Quirinale a colloquio con il Presidente Mattarella “Abbiamo altresì confermato risolutamente l’esigenza ora di costruire un governo di svolta e discontinuità“, ha aggiunto Zingaretti. “Sia chiaro che non c’è alcuna staffetta da proseguire e non c’è alcun testimone da raccoglie ma semmai una nuova sfida da cominciare“. Il nuovo governo porterà, ha concluso il segretario, “l’inizio di una nuova stagione, civile, sociale e politica”. Dopo Zingaretti, è stata la volta della delegazione di Forza Italia a salire al Colle. Il presidente Silvio Berlusconi ha sottolineato la necessità di andare al voto.
la delegazione di Forza Italia guidata da Silvio Berlusconi al Quirinale Conferma l’intesa il leader M5s, Luigi Di Maio: ‘C’è un accordo politico cn il Pd per Conte premier'” . “Siamo sempre stati un movimento post ideologico” ha aggiunto Di Maio, al termine dell’incontro con il presidente della Repubblica “abbiamo sempre pensato che non esistano schemi di destra o sinistra ma solo soluzioni. Ci hanno accusato dell’essere dell’una o dell’altra parte. Questi schemi sono ampiamente superati” . “Il ruolo di Giuseppe Conte ci fa sentiti garantiti sulle politiche che vogliamo realizzare”, ha proseguito Di Maio. “Si sono alimentate tante polemiche sulla mia persona – ha rilevato – e mi ha sorpreso che in una fase così delicata qualcuno abbia pensato al sottoscritto piuttosto che al bene del Paese. La Lega mi ha proposto di propormi come premier per il M5s e mi ha informato di averlo comunicato anche a livello istituzionale. Li ringrazio con sincerità ma con la stessa sincerità dico che penso al bene di questo Paese e a non me“. A proposito dell’apprezzamento espresso da Trump a Conte, Di Maio ha detto: “Ci indica che siamo sulla strada giusta”.
Palazzo Chigi, sede della Presidenza del Consiglio dei Ministri “Lasciatemi dire infine che i cittadini hanno assistito a un dibattito poco edificante su ruolo e cariche. Come capo politico del M5S – ha aggiunto – chiederò che il percorso di formazione del nuovo governo parta dalla redazione di un programma omogeneo. Solo dopo si potrà decidere chi sarà chiamato a realizzare le politiche concordate e su questo chiediamo che si rispettino alle prerogative del presidente della Repubblica e del presidente del Consiglio“. Salvini: “Mattarella metta fine a questo spettacolo indecente” . “Il mio un errore? E’ così se lo si considera in base alle logiche della vecchia politica. Io non pensavo che ci sarebbero stati dei parlamentari renziani che invece di andare alle elezioni avrebbero votato anche per il governo di Pippo e Topolino“. ha detto il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, in serata intervenendo in uno speciale sulla crisi del governo, in onda sul Tg1 aggiungendo“Il presidente del Consiglio l’hanno trovato a Biarritz su indicazione del G7. E sta arrivando il Monti bis. Non ci hanno permesso una manovra coraggiosa fondata sulla flat tax”.
il capo dello Stato Sergio Mattarella ed il premier Giuseppe Conte Sarà una corsa in salita quella del governo Conte bis. Soprattutto per le problematiche interne che stanno mandando in fibrillazione i due partiti di governo, alle prese con seri problemi interni e schiere di elettori che faticano ad accettare un accordo con chi, fino a poche ore prima, ha spesso usato parole durissime al limite dell’insulto. Conte chiederà al capo dello Stato qualche giorno di tempo, verosimilmente fino a lunedì, per sciogliere la riserva. Poi a metà della prossima settimana presterà giuramento, per la seconda volta in 15 mesi, nelle mani di Sergio Mattarella. Ci sono innanzitutto da definire la futura squadra di governo. Sembra che Conte sia orientato verso un unico vice Pd – o addirittura a non avere proprio vice – per spegnere le ambizioni di Luigi Di Maio. Al Pd dovrebbero andare due dicasteri importanti e “pesanti” come Interni ed Economia. E per il capo politico del Movimento, oltre alle fronde interne, ci sarà da affrontare anche il responso della piattaforma Rousseau che dovrà dare l’ok al programma del nuovo esecutivo giallo- rosso. Acque agitate anche nel Pd, dopo il polemico addio di Carlo Calenda ed il “no” in direzione all’alleanza con il M5S di Richetti. Ma il segretario Zingaretti prova a rassicurare tutti: “Vogliamo costruire un governo di svolta e discontinuità. Non c’è alcuna staffetta da proseguire e nessun testimone da raccogliere, semmai una nuova sfida da cominciare”. Dichiarazioni rassicuranti anche quelle di Matteo Renzi, in un post su Facebook: “Questo Governo nasce sulla base di una emergenza: evitare che le tasse salgano e che l’Italia vada in recessione. È un atto di servizio al Paese, innanzitutto. Tutto è cominciato perché qualcuno ha chiesto ‘i pieni poteri’. Il potere non è sostantivo: il potere è un verbo, poter cambiare le cose. Mettiamoci
a servizio provando a dare senza chiedere. E tutto sarà più semplice“. Non è stato affrontata l’altra questione che ha suscitato una ridda di voci, retro-pensieri e interpretazioni, ovvero il voto sulla piattaforma Rousseau, a consultazioni finite e quando sarà in via di composizione la squadra e il programma. E se venisse bocciato il tutto? E se fosse un sistema per mettere sub iudice, attraverso uno strumento parlamentare, l’intero percorso istituzionale? Non sembra che al Quirinale vivano con angoscia l’evento, in fondo ci sono partiti che fanno le direzioni classiche e altri che hanno diversi strumenti di confronto interno, chiamiamolo così. Ed è presumibile piuttosto che il quesito aiuterà a far digerire l’accordo a una base piuttosto perplessa. Difficile che sarà chiesto un polemico “siete favorevoli a spartirvi le poltrone col ’partito di Bibbiano?”, più
probabile un quesito tipo “siete favorevoli a continuare, per realizzare i nostri obiettivi, a un nuovo governo Conte?”. E’ noto il doppiogiochismo del M5S nel porre le domande in maniera tendenziosa ai suoi 100 mila iscritti. La tesi che in serata Beppe Grillo affida un post, suggerendo un governo di personalità fuori dalla politica, per dimostrare che “le poltrone non valgono nulla”. Il che consentirebbe a Zingaretti di sviluppare lo stesso ragionamento che pure ha in mente. La suggestione dura il tempo di una telefonata con Luigi Di Maio, prontamente resa pubblica, in cui si fa sapere che quello di Grillo è un “paradosso”, ma che “Di Maio è il capo, dunque spetta a lui decidere la squadra”. Il che fa capire il livello di tensione dentro i Cinque stelle su un’operazione che, a cascata, sta mettendo in discussione un assetto consolidato di leadership e di potere. L’incarico all’ex premier dell’era gialloverde è l’unico dato acquisito. Crisi di governo: il Pd-M5s discutono su Di Maio. Il problema serio è il vicepremier. Al Quirinale le consultazioni di Antonello de Gennaro ROMA – dal Quirinale Sono ore decisive quelle che stanno passando oggi per limare i forti e forse indissolubili contrasti i nodi che al momento bloccano l’intesa per un Governo M5s-Pd e la conseguente la formazione di un nuovo governo. Il ruolo di Luigi Di Maio ed il voto sulla piattaforma Rousseau da parte del Movimento Cinque Stelle sono i due macigni che ostacolano la “chiusa” dell’accordo. Mentre alla Camera è ancora in corso da questa mattina l’incontro tra le delegazioni del Partito democratico e quella dei pentastellati, la direzione nazionale del Partito democratico ha dato all’unanimità pieno mandato a Nicola Zingaretti nelle consultazioni a dare la disponibilità e verificare le possibilità di un nuovo governo.
