Filosofia per la Nonviolenza - Fondata da Aldo Capitini nel 1964 - Azione nonviolenta
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Filosofia per la Nonviolenza Fondata da Aldo Capitini nel 1964 luglio-agosto 2016 Rivista bimestrale del Movimento Nonviolento | anno 53, n. 616 | contributo € 6,00
3 Una filosofia per la nonviolenza 22 Genesi della difesa nonviolenta Mao Valpiana di Fulvio Cesare Manara 4 Quale pace? Giusta, stabile e duratura 23 Senza Offesa. Strategie di opposizione nonviolenta di Giuliano Pontara 27 La nonviolenza della fede 7 Biani alla 7a di Enrico Peyretti 8 Dialogare o perire 30 L’insegnamento nella scuola di Franco Ferrarotti di Antonio Vigilante 11 Critica della violenza 34 Aldo Capitini, filosofo della nonviolenza di Franco Ferrarotti 36 Seminario internazionale sulla nonviolenza 14 Da Leopardi a Gandhi, passando per Kant di Andrea Maori di Mario Martini 16 Agire senza offesa 40 LA NONVIOLENZA NEL MONDO di Pasquale Pugliese 42 ATTIVISSIMAMENTE 20 Il principio nonviolenza di Jean-Marie Muller 44 EDUCAZIONE E STILI DI VITA Direzione e Amministrazione Stampa Iscrizione Registro Nazionale della Stampa Via Spagna, 8 - 37123 Verona (Italy) (su carta riciclata) n. 3091 vol. 31 foglio 721 del 4/4/1991 Tel. e Fax (+39) 045 8009803 a cura di Scripta s.c. Registrazione del Tribunale di Verona n. E-mail: redazione@nonviolenti.org viale Colombo, 29 - 37138 Verona 818 del 7/71988 www.nonviolenti.org tel. 045 8102065 - fax 045 8102064 Spedizione in abbonamento postale. Poste idea@scriptanet.net Italiane s.p.a. – DL 353/2003 (conv. In L. Editore www.scriptanet.net 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2, DCB Movimento Nonviolento VERONA. Tassa pagata/Taxe perçue. (Associazione di Promozione Sociale) Adesione al Movimento Nonviolento Codice fiscale 93100500235 Per iscriversi o versare contributi al Pubblicazione bimestrale, luglio-agosto, Movimento Nonviolento utilizzare il conto anno 53 n. 616, fascicolo 451 Direttore editoriale e responsabile corrente postale 18745455 intestato a Periodico non in vendita, riservato ai soci Mao Valpiana Movimento Nonviolento - del Movimento Nonviolento e agli abbonati oppure per bonifico bancario utilizzare il Un numero arretrato contributo € 6,00 Amministrazione Codice IBAN: comprese le spese di spedizione. Piercarlo Racca IT 35 U 07601 11700 000018745455. Chiuso in tipografia il 26 agosto 2016 Nella causale specificare “Contributo di Tiratura in 1300 copie. Redazione adesione al MN”. Elena Buccoliero, Gabriella Falcicchio, L’adesione al MN (€ 60,00) comprende In copertina: Roberto Rossi, Daniele Taurino, Pasquale l’invio di Azione nonviolenta. Pitagorici celebrano il sorgere del sole. Pugliese, Massimiliano Pilati, Caterina Dipinto di Fëdor Bronnikov, 1869. Bianciardi, Martina Lucia Lanza, Daniele Abbonamento annuo Lugli. € 32,00 da versare sul conto corrente Le vignette postale 18745455 intestato ad Movimento di Mauro Biani Gruppo di lavoro Nonviolento, oppure per bonifico bancario Centro per la Nonviolenza del Litorale utilizzare il Codice IBAN: IT 35 U 07601 Foto romano, Fiumicino, Roma: 11700 000018745455. Nella causale da pagina 10 a 45 foto dell’Archivio Daniele Quilli, Mattia Scaccia, Angela specificare “Abbonamento ad AN”. del Movimento Nonviolento tratte della Argentieri, Elena Grosu, Daniele Taurino, Mostra “Senza Offesa” Ilaria Ambruoso, Roberto Cassina, Giulia Sparapani, Francesco Taurino
L’editoriale di Mao Valpiana Una filosofia per la nonviolenza Inciso nel marmo che regge il bu- inediti. Seguono i contributi dei sto in bronzo che la città di Pe- come condotta “nostri” studiosi e appassionati rugia ha voluto dedicare ad Aldo di filosofia, più o meno giovani: Capitini, vi è scritto “filosofo del- di vita Daniele Taurino e Gabriella Fal- la nonviolenza”. Il fondatore del cicchio, Mario Martini e Pasqua- nostro Movimento, infatti, oltre ad essere stato le Pugliese, Enrico Peyretti e Antonio Vigilante. docente, pedagogista, attivista, organizzatore, Pubblichiamo poi un breve saggio sull’idea di giornalista, maestro, educatore, è stato anche, e difesa nonviolenta in Gandhi, di Fulvio Cesare forse soprattutto, filosofo: il primo che in Ita- Manara che ci ha lasciati improvvisamente e pre- lia ha offerto fondamenta solide e una struttura maturamente. Ne risulta un lavoro collettivo che portante al pensiero nonviolento; un pensiero evidenzia la ricchezza e la complessità della ricerca laico, per certi versi “religioso”, che ha raccolto culturale e filosofica, con una forte attenzione per e rielaborato le influenze di Leopardi, di Kant, le conseguenze e le applicazioni pratiche. La filo- di Gandhi. La filosofia di Capitini non è (solo) sofia per la nonviolenza non è un esercizio accade- cattedratica, ma è (anche) pratica. La sua è una mico fine a se stesso, ma, come diceva Capitini, è filosofia come condotta di vita. E’ quella filoso- uno strumento per “difendere e sviluppare la re- fia che l’ha orientato nell’elaborare posizioni di altà di tutti contro gli impedimenti e i colpi della antifascismo, nella sua giovinezza, e poi, negli realtà e società attuali”. anni della maturità, di attuazione e superamento Proprio nei giorni in cui andiamo in stampa, si è ve- della democrazia. L’omnicrazia, la compresenza, rificato il terribile terremoto in Lazio, Umbria, nel- l’aggiunta, sono solo alcune delle visioni filoso- la Marche, con il suo carico di morte ad Amatrice, fiche capitiniane che ancor oggi ci indicano un Accumuli, Pescara del Tronto. Il dolore, l’empatia, percorso di pensiero/azione. la solidarietà con le vittime, non ci possono far di- Una filosofia della pace che si oppone alla realtà menticare che tanta distruttività non è solo causata della guerra. dalla forza di una natura matrigna, ma soprattutto Per questo quando gli organizzatori del Festival dall’incuria e dagli errori dell’uomo. della Filosofia, che ogni anno si svolge a Modena, Ed anche in questo caso un pensiero di Capitini hanno contattato il Movimento Nonviolento per del 1969 ci può orientare: “Tanta è la forza spieta- una collaborazione, abbiamo pensato alla realizza- ta che la decisione bellica mette in moto, che essa zione della Mostra “Senza Offesa – strategie di op- viene ad assomigliare ad una delle terribili mani- posizione nonviolenta” con testi e immagini che festazioni della “natura”, le più assurde e spietate, ripercorrono le azioni nonviolente italiane, ispira- e certamente le supera in numero di vittime. Il te proprio dalla filosofia della nonviolenza, il cui rifiuto della guerra è perciò la condizione preli- principio base è “se vuoi la pace, costruisci la pace” minare per parlare di un orientamento diverso, e (poiché l’antitesi sui cui poggia ancora la nostra se vediamo l’antitesi tra la natura come forza e la società è “se prepari la guerra, avrai la guerra”). compresenza come unità amore, è chiaro che la Questo numero di Azione nonviolenta, dunque, guerra aggrava la natura, la sorpassa nella sua di- è dedicato interamente alla ricerca filosofica per la struttività, nella sua spietatezza rispetto ai singoli nonviolenza. Ospitiamo tra le firme più prestigio- esseri, alla cui attenzione la compresenza richiama se degli studiosi viventi della nonviolenza: i filo- costantemente”. sofi Giuliano Pontara e Jaen-Marie Muller, ed il D I R E T T O R E sociologo Franco Ferrarotti. Li ringraziamo per la collaborazione e averci concesso alcuni loro scritti Azione nonviolenta | 3
