Raffaello Castellano - Smart Marketing

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Raffaello Castellano - Smart Marketing
Il Natale che verrà – L’editoriale di
Raffaello Castellano
Ed anche quest’anno è arrivato il Natale!

Fra poco meno di un mese arriverà la festa, non solo religiosa, più importante del Mondo, o almeno
per quella parte di Mondo che è di fede cristiana.

Come mi pare di aver raccontato dalle pagine di questo giornale, io sono agnostico, eppure anche
per me questa rimane la festa più importante dell’anno, l’unica festa.

Sono profondamente legato, nonostante i miei 45 anni suonati, ai profumi, ai colori, alle atmosfere,
agli addobbi, alle tavole imbandite, agli amici, ai parenti, all’albero, ai regali, all’aria di festa e
perfino a Babbo Natale, che sono alcune delle cose che regalano a questo periodo la sua aurea di
sogno, gioia, nostalgia e speranza che trasforma ogni momento in qualcosa di magico.

Magia vera, come quando da bambino, in un piccolissimo paesino, fra Coblenza ed Asterstein, della
allora FDR (Repubblica Federale di Germania), era il 1980, in un paesaggio montano da fiaba, fra
abeti, larici e querce, si andava una settimana prima della festa per i boschi a tagliare il proprio
albero di Natale (credo fosse permesso in zone specificatamente adibite a questo scopo), e poi una
volta a casa lo si addobbava con ghirlande, luci colorate, palle e stelle di vetro; già, perché allora gli
addobbi erano preziosi e fragili oggetti di vetro, che scintillavano come la neve al sole, neve che
negli inverni tedeschi cadeva copiosa e si accumulava compatta in un manto che difficilmente era
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meno spesso di 20/30 cm.

Forse sarà stato per i miei Natali da fiaba, trascorsi in Germania, che oggi, nonostante gli anni
trascorsi, e le rivoluzioni più o meno compiute che si sono succedute (nel mondo e nella mia vita), il
Natale rimane per me un momento imprescindibile.

Succede allora che dagli anni 2000, ossia da quando la rivoluzione digitale ha cominciato ad
accelerare ad una velocita vorticosa, mi soffermo spesso in questo periodo a riflettere in cosa
internet, i social, l’e-commerce e i nostri numerosi apparecchi elettronici hanno trasformato questa
festa e il cosiddetto spirito natalizio.

Allora, dopo questa nostalgica introduzione, veniamo ai numeri duri e puri. Da 4, 5 anni a questa
parte anche per noi latini c’è un momento dell’anno che dà avvio e definisce compiutamente questo
periodo di shopping natalizio, ed è il Black Friday (venerdì nero), che negli Stati Uniti segue il giorno
del Ringraziamento e cade quest’anno il 23 novembre. Secondo l’Osservatorio eCommerce B2c
Netcomm del Politecnico di Milano, per il Black Friday 2018 gli acquisti online hanno superato il
miliardo di euro, registrando un aumento del 35% rispetto all’anno precedente. Negli Stati Uniti, nel
2018 si è arrivati a toccare la cifra di 23 miliardi di dollari solo nella giornata di venerdì 23
novembre. I dati raccolti, inoltre, hanno messo in evidenza che negli ultimi anni i risultati di vendita
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superano notevolmente i periodi dei saldi.

In Italia i prodotti più cercati online tra il 20 e 26 novembre sono stati innanzitutto gli AirPods, gli
auricolari bluetooth della Apple. Al secondo posto si sono, invece, piazzate le asciugatrici, che sono
l’elettrodomestico più ricercato nel Venerdì Nero di quest’anno.

Anche altri settori hanno emesso offerte incredibili, registrando vendite record: tra i videogiochi il
primato è stato per Fifa19, nel mondo dell’abbigliamento, invece, per le scarpe da ginnastica.

Quindi, se si soffermiamo solo all’analisi del commercio, delle vendite e del volume di affari di questo
singolo giorno, o settimana, del Black Friday, dovremmo concludere che il Natale è diventato una
mera occasione di spesa, un giorno di vendite e acquisti senza freni e compulsivi. E forse non
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avremmo tutti i torti!

Ma io non ho alcuna voglia di soffermarmi sull’ennesima trovata commerciale, importata dagli
States, ma piuttosto mi piacerebbe trovare una sintesi tra il mio iniziale discorso nostalgico sul
Natale e i numeri del comparto commerciale dello stesso.

Credo che, se c’è una sintesi, essa vada ricercata nella scoperta o ri-scoperta del “valore del dono”.
Mi spiego meglio: un regalo, quando lo scegliamo, quando lo confezioniamo ed infine lo doniamo alla
persona destinataria dello stesso dice, o meglio, racconta qualcosa di noi.

Questo racconto potrà essere più o meno ricco, dettagliato, accurato e preciso, quanto più cura e
dedizione, fors’anche sacrificio, la scelta del regalo ha comportato. Che lo vogliamo o no, che lo
ignoriamo o meno, gli oggetti che decidiamo di regalare al nostro partner, ai nostri cari, agli amici
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raccontano chi siamo e svelano molte cose su di noi.

Dovremmo essere responsabili e consci di questa sorta di informazioni aggiuntive che rappresentano
una sorta di confezione al dono che regaliamo ai nostri amici e parenti, dovremmo chiederci che
impressione vogliamo che diano di noi. Che cosa vogliamo raccontare, in più, di noi? Quale è,
insomma, lo storytelling che accompagna ogni nostro regalo?

Personalmente sono sempre stato abbastanza attento alla scelta dei doni, della confezione,
addirittura dei nastri e della carta adoperati, ho sempre pensato che il regalo è solo l’ultimo passo di
un percorso, di una scelta, di un pensiero che si fa tangibile.

Dovremmo riscoprire tutti la “dimensione del dono”, se non vogliamo che anche il Natale diventi una
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mera operazione commerciale ed un pretesto per spendere soldi ed acquistare merce.

Quest’anno voglio seguire il suggerimento dell’artista che ha realizzato la copertina di questo mese,
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Grazia Salierno, che ha dipinto un Babbo Natale che in realtà è un volontario che ha appena
salvato un bambino. Donare se stessi per uno scopo superiore come l’aiutare gli altri, forse è questo
il regalo giusto di quest’anno.

Ma se non dovessimo riuscire a donare noi stessi, non disperiamo, possiamo ricorrere ad una
categoria di regali che non solo racconta qualcosa di noi, ma racconta qualcosa di per sé, e parlo dei
libri, scrigni pieni di sogni, speranza, storie e che sono vere e proprie cartine geografiche per
orientarci nel mondo moderno; noi ve ne proponiamo una piccola selezione, sono tutti titoli
incentrati sugli argomenti cari al nostro magazine.

Oltre a questo, non mi resta che augurarvi buona lettura con i nostri articoli e
buoni acquisti di Natale.

                                                                               Raffaello Castellano

Siti internet e social media a Natale: 5
cose da fare
Manca ormai poco al Natale 2018 e già aziende e social media manager si chiedono come
addobbare il sito natalizio, cosa pubblicare sui social media e quali messaggi mandare ai
clienti.