Oggi inoltre è il secondo e ultimo giorno del secondo giro di consultazioni al Quirinale. Alle 16 Mattarella incontrerà la delegazione del Pd, quindi alle 17 sarà la volta di Forza Italia, ed a chiudere alle 18 la Lega, ed alle 19 M5s. Il Quirinale si atterrà alle dichiarazioni dei gruppi parlamentari che sono consultati anche oggi da Mattarella, non prendendo minimamente in considerazione le votazioni della piattaforma Rousseau, che peraltro non è prevista neanche dalla Costituzione ! . E’ quanto trapela al termine delle prime consultazioni di questa mattina. Come dicevamo la direzione nazionale del Pd ha dato pieno mandato a Zingaretti a dare la disponibilità nelle consultazioni a verificare le possibilità di un nuovo governo. Tutti i componenti della direzione hanno votato a favore della relazione del segretario, tranne – a quanto si apprende – il senatore Matteo Richetti che ha detto “no“. Preoccupa il voto sulla piattaforma Rousseau: “Se dovesse entrare in conflitto con la Costituzione – aggiunge Andrea Orlando – e incidere sulle decisioni del capo dello Stato sarebbe inaccettabile. Se è uno strumento di decisione interna è un altro discorso“. Il ruolo di Di Maio “resta un problema serio – afferma Orlando del Pd – Non possiamo andare in un governo in cui sia il presidente del Consiglio sia il vicepremier sono dello stesso partito“. “Oggi noi andremo dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, per chiedergli di mettere fine a questo spettacolo indecoroso». Così Matteo Salvini in diretta streaming su Facebook. “Non c’è una maggioranza in questo Parlamento – ha aggiunto – qualcuno pensa che il Parlamento degli opposti e dei perdenti possa dare un futuro a questo Paese?“. Meloni (Fratelli d’ Italia) “al voto o è un inganno” – “Abbiamo ribadito la nostra posizione chiara e semplice. Per noi l’unico o sbocco possibile è lo scioglimento immediato delle Camere ed il ritorno alle urne. Abbiamo chiesto a Mattarella di valutarlo anche nel caso in cui M5S e Pd confermassero la loro volontà di procedere verso il ‘patto della poltrona’, che è un inganno“. Lo dice Giorgia Meloni leader di Fdi. “Scenderemo in piazza se questo governo dovesse nascere: a piazza Montecitorio il giorno della fiducia” invitando “anche i delusi dei partiti che fanno il contrario di quello che avevano promesso. Noi siamo dalla parte della democrazia“. “Alla fiducia ci asterremo e poi ci regoleremo di volta in volta: non diamo la fiducia in partenza al Governo non escludendo la possibilità di un appoggio esterno senza poltrone“. Lo ha detto ai giornalisti il rappresentante della SVP nel gruppo per le Autonomie al Senato, ai giornalisti al Quirinale dopo l’incontro con il capo dello Stato.
in Calenda lascia il Pd. nasce un nuovo movimento ROMA – Ecco la lettera inviata dall’eurodeputato Carlo Calenda a Paolo Gentiloni e Nicola Zingaretti, rispettivamente presidente e segretario del Partito Democratico, in cui presenta le sue dimissioni. “Caro Nicola, Caro Paolo, vi prego di voler accettare le mie dimissioni dalla Direzione Nazionale del Partito Democratico. E’ una decisione difficile e sofferta. Nell’ultimo anno e mezzo ho sentito profondamente l’appartenenza a un partito che, per quanto diviso e disorganizzato, consideravo l’ultimo baluardo del riformismo in Italia. Per questo mi sono iscritto al Pd all’indomani della sconfitta più pesante mai subita dal centrosinistra. In questi mesi ho cercato di dare in tutti i modi un contributo di idee e di iniziativa politica. Insieme ci siamo battuti alle elezioni di maggio con coraggio e coesione, raggiungendo un risultato non scontato. E’ stata un’esperienza entusiasmante. Ho scoperto la tenacia di una comunità di elettori e militanti pronta a combattere per lo Stato di diritto e per la permanenza dell’Italia tra i grandi paesi europei; nonostante tutto e spesso nonostante il Partito.