Quale pace? Giusta, stabile e duratura E’ quella per cui dobbiamo operare qui ed ora spetto a qualsiasi altro anno successivo al 2000. di Giuliano Pontara* In retrospettiva, il 2014 risalta come anno parti- colarmente violento”. Viviamo nell’era più pacifica dell’esistenza della no- Ciò vale anche per il terrorismo: nel 2014, se- stra specie? condo la terza edizione del Global terrorism index, La risposta a questo interrogativo dipende, in 32.685 esseri umani sono stati assassinati in azio- parte, da come si intende la nozione di ‘pace’. ni terroristiche, il doppio rispetto all’anno prece- Nei miei studi esamino due nozioni: la nozione dente, e la cifra più alta a partire dal 2000, anno tradizionale, per cui la pace è intesa come antitesi in cui le vittime del terrorismo furono 3.329. della guerra (definita in un certo modo), e una Secondo il rapporto, nel 2014 il 78% delle oltre nozione più esclusiva che ha preso piede soprat- trentamila vittime, la maggior parte di religione tutto nell’ambito della peace research. Sostengo la musulmana, sono state uccise in cinque paesi – nozione tradizionale, sulla quale ritorno all’inizio Iraq, Afghanistan, Nigeria, Pakistan e Siria – in del terzo scritto, nel corso del quale svolgo una azioni terroristiche di gruppi islamisti, specie serie di riflessioni sul tema della pace, muoven- Boko Haram, IS/Daesh, e talibani. Come pure do dal pensiero di Norberto Bobbio su di esso. rilevato nel rapporto, nel 2014 è anche cresciuto Nel 1886, Alfred Nobel, nel corso di una con- il numero di paesi in cui il terrorismo ha ucciso versazione che ebbe con la sua amica Bertha von oltre 500 persone l’anno: ai cinque sopra men- Suttner, disse di voler inventare “una sostanza o zionati si sono aggiunti Somalia, Ucraina, Ye- una macchina capace di massiccia distruzione men, Repubblica Centrafricana, Sudan del Sud e tale da rendere la guerra per sempre impossibile”. Camerun. Il rapporto non esamina il terrorismo Abbiamo costruito tali macchine e sostanze, ma di stato; rileva tuttavia come vi sia uno stretto due guerre mondiali, e dal 1945 in poi ben 125 nesso statistico tra terrorismo e violenza politica guerre civili (con almeno mille morti l’anno in perpetrata o sponsorizzata dallo stato. Nel rap- battaglia) che in media sono durate dieci anni, porto è pure rilevato che il terrorismo colpisce hanno sconvolto il mondo. Diverse di esse e altri sempre di più la popolazione civile, compresi brutali conflitti armati lo sconvolgono tutt’oggi: molti bambini. Siria, Iraq, Afghanistan, Libia, Congo Kinshasa, Di fronte a tutte le violenze, ai massacri in atto, Somalia, Eritrea, Mali, Repubblica Centrafri- sorge il dubbio se il mondo oggi non sia percor- cana, Sudan del Sud, Nigeria, Kenya, Etiopia, so da una nuova escalation della violenza, tale da Pakistan, Palestina, Yemen, Ucraina...In varie di mettere in questione la tesi ottimistica sostenuta queste guerre sono direttamente o indirettamen- da Steven Pinker nel voluminoso lavoro in cui te coinvolte potenze esterne. Secondo stime del lo studioso sostiene che la violenza nel corso del- SIPRI (Stockholm International Peace Research la storia è andata costantemente diminuendo, e Institute), “nel 2014 ci sono state più guerre ri- “può darsi che oggi viviamo nell’era più pacifica dell’esistenza della nostra specie”. Incombe pur sempre la minaccia di una cata- strofica guerra termonucleare, scatenata da una * Filosofo della politica e uno dei massimi stu- volontà perversa, o per un fatale e incorreggibile diosi a livello internazionale di Gandhi e della errore umano, o a causa di un irreparabile errore nonviolenza. Autore di molti libri e saggi. Lo tecnologico. E non va sottovalutato il rischio che ringraziamo per averci concesso in anteprima nuovi, sofisticati sistemi di armi robotiche, pro- assoluta la pubblicazione dell’introduzione del dotte in seguito agli sviluppi della ricerca sull’in- suo ultimo lavoro. telligenza artificiale, sfuggano al controllo uma- 4 | luglio-agosto 2016
no, ‘decidano’ un massiccio intervento violento con conseguenze catastrofiche. Come ha messo in guardia il noto scienziato Stephen Hawking, “lo sviluppo di un’avanzata intelligenza artificia- le potrebbe segnare la fine della specie umana. Si svilupperebbe da sé e ridisegnerebbe a ritmo sempre più accelerato se stessa. Gli umani, limi- tati come sono da una lenta evoluzione biologica, non potrebbero competere e sarebbero soprasse- duti”. In qualsiasi guerra, internazionale o intrastatale, è oggi inerente un rischio di accendere un fuoco che può distruggere, se non l’intero genere uma- no, la maggior parte di esso, lasciando i supersti- ti in un mondo invivibile. Occorre dunque pur sempre tenere ben viva – specialmente nelle nuo- ve generazioni – una vigile ‘coscienza atomica’. Guerre e conflitti armati comportano imman- cabilmente massicce violazioni – dirette e ‘col- laterali’ – di diritti umani fondamentali, sia di combattenti, sia, e ancor più, di civili innocen- ti, ivi comprese moltitudini di individui futuri. Quanti futuri esseri umani, nel corso dei pros- simi cent’anni, saranno vittime ‘collaterali’ dei disastri ambientali causati dalle guerre del secolo passato e da quelle in corso? Quanti saranno vit- time future di armi chimiche, di bombe a uranio impoverito nel corso di queste guerre? Se la guerra comporta, inevitabilmente, violazio- ni di diritti fondamentali di innocenti, presen- ti e futuri, vi possono essere guerre giustificate in base alla dottrina dei diritti umani? In modo particolare, è moralmente lecito violare diritti fondamentali di innocenti al fine di salvaguar- dare diritti fondamentali di altri innocenti? Nel secondo scritto incluso in questo volume cerco di dare una risposta sistematica a questo inter- rogativo muovendo da tre diverse versioni della