Per questo, da consulente di web marketing, vi propongo alcune cose da fare e non fare
assolutamente a Natale, per festeggiare nel migliore dei modi anche sui canali online.

Partiamo da quello che le aziende non devono fare assolutamente, per non cadere in un effetto
trash davvero banale e infastidire gli utenti.

Cosa NON FARE sul sito a Natale
1. Neve che cade sullo schermo: è un plugin Java anni ’90 che oltre ad essere di cattivo gusto
   appesantisce il sito, riduce il traffico e danneggia le statistiche. Tutti i visitatori cercheranno di
   fermare il continuo movimento e lo stesso vale per altri effetti speciali natalizi, dalle renne con la
   slitta al Babbo Natale che saluta gli utenti.
2. Messaggio aziendale di Buon Natale
3. Avviso di chiusura dal 24 dicembre al 6 gennaio: social e sito oggi non chiudono mai, perché il
   mondo è cambiato.
4. Foto di feste aziendali: a meno che non si tratti di grandi brand di moda o lusso, le foto della
   festa di Natale aziendale comunicano disagio e non sono più di moda.
5. Auguri di Natale: quest’anno fai un regalo ai clienti e non inviare il 24 dicembre la tradizionale
   email con il presepe, l’albero di Natale e il logo aziendale. Magari inventa qualche alternativa
   veramente gradita, come il pacco dono o il biglietto d’auguri inviato per posta con un piccolo
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gadget                                                                                 aziendale.

E allora come dare un’aria natalizia a sito e social media a
Natale?
Cosa FARE sul sito a Natale
1. Piccole decorazioni natalizie, eleganti, spiritose ma soprattutto non invasive. Magari puoi
   aggiungere un cappello d Natale o qualche addobbo al logo aziendale pubblicato online, nulla di
   più.
2. Utilizzo degli spazi già esistenti: il senso della festa può essere comunicato da post, news,
   immagini e video sul sito web. Magari puoi utilizzare la prima immagine dello slider in Homepage
   per fare subito Natale sul sito. L’importante è, come visto sopra, evitare di aggiungere animazioni
   e plugin.
3. Contenuti natalizi: usa la fantasia per preparare contenuti aziendali natalizi che rispondano alle
   esigenze dei clienti.

Il brand di arredamento consiglierà come addobbare la casa e la tavola per le feste, il sito di finanza
può fare una intervista divertente a Scrooge, le industrie possono creare foto spiritose e didascalie
divertenti, chi fa consulenza può mostrare case histories o altri momenti dell’attività annuale.

4. Creazione di un hashtag natalizio da condividere sui social media durante il mese di
   dicembre, con una campagna pubblicitaria ad hoc.
5. Creazione del messaggio di buon Natale: realizza qualcosa di creativo affidandoti ai tuoi
   grafici e ai tuoi copywriter, puntando su frasi brevi e su una card o infografica adatta anche ai
   social media.
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Le email di auguri ai clienti: consigli utili
Vuoi veramente mandare la classica email di auguri ai clienti? Il consiglio è inviarla la settimana
prima di Natale ed essere sicuro che sia gradita, soprattutto se non dai tue notizie con
regolarità. Diverso il caso di chi invia una newsletter al mese e che quindi può spostare verso il 18
dicembre l’ultimo invio dell’anno aggiungendo gli auguri di buone feste.

Passato il Natale si pensa a Capodanno
Approffitta della pianificazione natalizia per programmare anche il Capodanno: crea contenuti con le
previsioni del tuo settore per il 2019, analizzando i trend e le novità emergenti. Il tuo cliente o fan
gradirà certamente e condividerà il post sui canali digitali, in primo luogo i social media.

5 Consigli per il Natale sui social media
Ecco anche alcuni suggerimenti per il Natale sui social media:

1. Scegli un’immagine natalizia uguale per tutte le pagine e i profili social dell’azienda e una
   copertina con decorazioni a tema e con un messaggio di auguri originale.
2. Aggiorna il tuo profilo aziendale anche durante le feste, soprattutto a Natale dato che le
   persone hanno più tempo per seguire i canali social
3. Crea contenuti tematici: dalla gif al video, dalla foto al testo tutto deve parlare di Natale
   facendo attenzione al copyright. Un buon sito per trovare immagini di qualità è Pixabay
4. Fai una selezione dei prodotti e servizi migliori, impacchettali per le feste e condividili sulle
   tue pagine social con una breve descrizione. Usa allegria e positività e scegli un messaggio
   natalizio originale.
5. Coinvolgi i tuoi fan chiedendo loro di condividere le foto più belle del Natale, soprattutto
   mentre usano i tuoi prodotti. Riuscirai a creare una relazione intensa con i fan e generare
   passaparola positivo nel più bel periodo dell’anno.

Infine ricorda: Natale non è solo il 25 dicembre ma dura fino all’Epifania: sfruttare al meglio questo
periodo con una gestione curata del sito e dei social della tua azienda porterà concreti benefici sia
in termini di brand awareness sia di fatturato e vendite.

Non mi resta che augurarti buone feste!

Dal corto d'autore al brand storytelling: i
nuovi spot di Natale
A Natale siamo tutti più buoni, vestiti di rosso, pieni di dolci e propositi per il futuro, pronti a
spendere e fare regali.
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Sarà ancora la pubblicità ad animare il commercio?
Dal trend che da alcuni anni seguono molte major sono le emozioni a vincere sulle offerte
speciali. Non sempre sono esattamente spot per reclamizzare prodotti, spesso è la storia
collegata al brand che suscita sentimenti e immedesimazione.
E’ una nuova frontiera di storytelling, per chi è nativo digitale (ma non solo), vive su Youtube e
non ha problemi a ritagliarsi 4 minuti per un corto d’autore. Per chi è meno dedito alla lettura,
raccontare una storia emozionante tramite immagini, musica evocativa, immedesimazione
è la formula vincente e sempre più aziende adottano questa strategia in periodi proficui come il
Natale.

I costi non sono per tutti e le tempistiche per l’ideazione, il progetto, la realizzazione e la messa in
onda sono decisamente più lunghi di un semplice storyboard da cui estrapolare uno spot. Ciò che
attira i grandi registi è la possibilità di sbizzarrirsi con idee creative e inedite; ciò che
solletica le aziende è la possibilità di realizzare qualcosa di esclusivo con un vasto seguito.
L’idea alla base è di incuriosire il pubblico con pochi spezzoni in TV per lasciare grande spazio (e si
spera anche viralità) alla rete.

Non ci possono essere corti d’autore senza social network e
influencer che ne parlano.
E se da cosa nasce cosa, un video tira l’altro ed è a colpi di visualizzazione che se ne arriva a parlare
anche in trasmissioni TV e telegiornali amplificando l’effetto mediatico.
Questa rappresenta una politica a lungo termine volta a istruire i giovani di oggi per
renderli consumatori fedeli di domani, anche se per il momento il loro potere o decisione
d’acquisto sono troppo esigui.
Alla base di tutto c’è la storia, distintiva ed emozionante, mentre il brand è nascosto tra le
situazioni che si intrecciano. Più si cela e si camuffa, più entra prepotentemente nella testa di chi
segue lo spot che si trova spiazzato quando, nel bel mezzo del film, compaiono elementi distintivi che
ricollegano al marchio.