Dal giorno della mia iscrizione ho chiarito che non sarei rimasto nel partito in caso di un accordo con il M5S. La ragione è semplice: penso che in democrazia si possano, e talvolta si debbano, fare accordi con chi ha idee diverse, ma mai con chi ha valori opposti. Questo è il caso del M5S. Le ragioni le abbiamo spiegate ai nostri elettori talmente tante volte che non vale la pena ripeterle qui. Non saranno 5 o 10 punti generici a far mutare natura a chi è nato per smantellare la democrazia rappresentativa cavalcando le peggiori pulsioni antipolitiche e cialtronesche di questo paese. Sapete bene che nulla abbiamo in comune con Grillo, Casaleggio e Luigi Di Maio. Ed è significativo il fatto che il negoziato non abbia neanche sfiorato i punti più controversi: dall’ILVA alla TAV, da Alitalia ai Navigator. Un programma nato su omissioni di comodo non è un programma, è una scusa. Eviterò di commentare la decisione di cedere al diktat del M5S su Conte. In fondo esiste una perversa coerenza nella scelta di questo nome per guidare un Governo nato dal trasformismo. Nelle ultime ore siamo arrivati persino ad accettare un giudizio sull’accordo di Governo da una piattaforma digitale privata che abbiamo sempre giustamente considerato eversiva e antidemocratica.
Nell’ultimo anno sono stato molte volte in disaccordo con le decisioni del Partito, ma ho sempre rispettato il volere della maggioranza. Questo caso è differente. Stringendo l’alleanza con il M5S, il Pd rinuncia a combattere per le sue idee e i suoi valori. E questo non posso accettarlo. Fino a qualche giorno fa ero solo uno dei tanti a pensarla in questo modo. Dirigenti, parlamentari, leader passati e presenti, hanno reiterato per molto tempo la stessa promessa: senza di me, mai con i 5S! Fino a trenta giorni fa, quando la crisi del Governo Conte era già manifesta. Nella direzione del 26 luglio abbiamo votato all’unanimità la relazione del Segretario che indicava chiaramente nelle elezioni l’unico percorso da seguire in caso di caduta dell’Esecutivo. Cito le tue parole Nicola: “confermo che nel caso si arrivasse a una crisi di governo la nostra posizione era, è e sarà sempre la stessa: di fronte a una crisi di queste proporzioni la via maestra sono le elezioni anticipate, non esiste alcuna ipotesi di alleanza con i 5S”. Persino nel paese delle amnesie di comodo e del trasformismo fa impressione pensare che quella decisione della direzione sia stata archiviata, poche ore dopo l’apertura informale della crisi di Governo, con un’intervista che ha poi determinato una precipitosa inversione di rotta di tutta la nostra leadership. Come può un partito privo di coerenza, processi decisionali effettivi e rispetto per le determinazioni assunte dai propri organi dirsi davvero tale? Il Pd può trovare una momentanea unità sulla base di una convergenza di
interessi individuali, ma continua a essere più interessato ai regolamenti di conti che a combattere contro i suoi avversari. Per questo non si riesce a far stare seduti nella stessa stanza i leader delle varie correnti. Palazzo Chigi Mi domando come possiate pensare di affrontare un Governo con i 5S, in un momento così difficile per tutto l’Occidente, con un partito già sostanzialmente in pezzi e pronto a esplodere in ogni istante al manifestarsi di convenienze personali. E del resto veleni, accuse, veline e tentativi di delegittimazione non sono mancati anche durante la delicatissima trattativa per la formazione del Governo. Il combinato disposto della debolezza del Pd e delle profonde differenze con i 5S non porterà nulla di buono all’Italia e al partito.
Ma non è solo per ragione di coerenza o di serietà che avremmo dovuto scegliere la strada delle elezioni. Dare vita in questo modo a un Governo con Grillo e Casaleggio vuol dire rinunciare a fare politica. I progressisti vengono sconfitti in tutto il mondo perché negli ultimi trent’anni non hanno visto il prodursi di una frattura profondissima tra progresso e società. Il nostro futuro dipende dalla capacità di capire cosa è accaduto e proporre una visione e un progetto adatto ai tempi. Da qui non si scappa e non si può scappare. Rifugiarsi in un confortevole quanto generico antifascismo per nascondere la mancanza di pensiero, la spinta all’autopreservazione e la paura di perdere, è una scorciatoia che non servirà a battere la destra. Al contrario, ne accrescerà la forza. Senza dubbio l’apertura ai 5S ha spiazzato Salvini costringendolo ad una precipitosa ritirata. Ma è stata solo una “vittoria di Pirro” ottenuta ad un prezzo esorbitante. Abbiamo rimesso al centro della scena il M5S – che infatti sta già ricrescendo nei sondaggi – e confermato nei cittadini l’idea che siamo pronti a tutto pur di ritornare al Governo.C’è un errore profondo che la diffusa soddisfazione, anche di una parte della nostra base, per questo accordo nasconde. E’ il pensiero che il nemico da battere sia sempre una persona. Un errore già commesso con Berlusconi. Salvini è un contenitore vuoto che si riempie delle paure e delle inquietudini degli italiani. Finché non ci occuperemo del contenuto non torneremo a vincere. E quella che abbiamo intrapreso non è la strada giusta. Chi governa viene punito anche se governa bene, lo sappiamo per
esperienza recente. Come potete sperare che un esecutivo con i 5S non produrrà un’ulteriore perdita di consenso?“ Crisi di governo: Il Pd: "siamo vicini alla rottura". La trattativa incagliata su Di Maio ROMA – Il problema è Luigi Di Maio. È stato durissimo lo scambio con Nicola Zingaretti, in una telefonata notturna che dura quasi un’ora rischia ancora di far saltare tutto. Con voce agitata, il vicepremier del governo gialloverde che fu, arriva quasi ad urlare: “Non potete umiliarmi, io non posso rinunciare a stare nel Governo come vicepremier”. Zingaretti, al limite della pazienza: “Parli tu di umiliazione? Io stavo venendo a palazzo Chigi e hai fatto saltare l’incontro con un comunicato?”. Il punto è che, una volta rinunciato al Viminale, si è manifestato qualche problema alla Difesa, l’altro dicastero chiesto da Di Maio, che alla semplice ipotesi sono arrivati fino al Quirinale con malumori La telefonata notturna è stata paragonabile ad un incontro di boxe: “Io al ruolo di vicepremier non rinuncio” dice il capo del Movimento Cinque Stelle . Zingaretti per l’ennesima volta, ripete e spiega la sua posizione: “Per me non è accettabile lo schema dei due vicepremier dello stesso partito. Conte non è un garante, una figura terza, ma è un leader del Movimento. Se si fa un patto questo significa che c’è un vicepremier dell’altro partito. Punto”. A quel punto Di Maio si fa prendere dalla foga: “Allora facciamo tre vicepremier e tu ne prendi due”. Finisce così, col segretario del Pd che si mostra rigido ed indisponibile ad andare avanti davanti a questi presupposti. Lo schema del tridente – due vice e un premier che esegue – non ha funzionato nel governo gialloverde e anche per Conte sarebbe un errore ripeterlo. E’ per questo che, malgrado le cautele legate alla vigilia dell’incarico, Conte non si è particolarmente speso nei confronti di Di Maio nel vertice notturno di lunedì sera con i Dem Zingaretti e Orlando.