dottrina; la conclusione cui giungo è che, in base a tutte e tre le versioni della dottrina, la guerra è oggi moralmente ingiustificabile. Questioni altrettanto gravi quanto quelle della in guardia che essa “incide su ogni aspetto delle Giuliano pace – una pace stabile e duratura a livello globa- nostre vite e sta sovvertendo la stabilità sociale Pontara le – e con esse strettamente interconnesse, riguar- all’interno dei paesi e minacciando la sicurezza a dano le grandi e crescenti disuguaglianze, specie livello mondiale” le disuguaglianze economiche, sia a livelli locali Sulla disuguaglianza economica verte l’ultimo sia a livello globale. Il World Economic Forum – degli scritti qui inclusi. In esso sono specialmente che non è un’organizzazione di beneficenza – in messi a fuoco i costi di tale disuguaglianza in re- un documento del 2014 in cui sono elencate le lazione a tutta una serie di indicatori di benesse- dieci maggiori sfide cui il mondo si trova di fron- re, rispettivamente malessere, sociale. Particolare te, assegnava il secondo posto alla sfida posta dal- attenzione è rivolta all’impatto negativo che la la crescente disuguaglianza economica, mettendo disuguaglianza economica ha sulla fiducia sociale Azione nonviolenta | 5
e sulla mobilità sociale: la prima è una risorsa di stesso rifiutava. Nel quinto scritto rifletto sulla ‘capitale umano’ essenziale per l’esistenza di una ‘banalità’ della violenza e, rispettivamente, del- democrazia stabile, più in generale per una socie- la nonviolenza, muovendo dalla tesi cosiddetta tà pacifica, vivibile per tutti, a livello globale; la ‘situazionista’: la quale, in via generale, dice che seconda è strettamente connessa alle esigenze del i nostri comportamenti, nel variare delle situa- principio di uguaglianza effettiva di opportunità, zioni, non sono l’espressione di (supposti) tratti un principio compatibile con varie concezioni caratteriali stabili, coerenti, bene integrati nella della giustizia distributiva. personalità, bensì variano in seguito all’impatto La sfida per tutti coloro che prendono sul serio i di fattori esterni – strutture, istituzioni e ‘forze si- problemi interconnessi della pace, della giustizia, tuazionali’ – che in determinate condizioni indu- dei diritti umani, della democrazia, del benessere cono comportamenti violenti, in altre compor- collettivo, compreso quello di generazioni futu- tamenti nonviolenti. In relazione alla violenza e re, è nientemeno che quella di come bloccare la alla nonviolenza, questa tesi è qui visitata in base globalizzazione della violenza e la violenza della a una rassegna sia di alcuni famosi esperimenti globalizzazione. Questa sfida solleva varie difficili di laboratorio condotti da psicologi sociali, sia di questioni. vari studi di casi storici. Una dibattuta questione riguarda la desidera- Nell’ormai lontano 1979, Norberto Bobbio, nel- bilità e possibilità di un futuro Stato mondiale la Prefazione alla prima edizione del suo fortuna- democratico. Mi occupo di tale questione nel to libro Il problema della guerra le vie della pace, terzo scritto, nel quale sostengo, tra l’altro e con- affermava che “è venuto il momento di rimettere cordando con Norberto Bobbio, che un governo in onore il tema della nonviolenza, di cominciare mondiale democratico è necessario per far effica- a considerarlo il tema fondamentale del nostro cemente fronte alle sfide sopra menzionate. Lo tempo”. Non vi è dubbio che a tutt’oggi rimane sviluppo verso uno stato mondiale democratico uno dei temi fondamentali. dovrebbe avvenire attraverso un parallelo proces- Come sostengo all’inizio del terzo scritto, non so di democratizzazione dell’ONU e di ulterio- sappiamo se la pace – una pace con giustizia, sta- re democratizzazione degli stati, visto lo stretto bile e duratura a livello globale – abbia un futuro, nesso tra democrazia e nonviolenza, specie se è perché non sappiamo in quale direzione vada la vera la tesi – visitata criticamente nel terzo scritto storia futura dell’umanità. Dobbiamo muovere – che le democrazie non si fanno guerra tra loro. dall’assunto – una specie di scommessa pascalia- In assenza di uno stato mondiale democratico, na – per cui in quale direzione vada la storia di- una più concreta e immediata questione riguar- pende da come agiscono le generazioni presenti da l’applicazione di metodi di lotta e conduzione e future, e che questo agire è, in qualche modo, nonviolenta dei grandi conflitti, presenti e futuri. soggetto a una nostra libertà di scelta. Ciò com- La nonviolenza è un’alternativa? Quale nonvio- porta che non sappiamo come agiranno le gene- lenza? In quali situazioni, a quali condizioni? razioni future. Tuttavia, come affermava Imma- Affronto tali questioni già nella parte finale del nuel Kant, pur non sapendo “se la pace perpetua terzo scritto, dove mi occupo della riflessione di sia una cosa reale o un non-senso [...] dobbiamo Bobbio sulla nonviolenza e passo in rassegna due agire come se fosse una cosa reale, il che forse non famosi casi di rivolta nonviolenta di massa che è, e operare per la fondazione di essa”; qui e ora; riuscì a scardinare il potere dispotico di due dit- se non ora, quando? tatori: quello dello scià in Iran nel 1979, e quello di Marcos nelle Filippine nel 1986. Il discorso _____________________________ sulla nonviolenza è ulteriormente ampliato e più sistematicamente svolto nel quarto e quin- QUALE PACE? di Giuliano Pontara, Mimesis to scritto. Il quarto verte sulle lotte nonviolente Edizioni, Milano-Udine 2016. Sei saggi su pace nel mondo durante il secolo scorso, sul rifiuto e guerra, violenza e nonviolenza, giustizia eco- della violenza, cosa si rifiuta e in base a quali ar- nomica e benessere sociale (Il libro uscirà nelle gomenti, e tratteggia le componenti essenziali di librerie nel mese di ottobre. Il Movimento Nonvio- una dottrina politica dell’azione nonviolenta che lento, con il Centro Sereno Regis, sta organizzando si ispira al pensiero e all’azione di Gandhi, senza una serie di presentazioni con l’Autore nel mese di cadere in un dogmatico ‘gandhismo’, che Gandhi febbraio 2018). 6 | luglio-agosto 2016
Biani alla 7 a