Una sorta di pubblicità subliminale? Forse.
O ci piace credere siano solo storielle a cui affezionarsi, regali sotto l’albero che le aziende ci fanno
per divertirci, impressionarci e immedesimarci.

Quest’anno il fenomeno virale per eccellenza è lo spot dei supermercati Sainsbury’s che è
arrivato fino a noi dall’UK.

Ma anche aziende nostrane, sopratutto quelle stagionali hanno voluto impressionare con le emozioni
in rete. La TV infatti è sempre più restia a offrire spot di lunga durata e i costi infinitamente più alti
del web la fanno sempre più abbandonare. Mediaset stessa dichiara che gli introiti della
pubblicità sulle sue reti televisive sono in netto calo e sopravvive solo quella nei canali
dell’offerta calcio.

E quando il Natale passa, sarà un’altra kermesse, ricorrenza o festival a permettere a grandi autori
di sbizzarrirsi con nuovi copioni, reinventando e raccontando storie già sentite o mai scritte.
Il Natale è anche un modo di comunicare
Il periodo di natale si avvicina e molte, forse più corretto dire tutte, le aziende sfruttano questa
festività per ideare creatività ad hoc sia per comunicazioni istituzionali che di prodotto.

Questa “tendenza” è sempre esistita fin da quando il web non era un media considerato per gli
investimenti pubblicitari. Sintomo, questo, di come il Natale, e tutte le più importanti festività, siano
un avvenimento a cui le aziende non possono evitare di “allacciarsi”.

Con questo articolo proveremo, senza alcuna presunzione di completezza, a fare una carrellata delle
campagne di comunicazione natalizia che ne gli ultimi anni ci hanno più colpito.

Natale 2016
Primark, la famosa catena inglese di fast fashion, ha lanciò un’app che permetteva di inserire delle
emoji natalizie nei propri iMessagge, MMS e messaggi di Facebook.

Natale 2016
John Lewis ha creato una campagna natalizia omnichannel.
Lo spot, che troverete di seguito, racconta la storia della piccola Bridget, amante dei rimbalzi sul
letto ma soprattutto descrive la magica atmosfera del natale.
La campagna ha “preso vita” nel punto vendita di Oxford Street a Londra dove i clienti hanno avuto
la possibilità di entrare nel mondo di Bridget attraverso la realtà virtuale utilizzando Oculus Rift.

Natale 1997
Lo spot di Coca Cola andò in onda in tutto il mondo. Si percepisce la felicità del Natale ma,
soprattutto, la sua attesa.

Natale 2009
Garmin in quell’anno scelse di non ideare una creatività ad hoc bensì di “proseguire” i due spot
messi in onda nei due anni precedenti. Nel 2009 ci si concentrò principalmente sulla musica/melodia
(oltre che sulle parole). L’elemento principale, ad ogni modo, è decisamente lo storytelling.

Natale 2011
Apple unisce il Natale con l’utilizzo di nuovi “strumenti”: non più la lettera per Babbo Natale scritta
a penna ma…
Natale 2013
Con WestJet, compagnia aerea low cost canadese, Babbo Natale arriva in areoporto. Un mix tra spot
tv e guerrilla marketing.

Natale 2013
Cadbury ha giocato sul gusto dello spacchettare i regali.
Se aprendo la finestra della vostra casa trovaste la città completamente impacchettata?

Oltre agli spot ed alle campagne multi channel vi
proponiamo alcune delle affissioni che ci hanno colpito di
più.
Cuki con questa affissione ha sottolineato come ci sono persone che il Natale lo preparano.
Champion, invece, ha scelto di “allacciarsi”, scusate il gioco di parole legato alla creatività, di
seguito, in modo semplice, ma efficace.

Insomma il Natale non vuol dire solo festività ma anche creatività.

Cinque libri sotto l’albero per
comprendere la rivoluzione digitale.
Il numero di Ottobre del Mondadori Store Magazine era dedicato alla “rivoluzione digitale”, con
una serie di proposte molto interessanti che possono essere un valido strumento per navigare meglio
nel mare magnum della rete e per districarci fra le onde e le tempeste di questa rivoluzione digitale,
nella quale, purtroppo, invece di approdare a sicure certezze e porti di conoscenza, stiamo
rischiando, chi più chi meno, di naufragare.

Infatti, fra la ventina di proposte, la maggior parte si soffermava sulle questioni che negli ultimi anni
stanno emergendo dalla rete. Per continuare con la metafora marina, sembra che l’onda lunga della
rete si stia ritirando, facendo affiorare sulla battigia tutte le problematiche e le complicanze che
erano rimaste sommerse.

Fra le proposte, quindi, c’era di tutto, tra cui saggi dedicati ad ogni aspetto del mondo digitale, dalle
fake news ai big data, dalla profilazione al galateo dei nuovi media, dai problemi di hate speech ai
webeti.

Noi di Smart Marketing abbiamo giustamente pensato di leggere alcune di queste proposte e di
riproporvele come in una sorta di biblioteca “essenziale” (per il professionista del web e per tutti i
curiosi che hanno sete di conoscenza), da regalare o regalarci per il “Natale che Verrà”. Lo scopo è
che noi, professionisti del web, per primi, riuscissimo ad acquisire quella consapevolezza prima e
quelle competenze poi, che ci permettano di contrastare gli aspetti negativi della rete, in maniera da
diventare esempio per tutti gli altri utenti.

Sono 5 i libri scelti, che coprono un settore abbastanza vasto delle nuove tecnologie e dei
nuovi media:

Far Web – Odio, bufale, bullismo. Il lato oscuro dei social
Per cominciare abbiamo letto il libro di Matteo Grandi, “Far Web – Odio, bufale, bullismo. Il lato
oscuro dei social”, edito da Rizzoli alla fine del 2017, quindi non proprio una pubblicazione nuova,
ma ancora attuale.

Matteo Grandi, giornalista, autore televisivo ed esperto di social network, affronta con competenza
ed in un linguaggio chiaro e divulgativo il problema dell’hate speech, ossia del dilagare dell’odio in
rete e soprattutto sui social, analizzando esempi concreti, saliti agli onori della recente cronaca.

Il libro scorre sul filo di un’ironia tagliente e sagace e ci offre un ventaglio molto ampio di
comportamenti deprecabili, utilizzati da quella categoria di utenti della rete che, per primo, il
giornalista Enrico Mentana definì “webeti”. Un piccolo glossario ed una bibliografia essenziale
corredano un libro che ogni professionista del web dovrebbe leggere e/o regalare.

SCHEDA:

titolo: “Far Web – Odio, bufale, bullismo. Il lato oscuro dei social”

autore: Matteo Grandi

editore: Rizzoli

anno: 2017

pagine: 224

isbn: 9788817095969

prezzo: € 18.00

Fake news. Vivere e sopravvivere in un mondo post-verità
Il secondo libro si concentra ed approfondisce uno degli aspetti più sconvolgenti della rete, il
fenomeno delle “fake news”, che proprio grazie al mezzo ed all’architettura stessa del web, mai
come ora, sta avendo diffusione e sta influenzando negativamente porzioni di pubblico sempre più
grandi.