Ma cosa era successo prima? Alle 23:45 autorevoli fonti del Pd fanno trapelare che si era vicini alla rottura delle trattive: “Siamo molto vicini allo stop” e commentano lo stato della trattativa con il M5S “Nemmeno un governicchio, vogliono un rimpasticchio che non possiamo accettare. Va bene la responsabilità, ma non possiamo accettare tutto” . Lasciando il Nazareno, la sede del Pd nazionale , lo stato maggiore dei Dem non è più ottimista. Il vicesegretario Andrea Orlando prova a sdrammatizzare e scherzando dice: “Abbiamo risolto i problemi del governo, adesso dobbiamo risolvere i problemi di Di Maio“. Sull’altra sponda il capogruppo M5S Stefano Patuanelli, intercettato dai cronisti fuori da un ristorante nei pressi di Palazzo Chigi, ha dichiarato: “Di Maio è il capo politico del M5s, deve essere assolutamente nel governo e avere un ruolo“. Intanto, fonti interne al Partito democratico precisano che l’incontro tra le delegazioni di M5S e Pd sul programma di governo condiviso — previsto per le 8.30 di domani, mercoledì 28 agosto — resta comunque confermato, nonostante le turbolenze delle ultime ore.
23:10 – Trattativa in bilico. Il Pd vede l’annuncio del voto su Rousseau come «uno sgarbo» a Mattarella La trattativa per un governo gialloverde è di nuovo in bilico per via delle ultime mosse del M5S. Stando a quanto si apprende, il Pd considera la votazione sulla piattaforma Rousseau annunciata sul Blog delle Stelle come un modo per prendere tempo, oltre che come un “grave sgarbo istituzionale” al capo dello Stato d. “Rischia di saltare tutto, perché Di Maio è tornato a rivendicare la vicepresidenza del Consiglio”, dichiarano fonti del Pd alle agenzie di stampa. L’impasse che si era creata attorno alla figura del vicepremier, e che sembrava destinata a trovare soluzione, torna così pesante come un macigno. Il
Pd, sicuro nel cucire su Giuseppe Conte la divisa di esponente pentastellato, vorrebbe un solo vicepremier, escludendo Di Maio, così da alzare la bandiera della discontinuità. I pentastellati, però, non sembrano intenzionati a cedere.”Alla fine i vice saranno due” sostengono fonti M5S. È in un clima di tensione che il segretario del Pd convoca i big del suo partito. La tenzone telefonica, l’annuncio che l’eventuale accordo sarà sottoposto al voto su Rousseau vissuto come uno “sgarbo”: nella sede del Nazareno volano parole crude, alcune irriferibili: “C’ha ragione Salvini, sono dei poltronari inaffidabili” sbotta qualcuno. Luigi Di Maio, dopo ore di consultazioni, dubbi, e sotto la pressione di Davide Casaleggio, decide di non permettere che l’intesa con il Pd abdichi dalla certificazione del voto online. E il capo politico M5S sceglie di collocare la votazione dopo che il Colle avrà dato l’incarico al nuovo premier e prima che questi salga al Colle per portare i risultati delle sue consultazioni. Il voto, di fatto, sarà sul Conte bis e ciò, forse, aiuterà il Movimento a superare le proteste che, ancora in queste ore, arrivano dalla base per la possibile intesa giallorossa. La decisione di mettere online l’intesa è stata a dir poco travagliata. E ha portato con sé un nodo: l’impossibilità di mettere il nuovo governo ai voti prima che Mattarella desse l’incarico a Conte, così come avvenne invece nel caso del contratto con la Lega (quando il voto su Rousseau avvenne il 18 maggio). 22:40 – Di Maio: «Prima il voto su Rousseau» Colpo di scena finale: la giornata si chiude con un annuncio che arriva a tarda sera sul Blog delle stelle. Il post è firmato da Luigi Di Maio, capo politico del M5S, che recita: ” Il Presidente Mattarella domani completerà il secondo giro delle consultazioni e ascolterà le valutazioni dei gruppi parlamentari. Il M5S ha messo sul piatto dieci punti per l’Italia come base per qualsiasi discussione. Il confronto tra le forze politiche su questa base sarà portato avanti dal presidente del Consiglio che eventualmente domani potrebbe essere incaricato dal Presidente Mattarella. Alla fine di questo percorso ci sarà una proposta di progetto di governo che sarà stata condivisa tra le forze politiche che intendono entrare in maggioranza. Prima che venga sottoposta al Presidente della Repubblica, questa proposta sarà votata online su Rousseau dagli iscritti del M5S. Solo se il voto sarà positivo la proposta di progetto di governo sarà supportata dal M5S. Il voto dovrebbe avvenire entro la prossima settimana“. La chiusa del post è alquanto imbarazzante dal punto di vista istituzionale e persino arrogante: “Gli iscritti al M5S hanno e avranno sempre l’ultima parola“. Come possono alcune decine di migliaia di persone
attraverso un clic decidere le sorti del Paese ? Siamo alla follia. 21:40 – Pd e M5S, in programma una riunione in mattinata Domani (oggi per chi legge) mercoledì 28 agosto, i capigruppo di Pd e M5S torneranno al lavoro per definire un programma di governo comune a partire dalle 8:30. Le delegazioni dei due partiti saranno guidate rispettivamente dai capigruppo pentastellati Stefano Patuanelli e Francesco D’Uva e dai democratici Graziano Delrio e Andrea Marcucci. Nella tarda serata di ieri l’eurodeputato Dem Carlo Calenda è intervenuto su Facebook: “Luigi Di Maio ha appena dichiarato che sottoporrà l’accordo che ancora non c’è al voto della piattaforma Rousseau in spregio a ogni prassi istituzionale. Basta. Mi appello a Paolo Gentiloni e Nicola Zingaretti perché facciano cessare questo sconcio. Dopo aver ingoiato Conte e Di Maio non possiamo continuare a umiliarci in questo modo“. Le ultime riunioni prima di salire al Quirinale Questa mattina alla 8:45 il capogruppo Pd alla Camera, Graziano Delrio, entrando alla riunione alla Camera con la delegazione M5S, ha detto “Siamo al lavoro sui contenuti“. “Ognuno ha le sue procedure. Noi seguiamo le nostre” ha detto il capogruppo al Senato del