Dialogare o perire Dallo scontro di civiltà alle co-tradizioni culturali e il tecnologico-metafisico, doveva storicamente di Franco Ferrarotti* crescere all’insegna della scienza e della raziona- lità applicata. Per Herbert Spencer, la tendenza Ad Aldo Capitini e Pietro Pinna evolutiva era evidente: dopo la società militare Nella situazione globale di oggi la guerra è sem- (classica e feudale) doveva verificarsi l’avvento pre fratricida, uno massacro tanto più feroce della società industriale, in cui contrasti e pro- quanto fin dall’inizio si sa che non ci saranno né blemi si sarebbero risolti gradualmente in base al vincitori né vinti, che ci saranno solo vittime e calcolo razionale e si sarebbe finalmente compre- che la strage risulterà tenacemente crudele e inu- sa la negatività della guerra, irrazionale, inutile tile. Gli stati-nazione, formatisi in Europa con la spargimento di sangue e insensata distruzione di fine delle guerre di religione (pace di Westfalia, risorse. Per i sociologi contemporanei, la fine del- 1648) in base al principio cuius regio eius religio, le ideologie, a suo tempo prevista dall’acutissimo sono in declino, divenuti macchinosa burocrazie Daniel Bell (The End of Ideology, Free Press, Glen- anacronistiche. Anche per l’apporto tecnico de- coe 1960) avrebbe dovuto aprire l’era della irra- gli strumenti della comunicazione elettronica, si zionalità e della pianificazione sociale democrati- afferma la dimensione planetaria, che dovrebbe ca, in grado di collegare i fini ritenuti desiderabili essere congeniale ai tentativi di costruire politi- ai mezzi effettivamente disponibili, in accordo che sovranazionali. La sola regola etica collegata con i giudizi della comunità. Inutile osservare che sembra essere la seguente: tutti gli essere umani – un brusco risveglio si è verificato, tragicamente uomini e donne – sono essere umani e, come tali, con la Seconda guerra mondiale alla metà del vanno riconosciuti, accolti e rispettati. In questa secolo XX e, più tardi, con le guerre locali e il prospettiva, nelle società odierne, tecnicamente terrorismo internazionale. Verso la fine del seco- progredite (ma, com’è noto, il progresso tecnico lo ventesimo un geniale sociologo-antropologo, non garantisce nulla circa il progresso morale), René Girard, sembrava aver scoperto l’ovvio con la violenza è indubbiamente scandalosa. è una l’aria, alquanto stupefatta, di chi abbia svelato presenza inattesa, un’ospite scomoda, un’incon- un antico segreto. La benemerita e raffinata casa gruenza che si è tentato di mettere tra parentesi editrice Adelphi, forse non immemore di Bobi come in epoche passate. Sociologi e pensatori si Bazlen, Luciano Fòa e Adriano Olivetti, ha pub- sono lasciati andare, a questo proposito, a pre- blicato il secondo grosso tomo di René Girard, visioni o, forse più esattamente, profezie singo- Delle cose nascoste fin dalla fondazione del mondo larmente ardite e fuorvianti. Facciamo qui degli (Milano 1983), dopo aver pubblicato, qualche esempi. anno prima, La violenza e il sacro. Ciò che è stato Per Auguste Comte, il terzo stadio di sviluppo fino ad oggi nascosto e che peraltro una lettura dell’umanità, il positivo dopo il poetico-intuitivo attenta de testi biblici non avrebbe dovuto far ignorare, è che l’umanità è riuscita a convivere e a svilupparsi solo sulla base d’una violenza ori- ginaria che ha consentito di far tacere, almeno * Sociologo emerito, docente e autore di moltissi- provvisoriamente, la rissa fra i fratelli e di dar me pubblicazioni, già collaboratore di Adriano corso alla fragile, precaria pace che conosciamo Olivetti è stato anche deputato al Parlamento da che mondo è mondo. L’idea è presentata da nella terza Legislatura per il Movimento Comu- Girard come il presupposto di una antropologia nità. Lo ringraziamo per averci dato in ante- fondamentale, esposta attraverso un dialogo con prima stralci da un suo prossimo libro, di cui in Jean Michel Oughurlian e Guy Lefort. La tesi ha questo numero pubblichiamo una prima parte. impressionato molti; in Italia già nel Messaggero 8 | luglio-agosto 2016
Franco Ferrarotti del 5 giugno 1980 e poi ancora in quello del 14 membri della comunità che per avventura preten- marzo 1983, Ruggero Guarini esprime la sua am- deva di insidiarne l’unità fondamentale, cedendo mirata sorpresa: “Oggi le scienze umane, ossessi- ai loro istinti di selvaggia prevaricazione e di to- vamente votate al culto della ricerca specialistica tale dominio, sono avvertiti. Il sacro è lì pronto su argomenti circoscritti, preferiscono evitarlo a punirli. Esso è l’argine insormontabile contro (il tema di Girard) come un tema troppo vasto il caos e la rissa. Per questa ragione la fondazione e universale”. Guarini ha ragione: un eccessivo della città, nel senso machiavellico, contiene in specialismo settoriale può di fatto trasformare la sé qualche cosa di sacro: una tragedia di sangue, scienza umana in un noioso commento dell’ov- il compimento di un sacrificio cruento. Al fondo vio tanto rigoroso quanto irrilevante. Continua di ogni legittimità formale si scorge, di là dal rac- poi sottolineando l’assoluta originalità di Girard conto mitico, un atto di illegittimità sostanziale, a proposito dei due miti affini di Caino e Abele e una violenza primordiale. Per la formazione della di Romolo e Remo, in cui il fratricidio è alla base città Romolo uccide, deve uccidere Remo. Il po- dell’evento: “Entrambi questi miti implicano [...] tere, per agire efficacemente, non può tollerare la scoperta del fondamento omicida della civiltà”. la duplicità dei gemelli, la diarchia, l’incertezza Ma è veramente una scoperta? Forse bisogna, a dell’attribuzione del comando responsabile. Il parte Aristotele che Girard cita nel frontespizio sacrificio delle origini costituisce il potere legitti- del libro, tornare a leggere con la calma necessa- mo, lava, purifica e definisce il presupposto della ria il segretario fiorentino, Niccolò Machiavelli. continuità, stabilisce la regola della convivenza. Il mistero delle origini è già lì tutto svelato, per- È nel sacro che il sacrificio si giustifica e acqui- sino con esempi tratti dalla Bibbia, in particolare sta la sua portata sociale come matrice originaria dai racconti che riguardano la straordinaria car- della comunità umana; è di fronte al sacro che gli riera di Mosè. Il sacro non è solo essenziale come esseri umani lasciano cadere il confronto antago- termine trascendente contro cui misurare il limi- nistico e riconoscono la loro fondamentale ugua- te della razionalità storica e nello stesso tempo ri- glianza. La violenza sembra dunque dare la morte coprire la funzione sociale dell’utopia. È anche il e la vita nello stesso tempo. Così come la frase segno della gerarchia dell’ordine cosmico e terre- evangelica intorno al Regno dei cieli, che soffre no ed è nello stesso tempo la forza che ne costitu- la violenza (vim patitur) e che solo dai violenti isce la condizione. Il violatore viene incenerito. I può essere conquistato (violentes rapiunt illud) o Azione nonviolenta | 9