Dopo una disamina storica del concetto e del termine di fake news, l’autore, infatti, ci dice che la
disinformazione è sempre esistita nel mondo della comunicazione e su tutti i principali media; il libro
si concentra, in particolare modo, sugli aspetti sociologici e psicologici dei nuovi media.

Secondo l’autore Giuseppe Riva, professore ordinario di Psicologia della Comunicazione
all’Università Cattolica di Milano (dove dirige il Laboratorio di interazione comunicativa e nuove
tecnologie) e Presidente dell’Associazione Internazionale di CiberPsicologia i-ACToR, il web sta
mettendo in discussione lo stesso concetto di “fatto”, creando quello che recentemente è stato
definito un “mondo post-verità”, al cui interno le fake news sono diventate uno strumento molto
efficace per influenzare le decisioni individuali. Snello, scorrevole e ben documentato, il libro è lo
strumento essenziale per addetti alla comunicazione, giornalisti e blogger.

SCHEDA:

titolo: “Fake news. Vivere e sopravvivere in un mondo post-verità”

autore: Giuseppe Riva

editore: Il Mulino

anno: 2018

pagine: 200

isbn: 9788815275257

prezzo: € 14,00

Dieci ragioni per cancellare subito i tuoi account social
Il terzo libro che vi proponiamo è una vera bibbia del pensiero controcorrente, infatti, come per le
tavole dei dieci comandamenti che Dio consegnò a Mosè, in “Dieci ragioni per cancellare subito i
tuoi account social” l’autore, Jaron Lanier, pioniere dell’informatica, famoso per il suo lavoro di
ricerca sulla realtà virtuale (oltre che aver contribuito allo sviluppo di startup poi acquisite da
Google, Adobe e Oracle), verga su carta dieci veri e propri comandamenti per riprendere possesso
della propria vita e della propria libertà di scelta.

L’analisi è spietata e non lascia spazio a dubbi o incertezze. L’opinione dell’autore è chiara: i social
stanno intossicando la rete e tirano fuori il peggio di noi. Siamo tutti diventati dipendenti dalla
dopamina spacciata dai social a suon di like, odiamo con un forza ed una virulenza di cui non
eravamo consapevoli; i social distorcono il nostro rapporto con la verità, annichiliscono la nostra
capacità di empatia e, benché ci diano l’illusione di connetterci con il mondo intero, in realtà ci
disconnettono dagli altri esseri umani e dalla nostra stessa umanità.

Insomma un quadro davvero fosco, cupo e senza speranza quello disegnato da Jaron Lanier, reso
ancora più drammatico dal fatto che a prefigurare scenari così apocalittici non sia un attempato
professore di filosofia incline al catastrofismo e reticente alle nuove tecnologie, ma un teorico e
ricercatore del mondo digitale e delle tecnologie informatiche.

Un volume sorprendentemente drammatico e ben documentato che è un vero e proprio pamphlet,
una bibbia, per comprendere meglio cosa si cela dietro la religione dei social, che tutti dovrebbero
leggere.

SCHEDA:

titolo: “Dieci ragioni per cancellare subito i tuoi account social”

autore: Jaron Lanier

editore: il Saggiatore

anno: 2018

pagine: 211

isbn: 978884282516642

prezzo: € 10,00

Iperconnessi

Perché i ragazzi oggi crescono meno ribelli, piú tolleranti, meno felici e del tutto
impreparati a diventare adulti
Il libro di Jean M. Twenge, professoressa di psicologia alla San Diego State University, si concentra
sulla generazione “iGen”, (i nativi digitali) nati dal 1995 in poi e che hanno conosciuto il mondo
attraverso lo schermo di un cellulare prima e di uno smartphone poi. Infatti, chi è nato nel 1995 o
giù di lì è cresciuto con un cellulare in mano, non ha memoria di un mondo senza internet, era più o
meno adolescente quando Facebook fu lanciato (2004) ed usci il primo iPhone (2007) e frequentava
il liceo quando il primo tablet, l’iPad, fu immesso sul mercato nel 2010.

Tutta la loro vita è stata filtrata attraverso lo schermo di un dispositivo portatile e mediato
attraverso l’utilizzo di un qualche tipo di social network. La tesi di Jean M. Twenge è semplice ma
rivoluzionaria: i ragazzi non sono più quelli di un tempo. Gli iGen crescono più lentamente di una
volta, sono ossessionati dal tema della sicurezza, preoccupati sul loro futuro economico, contrari a
qualunque tipo di discriminazione basata sul sesso, la razza, l’orientamento sessuale; ma altresì,
sono la generazione con il più alto tasso di disturbi psichici e, dal 2011 in poi, con il più elevato
numero di casi sia di depressione che di suicidi.

I giovani di oggi sono più aperti e più attenti delle precedenti generazioni, ma anche più ansiosi e
infelici. Sono più immaturi ed infantili. Sono più virtuosi: non bevono, usano meno droghe e fanno
meno sesso, ma sono anche meno pronti ad affrontare la vita reale, al punto di essere sull’orlo della
peggior crisi esistenziale di sempre.

L’autrice attinge i suoi dati e le sue conclusioni da quattro grandi ricerche che, dagli anni ’60 in poi,
hanno scandagliato i comportamenti di 11 milioni di individui e, benché lo studio si concentri sulla
popolazione americana, il saggio della Twenge vale anche per noi europei.

Il libro, di 400 pagine, è corposo, ma l’esposizione chiara e l’intento divulgativo lo rendono
abbordabile da chiunque; una lettura sorprendente che sfata diversi falsi miti. Indicato per tutti, ma
indispensabile per genitori, educatori ed insegnati.

SCHEDA:

titolo: “Iperconnessi”

Perché i ragazzi oggi crescono meno ribelli, più tolleranti, meno felici e del tutto
impreparati a diventare adulti

autore: Jean M. Twenge

editore: Einaudi

anno: 2018

pagine: 400

isbn: 9788806238568

prezzo: € 19,00
The Game
L’ultimo libro di questa “Top Five” è The Game di Alessandro Baricco, un saggio-racconto-
geografico della nostra contemporaneità.

L’autore decide di cimentarsi nuovamente con il saggio, dodici anni dopo “I Barbari”, ed adotta lo
stile del narratore, incasellando una serie di argute e puntuali osservazioni su quella che egli
definisce una rivoluzione paradigmatica, al pari di quella copernicana e di quella darwiniana.

L’autore individua tre fasi principali, o meglio tre tappe: l’epoca classica, la fase di colonizzazione
del web e il game vero e proprio, ognuna di esse contraddistinta dall’affermarsi di e il consolidarsi di
tutta una serie di nuove abitudini comportamentali così come di cambiamenti psicologici e perfino
posturali.