Pd, Andrea Marcucci, a chi gli chiedeva del voto dei Cinque Stelle su Rousseau per l’accordo di governo. “Cominciamo a lavorare, ci auguriamo che sia una bella giornata”. “Stiamo discutendo sui temi” ha detto il deputato Francesco Silvestri vicecapogruppo M5S, , entrando con il senatore Gianluca Perilli vicecapogruppo M5S all’incontro previsto alla Camera con la delegazione Pd per la formazione del nuovo governo. Le solite dichiarazioni inutili per non dire nulla. Ma da un’ora all’altra tutto può cambiare anche drasticamente, in quanto il momento della verità emergerà soltanto nel pomeriggio di oggi, quando i due potenziali partner di governo, Zingaretti e Di Maio con le rispettive delegazioni saliranno al Quirinale. Per evitare che Mattarella decida di varare un governo tecnico-istituzionale di garanzia elettorale mandando gli elettori alle urne il 10 novembre, dovranno spiegargli alcune cose con la massima chiarezza . Innanzitutto quale sarà, numeri alla mano, da chi sarà composta la maggioranza che vogliono costituire e su quali basi programmatiche , se saranno già in grado di delinearle . Ma dovranno anche dire a chi intendono affidare il ruolo di premier. Se, come ormai è assodato, sarà Conte, è prevedibile una sua immediata convocazione sul Colle, per formalizzare l’incarico probabilmente entro la mattinata di domani, cioè giovedì, all’indomani del termine delle consultazioni. Una cosa è certa e trapela da fonti autorevoli del Quirinale: se Conte chiederà al presidente qualche giorno per definire il programma e la
compagine del governo con i nomi dei ministri, gli sarà tranquillamente concesso dal Presidente Mattarella. Il passaggio politico più delicato di questa crisi, consisterà nella decisione di Mattarella, di chiedere al premier Conte di tornare alla prassi costituzionale per la quale è il premier incaricato a dover darsi da fare per mettere in navigazione il proprio governo. Va quindi rovesciato lo schema che era stato applicato 14 mesi fa, quando i 5 Stelle e la Lega mandarono a Palazzo Chigi lo sconosciuto “avvocato del popolo”, facendogli trovare un “contratto” scritto dai due partiti a quattro mani, facendogli firmare l’elenco dettagliato dei responsabili dei vari dicasteri e controllandolo sin dal primo giorno di governo su di lui con due vicepremier sospettosi l’uno dell’altro. Un contratto di governo concepito sulla base di un accordo pseudo notarile invece che politico. Crisi di governo in alto mare. I Dem non mollano ed il M5S ha troppe pretese ingiustificate ROMA – “L’accordo di governo rischia di saltare per le ambizioni personali di Luigi Di Maio che vuole fare il Ministro dell’Interno ed il vicepremier. Su questo non sente ragioni e va avanti a colpi di di ultimatum“. Lo affermano fonti autorevoli del Pd. Poi arriva la replica del M5S . “Di Maio non ha mai chiesto il Viminale per il M5S. Prima per noi vengono i temi”. In una nota l’ufficio stampa Pd ha reso noto che “Oggi alle 16 al Nazareno si riunisce la cabina di regia del Pd per assumere le decisioni conseguenti sulla crisi di governo, anche a seguito della cancellazione, da parte della presidenza del Consiglio, dell’incontro previsto questa mattina a Palazzo Chigi con la delegazione M5S” Secondo fonti parlamentari del PD, non ci sarebbero veti sulla premiership di Giuseppe Conte ma prima vanno risolti altri nodi. In particolare, spiegano le stesse fonti, considerato Conte come esponente M5S, i Dem dovrebbero avere l’unico vicepremier. Inoltre, per dare un segno di svolta sulla politica economica, la delegazione Pd avrebbe chiesto tutti i ministeri economici. “Rivedremo il Pd quando nei loro organi di partito avranno dato l’ok all’incarico a Conte. Nessun altro incontro fino a quando non avranno chiarito ufficialmente la loro posizione su Giuseppe Conte“. risponde con una nota il M5S. Il capo dei Cinque stelle, come condizioni dell’accordo, aveva chiesto il Viminale, mantenendo l’attuale schema di due
vicepremier (uno per se stesso, l’altro per il potenziale alleato). Né, per quanto riguarda il commissario europeo, si è detto disponibili a darlo al Pd, anzi lo ha rivendicato per sé. “Facciamo tutti un passo indietro. Di Maio non si assuma una responsabilità così pesante. Le sue ambizioni personali rischiano di far saltare un accordo per dare al Paese un governo nuovo. Dissinescare le clausole dell’Iva vale molto di più che salvare un incarico ministeriale” è l’esortazione di Andrea Marcucci capogruppo dei senatori Pd . “Il dialogo è stato bruscamente interrotto e non capiamo perché, speriamo di riprendere”, ha detto il capogruppo del Pd alla Camera Graziano Delrio uscendo dal Nazareno. Ancora un ultimatum, accusa la vicesegretaria del Pd, Paola De Micheli. “Sono tre giorni che il Pd parla di proposte: salari, ambiente, sviluppo e imprese, infrastrutture, scuola e cultura. E il M5S risponde soltanto per ultimatum”. “Sono stato zitto, come promesso, fino all’inizio delle consultazioni. Ma ora basta. Lo spettacolo è indecoroso. Oggi iniziano e noi stiamo prendendo da giorni schiaffi da Di Maio e soci. C’è un democratico rimasto che si ribelli ai diktat su Conte e a un negoziato che non ha toccato un tema vero (ILVA, Alitalia, Tap, Tav, RDC, Quota 100..)?! #Basta. Partito Democratico” scrive sui social l’ex ministro del Pd Carlo Calenda ora eurodeputato.. Ma non si esclude che domani nelle consultazioni i due partiti possano dare l’indicazione di Conte premier per poi lasciare a lui verificare, in tempi rapidi, se ci sono le condizioni per formare il governo. Se tutto salterà, c’è già chi ipotizza come date utili per il voto il 3 o il 10 novembre. Slitta la direzione del Pd. La riunione della direzione del Partito Democratico, prevista per oggi alle 18, è stata spostata a domani, alle ore 10. E’ quanto si apprende da fonti Pd.