sce e si interessa della tirannide, data la prevalente concezione dell’ordine sociale politico come pro- cesso naturale. Quanto alle avanguardie, è nota la loro irresponsabilità, nel senso di non farsi carico delle ricadute pratiche delle posizioni teoretiche, quando non esitano a dichiarare guerre e violenza come l’unica igiene del mondo, esaltando la velo- cità, lo schiaffo e il pugnale. Non dovrebbe meravigliare che le società odier- ne, anche le più tecnicamente progredite, alimen- tino nel loro seno semi di violenza, anche diffu- sa, quasi come quotidiana virulenza, o infezione aspecifica, una sorta di virus che lavora e avvelena nel profondo, una convivenza in cui prevale il calcolo economico, tanto da ridurre gravemente i rapporti umani non utilitari e da produrre una società “annoiata, che sogna patiboli fumando Pietro Pinna e la sua pipa” (Baudelaire). Si danno, per nostra Aldo Capitini, ai fortuna, degli anticorpi. Due figure torreggianti, quli è dedicato come Tolstoj e Gandhi, in contesti pur diversi questo articolo e fin contrapposti, convengono su una convin- zione profonda: violenza chiama violenza; la vio- rapito, suona a un tempo gravida di minaccia e di lenza non la si cura omeopaticamente; si resiste speranza. Sembra indicare quella tipica duplici- alla violenza e si vince solo con la nonviolenza. tà del potere che nella lettura sociologica troverà Tolstoj è un nobile russo proprietario terriero con nelle due etiche weberiane, l’etica dei principi as- lo spettacolo della miseria in cui vivono i suoi soluti e quella della responsabilità operativa, una contadini analfabeti sotto gli occhi tutti i giorni. delle teorizzazioni del sociologo di Erfurt, se non A un certo punto lo spettacolo gli riesce insop- più chiara, certamente più suggestiva. portabile, lo costringe alla fuga dagli agi aviti e la Nessun dubbio, ad ogni buon conto, che tutta morte lo coglie nella misera sala d’aspetto della una scuola di pensiero di ascendenza vagamente stazione ferroviaria di Astràpovo. Gandhi muore antropologico-culturale assegni alla violenza una per mano di un fanatico violento, dopo una vita vocazione fondatrice – una vocazione, soggiungo di esemplare coerenza. Ma Tolstoj e Gandhi, pur sommessamente, che mi sembra non solo eti- diversi, si ritrovano uniti nella persuasione che la camente illegittima, ma anche scientificamente violenza vada combattuta negli individui fin dai insostenibile. E tuttavia, prima di Machiavelli e primi anni, che è necessario educare i giovani alla molto prima di Girard, il fascino e la sostanza nonviolenza. Per Gandhi e Tolstoj, fra educazio- delle tesi sono già tutti nel Grande Codice (The ne e pratica di vita, fra cultura e pedagogia indi- Great Code), come ha persuasivamente dimostra- viduale e grandi guerre collettive, fra violenza nei to il critico letterario canadese Northrop Frye, rapporti interpersonali e micro-sociali e i conflit- pensando alla Bibbia: la violenza, che deriva da ti fra le nazioni non si dà censura. La violenza vis, vir (der Mensch, l’uomo in senso pieno – que- quotidiana si salda con quella storica. Il vissuto sto Dio in piccolo); e da qui la grande ambivalen- e lo storico, a questo punto, si danno la mano, za, che comprende e lega nella stessa struttura di appaiono inter-dipendenti. In effetti, solo gli in- significato sia la virtù che la ferocia. Il fascino del- consapevoli potevano a suo tempo sorridere, con la violenza si collega anche non per caso al mito compiaciuto distacco, della buona educazione e della rivoluzione e al pensiero, tanto immaginoso delle buone maniere, riassuntivamente raccolte quanto nebuloso, delle avanguardie letterarie e sotto il titolo della “buona creanza”, forse memo- artistiche del ’900. È noto che il concetto e la ri di ingrate esperienze infantili, quando i precet- pratica della rivoluzione, come interruzione e ti del Galateo di monsignor Giovanni della Casa rottura violenta e subitanea dell’ordine stabilito, venivano piuttosto sbrigativamente impartiti se- sono estranei al pensiero classico, che pur cono- condo le regole della pedagogia del ceffone. 10 | luglio-agosto 2016
Critica della violenza Riscoprire l’analisi di Andrea Caffi politica hanno visto negli ultimi anni la luce. Il di Franco Ferrarotti titolo di questa raccolta di saggi, come ammette il curatore Nicola Chiaromonte, non ne indica Il merito dei contributi di alcuni pedagogisti se non in maniera allusiva, la ricchezza e la por- odierni, fra i quali mi piace citare Nicola Siciliani tata. Si tratta in realtà di un esame singolarmente de Cumis, mi sembra in primo luogo da veder- spregiudicato, approfondito, in più di un punto si nel fatto che, con logica stringente riferendo- geniale, delle categorie fondamentali cui ci ri- si alla pace e alla nonviolenza coinvolge gli anni facciamo per dibattere e chiarirci problemi della verdi della socializzazione primaria dei cittadini. convivenza civile, la natura del cambiamento so- In uno scritto del 1947, il socialista “irregolare” ciale, la struttura e le funzioni dello Stato. Dietro Andrea Caffi già affermava: “La crudeltà come l’apparente disordine dell’argomentare, sotto i la pietà, gli istinti bellicosi come l’amore della richiami e le connessioni culturali tanto lontani pace, la volontà di potenza non meno né più del- a volte da sembrare semplicemente stravaganti, lo spirito di sacrificio, sono disposizioni naturali legate solo dal sottile individualissimo filo d’u- dell’uomo...l’una o l’altra di tali disposizioni si na personale stream of consciousness, il discorso fissa in un carattere individuale o nei costumi so- di Caffi intacca alla base i concetti essenziali che ciali”. Il contributo di Caffi getta luce su un nodo sorreggono e variamente giustificano le società problematico analizzato da grandi pensatori, da odierne. Quello di Caffi non è un discorso te- Kant a Thorstein Veblen. Non esito, per questa nero, ed è certamente alieno da qualsiasi intento ragione, a rimandare al suo Critica della violenza edificante, salvo rivelarsi dotato d’una straordi- come uno dei testi più stimolanti e vivi fra quanti naria carica costruttiva, del dono di vedere, o contributi di pedagogia, sociologia e di filosofia ri-vedere, le cose come stanno, ricollegandosi Sesta marcia antimilitarista Trieste-Aviano, 1972 Azione nonviolenta | 11