Ma Baricco, ovviamente, non si limita a redigere una biografia della rivoluzione in corso, il suo
approccio non è quello di uno storico, ma di un geografo o archeologo. Egli ci svela la mappa, la
carta geografica del nostro presente con i suoi picchi, i suoi fiumi, le città e le province. La geografia
del nostro presente è scritta in un tono piano e divulgativo, con l’inconfondibile stile “alla Baricco”,
fatto di quella cultura enciclopedica controcorrente, di trovate divertenti e di stupore e curiosità che,
prima di arrivare al lettore, appartengono allo stesso scrittore.

Un libro non solo per addetti ai lavori, ma per tutti, che ha come pregio l’originalità di affrontare la
rivoluzione digitale non come un fatto temporale e quindi storico, ma come un continente, un
territorio, vasto, lussureggiante, misterioso, pieno di potenzialità che tutti noi abitiamo.

SCHEDA:

titolo: “The Game”

autore: Alessandro Baricco

editore: Einaudi

anno: 2018

pagine: 336

isbn: 9788806235550

prezzo: € 18,00

A Natale regalati una startup e vivi il tuo
Digital Xmas multicanale!
Non è più in volo, grazie alla polvere magica, che il caro vecchio Santa Claus consegna doni dai
comignoli in una sola notte, ma la slitta con le renne viaggia on-line con una scelta multicanale
di luoghi dove far recapitare la “letterina” ed esaudire i tanti desideri.

Sono infatti i siti di e-commerce il canale preferenziale per l’acquisto, che alla velocità della luce in
una maratona per lo shopping pre-natalizio rendono le compere meno stressanti più comode e, in
molti casi, più economiche.

La ricerca del negozio fisico resterà predominante, ma la
spesa online sarà in crescita anche quest’anno.
Un “Digital Xmas” anche nella scelta dei regali, orientati sull’I-tech e sull’innovazione.
A Natale regalati una start up per un dono originale dal sapore nuovo. Diverse le proposte in
commercio per tutti i gusti e gli interessi.

Regalati un albero con Treedom da piantare in una zona del mondo dove è utile farlo e seguilo
on-line. Lo vedrai crescere e fiorire aiutando la riforestazione e dando un supporto alle popolazioni
locali.

Adotta una vite a distanza con Be Farmer, prenditene cura, seguine la crescita e produci il tuo
vino con tanto di etichetta personalizzata.

Regala un cesto di Natale innovativo grazie a l’Alveare dice Si! La start up che unisce
tecnologia ed ecosostenibilità per scegliere la gift card per acquistare prodotti dei contadini locali.

Se poi amici e parenti sono lontani regala una colletta digitale con BustaDiNatale.it la startup
Milanese che attraverso una piattaforma permette ad amici e parenti di contribuire ad una busta on-
line.

Se poi hai l’idea del secolo e la start up la vuoi creare te, tanti i titoli di libri ed eBook sul tema
dell’innovazione che possono essere una ispirazione e uno strumento da farti regalare sotto l’albero:

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    Montemagno
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A Natale oggi puoi… Scegliere come vuoi!

Gli Spot di Natale 2018 e il potere delle
emozioni: 6 casi studio.
Luci colorate, vischio, un tocco di rosso e dorato ovunque, sonaglini che risuonano in sottofondo,
finti Babbo Natale che si arrampicano sui balconi, renne illuminate e ovviamente alberi addobbati
ben visibili da ogni finestra. Eppure manca qualcosa per completare l’atmosfera natalizia: gli
spot di Natale.

Che ormai il Natale sia sempre più una festività commerciale è innegabile, ma non sempre le
campagne pubblicitarie natalizie hanno l’obiettivo diretto ed esplicito di spingere alla vendita. Le
dinamiche push hanno lasciato sempre più spazio a quelle emozionali. Oltretutto, non sono più i
soliti brand a simboleggiare il Natale. Un tempo non era Natale senza le pubblicità Bauli, Melegatti
o Coca-Cola, che può vantare addirittura il merito di aver “inventato” il personaggio di Babbo
Natale.

Oggi gli spot che contribuiscono a creare l’atmosfera natalizia provengono dai brand più disparati e
a volte inaspettati. Qualcosa è cambiato anche nella fruizione: li scopriamo sempre meno in Tv e
più online, e ciò ci permette di apprezzare anche alcune chicche che provengono dall’estero.

Il Natale è il momento ideale per creare delle connessioni tra brand e consumatori e…quale
azienda non coglierebbe al volo l’occasione? L’importante è sapere come farlo, quali tasti toccare
per coinvolgere l’audience giusto al momento giusto. Un momento che è quello festivo, delle
vibrazioni felici, amorevoli, familiari, il periodo degli happy ending e del siamo tutti più buoni.
Quindi cosa caratterizza le campagne di marketing
natalizio? Qual è il denominatore comune?
Sicuramente la componente narrativa ed emozionale, oltre a
quella di marketing.
Gli spot di Natale puntano all’immagine di marca e contemporaneamente all’immaginario,
ovvero a tutto ciò che l’azienda vuole associare al suo brand nel periodo natalizio. Le caratteristiche
più frequenti sono di solito:

■   Creatività e/o ironia
■   Coinvolgimento emotivo,
■   Calore/ atmosfera gioiosa
■   Condivisione e altruismo

Oggi non si tratta più quasi mai di singoli video ma di campagne integrate di
comunicazione con una strategia digitale, il lancio di un hashtag ed eventuali altre attività
correlate come il coinvolgimento di influencer.

L’obiettivo delle campagne natalizie è far leva sui
sentimenti, emozionare, talvolta commuovere, e creare un
legame tra brand e cliente proprio tramite queste emozioni
condivise.
D’impulso diremmo che ciò avviene perchè il Natale è una festa emozionale, perchè i brand si
agganciano allo spirito natalizio, alle situazioni che scaldano il cuore, al tornare bambini; ma in
verità sappiamo anche che la nostra soglia di attenzione agli stimoli pubblicitari è ormai molto bassa
e soprattutto che le scelte di acquisto fatte con l’emisfero destro del nostro cervello, quello
emozionale, sono quelle che meno si soffermano sul valore economico. Insomma le emozioni ci
fanno spendere di più. E se psicologicamente associamo un determinato brand a un’emozione…il
gioco è fatto!
Il Natale è il momento dell’anno in cui i nostri sensi sono maggiormente stimolati: luci,
colori, odori, suoni, e non a caso è anche quello in cui spendiamo di più.

Vediamo quindi cosa ci hanno proposto quest’anno le
aziende per le imminenti festività natalizie. Ecco alcuni
degli spot che promettono di catturare maggiormente
l’attenzione nel Natale 2018.
Ritroviamo un po’ tutte le caratteristiche sopra elencate: creatività, ironia, emozione, calore
natalizio, condivisione e altruismo. Modi diversi di comunicare, di fare storytelling, ma la
componente emozionale è quella che non manca mai.