Crisi di governo: il M5s insiste su per Conte premier. Oggi nuovo vertice col Pd ROMA – E’ terminato, dopo circa quattro ore, intorno alle 2 di questa notte l’incontro tra le delegazioni del Pd e di M5s svoltosi a Palazzo Chigi, sede insolita per una trattativa politica fra due partiti . Vi è un punto rigida in questa “trattativa” che è andata fino a notte fonda, senza produrre(ancora) un accordo, perché “c’è ancora molto da fare sui programmi”. In realtà il vero problema trovare un accordo sulla figura del premier, perché la posizione di Di Maio appare come un diktat: prima il sì a Conte, poi si discute dell’esito. Una posizione che il Pd non condivide. Un nuovo vertice dovrebbe tenersi stamani alle 11.
Fonti del Partito Democratico hanno commentato:”Strada in salita su programma e contenuti. Sulla manovra finanziaria emergono differenze. Oggi si continua“: mentre dal M5S commentano : “E’ un momento delicato e chiediamo responsabilità, ma la pazienza ha un limite. L’Italia non può aspettare, servono certezze. Aspettiamo una loro posizione ufficiale su Conte” . Una sola cosa è certa, e cioè che il segretario nazionale del Pd Nicola Zingaretti non entrerebbe in un ipotetico governo M5s-Pd, restando alla guida della Regione Lazio. il capigruppo del Pd al Senato Andrea Marcucci ed alla Camera Graziano Delrio. Al centro il vicesegretario Andrea Orlando Ma cosa è successo ieri ? Nel pomeriggio si è svolto un primo incontro
interlocutorio tra Zingaretti e Di Maio. Fonti del MoVimento facevano trapelare che “si va verso il Conte bis“. Ma Zingaretti, dopo aver ascoltato Di Maio, si è recato al Nazareno per un ulteriore confronto con i capigruppo del Pd al Senato ed alla Camera Andrea Marcucci e Graziano Delrio. “Non ci sono veti, vogliamo parlare di contenuti“, ha spiegato Marcucci all’uscita dalla riunione sull’ipotesi di Conte premier di un governo M5s-Pd. Casa Pd Il segretario Zingaretti. intercettato dai giornalisti davanti alla sede del partito al Nazareno, a sua volte ha detto “Credo che siamo sulla strada giusta. Avevamo chiesto che si partisse su idee e contenuti e stasera continueremo ad approfondire, sono ottimista” aggiungendo “Sono e rimango convinto che serva un governo per questo paese, un governo di svolta. Voglio difendere l’Italia dai rischi che corre che vuol dire anche difendere le idee, la dignità i valori e la forza del Pd. Bisogna ascoltarsi a vicenda, le ragioni degli uni e degli altri e mi auguro che nelle prossime ore ci sia la possibilità di farlo, finora non era avvenuto”. Ma Zingaretti ribadisce che servono “elementi di discontinuità sia sui contenuti sia su una squadra da costruire“. Matteo Renzi nella sua e-news scrive “Adesso la crisi di governo è nelle mani dei segretari di partito. Io come tutti auspico che prevalgano la saggezza e la responsabilità, da parte di tutti. Dire ‘prima gli italiani’ oggi significa dire: mettiamo a posto i conti e garantiamo un governo” dimenticando tutti i suoi proclami anti-M5S spesi nell’ultima campagna elettorale per le recenti Elezioni Europee. Una riunione della Direzione Nazionale del Partito Democratico è stata convocata dal presidente del partito, Paolo Gentiloni, per martedì alle 18 con all’ordine del giorno, la “crisi di Governo” e varie ed eventuali.