senza sforzo all’esperienza umana determinata e circoscritta di là dagli schermi intellettualistici di ideologie per definizione strumentali. Così un discorso mite, che pare a tratti distratto, sortisce effetti demistificanti da far tremare. Le categorie fondamentali del pensiero filosofico e politico, le strutture portanti delle società industriali pro- gredite, dei “sistemi sociali” che hanno rifiutato il costume e che si ritengono razionali, emergono dallo scanzonato esame caffiano come colone va- cillanti, mostrando crepe non prontamente ripa- rabili, contraddizioni mortali. È straordinario e istruttivo insieme come questo rivoluzionario ab- bia riscoperto, insieme con il bisogno di liquidare il passato, i “ceppi feudali”, la necessità di fabbri- care artificiosamente la tradizione. Egli si rende conto che la contraddizione non è solo verbale, ma sostanziale. Sa tuttavia che il dilemma fra in- dividuo e società è un dilemma ozioso, intellet- contrattuale, capace di costruire una sfera calda, Terza tualistico: “nessuno pretenderà di poter conosce- abbastanza ampia per riuscire fecondatrice di manifestazione re, o anche solo immaginare, un autentico indi- interessi umani diversi, ma non troppo da far ca- del GAN per gli obiettori viduo umano [...] all’infuori d’ogni vita sociale” dere nell’astratta impersonalità della philìa aristo- di coscienza (p. 27). E più avanti: “L’individuo umano – la telica. Scrive Caffi: “Se esiste questa sfera di vita detenuti, Milano, persona cosciente – non è concepibile che come si sopportanto (e anzi si giustificano idealmente) P.zza Duomo, ‘essere sociale’ integrato in una comunità, educa- le due sfere liminari: quelle del sudore della fronte dicembre 1964. to, provvisto di modi di pensiero e di espressio- e quella del date a Cesare” (p. 49). Coloro che si L’intervento della polizia ne articolata da questa società in cui nasce cresce occupano di “sviluppo della comunità” al di fuori muore, e se ha la nozione della morte – privilegio dei partiti politici e delle ideologie ufficiali sanno umano, secondo Malraux – è unicamente perché bene di che cosa parli Caffi: la ripresa di interesse l’esperienza sociale gliel’ha inculcata; altrettano e di partecipazione umana diretta, personale per valga per le nozioni di ‘progresso’ e ‘regresso’, questioni che cadano al di là della propria cerchia gioventù e vecchiaia, salute e malattia, fortuna e familiare immediata, del proprio guicciardiano miseria, libertà e dipendenza, eccetera” (p. 32). particulare. Di fronte ai piani odierni di rinnova- Tuttavia Caffi non solo non deifica la nozione di mento, la cui sordità tecnocratica ai valori locali, “società”, ma rifiuta anche l’identificazione, tan- agli “idiotismi” degli stili di vita delle comunità to comune da essere tradizionalizzata, di società tradizionali fa qualche volta pensare alla tecni- con la giuridicamente configurata “società civile” ca del ferro da stiro, le osservazioni di Caffi mi e non si stanca di denunciare la mostruosa equi- sembrano di grande attualità: “Storici e sociologi parazione fra società e stato, tratto essenziale dei hanno dimostrato con abbondanza di documenti totalitarismi odierni. come la disgregazione della famiglia patriarcale, Ne viene una sorta di contrappunto concettuale della gens, della fratrìa, della tribù e in altri casi la utilissimo, credo, a dipanare e a chiarire alcuni decadenza e lo scioglimento delle corporazioni di termini cruciali del nostro ansante vivere sociale, mestiere, abbiano liberato l’individuo dalla tutela tecnicamente sempre più complicato e umana- di un ambiente ristretto e, si può dire, ‘intimo’, mente sempre più irrilevante: sociabilità contro ma sempre in modo da rinforzare la dipendenza società giuridicamente congelata, popolo contro dello stesso individuo da istanze più alte [...] lo stato burocratico, cultura contro nazione, uma- Stato, l’anonima direzione d’una grande officina, nità contro violenza. La società di cui Caffi parla, la legge della domanda e dell’offerta sul mercato, talvolta con nostalgia come nei suoi ricordi della gli imperativi della pubblica opinione” (p. 57). scuola internazionale di Pietroburgo, è un am- Durkheim a suo tempo si consolava con la “so- biente umano, materiato di vivi rapporti spon- lidarietà organica”: la differenziazione funzionale tanei, non esauribili nello schema utilitaristico- delle società odierne, corollario necessario del- 12 | luglio-agosto 2016
la divisione del lavoro e condizione di più alto, avrebbe prodotto insieme con un grado mag- giore di interdipendenza fra le attività umane, anche un nuovo tipo di solidarietà fra gli indi- vidui, quella organica, in sostituzione di quella meccanica tipica delle società semplici. Ma l’a- nalisi di Caffi va più a fondo: “Da un lato, fra il contadino e l’operaio industriale, l’ingegnere e il banchiere, il mercante e l’artista, e così pure fra [...] l’ufficiale e il soldato, l’alto funzionario e lo sgherro, si nota una ‘distanza’ tale nel modo di vi- vere, di vestire, di pensare e parlare, di concepire il bene e il male, che la ‘reciproca comprensione’ si limita a certi gesti utilitari (obbedienza di co- mandi, scambi di servizi o di beni). D’altra parte, l’uomo finisce col non sentirsi ‘lo stesso’ (tenuto a un diverso contegno e a diversa disposizione dell’animo) secondo che è in casa, a scuola, al reggimento, sul luogo di lavoro, in ‘società’, ecce- gici-individuali. Non solo la violenza o la guerra Marcia contro tera; sorge la questione se mai l’uomo possa dirsi non si possono considerare, come voleva al tem- tutte le guerre, veramente ‘sincero’, manifestare il suo intimo es- po della belle époque l’irrazionalismo futurista e al termine della sere e non ‘rappresentare’ un convenzionale per- Conferenza della protofascista “la sola igiene del mondo”, ma la WRI. Roma 1966 sonaggio nella commedia umana” (p. 59). L’am- stessa violenza come levatrice della storia, secondo biguità dell’esperienza umana concreta, presa la volgata marxista, è da rivedersi criticamente e nella contraddizione più o meno lancinante fra da rifiutarsi. Si danno infatti levatrici che, lungi comportamenti socialmente precostituiti (ruoli) dall’aiutarne la nascita, finiscono per ammazzare e bisogni spontanei, irriducibili e irripetibili di il bambino. Non si tratta, ovviamente, di perder- un dato individuo, è qui descritta in maniera pia- si tra le nebbie di un utopismo pacifista che in na e avvincente. La ricerca costante, fedelissima effetti può legittimamente richiamarsi alla pace e persino crudele, con se stesso prima che con perpetua di Kant, se non, più recentemente, al gli altri, di tale base di esperienza umana unica testo di Thorstein Veblen sulla pace e i termini e irriducibile ad altre, come un valore in sé, mi della sua perpetuazione. sembra, il concetto-guida e insieme l’idea-forza L’idea di pace e il pacifismo in Max Scheler tro- di Caffi. Di qui la sfiducia proudhoniana verso vano una trattazione singolarmente acuta