Amazon: Can You Feel it
Amazon, il colosso dell’e-commerce, punta ancora una volta ad animare le scatole delle sue
spedizioni. La freccia che caratterizza il logo, e che probabilmente siamo già abituati a interpretare
come un sorriso, prende vita in ogni scatola trasformandosi in una bocca che canta con spirito
natalizio la canzone “Can You Feel it” dei Jackson Five, accompagnata dal suono delle campane a
festa. Le scatole cantanti in questo spot sono capaci di ammaliare adulti e bambini al solo sguardo.
La caratteristica che colpisce in questo spot è che non viene inserito mai il logo completo Amazon.
La semplice freccia arancione a forma di sorriso è ormai in grado di richiamare alla nostra
percezione perfettamente il brand.

Ikea: cambia il solito Natale
Ikea punta su un Natale ironico e decisamente meno tradizionale, continuando sulla scia
comunicativa del “siamo fatti per cambiare” che ha caratterizzato la sua comunicazione recente. Lo
spot presenta una situazione particolare, un Natale insolito, bloccati in un ascensore ikea. I due
protagonisti dello spot, sconosciuti ma costretti a passare il Natale insieme, dopo un primo momento
di imbarazzo si adattano alla situazione e, grazie anche ai prodotti appena acquistati, riescono
addirittura a non rinunciare all’atmosfera natalizia, alle decorazioni, e a trascorrere una piacevole
serata in compagnia.

Aeroporto di Heathrow: “Making it home makes it
Christmas”
Immancabile anche per questo Natale lo spot dell’aeroporto di Heathrow e dei suoi ormai famosi
Heathrow Bears, gli orsetti espatriati che quest’anno provano a creare l’atmosfera natalizia a casa
loro in Florida, ma dopo una videochiamata con i parenti in Inghilterra decidono di partire per non
rinunciare al classico Natale in famiglia.
L’aeroporto di Heathrow ha dedicato una sezione intera del sito agli orsetti Edward e Doris, veri
testimonial natalizi. Oltre allo spot anche un quiz, la presentazione di tutta la famiglia degli orsi e la
possibilità di condividere contenuti sui social e ovviamente di pianificare il proprio viaggio.

Coca Cola: il Natale ha bisogno di te
Coca Cola presenta invece una campagna dedicata all’importanza della condivisione, sostenendo
concretamente Banco Alimentare e invitando a vivere il vero spirito del Natale. Lo spot mostra un
ragazzino che compie piccoli gesti di gentilezza e di altruismo, invitando tutti ad essere altruisti allo
stesso modo con il claim Il Natale ha bisogno di te. Oltre alla grande donazione che Coca Cola si
impegna a fare a Banco Alimentare per il Natale 2018, lancia anche la sfida “Più siamo e più
doniamo”, che coinvolge direttamente i consumatori tramite media digitali e la realtà aumentata,
che viene richiamata direttamente nello spot.
Per partecipare all’iniziativa e votare uno dei tre progetti lanciati da Coca Cola e Banco Alimentare
basta inquadrare il logo Shazam sulla bottiglia con il proprio smartphone o votare tramite il sito
ufficiale o i social. L’hashtag che spinge la campagna di comunicazione digitale è
#BabboNataleseitu, un semplice voto permette di compiere la propria buona azione.

Tiffany: Believe in Dreams – A Tiffany Holiday
Altro immancabile spot Natalizio è quello di Tiffany, che quest’anno punta sull’atmosfera fiabesca
con una versione ingioiellata di Alice nel Paese delle Meraviglie sulle note di “Dream On” degli
Aerosmith. Dal flagship store di Fifth Avenue al mondo parallelo in cui viaggia la protagonista dello
spot e in cui avrà modo di scoprire l’artigianalità e la cura con cui viene creato ogni gioiello. Collane,
anelli, bracciali, polvere di brillanti, il tutto mixato con un’atmosfera magica, il classico verde Tiffany
in ogni dove e una serie di personaggi della favola ben riconoscibili come il bianconiglio e persino
uno speciale cappellaio matto interpretato da Naomi Campbell.

The Boy and The Piano: John Lewis
Dulcis in fundo uno degli spot che ha emozionato maggiormente e scatenato la viralità sul web,
quello della catena di negozi inglesi John Lewis, che ogni anno è uno dei più attesi. Quest’anno la
storia raccontata dallo spot si focalizza sul potere di un regalo. Il protagonista è Elton John e lo
spot ci permette di ripercorrere la sua vita a ritroso, sulle note della celeberrima “Your Song” fino a
quello che sarebbe stato un regalo cruciale per la sua vita e il suo percorso: un pianoforte
regalatogli a Natale da bambino. Impossibile, mentre leggiamo la frase finale “Some gifts are more
than just a gift”, non chiedersi come sarebbe cambiata la sua vita se non avesse ricevuto proprio
quel regalo in quella mattina di Natale di tanti anni fa.

A ben pensarci, a Natale, i brand non fanno nulla di diverso dello storytelling, tecnica ormai
utilizzata tutto l’anno per vari tipi di comunicazione; ma lo storytelling natalizio ha un fascino
speciale e un potenziale in termini di marketing emozionale che non può essere paragonato ad
altro. Forse sono semplicemente i consumatori ad essere diversi in questo periodo dell’anno, più
ricettivi, più propensi a lasciarsi conquistare dai brand e dai loro messaggi.

Addio a Bernardo Bertolucci, il Maestro
del cinema della trasgressione
“Così italiano e così internazionale. Così sofisticato e così nazional-popolare. Così letterario e così
visuale”. Con Bertolucci, scompare l’ultimo grande Maestro crepuscolare del nostro cinema. Titoli
epici come Ultimo tango a Parigi, Novecento e Il tè nel deserto, sono quasi dei poemi omerici, per la
cura maniacale, per l’attenzione alla colonna sonora, per il genio di uno degli artisti italiani più
incisivi della storia culturale nazionale del ‘900. Bertolucci proveniva da una famiglia già
ampiamente addentrata nel significato profondo di “cultura”: il padre Attilio era un famoso poeta.

E come se non bastasse il suo esordio cinematografico avviene come aiuto-regia di Pier Paolo
Pasolini e ha intessuto fin da subito amicizie sincere con Alberto Moravia, Elsa Morante e Dacia
Maraini. Insomma, proprio dalla tradizione letteraria e visiva in cui crebbe il giovane Bernardo,
discendono, oltre all’amore per i testi letterari, il gusto per il melodramma, l’amore per le scene
madri, l’approccio mitico e popolare, che fanno del regista parmense un punto di riferimento nel
mondo. Il suo esordio come detto avvenne con Accattone, nel 1961, dove è aiuto-regia di Pier Paolo
Pasolini. E proprio sotto l’egida dell’intellettuale romano La commare secca (1962), sarà il primo
film da regista di Bertolucci. Tematiche ancora lontane dalle sue, molto pasoliniane, dalle quali ben
presto si discosta, per inseguire un’idea personale di cinema basata sostanzialmente
sull’individualità di persone che si trovano di fronte a bruschi cambiamenti del loro mondo e di
quello circostante, a livello esistenziale e politico, senza che essi possano o vogliano cercare una
risposta concisa.
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i, Ugo Tognazzi e Anouk Aimee a Cannes nel 1981.