Casa M5S Nel frattempo in un appartamento del centro storico di Roma , si è svolta una riunione dei vertici dei Cinque stelle, movimento che notoriamemte non ha una sede propria, per decidere sul governo. All’incontro ha partecipato Luigi Di Maio che è stato a Palazzo Chigi prima di dirigersi all’appuntamento, con i capigruppo Francesco D’Uva e Stefano Patuanelli e gli altri esponenti di spicco del Movimento da Roberto Fico ad Alessandro Di Battista, da Paola Taverna a Davide Casaleggio. Alla riunione non c’è il “garante” Beppe Grillo che ieri ha avuto una “vivace” telefonata con Di Maio che teme di essere oggetto di un cambio in corsa che Grillo cerca e Casaleggio più o meno subisce. E martedì alle 19, da quanto si apprende, si terrà l’assemblea congiunta dei gruppi parlamentari del M5S. Duro attacco della Lega “Chi ha paura del voto non ha la coscienza pulita“ ha detto Matteo Salvini in una conferenza stampa tenuta al Senato, chiarendo che “non stiamo facendo appelli alle piazze. Continuo a garantire stabilità a questo Paese. La via maestra è il voto”.“ Sta per nascere un Governo con “un gioco di palazzo contrario alla maggioranza silenziosa del popolo italiano che ha votato da due anni a questa parte, un ribaltone pronto da tempo”, ha detto ancora Salvini: “”Rifarei tutto era un governo fermo, era un Parlamento fermo, era inutile tirare a campare. Ora viene il dubbio che questo essere fermi fosse telecomandato“. “Dico a Pd e M5S che da giorni si stanno trascinando nella contrattazione di ministeri e poltrone: fate in fretta, state perdendo giorni su giorni e non trovano accordo su ministeri, non su progetti, ma sulle poltrone. Sembra di tornare ai
tempi della Prima Repubblica, ai tempi di De Mita e Fanfani”. Così su Facebook il leader della Lega, Matteo Salvini. “Sono orgoglioso di quello che abbiamo fatto per l’Italia e per gli italiani – ha aggiunto il Ministro dell’Interno – “Qualcuno per il patto per le poltrone vuole smontare quello che abbiamo fatto finora. Sta vincendo il partito delle poltrone“. “Conte – commenta Salvini – è la riedizione del Governo Monti, preparava la manovra su suggerimento dei suoi amici Merkel e Macron“. “Per settimane – aggiunge il leader della Lega – i Cinque Stelle ci hanno sfidato a votare il taglio dei parlamentari, ci sono anche per farlo domani. Ci sono, va bene, si può fare: è un segnale di serietà e di rispetto del contratto di governo e di altra promessa mantenuta. Bisogna preparare una manovra economica importante che tagli le tasse“. “Leggo che Di Maio vuole fare il ministro dell’Interno. Vai, io sono pronto a darti consigli per un mestiere difficile ma entusiasmante: affidarmi questo ministero è la cosa più bella che Dio e gli italiani potessero farmi”, ha concluso Salvini. Il “valzer” delle poltrone Dietro il complicato confronto ufficiale tra Pd e M5S sui “programmi e sulle idee”, anche in questa crisi di governo di agosto spunta una febbrile trattativa sulle poltrone di governo. Con uno scambio
progressivo di proposte e controproposte sull’organigramma approfondito fino tarda sera nell’incontro tra Di Maio e Conte da una parte del tavolo e Zingaretti e Orlando dall’altra. La poltrona del Premier visto che sta prendendo corpo un Conte Bis, è quella più chiara anche se per rispetto verso il Quirinale il segretario del Pd Zingaretti continuerà, a ripetere in pubblico che il “nodo non è sciolto”, almeno fino a domani quando sarà ricevuto dal capo dello Stato. Il “totoministri” diventa subito un rebus se si passa alla questione dei vicepremier : il Pd chiede che ci sia una sola poltrona di vicepremier da assegnare ad Andrea Orlando (o a Dario Franceschini), mentre il M5S vuole i gradi di vice anche per Di Maio, destinato a conquistare la delega del Viminale sinora ricoperta da Matteo Salvini. Qualcuno dei suoi l’ha anche avvertito dei rischi: “Occhio, Luigi, quella del ministero dell’Interno è poltrona che scotta. Non potrai fare la politica di Salvini sull’immigrazione. E, soprattutto, dal giorno dopo diventerai il bersaglio mediatico numero uno di Salvini stesso“. Per il Ministero dell’ Economia, poi, sarebbero in corsa Antonio Misiani (Pd), l’uscente Giovanni Tria ed anche Pier Carlo Padoan (Pd) visto che è caduto il veto sugli ex . Verso il Viminale potrebbero spuntare altre soluzioni: il ritorno di Marco Minniti (Pd), o il capo della polizia Franco Gabrielli), Pd e M5S vorrebbero dividersi i tre ministeri che hanno una sfera d’azione internazionale. Possibile la conferma alla Difesa per l’anti- salviniana Elisabetta Trenta (M5S) ma per questa nomina ci sono richieste per Emanuele Fiano del Pd. da definire anche il nuovo Ministro degli Esteri che potrebbe essere Paolo Gentiloni o la riconferma di Enzo Moavero Milanesi (M5S) , le Politiche comunitarie potrebbero finire alternativamente a Roberto Gualtieri ed Enzo Amendola, il primo attualmente eurodeputato, il secondo ex sottosegretario agli Esteri. Per il Ministero della Giustizia in ballo tra l’uscente Alfonso Bonafede e l’ex Andrea Orlando (con outsider l’ex magistrato Pietro Grasso di Leu): Bonafede è un nome talmente in cima ai desiderata di
Di Maio da essere stato indicato per primo. Zingaretti, che non entrerebbe al governo perché se lo facesse dovrebbe lasciare la guida della Regione Lazio, vuole nella squadra di Conte anche la sua vice Paola De Micheli per la guida del Ministero dello Sviluppo Economico, e dal Nazareno spunterebbero anche i profili dei renziani Teresa Bellanova (Lavoro), Ettore Rosato (Difesa), Roberto Cingolani (Istruzione). Senza contare che Lorenzo Guerini (Pd) dovrà lasciare la presidenza del Copasir (il Comitato parlamentare sui Servizi Segreti, che viene affidato per prassi consolidata ad un rappresentante dell’opposizione di Governo) a un leghista e, quindi, anche per lui si profila un ingresso nel governo. Il pacchetto di nomine dei 5 Stelle al governo, oltre a Di Maio, comprenderà Riccardo Fraccaro (Rapporti con Parlamento e delega alle Riforme) con l’occhio puntato al taglio dei parlamentari, forse Giulia Grillo (ancora Salute) e Sergio Costa (Ambiente). La poltrona delle Infrastrutture sembra ritagliata per Graziano Delrio (Pd) che sarebbe un ritorno alla guida del Ministero o per l’ingegnere triestino Stefano Patuanelli, attuale capogruppo M5S al Senato. Altro punto di discontinuità nella continuità rispetto al Governo Conte dimissionario (M5S-Lega) , viste le tensioni con Salvini, Vincenzo Spadafora, già sottosegretario alle Pari opportunità prossimo alla riconferma, sarebbe in odore di promozione. Per concludere c’è la partita di Bruxelles. Nel totonomi che si è appena aperto c’è anche quell’appendice comunitaria, sulla scena delle prove generali del governo Conte entra Matteo Renzi che alle 18.20 commenta : “Io commissario europeo? Guardate, piuttosto mi iscrivo al partito di Bersani e D’Alema” cedendo la pole position per i galloni da commissario a Paolo Gentiloni.