che li le ideologie che ripongono nella coerenza pura- porta ad appoggiarsi al fondamento di una com- mente intellettuale il criterio della loro validità, penetrazione delle culture, storicamente docu- di qui un’istanza critica che al lettore frettoloso mentabile in maniera ineccepibile. “Si pensi, per apparirà come cinismo, mentre altro non è che esempio – scrive Scheler – alla compenetrazione altissima compassione umana, appena velata di di Cina e Giappone con il buddismo indiano, pessimismo. “La società borghese – scrive Caffi – al legame tra islam ed ellenismo, tra cristianesi- pienamente padrona del meccanismo capitalista mo e mondo antico [...] C’è dell’altro: quante [...] non è stata insomma (come il feudalesimo) più correnti di diverse culture e aree culturali la che un fenomeno strettamente limitato nel tem- storia contiene, tanto meno queste confluiscono po e nello spazio. Ma l’oppressione economica progressivamente in unitarie correnti di tempo” sociale e politica è un fatto costante delle società (L’idea di pace e pacifismo, Medusa, Milano 2004, organizzate, appena acquistino quella comples- p. 53). In questo senso, ho in più luoghi parlato sità che siamo usi chiamare progresso” (p. 225). di co-tradizioni culturali. Si tratta di una posizone In altri termini non vi sono ricette; l’uomo è per teoretica che ritengo importante perché capace l’uomo un compito permanente, quotidiano. di sottolineare l’efficacia della nonviolenza e cor- Va dunque raccolta in tutta la sua portata la riser- reggere in positivo la nozione di pacifismo come va contro il determinismo sia in termini macro- movimento di opinione tipico di “anime ribelli e sociali strutturali che in quelli biologici e psicolo- di uomini rammolliti”. Azione nonviolenta | 13
Da Leopardi a Gandhi, passando per Kant Profilo filosofico di Aldo Capitini rende possibile l’altra; sia l’atteggiamento non- di Mario Martini* violento sia quello religioso hanno lo stesso pun- to di partenza: la coscienza della limitatezza della In un punto di un suo testo autobiografico Capi- realtà, della sua insufficienza. A partire dall’as- tini dice che la filosofia lo aiutò a formarsi nella sunto della violenza come “indifferenza” scatu- sua persuasione religiosa e nonviolenta. Ma quale risce una forte tensione etica all’apertura verso filosofia? Non certo quella dominante al tempo il cambiamento: vedere le cose nella loro possi- dei suoi studi, cioè quella dello storicismo; il suo bilità di essere diverse da come sono, e attivarsi è un pensiero che è vicino, più che ai maestri Cro- perché lo siano, significa sottrarsi all’acquiescen- ce e Gentile, a una linea di crisi che va da Marti- za al reale, alle logiche dominanti, ai meri fatti. netti a Tilgher e ai prodromi della sensibilità esi- Qui c’è un concetto particolare di Capitini che è stenzialista. Lo animava una diversa concezione quello dell’aggiunta, di cui la realtà, nella sua in- dell’uomo e del significato della vita in generale, sufficienza, ha bisogno per modificarsi, concetto che egli chiama “kantiano-leopardiana”. Da Le- per cui egli può essere accostato alla Scuola di opardi prende la visione della limitatezza delle Francoforte (al “sempre nuovo” di Theodor W. cose e del dolore della condizione umana, ma in Adorno, e alla visione profetico-rivoluzionaria senso positivo, dell’apertura oltre la finitezza; da sui vinti della storia, che ne sono i veri sogget- Kant prende invece il concetto del dovere, ma ti, di Walter Benjamin, non a caso autore di una anche del valore, anzi dell’opposizione tra fatti e profonda riflessione sulla violenza). valori. Il valore è un qualcosa che muove da me Nella sua concezione dell’agire, Capitini da una e io devo aggiungere, col mio atto di intervento, parte è preso dalle urgenze del presente e dall’im- alla realtà che non lo possiede. Egli si richiama a pegno per la sua modifica e “apertura”, e dall’al- un senso severo dell’agire (una “prassi pura”) che tra ha l’ampio respiro di chi misura la storia con passa attraverso la testimonianza della verità e che la condizione umana, come Camus. Se in un si realizza non in tutti gli atti, non ad esempio in pensatore di oggi, Jurgen Habermas, troviamo quelli di astuzia e di forza come pensano invece il il ricorso al “punto di vista morale” e alla “pras- realismo politico e l’idealismo storicista. Il valore si argomentativo-procedurale” per raggiungere si realizza soltanto nell’atto che procede da un’in- l’accordo tra posizioni diverse, culturalmente e tima persuasione (Carlo Michelstaedter) al bene. religiosamente o laicamente connotate, Capiti- Questo atteggiamento del pensatore verso la re- ni chiama in causa il legame imprescindibile tra altà prepara il suo orientamento teorico-pratico mondo dei valori e mondo pratico, per il pri- fondamentale della nonviolenza la cui tradizione mo intendendo l’aspetto etico-religioso e per il egli instaura per primo in Italia, insieme alla sco- secondo l’aspetto politico. Per il nostro autore perta e alla corretta interpretazione della figura infatti, etica, politica e religione, pur essendo tre di Gandhi. istanze diverse, con un proprio ambito di auto- Ed è in accordo con Gandhi che Capitini conce- nomia, devono avere tra loro un rapporto corret- pisce il rapporto tra l’esperienza religiosa e quella to, pena la loro degenerazione. nonviolenta come talmente congiunte che l’una L’autore osserva che la religione è fattore di do- minio e si allontana dalla propria essenza di affra- tellamento nella misura in cui esercita il potere o fa ad esso da supporto, il che avviene attraverso la * Docente di filosofia morale all’Università di sua ideologizzazione. In vista di una democrazia Perugia, è autore di numerosi studi sul pensiero che sia reale potere di tutti o, con termine da lui nonviolento e sulla filosofia di Aldo Capitini. coniato, omnicrazia, Capitini intende togliere al 14 | luglio-agosto 2016