Tale tematica sarà presente praticamente in tutte le opere di Bertolucci, a partire dal secondo film,
Prima della rivoluzione (1964), dove è esemplificata molto chiaramente nella storia di un giovane
della borghesia agricola medio-alta di Parma, il quale, incapace di reagire al suicidio del suo amico
più caro e incerto su una direzione da prendere, si getta a capofitto in una relazione con una matura
e piacente zia giunta da Milano. Entrambi, però, si rendono conto che quella storia non può durare –
lei è anche in cura da uno psicologo – e alla partenza della donna, al giovane non resta che sposare
la sua precedente fidanzata, che lui non ama, facente parte dell’alta borghesia, matrimonio ben visto
dalla sua famiglia.

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ci al Bifest di Bari nel 2018.

Anche nei film che seguono, Bertolucci continua il suo personale discorso intorno all’ambiguità
esistenziale e politica, ma il suo primo grande film sarà La strategia del ragno (1970), film dallo
scarso successo di pubblico, acclamato però dalla critica. Un puzzle di menzogne e verità, passato e
presente, ispirato al racconto Tema dell’eroe e del traditore, di Borges e alla pittura di De Chirico.
Piccoli assaggi di quello che sarà il trionfo dei film successivi, in cui Bertolucci matura
definitivamente la sua maniera di vivere e raccontare il cinema. Il successo planetario infatti, arriva
due anni dopo con Ultimo tango a Parigi (1972), il film scandalo degli anni ’70. Una pellicola che
esce con un divieto ai minori di 18 anni previo taglio di 8 secondi del primo amplesso tra i due
protagonisti (splendidi Maria Schneider e Marlon Brando), consumato in piedi. Sequestrato, assolto,
nuovamente sequestrato, è condannato alla distruzione del negativo per oscenità dalla Cassazione, il
29 gennaio 1976 (con perdita dei diritti civili per cinque anni per Bertolucci). Il 9 febbraio 1987
viene riabilitato con sentenza di “non oscenità” perché “mutato il comune senso del pudore”, con
conseguente dissequestro del film che nel 1988 passa per la prima volta in tv. Oggi, in tempo di
hard-core di massa, le proverbiali prestazioni erotiche di Brando e della Schneider con il burro non
sconvolgono più nessuno, ma rimane un caposaldo fondamentale del genere erotico d’autore. Ultimo
tango a Parigi è invecchiato bene, ancora capace di parlarci della solitudine e della distanza fra i
sessi nella nostra società. Alcuni connubi risultano azzeccatissimi -la strana, infernale plasticità di
Brando; la luce pastosa del direttore della fotografia Vittorio Storaro; e la musicale mobilità della
macchina da presa di Bertolucci- ne fanno un’opera “indimenticabile” nella storia del cinema
mondiale.

E questo “indimenticabile” riecheggia e si applica perfettamente anche alle successive opere: su
tutte Novecento (1976), un’epica grandiosa e “hollywoodiana”, piena di grandi nomi del cinema
nostro e internazionale, che racconta cinquant’anni di storia padana, a tratti potente e commovente,
a tratti retorica e manieristica , sempre audace per le dimensioni e le ambizioni. Ma
“indimenticabile” è anche La tragedia di un uomo ridicolo (1982), ingiustamente rimasto nell’ombra,
ma che ci consegna un Ugo Tognazzi intenso e drammatico veramente da Oscar, d’altronde si
aggiudica la “Palma d’oro” come migliore attore protagonista al Festival di Cannes.
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ovecento.

E “indimenticabile” senza se e senza ma è L’Ultimo Imperatore (1987), un film che fa strappare i
capelli agli americani e che conquista a sorpresa nove Oscar: un’opera veramente monumentale, un
trionfo di diplomazia e creatività, di gusto scenografico italiano e di abilità narrativa. L’aggettivo
“indimenticabile” sarebbe indicato anche per Il tè nel deserto o per The dreamers, che riecheggia
Ultimo tango a Parigi nelle atmosfere, ma è tutta la carriera di Bertolucci a poter essere apostrofata
come “indimenticabile”, come la standing-ovation di 35 minuti che il Bif&st gli ha decretato nella sua
ultima uscita pubblica lo scorso aprile. Il saluto di un grande intellettuale, regista e artista al mondo
del cinema e non solo, un commiato concluso con questa frase, che rimarrà indelebilmente scolpita
negli annali:

                 “Il cinema è la nostalgia di un qualcosa che non abbiamo mai vissuto”

                                           Bernardo Bertolucci

Training Film – The Startup-Accendi il tuo
futuro (2017)
Il diciottenne, romano della periferia, Matteo Achilli (interpretato da un intenso Andrea Arcangeli)
vuole diventare un nuotatore di successo, ma il suo allenatore gli preferisce il figlio dello sponsor
della squadra, suo compagno di squadra meno bravo. Matteo si rende conto che l’Italia è un paese
che premia la raccomandazione invece del merito.

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o Achilli (a sinistra) con l’attore Andrea Arcangeli, che lo ha interpretato nel film.

Ma il motivato ed entusiasta giovane non si dà per vinto e decide di buttarsi negli studi; viene
accettato dalla prestigiosa Università Bocconi di Milano, dove mette a punto un motore di
ricerca/social network basato su un algoritmo che classifica gli utenti, aspiranti ad un incarico
professionale, in base al merito, al curriculum accademico ed alle esperienze lavorative.

Il motore di ricerca inventato da Matteo si chiami Egomnia (che in latino significa “io sono ogni
cosa”) ed incontrerà ostacoli e ostracismo di ogni tipo prima di affermarsi. E mi fermo qui per non
spoilerare nient’altro.

La storia del film è basata su fatti e personaggi realmente esistenti, ed allora il film del regista
Alessandro D’Alatri, che si ispira nelle tematiche, nel titolo, nella grafica e nel montaggio al ben
più famoso The Social Network di David Fincher (ma lì la storia parlava di Mark Zuckerberg e
di Facebook), trascura la parabola finanziaria del vero Matteo Achilli (imprenditore controverso che
tanto è incensato dai media generici quanto osteggiato dal mondo degli esperti di settore e degli
startuppers), per concentrarsi sugli aspetti, sempre positivi, del ragazzo sfigato che diventa uomo
realizzato a dispetto di tutti e tutto.

Il film va visto perché il regista Alessandro D’Alatri è di mestiere e riesce a confezionare un film
eccellente, curato nei dettagli, dal ritmo narrativo teso e con una fotografia, di Ferran Paredes
Rubio, smagliante e tagliente che restituisce a Milano, location principale del film, un atmosfera
moderna e retrò allo stesso tempo, come se la “Milano da Bere”anni ’80 fosse stata trasportata nei
nostri giorni. E, benché racconti una storia ed un personaggio controversi, rappresenta un ottimo
pretesto per parlarci di riscatto, volontà, ostacoli e successo.

Questa sera, mercoledì 28 novembre, in seconda serata, alle ore 23:20, su Rai 2,
canale 2 del digitale terrestre, non perdete il film “The Startup – Accendi il tuo
futuro” (20017) di Alessandro D’Alatri con Andrea Arcangeli, Paola Calliari,
Matilde Gioli, Luca Di Giovanni, Matteo Leoni.