Le consultazioni del Capo dello Stato si svolgeranno in due giorni. Martedì il capo dello Stato sentirà al telefono l’ex-presidente Giorgio Napolitano, poi alle 16 riceverà il presidente del Senato Elisabetta Casellati e alle 17 il presidente della Camera Roberto Fico. A seguire i partiti, con il M5s ultimo gruppo ad essere ascoltato mercoledì alle 19. Rousseau, come (non) funziona la piattaforma digitale del M5S (a spese del contribuente) ROMA – La piattaforma Rousseau bandiera della democrazia diretta del M5S , potrebbe tornare centrale per sbrogliare la complicata matassa dell’alleanza di governo con il Pd. Infatti nei momenti più delicati della storia del M5S sono stati i referendum online ad indicare, seppure con più di qualche dubbio, la linea politico da attuare. In realtà non vi è alcuna ufficialità su quanti siano gli iscritti al
portale rousseau.movimento5stelle.it . Recentemente Luigi Di Maio capo politico del M5S ne ha dichiarati circa 100 mila, che viene spesso “spacciato” come il grande popolo del M5S sul web, che, previa registrazione e successiva approvazione (alla faccia della democrazia ) dell’iscrizione da parte dei “fedelissimi” di Davide Casaleggio, possono esprimere il proprio voto in caso di referendum o per la scelta dei candidati per le varie elezioni, e di poter teoricamente partecipare alle attività del Movimento. La partecipazione nel primo periodo di vita del Movimento Cinque Stelle era abbastanza alta, ma col tempo è molto diminuita progressivamente come i numeri confermano. Il referendum sull’alleanza con la Lega nel maggio 2018 venne votato sulla piattaforma Rousseau , da soltanto 44 mila iscritti-
registrati . Successivamente alla votazione per la riconferma di Di Maio come capo politico dopo il crollo del Movimento alle elezioni europee parteciparono oltre 56 mila, mentre erano stati soltanto 20 mila i votanti a quella per la scelta delle cinque donne capolista alle Europee per Bruxelles. Recentemente anche da parte di ex collaboratori della Casaleggio Associati, sono stati ripetutamente sollevati ed emersi non poco dubbi dubbi sulla gestione “trasparente” dei dati degli iscritti e sulla correttezza e legalità dei risultati delle votazioni online. Proprio sulla base di queste motivazioni il Garante della Privacy ha comminato all’ Associazione Rousseau due maxi sanzioni. La prima da 32 mila euro per aver ravvisato il trattamento illecito dei dati personali, confermato da un hackeraggio che svelo pubblicamente sul web centinaia delle informazioni e dati personali degli iscritti . La seconda multa da 50 mila euro, venne comminata a seguito della riscontrata vulnerabilità della piattaforma e la possibilità di alterare i voti degli iscritti. Non è un caso infatti se recentemente il M5S volesse piazzare al vertice del garante della Privacy un proprio uomo. E parlano anche di democrazia…. Arcelor Mittal: 14mila operai nelle mani della crisi di Governo. E di un microchip nella tuta ROMA – 14mila operai dell’ex-Ilva, ora Arcelor Mittal, compresi quelli dell’indotto, stanno trascorrendo un’estate da prigionieri della crisi di Governo. che si è affiancata. Operai finiti in cassa integrazione per la stagnazione del mercato siderurgico europeo. Gli abitanti del quartiere Tamburi di Taranto che confina con il parco minerali dello stabilimento siderurgico angosciati dalla disoccupazione e alle malattie. E ora anche di un microchip nella tuta da lavoro.
Il colpo nello stomaco è arrivato in diretta dalla televisione, dove hanno visto Luigi Di Maio uscire dallo studio degli Specchi al Quirinale e davanti a centinaia di giornalisti dichiarare queste parole : «A causa di questa crisi di governo, il Consiglio dei ministri non riesce ad approvare le leggi che servono a salvare il lavoro a migliaia di italiani: Whirlpool a Napoli con 400 operai rischia di chiudere, la ex Ilva di Taranto con migliaia e migliaia di lavoratori è sospesa in un limbo, la ex Alcoa in Sardegna non può riaprire, i rider non avranno le tutele che hanno gli altri lavoratori»”. Senza confessare che il vero artefice dei problemi attuali dell’ ex-Ilva di Taranto e della Whirlpool di Napoli , sono stati causati dalla scellerata gestione delle rispettive crisi aziendali da parte del capo del M5S, Di Maio il quale prima di assumere la guida dei ministeri dello Sviluppo Economico e del Lavoro non ha mai lavorato in vita sua e tantomeno gestito un’azienda, un assessorato, un condominio !
Luigi Di Maio Dalle parole e dei soliti proclami televisivi dell’ex-vice premier Di Maio, a Taranto hanno capito che il Decreto imprese varato a Palazzo Chigi il 6 aprile “salvo intese” (oltre 31mila lavoratori coinvolti), è rimasto bloccato dalla crisi di governo causata dalle dimissioni del premier “grillino” Giuseppe Conte. Di Maio, che ha dimostrato di non essere capace di risolvere quelle emergenze per un anno intero, adesso le usa come ricatto dell’ultim’ora per attaccare il suo ex dirimpettaio di Palazzo Chigi Matteo Salvini . E nello stesso tempo fonti governative della Lega fanno sapere che ci sarà bisogno di un Consiglio dei ministri straordinario che per l’approvazione definitiva del decreto che potrebbe riunirsi la prossima settimana. In realtà un governo in carica per l’ordinaria amministrazione può trasmettere senza ulteriori passaggi un decreto legge al Quirinale (già esaminato a Palazzo Chigi) per la successiva pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, a meno che nel frattempo non sia stato modificato, come è accaduto nel caso del Decreto imprese, dove sarebbe stato aggiunto un punto relativo ai profili previdenziali del settore costruzioni. Gli uffici tecnici del Mise, che non brillano per grandi capacità istituzionale dopo le nomine volute dal ministro Di Maio, sono convinti che adesso basterebbe ripristinare il testo originario del decreto per sbloccarlo e consentirne la pubblicazione, ma è
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