si combatte la guerra con la guerra, ma si lotta prima della guerra preparando il suo contrario. Con ciò non si propone di evitare o presumere di eliminare il conflitto, ma di affrontarlo con una metodologia diversa da quella violenta. Il conflit- to si supera mettendo qualcosa di diverso al po- sto di ciò che lo ha generato e affrontandolo con metodi diversi da quelli dell’avversario; scaturi- sce da questa convinzione la prassi capitiniana di “contrasto e aggiunta”, che rifiuta il paradigma polemico sotteso, ancora a partire da Eraclito, a tutto il pensiero occidentale. Nell’epoca moderna, si tratta di una rivoluzione pacifica che parte dall’interno delle ideologie af- fermatesi nell’Occidente europeo, sia quelle libe- rali e liberiste sia quelle socialiste, per sovvertirle in una posizione che in Capitini, in accordo con Guido Calogero, si qualifica come “liberalsocia- lismo”; esso, come federalismo dal basso, cerca Marcia contro potere autocratico una delle sue armi più forti, di realizzarsi con un coinvolgimento che tende tutte le guerre, il dominio delle coscienze. Dando però credito all’universalità. È questo un altro significato del al termine della termine “omnicrazia”. Le varie forme di inter- all’esperienza religiosa come articolazione del Conferenza della WRI. Roma 1966 senso e come orientamento positivo all’agire, il vento nonviolento (e Capitini ne ha elaborate e discepolo occidentale di Gandhi mette in col- sperimentate veramente molte) tendono a fare legamento diretto, come ho ricordato prima, la della nonviolenza un fatto pubblico, sociale e in- religione con la nonviolenza. La questione non è ternazionale. di poco conto oggi, a proposito dell’antagonismo Capitini propugnava una “Internazionale della fondamentalista apparso sulla scena geopolitica. nonviolenza”, che oggi si può intravedere nei vari Si può dare infatti anche una degenerazione spi- movimenti pacifisti a carattere globale (in Italia rituale e religiosa, matrice della violenza ideolo- il Movimento Nonviolento da lui fondato). En- gica e politica; si arriva a parlare di “spiritualità tro tale orizzonte si mira al superamento delle delle armi” (D. Tessore) per poi aprire la strada a strutture di dominio ponendo in primo piano il guerre e controguerre sante, e a concepire persi- legame organico tra mezzi e fini; la coerenza tra i no una sorta di contraffazione del martire, da far mezzi e il fine, sempre trascurata nella logica po- esplodere sulla folla inerme. litica occidentale, pone la nonviolenza non solo In una antologia degli scritti capitiniani sulla come un’esigenza morale, ma come un’esigenza nonviolenza da me curata qualche anno fa, e che oramai imprescindibile di validità dell’azione po- ora torna nelle librerie in una edizione rinnovata, litica. ho cercato di mettere in luce come il pensiero Dicevo all’inizio che Capitini si contrappone al di questo autore ne fa uno dei fondatori, come “realismo politico”, ma la sua è una logica che è stato notato, della “scienza politica nonviolen- propone un “realismo alternativo” che va contro ta” (T. Greco). Ancora sul piano filosofico, e in il ripetersi monotono della storia degli uomini: direzione di una fondazione etica della politica, “realista è chi sa gettare nel profondo del suo Capitini si pone in netto contrasto nei confronti tempo lo scandaglio, e avverte non ciò che ripete di quella tradizione polemologica che da Eracli- il passato come fu, ma ciò che apre, che rinnova to giunge alla dialettica hegeliana e a Marx: per energicamente”. La rivoluzione permanente che lui il nesso costitutivo, originario, non è quello egli propone ha come fini risultati anche di lun- “conflitto-necessità”, ma quello “conflitto-ag- ghissima durata, come una realtà liberata dalla giunta”, proposta di superamento dello stesso. violenza, dall’inganno e dalla sopraffazione, per Il conflitto può essere superato non attraverso la realizzare davvero un’altra storia e un’altra uma- considerazione della sua necessità, ma attraverso nità, quella che lui concepisce come una “civiltà la sua negazione costruttiva, la “possibilità”: non della compresenza”. Azione nonviolenta | 15
Agire senza offesa Breve storia dell’idea di disobbedienza civile di Pasquale Pugliese* “Sotto un governo che imprigiona la gente ingiusta- mente, il vero posto per un uomo giusto è la prigio- ne”. Con queste parole, scritte dopo aver passato una notte in prigione per essersi rifiutato di pa- gare le tasse in segno di protesta contro la guerra che nel 1846 gli Stati Uniti muovono al Messico, il poeta e scrittore Henry David Thoureau fon- da la moderna definizione di quell’atteggiamento politico nei confronti dello Stato che prende il nome di disobbedienza civile proprio dal suo saggio del 1859 dal titolo Resistance to Civil Go- vernment. Questo breve scritto diventerà il mani- festo della disobbedienza civile, tradotto fino ad oggi e letto in tutto il mondo, anche da Gandhi nelle prigioni sudafricane. Spiega Thoureau che c’è un modo per dissociare la responsabilità indi- viduale da quella di uno Stato che si rende autore di una legislazione razzista e di una guerra, ossia di azioni che vanno contro la coscienza dei sin- Sudafrica per distinguere la resistenza nonviolen- Manifestazione goli: “Se mille uomini quest’anno non pagassero ta degli indiani dalla contemporanea “resistenza per il processo le loro tasse, non sarebbe una misura violenta e passiva” delle suffragiste inglesi che lottavano per all’obiettore di sanguinaria come invece sarebbe pagarle e porre il diritto al voto delle donne (che pure Gandhi coscienza Enzo Bellettato. Torino, lo Stato nella condizione di commettere violenza aveva conosciuto nella sua permanenza londine- maggio 1968 e di versare sangue innocente. Questa è, di fat- se), alla quale veniva accomunato dalla stampa to, la definizione di rivoluzione pacifica, ammeso britannica. Il satyagraha prevede l’adesione piena che di siffatta rivoluzione sia possibile parlare”. al principio della nonviolenza; la resistenza pas- siva, che si distingue dalla resistenza armata, “è Mohandas Karamchand Gandhi, in un articolo stata concepita e considerata come un’arma del su Young India del 23 marzo 1921, assume la debole”, perché chi pratica la resistenza passiva disobbedienza civile all’interno della più ampia rifiuta la violenza non per principio ma per mo- Teoria e pratica della nonviolenza (Pontara) ma ne tivi di impossibilità o inopportunità contingenti; svolge una puntuale distinzione rispetto ai con- la disobbedienza civile è la violazione civile delle cetti vicini, ma distinti, di satyagraha, resistenza leggi immorali ed oppressive”, chi opera attraver- passiva e non collaborazione: il satyagraha è la so questo metodo di lotta si pone “fuori legge in forza dell’anima fondata sulla “fermezza nella maniera civile” e si espone alle sanzioni previste verità”, termine coniato dallo stesso Gandhi in dalle leggi, accettandone le conseguenze puniti- ve. In questo senso, essa “è una parte del satya- graha”; infine, la non collaborazione, anch’essa acquisita tra le tecniche del satyagraha, implica * Laureato in filosofia, è Segretario nazionale del il rifiuto di collaborare con lo Stato, ma in una Movimento Nonviolento forma più leggera e quindi aperta ad una maggio- 16 | luglio-agosto 2016
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