68 anni di Carlo Verdone: la grande anima
d’Italia dei tempi moderni
    Per quanto lo stesso Carlo Verdone respinga al mittente il paragone con Alberto Sordi per
    umiltà o per semplice superstizione, è innegabile che l’attore romano dagli anni ’80 ad oggi, sia
    stato il più fulgido e concreto costruttore di maschere sociale che rappresentano l’italiano medio
    di fine millennio e di parte del nuovo secolo. Il cinema di Verdone, è un cinema che guarda alla
    realtà che lo circonda, i suoi personaggi sono monumenti comici, velati di malinconia, sui vizi,
    sui tanti difetti e sulle poche virtù dell’uomo italico. Verdone piace ed è intelligente come
    nessun altro, perché parla di noi stessi, perché parla di un popolo che lui conosce benissimo e
    che ha anche studiato prima di compiere il passo decisivo sul grande schermo. Già perché Carlo
è laureato in Lettere Moderne presso l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza” con una
      tesi intitolata “Letteratura e cinema muto italiano”, nonché diplomato in regia al Centro
      Sperimentale cinematografico di Roma. Il padre Mario, decano dei Critici cinematografici
      italiani, gli ha in qualche modo inculcato e passato la passione per il Cinema, il talento e la
      caparbietà hanno poi fatto il resto.

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ematografico avviene nel 1980 con Un sacco bello sotto l’egida addirittura del grande Sergio
Leone, che si spese affinché il film vedesse la luce, convincendo la Medusa a produrre e distribuire il
film. Realizzato in cinque settimane con un budget di 500 milioni di lire, il film si guadagnò i favori di
critica e pubblico, con un incasso di oltre 2 miliardi. Diviso in tre episodi che si sviluppano sullo
sfondo di una Roma semideserta (siamo a ferragosto), Un sacco bello è costruito intorno a tre
personaggi, comici e al contempo malinconici, tutti interpretati da Verdone, con una vis comica di
incredibile efficacia. Anche la sua seconda esperienza, ovvero Bianco, rosso e Verdone (1981),
segue la falsariga della prima opera, una rinnovata kermesse di personaggi del suo repertorio, in cui
però emerge la figura attempata ma divertente di Elena Fabrizi, la sorella di Aldo, meglio nota come
la “Sora Lella”, da allora entrata nella leggenda. Ma è da Acqua e sapone (1983) in poi, che il
cinema di Verdone acquista quelle sfumature agrodolci che sono il segreto del suo successo e che lo
ergono come il guru della nuova commedia all’italiana (e in questo riecheggia ancora il paragone
con Alberto Sordi). In Acqua e sapone Verdone scende nel campo sentimentale basandosi su un fatto
reale in puro stile da commedia all’italiana.

  Leggi anche:

  ■   Trent’anni di “Compagni di scuola”: il capolavoro generazionale di Carlo Verdone
  ■   Addio a Carlo Vanzina, il “cineasta” della moderna commedia all’italiana
  ■   La ripresa economica degli anni ’80 e la seconda commedia all’italiana

Acqua e sapone infatti, ha uno spunto che si basa su un servizio giornalistico della Rai, realizzato da
Carlo Sartori, che raccontava il fenomeno delle cosiddette “babymodelle”, per lamentare lo
sfruttamento delle madri sulle loro figlie prodigio; madri non molto sensibili alla necessità di uno
sviluppo psicologico equilibrato delle figlie adolescenti, che le privavano di una serena infanzia per
portarle a tappe forzate al successo. Per il ruolo della giovanissima partner femminile, Verdone
sceglie Natasha Hovey, nel 1983 soltanto 16enne, per cui adattissima alla parte. Questa volta il
nostro abbandona bulli di borgata, padri beceri e burini emigranti ,e sonda per la prima volta(e non
sara’ l’unica) le ragioni del cuore. Ne vien fuori un ritratto semplice ma mai banale,una storia dal
contenuto esile che tocca momenti di pura ilarita’. E’ la svolta della carriera cinematografica di
Verdone, che pur non abbandonando mai del tutto gli istinti iperbolici e virtuosisti degli esordi
(vedasi Viaggi di nozze – 1995 e Grande, grosso e Verdone - 2008), pone le basi del suo modo di
raccontare il cinema: un registro meno comico, con un certo retrogusto amaro nella stesura delle
storie e più attento ai temi della modernità, del cinismo e degli eccessi della società e del disagio
dell’individuo di fronte ad essa. E la goffaggine e inadeguatezza della maschera comica ha fatto
posto alle nevrosi e all’ipocondria, reazioni quasi somatiche alle pressioni di un mondo frenetico.
Verdone mantiene comunque un rapporto, per così dire, privilegiato con i canoni della commedia
all’italiana presenti nella tradizione, dai grandi della comicità fino ad arrivare ai dettami di un
cinema più impegnato, tenendo fede ad uno stile “medioalto” che ne fa un regista e un interprete tra
più amati dal pubblico.

In mezzo a tanti film di successo, tra cui due insieme al grande Maestro Alberto Sordi (In viaggio
con papà -1982 e Troppo forte -1986), si arriva al 1988 del capolavoro della carriera autoriale e
attoriale di Carlo Verdone. Parliamo del celebratissimo Compagni di scuola, anche a detta dello
stesso attore romano, il film della vita. Ed effettivamente Compagni di scuola ha tutto per essere
considerato non solo un capolavoro, ma tra i migliori film dell’intera storia del cinema italiano. E
infatti è uno strepitoso spaccato veritiero e agghiacciante dell’Italia degli anni ’80, che si affaccia ai
’90; ma anche malinconico ritratto, che fa parte dell’esperienza comune di tutti, sulle rimpatriate di
ex liceali. Verdone immagina, quello che in fondo sono le rimpatriate: malinconiche, tristi e amare,
in cui si riaccendono antiche antipatie, si suscitano commiserazioni, si riacutizzano invidie sopite e
anche vecchi amori, si esumano scherzi vetusti, si contano i morti, si constata quanto la vita ci
trasforma e non in meglio. Ma poi ognuno torna alla propria vita, come una parentesi fuori tempo
massimo, come il ricordo di una magia cercata, forse ritrovata per qualche attimo, ma che non torna
più. Compagni di scuola, parla di noi, parla di tutta una generazione, parla di emozioni che sono nei
nostri cuori, sopiti magari dagli impegni e dalle frenesie quotidiane; parla di ricordi malinconici,
parla di nostalgie, di quello che desideravamo di essere e forse non lo siamo; parla delle nostre
ansie, delle nostre paure. Si ride, ma si ride amaro, in pieno stile da commedia all’italiana, cui sono
chiare le radici, con le sue virtù (la capacità di osservazione, la cattiveria) e i suoi vizi (il cinismo
spicciolo, l’adesione alle volgarità di alcuni personaggi).

  PER APPROFONDIRE:

  ■   Scopri la nostra rubrica dedicata al Cinema

Maturato come regista, Verdone è in grado di tenere sotto tiro per due ore una ventina di
personaggi senza dispersione né cadute di ritmo, né momenti opachi: la mano è sempre leggera,
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